Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 26° settimana del tempo ordinario (Santa Teresa di Gesù Bambino)
Vangelo secondo Luca 19
1Entrato in Gèrico, attraversava la città.2Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,3cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".6In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!".8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".9Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;10il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".
11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.12Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare.13Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno.14Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi.15Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.16Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine.17Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città.18Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine.19Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.20Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto;21avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato.22Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato:23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi.24Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci25Gli risposero: Signore, ha già dieci mine!26Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.27E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me".
28Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo:30"Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui.31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno".32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto.33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché sciogliete il puledro?".34Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno".
35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
38"'Benedetto colui che viene,'
il re, 'nel nome del Signore'.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!".
39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli".40Ma egli rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre".
41Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:42"Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.43Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;44abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".
45Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,46dicendo: "Sta scritto:
'La mia casa sarà casa di preghiera'.
Ma voi ne avete fatto 'una spelonca di ladri!'".
47Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo;48ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.
Primo libro di Samuele 19
1Saul comunicò a Giònata suo figlio e ai suoi ministri di aver deciso di uccidere Davide. Ma Giònata figlio di Saul nutriva grande affetto per Davide.2Giònata informò Davide dicendo: "Saul mio padre cerca di ucciderti. Sta' in guardia da domani all'alba, sta' fermo in un luogo nascosto e non farti vedere.3Io uscirò e starò al fianco di mio padre nella campagna dove sarai tu e parlerò in tuo favore a mio padre. Vedrò ciò che succede e te lo farò sapere".4Giònata parlò difatti a Saul suo padre in favore di Davide e gli disse: "Non si macchi il re contro il suo servo, contro Davide, che non si è macchiato contro di te, che anzi ti ha reso un servizio molto grande.5Egli ha esposto la vita, quando sconfisse il Filisteo, e il Signore ha concesso una grande vittoria a tutto Israele. Hai visto e hai gioito. Dunque, perché pecchi contro un innocente, uccidendo Davide senza motivo?".6Saul ascoltò la voce di Giònata e giurò: "Per la vita del Signore, non morirà!".7Giònata chiamò Davide e gli riferì questo colloquio. Poi Giònata introdusse presso Saul Davide, che rimase al suo seguito come prima.
8La guerra si riaccese e Davide uscì a combattere i Filistei e inflisse loro una grande sconfitta, sicché si dettero alla fuga davanti a lui.9Ma un sovrumano spirito cattivo si impadronì di Saul. Egli stava in casa e teneva in mano la lancia, mentre Davide suonava la cetra.10Saul tentò di colpire Davide con la lancia contro il muro. Ma Davide si scansò da Saul, che infisse la lancia nel muro. Davide fuggì e quella notte fu salvo.
11Saul mandò messaggeri alla casa di Davide per sorvegliarlo e ucciderlo il mattino dopo. Mikal moglie di Davide lo avvertì dicendo: "Se non metti al sicuro la tua vita questa notte, domani sarai ucciso".12Mikal calò Davide dalla finestra e quegli partì di corsa e si mise in salvo.13Mikal prese allora i 'terafim' e li pose presso il letto. Mise dalla parte del capo un tessuto di pelo di capra e coprì il letto con una coltre.14Saul mandò dunque messaggeri a prendere Davide ma essa disse: "È malato".15Saul rimandò i messaggeri a vedere Davide con questo ordine: "Portatelo qui da me nel suo letto, perché lo faccia morire".16Tornarono i messaggeri ed ecco presso il letto c'erano i 'terafim' e il tessuto di pelo di capra dalla parte del capo.17Saul disse a Mikal: "Perché mi hai ingannato a questo modo e hai fatto fuggire il mio nemico, perché si mettesse in salvo?". Rispose Mikal a Saul: "Egli mi ha detto: Lasciami fuggire, altrimenti ti uccido".
18Davide dunque fuggì e si mise in salvo. Andò da Samuele in Rama e gli narrò quanto gli aveva fatto Saul; poi Davide e Samuele andarono ad abitare a Naiot.19La cosa fu riferita a Saul: "Ecco, Davide sta a Naiot presso Rama".20Allora Saul spedì messaggeri a catturare Davide, ma quando videro profetare la comunità dei profeti, mentre Samuele stava in piedi alla loro testa, lo spirito di Dio investì i messaggeri di Saul e anch'essi fecero i profeti.21Annunziarono a Saul questa cosa ed egli spedì altri messaggeri, ma anch'essi fecero i profeti. Saul mandò di nuovo messaggeri per la terza volta, ma anch'essi fecero i profeti.22Allora venne egli stesso a Rama e si portò alla grande cisterna che si trova a Secu e domandò: "C'è qui forse Samuele con Davide?". Gli risposero: "Eccoli: sono a Naiot di Rama".23Egli si incamminò verso Naiot di Rama, ma cadde anche su di lui lo spirito di Dio e andava avanti facendo il profeta finché giunse a Naiot di Rama.24Anch'egli si tolse gli abiti e continuò a fare il profeta davanti a Samuele; poi crollò e restò nudo tutto quel giorno e tutta la notte. Da qui è venuto il detto: "Anche Saul è tra i profeti?".
Giobbe 18
1Bildad il Suchita prese a dire:
2Quando porrai fine alle tue chiacchiere?
Rifletti bene e poi parleremo.
3Perché considerarci come bestie,
ci fai passare per bruti ai tuoi occhi?
4Tu che ti rodi l'anima nel tuo furore,
forse per causa tua sarà abbandonata la terra
e le rupi si staccheranno dal loro posto?
5Certamente la luce del malvagio si spegnerà
e più non brillerà la fiamma del suo focolare.
6La luce si offuscherà nella sua tenda
e la lucerna si estinguerà sopra di lui.
7Il suo energico passo s'accorcerà
e i suoi progetti lo faran precipitare,
8poiché incapperà in una rete con i suoi piedi
e sopra un tranello camminerà.
9Un laccio l'afferrerà per il calcagno,
un nodo scorsoio lo stringerà.
10Gli è nascosta per terra una fune
e gli è tesa una trappola sul sentiero.
11Lo spaventano da tutte le parti terrori
e lo inseguono alle calcagna.
12Diventerà carestia la sua opulenza
e la rovina è lì in piedi al suo fianco.
13Un malanno divorerà la sua pelle,
roderà le sue membra il primogenito della morte.
14Sarà tolto dalla tenda in cui fidava,
per essere trascinato al re dei terrori!
15Potresti abitare nella tenda che non è più sua;
sulla sua dimora si spargerà zolfo.
16Al di sotto, le sue radici si seccheranno,
sopra, saranno tagliati i suoi rami.
17Il suo ricordo sparirà dalla terra
e il suo nome più non si udrà per la contrada.
18Lo getteranno dalla luce nel buio
e dal mondo lo stermineranno.
19Non famiglia, non discendenza avrà nel suo
popolo,
non superstiti nei luoghi della sua dimora.
20Della sua fine stupirà l'occidente
e l'oriente ne prenderà orrore.
21Ecco qual è la sorte dell'iniquo:
questa è la dimora di chi misconosce Dio.
Salmi 41
1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2Beato l'uomo che ha cura del debole,
nel giorno della sventura il Signore lo libera.
3Veglierà su di lui il Signore,
lo farà vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerà alle brame dei nemici.
4Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;
gli darai sollievo nella sua malattia.
5Io ho detto: "Pietà di me, Signore;
risanami, contro di te ho peccato".
6I nemici mi augurano il male:
"Quando morirà e perirà il suo nome?".
7Chi viene a visitarmi dice il falso,
il suo cuore accumula malizia
e uscito fuori sparla.
8Contro di me sussurrano insieme i miei nemici,
contro di me pensano il male:
9"Un morbo maligno su di lui si è abbattuto,
da dove si è steso non potrà rialzarsi".
10Anche l'amico in cui confidavo,
anche lui, che mangiava il mio pane,
alza contro di me il suo calcagno.
11Ma tu, Signore, abbi pietà e sollevami,
che io li possa ripagare.
12Da questo saprò che tu mi ami
se non trionfa su di me il mio nemico;
13per la mia integrità tu mi sostieni,
mi fai stare alla tua presenza per sempre.
14Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele,
da sempre e per sempre. Amen, amen.
