Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Perciò, fratelli, praticate la carità , dolce e salutare vincolo delle anime, senza la quale il ricco è povero e con la quale il povero è ricco. (Sant'Agostino)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 26° settimana del tempo ordinario (San Girolamo)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 8

1In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.2C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni,3Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.

4Poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, disse con una parabola:5"Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono.6Un'altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità.7Un'altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono.8Un'altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto". Detto questo, esclamò: "Chi ha orecchi per intendere, intenda!".

9I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola.10Ed egli disse: "A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché

'vedendo non vedano
e udendo non intendano'.

11Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio.12I semi caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati.13Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell'ora della tentazione vengono meno.14Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione.15Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza.

16Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce.17Non c'è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce.18Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere".

19Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.20Gli fu annunziato: "Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti".21Ma egli rispose: "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica".

22Un giorno salì su una barca con i suoi discepoli e disse: "Passiamo all'altra riva del lago". Presero il largo.23Ora, mentre navigavano, egli si addormentò. Un turbine di vento si abbatté sul lago, imbarcavano acqua ed erano in pericolo.24Accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: "Maestro, maestro, siamo perduti!". E lui, destatosi, sgridò il vento e i flutti minacciosi; essi cessarono e si fece bonaccia.25Allora disse loro: "Dov'è la vostra fede?". Essi intimoriti e meravigliati si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui che da' ordini ai venti e all'acqua e gli obbediscono?".

26Approdarono nella regione dei Gerasèni, che sta di fronte alla Galilea.27Era appena sceso a terra, quando gli venne incontro un uomo della città posseduto dai demòni. Da molto tempo non portava vestiti, né abitava in casa, ma nei sepolcri.28Alla vista di Gesù gli si gettò ai piedi urlando e disse a gran voce: "Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!".29Gesù infatti stava ordinando allo spirito immondo di uscire da quell'uomo. Molte volte infatti s'era impossessato di lui; allora lo legavano con catene e lo custodivano in ceppi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal demonio in luoghi deserti.30Gesù gli domandò: "Qual è il tuo nome?". Rispose: "Legione", perché molti demòni erano entrati in lui.31E lo supplicavano che non ordinasse loro di andarsene nell'abisso.
32Vi era là un numeroso branco di porci che pascolavano sul monte. Lo pregarono che concedesse loro di entrare nei porci; ed egli lo permise.33I demòni uscirono dall'uomo ed entrarono nei porci e quel branco corse a gettarsi a precipizio dalla rupe nel lago e annegò.34Quando videro ciò che era accaduto, i mandriani fuggirono e portarono la notizia nella città e nei villaggi.35La gente uscì per vedere l'accaduto, arrivarono da Gesù e trovarono l'uomo dal quale erano usciti i demòni vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù; e furono presi da spavento.36Quelli che erano stati spettatori riferirono come l'indemoniato era stato guarito.37Allora tutta la popolazione del territorio dei Gerasèni gli chiese che si allontanasse da loro, perché avevano molta paura. Gesù, salito su una barca, tornò indietro.38L'uomo dal quale erano usciti i demòni gli chiese di restare con lui, ma egli lo congedò dicendo:39"Torna a casa tua e racconta quello che Dio ti ha fatto". L'uomo se ne andò, proclamando per tutta la città quello che Gesù gli aveva fatto.

40Al suo ritorno, Gesù fu accolto dalla folla, poiché tutti erano in attesa di lui.41Ed ecco venne un uomo di nome Giàiro, che era capo della sinagoga: gettatosi ai piedi di Gesù, lo pregava di recarsi a casa sua,42perché aveva un'unica figlia, di circa dodici anni, che stava per morire. Durante il cammino, le folle gli si accalcavano attorno.43Una donna che soffriva di emorragia da dodici anni, e che nessuno era riuscito a guarire,44gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del mantello e subito il flusso di sangue si arrestò.45Gesù disse: "Chi mi ha toccato?". Mentre tutti negavano, Pietro disse: "Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia".46Ma Gesù disse: "Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me".47Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere nascosta, si fece avanti tremando e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò davanti a tutto il popolo il motivo per cui l'aveva toccato, e come era stata subito guarita.48Egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata, va' in pace!".
49Stava ancora parlando quando venne uno della casa del capo della sinagoga a dirgli: "Tua figlia è morta, non disturbare più il maestro".50Ma Gesù che aveva udito rispose: "Non temere, soltanto abbi fede e sarà salvata".51Giunto alla casa, non lasciò entrare nessuno con sé, all'infuori di Pietro, Giovanni e Giacomo e il padre e la madre della fanciulla.52Tutti piangevano e facevano il lamento su di lei. Gesù disse: "Non piangete, perché non è morta, ma dorme".53Essi lo deridevano, sapendo che era morta,54ma egli, prendendole la mano, disse ad alta voce: "Fanciulla, alzati!".55Il suo spirito ritornò in lei ed ella si alzò all'istante. Egli ordinò di darle da mangiare.56I genitori ne furono sbalorditi, ma egli raccomandò loro di non raccontare a nessuno ciò che era accaduto.


