Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 27° settimana del tempo ordinario (Beata Vergine Maria del Rosario)
Vangelo secondo Giovanni 10
1"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.2Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori.4E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei".6Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.11Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.12Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde;13egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,15come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.16E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.17Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.18Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio".
19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole.20Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?".21Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?".
22Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno.23Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone.24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente".25Gesù rispose loro: "Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza;26ma voi non credete, perché non siete mie pecore.27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.28Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.29Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.30Io e il Padre siamo una cosa sola".
31I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.32Gesù rispose loro: "Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?".33Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio".34Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: 'Io ho detto: voi siete dèi'?35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata),36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;38ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre".39Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
40Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò.41Molti andarono da lui e dicevano: "Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero".42E in quel luogo molti credettero in lui.
Primo libro dei Maccabei 13
1Simone seppe che Trifone stava radunando un numeroso esercito per venire in Giudea a schiacciarla;2vide che il popolo era tremante e impaurito, andò a Gerusalemme e radunò il popolo;3li confortò e disse loro: "Voi sapete bene quanto io e i miei fratelli e la casa di mio padre abbiamo fatto per le leggi e per il santuario e le guerre e le difficoltà che abbiamo sostenute.4Per questa causa sono morti i miei fratelli, tutti per la causa di Israele, e sono restato io solo.5Ebbene, mai risparmierò la vita di fronte a qualunque tribolazione: perché io non sono più importante dei miei fratelli.6Anzi io difenderò il mio popolo e il santuario e le vostre mogli e i figli vostri, poiché si sono radunati tutti i pagani per sterminarci, spinti dall'odio".7Lo spirito del popolo si infiammò all'udire queste parole;8perciò risposero gridando a gran voce: "Tu sei il nostro condottiero al posto di Giuda e di Giònata tuo fratello;9combatti la nostra guerra e quanto ci comanderai noi faremo".10Egli allora radunò tutti gli uomini atti alle armi e accelerò il completamento delle mura di Gerusalemme e le fortificò tutt'attorno.11Poi inviò Giònata figlio di Assalonne con un forte esercito a Giaffa; egli ne scacciò gli occupanti e rimase là sul posto.
12Intanto Trifone si mosse da Tolemàide con ingenti forze per venire in Giudea e aveva con sé Giònata come prigioniero.13Simone a sua volta si accampò in Adida di fronte alla pianura.14Trifone venne a sapere che Simone era succeduto a Giònata suo fratello e che si accingeva a muovergli guerra, perciò mandò messaggeri a proporgli:15"Giònata tuo fratello lo tratteniamo a causa del denaro che doveva all'erario del re per gli affari che amministrava.16Ora, mandaci cento talenti d'argento e due dei suoi figli in ostaggio, perché una volta liberato non si allontani per ribellarsi a noi. Con questo lo rimetteremo in libertà".17Simone si rese conto che gli parlavano con inganno, ma mandò ugualmente a prendere l'argento e i figli, per non attirarsi forte inimicizia da parte del popolo,18che poteva commentare: "È perito perché non gli hai mandato l'argento né i figli".19Perciò gli mandò i cento talenti e i figli; ma quegli non mantenne la parola e non liberò Giònata.20Fatto questo, Trifone si mosse per entrare nel paese e devastarlo, girando per la via che conduce ad Adòra. Ma Simone con le sue truppe ne seguiva le mosse puntando su tutti i luoghi dove quegli si dirigeva.21Quelli dell'Acra intanto inviarono messaggeri a Trifone sollecitandolo a venire da loro attraverso il deserto e a inviare loro vettovaglie.22Trifone allestì tutta la sua cavalleria per andare, ma in quella notte cadde neve abbondantissima, e così a causa della neve non poté andare. Perciò si mosse e andò in Gàlaad.23Quando fu vicino a Bascama, uccise Giònata e lo seppellì sul posto.24Poi tornò e partì per la sua regione.
25Simone mandò a prendere le ossa di Giònata suo fratello e lo seppellì in Modin, città dei suoi padri.26Tutto Israele lo pianse con un grande lamento e fece lutto su di lui per molti giorni.27Simone sopraelevò il sepolcro del padre e dei fratelli e lo pose bene in vista con pietre levigate, dietro e davanti.28Poi dispose sette piramidi, l'una di fronte all'altra, per il padre, per la madre e per i quattro fratelli.29Le completò con una struttura architettonica, ponendovi attorno grandi colonne; pose sulle colonne trofei di armi a perenne memoria e presso i trofei navi scolpite che si potessero osservare da quanti erano in navigazione sul mare.30Tale è il mausoleo che eresse in Modin e che esiste ancora.
31Trifone agiva con perfidia verso Antioco, il re ancora giovinetto, finché lo uccise32e si fece re al suo posto, si mise in capo la corona dell'Asia e procurò grandi rovine al paese.33Simone intanto completò le fortezze della Giudea, le cinse di torri elevate e di mura solide con portoni e sbarre e rifornì le fortezze di viveri.34Poi Simone scelse uomini adatti e li inviò al re Demetrio per ottenere esoneri al paese; perché tutti gli atti di Trifone erano state rapine.
35Il re Demetrio lo assicurò in questo senso, poi gli rispose per iscritto inviandogli la seguente lettera:
36"Il re Demetrio a Simone sommo sacerdote e amico del re, agli anziani e al popolo dei Giudei salute.37Abbiamo ricevuto la corona d'oro e la palma che ci avete inviata e siamo pronti a concludere con voi una pace solenne e a scrivere ai sovrintendenti agli affari di concedervi le esenzioni;38quanto stabilimmo con voi resta stabilito e le fortezze che avete costruite restino di vostra proprietà.39Vi condoniamo le mancanze e le colpe fino ad oggi e la corona che ci dovete; se altro si riscuoteva in Gerusalemme, non sia più riscosso.40Se alcuni di voi sono atti ad essere iscritti al seguito della nostra persona, siano iscritti e regni la pace tra di noi".
41Nell'anno centosettanta fu tolto il giogo dei pagani da Israele42e il popolo cominciò a scrivere negli atti pubblici e nei contratti: "Anno primo di Simone il grande, sommo sacerdote, stratega e capo dei Giudei".
