Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 26° settimana del tempo ordinario (San Francesco)
Vangelo secondo Giovanni 12
1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti.2E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali.3Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento.4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse:5"Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?".6Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.7Gesù allora disse: "Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura.8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me".
9Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.10I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro,11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
12Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme,13prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando:
'Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore,'
il re d'Israele!
14Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:
15'Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto sopra un puledro d'asina.'
16Sul momento i suoi discepoli non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di lui e questo gli avevano fatto.17Intanto la gente che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli rendeva testimonianza.18Anche per questo la folla gli andò incontro, perché aveva udito che aveva compiuto quel segno.19I farisei allora dissero tra di loro: "Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro!".
20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci.21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù".22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù.23Gesù rispose: "È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo.24In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.25Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.26Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà.27Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!28Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!".
29La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: "Un angelo gli ha parlato".30Rispose Gesù: "Questa voce non è venuta per me, ma per voi.31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.32Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".33Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.34Allora la folla gli rispose: "Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell'uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell'uomo?".35Gesù allora disse loro: "Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va.36Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce".
Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro.
37Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui;38perché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia:
'Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?'
39E non potevano credere, per il fatto che Isaia aveva detto ancora:
40'Ha reso ciechi i loro occhi
e ha indurito il loro cuore,
perché non vedano con gli occhi
e non comprendano con il cuore, e si convertano
e io li guarisca!'
41Questo disse Isaia quando vide la sua gloria e parlò di lui.42Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma non lo riconoscevano apertamente a causa dei farisei, per non essere espulsi dalla sinagoga;43amavano infatti la gloria degli uomini più della gloria di Dio.
44Gesù allora gridò a gran voce: "Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato;45chi vede me, vede colui che mi ha mandato.46Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.48Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno.49Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare.50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me".
Primo libro delle Cronache 19
1Dopo, morì Nacas re degli Ammoniti; al suo posto divenne re suo figlio.2Davide disse: "Userò benevolenza con Canun figlio di Nacas, perché anche suo padre è stato benevolo con me". Davide mandò messaggeri per consolarlo della morte di suo padre. I ministri di Davide andarono nella regione degli Ammoniti da Canun per consolarlo.3Ma i capi degli Ammoniti dissero a Canun: "Forse Davide intende onorare tuo padre ai tuoi occhi mandandoti consolatori? Questi suoi ministri non sono venuti forse da te per spiare, per informarsi e per esplorare la regione?".
4Canun allora prese i ministri di Davide, li fece radere, tagliò a metà le loro vesti fino alle natiche e li rimandò.5Alcuni vennero a riferire a Davide la sorte di quegli uomini. Poiché costoro si vergognavano moltissimo, il re mandò ad incontrarli con questo messaggio: "Rimanete in Gèrico finché non sia cresciuta la vostra barba; allora ritornerete".
6Gli Ammoniti, accortisi di essersi inimicati Davide, mandarono, essi e Canun, mille talenti d'argento per assoldare carri e cavalieri nel paese dei due fiumi, in Aram Maaca e in Zoba.7Assoldarono trentaduemila carri e il re di Maaca con le sue truppe. Questi vennero e si accamparono di fronte a Màdaba; frattanto gli Ammoniti si erano radunati dalle loro città e si erano mossi per la guerra.
8Quando Davide lo venne a sapere, mandò Ioab con tutto il gruppo dei prodi.9Gli Ammoniti uscirono per disporsi a battaglia davanti alla città mentre i re alleati stavano da parte nella campagna.10Ioab si accorse che la battaglia gli si profilava di fronte e alle spalle. Egli scelse i migliori di Israele e li schierò contro gli Aramei.11Affidò il resto dell'esercito ad Abisài suo fratello che lo schierò contro gli Ammoniti.12E gli disse: "Se gli Aramei prevarranno su di me, mi verrai in aiuto; se invece gli Ammoniti prevarranno su di te, io ti verrò in aiuto.13Coraggio, dimostriamoci forti per il nostro popolo e per le città del nostro Dio; il Signore faccia ciò che gli piacerà".14Ioab con i suoi mosse verso gli Aramei per combatterli, ma essi fuggirono davanti a lui.15Anche gli Ammoniti, visto che gli Aramei si erano dati alla fuga, fuggirono di fronte ad Abisài fratello di Ioab, rientrando in città. Ioab allora tornò in Gerusalemme.
16Gli Aramei, visto che erano stati battuti dagli Israeliti, mandarono messaggeri e fecero venire gli Aramei d'Oltrefiume; li comandava Sofach, capo dell'esercito di Hadad-Èzer.
17Quando ciò fu riferito a Davide, egli radunò tutto Israele e attraversò il Giordano. Li raggiunse e si schierò davanti a loro; Davide si dispose per la battaglia contro gli Aramei, che l'attaccarono.18Gli Aramei fuggirono di fronte agli Israeliti. Davide uccise, degli Aramei, settemila cavalieri e quarantamila fanti; uccise anche Sofach capo dell'esercito.19Gli uomini di Hadad-Èzer, visto che erano stati battuti dagli Israeliti, fecero la pace con Davide e si sottomisero a lui. Gli Aramei non vollero più recare aiuto agli Ammoniti.
Siracide 20
1C'è un rimprovero che è fuori tempo,
c'è chi tace ed è prudente.
2Quanto è meglio rimproverare che covare l'ira!
3Chi si confessa colpevole evita l'umiliazione.
4Un eunuco che vuol deflorare una ragazza,
così chi vuol rendere giustizia con la violenza.
5C'è chi tace ed è ritenuto saggio,
e c'è chi è odiato per la sua loquacità.
6C'è chi tace, perché non sa che cosa rispondere,
e c'è chi tace, perché conosce il momento propizio.
7L'uomo saggio sta zitto fino al momento opportuno,
il millantatore e lo stolto lo trascurano.
8Chi abbonda nel parlare si renderà abominevole;
chi vuole assolutamente imporsi sarà odiato.
9Nelle disgrazie può trovarsi la fortuna per un uomo,
mentre un profitto può essere una perdita.
10C'è una generosità, che non ti arreca vantaggi
e c'è chi dall'umiliazione alza la testa.
11.12C'è chi compra molte cose con poco,
e chi le paga sette volte il loro valore.
13Il saggio si rende amabile con le sue parole,
le cortesie degli stolti sono sciupate.
14Il dono di uno stolto non ti gioverà,
perché i suoi occhi bramano ricevere più di quanto ha
dato.
15Egli darà poco, ma rinfaccerà molto;
aprirà la sua bocca come un banditore.
Oggi darà un prestito e domani richiederà;
uomo odioso è costui.
16Lo stolto dice: "Non ho un amico,
non c'è gratitudine per i miei benefici.
17Quelli che mangiano il mio pane sono lingue cattive".
Quanto spesso e quanti si burleranno di lui!
18Meglio scivolare sul pavimento che con la lingua;
per questo la caduta dei cattivi giunge rapida.