Ezechiele 26
1Il primo giorno del mese, dell'anno undecimo, mi fu rivolta questa parola del Signore:
2"Figlio dell'uomo, poiché Tiro ha detto di Gerusalemme:
Ah, Ah! eccola infranta la porta delle nazioni;
verso di me essa si volge, la sua ricchezza è devastata.
3Ebbene, così dice il Signore Dio:
Eccomi contro di te, Tiro.
Manderò contro di te molti popoli,
come il mare solleva le onde,
4e distruggeranno le mura di Tiro,
e demoliranno le sue torri:
spazzerò via da essa anche la polvere
e la ridurrò a un arido scoglio.
5Essa diverrà, in mezzo al mare,
un luogo dove stendere le reti,
poiché io ho parlato - oracolo del Signore.
Essa sarà data in preda ai popoli
6e le sue figlie in piena campagna
saranno uccise di spada;
allora sapranno che io sono il Signore.
7Perché dice il Signore Dio:
Io mando da settentrione contro Tiro
Nabucodònosor re di Babilonia, il re dei re,
con cavalli, carri e cavalieri
e una folla, un popolo immenso.
8Le tue figlie, in terra ferma, ucciderà di spada,
contro di te costruirà bastioni, alzerà terrapieni,
disporrà un tetto di scudi.
9Con gli arieti colpirà le tue mura,
demolirà le tue torri con i suoi ordigni.
10La moltitudine dei suoi cavalli sarà tale
che ti coprirà con la sua polvere,
per lo strepito dei cavalieri, delle ruote e dei carri
tremeranno le tue mura,
quando entrerà dalle tue porte
come si entra in una città espugnata.
11Con gli zoccoli dei suoi cavalli
calpesterà tutte le tue strade,
passerà il tuo popolo a fil di spada,
abbatterà le tue colonne protettrici.
12Saccheggeranno le tue ricchezze,
faran bottino delle tue mercanzie.
Abbatteranno le tue mura,
demoliranno i tuoi splendidi palazzi:
getteranno in mezzo al mare
le tue pietre, i tuoi legnami e la tua polvere.
13Farò cessare lo strepito delle tue canzoni
e non si udrà più il suono delle tue cetre.
14Ti renderò simile a un arido scoglio,
a un luogo dove stendere le reti;
tu non sarai più ricostruita,
poiché io, il Signore, ho parlato".
Oracolo del Signore Dio.
15Così dice a Tiro il Signore Dio: "Al fragore della tua caduta, al gemito dei feriti, quando la strage infierirà in mezzo a te, le isole forse non tremeranno?16Tutti i prìncipi del mare scenderanno dai loro troni, deporranno i loro manti, si spoglieranno delle vesti ricamate, si vestiranno a lutto e seduti per terra tremeranno ad ogni istante, spaventati per te.
17Su di te alzeranno un lamento e diranno:
Perché sei scomparsa dai mari, città famosa,
potente sui mari?
Essa e i suoi abitanti,
che incutevano terrore
su tutta la terraferma.
18Ora le isole tremano,
nel giorno della tua caduta,
le isole del mare sono spaventate per la tua fine".
19Poiché dice il Signore Dio: "Quando avrò fatto di te una città deserta, come sono le città disabitate, e avrò fatto salire su di te l'abisso e le grandi acque ti avranno ricoperto,20allora ti farò scendere nella fossa, verso le generazioni del passato, e ti farò abitare nelle regioni sotterranee, in luoghi desolati da secoli, con quelli che sono scesi nella fossa, perché tu non sia più abitata: allora io darò splendore alla terra dei viventi.
21Ti renderò oggetto di spavento e più non sarai, ti si cercherà ma né ora né mai sarai ritrovata". Oracolo del Signore Dio.
Seconda lettera ai Corinzi 13
1Questa è la terza volta che vengo da voi. 'Ogni questione si deciderà sulla dichiarazione di due o tre testimoni'.2L'ho detto prima e lo ripeto ora, allora presente per la seconda volta e ora assente, a tutti quelli che hanno peccato e a tutti gli altri: quando verrò di nuovo non perdonerò più,3dal momento che cercate una prova che Cristo parla in me, lui che non è debole, ma potente in mezzo a voi.4Infatti egli fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi che siamo deboli in lui, saremo vivi con lui per la potenza di Dio nei vostri riguardi.
5Esaminate voi stessi se siete nella fede, mettetevi alla prova. Non riconoscete forse che Gesù Cristo abita in voi? A meno che la prova non sia contro di voi!6Spero tuttavia che riconoscerete che essa non è contro di noi.7Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male, e non per apparire noi superiori nella prova, ma perché voi facciate il bene e noi restiamo come senza prova.8Non abbiamo infatti alcun potere contro la verità, ma per la verità;9perciò ci rallegriamo quando noi siamo deboli e voi siete forti. Noi preghiamo anche per la vostra perfezione.10Per questo vi scrivo queste cose da lontano: per non dover poi, di presenza, agire severamente con il potere che il Signore mi ha dato per edificare e non per distruggere.
11Per il resto, fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell'amore e della pace sarà con voi.12Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
13La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.
Capitolo III: L'ammaestramento della verità
Leggilo nella Biblioteca 1. Felice colui che viene ammaestrato direttamente dalla verità, così come essa è, e non per mezzo di immagini o di parole umane; ché la nostra intelligenza e la nostra sensibilità spesso ci ingannano, e sono di corta veduta. A chi giova un'ampia e sottile discussione intorno a cose oscure e nascoste all'uomo; cose per le quali, anche se le avremo ignorate, non saremo tenuti responsabili, nel giudizio finale? Grande nostra stoltezza: trascurando ciò che ci è utile, anzi necessario, ci dedichiamo a cose che attirano la nostra curiosità e possono essere causa della nostra dannazione. "Abbiamo occhi e non vediamo" (Ger 5,21). Che c'importa del problema dei generi e delle specie? Colui che ascolta la parola eterna si libera dalle molteplici nostre discussioni. Da quella sola parola discendono tutte le cose e tutte le cose proclamano quella sola parola; essa è "il principio" che continuo a parlare agli uomini (Gv 8,25). Nessuno capisce, nessuno giudica rettamente senza quella parola. Soltanto chi sente tutte le cose come una cosa sola, e le porta verso l'unità e le vede tutte nell'unità, può avere tranquillità interiore e abitare in Dio nella pace. O Dio, tu che sei la verità stessa, fa' che io sia una cosa sola con te, in un amore senza fine. Spesso mi stanco di leggere molte cose, o di ascoltarle: quello che io voglio e desidero sta tutto in te. Tacciano tutti i maestri, tacciano tutte le creature, dinanzi a te: tu solo parlami.
2. Quanto più uno si sarà fatto interiormente saldo e semplice, tanto più agevolmente capirà molte cose, e difficili, perché dall'alto egli riceverà lume dell'intelletto. Uno spirito puro, saldo e semplice non si perde anche se si adopera in molteplici faccende, perché tutto egli fa a onore di Dio, sforzandosi di astenersi da ogni ricerca di sé. Che cosa ti lega e ti danneggia di più dei tuoi desideri non mortificati? L'uomo retto e devoto prepara prima, interiormente, le opere esterne che deve compiere. Così non saranno queste ad indurlo a desideri volti al male; ma sarà lui invece che piegherà le sue opere alla scelta fatta dalla retta ragione. Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso. Questo appunto dovrebbe essere il nostro impegno: vincere noi stessi, farci ogni giorno superiori a noi stessi e avanzare un poco nel bene.