43In quel tempo Simone pose il campo contro Ghezer, la circondò di accampamenti, fece allestire una torre mobile, la spinse contro la città e abbatté una torre impadronendosene.44I soldati della torre mobile si lanciarono nella città e si produsse in città un grande trambusto.45I cittadini salirono sulle mura insieme con le mogli e i bambini, con le vesti stracciate, e supplicarono a gran voce per indurre Simone a dar loro la destra46e dissero: "Non trattarci secondo le nostre iniquità, ma secondo la tua clemenza".47Simone venne a patti con loro e non combatté oltre contro di loro; ma li scacciò dalla città, purificò le case nelle quali c'erano idoli, e così entrò in città con canti di lode e di ringraziamento.48Egli eliminò da essa ogni contaminazione e vi stabilì uomini che fossero osservanti della legge; poi la fortificò e costruì in essa la propria dimora.
49Ora quelli dell'Acra in Gerusalemme, messi nell'impossibilità di uscire e venire nel paese a comprare e vendere, erano terribilmente affamati e buon numero di essi moriva di fame.50Allora fecero giungere il loro grido a Simone, perché desse loro la destra, e Simone la diede; così li sloggiò di là e purificò l'Acra da tutte le contaminazioni.51Fecero ingresso in quel luogo il ventitré del secondo mese dell'anno centosettantuno, con canti di lode e con palme, con suoni di cetre, cembali e arpe e con inni e canti, perché era stato eliminato un grande nemico da Israele.52Simone stabilì di celebrare ogni anno questo giorno di festa. Intanto completò la fortificazione del monte del tempio lungo l'Acra; qui abitò con i suoi.53Vedendo poi che suo figlio Giovanni era ormai uomo, Simone lo fece capo di tutte le milizie e questi pose la sua residenza in Ghezer.
Qoelet 10
1Una mosca morta guasta l'unguento del profumiere:
un po' di follia
può contare più della sapienza e dell'onore.
2La mente del sapiente si dirige a destra
e quella dello stolto a sinistra.
3Per qualunque via lo stolto cammini è privo di senno e di ognuno dice: "È un pazzo".
4Se l'ira d'un potente si accende contro di te, non lasciare il tuo posto, perché la calma placa le offese anche gravi.
5C'è un male che io ho osservato sotto il sole: l'errore commesso da parte di un sovrano:6la follia vien collocata in posti elevati e gli abili siedono in basso.7Ho visto schiavi a cavallo e prìncipi camminare a piedi come schiavi.
8Chi scava una fossa ci casca dentro
e chi disfà un muro è morso da una serpe.
9Chi spacca le pietre si fa male
e chi taglia legna corre pericolo.
10Se il ferro è ottuso e non se ne affila il taglio, bisogna raddoppiare gli sforzi; la riuscita sta nell'uso della saggezza.11Se il serpente morde prima d'essere incantato, non c'è niente da fare per l'incantatore.
12Le parole della bocca del saggio procurano benevolenza,
ma le labbra dello stolto lo mandano in rovina:
13il principio del suo parlare è sciocchezza,
la fine del suo discorso pazzia funesta.
14L'insensato moltiplica le parole: "Non sa l'uomo quel che avverrà: chi gli manifesterà ciò che sarà dopo di lui?".
15La fatica dello stolto lo stanca;
poiché non sa neppure andare in città.
16Guai a te, o paese, che per re hai un ragazzo
e i cui prìncipi banchettano fin dal mattino!
17Felice te, o paese, che per re hai un uomo libero
e i cui prìncipi mangiano al tempo dovuto
per rinfrancarsi e non per gozzovigliare.
18Per negligenza il soffitto crolla
e per l'inerzia delle mani piove in casa.
19Per stare lieti si fanno banchetti
e il vino allieta la vita;
il denaro risponde a ogni esigenza.
20Non dir male del re neppure con il pensiero
e nella tua stanza da letto non dir male del potente,
perché un uccello del cielo trasporta la voce
e un alato riferisce la parola.
Salmi 143
1'Salmo. Di Davide.'
Signore, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio alla mia supplica,
tu che sei fedele,
e per la tua giustizia rispondimi.
2Non chiamare in giudizio il tuo servo:
nessun vivente davanti a te è giusto.
3Il nemico mi perseguita,
calpesta a terra la mia vita,
mi ha relegato nelle tenebre
come i morti da gran tempo.
4In me languisce il mio spirito,
si agghiaccia il mio cuore.
5Ricordo i giorni antichi,
ripenso a tutte le tue opere,
medito sui tuoi prodigi.
6A te protendo le mie mani,
sono davanti a te come terra riarsa.
7Rispondimi presto, Signore,
viene meno il mio spirito.
Non nascondermi il tuo volto,
perché non sia come chi scende nella fossa.
8Al mattino fammi sentire la tua grazia,
poiché in te confido.
Fammi conoscere la strada da percorrere,
perché a te si innalza l'anima mia.
9Salvami dai miei nemici, Signore,
a te mi affido.
10Insegnami a compiere il tuo volere,
perché sei tu il mio Dio.
Il tuo spirito buono
mi guidi in terra piana.
11Per il tuo nome, Signore, fammi vivere,
liberami dall'angoscia, per la tua giustizia.
12Per la tua fedeltà disperdi i miei nemici,
fa' perire chi mi opprime,
poiché io sono tuo servo.
Michea 2
1Guai a coloro che meditano l'iniquità
e tramano il male sui loro giacigli;
alla luce dell'alba lo compiono,
perché in mano loro è il potere.
2Sono avidi di campi e li usurpano,
di case, e se le prendono.
Così opprimono l'uomo e la sua casa,
il proprietario e la sua eredità.
3Perciò così dice il Signore:
"Ecco, io medito contro questa genìa
una sciagura da cui non potran sottrarre il collo
e non andranno più a testa alta,
perché sarà quello tempo di calamità.
4In quel tempo
si comporrà su di voi un proverbio
e si canterà una lamentazione: "È finita!",
e si dirà: "Siamo del tutto rovinati!
Ad altri egli passa l'eredità del mio popolo;
- Ah, come mi è stata sottratta! -
al nemico egli spartisce i nostri campi".
5Perciò non ci sarà nessuno
che tiri la corda per te,
per il sorteggio nell'adunanza del Signore.