Primo libro di Samuele 4

1ae la parola di Samuele giunse a tutto Israele [c. 3]1bLa parola di Samuele si rivolse a tutto Israele.
In quei giorni i Filistei si radunarono per combattere contro Israele. Allora Israele scese in campo a dar battaglia ai Filistei. Essi si accamparono presso Eben-Ezer mentre i Filistei s'erano accampati in Afèk.2I Filistei si schierarono per attaccare Israele e la battaglia divampò, ma Israele ebbe la peggio di fronte ai Filistei e caddero sul campo, delle loro schiere, circa quattromila uomini.
3Quando il popolo fu rientrato nell'accampamento, gli anziani d'Israele si chiesero: "Perché ci ha percossi oggi il Signore di fronte ai Filistei? Andiamo a prenderci l'arca del Signore a Silo, perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici".4Il popolo mandò subito a Silo a prelevare l'arca del Dio degli eserciti che siede sui cherubini: c'erano con l'arca di Dio i due figli di Eli, Cofni e Pìncas.5Non appena l'arca del Signore giunse all'accampamento, gli Israeliti elevarono un urlo così forte che ne tremò la terra.6Anche i Filistei udirono l'eco di quell'urlo e dissero: "Che significa il risuonare di quest'urlo così forte nell'accampamento degli Ebrei?". Poi vennero a sapere che era arrivata nel loro campo l'arca del Signore.7I Filistei ne ebbero timore e si dicevano: "È venuto il loro Dio nel loro campo!", ed esclamavano: "Guai a noi, perché non è stato così né ieri né prima.8Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti? Queste divinità hanno colpito con ogni piaga l'Egitto nel deserto.9Risvegliate il coraggio e siate uomini, o Filistei, altrimenti sarete schiavi degli Ebrei, come essi sono stati vostri schiavi. Siate uomini dunque e combattete!".10Quindi i Filistei attaccarono battaglia, Israele fu sconfitto e ciascuno fu costretto a fuggire nella sua tenda. La strage fu molto grande: dalla parte d'Israele caddero tremila fanti.11In più l'arca di Dio fu presa e i due figli di Eli, Cofni e Pìncas, morirono.
12Uno della tribù di Beniamino fuggì dalle file e venne a Silo il giorno stesso, con le vesti stracciate e polvere sul capo.13Mentre giungeva, ecco Eli stava sul sedile presso la porta e scrutava la strada di Mizpa, perché aveva il cuore in ansia per l'arca di Dio. Venne dunque l'uomo e diede l'annuncio in città e tutta la città alzò lamenti.14Eli, sentendo il rumore delle grida, si chiese: "Che sarà questo grido di tumulto?". Intanto l'uomo si avanzò in gran fretta e narrò a Eli ogni cosa.15Eli era vecchio di novantotto anni, aveva gli occhi rigidi e non poteva più vedere.16Disse dunque quell'uomo a Eli: "Sono giunto dal campo. Sono fuggito oggi dalle schiere dei combattenti". Eli domandò: "Che è dunque accaduto, figlio mio?".17Rispose il messaggero: "Israele è fuggito davanti ai Filistei e nel popolo v'è stata grande strage; inoltre i tuoi due figli Cofni e Pìncas sono morti e l'arca di Dio è stata presa!".18Appena ebbe accennato all'arca di Dio, Eli cadde all'indietro dal sedile sul lato della porta, batté la nuca e morì, perché era vecchio e pesante. Egli aveva giudicato Israele per quarant'anni.
19La nuora di lui, moglie di Pìncas, incinta e prossima al parto, quando sentì la notizia che era stata presa l'arca di Dio e che erano morti il suocero e il marito, s'accosciò e partorì, colta dalle doglie.20Mentre era sul punto di morire, le dicevano quelle che le stavano attorno: "Non temere, hai partorito un figlio". Ma essa non rispose e non ne fece caso.21Ma chiamò il bambino Icabod, cioè: "Se n'è andata lungi da Israele la gloria!" riferendosi alla cattura dell'arca di Dio e al suocero e al marito.22La donna disse: "Se n'è andata lungi da Israele la gloria", perché era stata presa l'arca di Dio.


Siracide 39

1Differente è il caso di chi si applica
e medita la legge dell'Altissimo.
Egli indaga la sapienza di tutti gli antichi,
si dedica allo studio delle profezie.
2Conserva i detti degli uomini famosi,
penetra le sottigliezze delle parabole,
3indaga il senso recondito dei proverbi
e s'occupa degli enigmi delle parabole.
4Svolge il suo compito fra i grandi,
è presente alle riunioni dei capi,
viaggia fra genti straniere,
investigando il bene e il male in mezzo agli uomini.
5Di buon mattino rivolge il cuore
al Signore, che lo ha creato, prega davanti all'Altissimo,
apre la bocca alla preghiera, implora per i suoi peccati.
6Se questa è la volontà del Signore grande,
egli sarà ricolmato di spirito di intelligenza,
come pioggia effonderà parole di sapienza,
nella preghiera renderà lode al Signore.
7Egli dirigerà il suo consiglio e la sua scienza,
mediterà sui misteri di Dio.
8Farà brillare la dottrina del suo insegnamento,
si vanterà della legge dell'alleanza del Signore.
9Molti loderanno la sua intelligenza,
egli non sarà mai dimenticato,
non scomparirà il suo ricordo,
il suo nome vivrà di generazione in generazione.
10I popoli parleranno della sua sapienza,
l'assemblea proclamerà le sue lodi.
11Finché vive, lascerà un nome più noto di mille,
quando muore, avrà già fatto abbastanza per sé.