3. In questa vita ogni nostra opera, per quanto buona, è commista a qualche imperfezione; ogni nostro ragionamento, per quanto profondo, presenta qualche oscurità. Perciò la constatazione della tua bassezza costituisce una strada che conduce a Dio più sicuramente che una dotta ricerca filosofica. Non già che sia una colpa lo studio, e meno ancora la semplice conoscenza delle cose - la quale è, in se stessa, un ben ed è voluta da Dio -; ma è sempre cosa migliore una buona conoscenza di sé e una vita virtuosa. Infatti molti vanno spesso fuori della buona strada e non danno frutto alcuno, o scarso frutto, di bene, proprio perché si preoccupano più della loro scienza che della santità della loro vita. Che se la gente mettesse tanta attenzione nell'estirpare i vizi e nel coltivare le virtù, quanta ne mette nel sollevare sottili questioni filosofiche non ci sarebbero tanti mali e tanti scandali tra la gente; e nei conviventi non ci sarebbe tanta dissipazione. Per certo, quando sarà giunto il giorno del giudizio, non ci verrà chiesto che cosa abbiamo studiato, ma piuttosto che cosa abbiamo fatto; né ci verrà chiesto se abbiamo saputo parlare bene, ma piuttosto se abbiamo saputo vivere devotamente. Dimmi: dove si trovano ora tutti quei capiscuola e quei maestri, a te ben noti mentre erano in vita, che brillavano per i loro studi? Le brillanti loro posizioni sono ora tenute da altri; e non è detto che questi neppure si ricordino di loro. Quando erano vivi sembravano essere un gran che; ma ora di essi non si fa parola. Oh, quanto rapidamente passa la gloria di questo mondo! E voglia il cielo che la loro vita sia stata all'altezza del loro sapere; in questo caso non avrebbero studiato e insegnato invano. Quanti uomini si preoccupano ben poco di servire Iddio, e si perdono a causa di un vano sapere ricercato nel mondo. Essi scelgono per sé la via della grandezza, piuttosto di quella dell'umiltà; perciò si disperde la loro mente (Rm 1,21). Grande è, in verità, colui che ha grande amore; colui che si ritiene piccolo e non tiene in alcun conto anche gli onori più alti. Prudente è, in verità, colui che considera sterco ogni cosa terrena, al fine di guadagnarsi Cristo (Fil 3,8). Dotto, nel giusto senso della parola, è, in verità, colui che fa la volontà di Dio, buttando in un canto la propria volontà.
DISCORSO 21 SU QUANTO È SCRITTO SUL SALMO 63: "IL GIUSTO GIOIRÀ NEL SIGNORE E RIPORRÀ IN LUI LA SUA SPERANZA E TUTTI I RETTI DI CUORE NE TRARRANNO GIOIA"
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaBenché non lo veda, il giusto gioisce sempre nel Signore.
1. Il giusto gioirà nel Signore e riporrà in lui la sua speranza e tutti i retti di cuore ne trarranno gioia 1. Così abbiamo cantato con la voce, così col cuore. È la coscienza e la lingua cristiana che dice a Dio queste parole. Il giusto gioirà non per le cose del mondo, ma nel Signore. In un altro passo è detto: Una luce si è levata per il giusto e una gioia per i retti di cuore 2. Certo vorrai sapere da che nasce questa gioia. Qui vien detto: Il giusto gioirà nel Signore. E ancora in un altro luogo: Cerca nel Signore la gioia ed egli esaudirà i desideri del tuo cuore 3. Che cosa ci vien proclamato? Che cosa donato? Che cosa ordinato? Che cosa dato? Che godiamo nel Signore. Ma chi potrà gioire di una cosa che non vede? Forse che il Signore lo vediamo? Lo possediamo solo nella promessa, ma per adesso camminiamo nella fede 4, perché finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore 5. Nella fede e non nella visione. Quando sarà nella visione? Quando si compirà quello di cui parla Giovanni: Carissimi, noi siamo figli di Dio; ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo che quando egli si sarà manifestato noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è 6. Allora grande e perfetta sarà la gioia, allora pienezza di gaudio, dove non ci allatta più la speranza ma ci nutre il possesso 7. E tuttavia anche fin d'ora, prima che arrivi per noi il possesso, prima che noi arriviamo al possesso, godiamo nel Signore 8. Perché non è piccola la gioia che ci viene dalla speranza, a cui poi seguirà il possesso. Del resto anche nelle cose temporali, con una gioia non del Signore, ma del secolo, molti amano certe cose, ma le cose che amano ancora non le hanno raggiunte. Ma l'ardore corre sul filo della speranza, anche se non se ne ha ancora il possesso. Per esempio, tu ami il denaro; e non l'ameresti se non lo sperassi. Ami la donna che non hai ancora sposato, ma che vuoi sposare; anzi forse la si ama perché ancora non sposata; poi, sposata, la si odierà. Perché questo? Perché, sposata, si rivela diversa da come la si era immaginata prima di sposarla. Dio però non si ama sperato e poi svilisce posseduto. Per quanto la mente umana possa immaginare grande il bene che è Dio, non ci arriva, rimane molto al di sotto, e per forza di cose il conseguimento è assai più di quanto si poteva immaginare col pensiero. Così ameremo molto di più quando lo vedremo, se avremo saputo amarlo anche prima di vederlo. Ora perciò amiamo nella speranza. Perciò il giusto gioisce nel Signore, e, dato che non è ancora nella visione, aggiunge subito: e riporrà in lui la sua speranza 9.
Ci si accosta a Dio con l'umiltà e la carità.
2. E tuttavia possediamo fin d'ora delle primizie dello Spirito 10 e forse per altre vie ci possiamo accostare a colui che amiamo, e possiamo fin d'ora, anche se in piccola misura, assaggiare e pregustare quello che poi potremo mangiare e bere con piena soddisfazione. Questo come lo possiamo dimostrare? Certo quel Dio che ci si comanda di amare, nel quale ci si comanda di gioire, non è oro, non è argento, non è terra, non è cielo, non è questa luce del sole, o qualcosa che risplenda nel cielo, o qualcosa che sulla terra rifletta la luce che la pervade. Non è nulla di materiale. Dio è spirito 11. Perciò è scritto che quelli che lo adorano debbono adorarlo in spirito e verità 12. Non in qualche luogo del corpo, perché corpo non è; non come su un monte eccelso dove tu possa pensare di accostarti a lui man mano che ci sali su. In verità eccelso è il Signore, però guarda verso il basso; mentre alle cime volge lo sguardo da lontano 13. In basso invece non guarda da lontano. Certo egli è eccelso, e se alle cime eccelse volge lo sguardo da lontano, in basso dovrebbe guardare ancora da più lontano. Se per la sua altezza è lontano dalle cime più alte e così volge loro lo sguardo da lontano, quanto più, si dovrebbe dire, la sua altezza è posta lontano da ciò che sta in basso. E invece non è così. Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso il basso. E come ci guarda? Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito 14. E allora non andare in cerca di un'alta cima sulla quale tu pensi di essere più vicino a Dio. Se tu ti innalzi, egli si allontana da te, se invece ti abbassi, egli si inchina verso di te. Il pubblicano stava lontano, e per questo Dio gli si avvicinava più facilmente; e non ardiva alzare gli occhi al cielo 15, ma già possedeva in sé colui che aveva fatto il cielo. E allora come gioiremo nel Signore, se il Signore è così lontano da noi? Ma tu devi fare in modo che non sia lontano; sei tu che te lo tieni lontano. Ama ed egli si avvicinerà; ama ed egli abiterà in te. Il Signore è vicino; non angustiatevi per nessuna cosa 16. Vuoi vedere quanto sia con te se tu ami? Dio è carità 17. Perché le immagini del tuo pensiero svolazzano di qua e di là e ti domandi: "Che cosa sarà Dio? Come sarà Dio?". Tutto quel che puoi immaginare non è; tutto quel che puoi abbracciare col pensiero non è: perché tutto quel che è non può essere abbracciato col pensiero. Ma ecco, per poterne avere un piccolo assaggio, Dio è carità. "E la carità che cos'è?" tu mi dirai. La carità è la forza con cui amiamo. Noi che cosa amiamo? Il bene ineffabile, il bene benefico, il bene creatore di ogni bene. Sia lui la tua gioia, dal quale hai tutto ciò che ti è di gioia. Non però il peccato, perché solo il peccato non proviene da lui. Eccetto il peccato, tutto ciò che hai lo hai da lui.
Tutto viene da Dio all'infuori del peccato. Il peccato consiste nel cattivo uso delle cose buone.