6"Non profetizzate!" - "Ma devono profetizzare".
"Non profetizzate riguardo a queste cose!"
- "Ma non si terrà lontano l'obbrobrio".
7È forse già cosa detta, o casa di Giacobbe?
È forse stanca la pazienza del Signore,
o questo è il suo modo di agire?
Non sono forse benefiche le sue parole
per chi cammina con rettitudine?
8Ma voi come nemici
insorgete contro il mio popolo.
Da chi è senza mantello
esigete una veste,
dai passanti tranquilli,
un bottino di guerra.
9Cacciate le donne del mio popolo
fuori dalla casa delle loro delizie,
e togliete ai loro bambini il mio onore per sempre.
10Su, andatevene,
perché questo non è più luogo di riposo.
Per una inezia esigete un pegno insopportabile.
11Se uno che insegue il vento
e spaccia menzogne dicesse:
"Ti profetizzo in virtù del vino e di bevanda inebriante",
questo sarebbe un profeta
per questo popolo.
12Certo ti radunerò tutto, o Giacobbe,
certo ti raccoglierò, resto di Israele.
Li metterò insieme come pecore in un sicuro recinto,
come una mandria in mezzo al pascolo,
dove muggisca lontano dagli uomini.
13Chi ha aperto la breccia li precederà;
forzeranno e varcheranno la porta
e usciranno per essa;
marcerà il loro re innanzi a loro
e il Signore sarà alla loro testa.
Lettera ai Galati 2
1Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito:2vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano.3Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere.4E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi.5Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda tra di voi.
6Da parte dunque delle persone più ragguardevoli - quali fossero allora non m'interessa, perché Dio non bada a persona alcuna - a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più.7Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi -8poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani -9e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi.10Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.
11Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto.12Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi.13E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia.14Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: "Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?
15Noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori,16sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge 'non verrà mai giustificato nessuno'".
17Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, forse Cristo è ministro del peccato? Impossibile!18Infatti se io riedifico quello che ho demolito, mi denuncio come trasgressore.19In realtà mediante la legge io sono morto alla legge, per vivere per Dio.20Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.21Non annullo dunque la grazia di Dio; infatti se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano.
Capitolo XXXVI: Contro i vuoti giudizi umani
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, poni saldamente il tuo cuore nel Signore; e se la coscienza ti proclama onesto e senza colpa, non temere il giudizio degli uomini. Cosa buona e santa è sopportare il giudizio umano; cosa non gravosa per chi è umile di cuore e confida in Dio, più che in se stesso. C'è molta gente che parla tanto: e, perciò, poco è il credito che le si deve dare. Del resto, fare contenti tutti non è possibile. Che se Paolo cercò di piacere a tutti nel Signore e si fece "tutto per tutti" (1Cor 9,22), tuttavia non diede alcuna importanza al fatto d'essere giudicato da questo tempo"(1Cor 4,3). Egli operò grandemente, con tutto se stesso e con tutte le sue forze, per l'edificazione e la salvezza del prossimo; ma non poté impedire che talvolta fosse giudicato e persino disprezzato dagli altri. Per questo, tutto mise nelle mani di Dio, a cui tutto è noto. Con la pazienza e con l'umiltà egli si difese dalla sfrontatezza di quelli che dicevano iniquità o pensavano vuotaggini e menzogne o buttavano fuori ogni cosa a loro capriccio: pur talvolta rispondendo, perché dal suo silenzio non nascesse scandalo ai deboli.
2. "Chi sei tu mai, per avere paura di un uomo mortale? " (Is 51,12). L'uomo, oggi c'è, e domani non lo si vede più. Temi Iddio, e non ti sgomenterai di ciò che può farti paura da parte degli uomini. Che cosa può un uomo contro di te, con parole e improperi? Egli nuoce a se stesso, più che a te; né potrà sfuggire al giudizio di Dio, chiunque egli sia. Per quanto ti riguarda, tu tieni fissi gli occhi in Dio, e "non voler opporti a lui, con parole di lamento" ("Tm 2,14). Che se, al momento, sembra che tu soccomba e che tu sia coperto di vergogna immeritata, non devi, per questo, sdegnarti; né devi fare che sia più piccolo il tuo premio, per difetto di pazienza. Guarda, invece, a me, cui è dato di strappare l'uomo da ogni ingiustizia, "rendendo a ciascuno secondo le sue opere" (Mt 16,27; Rm 2,6).
DISCORSO 23/A DISCORSO SUL RESPONSORIO DEL SALMO 74: "NOI CONFESSEREMO A TE, DIO, CONFESSEREMO A TE E INVOCHEREMO IL TUO NOME"
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaConfessare a Dio significa umiliarsi davanti a lui.
1. Saremo beati se quanto abbiamo ascoltato e cantato lo mettiamo anche in pratica. L'ascolto infatti è come la nostra semina, il metterlo in pratica è il risultato della semina. Il campo nel quale viene seminato il frumento, se produce spine 1, non deve attendersi il granaio ma il fuoco. Così anche coloro che ascoltano buone parole ma compiono il male non si aspettino per sé il granaio del regno dei cieli 2, ma quel fuoco di cui è detto: Andate nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli 3. Con questa premessa vorrei ammonire la vostra Carità, a non entrare inutilmente in chiesa, ascoltando tante buone parole ma comportandovi male. Ma in rapporto alla bontà di colui che semina e del seme che è la parola di Dio, nasca nel vostro comportamento e nella vostra vita, come in una buona terra, abbondantissimi frutti di buona condotta e così possiate sperare che l'agricoltore, quando verrà, preparerà per voi il granaio dove possiate essere collocati 4. Abbiamo cantato: Confesseremo a te, Dio, confesseremo a te e invocheremo il tuo nome 5. Confessare a Dio che cosa significa se non umiliarsi davanti a Dio e non attribuirsi alcun merito? Poiché per grazia sua siamo stati salvati come dice l'Apostolo, non per merito delle opere, perché nessuno s'insuperbisca; infatti per sua grazia siamo stati salvati 6. Non è preceduta infatti una qualche vita meritoria, che Dio dall'alto possa aver gradito e amato e così possa aver detto: "Veniamo in aiuto, soccorriamo questi uomini, perché vivono bene". Non fu contento della nostra vita, gli dispiacque in noi tutto quanto facevamo, mentre non gli dispiacque quanto lui aveva fatto in noi. Perciò condannerà quanto abbiamo fatto noi, salverà quanto ha fatto lui. Condannerà le cattive azioni degli uomini, ma salverà gli uomini. Gli uomini non hanno fatto se stessi, ma hanno prodotto cattive azioni. Quanto Dio ha fatto in essi - Dio infatti ha creato l'uomo ad immagine e somiglianza sua 7 - è buono. Quanto invece l'uomo, respingendo il suo Autore e creatore e volgendosi alla perversità, tramite il libero arbitrio, ha fatto di male, questo condanna Dio per liberare l'uomo; cioè Dio condanna quanto ha fatto l'uomo e libera quanto ha fatto lo stesso Dio.