12Esporrò ancora le mie riflessioni,
ne sono pieno come la luna a metà mese.
13Ascoltatemi, figli santi, e crescete
come una pianta di rose su un torrente.
14Come incenso spandete un buon profumo,
fate fiorire fiori come il giglio,
spargete profumo e intonate un canto di lode;
benedite il Signore per tutte le opere sue.
15Magnificate il suo nome;
proclamate le sue lodi
con i vostri canti e le vostre cetre;
così direte nella vostra lode:
16"Quanto sono magnifiche tutte le opere del Signore!
Ogni sua disposizione avrà luogo a suo tempo!".
Non c'è da dire: "Che è questo? Perché quello?".
Tutte le cose saranno indagate a suo tempo.
17Alla sua parola l'acqua si ferma come un cumulo,
a un suo detto si aprono i serbatoi delle acque.
18A un suo comando si realizza quanto egli vuole;
nessuno può ostacolare il suo aiuto.
19Ogni azione umana è davanti a lui,
non è possibile nascondersi ai suoi occhi.
20Il suo sguardo passa da un'eternità all'altra,
nulla è straordinario davanti a lui.
21Non c'è da dire: "Che è questo? Perché quello?"
poiché tutte le cose sono state create per un fine.
22La sua benedizione si diffonde come un fiume
e irriga come un'inondazione la terra.
23Così le genti sperimenteranno la sua ira,
come trasformò le acque in deserto salato.
24Le sue vie sono diritte per i santi,
ma per gli empi piene di inciampi.
25I beni per i buoni furon creati sin da principio,
ma anche i mali per i peccatori.
26Le cose di prima necessità per la vita dell'uomo sono:
acqua, fuoco, ferro, sale,
farina di frumento, latte, miele,
succo di uva, olio e vestito.
27Tutte queste cose per i pii sono beni,
ma per i peccatori diventano mali.
28Ci sono venti creati per castigo,
e nella loro furia rafforzano i loro flagelli;
quando verrà la fine, scateneranno violenza,
e placheranno lo sdegno del loro creatore.
29Fuoco, grandine, fame e morte
son tutte cose create per il castigo.
30Denti delle fiere, scorpioni e vipere,
e spade vendicatrici sono per la rovina degli empi.
31Esulteranno al comando divino;
sono pronte sulla terra per tutti i bisogni.
A tempo opportuno non trasgrediranno la parola.
32Per questo ero convinto fin dal principio,
vi ho riflettuto e l'ho messo per iscritto:
33"Tutte le opere del Signore sono buone;
egli provvederà tutto a suo tempo".
34Non c'è da dire: "Questo è peggiore di quello",
a suo tempo ogni cosa sarà riconosciuta buona.
35Ora cantate inni con tutto il cuore e con la bocca
e benedite il nome del Signore.


Salmi 85

1'Al maestro del coro. Dei figli di Core.' Salmo.
2Signore, sei stato buono con la tua terra,
hai ricondotto i deportati di Giacobbe.
3Hai perdonato l'iniquità del tuo popolo,
hai cancellato tutti i suoi peccati.
4Hai deposto tutto il tuo sdegno
e messo fine alla tua grande ira.

5Rialzaci, Dio nostra salvezza,
e placa il tuo sdegno verso di noi.
6Forse per sempre sarai adirato con noi,
di età in età estenderai il tuo sdegno?
7Non tornerai tu forse a darci vita,
perché in te gioisca il tuo popolo?
8Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.

9Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annunzia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli,
per chi ritorna a lui con tutto il cuore.
10La sua salvezza è vicina a chi lo teme
e la sua gloria abiterà la nostra terra.
11Misericordia e verità s'incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
12La verità germoglierà dalla terra
e la giustizia si affaccerà dal cielo.

13Quando il Signore elargirà il suo bene,
la nostra terra darà il suo frutto.
14Davanti a lui camminerà la giustizia
e sulla via dei suoi passi la salvezza.


Isaia 62

1Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi darò pace,
finché non sorga come stella la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
2Allora i popoli vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
ti si chiamerà con un nome nuovo
che la bocca del Signore indicherà.
3Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
4Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma tu sarai chiamata Mio compiacimento
e la tua terra, Sposata,
perché il Signore si compiacerà di te
e la tua terra avrà uno sposo.
5Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo architetto;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
6Sulle tue mura, Gerusalemme,
ho posto sentinelle;
per tutto il giorno e tutta la notte
non taceranno mai.
Voi, che rammentate le promesse al Signore,
non prendetevi mai riposo
7e neppure a lui date riposo,
finché non abbia ristabilito Gerusalemme
e finché non l'abbia resa il vanto della terra.
8Il Signore ha giurato con la sua destra
e con il suo braccio potente:
"Mai più darò il tuo grano in cibo ai tuoi nemici,
mai più gli stranieri berranno il vino
per il quale tu hai faticato.
9No! Coloro che avranno raccolto il grano
lo mangeranno e canteranno inni al Signore,
coloro che avranno vendemmiato berranno il vino
nei cortili del mio santuario".
10Passate, passate per le porte,
sgombrate la via al popolo,
spianate, spianate la strada,
liberatela dalle pietre,
innalzate un vessillo per i popoli.
11Ecco ciò che il Signore fa sentire
all'estremità della terra:
"Dite alla figlia di Sion:
Ecco, arriva il tuo salvatore;
ecco, ha con sé la sua mercede,
la sua ricompensa è davanti a lui.
12Li chiameranno popolo santo,
redenti del Signore.
E tu sarai chiamata Ricercata,
Città non abbandonata".