3. Dunque ho detto: Sia lui la tua gioia, dal quale hai tutto ciò che ti è di gioia. Questo però non devi intenderlo del peccato. Non devi dire: "Ecco, il peccato mi è di gioia, quindi è da Dio che ho il peccato". Prima di tutto vedi un po' se è proprio il peccato che ti dà gioia, o non piuttosto ti è di gioia un'altra cosa nella quale tu compi il peccato. Tu compi il peccato nell'amare le creature con disordine, contro l'uso onesto, contro l'uso lecito, contro la legge e la volontà del loro Creatore. Non è che ami il peccato in se stesso ma, amando malamente quello che ami, vieni intrappolato nel peccato. A te piace l'esca che è nella rete e, senza accorgertene inghiotti il peccato. E dopo tenti di scusarti dicendo: "Se è peccato bere molto, perché Iddio ha fatto il vino? Se è peccato amare l'oro, (e io l'oro lo amo, non lo creo, è Dio che l'ha creato) perché ha creato una cosa che poi era peccato amare?". E così per tutte le cose che ami disordinatamente, in cui è ogni sorta di libidine, per cui viene commessa ogni sorta di iniquità. State attenti, riflettete, considerate e vedete che tutto ciò che è stato creato da Dio è buono 18. E in nessuna creatura è il peccato, se non in quanto se ne fa cattivo uso. Ascolta un po', caro. Tu dici: "Perché Dio ha creato cose che poi mi proibisce di amare? Se non le avesse create, non ci sarebbero, e io non le amerei. Se non avesse creato delle cose che poi mi proibisce di amare, io non avrei potuto amarle e non rischierei di dannarmi amandole". Se potesse parlare quella creatura che tu ami malamente perché non sai amare bene neanche te stesso, essa ti risponderebbe: "Tu vorresti che Dio non mi avesse fatto, perché io non ci fossi e tu non mi potessi amare. Allora non avrebbe dovuto fare neanche te, perché non ci fossi neanche tu ad amarmi". Considera perciò quanto tu sei ingiusto e come dalle tue parole stesse ti riveli pieno di ingiustizia. Che Iddio, che è sopra di te, abbia fatto te, questo tu l'approvi, però non sei d'accordo che abbia fatto delle altre cose buone al di sotto di te. Tutto ciò che Dio ha fatto è buono. Alcuni sono beni più grandi, altri più piccoli, tutti beni però. Alcuni sono beni celesti, altri terreni. Alcuni sono beni spirituali, altri materiali. Alcuni beni eterni, altri temporali. Tutti però sono beni, perché è il buono che ha fatto questi beni. Perciò nella Sacra Scrittura è detto: Mettete in ordine in me la carità 19. Iddio ha fatto te come un bene inferiore a lui, e altre cose le ha fatte inferiori e sotto di te. A qualcuno sei inferiore, a qualche altro superiore. Non devi trascurare il bene superiore e curvarti a quello inferiore. Sii retto, perché possa trarne gioia, perché tutti i retti di cuore ne trarranno gioia 20. Che altro è il peccato dunque se non il trattare disordinatamente le cose che hai ricevuto in uso? Sappi bene usare le cose inferiori e potrai rettamente fruire del bene superiore.
Dio dev'essere amato sopra tutte le cose.
4. Ora ascolta e discuti le tue esperienze e rifletti su te stesso che traffichi e sulle cose che traffichi. Ecco, se, trattando un affare, tu valutassi più l'argento che l'oro, o più il piombo che l'argento, o più la polvere che il piombo, non saresti giudicato pazzo da tutti i tuoi soci, se sei un commerciante, e non saresti scacciato dalla loro società, e non saresti giudicato pericoloso, e forse anche da curare per malattia mentale? Cosa infatti potranno dire i tuoi soci quando tu affermi che l'argento è più caro dell'oro, o che l'argento è migliore dell'oro? Non diranno: "Tu sei matto, tu vaneggi, ma che ti succede? ". Ecco, nella tua cerchia tutti esclamerebbero: "Ma che ti succede?" qualora tu valutassi l'argento più dell'oro. Ma quando valuti l'oro più di Dio, nessuno esclama: "Ma che ti succede?". Tu dirai: "Ma perché valuto l'oro più di Dio? Anche se, e per qualche pazzia, io valutassi l'argento più dell'oro, io sarei giudicato pazzo perché, tra due sostanze che tutte e due vedo, che tutte e due esamino, che tutte e due tocco con mano, antepongo la più scarta alla più preziosa. Ma l'oro come posso valutarlo più di Dio? Io l'oro lo vedo, ma Dio non lo vedo". Ma non hai ragione neanche qui. L'argento perché lo ami? Perché è caro, perché costa molto. E l'oro perché lo ami ancora di più? Perché è ancora più caro. L'argento è caro, l'oro più caro. Ma Dio è la carità 21 addirittura.
Il peccatore antepone a Dio i beni creati.
5. Ti voglio dire qualcosa di ciò che è Dio, per meglio convincerti che, anche se l'oro lo vedi e Dio non lo vedi, realmente tu valuti l'oro più di Dio; e a te non sembra, proprio perché nessuno preporrebbe una cosa che vede a una che non vede. Una cosa ti dico: A te che te ne pare, la fede è argento? È oro? È moneta? È pecora? È terra? È cielo? Niente di tutto questo. E tuttavia qualcosa è. E non solo qualcosa, ma proprio qualcosa di grande. E bada che qui non parlo di quella fede superna per la quale sei chiamato fedele e puoi accostarti alla mensa del Signore tuo Dio e rispondere con la fede alle parole della fede. Benché anche questa ci rientri un po', qui intendo parlare di un'altra fede (perché anche quella è detta volgarmente fede), non quella grande che ti comanda il tuo Signore, ma quella che tu pretendi dal tuo servo. Di questa voglio parlare, e anche questa te la impone il tuo Signore [che vuole] che tu non faccia frodi a nessuno, che mantieni la fede negli affari, che conservi la fede verso tua moglie. Certo anche questa fede ti comanda il tuo Signore. Che cos'è questa fede? Certo tu non la vedi. Ma se non la vedi, perché strilli quando ti viene infranta? Dal tuo strillare debbo dedurne che la vedi. Tu dicevi: "Come posso valutare l'oro più di Dio? L'oro lo vedo, ma Dio non lo vedo". Bene, l'oro lo vedi, la fede non la vedi. Non è più esatto che vedi anche la fede? O forse quando la pretendi [dagli altri] la vedi, quando viene pretesa da te, allora non la vuoi vedere? Aperti gli occhi del cuore, tu gridi: "Mantieni la fede che mi hai promesso". E chiusi gli occhi del cuore, tu gridi: "Io non ti ho promesso niente". Ma apri bene gli occhi in tutti e due i casi. Ingiusto, non devi perdere la fede, ma l'ingiustizia. Quello che pretendi mantienilo tu stesso.
Manumissione di un servo che è stato fedele.
6. Tu porti nella chiesa il tuo schiavo per la manumissione. Si fa silenzio. Viene letto il tuo attestato o si fa la dichiarazione della tua volontà. Tu dichiari di fare la manumissione del tuo schiavo perché in tutto egli ti ha mantenuto fede. E questo a te piace, questo lo onori, questo lo ricompensi col premio della libertà. Tu fai quello che puoi. Gli doni la libertà perché non gli puoi donare l'eternità. Anche il tuo Dio si rivolge a te e, tramite il tuo schiavo, ti mette con le spalle al muro. Egli ti dice, [parlandoti] nel cuore: "Tu hai condotto il tuo schiavo dalla casa tua alla casa mia. Dalla mia casa tu lo vuoi riportar libero a casa tua. E tu perché nella mia casa non mi servi con fede? A lui tu dài quello che puoi. E anche io ti prometto quel che posso. Tu dài la libertà a chi ti ha mantenuto fede. Io ti dò l'eternità se tu mi mantieni fede. Contro di me di che ti puoi lamentare nel tuo cuore? Rendi al tuo Signore quel che lodi nel tuo schiavo. O che tu sia così presuntuoso da crederti meritevole di avere uno schiavo fedele perché dici di averlo comprato, ed io non merito di avere un servo fedele, io che l'ho creato?". Così il Signore tuo Dio ti parla dentro al cuore, dove tu solo ascolti, ed è lui che ti parla dentro, lui che dice il vero. Che cosa c'è più vero di questo parlare? Non restar sordo. Nel tuo servo tu ami la fede, e certo la fede non la vedi. Perché ami la fede in un altro, e tutto quel che ho detto ami in un altro, e l'ami nello schiavo che ti sei comprato col denaro, ma che non hai creato tu? Con tutti e due i legami ti lega il tuo Signore. "Io ti ho creato, [egli ti dice], e io ti ho comprato. Prima che tu fossi io ti ho creato, ed essendoti venduto sotto il peccato, io ti ho ricomprato". Per dare la manumissione al tuo schiavo, tu spezzi la scrittura. Dio non spezzerà la tua scrittura. La tua scrittura è il Vangelo, dove è il sangue con cui sei stato comprato. Essa rimane, viene letta ogni giorno, sei avvertito sulla tua condizione, ti viene ricordato il tuo prezzo.