Un grande medico è venuto a noi.
2. Noi non eravamo buoni. Ma ha avuto pietà di noi 8, e ha mandato il suo Figlio 9 a morire, non per i buoni ma per i cattivi, non per i giusti ma per gli ingiusti 10. Infatti Cristo è morto per gli empi 11. E che cosa segue? È raro il caso che uno voglia morire per un giusto; tuttavia qualcuno forse accetterebbe di morire per un uomo dabbene 12. Si potrebbe trovare qualcuno che abbia il coraggio di morire per un uomo dabbene. Invece per un ingiusto, per un empio, per un iniquo chi vorrebbe morire, se non Cristo solo, così innocente da poter giustificare anche gli ingiusti? Perciò, fratelli miei, non avevamo nessun'opera meritoria, ma soltanto demeriti. Ma pur essendo tali le opere degli uomini, la sua misericordia non abbandonò gli uomini. E mentre erano meritevoli di pena, egli invece della pena dovuta donò la grazia non dovuta. E mandò il Figlio suo 13 per redimerci, non a prezzo d'oro o d'argento, ma a prezzo del suo sangue 14, che egli sparse, agnello immacolato condotto al macello 15 per le pecore contaminate, se pur soltanto contaminate o non anche completamente infette. Ecco la grazia che abbiamo ricevuta. Viviamo in maniera degna di questa grazia che abbiamo accolta, per non fare torto a tanto dono. Un così grande medico è venuto a noi, ha rimesso tutti i nostri peccati. Se vogliamo di nuovo ammalarci, non soltanto danneggeremo noi stessi, ma ci mostreremo anche ingrati verso il medico.
Cristo ed ha mostrato la via dell'umiltà con l'insegnamento e con l'esempio.
3. Seguiamo perciò le sue vie che egli ci ha mostrato, in modo particolare la via dell'umiltà, perché egli stesso è divenuto umile per noi. Ci ha mostrato con l'insegnamento la via dell'umiltà e l'ha percorsa soffrendo per noi. Non avrebbe sofferto se non si fosse umiliato; chi avrebbe potuto uccidere Dio, se Dio non si fosse umiliato? Il Cristo infatti è Figlio di Dio, e il Figlio di Dio è anch'egli Dio. È lui il Figlio di Dio, il Verbo di Dio, del quale parla Giovanni: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lui e niente è stato fatto senza di lui 16. Chi avrebbe potuto uccidere colui per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose e senza il quale niente è stato fatto? Chi avrebbe potuto ucciderlo, se egli non si fosse umiliato? Ma in che modo si è umiliato? Dice ancora Giovanni: Il Verbo si è fatto carne ed ha abitato in mezzo a noi 17. Il Verbo di Dio infatti non avrebbe potuto essere ucciso. Perché potesse morire per noi, poiché [per sua natura] non poteva morire, il Verbo si è fatto carne ed ha abitato in mezzo a noi. Immortale, assunse la mortalità, perché potesse morire per noi, e con la sua morte uccidere la nostra morte. Questo ha fatto il Signore, questo ha compiuto per noi. Onnipotente, si è umiliato; umiliato, è stato ucciso; è stato ucciso, è risorto, è stato esaltato per non abbandonarci, morti, nell'inferno, ma per glorificarci in lui nella resurrezione dei morti, mentre ora ci ha innalzati nella fede e nella confessione dei giusti.
Prima umiliati davanti a Dio, poi invocalo.
4. Perciò ci ha dato come via l'umiltà. Se la percorreremo confesseremo al Signore e allora con verità possiamo cantare. Confesseremo a te, Dio, confesseremo a te e invocheremo il tuo nome 18. Sfrontatamente invochi il nome di colui al quale non vuoi confessare. Anzitutto confessa per preparare una degna dimora a colui che invochi. Il tuo cuore infatti è pieno di malizia. Il confessare elimina l'immondezza che ti porti dentro e pulisce la casa in cui possa entrare colui che invochi. Chiunque invoca prima di confessare, vuole offendere colui che invoca. Se infatti non osi invitare a casa tua un qualche personaggio importante se prima non hai pulito la tua casa, affinché i suoi occhi non ne rimangano offesi, oserai nel tuo cuore pieno di malizia invocare il nome di Dio, senza prima eliminare l'interiore malvagità con la confessione? Perciò la confessione, fratelli miei, ci rende umili, resi umili ci giustifica, giustificati ci glorifica. Se siamo superbi il Signore ci resiste; se siamo umili il Signore ci esalta, poiché resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili 19; e Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato 20. Rivolti a Dio..
1 - Cf. Ger 12, 13.
2 - Cf. Mt 3, 12.
3 - Mt 25, 41.
4 - Cf. Mt 3, 12.
5 - Sal 74, 2.
6 - Ef 2, 8-9.
7 - Cf. Gn 1, 26.
8 - Cf. Sal 66, 2.
9 - Cf. Gal 4, 4.
10 - Cf. Mt 5, 45.
11 - Rm 5, 6.
12 - Rm 5, 7.
13 - Cf. Gal 4, 4.
14 - Cf. 1 Pt 1, 18-19.
15 - Cf. Ger 11, 19.
16 - Gv 1, 1-3.
17 - Gv 1, 14.
18 - Sal 74, 2.
19 - Gc 4, 6; 1 Pt 5, 5.