19Un uomo senza grazia è un discorso inopportuno:
è sempre sulla bocca dei maleducati.
20Non si accetta una massima dalla bocca dello stolto,
perché non è mai detta a proposito.
21C'è chi è impedito di peccare dalla miseria
e durante il riposo non avrà rimorsi.
22C'è chi si rovina per rispetto umano
e si rovina per la faccia di uno stolto.
23C'è chi per rispetto umano fa promesse a un amico;
in tal modo se lo rende gratuitamente nemico.
24Brutta macchia nell'uomo la menzogna,
si trova sempre sulla bocca degli ignoranti.
25Meglio un ladro che un mentitore abituale,
ma tutti e due condivideranno la rovina.
26L'abitudine del bugiardo è un disonore,
la vergogna lo accompagnerà sempre.
27Il saggio si fa onore con i discorsi,
l'uomo prudente piace ai grandi.
28Chi lavora la terra accrescerà il raccolto;
chi piace ai grandi si fa perdonare l'ingiustizia.
29Regali e doni accecano gli occhi dei saggi,
come bavaglio sulla bocca, soffocano i rimproveri.
30Sapienza nascosta e tesoro invisibile:
a che servono l'una e l'altro?
31Fa meglio chi nasconde la stoltezza
che colui che nasconde la sapienza.
Salmi 122
1'Canto delle ascensioni. Di Davide'.
Quale gioia, quando mi dissero:
"Andremo alla casa del Signore".
2E ora i nostri piedi si fermano
alle tue porte, Gerusalemme!
3Gerusalemme è costruita
come città salda e compatta.
4Là salgono insieme le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge di Israele,
per lodare il nome del Signore.
5Là sono posti i seggi del giudizio,
i seggi della casa di Davide.
6Domandate pace per Gerusalemme:
sia pace a coloro che ti amano,
7sia pace sulle tue mura,
sicurezza nei tuoi baluardi.
8Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: "Su di te sia pace!".
9Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.
Geremia 39
1Nel decimo mese del nono anno di Sedecìa re di Giuda, Nabucodònosor re di Babilonia mosse con tutto l'esercito contro Gerusalemme e l'assediò.2Nel quarto mese dell'anno undecimo di Sedecìa, il nove del mese, fu aperta una breccia nella città,3entrarono tutti i generali del re di Babilonia e si stabilirono alla Porta di mezzo; Nergal-Sarèzer di Sin-Magir, Nebosar-Sechim, capo dei funzionari, Nergal-Sarèzer, comandante delle truppe di frontiera e tutti gli altri capi del re di Babilonia.
4Appena videro ciò, Sedecìa re di Giuda e tutti i suoi guerrieri fuggirono uscendo di notte per la via del giardino del re, attraverso la porta fra le due mura, e presero la via dell'Araba.5Ma i soldati caldei li inseguirono e raggiunsero Sedecìa nelle steppe di Gèrico, lo presero e lo condussero da Nabucodònosor re di Babilonia a Ribla nel paese di Amat, dove il re pronunziò la sentenza su di lui.6Il re di Babilonia fece sgozzare i figli di Sedecìa, a Ribla, sotto gli occhi di lui; il re di Babilonia fece anche sgozzare tutti i notabili di Giuda.7Cavò poi gli occhi a Sedecìa e lo legò con catene per condurlo a Babilonia.8I Caldei diedero alle fiamme la reggia e le case del popolo e demolirono le mura di Gerusalemme.9Tutto il resto del popolo rimasto in città e i disertori che erano passati a lui e tutto il resto del popolo, Nabuzaradàn, capo delle guardie, li deportò a Babilonia.10Nabuzaradàn, capo delle guardie, lasciò nel paese di Giuda i poveri del popolo, che non avevano nulla, assegnando loro vigne e campi in tale occasione.
11Quanto a Geremia, Nabucodònosor re di Babilonia aveva dato queste disposizioni a Nabuzaradàn, capo delle guardie:12"Prendilo e tieni gli occhi su di lui, non fargli alcun male, ma fa' per lui ciò che egli ti dirà".13Essi allora - cioè Nabuzaradàn, capo delle guardie, Nabusazbàn capo dei funzionari, Nergal-Sarèzer, comandante delle truppe di frontiera e tutti gli alti ufficiali del re di Babilonia -14mandarono a prendere Geremia dall'atrio della prigione e lo consegnarono a Godolia figlio di Achikàm, figlio di Safàn, perché lo conducesse a casa. Così egli rimase in mezzo al popolo.
15A Geremia era stata rivolta questa parola del Signore, quando era ancora rinchiuso nell'atrio della prigione:16"Va' a dire a Ebed-Mèlech l'Etiope: Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco io pongo in atto le mie parole contro questa città, a sua rovina e non a suo bene; in quel giorno esse si avvereranno sotto i tuoi occhi.17Ma io ti libererò in quel giorno - oracolo del Signore - e non sarai consegnato in mano agli uomini che tu temi.18Poiché, certo, io ti salverò; non cadrai di spada, ma ti sarà conservata la vita come tuo bottino, perché hai avuto fiducia in me. Oracolo del Signore".
Apocalisse 14
1Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo.2Udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di arpa che si accompagnano nel canto con le loro arpe.3Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e ai vegliardi. E nessuno poteva comprendere quel cantico se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra.4Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l'Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello.5Non fu trovata menzogna sulla loro bocca; sono senza macchia.
6Poi vidi un altro angelo che volando in mezzo al cielo recava un vangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, razza, lingua e popolo.7Egli gridava a gran voce:
"Temete Dio e dategli gloria,
perché è giunta l'ora del suo giudizio.
Adorate colui che ha fatto
il cielo e la terra,
il mare e le sorgenti delle acque".
8Un secondo angelo lo seguì gridando:
"È caduta, è caduta
Babilonia la grande,
quella che ha abbeverato tutte le genti
col vino del furore della sua fornicazione".
9Poi, un terzo angelo li seguì gridando a gran voce: "Chiunque adora la bestia e la sua statua e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano,10berrà il vino dell'ira di Dio che è versato puro nella coppa della sua ira e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello.11Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome".12Qui appare la costanza dei santi, che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù.
13Poi udii una voce dal cielo che diceva: "Scrivi: Beati d'ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono".
14Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata.15Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura".16Allora colui che era seduto sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta.
17Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, anch'egli tenendo una falce affilata.18Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature".19L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio.20Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di duecento miglia.
Capitolo XXIV: Il giudizio divino e la punizione dei peccati
Leggilo nella Biblioteca1. In ogni cosa tieni l'occhio fisso al termine finale; tieni l'occhio, cioè, a come comparirai dinanzi al giudice supremo; al giudice che vede tutto, non si lascia placare con doni, non accetta scuse; e giudica secondo giustizia (cfr. Is 11,4). Oh!, sciagurato e stolto peccatore, come potrai rispondere a Dio, il quale conosce tutto il male che hai fatto; tu che tremi talvolta alla vista del solo volto adirato di un uomo? Perché non pensi a quel che avverrà di te nel giorno del giudizio, quando nessuno potrà essere scagionato e difeso da altri, e ciascuno costituirà per se stesso un peso anche troppo grave? E' adesso che la tua fatica è producente; è adesso che il tuo pianto e il tuo sospiro possono piacere a Dio ed essere esauditi; è adesso che il tuo dolore può ripagare il male compiuto e renderti puro.