Mantieni la fede al Signore, fede che lodi nello schiavo.
7. Se il tuo schiavo, a cui hai dato la manumissione, non mantenesse fede verso di te e non si rendesse degno della manumissione col mantener fede, e tu lo sorprendessi in qualche frode nella tua stessa casa, come grideresti? "Schiavo malvagio, non mantieni fede verso di me? Non sai che io ti ho comprato? Non sai che ho sudato sangue per te?". E urli a più non posso, e rintroni il cielo con parole piene di rabbia: "Ho dato il sangue per te, schiavo malvagio!". E chi ti sente esclama: "Ha ragione". Però non dovresti arrossire se, mentre inveisci e gridi in quel modo, il tuo schiavo avesse il coraggio di rispondere e di dirti: "Ma che sangue hai dato per me, scusa? Se almeno ti fossi fatto salassare, quando mi hai comprato!". Tu però è il denaro che chiami tuo sangue. Tanto lo ami questo tuo denaro da chiamarlo tuo sangue. E [allora] il Signore ti mette con le spalle al muro attraverso le tue stesse parole. Tu chiami tuo sangue il denaro e pretendi la fedeltà dal tuo schiavo, che hai comprato dando per lui non il sangue ma il denaro o l'oro. Ma ricordi bene che cosa ho dato io? Se non lo ricordi, ti leggerò la tua scrittura. Se non lo ricordi, leggi, leggi della morte del Salvatore, della lancia del trafittore, del prezzo del Redentore. Un uomo vivo può dare il suo sangue, dicevo, tagliandosi una vena, e tuttavia continuare a vivere. Ma è assai più quel che ti dice il tuo Signore: "Il mio sangue non è stato cavato da me vivo. Io ti ho comprato col mio sangue; ma, aggiungo, con la mia morte ti ho comprato". E tu che cosa puoi rispondere? Mantieni col tuo Signore quella fede che tu pretendi dal tuo schiavo. L'oro lo vedi, ma anche la fede la vedi. Non la potresti pretendere, se non la vedessi; non la potresti lodare, se non la vedessi; non la potresti ricompensare con la libertà, se non la vedessi. Solo che l'oro lo vedi con gli occhi della carne, la fede con gli occhi del cuore. Quanto migliori sono gli occhi del cuore, tanto migliore è ciò che si vede con gli occhi del cuore. Tu invece apprezzi più l'oro anziché questa fede che ti comanda il tuo Signore. E non rendi quel che ti viene affidato, dicendo: "Tu non mi hai affidato niente". Magari poi a colui cui nulla hai affidato dici: "Rendimi quello che ti ho affidato". Non rendi quello che hai ricevuto ma pretendi quel che non hai dato. Ecco, accumula. Prendi, ammucchia su di te il fango che ti appesantisce, dicendo: "Rendimi", mentre non hai consegnato niente, e intanto neghi quel che hai ricevuto in consegna. Prendi, rastrella lucri dannosi. Ecco, hai riempito il tuo forziere, hai ammassato molto oro. Però guardati dentro, nel forziere del tuo cuore: lì hai perduto la fede.
Non sottrarti alla disciplina del Padre sempre misericordioso.
8. E allora ritorna, se hai sentito qualcosa, se sei arrossito, se hai raddrizzato ciò che era fuori strada e ciò che era storto; ritorna, cerca la gioia nel Signore 22, gioisci nel Signore 23! Gioisci per quel che comanda il Signore, perché così gioisci nel Signore. Gioisci nella fede, gioisci nella speranza, gioisci nella carità, gioisci nella misericordia, gioisci nell'ospitalità, gioisci nella castità. Tutti questi sono beni, sono tesori interiori, gemme non del tuo forziere, ma della tua coscienza. Brama di esser ricco di queste ricchezze, che neanche in un naufragio potresti perdere, e di cui, anche se uscissi nudo, sei sempre pieno. E così sarai anche retto di cuore, sì da trarne gioia, non rimproverando il tuo Signore se in questa vita ti dovesse capitare qualcosa di avverso, ma lodando la sferza del Padre, di cui aspetti l'eredità. Sotto la mano di chi ti corregge tu fuggi. Ma non sottrarti alla disciplina, perché colui che ti corregge non può sbagliare. Colui che ha fatto te sa che cosa fare con te. Come potresti considerare il tuo artefice talmente inesperto da averti saputo fare e poi da aver dimenticato che cosa fare con te? Prima che tu esistessi, ha pensato a te, perché non saresti esistito se egli non ti avesse pensato prima del tuo esistere. E adesso che esisti, che ci sei, che vivi, che sei suo servo, ti potrà trascurare, ti potrà disprezzare? "Sì che mi trascura, dirai tu, perché io ho pregato e lui non mi ha dato retta". E se tu chiedevi una cosa che, ricevuta, sarebbe stata a tuo danno? "Ho pianto davanti a lui, e non mi ha esaudito". O bambino insensato, per che cosa hai pianto? Per ottenere una felicità materiale, una felicità temporale, una felicità terrena. E se questa felicità che tu anelavi, che sospiravi, per la quale piangevi, ti avesse rovinato? Poco fa ti parlavo del tuo servo; ora sul tuo figlio facciamo l'esempio. Ecco, il tuo figlio piccolo piange davanti a te perché vuole che lo metti sul cavallo. Lo ascolti forse? Gli dài retta? E la tua è durezza, o non piuttosto misericordia? Dimmi perché, con quale intenzione ti comporti così. Certo è un'intenzione d'amore, chi ne dubita? Tu per lui, quando sarà grande, conservi tutta la casa, e ora che è piccolo e piange non lo metti sul cavallo. Tutto ciò che possiedi, la casa e ciò che è nella casa, i campi e ciò che è nei campi, tutto conservi per lui. E tuttavia, ora che è piccolo e piange, non lo metti sul cavallo. Pianga quanto vuole, pianga tutto il giorno, tu non gli dài retta, e non gli dài retta per misericordia e, se gli dessi retta, saresti snaturato. E allora vedi, considera se non è questo quel che fa con te il tuo Signore quando chiedi cose inopportune e non le ricevi. La povertà forse ti matura, mentre l'abbondanza ti potrebbe corrompere. E tu cerchi l'abbondanza che corrompe, quando ti è forse necessaria la povertà che ti matura. Lascia fare al tuo Dio: sa lui che cosa darti e che cosa toglierti. Se ti desse retta quando chiedi qualcosa che per te è di danno, forse te la concederebbe nell'ira. Ascolta gli esempi della Scrittura. Agli Israeliti bramosi di brame del ventre e della gola diede retta perché adirato 24; a Paolo che chiedeva: "Allontana da me lo stimolo della carne" 25 non diede retta perché misericordioso.
Giobbe non si lasciava possedere dalle creature, ma da Dio.
9. Perciò cerca la gioia nel Signore 26, gioisci nel Signore 27 e non nel mondo. Come gioiva nel Signore colui che, dopo aver perduto ogni ragione di gioia nel mondo, pure gli rimaneva il Signore in cui gioire. E gli rimase la gioia del cuore mirabile, semplice, perfetta, immutabile. Le cose che aveva le possedeva, ma non ne era posseduto; era posseduto dal Signore. Quelle le calcava, ma da Dio pendeva. Sottratte le cose che calcava, rimase attaccato a lui da cui pendeva. Ecco che cosa vuol dire gioire nel Signore. Il Signore ha dato (ecco la gioia) il Signore ha tolto 28. Ma si è forse tolto lui? Ha tolto quel che ha dato, ma lui che ha dato si è avvicinato. E perciò gioisce nel Signore. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come è piaciuto al Signore, così è avvenuto; sia benedetto il nome del Signore 29. Perché dovrebbe dispiacere al servo quel che è piaciuto al Signore? "L'oro, dice, l'ho perso, la famiglia l'ho persa, le greggi le ho perse, ho perso tutto quel che possedevo 30: ma non ho perso colui da cui son posseduto. Ho perso tutto ciò che era con me, ma non ho perso colui a cui appartengo io. Egli è la mia gioia, egli è la mia ricchezza". Ma perché questo? Perché non era fuori strada, non era con la testa in giù, non si scordò di colui che era al di sopra, per amare ciò che gli era al di sotto. Questo è infatti essere fuori strada, usare malamente delle cose create.