20 - Lc 14, 11; 18, 14; cf. Mt 23, 12.
15 - Il felicissimo transito di san Giuseppe.
La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca873. Correva già l'ottavo anno da quando le infermità e la debolezza avevano colpito il fortunato san Giuseppe, volgendo il suo generoso spirito a purificarsi sempre più nel crogiolo della pazienza e dell'amore divino. Gli anni di vita e gli acciacchi della malattia avevano debilitato le sue forze a tal punto che il suo corpo reagiva sempre meno, avviandosi verso l'inevitabile fine dell'esistenza, in cui tutti noi, figli di Adamo, abbiamo il dovere di pagare il comune debito della morte. Nel frattempo cresceva la cura e la sollecitudine della sua celeste sposa, nostra Regina, nell'assisterlo e servirlo con inviolabile attenzione. E conoscendo l'amantissima Signora, con la sua rara sapienza, che si avvicinava il giorno in cui il suo castissimo sposo sarebbe uscito dal pesante esilio terreno, si presentò dinanzi al suo santissimo Figlio e gli disse: «Signore, altissimo Dio, salvatore del mondo, figlio dell'eterno Padre, so per divina ispirazione che già si approssima il tempo stabilito dalla vostra eterna volontà per la morte del vostro servo Giuseppe. Io vi supplico, per le vostre arcane misericordie e per la vostra infinita bontà, che lo assista in quest'ora il braccio onnipotente della vostra Maestà, affinché la sua morte sia preziosa ai vostri occhi come è stata ad essi gradita la rettitudine della sua vita. Fate in modo che esca dal suo pellegrinaggio terreno in pace, con la speranza certa dei premi eterni per il giorno in cui la vostra benignità aprirà le porte dei cieli a tutti i credenti. Ricordatevi, Figlio mio, dell'amore e dell'umiltà del vostro servo, della sua pienezza di meriti e di virtù, della sua fedeltà e della sua sollecitudine verso di me, e di come quest'uomo giusto si impegnò col sudore della sua fronte per sostentare la vostra grandezza, e me umile serva vostra».
874. Il nostro Salvatore le rispose: «Madre mia, le vostre richieste mi sono gradite, e sono presenti al mio cospetto i meriti di Giuseppe. Io lo assisterò e gli assegnerò tra i principi del mio popolo, per il tempo opportuno, una sede tanto eminente da destare la meraviglia degli angeli, e da essere motivo di lode per loro e per gli uomini. Con nessuna generazione opererò ciò che farò per il vostro sposo». Per questa promessa la divina Signora rese grazie al suo dolcissimo Figlio e prima della morte, per nove giorni, assieme a lui assistette san Giuseppe ininterrottamente senza lasciarlo mai solo. In questo tempo, per ordine dello stesso Signore, i santi angeli eseguivano, tre volte al giorno, per il fortunato infermo una celeste musica, invocando benedizioni su di lui ed innalzando cantici di lode all'Altissimo. Inoltre, si percepì in tutta quell'umile ma invidiabile casa una soavissima fragranza di odori così leggiadri che confortavano non solo il santo Giuseppe, ma anche tutti quelli che si trovavano fuori dalla sua abitazione, dove quell'aroma si era diffuso.
875. Un giorno, prima di morire, il pio uomo, tutto infiammato nel divino amore per i benefici ricevuti, ebbe un'altissima estasi della durata di ventiquattro ore, in cui il Signore per miracoloso intervento gli preservò le forze e la vita. In questo grandioso rapimento vide chiaramente la divina essenza: in essa gli fu manifestato senza ombre né misteri ciò che per fede aveva creduto riguardo all'incomprensibile Divinità, come pure il mistero dell'incarnazione, della redenzione umana, della Chiesa militante e di tutti i sacramenti che ad essa appartengono. La santissima Trinità scelse ed elesse Giuseppe come precursore di Cristo, nostro salvatore, presso i santi padri e profeti del limbo, e gli affidò il mandato di annunziare a questi la redenzione, preparandoli a ricevere la venuta e la visita dello stesso Signore, per tirarli fuori da quel seno di Abramo e condurli alla felicità e al riposo eterno. Maria santissima vide tutto ciò nello specchio dell'anima del suo santissimo Figlio, nella medesima forma in cui le si erano rivelati gli altri misteri, e comprese come tutto si era operato nella vita del suo amantissimo sposo; la gran Principessa rese allora degne grazie al Signore.
876. San Giuseppe rientrò in sé da questa estasi con il volto circonfuso di splendore, rilucente di una straordinaria bellezza, e con la mente tutta santificata dalla vista di Dio. Parlando con la sua santissima sposa le chiese la sua benedizione; ella pregò il suo santissimo Figlio perché gliela desse, e la divina Maestà obbedì. Subito dopo la gran Regina, come maestra di umiltà, postasi in ginocchio chiese a san Giuseppe che, come sposo e capo, la benedicesse. L'uomo di Dio per consolare la prudentissima sposa, trasportato dall'impulso divino, nell'accomiatarla le impartì la sua benedizione. Ella gli baciò la mano con la quale l'aveva benedetta e lo pregò di salutare da parte sua i santi padri del limbo. Giuseppe, per chiudere il testamento della sua vita con il sigillo dell'umiltà, domandò perdono alla sua celeste sposa per tutte le mancanze che, come uomo fragile e terreno, aveva commesso nel servirla e nello stimarla, e la pregò che in quell'ora non lo abbandonasse, assistendolo e intercedendo per lui con le sue orazioni. Il santo sposo ringraziò anche il suo santissimo Figlio per i benefici che aveva ricevuto dalla sua liberalissima mano in tutta la sua vita e specialmente nella malattia. Le ultime parole che san Giuseppe pronunziò, conversando con la sua sposa, furono queste: «Benedetta siete fra tutte le donne, ed eletta fra tutte le creature. Vi lodino gli angeli e gli uomini: tutte le generazioni conoscano, magnifichino ed esaltino la vostra dignità; e tramite voi sia conosciuto, adorato ed esaltato il nome dell'Altissimo per tutti i secoli futuri, e sia eternamente lodato per avervi creata così preziosa agli occhi suoi e di tutti gli spiriti celesti. Spero di godere della vostra vista nella patria celeste».