2. Un grave e salutare purgatorio l'ha colui che sa sopportare. Questi, ricevendo ingiustizie, si dispiace della cattiveria altrui, più che del male patito; è pronto a pregare per quelli che lo contrastano e perdona di cuore le loro colpe; non esita a chiedere perdono agli altri; è più incline ad aver compassione che ad adirarsi; fa violenza sovente a se stesso e si sforza di sottoporre interamente la carne allo spirito. Stroncare ora i vizi e purgarsi ora dai peccati è miglior cosa che lasciarli da purgare in futuro. Invero noi facciamo inganno a noi stessi amando le cose carnali, contro l'ordine stabilito da Dio. Che altro divorerà, quel fuoco, se non i tuoi peccati? Perciò, quanto più indulgi a te stesso quaggiù, seguendo la carne, tanto più duramente pagherai poi, preparando fin d'ora materiale più abbondante per quelle fiamme. Ciascuno sarà più gravemente punito in ciò in cui ebbe a peccare. Colà i pigri saranno incalzati da pungoli infuocati; e i golosi saranno tormentati da grande sete e fame. Colà sui lussuriosi e sugli amanti dei piaceri saranno versati in abbondanza pece ardente e zolfo fetido; e gli invidiosi, per il grande dolore, daranno in ululati, quali cani rabbiosi. Non ci sarà vizio che non abbia il suo speciale tormento. Colà i superbi saranno pieni di ogni smarrimento; e gli avari saranno oppressi da gravissima miseria. Un'ora trascorsa colà, nella pena, sarà più grave di cento anni passati qui in durissima penitenza. Nessuna tregua, colà, nessun conforto per i dannati; mentre quaggiù talora ci si stacca dalla fatica e si gode del sollievo degli amici.
3. Devi darti da fare adesso, e piangere i tuoi peccati, per poter essere senza pensiero nel giorno del giudizio. In quel giorno, infatti, i giusti staranno in piena tranquillità in faccia a coloro che li oppressero (Sap 5,1) e li calpesteranno. Starà come giudice colui che ora si sottomette umilmente al giudizio degli uomini. In quel giorno, grande speranza avranno il povero e l'umile, e sarà pieno di paura il superbo; apparirà che è stato saggio in questo mondo colui che ha saputo essere stolto e disprezzato per amore di Cristo. In quel giorno sarà cara ogni tribolazione che sia stata sofferta pazientemente, e "ogni iniquità chiuderà la sua bocca" (Sal 106,42); l'uomo pio sarà nella gioia, mentre sarà nel dolore chi è vissuto senza fede. In quel giorno il corpo tribolato godrà più che se fosse stato nutrito di delizie; risplenderà la veste grossolana e quella fine sarà oscurata; una miserabile dimora sarà più ammirata che un palazzo dorato. In quel giorno una pazienza che non sia venuta mai meno, gioverà più che tutta la potenza della terra; la schietta obbedienza sarà glorificata più che tutta l'astuzia del mondo. In quel giorno la pura e retta coscienza darà più gioia che la erudita dottrina; il disprezzo delle ricchezze varrà di più che i tesori di tutti gli uomini. In quel giorno avrai maggior gioia da una fervente preghiera che da un pranzo prelibato; trarrai più gioia dal silenzio che avrai mantenuto, che da un lungo parlare. In quel giorno le opere buone varranno di più che le molte parole; una vita rigorosa è una dura penitenza ti saranno più care di ogni piacere di questa terra.
4. Impara a patire un poco adesso, affinché allora tu possa essere liberato da patimenti maggiori. Prova te stesso prima, quaggiù, per sapere di che cosa sarai capace allora. Se adesso sai così poco patire, come potrai sopportare i tormenti eterni? Se adesso un piccolo patimento ti rende così incapace di sopportazione, come ti renderà la Geenna? Ecco, in verità, non le puoi avere tutte e due, queste gioie: godere in questa vita e poi regnare con Cristo. Che ti gioverebbe, se, fino ad oggi, tu fossi sempre vissuto tra gli onori e i piaceri, e ora ti accadesse di morire improvvisamente? Tutto, dunque, è vanità, fuorché amare Iddio e servire a Lui solo. E perciò, colui che ama Dio con tutto il suo cuore non ha paura né della morte, né della condanna, né del giudizio, né dell'inferno. Un amore perfetto porta con tutta sicurezza a Dio; chi invece continua ad amare il peccato ha paura e - ciò non fa meraviglia - della morte e del giudizio. Se poi non hai ancora amore bastante per star lontano dal male, è bene che almeno la paura dell'inferno ti trattenga; in effetti, chi non tiene nel giusto conto il timore di Dio non riuscirà a mantenersi a lungo nella via del bene, ma cadrà ben presto nei lacci del diavolo.
Omelia 32: Lo Spirito Santo e la Chiesa.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca[Se abbiamo sete, andiamo.]
1. In mezzo ai dissensi e ai dubbi che i Giudei sollevarono nei suoi confronti, il Signore Gesù Cristo, tra le altre cose che disse e che servirono a confondere alcuni e ad illuminare altri, nell'ultimo giorno di quella solennità (Gv 7, 37) che si stava celebrando e che si chiamava Scenopegia, cioè erezione delle tende - la vostra Carità ricorda che di questa festività si è già parlato -, il Signore Gesù Cristo lanciò un appello, non parlando ma gridando: Chi ha sete venga a me! Se dunque abbiamo sete andiamo a lui: e andiamo a lui non coi piedi ma con gli slanci del cuore, non muovendoci materialmente, ma amando. Sebbene anche chi ama, interiormente si muova. Ma altro è muoversi col corpo, altro è muoversi col cuore: si muove col corpo chi si sposta fisicamente da un luogo ad un altro, si muove col cuore chi orienta in modo diverso i propri affetti. Se tu amavi una cosa e ora ne ami un'altra, tu non sei più dov'eri prima.