Lettera ai Filippesi 3

1Per il resto, fratelli mei, state lieti nel Signore. A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose:2guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno circoncidere!3Siamo infatti noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci gloriamo in Cristo Gesù, senza avere fiducia nella carne,4sebbene io possa vantarmi anche nella carne. Se alcuno ritiene di poter confidare nella carne, io più di lui:5circonciso l'ottavo giorno, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge;6quanto a zelo, persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall'osservanza della legge.
7Ma quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo.8Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo9e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede.10E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte,11con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti.12Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo.13Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro,14corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
15Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo.16Intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea.
17Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate a quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi.18Perché molti, ve l'ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo:19la perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra.20La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo,21il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose.


Capitolo XIX: Come si deve addestrare colui che si e' dato a Dio

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 1. La vita di colui che si è dato a Dio deve essere rigogliosa di ogni virtù, cosicché, quale egli appare esteriormente alla gente, tale sia anche interiormente. Anzi, e a ragione, di dentro vi deve essere molto più di quanto appare di fuori; giacché noi siamo sotto gli occhi di Dio, e a lui dobbiamo sommo rispetto, ovunque ci troviamo; Dio, dinanzi al quale dobbiamo camminare puri come angeli. Ogni giorno dobbiamo rinnovare il nostro proposito e spronare noi stessi al fervore, come fossimo appena venuti, oggi, alla vita del monastero. Dobbiamo dire: aiutami, Signore Iddio, nel mio buon proposito e nel santo servizio che ti è dovuto; concedimi di ricominciare oggi radicalmente, perché quel che ho fatto fin qui è nulla. Il nostro progresso spirituale procede di pari passo con il nostro proposito. Grande vigilanza occorre per chi vuol avanzare nel bene; ché, se cade spesso colui che ha forti propositi, che cosa sarà di colui che soltanto di rado si propone alcunché, e con poca fermezza? Svariati sono i modi nei quali ci accade di abbandonare il nostro proposito; anche la semplice omissione di un solo esercizio di pietà porta quasi sempre qualche guasto. In verità, la fermezza di proposito dei giusti dipende, più che dalla loro saggezza, dalla grazia di Dio, nel quale essi ripongono la loro fiducia, qualunque meta riescano a raggiungere, giacché l'uomo propone ma chi dispone è Dio, le cui vie noi non conosciamo. Se talvolta, per fare del bene o per essere utili ai fratelli, si omette un abituale esercizio di pietà, esso potrà facilmente essere recuperato più tardi; che se, invece, quasi senza badare, lo si tralascia per malavoglia o negligenza, ciò costituisce già una colpa, e deve essere sentito come una perdita.  

2. Per quanto ci mettiamo tutto l'impegno possibile, sarà facile che abbiamo a cadere ancora, in varie occasioni. Tuttavia dobbiamo fare continuamente qualche proponimento preciso, specialmente in contrapposto a ciò che maggiormente impedisce il nostro profitto spirituale. Cose esterne e cose interiori sono necessarie al nostro progresso spirituale, perciò, le une come le altre, dobbiamo esaminarle attentamente e metterle nel giusto ordine. Se non riesci a stare sempre concentrato in te stesso, raccogliti di tempo in tempo, almeno una volta al giorno, la mattina o la sera: la mattina per fare i tuoi propositi, la sera per esaminare come ti sei comportato, cioè come sei stato, nelle parole, nonché nei pensieri, con i quali forse hai più spesso offeso Dio o il prossimo. Armati, come un soldato, contro le perversità del diavolo. Tieni a freno la gola; così terrai più facilmente a freno ogni altra cattiva tendenza del corpo. Non stare mai senza far nulla: sii occupato sempre, a leggero o a scrivere, a pregare o a meditare, o a fare qualche lavoro utile per tutti. Gli esercizi corporali di ciascuno siano compiuti separatamente; né tutti possono assumersene ugualmente. Se non sono esercizi di tutta la comunità, non devono essere palesati a tutti, giacché ciò che è personale si fa con maggior profitto nel segreto. Tuttavia guarda di non essere tardo alle pratiche comunitarie; più pronto, invece, a quelle tue proprie. Che, compiuto disciplinatamente e interamente il dovere imposto, se avanza tempo, ritornerai a te stesso, come vuole la tua devozione personale. Non è possibile che tutti abbiano a fare il medesimo esercizio, giacché a ciascuno giova qualcosa di particolare. E poi si amano esercizi diversi secondo i momenti: alcuni ci sono più graditi nei giorni di festa, altri nei giorni comuni. Inoltre, nel momento della tentazione e nel momento della pacifica tranquillità, abbiamo bisogno di esercizi ben diversi. Infine quando siamo nella tristezza ci piace pensare a certe cose; ad, invece quando siamo nella Letizia del Signore.  