877. L 'uomo di Dio si volse quindi a Cristo nostro Signore, e per parlare a sua Maestà con profonda riverenza, anche in quell'ora, tentò di inginocchiarsi a terra, ma il dolcissimo Gesù si avvicinò a lui e lo ricevette tra le sue braccia. Egli allora, con il capo reclinato in queste, gli disse: «Signore mio e Dio altissimo, figlio dell'eterno Padre, creatore e redentore del mondo, date la vostra eterna benedizione al vostro schiavo, alla creatura delle vostre mani. Perdonate, o Re pietosissimo, le colpe che indegnamente ho commesso nel servirvi e nello stare in vostra compagnia. Io vi confesso, vi magnifico ed esalto e con cuore umile vi rendo eternamente grazie per avermi eletto fra tutti gli uomini, per vostra ineffabile benignità, come sposo della vostra vera Madre. La vostra grandezza e la vostra stessa gloria siano il mio ringraziamento per tutta l'eternità». Il Redentore del mondo gli impartì la benedizione, e gli disse: «Padre mio, riposate in pace e nella grazia mia e del mio Padre celeste. Ai miei profeti e santi che vi attendono nel limbo darete il lieto annunzio che già si avvicina la loro redenzione». A queste parole di Gesù e nelle sue stesse braccia il santo e felicissimo Giuseppe spirò; e sua Maestà gli chiuse gli occhi. Nel medesimo istante la moltitudine degli angeli, che ivi si trovavano con il loro Re supremo e con la loro Regina, intonarono dolci cantici di lode con celesti ed armoniose voci. Subito per ordine di sua Altezza portarono la santissima anima al limbo dei padri e dei profeti dove, piena di splendori e di incomparabile grazia, tutti la riconobbero come quella del padre putativo del Redentore del mondo, suo grande favorito e degno di singolare venerazione. E, secondo quanto gli aveva ordinato il Signore, egli cagionò in quella innumerevole assemblea di santi un nuovo giubilo, comunicando ad essi la lieta notizia: era ormai prossimo il loro riscatto.
878. Nonostante la preziosa morte di san Giuseppe fosse stata preceduta da così lunghe infermità e da estenuanti dolori, vi furono anche altre cause che la determinarono e che non è opportuno passare sotto silenzio. Con tutte le sue malattie, infatti, avrebbe potuto prolungarsi ancora la sua vita, se a queste non si fossero sovrapposti gli effetti provocati dall'ardentissimo fuoco di amore che incendiava il suo rettissimo cuore. Ed affinché questa felicissima morte fosse più il trionfo dell'amore che il castigo delle colpe, il Signore sospese l'intervento speciale e miracoloso con cui preservava le forze naturali del suo servo perché non venissero vinte dalla violenza dell'amore. Mancando questo contributo divino la natura si arrese e si sciolse il laccio che tratteneva quella santissima anima nella prigione della corruttibilità del corpo, nella cui separazione consiste la nostra morte. Così l'amore, come ho già narrato, fu l'ultima pena delle sue infermità e fu anche la più grande e la più gloriosa, poiché con essa la morte è sonno del corpo e principio della vita indefettibile.
879. La gran Signora dei cieli, vedendo morto il suo sposo, preparò il suo corpo per la sepoltura, e secondo l'u sanza comune lo vestì, senza che lo toccassero altre mani all'infuori delle sue e di quelle dei santi angeli che, in forma umana, l'aiutarono. Ed affinché non fosse scalfita l'onestissima modestia della vergine Madre, il Signore avvolse il corpo del defunto Giuseppe di un mirabile splendore che lo ricopriva in modo da non fare apparire agli occhi altro che il volto. E così la purissima sposa non lo vide, sebbene lo vestisse per la sepoltura. Alla fragranza che emanava accorsero alcune persone; ognuno al vederlo così bello, come se fosse stato vivo, era preso da grande stupore. Con l'assistenza di parenti, amici e molti altri e specialmente del Redentore del mondo, della sua beatissima Madre e della innumerevole schiera di angeli, il sacro corpo del glorioso san Giuseppe fu portato alla comune sepoltura. In tutte queste azioni ed occasioni la prudentissima Regina serbò il suo immutabile contegno e la sua austerità senza cadere in gesti scomposti, leggeri e femminili; né il dolore le impedì di accudire a tutte le cose necessarie al suo santissimo Figlio ed all'ossequio del suo defunto sposo. Il cuore regale e magnanimo della Signora delle genti si prodigava per tutto. Subito dopo ella rese grazie al proprio figlio e vero Dio per i favori che aveva dispensato al suo santo sposo, e con dimostrazioni di altissima riverenza ed umiltà prostratasi dinanzi a lui pronunciò queste parole: «Signore e padrone di tutto il mio essere, vero figlio e maestro mio, la santità di Giuseppe mio sposo poté trattenervi finora con noi e fare in modo che meritassimo la vostra desiderabile compagnia, ma con la morte del vostro amato servo posso io ben temere di perdere il bene che non merito. Consideratevi, o Signore, come obbligato dalla vostra stessa bontà a non abbandonarmi. Accoglietemi di nuovo come vostra serva accettando gli umili desideri e l'ansietà di un cuore che vi ama». Il Salvatore del mondo accettò questa nuova offerta della sua santissima Madre e la rassicurò che non l'avrebbe lasciata sola sino a quando, per volontà dell'eterno Padre, non fosse venuto il tempo di iniziare la predicazione.
Insegnamento della Regina del cielo
880. Figlia mia carissima, non è senza un motivo particolare che il tuo cuore si è mosso, con speciale compassione e pietà, verso quelli che si ritrovano in punto di morte, e che è sorto in te il desiderio di aiutarli in quell'ora. In verità, come hai potuto conoscere, le anime in quell'istante soffrono incredibili e pericolose angustie per le insidie del diavolo e della stessa natura che le circonda. Da quel momento dipende tutto: l'esilio terreno si conclude, perché cada sopra di esso l'ultima sentenza di morte o di vita eterna, di pena o di gloria senza fine. E poiché l'Altissimo si compiace che tu metta in pratica la carità di cui sei stata colmata verso tutti i morenti, io ti confermo nello stesso proposito e ti esorto a concorrere con tutte le forze ed a prestarci obbedienza con tutti i tuoi sforzi. Considera, dunque, o amica, che Lucifero e i suoi ministri riconoscono dagli eventi e dalle cause naturali quando gli uomini si trovano in una pericolosa e mortale infermità; e quindi in quell'istante stesso si preparano con astuzia e con tutta la loro malignità ad investire il povero ed ignorante malato e a farlo precipitare, se possono, con varie tentazioni. Inoltre, quando si avvicina il termine delle persecuzioni contro le anime, i principi delle tenebre cercano di rifarsi da questo danno assalendo i mortali con maggior malvagità nel poco tempo che manca alla fine della vita.