2. Ecco quanto ad alta voce il Signore ci dice. In piedi, ad alta voce disse: Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura: "Fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno". Non occorre soffermarci sul significato di queste parole che l'evangelista ci chiarisce. Perché il Signore disse: Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me, fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno, ce lo spiega l'evangelista così proseguendo: Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i credenti in lui; lo Spirito, infatti, non era stato ancora dato, perché Gesù non era stato ancora glorificato (Gv 7, 37-39). C'è dunque una sete interiore e un seno interiore, poiché c'è l'uomo interiore. Quest'uomo interiore è invisibile, mentre quello esteriore è visibile; ma l'uomo interiore è migliore di quello esteriore. E ciò che non si vede, si ama di più; risulta infatti che si ama di più l'uomo interiore di quello esteriore. Come risulta? Ciascuno ne ha la prova in se stesso; perché, quantunque chi vive male abbandoni l'anima al corpo, tuttavia vuol vivere, il che è impossibile senza l'anima, e identifica se stesso più con ciò che regge che con ciò che viene retto. Chi regge è l'anima, chi viene retto è il corpo. Ognuno trova godimento nel piacere, e il piacere lo riceve dal corpo: separa l'anima dal corpo e nulla nel corpo resterà; e benché riceva godimento dal corpo, è l'anima che gode. Ora, se l'anima trova godimento nella sua casa, cioè nel corpo, non lo troverà in se stessa? Se trova diletto fuori di sé, non lo troverà in se stessa? E' troppo evidente che l'uomo ama di più la sua anima che il suo corpo. E anche in un altro, si ama l'anima più del corpo. Cosa si ama infatti nell'amico, quando l'amore è sincero e puro, l'anima o il corpo? Se è la sua fedeltà che si ama, si ama la sua anima; se in lui si ama la benevolenza, questa risiede nell'anima; se ami l'amico perché anch'egli ama te, ami la sua anima, perché non è il corpo ma è l'anima che ama. Lo ami precisamente per questo, perché egli ti ama. Cerca il motivo per cui egli ti ama e troverai che è lo stesso per cui tu ami lui. Lo si ama più vivamente, anche se non lo si vede.
3. Aggiungerò un'altra considerazione, da cui più chiaramente risulterà alla vostra Carità fino a che punto si ami l'anima e come essa venga preferita al corpo. Anche quelli che sono presi da un amore lascivo, che si lasciano sedurre dalla bellezza del corpo e attrarre dalle forme fisiche, essi stessi amano di più allorché sono amati. Al contrario, se uno ama e sente di essere odiato, invece di amore proverà sdegno. Perché invece di amore proverà sdegno? Perché il suo amore non è stato ricambiato. Se dunque quelli stessi che si innamorano dei corpi chiedono una risposta di amore, e nell'essere amati trovano la più grande soddisfazione, che dire di quelli che amano le anime? E se quelli che amano le anime sono tanto grandi, che saranno quelli che amano Dio, che rende belle le anime? E' l'anima che dona decoro al corpo, allo stesso modo che Dio lo dona alle anime. E' l'anima che rende amabile il corpo; tanto che quando l'anima se ne va, ti trovi inorridito davanti ad un cadavere che tu, per quanto possa aver amato quelle belle membra, ti affretti a seppellire. L'anima è la bellezza del corpo, Dio la bellezza dell'anima.
[La fonte non viene meno.]
4. Il Signore dunque ci grida di andare a lui e di bere, se interiormente abbiamo sete; e ci assicura che, se berremo, fiumi di acqua viva scorreranno dal nostro seno. Il seno dell'uomo interiore è la coscienza del cuore. Bevendo a quest'onda, la coscienza limpida si ravviva, e, dovendo attingere, disporrà di una fonte; anzi, sarà essa stessa la fonte. Cosa è questa fonte, cos'è questo fiume che scaturisce dal seno dell'uomo interiore? E' la benevolenza che lo porta ad interessarsi del prossimo. Perché, se uno pensa che ciò che beve è soltanto per lui, non fluirà dal suo seno l'acqua viva; se si affretta, invece, a renderne partecipe il prossimo, allora, appunto perché scorre, la fonte non inaridisce. Vedremo ora che cos'è ciò che bevono quelli che credono nel Signore; se infatti siamo Cristiani e crediamo, dobbiamo bere. E ciascuno in se stesso deve rendersi conto se beve, e se vive di ciò che beve; poiché la fonte non ci abbandona, se non siamo noi ad abbandonarla.
5. L'evangelista ci spiega, come dicevo, il motivo per cui il Signore fece sentire la sua voce, a quale fonte invitava a bere e che cosa offre a chi viene a bere, dicendo: Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i credenti in lui; lo Spirito, infatti, non era stato ancora dato, perché Gesù non ancora era stato glorificato. Di quale Spirito parla se non dello Spirito Santo? Ogni uomo, infatti, ha in sé il proprio spirito, di cui ho parlato quando affermavo il valore dell'anima. L'anima di ciascuno è precisamente il suo spirito, del quale l'Apostolo dice: Chi, tra gli uomini, conosce i pensieri dell'uomo, all'infuori dello spirito dell'uomo che è in lui? E aggiunge: Così, parimenti, le cose di Dio nessuno le conosce, tranne lo Spirito di Dio (1 Cor 2, 11). Nessuno conosce i nostri pensieri, se non il nostro spirito. Io non so, infatti, che cosa pensi tu, né tu sai che cosa penso io: ciò che pensiamo dentro di noi è un nostro segreto, e dei pensieri di ciascuno, solo testimone è il proprio spirito. Così, parimenti, le cose di Dio nessuno le conosce, tranne lo Spirito di Dio. Noi con il nostro spirito, Dio con il suo; però con questa differenza: che Dio con il suo Spirito sa anche ciò che avviene in noi; mentre noi, senza il suo Spirito, non possiamo sapere che cosa avviene in Dio. Dio, anzi, conosce di noi anche ciò che noi stessi ignoriamo. Pietro, ad esempio, non conosceva la sua debolezza, quando apprese dal Signore che per tre volte lo avrebbe rinnegato (cf. Mt 26, 33-35). Il malato non sapeva di essere malato, il medico sì. Ci sono dunque delle cose che Dio sa di noi, e che noi ignoriamo. Tuttavia, per quanto riguarda gli uomini, nessuno si conosce meglio dell'interessato; un altro ignora che cosa avviene in noi, ma il nostro spirito lo sa. Avendo però ricevuto lo Spirito Santo, noi apprendiamo anche le cose di Dio. Non tutto, perché non abbiamo ricevuto la pienezza dello Spirito Santo, ma solamente un pegno. In virtù del pegno, di cui riceveremo poi la pienezza, noi conosciamo già molte cose. Il pegno ci consoli durante questa peregrinazione, pensando che colui che ci ha dato il pegno si è impegnato a darci il resto. Se tale è la caparra, che sarà la pienezza del dono?