3. Nelle feste più solenni dobbiamo rinnovare gli esercizi di pietà ed implorare con fervore più grande l'aiuto dei santi. I nostri proponimenti devono andare da una ad altra festività, come se in quel punto dovessimo lasciare questo mondo e giungere alla festa eterna. Per questo, nei periodi di particolare devozione, dobbiamo prepararci con cura, e mantenerci in più grande pietà, attenendoci più rigorosamente ai nostri doveri, quasi stessimo per ricevere da Dio il premio delle nostre fatiche. Che se tale premio sarà rimandato, dobbiamo convincerci che non eravamo pienamente preparati e che non eravamo ancora degni della immensa gloria, che ci sarà rivelata (Rm 8,18) nel tempo stabilito; e dobbiamo fare in modo di prepararci meglio alla morte. "Beato quel servo - dice Luca evangelista - che il padrone, al suo arrivo, avrà trovato sveglio e pronto. In verità vi dico che gli darà da amministrare tutti i suoi beni" (Lc 12,44; cfr. Lc 12,37).


LETTERA 111: Agostino esorta il prete Vittoriano a sopportare con la preghiera le sciagure seminate dai barbari e dai Circoncellioni

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta verso la fine del 409.

Agostino esorta il prete Vittoriano a sopportare con la preghiera le sciagure seminate dai barbari e dai Circoncellioni, attribuite dai pagani alla religione Cristiana, e spiega perché Dio permette tali sventure con molti esempi biblici (n. 1-6). Racconta la prodigiosa liberazione della nipote del vescovo Severo che era stata ridotta schiava (n. 7). Dopo aver ribadito la necessità della preghiera, dimostra che la violenza materiale sofferta dalle vergini cristiane non pregiudica la loro castità (n. 8-9).

AGOSTINO SALUTA NEL SIGNORE IL DILETTISSIMO SIGNORE E DESIDERATISSIMO FRATELLO E COLLEGA NEL SACERDOZIO VITTORIANO

Immenso dolore per la notizia delle invasioni barbariche.

1. Un grande dolore ha invaso il mio cuore leggendo la tua lettera con cui mi hai chiesto di risponderti piuttosto a lungo su alcuni quesiti, sebbene tali sciagure debbano essere seguite con lunghi gemiti e pianti anziché spiegate con scritti prolissi. Tutto il mondo è afflitto da tanti flagelli, che non v'è quasi paese ove non si compiano e si lamentino devastazioni come quelle che m'hai esposte nella tua lettera. Non è molto che alcuni dei nostri fratelli sono stati uccisi dai barbari perfino nei deserti dell'Egitto, ch'essi avevano scelto come luoghi sicuri per costruirvi i loro monasteri lontani da ogni strepito. E credo che pure a voi sia giunta notizia delle scelleratezze compiute non molto addietro dai barbari nelle regioni d'Italia e nelle Gallie. Adesso poi giungono notizie consimili pure dalla Spagna, che per tanto tempo era rimasta immune da tali sciagure. Ma perché cercare così lontano? Perfino nella nostra regione d'Ippona, siccome non era stata toccata dai barbari, gli attacchi briganteschi dei chierici Donatisti e dei Circoncellioni devastano le nostre chiese con tale furore che a loro confronto i misfatti dei barbari sono forse meno atroci. Quale barbaro infatti ha mai escogitato, come questi assassini, di versare calce stemperata con aceto negli occhi dei nostri chierici, dopo averne straziate le altre membra con orrende battiture e ferite? Essi inoltre saccheggiano e incendiano le case, portando via i cereali e spargendo per terra vino ed olio; minacciando tali rappresaglie costringono anche molti altri a farsi ribattezzare. Proprio ieri mi è stato riferito che in una sola località, costrette dal terrore delle minacce di questi briganti, sono state ribattezzate ben quarantotto persone.

Empie accuse dei pagani contro la religione cristiana.

2. Dobbiamo sì deplorare queste calamità, ma non ce ne dobbiamo meravigliare. Occorre invece innalzare le nostre suppliche a Dio perché, trattandoci non secondo i nostri peccati ma secondo la sua misericordia, ci liberi da così gravi sciagure. In realtà cos'altro avrebbe dovuto aspettarsi l'umanità, dal momento che tali calamità sono state predette tanto tempo prima dai Profeti e dal Vangelo? Non dovremmo quindi essere tanto incoerenti con noi stessi, da credere alle profezie quando le leggiamo e lamentarci poi quando si avverano! Anzi, pure coloro che non credevano queste cose quando le udivano o le leggevano scritte nei libri della sacra Scrittura, dovrebbero crederle almeno adesso nel vederle avverate! Accadrebbe allora che in tali angosciose afflizioni, come sotto il torchio di Dio nostro Signore, non solo ne uscirebbe la morchia delle mormorazioni e delle bestemmie degli infedeli, ma ne colerebbe pure di continuo l'olio limpido delle lodi e delle orazioni dei fedeli. A coloro poi che non cessano di scagliare empi rimproveri contro la fede cristiana dicendo che prima della predicazione della dottrina di Cristo nel mondo l'umanità non era vittima di simili sventure, è facile rispondere con le stesse parole del Signore scritte nel Vangelo: Il servo che, non avendo conosciuto la volontà del proprio padrone, fa cose degne di castigo, riceverà un minor numero di battiture, ma quello che, conoscendo la volontà del padrone, fa cose degne di castigo riceverà molte battiture 1. Quale meraviglia dunque se negli attuali tempi cristiani il mondo, simile ad un servo che già conosce la volontà del suo Signore e si ostina a fare cose degne di castigo, riceve molti flagelli? Gli empi considerano la straordinaria celerità con cui si diffonde la predicazione del Vangelo, ma non considerano la grande perversità con cui viene da essi disprezzato! Peraltro i servi di Dio umili e santi, i quali in questo mondo soffrono doppiamente, cioè sia a cagione degli empi sia insieme con questi, hanno però le loro consolazioni nella speranza della vita futura. Ecco perché l'Apostolo dice: I patimenti del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che si manifesterà in noi 2.