Conclusione: usa sempre bene tutte le cose che hai.
10. Perché vai accusando colui che ti ha dato l'oro, quando con più giustizia tu devi essere accusato perché ami malamente l'oro? L'oro abbilo, ti dice Dio, io te l'ho dato, usalo bene. Con l'oro tu vuoi ornarti: piuttosto tu fa onore all'oro. Tu vuoi l'onore, vuoi il decoro dall'oro; fa tu onore all'oro e non essergli di disonore. Ecco, uno ha molto oro: si da ai postriboli, alla fornicazione, alla vita dissoluta; organizza giochi pomposi, fa stupidi regali agli istrioni, ma nulla dà ai poveri che han fame; questo non è far onore all'oro. E la gente che vede queste cose non esclama forse: "Mi fa pena l'oro che è capitato a lui"? Tu però l'oro, se l'avessi? Adesso tu dici: "Mi fa pena l'oro che è capitato a lui. Oh, se ce l'avessi io!". Che ne faresti? "Accoglierei i pellegrini, darei da mangiare ai poveri, vestirei gli ignudi, riscatterei i prigionieri". Tu parli bene perché non ce l'hai; chi sa come parleresti se ce l'avessi. Ma se veramente fosse così, allora l'oro sarebbe il tuo ornamento. Se così veramente userai l'oro perché più dell'oro ami colui che l'ha creato, allora sarai retto, nel senso che ami di più le cose superiori, e sai usare rettamente quelle inferiori. E cercherai la gioia nel Signore 31 e da giusto gioirai nel Signore 32: non sarà su di te accusa del Creatore ma ci sarà ringraziamento verso il Redentore. Amen.
1 - Sal 63, 11.
2 - Sal 96, 11.
3 - Sal 36, 4.
4 - 2 Cor 5, 7.
5 - 2 Cor 5, 6.
6 - 1 Gv 3, 2.
7 - Cf. 1 Cor 3, 2.
8 - Cf. Sal 63, 11.
9 - Sal 63, 11.
10 - Cf. Rm 8, 23.
11 - Gv 4, 22.
12 - Gv 4, 24.
13 - Sal 137, 6.
14 - Sal 33, 19.
15 - Cf. Lc 18, 13.
16 - Fil 4, 5-6.
17 - 1 Gv 4, 8.
18 - 1 Tm 4, 4.
19 - Ct 2, 4.
20 - Sal 63, 11.
21 - 1 Gv 4, 8.
22 - Sal 36, 4.
23 - Cf. Sal 63, 11.
24 - Cf. Es 16.
25 - Cf. 2 Cor 12, 7.
26 - Sal 36, 4.
27 - Cf. Sal 63, 11.
28 - Gb 1, 21.
29 - Gb 1, 21.
30 - Cf. Gb 1, 14-19.
31 - Cf. Sal 36, 4.
32 - Cf. Sal 63, 11.
23 - Maria e Giuseppe continuano il viaggio dalla città di Gaza fino a Eliopoli in Egitto.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca630. I nostri pellegrini, nel terzo giorno da quando erano giunti a Gaza, partirono da quella città per l'Egitto. Lasciando subito i luoghi popolati della Palestina entrarono nei deserti sabbiosi di Bersabea, e si misero in cammino per più di sessanta leghe in terra disabitata, per giungere nella città di Eliopoli, l'attuale Cairo. In questo deserto peregrinarono più giorni, perché potevano procedere poco in ciascuna giornata di viaggio, sia per il disagio di una via così sabbiosa, sia per la sofferenza patita a causa della mancanza di un tetto e di sostentamento. In questa solitudine avvennero loro molte cose; poiché non è necessario riferirle tutte, ne dirò alcune, dalle quali potranno intendersi le altre. Per conoscere quanto soffrirono Maria e Giuseppe ed anche il bambino Gesù in questo pellegrinaggio, occorre premettere che l'Altissimo dispose che il suo Unigenito fatto uomo con la sua santissima Madre e san Giuseppe sentissero i disagi di questo esilio. La divina Signora non perse mai la pace, pur patendo ed addolorandosi molto a causa di essi; così fu anche per il suo fedelissimo sposo. Entrambi soffrirono molti disagi e fastidi nel loro corpo e pene anche maggiori nei loro cuori: la Madre per quelle del suo Figlio e di Giuseppe, ed egli per quelle del bambino e della sposa, perché non poteva dar loro sollievo con la sua premura e la sua fatica.
631. Bisognava passare le notti all'aperto, senza alcun riparo per tutte le sessanta leghe di cammino, poiché quella terra era disabitata. Ed era inverno, perché il viaggio avvenne in febbraio e iniziò pochi giorni dopo la purificazione, come si può dedurre da ciò che dissi nel capitolo precedente. La prima notte in cui si ritrovarono soli in quei campi, si riposarono alle falde di una collinetta che fu il solo rifugio che ebbero. La Regina del cielo col suo bambino nelle braccia si sedette sulla nuda terra e qui si ristorarono un po', cenando con parte del cibo che avevano portato da Gaza. Ella allattò il bambino Gesù, che con il suo dolce viso consolò la divina Madre ed il suo sposo. Giuseppe, con premura, costruì con il suo mantello e con dei pali una specie di nicchia, affinché il Verbo incarnato e Maria santissima potessero proteggersi dal freddo della notte con quella tenda improvvisata, tanto umile e stretta. Nella medesima notte, i diecimila angeli, che con ammirazione assistevano i pellegrini del mondo, formarono un corpo di guardia al loro Re e a sua Madre, circondandoli con i corpi umani visibili con cui apparivano. La gran Signora intuì che il santissimo Figlio offriva all'eterno Padre quella desolazione e quelle fatiche, come anche le sue e quelle di san Giuseppe. Ella accompagnò per la maggior parte della notte, in questa e nelle altre orazioni, l'anima divina di suo Figlio. Il bambino Dio dormì un poco nelle sue braccia, ma ella rimase sempre sveglia ed in divini colloqui con l'Altissimo e con gli angeli. San Giuseppe si mise a riposare sulla terra, appoggiando il capo sopra la cassettina, in cui si conservavano i pannicelli e la povera roba che portavano.
632. Il giorno seguente continuarono il loro cammino, ma ben presto si esaurì la provvista del pane e della frutta, per cui la Signora del cielo e della terra ed il suo santo sposo arrivarono a mancare anche del necessario ed a soffrire la fame, soprattutto san Giuseppe. In uno dei primi giorni accadde che oltrepassarono le nove della notte senza aver preso nessun tipo di cibo, sia pure quel povero ed ordinario sostentamento che erano soliti mangiare dopo la fatica ed i disagi del cammino, quando la natura aveva più bisogno di essere sostenuta. Dato che non poteva rimediare a questa necessità con alcun impegno umano, la divina Signora, rivolta all'Altissimo, disse: «Dio eterno, grande ed onnipotente, io vi ringrazio e benedico per le magnifiche opere della vostra volontà e soprattutto perché, senza mio merito, per la vostra benevolenza mi deste l'essere e la vita, ed in questa mi avete conservata ed innalzata pur essendo polvere ed inutile creatura. Non avendovi per tutti questi benefici degnamente corrisposto, come potrò domandare per me ciò che non posso contraccambiare? Però, Signore e Padre mio, guardate il vostro Unigenito e concedetemi il sostentamento per la sua vita, come anche per quella del mio sposo, affinché egli possa servire la Maestà vostra ed io serva alla vostra parola fatta carne per la salvezza umana».