6. Ma che significano le parole: Lo Spirito non era stato ancora dato perché Gesù non ancora era stato glorificato? Il senso è evidente. Non vuol dire infatti che non esisteva lo Spirito di Dio, che era presso Dio, ma che ancora non era presente in coloro che avevano creduto in Gesù. Così infatti aveva disposto il Signore Gesù: di dare loro lo Spirito, di cui parliamo, solo dopo la sua risurrezione. E ciò non senza motivo. Se vogliamo conoscere il motivo, egli ci aiuterà a trovarlo. Se bussiamo, ci aprirà e ci farà entrare. E' l'amore filiale che bussa, non la mano; bussa anche la mano, se la mano non si ritrae dalle opere di misericordia. Per qual motivo, dunque, il Signore Gesù Cristo stabilì di dare lo Spirito Santo solo dopo la sua glorificazione? Prima di rispondere in qualche modo a questa domanda, c'è da risolvere un altro problema che potrebbe turbare qualcuno. Come si può dire che lo Spirito Santo non era ancora presente negli uomini santi, se il Vangelo dice che Simeone conobbe il Signore appena nato per mezzo dello Spirito Santo, e così la vedova Anna, profetessa (cf. Lc 2, 25-38), e lo stesso Giovanni che lo battezzò (cf. Lc 1, 26-34)? Zaccarìa, a sua volta, pronunciò molte parole dietro ispirazione dello Spirito Santo (cf. Lc 1, 67-79), e Maria stessa, non concepì il Signore senza aver prima ricevuto lo Spirito Santo (cf. Lc 1, 35). Sicché abbiamo molte prove della presenza dello Spirito Santo, prima che il Signore fosse glorificato mediante la risurrezione della carne. E non fu certo un altro Spirito Santo quello di cui furono dotati i profeti che annunciarono la venuta di Cristo. Ma il modo con cui sarebbe stato dato doveva essere assolutamente diverso dal precedente: è di questo modo che qui si parla. Prima della risurrezione, infatti, in nessuna parte si legge che degli uomini riuniti insieme, ricevuto lo Spirito Santo, abbiano cominciato a parlare nelle lingue di tutte le genti. Dopo la sua risurrezione, invece, la prima volta che apparve ai suoi discepoli, il Signore disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. E' in riferimento a questo fatto che l'evangelista dice: Non era stato ancora dato lo Spirito, perché ancora Gesù non era stato glorificato. E alitò su di essi (Gv 20, 22; 7, 39), colui che col suo soffio vivificò il primo uomo, traendolo dal fango (cf. Gn 2, 7); colui che col suo soffio animò le membra del corpo, mostrando col gesto di alitare loro in faccia, di volerli rialzare dal fango e liberarli dalle opere di fango. Fu allora, dopo la sua risurrezione, chiamata dall'evangelista glorificazione, che il Signore donò per la prima volta ai suoi discepoli lo Spirito Santo. Poi, dopo essere stato con essi quaranta giorni, come attesta il libro degli Atti degli Apostoli, alla presenza degli stessi Apostoli, che lo seguivano con gli occhi, salì al cielo (cf. At 1, 3-9). E, dieci giorni dopo, nel giorno di Pentecoste mandò su di essi lo Spirito Santo. Allora, come ho detto, quanti si trovavano riuniti nel medesimo luogo, lo ricevettero, ne furono ripieni e presero a parlare nelle lingue di tutte le genti (cf. At 2, 1-11).
7. Ma allora, o fratelli, siccome adesso chi è battezzato in Cristo e crede in Cristo, non parla le lingue di tutte le genti, si deve pensare che egli non ha ricevuto lo Spirito Santo? Lungi da noi un pensiero così contrario alla fede! Siamo certi che ogni uomo riceve lo Spirito Santo, ma lo riceve secondo la capacità del vaso della fede che egli reca alla fonte. E siccome anche adesso si riceve, qualcuno si domanderà: Come mai nessuno parla le lingue di tutte le nazioni? Perché ormai la Chiesa stessa parla le lingue di tutte le nazioni. Alle origini la Chiesa era presente in una sola nazione, e in essa parlava le lingue di tutte. Parlando le lingue di tutte le nazioni, preannunciava il tempo in cui, crescendo in mezzo ad esse, avrebbe parlato le lingue di tutte. Chi non è in questa Chiesa, neppure adesso riceve lo Spirito Santo. Staccato e separato dall'unità delle membra, da quella unità che parla le lingue di tutti, egli se ne priva, e non ha lo Spirito Santo. Se lo ha, ce ne dia la prova che allora veniva data. In che cosa consiste quella prova? Parli tutte le lingue? E che, mi risponde, tu parli tutte le lingue? Certamente, rispondo, perché ogni lingua è mia, in quanto è la lingua di quel corpo di cui io sono membro. La Chiesa che è diffusa fra tutte le genti, parla la lingua di tutti; la Chiesa è il corpo di Cristo e tu sei membro di questo corpo; essendo membro di quel corpo che parla tutte le lingue, anche tu parli tutte le lingue. L'unità diventa armonia per la carità delle membra che la compongono; e questa unità parla come parlava allora un sol uomo.
[Chi ama l'unità possiede tutto.]
8. Riceviamo dunque anche noi lo Spirito Santo, se amiamo la Chiesa, se siamo compaginati dalla carità, se ci meritiamo il nome di cattolici e di fedeli. Siamo convinti, o fratelli, che uno possiede lo Spirito Santo nella misura in cui ama la Chiesa di Cristo. Lo Spirito, infatti, è dato, come dice l'Apostolo, in ordine ad una manifestazione. Di che manifestazione si tratta? Lo dice il medesimo Apostolo: A uno per opera dello Spirito sono concesse parole di sapienza; a un altro, secondo il medesimo Spirito, parole di scienza; a un altro la fede, nel medesimo Spirito; a un altro il dono delle guarigioni, in virtù dell'unico Spirito; a un altro il potere di compiere miracoli, grazie al medesimo Spirito (1 Cor 12, 7-10). C'è una grande varietà di doni, che vengono concessi per l'utilità comune, e forse tu non hai nessuno di questi doni. Ma se ami, non si può dire che non hai niente; perché, se ami l'unità, qualunque cosa possieda un altro la possiede anche per te. Bandisci dal tuo cuore l'invidia, e sarà tuo ciò che io ho; se io mi libero da ogni sentimento d'invidia, è mio ciò che tu hai. L'invidia divide, la salute unisce. Soltanto l'occhio vede nel corpo; ma è forse per sé solo che l'occhio vede? No, vede anche per la mano, vede anche per il piede e per tutte le altre membra del corpo: se, infatti, il piede in qualche modo inciampa, l'occhio non si volge altrove indifferente. Soltanto la mano lavora nel corpo; ma è forse per sé sola che la mano opera? No, opera anche per l'occhio: se qualcosa, infatti, colpisce non la mano ma la faccia, forse che la mano dice: non mi muovo perché non sono colpita io? Così il piede, camminando, serve a tutte le membra; le altre membra tacciono, e la lingua parla per tutte. Abbiamo, dunque, lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa; e amiamo la Chiesa, se rimaniamo nella sua unità e nella sua carità. Il medesimo Apostolo, infatti, dopo aver parlato dei doni diversi che vengono distribuiti ai singoli uomini in ordine alle diverse funzioni delle singole membra, soggiunge: Una via ancora più eccellente voglio mostrarvi (1 Cor 12, 31), e comincia a parlare della carità. La pone al di sopra delle lingue degli uomini e degli angeli, al di sopra dei miracoli della fede, al di sopra della scienza e della profezia, al di sopra anche di quella grande opera di misericordia per cui uno distribuisce ai poveri quanto possiede; e finalmente la pone al di sopra dell'immolazione del proprio corpo: la pone, insomma, al di sopra di tutti questi doni eccellenti. Se avrai la carità, avrai tutto; senza la carità nulla ti gioverà, qualunque cosa tu abbia. E poiché la carità, di cui parliamo, dipende dallo Spirito Santo (è appunto l'argomento dello Spirito Santo che si sta trattando adesso nel Vangelo), ascolta ciò che dice l'Apostolo: La carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato (Rm 5, 5).