881. In questa situazione si aggregano come lupi sanguinari e si sforzano di riconoscere lo stato dell'infermo sia riguardo a ciò che ha di naturale sia riguardo a ciò che ha di acquisito, considerando le sue inclinazioni, gli usi, i costumi ed anche gli affetti in cui mostra particolare suscettibilità; e ciò al fine di poterlo assaltare e di invergli per quella via maggior guerra. A quelli che sregolatamente amano la vita i demoni suggeriscono che questa loro affezione non è poi così pericolosa, ed impediscono che qualcuno li disinganni. In quelli che sono stati negligenti nell'uso dei santi sacramenti suscitano una nuova tiepidezza e propongono loro maggiori difficoltà, affinché muoiano senza avvicinarsi ad essi o li ricevano senza frutto e con cattiva predisposizione. Ad alcuni creano stati di confusione, affinché non prendano coscienza dei loro peccati; ad altri frappongono indugi ed ostacoli, perché non dichiarino i loro debiti e non mettano pace nei loro cuori. In quelli che amano la vanità risvegliano il desiderio, anche in quell'ultima ora, di molte cose vane e superbe da eseguirsi dopo la morte. Con veemenza inclinano altri avari o lussuriosi verso tutto ciò che ciecamente amarono. E così i crudeli nemici si avvalgono di tutte le cattive abitudini dei mortali per spingerli dietro agli oggetti e per rendere ad essi difficoltoso o impossibile il rimedio. E tutti gli atti peccaminosi che gli uomini operarono in vita, e con i quali acquistarono viziosi costumi, furono altrettanti pegni ed armi offensive che diedero al comune nemico, per far loro guerra nell'ora tremenda della morte. E così ogni appetito soddisfatto viene ad aprire la via, perché il demonio penetri nel castello dell'anima. Egli, nell'interno di questa, emette il suo pestifero fiato e solleva dense tenebre - che sono i suoi stessi effetti - affinché gli uomini non riconoscano le divine ispirazioni, né abbiano vero dolore dei loro peccati, né facciano penitenza alcuna per la loro cattiva condotta in vita.
882. Generalmente questi nemici fanno in quell'ultima ora grandi stragi, infondendo negli infermi la falsa speranza di vivere più a lungo e di eseguire con il tempo ciò che Dio ispira loro per mezzo dei suoi angeli: con questo inganno essi si ritrovano beffati e perduti. Soprattutto in quel momento è grande il pericolo per quelli che hanno disprezzato in vita il rimedio dei santi sacramenti. La giustizia divina è solita castigare questo rifiuto, molto offensivo per il Signore e per i santi, abbandonando le anime in preda al loro cattivo consiglio. Queste, poiché non vollero approfittare a suo tempo del rimedio opportuno, meritano, giustamente, di essere escluse nell'ultima ora dalla salvezza eterna, che temerariamente aspettavano. Pochissimi sono i giusti in pericolo di morte che non vengono assaltati con incredibile rabbia dall'antico serpente. Se egli pretende di far cadere coloro che sono santi e virtuosi, che cosa sperano coloro che sono dediti ai vizi, che cosa attendono i negligenti ed i pieni di peccati che hanno impiegato tutta la loro vita a demeritare la grazia e il favore divino e a schivare le opere di cui potevano avvalersi contro il nemico? Il mio santo sposo Giuseppe fu tra quelli che ebbero il privilegio di non vedere né sentire il demonio in quell'ora estrema, perché, quando gli spiriti maligni tentarono di avvicinarsi, furono arrestati da una forza potente che li allontanò e i santi angeli li precipitarono nell'abisso. Ed essi sentendosi così oppressi e schiacciati - a nostro modo di intendere - rimasero turbati, confusi e come storditi. Ciò diede occasione a Lucifero di convocare nell'inferno un'assemblea o un conciliabolo al fine di consultarsi con tutti i principi delle tenebre su quanto era accaduto, e di investigare nel mondo sulla vera o presunta venuta del Messia.
883. Comprendi ora, carissima, quanto sia pericoloso il momento della morte e quante anime periscano in quell'ora in cui cominciano a svelarsi i meriti e i peccati. Non ti dichiaro quanti sono quelli che si perdono e si dannano, perché - se lo sapessi - ne moriresti per la pena e per il vero amore che porti al Signore. La regola generale dice che la buona vita aspetta la buona morte, tutto il resto è incerto, raro e contingente. Il rimedio sicuro deve consistere nell'intraprendere da lontano il cammino. Perciò ti avverto di pensare ogni giorno, allo spuntare della luce, se quello sarà l'ultimo della tua vita, e riguardandolo come se dovesse veramente esserlo - poiché non sai se in effetti lo sarà - cerca di mettere ordine nella tua anima in modo che con volto allegro e sereno tu possa ricevere la morte, qualora venga. Non rimandare nemmeno per un istante il dolore dei tuoi peccati e il proposito di confessarli, se ne avrai commessi. Cerca di emendare fin la più piccola imperfezione, in modo da non lasciare nella tua coscienza nessuna colpa, di cui senti rimorso, senza dolertene e senza lavarti con il sangue di Cristo mio santissimo figlio. Disponi tutta te stessa in uno stato tale da poter comparire dinanzi al giusto giudice che ti deve esaminare e che deve giudicare le tue facoltà a partire dal più piccolo pensiero e dalla minima azione.