633. Affinché queste suppliche della dolcissima Madre provenissero da una maggiore tribolazione, l'Altissimo permise che oltre la fame, la stanchezza e la solitudine li affliggesse l'inclemenza del tempo. Si levò dunque un grave temporale, con un vento impetuoso che, accecandoli, li tormentava molto. Questo disagio addolorò ancora di più la Madre, amorosa e compassionevole per riguardo al bambino Gesù, che era tanto tenero e delicato, e non aveva ancora cinquanta giorni. Ella lo coprì e riparò per quanto poteva, ma questo non fu sufficiente a far sì che come vero uomo non sentisse l'inclemenza ed il rigore del tempo, e lo mostrò piangendo e tremando di freddo, come avrebbero fatto tutti gli altri bambini. Allora la madre premurosa, usando del potere di Regina e signora delle creature, comandò con autorità agli elementi che non nuocessero al loro medesimo Creatore, ma gli servissero di difesa e sollievo, esercitando la loro asprezza solo su di lei. Subito, così come era avvenuto in precedenza a proposito della nascita e nel corso del viaggio a Gerusalemme, il vento si mitigò e si fermò la pioggia senza raggiungere il Figlio e la Madre. Quale ricompensa di questa cura amorosa, il bambino Gesù ordinò agli angeli che assistessero sua Madre, e fossero per lei come una tenda per ripararla dal rigore degli elementi. Essi ubbidirono immediatamente e, formando un globo bellissimo e di fitto splendore, vi racchiusero il loro Dio fatto uomo, la Madre e lo sposo, facendoli rimanere più difesi che se fossero stati nei palazzi e nei ricchi panni dei potenti del mondo. Altre volte in quel deserto fecero la medesima cosa.
634. Mancava loro, però, il sostentamento e li affliggeva il bisogno, non certo risolvibile con operosità umana. Il Signore prima permise che giungessero a tanto estremo, poi, propenso alle giuste domande della sua sposa, li provvide per mano dei medesimi angeli. Questi subito portarono loro pane delicatissimo e frutti molto belli e maturi; inoltre, un liquore dolcissimo che gli stessi angeli versarono servirono loro. Dopo tutti insieme facevano cantici di ringraziamento e di lode al Signore, che dà l'alimento ad ogni essere vivente nel tempo opportuno, affinché i poveri mangino e siano saziati, poiché i loro occhi e le loro speranze sono posti nella sua regale provvidenza e generosità. Queste furono le delicate vivande che il Signore, dalla sua mensa, regalò ai tre pellegrini, esuli nel deserto di Bersabea. Questo fu lo stesso deserto in cui Elia, fuggendo da Gezabele, fu confortato con un pane che si scioglieva in bocca, datogli dall'angelo del Signore per farlo giungere al monte Oreb. Né questo pane, però, né quello che prima gli avevano somministrato miracolosamente i corvi insieme alle carni per cibarsi la mattina e la sera sul torrente Cherit; né la manna che piovve dal cielo per gli Israeliti, benché si chiamasse pane degli angeli e fosse piovuto dal cielo; né le quaglie che portò ad essi il vento africano; né la cortina di nuvole, con la quale venivano difesi dai calori del sole; niente di tutto ciò uguagliò i benefici ricevuti dai nostri pellegrini. Infatti, nessuno di tali alimenti e favori si può paragonare con quello che fece il Signore in questo viaggio per il suo Unigenito fatto uomo, per la divina Madre e per il suo insigne sposo. Non servivano, ora, per alimentare un profeta o un popolo ingrato e così poco ragionevole, ma per dare vita e nutrimento al medesimo Dio fatto uomo e alla sua vera Madre, e per conservare tale vita naturale, dalla quale dipendeva quella eterna di tutto il genere umano. Come questo cibo divino era adeguato alla superiorità dei convitati, così la loro riconoscenza e il loro contraccambio erano in tutto proporzionati alla grandezza del beneficio. Ma, affinché tutto avvenisse con maggior vantaggio, il Signore permetteva sempre che la necessità giungesse all'estremo e che essa stessa richiedesse il soccorso del cielo.
635. Si rallegrino con questo esempio i poveri, e non si abbattano gli affamati, sperino gli abbandonati, e nessuno si lamenti della divina provvidenza, per quanto sia bisognoso ed afflitto. Quando mai si allontanò il Signore da chi spera in lui? Quando nascose il suo volto paterno ai figli poveri e tribolati? Siamo fratelli del suo Unigenito fatto uomo, figli di Dio ed eredi dei suoi beni, ed anche figli della sua Madre colma di misericordia. Dunque, o figli di Dio e di Maria santissima, come diffidate di tale Padre e di tale Madre nella vostra povertà? Perché negate questa gloria a loro e a voi il diritto che vi alimentino e soccorrano? Avvicinatevi, avvicinatevi con umiltà e confidenza, perché gli occhi di vostro Padre e di vostra Madre vi guardano, le loro orecchie ascoltano il grido della vostra necessità; le mani di questa Signora sono distese al povero e le sue palme aperte al bisognoso. E voi, ricchi di questo mondo, come potete confidare solo nelle vostre incerte ricchezze, con il rischio di venire meno nella fede e meritarvi immediatamente gravissimi affanni e dolori, come vi minaccia l'Apostolo? Voi non confessate né professate, nella vostra avidità, di essere figli di Dio e di sua Madre. Lo negate, anzi, con le vostre opere, e vi fate stimare impuri, o figli di altri padri; il vero e legittimo figlio infatti sa confidare solamente nella cura e nell'amore del suo vero Padre e della sua vera Madre, e reca loro oltraggio se pone la sua speranza in altri che non sono solo estranei, ma anche nemici. È la divina luce che m'insegna questa verità e la carità mi costringe a dirla.
636. L'altissimo Padre si dava pensiero non solo di alimentare i nostri pellegrini, ma anche di ristorarli visibilmente per dar loro sollievo dal tormento del cammino e della lunga solitudine. A volte accadeva che, disponendosi la divina Madre a riposare un po', sedendosi al suolo con il bambino Gesù, venissero vicino a lei, dalle montagne, come dissi in un'altra occasione, un gran numero di uccelli. Essi per diletto le si posavano sulle spalle e sulle mani, ricreandola con la soavità del loro canto e la varietà delle loro piume. Ella li accoglieva e li invitava a conoscere il loro Creatore e a cantare a lui con devozione e riconoscenza per averli creati così belli e vestiti di piume, per far godere loro dell'aria e della terra, e perché, con i frutti di questa, dava loro ogni giorno la vita e il sostentamento. Gli uccelli ubbidivano a tutto questo con movimenti e cantici dolcissimi. La Madre amorosa parlava al bambino con altri cantici per lui ben più dolci e armoniosi, lodandolo, benedicendolo e riconoscendolo per suo Dio, per suo figlio ed autore di tutte le meraviglie. Anche i santi angeli accompagnavano questi colloqui pieni di soavità, cantando con la gran Signora o con quei semplici uccelletti. Tutto questo creava un'armonia, più spirituale che sensibile, di ammirabile corrispondenza per le creature razionali.