9. Perché dunque il Signore ha voluto darci solamente dopo la sua risurrezione lo Spirito, dal quale ci provengono i massimi benefici, in quanto per suo mezzo viene riversata nei nostri cuori la carità di Dio? Per quale motivo? Perché nell'attesa della nostra risurrezione la nostra carità arda vivamente, consumi ogni attaccamento mondano, e tutta intera corra verso Dio. A questo mondo, dove si nasce e si muore, non ci si può attaccare. Per mezzo della carità, con cui amiamo Dio, migriamo da questo mondo e, per mezzo di essa, abitiamo già in cielo. Durante questa nostra vita di peregrinazione non ci abbandoni mai il pensiero che non abbiamo fissa dimora quaggiù, e riusciremo, vivendo bene, a prepararci lassù quel posto che mai dovremo lasciare. Il Signore nostro Gesù Cristo, infatti, dopo che è risorto non muore più - dice l'Apostolo -, la morte non avrà più alcun potere su di lui (Rm 6, 9). Ecco che cosa dobbiamo amare. Se viviamo, se crediamo in colui che è risorto, egli ci darà cose ben diverse da quelle che qui amano quelli che non amano Dio, i quali tanto più amano le cose di quaggiù quanto meno amano Dio, e tanto meno quanto più amano lui. Ma vediamo che cosa ci ha promesso: non ricchezze terrene e temporali, non onori e potenza di questo mondo; come vedete, tutte queste cose vengono concesse anche ai cattivi, affinché i buoni non abbiano a tenerle in gran conto. Non ci ha promesso nemmeno la salute del corpo; non perché non sia lui a concederla, ma perché, come potete vedere, la concede anche alle bestie. Non una vita lunga; per quanto si può dire lungo ciò che finisce. Non ha promesso a noi credenti, come fosse una gran cosa, la longevità, l'estrema vecchiaia, che tutti desiderano prima che venga, ma di cui tutti si lamentano quando viene. Non la bellezza del corpo, che le malattie o la stessa desiderata vecchiaia, distruggono. Uno vuole essere bello, e vuol essere vecchio; due cose inconciliabili: se sarai vecchio non sarai bello, perché quando giunge la vecchiaia, la bellezza se ne va; e nel medesimo uomo non possono abitare insieme il vigore della bellezza e il lamento della vecchiaia. Niente di tutto questo ci ha promesso colui che ha detto: Chi crede in me venga e beva; e dal suo seno fluiranno torrenti d'acqua viva. Ci ha promesso la vita eterna, dove niente dovremo temere, dove saremo al sicuro d'ogni turbamento, da dove non partiremo, dove non morremo; dove non si piangono partenze, dove non si attendono arrivi. Essendo tale la promessa che il Signore ha fatto a coloro che lo amano, e ardono della carità dello Spirito Santo, per questo non volle dare lo Spirito stesso se non dopo la sua glorificazione, onde mostrare nel suo corpo la vita che ancora non abbiamo, ma che speriamo di avere nella risurrezione.
7 - La virtù della speranza e il suo esercizio nella vergine nostra Signora
La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca503. La virtù della fede è seguita dalla speranza, a cui quella viene ordinata. Infatti, se l'altissimo Dio ci infonde la luce della fede, con la quale tutti senza differenza giungiamo alla conoscenza infallibile di lui, dei suoi misteri e delle sue promesse, lo fa affinché noi, conoscendolo come nostro ultimo fine e nostra felicità, e conoscendo inoltre i mezzi per raggiungerlo, ci solleviamo ad un intenso desiderio di conseguirlo. Questo desiderio, al quale segue come effetto l'impegno per arrivare al sommo Bene, si chiama speranza; tale virtù viene data col battesimo alla nostra volontà. Questa deve bramare l'eterna beatitudine come suo ultimo e sublime bene e deve sforzarsi, con l'aiuto della grazia divina, di conseguirla, superando le difficoltà che in questa contesa si presentano.
504. Quanto sia eccellente la virtù della speranza si conosce dal fatto che essa ha per oggetto Dio come ultimo e sommo nostro bene, benché lo contempli e lo cerchi come cosa lontana, anche se possibile da acquisire per mezzo dei meriti di Cristo e delle opere compiute da colui che spera. Gli atti di questa virtù si regolano con la luce della fede divina e della prudenza, con cui applichiamo a noi stessi le promesse infallibili del Signore. Con questa regola opera la speranza infusa, mantenendosi nel mezzo ragionevole tra gli estremi dei vizi contrari, cioè tra la disperazione e la presunzione, affinché l'uomo non presuma vanamente di conseguire la gloria eterna con le sue forze o senza fare opere per meritarla, né, se vorrà faile, tema o diffidi di conseguifla, come il Signore gli promette e assicura. L'uomo che spera, con prudenza e nella giusta opinione di sé, applica a se stesso questa sicurezza fondata sulla fede, cosicché non viene meno né cade in disperazione.
505. Da qui si conosce che la disperazione può venire dal non credere ciò che la fede ci promette o, in caso che si creda, dal non applicare a se stessi la sicurezza delle promesse divine, giudicando erroneamente impossibile conseguirle. Tra questi due pericoli procede sicura la speranza, che muove a credere che Dio non negherà a me ciò che ha promesso a tutti e, allo stesso tempo, che la promessa fu fatta a condizione che io da parte mia mi impegnassi e la meritassi col favore della grazia divina. Perciò, se Dio fece l'uomo capace di giungere alla sua visione e alla gloria eterna, non era conveniente che arrivasse a tanta felicità per mezzo del cattivo uso delle stesse facoltà con cui lo avrebbe goduto, ossia con i peccati; egli volle che vi giungesse usando queste facoltà in modo adeguato al fine al quale tendere, cioè con il buon uso delle virtù. Con esse l'uomo si dispone ad arrivare a godere il sommo Bene, potendolo subito cercare in questa vita con la conoscenza e con l'amore divino.