Perché le sciagure colpiscono pure i buoni.

3. Tu però, carissimo, dici di non poter sostenere le affermazioni di coloro che dicono: '' Se noi peccatori meritiamo questi castighi, perché mai furono uccisi dalla spada dei barbari pure tanti servi di Dio e condotte schiave tante serve del Signore? ". A costoro rispondi, con umile sincerità e pietà, in questo modo: '' Per quanto grande possa essere la nostra santità e l'obbedienza prestata a Dio, potremmo forse essere migliori dei tre giovani gettati nella fornace di fuoco ardente, per aver voluto rispettare la legge di Dio? " Ciononostante leggi quello che dice Azaria, uno dei tre, il quale prendendo la parola in mezzo al fuoco esclamò: Sei benedetto, Signore, Dio dei nostri padri, e degno di lode; e il tuo nome è glorioso in eterno; poiché tu sei giusto riguardo a tutte le cose che hai fatte a noi e tutte le tue opere sono verità e retta è la tua condotta e giusti sono i tuoi giudizi; giudizio conforme a verità hai fatto nel far cadere sciagure su di noi e su Gerusalemme, la città santa dei nostri padri, poiché con verità e giustizia le hai fatte cadere su di noi a causa dei nostri peccati, avendo noi peccato e disubbidito alla tua legge e non avendo dato ascolto ai tuoi precetti promulgati per il nostro bene; tutti i castighi che ci hai inflitti ce li hai inflitti con perfetta giustizia. Ci hai inoltre consegnati nelle mani dei nostri peggiori nemici, uomini iniqui e prevaricatori, di un re iniquo, anzi il peggiore che sia su tutta la terra. Ed ora non potremmo neppure aprir bocca, divenuti oggetto di vergogna e di ludibrio per i tuoi servi e per coloro che ti adorano. Per amor del tuo nome, o Signore, non ci abbandonare per sempre e non rompere la tua alleanza con noi, per amor d'Abramo, tuo prediletto, d'Isacco tuo servo e d'Israele tuo santo, ai quali hai dato solenne promessa che avresti moltiplicata la loro discendenza come le stelle del cielo e come l'arena del mare; perché noi, o Signore, siamo diventati i più piccoli tra tutti i popoli e a causa dei nostri peccati siamo umiliati su tutta la terra 3. Tu vedi bene, o fratello, quali degni santi e forti giovani erano quelli! Erano in mezzo alle tribolazioni, dalle quali peraltro vennero risparmiati perché le stesse fiamme non osavano toccarli; eppure confessavano senza alcuna reticenza i loro peccati, in pena dei quali riconoscevano d'esser umiliati come meritavano e con giustizia.

Sentimenti di umiltà del santo giovane Daniele.