637. Altre volte la divina Principessa parlava col bambino e gli diceva: «Amore mio, e luce della mia anima, come potrò alleggerire la vostra fatica? Come farò perché non sia tanto penoso per voi questo cammino così disagiato? Oh, vi potessi portare non solo nelle braccia, ma dentro al mio petto come in un soffice letto in cui stare sdraiato senza alcuna molestia!». Il dolcissimo Gesù le rispondeva: «Madre mia diletta, molto sollievo trovo nelle vostre braccia, dolce riposo sul vostro petto, grande piacere nel vostro amore e soave gioia nelle vostre parole». Altre volte il Figlio e la Madre si parlavano e si rispondevano interiormente, e questi colloqui erano così sublimi e divini che non possono essere raccontati con le nostre parole. Il santo sposo Giuseppe partecipava a molti di questi misteri e consolazioni che gli rendevano più facile il cammino, facendogli dimenticare le sue fatiche; lo rapiva la soavità e la dolcezza della sua invidiabile compagnia, benché non sapesse né udisse che il bambino parlava sensibilmente con la sua santissima Madre. Questo favore era per lei sola in quel tempo, come dissi in precedenza. In questo modo i nostri esuli proseguirono il loro cammino per l'Egitto.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
638. Figlia mia, come quelli che conoscono il Signore sanno sperare in lui, così quelli che non confidano nella sua bontà e nel suo amore immenso non hanno perfetta conoscenza della sua grandezza. Al difetto della fede e della speranza segue il non amarlo e il porre direttamente il cuore dove pongono la loro fiducia, cioè in quello che apprezzano e stimano di più. In questo errore consiste tutto il danno e la rovina dei mortali. Essi, infatti, credono tanto poco all'infinita bontà che diede loro l'essere e che li mantiene in vita, da non riuscire a riporre in Dio tutta la loro fiducia. Mancando questa, l'amore, invece che verso di lui, viene rivolto alle creature, nelle quali valutano e sperano di trovare ciò che desiderano, cioè il potere, le ricchezze, lo sfarzo e la vanità. I fedeli, pur potendo ovviare a questo danno con la fede e la speranza infuse, lasciano queste virtù inutilizzate e inoperose e, senza servirsene, si rivolgono a cose più basse. Così gli uni, se le hanno, sperano nelle ricchezze; gli altri, se non le posseggono, le desiderano avidamente; alcuni se le procurano per vie e con mezzi molto perversi; altri confidano nei potenti, li adulano e li applaudono. Così risultano essere molto pochi quelli che restano fedeli al Signore: essi siano meritevoli di provare la sua vigile provvidenza, si fidino di essa e lo riconoscano come Padre che ha cura dei suoi figli, li alimenta e conserva, senza abbandonare alcuno nella necessità.
639. Questo tenebroso inganno ha dato al mondo tanti amanti; lo ha riempito di avarizia e di concupiscenza contro la volontà e il desiderio del Creatore, ed ha imbrogliato gli uomini in quelle stesse cose che desiderano o che dovrebbero desiderare. Tutti, in genere, assicurano che bramano le ricchezze e i beni temporali solo per sovvenire alle loro necessità, riconoscendo così che non dovrebbero desiderare di più. In verità, molti mentono, perché bramano non già il necessario, ma il superfluo, affinché serva non al naturale bisogno, ma alla superbia del mondo. Se anche, però, gli uomini desiderassero solo quello di cui veramente hanno necessità, sarebbe comunque follia riporre la loro sicurezza nelle creature e non in Dio, il quale con ineffabile provvidenza si prende cura perfino dei piccoli del corvo, come se il loro gracchiare fosse una supplica al loro creatore. Con questa sicurezza, io non potevo temere nel mio esilio e lungo pellegrinaggio. Inoltre, poiché confidavo nel Signore, la sua provvidenza mi sostenne nel tempo della penuria. Ora tu, figlia mia, che conosci questa provvidenza, non ti affliggere troppo, non mancare ai tuoi doveri per cercare di porvi rimedio, e non confidare nella coscienziosità umana e nelle altre creature. Infatti, dopo aver fatto quanto ti spetta, il mezzo efficace è confidare nel Signore, senza turbarti né alterarti minimamente, e sperare con pazienza, anche se l'aiuto dovesse tardare, perché questo giungerà sempre in tempo giusto ed opportuno, quando maggiormente servirà a manifestare l'amore paterno del Signore. Così accadde a me ed al mio sposo nella nostra povertà e necessità.
640. Quelli che non soffrono con pazienza e non vogliono patire indigenza; quelli che si rivolgono alle cisterne screpolate, confidando nella menzogna e nei potenti; quelli che non si accontentano di ciò che è giusto e desiderano con ardente avidità ciò che non è necessario per la vita; quelli che tenacemente custodiscono ciò che posseggono, perché non manchi loro, negando ai poveri l'elemosina dovuta: tutti questi possono temere, con ragione, che mancherà loro quello che non potrebbero aspettarsi dalla Provvidenza divina, se questa fosse tanto scarsa nel dare, come lo sono essi nello sperare in lei e nel dare per suo amore al bisognoso. Il Padre vero, che sta nei cieli, fa nascere il sole sopra i giusti e sopra gli ingiusti, manda la pioggia sopra i buoni e sopra i cattivi` e soccorre tutti, dando ad ognuno vita ed alimento. Se i benefici, però, sono comuni ai buoni ed ai cattivi, il dare maggiori beni temporali ad alcuni e negarli ad altri non è modello dell'amore di Dio. Egli, anzi, vuole poveri gli eletti e i predestinati: primo, perché acquistino maggiori meriti e premi, secondo, perché non si lascino invischiare dall'amore dei beni temporali, essendo assai pochi coloro che ne sanno fare buon uso e li posseggono senza sregolata cupidigia. Perciò, sebbene il mio santissimo Figlio ed io non corressimo questo pericolo, Dio volle insegnare agli uomini, con l'esempio, questa scienza divina dalla quale dipende per loro la vita eterna.
13-50 Gennaio 11, 1922 Le anime che vivono nel Divino Volere, saranno al corpo mistico della Chiesa come pelle al corpo, e porteranno a tutte le sue membra la circolazione di vita.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Trovandomi nel solito mio stato, stavo pensando al Santo Voler Divino e dicevo tra me: “Tutti i figli della Chiesa sono membra del corpo mistico, cui Gesù è il capo; quale sarà il posto che occuperanno le anime che fanno la Volontà di Dio in questo corpo mistico?” E Gesù, sempre benigno, nel venire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, la Chiesa è il mio corpo mistico, di cui Io mi glorio d’essere il capo, ma per poter entrare in questo corpo mistico, le membra devono crescere a debita statura, altrimenti deformerebbero il mio corpo, ma ahi! quanti non solo non hanno la debita proporzione, ma sono marciosi, piagati, tanto da far schifo al mio capo ed alle altre membra sane. Ora, le anime che vivono nel mio Volere o vivranno, saranno al corpo della mia Chiesa come pelle al corpo; il corpo contiene pelle interna e pelle esterna, e siccome nella pelle c’è la circolazione del sangue che dà vita a tutto il corpo, è in virtù di questa circolazione che le membra a debita statura giungono, se non fosse per la pelle e per la circolazione del sangue, il corpo umano sarebbe orrido a vedersi, e le membra non crescerebbero a debita proporzione. Ora vedi come mi sono necessarie queste anime che vivono nel mio Volere, avendo destinato loro come pelle al corpo della mia Chiesa, è come circolazione di vita a tutte le membra, saranno esse che daranno la debita crescenza alle membra non cresciute, che saneranno le membra piagate e che col continuo vivere nel mio Volere restituiranno la freschezza, la bellezza, lo splendore a tutto il corpo mistico, facendolo tutto simile al mio capo, che siederà con tutta maestà su tutte queste membra. Ecco perciò non potrà venire la fine dei giorni se non ho queste anime che vivono come sperdute nel mio Volere, esse m’interessano più che tutto. Quale figura farà questo corpo mistico nella Celeste Gerusalemme senza di esse? E se questo interessa più che tutto Me, deve interessare più che tutto anche te, se mi ami, ed Io d’ora in poi darò a tutti i tuoi atti fatti nel mio Volere, virtù di circolazione di vita a tutto il corpo mistico della Chiesa, come circolazione di sangue al corpo umano, i tuoi atti stesi nell’immensità del mio Volere si stenderanno su tutti, e come pelle copriranno queste membra, dando loro la debita crescenza, perciò sii attenta e fedele”.
(3) Onde dopo stavo pregando tutta abbandonata nel Volere di Gesù, e quasi senza pensarlo ho detto: “Amor mio, tutto nel tuo Volere: le mie piccole pene, le mie preghiere, il mio palpito, il mio respiro, tutto ciò che sono e posso, unito a tutto ciò che sei Tu per dare la debita crescenza alle membra del corpo mistico”. Gesù nel sentirmi, di nuovo si è fatto vedere e sorridendo di compiacenza ha soggiunto:
(4) “Come è bello vedere nel tuo cuore le mie verità come fonte di vita, che subito hanno lo sviluppo e l’effetto per cui si sono comunicate. Perciò corrispondi, ed Io me ne farò un onore, che non appena vedrò sviluppata una verità, un’altra fonte di verità ne farò sorgere”.