506. La virtù della speranza ebbe in Maria santissima il sommo grado di perfezione possibile anche negli effetti e nelle condizioni; il desiderio e lo sforzo di conseguire la
visione di Dio fu in lei maggiore che in tutte le creature. Sua Altezza non ebbe solamente la fede infusa nelle promesse del Signore, alla quale, essendo la maggiore, corrispondeva in proporzione la maggiore speranza; ebbe anche la visione beatifica, nella quale per esperienza conobbe l'infinità, verità e fedeltà dell'Altissimo. Sebbene non usasse della speranza mentre godeva della visione e del possesso della Divinità, in sua assenza, quando ritornava allo stato ordinario, la memoria del sommo Bene, l'aiutava a sperarlo e a desiderarlo con maggior forza e intensità. Questo desiderio era come una nuova e singolare speranza, propria della Regina delle virtù.
507. La speranza di Maria santissima ebbe anche un'altra causa per superare quella di tutti i fedeli, perché il premio di questa sovrana Regina, che è il principale oggetto della speranza, fu superiore a quello di tutti gli angeli e i santi. Per questo, proporzionatamente alla conoscenza che l'Altissimo le diede di tanta gloria, ella ebbe la somma speranza e il sommo desiderio di conseguirla. Affinché poi arrivasse al grado più sublime di questa virtù, sperando degnamente tutto ciò che il braccio onnipotente di Dio voleva operare in lei, fu prevenuta con la luce della fede suprema, con aiuti e doni adeguati e con una speciale mozione dello Spirito Santo. Ciò che diciamo della somma speranza che ella ebbe riguardo all'oggetto principale di questa virtù, si deve intendere anche riguardo agli altri oggetti, detti secondari; infatti, i benefici, i doni e i misteri, che si operarono nella Regina del cielo, furono così grandi che il braccio onnipotente di Dio non poté stendersi oltre. Poiché questa grande Signora doveva divenire capace di accoglierli mediante la fede e la speranza delle promesse divine, era necessario che in lei queste virtù fossero le maggiori possibili in una creatura umana.
508. Come si è già riferito, la Regina del cielo ebbe conoscenza e fede esplicita di tutte le verità rivelate, nonché di tutti i misteri e di tutte le opere dell'Altissimo, e inoltre in lei agli atti della fede corrispondevano quelli della speranza; chi potrà allora conoscere, tranne lo stesso Dio, quanti e quali siano stati gli atti di speranza che emise questa Signora delle virtù, avendo conosciuto tutti i misteri della stessa sua gloria ed eterna felicità, insieme a quelli che in lei e nella Chiesa si dovevano operare per i meriti del suo Figlio santissimo? Soltanto per Maria sua madre, solo per darla a lei, Dio avrebbe formato questa virtù, come anche la fede.
509. Per questa ragione lo Spirito Santo la chiamò madre del bell'amore e della santa speranza, perché come il dare carne al Verbo la rese Madre di Cristo, così lo Spirito Santo la fece madre della speranza per aver concepito e partorito, con il suo concorso e la sua opera speciale, questa virtù per i fedeli della Chiesa. L'essere madre della santa speranza fu conseguente all'essere Madre di Gesù Cristo nostro Signore, poiché conobbe che in suo Figlio ci dava tutta la nostra sicura speranza. Per questi concepimenti e parti, la Regina santissima acquistò una specie di dominio e d'autorità sopra la grazia e le promesse dell'Altissimo, che con la morte di Cristo nostro redentore, figlio di Maria, si dovevano adempiere; perciò tutte queste cose ci furono date da questa Signora, quando, mediante la sua libera volontà, concepì e partorì il Verbo incarnato e con lui tutte le nostre speranze. In questo si adempì legittimamente quello che disse lo sposo nel Cantico dei Cantici: I tuoi germogli sono un giardino; tutto ciò che uscì da questa Madre di grazia fu per noi felicità, paradiso e speranza certa di conseguirlo.
510. La Chiesa aveva in Gesù Cristo un padre celeste e vero, che la generò e fondò e l'arricchì di grazie, di esempi e di insegnamenti, mediante i suoi meriti e le sue sofferenze, come conviene a un tale padre, autore di quest'opera ammirabile; con questa perfezione era perciò opportuno avere anche una madre amorosa e benigna, la quale, con carezze e con materno affetto, allevasse al suo petto i figli e con tenero e dolce nutrimento li alimentasse, quando, essendo ancora piccoli, non potessero sopportare il pane dei robusti e dei forti. Questa dolce madre fu Maria santissima che al tempo della Chiesa primitiva, quando nasceva nei teneri figli la legge di grazia, incominciò a dar loro dolce latte di luce e dottrina, come pietosa madre; fino alla fine del mondo continuerà a farlo con le sue intercessioni a favore dei nuovi figli, generati ogni giorno da Cristo nostro Signore con i meriti del suo sangue e per le preghiere della Madre di misericordia. Per lei nascono; ella li alleva ed alimenta ed è dolce madre, vita e speranza nostra, origine della nostra speranza, esempio da imitare nella speranza di conseguire con la sua intercessione l'eterna felicità, quella che il suo santissimo Figlio ci meritò, nonché gli aiuti che per mezzo di lei ci comunica per poterla raggiungere.
Insegnamento della santa vergine Maria
511. Figlia mia, con la fede e la speranza, come con due forti ali, il mio spirito si sollevava, cercando l'infinito e sommo Bene, fino a riposare nell'unione del suo intimo e perfetto amore. Molte volte godevo della sua visione, della sua intuizione; ma se questo beneficio non era continuo, per lo stato di viatrice, tale invece era in me l'esercizio della fede e della speranza. Esse rimanevano escluse dalla visione, ma subito le ritrovavo nella mia mente, senza alcun ritardo nei metterle in pratica. Quanto poi all'ardente desiderio che esse causavano nel mio spirito di giungere al godimento eterno di Dio, tutto ciò non può essere adeguatamente inteso dall'intelletto umano, che è limitato, ma lo conoscerà in Dio con eterna lode colui che meriterà la sua visione in cielo.
512. E tu, carissima, che già hai ricevuto tanta luce sull'eccellenza di questa virtù e sulle opere che io esercitavo con essa, adoperati per imitarmi incessantemente secondo le forze della grazia divina. Medita continuamente le promesse dell'Altissimo e, con la certezza che ti viene dalla fede, solleva il tuo cuore con ardente desiderio, anelando a conseguirle. Con questa ferma speranza, per i meriti del mio santissimo Figlio, giungerai ad abitare la celeste patria in compagnia di tutti coloro che nella gloria immortale contemplano il volto dell'Altissimo. Se con questo aiuto distacchi il tuo cuore dalle cose terrene, fissando tutta la tua mente nel bene immutabile a cui aneli, tutto ciò che è visibile ti diventerà pesante e molesto, lo giudicherai vile e disprezzabile e nient'altro bramerai fuorché l'amabilissimo oggetto dei tuoi desideri. Nell'anima mia questo ardore della speranza fu quello che conveniva a chi con la fede lo aveva creduto e con l'esperienza l'aveva gustato: ardore che nessuna parola può spiegare.