4. Ancora: possiamo noi forse essere migliori dello stesso Daniele? Dio stesso, per bocca del profeta Ezechiele, dice di lui al principe di Tiro: Sei tu forse più sapiente di Daniele? 4 Egli è altresì uno dei tre soli giusti, che il Signore dice d'esser disposto a salvare, mostrando così in loro tre modelli di giusti ch'egli salverebbe senza però salvare insieme anche i loro figli; questi tre giusti sono Noè, Daniele e Giacobbe 5. Leggi tuttavia pure la preghiera di Daniele e osserva come egli nello stato di cattività confessa non solo i peccati del suo popolo, ma pure i propri dichiarando che in castigo di essi era stato ridotto dalla giustizia di Dio nello stato ignominioso della cattività. Così infatti leggiamo nella Scrittura: E rivolsi la mia faccia al Signore Iddio per pregarlo e supplicarlo con digiuni e col cilizio; pregai il Signore mio Dio e gli innalzai lodi dicendo: O Signore, Dio grande e ammirabile, che mantieni il tuo patto e la misericordia verso quelli che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, sì, noi abbiamo peccato, abbiamo trasgredito la tua legge, abbiamo agito da empi, ci siamo allontanati e usciti dalla via dei tuoi comandamenti e dei tuoi precetti, non abbiamo dato ascolto ai Profeti, tuoi servi, i quali parlavano in nome tuo ai nostri re e a tutto il popolo della terra. A te, Signore, la giustizia, a noi la vergogna, come accade ora agli uomini di Giuda, agli abitanti di Gerusalemme e a tutto Israele, ai vicini e ai lontani su tutta la terra in cui li hai dispersi in castigo della loro ribellione e perché t'hanno disonorato, o Signore. A noi quindi la vergogna e ai nostri re, ai nostri principi e ai nostri padri, perché abbiamo peccato. A te, invece, o Signore Dio nostro, la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati e non abbiamo dato ascolto alla voce del Signore Dio nostro in modo da comportarci secondo i precetti della sua legge ch'egli ci aveva dato per mezzo dei Profeti, suoi servi. E tutto Israele ha peccato contro la tua legge e s'è allontanato per non udire la tua voce; così è venuta su di noi la maledizione e l'imprecazione scritta nella Legge di Mosè 6, tuo servo. Poiché abbiamo peccato contro di lui, egli ha adempiuta la minaccia pronunciata contro di noi e i nostri principi che ci governano, mandando su di noi una sciagura immane: mai sciagura si è vista sotto il cielo, quale è capitata a Gerusalemme. Tutte queste sciagure sono cadute su di noi secondo quanto sta scritto nella legge di Mosè, ma noi non abbiamo pregato il Signore Dio nostro che ci liberasse dai nostri peccati e ci facesse comprendere tutta la tua verità. Il Signore ha vegliato però su ciascuno dei suoi santi e ci ha fatto piombare in queste sciagure, perché giusto è il Signore Dio nostro in tutte le sue opere, mentre noi non abbiamo ascoltato la sua voce. Ed ora, Signore Dio nostro, che traesti fuori dall'Egitto il tuo popolo dispiegando tutta la tua potenza e ti sei fatta una fama che dura ancora tutt'oggi, ecco che noi abbiamo peccato contro la tua legge. O Signore, in virtù di tutte le tue misericordie distogli da noi la tua collera e il tuo sdegno dalla tua città di Gerusalemme e dal tuo monte santo. Poiché, a causa dei nostri peccati e delle iniquità dei nostri padri, Gerusalemme e il tuo popolo è divenuto scherno di tutte le popolazioni circonvicine. E ora ascolta, o Dio nostro, le suppliche e la preghiera del tuo servo: mostraci benigno il tuo volto sopra il tuo santuario, ch'è rimasto deserto. Per amore di te stesso, o Signore, porgi l'orecchio e ascolta, apri i tuoi occhi e guarda la desolazione nostra e di Gerusalemme, la tua città sulla quale è invocato il tuo nome; poiché noi umiliamo la nostra preghiera al tuo cospetto, fiduciosi non già nella nostra santità, bensì nella tua grande misericordia. Esaudiscici, o Signore, placati, o Signore, presta ascolto e, per amor di te stesso, non indugiare, mio Dio, perché il tuo nome è invocato nella tua città, sulla tua città e sul tuo popolo. E io continuo a parlare, a pregare, a enumerare i miei peccati e quelli del popolo 7. Vedi come il Profeta elenca prima i suoi peccati e poi quelli del suo popolo; egli esalta la giustizia di Dio e innalza lodi a Dio per il fatto che flagella pure i suoi santi e non già a torto, ma in castigo dei loro peccati. Orbene, se dicono questo uomini che per la loro singolare santità furono lasciati illesi dalle fiamme e dai leoni, che cosa non dovremmo dire noi nella nostra miseria, noi che, per quanto possa sembrarci grande la nostra santità, siamo ben lungi da essa?

Il benefico influsso del martirio dei santi.

5. Qualcuno potrebbe forse pensare che quei servi di Dio, i quali - a quanto dici - sono stati uccisi dai barbari, avrebbero dovuto essere salvati da una tale morte, come lo furono a Babilonia i tre giovani dalle fiamme e come lo fu Daniele dai leoni; costui però sappia che quei miracoli furono compiuti appunto perché i re, che li avevano condannati a quei supplizi, si persuadessero che quei tre adoravano il vero Dio. In realtà Iddio nei suoi occulti disegni e nella sua misericordia aveva come scopo di provvedere in quel modo alla salvezza di quei re. Iddio, al contrario, non volle provvedere in questo modo al bene del re Antioco, il quale con crudeli supplizi aveva tolto di mezzo i Maccabei 8, ma punì con più terribile severità il cuore del re in castigo d'aver sottoposto i suoi servi al martirio, anche se per loro gloriosissimo. Leggi tuttavia che cosa dice pure uno dei Maccabei, che subì il martirio dopo altri cinque fratelli. È infatti scritto: E dopo si passò al sesto. Ora, mentre moriva sotto le torture, disse: Non ti fare stolte illusioni sul conto nostro; noi soffriamo sì queste pene perché abbiamo peccato contro il nostro Dio e queste sciagure ce le siamo meritate; ma tu non credere d'andare impunito avendo voluto combattere contro Dio e la sua Legge con le tue leggi 9. Vedi come anche costoro hanno di se stessi sentimenti di sincerità e di umiltà confessandosi flagellati dal Signore per i propri peccati. Poiché la sacra Scrittura dice: Il Signore castiga colui che egli ama e frusta ogni figlio che riconosce per suo 10. Per lo stesso motivo anche l'Apostolo dice: Se ci esaminassimo da noi, non saremmo certo giudicati dal Signore; quando poi veniamo giudicati dal Signore, veniamo da Lui castigati per non essere condannati con questo mondo 11.

Dio guarda alle disposizioni spirituali in cui si muore.