884. Ma per aiutare, come desideri, coloro che si trovano in quell'estremo pericolo, in primo luogo raccomanda, se potrai, a tutti questi il consiglio che ti ho suggerito: vivano con l'anima sempre pronta per ottenere una felice morte. Inoltre per questo fine eleverai un'orazione ogni giorno senza mai tralasciarla. Con fervorosi affetti e gemiti prega l'Onnipotente, affinché dissipi gli inganni dei demoni e rompa i lacci e le insidie che essi tramano contro quelli che agonizzano o si ritrovano in quell'istante, ed impetra che tutti loro siano confusi dalla sua divina destra. Tu sai che io recitavo questa orazione per i mortali e quindi voglio che mi imiti. Similmente, ti ordino che, per aiutarli meglio, comandi ed intimi agli stessi demoni di allontanarsi da loro e di non opprimerli. Ben puoi usare questo potere, anche se non sei presente in quei frangenti poiché, essendovi il Signore, nel suo nome puoi comandare loro e costringerli a fuggire per sua maggior gloria ed onore.
885. Riguardo alle tue sorelle, illuminale senza turbarle su quello che devono fare. Ammoniscile ed assistile, affinché ricevano subito i santi sacramenti e vi si accostino frequentemente. Procura e sforzati di animarle e consolarle, discorrendo con loro sulle cose di Dio, sui suoi misteri e sulla sacra Scrittura, affinché si risveglino i loro sentimenti e i loro buoni propositi e si dispongano a ricevere dall'alto la luce e i divini consigli. Incoraggiale nella speranza, fortificale contro le tentazioni, ed insegna loro come devono resistervi e vincerle. Quando l'Altissimo non ti darà una particolare illuminazione per comprendere le loro prove, cerca tu stessa di conoscerle prima che te le manifestino, affinché applichi a ciascuna la medicina più conveniente; le infermità spirituali, infatti, sono difficili da diagnosticare e curare. Adoperati per eseguire quanto ti insegno ed io otterrò dal Signore privilegi per te e per quelli che desidererai aiutare. Non essere parca nella carità, perché in questa virtù non devi operare in proporzione a ciò che tu sei, ma nella misura di ciò che l'Altissimo vuole operare per mezzo di te.
16 SETTEMBRE.
Suor Maria della Croce
In questi giorni siete un po più soddisfatta di voi stessa e Gesù
anche, perché vi sforzate di farGli piacere e d'unirvi a Lui
maggiormente. Ma non crediate d'essere arrivata; questo è appena
l'inizio dell'unione ch'egli vuol contrarre con la vostra anima. Oh!
come poco si comprende sulla terra, non è vero?, qual distacco Gesù
esige da un'anima ch'egli vuole tutta sua! Si crede di amare, ci
s'immagina d'esser senz'altro una Santa per il fatto che si sente in sé,
così sembra, un po' più d'amore sensibile che d'ordinario, ma tutte
queste sensibilità naturali non sono nulla. Bisogna che l'anima si
elevi, si distacchi a poco a poco da tutto ciò che la circonda e
soprattutto da se stessa, dal suo amor proprio, dalle sue passioni, al
fine d'arrivare all'unione divina, e Gesù solo sa tutto quel che costi
alla natura giunger là! Bisogna aver fatto più di un sacrificio, bisogna
che il cuore sia frantumato per espellerne ogni amore umano; questo è
difficile! Quanto poche sono le anime che comprendono tali cose! Voi che
le comprendete un po' per una grande misericordia di Gesù, voi ch'Egli
ama tanto, incamminatevi coraggiosamente su questa via di abnegazione e
di morte a voi stessa. Considerate sovente tutte le tenerezze ch'Egli ha
avuto per voi, come sia andato a cercarvi lontano, come abbia appianato
tutte le difficoltà incontrate sul vostro cammino. Egli ha fatto più
per voi che non per alcun altro! Ogni giorno vi colma delle sue grazie
d'elezione. Considerate inoltre come ha agito nei vostri riguardi in
questi ultimi giorni; parimenti, Egli attende da voi una grande
generosità, più che da tante altre, cui non ha concesso tanti favori, e
da cui non richiede una sì grande perfezione. Egli attende anche una
dedizione a tutta prova, e soprattutto molto amore. Bisogna che la
vostra anima, il vostro cuore si perdano in Lui, che operiate unicamente
per farGli piacere. Bisogna che vi eleviate al di sopra della terra e
di tutto ciò che vi circonda per inabissarvi nella sua santa volontà.
Dovete giungere a non perderLo mai di vista, neppure un minuto. Non
crediate per questo d'esser presa al punto da non poter adempiere i
vostri obblighi! No, (anzi) vedrete a poco a poco che è tutto il
contrario e che l'anima più unita a Gesù sarà anche la più esatta
nell'adempimento di tutti i suoi doveri; invero Colui che ella ama
agisce per lei; Egli non è più, per così dire, che uno con lei. Pensate
se è ben diretta e aiutata in quel che deve fare! Qual bene può fare
attorno a sé un'anima interiore; non v'è che lei che ne faccia; tutto
quel che è fatto altrimenti è inutile.
L'anima unita a Gesù ha ella sola diritto sul suo Cuore, ne è la
padrona, Egli non le nega nulla. Avrei tante cose da dirvi a tal
riguardo, ma voi non mi comprendereste. Bisogna attendere i momenti
voluti da Dio. Se volete, non tarderanno a giungere. Gesù ha grande
desiderio d'unirsi totalmente a voi, più che non possiate ancor
comprenderlo in questo momento. Siate molto vigilante su voi stessa; è
cosa sì buona amare Gesù; è sì consolante passare immediatamente, senza
transizione, dall'unione intima della terra all'unione ancor più intima
del Cielo. Riflettete su tutto ciò che vi dico. Una sola delle vostre
azioni offerte per mio sollievo, con purità d'intenzione, quando siete
molto unita a Gesù, mi consola più di molte preghiere vocali. Più presto
vi perfezionerete, più presto parimenti avverrà la mia liberazione.
È vero che la Madre Superiora ha molto sofferto in questi ultimi giorni,
ma un giorno di grandi sofferenze, simili a quelle che ella prova
talvolta, è di maggior profitto per la sua anima e per tutta la Comunità
che dieci giorni e più di buona salute, nei quali possa agire e far
tutto quel che dipende dai doveri della sua carica.