513. Inoltre, considera e piangi con intimo dolore l'infelicità di tante anime le quali, essendo immagini di Dio e capaci della sua gloria, per le loro colpe restano prive della speranza vera di goderlo. Se i figli della santa Chiesa facessero sosta nei loro vani pensieri e si trattenessero un po' a valutare il beneficio concesso loro da Dio, che con il dono della fede e della speranza li ha separati, senza loro merito, dalle tenebre, senza dubbio avrebbero vergogna della loro ingrata dimenticanza. Ma non s'inganmno, perché li aspettano maggiori e più terribili tormenti. Pensino che a Dio ed ai santi sono tanto più ripugnanti quanto maggiore è il loro disprezzo del sangue di Cristo, in virtù del quale vennero loro fatti questi benefici. E come se tali verità fossero favole, questi ingrati disprezzano il frutto della verità senza trattenersi un solo giorno -, e molti neanche un'ora sola - a considerare i loro obblighi e il pericolo che li sovrasta. Piangi, anima, questo danno e secondo le tue forze impegnati e domanda a mio Figlio il rimedio; credi che qualunque sollecitudine e sforzo metterai nel fare questo, ti sarà premiato da sua Maestà.
15-20 Maggio 2, 1923 Quando il Fiat Voluntas Tua avrà il suo compimento come in Cielo così in terra, allora verrà il pieno compimento della seconda parte del Pater Noster.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) La mia povera mente me la sentivo come sperduta nell’immensità dell’Eterno Volere, ed il mio dolce Gesù, ritornando al suo dire sulla Santissima Volontà di Dio mi ha detto:
(2) “Figlia mia, oh! come armonizzano bene i tuoi atti fatti nel mio Volere, armonizzano coi miei, con quelli della mia diletta Mamma, e l’uno scomparisce nell’altro e formano uno solo, sembra il Cielo in terra e la terra in Cielo, e l’eco dell’uno nei tre e dei tre in uno della Trinità Sacrosanta, oh! come risuona dolce al nostro udito, come ci rapisce, ma tanto, da rapire la nostra Volontà dal Cielo in terra. E quando il mio Fiat Voluntas Tua avrà il suo compimento come in Cielo così in terra, allora verrà il pieno compimento della seconda parte del Pater Noster, cioè, dacci oggi il nostro pane quotidiano. Io dicevo: Padre nostro, a nome di tutti, tre specie di pane ogni giorno vi chiedo: il pane della tua Volontà, anzi più che pane, perché se il pane è necessario due o tre volte al giorno, invece questo è necessario ogni momento, in tutte le circostanze, anzi dev’essere non solo pane, ma come aria balsamica che porta la vita, la circolazione della Vita Divina nella creatura; Padre, se non è dato questo pane della tua Volontà, non potrò mai ricevere tutti i frutti della mia Vita Sacramentale, che è il secondo pane che tutti i giorni ti chiediamo; oh! come si trova male la mia Vita Sacramentale perché il pane della tua Volontà non li alimenta, anzi trova il pane corrotto della volontà umana, oh! come mi fa schifo! come lo rifuggo! e sebbene vado a loro, ma i frutti, i beni, gli effetti, la santità, non posso darli, perché non trovo il pane nostro, e se qualche cosa do è in piccola proporzione, a seconda delle loro disposizioni, ma non tutti i beni che contengo, e la mia Vita Sacramentale aspetta paziente che l’uomo prenda il pane della Volontà Suprema per poter dare tutto il bene della mia Vita Sacramentale. Vedi dunque che il sacramento dell’Eucaristia, non solo, ma tutti i sacramenti lasciati alla mia Chiesa ed istituiti da Me, daranno tutti i frutti che contengono e pieno compimento quando il pane nostro, cioè la Volontà di Dio si farà come in Cielo così in terra. Dopo chiedevo il terzo pane, cioè il materiale. Come potevo dire: dacci oggi il nostro pane, in vista che l’uomo dovendo fare la nostra Volontà ciò che era nostro era suo, ed il Padre non doveva dare più il pane della sua Volontà, il pane della mia Vita Sacramentale, il pane giornaliero della vita naturale a figli illegittimi, usurpatori, cattivi, ma ai figli legittimi, buoni, che terranno in comune i beni del Padre, perciò dicevo: Dacci il nostro pane, allora mangeranno il pane benedetto, tutto le sorriderà intorno, la terra ed il Cielo porterà l’impronta dell’armonia del loro Creatore. Onde dopo soggiunsi: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Sicché anche la carità sarà perfetta, allora sarà perfetto il perdono, avrà l’impronta dell’eroismo come lo ebbi Io sulla croce, quando l’uomo avrà mangiato il pane della mia Volontà come lo mangiava la mia Umanità, allora le virtù saranno assorbite nella mia Volontà e riceveranno l’impronta del vero eroismo e di virtù divine, saranno come tanti fiumicelli che sbucheranno dal seno del gran mare della mia Volontà. E se soggiunsi: “E non c’indurre in tentazione”. Come mai Iddio lo poteva indurre in tentazione? Era perché l’uomo è sempre uomo, libero da sé stesso, perché Io non gli tolgo mai i diritti che nel crearlo gli ho dato, e lui, spaventato e temendo di sé, grida tacitamente, prega senza esprimersi in parole: “Dacci il pane della tua Volontà, affinché possiamo respingere tutte le tentazioni, ed in virtù di questo pane liberaci da ogni male. Così sia.
(3) Vedi dunque che tutti i beni dell’uomo ritrovano il loro rannodamento, il vincolo stretto del facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, la validità d’ogni loro atto, la restituzione dei beni perduti, la firma ed assicurazione che gli viene ridata la loro perduta felicità terrestre e celeste. Onde era tanto necessario che la mia Volontà si faccia come in Cielo così in terra, che Io non ebbi altro interesse né insegnai altra preghiera, se non il Pater Noster, e la Chiesa, fedele esecutrice e depositaria dei miei insegnamenti l’ha sempre in bocca ed in ogni circostanza, e tutti, dotti ed ignoranti, piccoli e grandi, sacerdoti e secolari, re e sudditi, tutti mi pregano che la mia Volontà si faccia come in Cielo così in terra. Non vuoi tu dunque che la mia Volontà scenda sulla terra? Ma come la Redenzione ebbe il suo principio in una Vergine, non concepì in tutti gli uomini per redimerli, sebbene chiunque vuole può entrare nel bene della Redenzione e ricevermi ciascuno per sé solo nel sacramento, così ora la mia Volontà deve avere il suo principio, il possesso, la crescita e lo svolgimento in una vergine creatura; e poi, chi si disponga e voglia entrerà nei beni che il vivere nella mia Volontà contiene. Se non fossi stato concepito nella mia diletta Mamma, mai la Redenzione sarebbe venuta; così se non opero il prodigio di far vivere un’anima nella mia Suprema Volontà, il Fiat Voluntas Tua come in Cielo sulla terra non avrà luogo nelle umane generazioni”.