6. Leggi e predica con fede queste massime della sacra Scrittura e per quanto puoi guardati e insegna pure agli altri a guardarsi dal mormorare contro Dio in tali prove e tribolazioni. Mi dici che alcuni buoni, fedeli e santi servi di Dio, sono stati uccisi dalla spada dei barbari; ma che importa se a scioglierli dai legami del corpo sia stata la spada o la febbre? Il Signore in realtà guarda non già alla causa per cui avviene la morte dei suoi servi, bensì alle disposizioni interiori in cui si trovano al momento del loro ritorno a Lui. C'è bensì il fatto che una lunga malattia comporta una sofferenza maggiore d'una morte rapidissima, ma ciononostante leggiamo nella sacra Scrittura la lunga e orribile malattia sopportata da Giobbe, alla cui santità ha reso sì alta testimonianza Dio stesso, che non può sbagliare 12.

Un miracolo.

7. È certo assai grave e deplorevole che sante e caste donne siano state ridotte in schiavitù, ma non è schiavo il loro Dio e non abbandona le sue schiave se le riconosce veramente per sue. Poiché quei santi, di cui ho ricordato i patimenti e i sentimenti di umiltà e di fede riferiti dalle sacre Scritture, quando dai loro nemici furono trascinati in cattività, espressero quei sentimenti perché da essi, leggendoli nella sacra Scrittura, imparassimo che i servi del Signore, anche se ridotti in schiavitù, non vengono abbandonati da Dio. Possiamo quindi comprendere quale miracolo Iddio onnipotente e misericordioso vorrà compiere, anche per mezzo di quelle donne, nelle stesse regioni dei barbari. Quanto a voi, non dovete tralasciare d'innalzare i vostri gemiti a Dio per loro; cercate anche, per quanto potrete e il Signore vi permetterà dandovene il tempo e la possibilità, di venire a sapere che cosa sia avvenuto di esse e quali conforti possano ricevere da voi. Pochi anni fa, dal paese di Sitifi fu rapita dai barbari una religiosa, nipote del vescovo Severo, la quale poi, grazie a un miracolo della misericordia di Dio, venne restituita ai propri genitori. La casa dei barbari, in cui la giovane era stata condotta schiava, fu funestata da un'improvvisa malattia dei padroni, per cui tutti i barbari, tre o più fratelli, vennero a trovarsi in pericolo di vita. La loro madre, che aveva notato la devozione della giovane consacrata al Signore, concepì la ferma speranza che per le sue preghiere i suoi figli sarebbero stati salvati dalla morte ormai imminente; le chiese allora di pregare per loro, promettendole che, se fossero guariti, l'avrebbero restituita ai suoi genitori. Essa allora digiunò, pregò, fu presto esaudita. Orbene, l'esito di questo fatto non dimostra forse che nei disegni di Dio esso era ordinato a questo scopo? In tal modo quei tali, avendo ricuperata la salute per quell'improvviso beneficio di Dio, pieni di stupore e di rispetto per la giovane, mantennero la promessa fatta dalla madre.

Conforto nell'umile preghiera all'Onnipotente.

8. Prega quindi Dio per esse e domandagli d'insegnare pure ad esse a ricalcare i sentimenti che il su ricordato santo Azaria tra le altre cose espresse a Dio nella preghiera e nella confessione. In realtà esse si trovano nella terra della loro cattività come erano quei giovani a Babilonia, ove non potevano, al pari di queste, offrire al Signore sacrifici secondo la loro usanza né portare la loro offerta all'altare del Signore né trovare alcun sacerdote, per mezzo del quale poter fare la loro offerta a Dio. Ad esse conceda quindi il Signore di ripetere quanto disse Azaria nel seguito del suo cantico: Noi non abbiamo in questo tempo né principe né Profeta né condottiero né olocausto né oblazioni né supplicazioni né luogo per offrire sacrifici alla tua presenza e trovare misericordia, ma fa che siamo a te graditi per la contrizione dell'animo e l'umiltà dello spirito. Come numerosi sacrifici di montoni e di tori e di grassi agnelli, così salga alla tua presenza il nostro sacrificio sì da santificare i tuoi devoti, perché non arrossiscano di vergogna coloro che ripongono in te la loro fiducia. Ed ora ti seguiamo con tutto il cuore e ti temiamo e te solo cerchiamo, o Signore; deh! non ci far vergognare, ma agisci con noi secondo la tua bontà e la tua misericordia: salvaci coi tuoi prodigi e da' gloria al tuo nome, o Signore, ma siano confusi coloro che minacciano sciagure ai tuoi servi, vengano svergognati con la perdita della loro potenza illimitata e venga distrutta la loro forza, affinché riconoscano che sei tu il Signore, l'unico Dio, glorioso su tutta la terra 13.

L'integrità della castità risiede nella mente.

9. Se esse pregheranno così e innalzeranno a Dio i loro gemiti, saranno assistite da Lui, che non manca di assistere i suoi e non lascerà perpetrare alcuna violenza dalla libidine dei barbari nelle loro membra castissime oppure, se lo permetterà, non lo imputerà loro a peccato. Quando infatti l'anima rimane pura rifiutando il consenso ad atti osceni, rende esente dalla colpa anche il corpo: in tal caso tutto il male, che non ha né commesso né permesso nel proprio corpo la passione carnale della paziente, sarà attribuito solo alla colpa del delinquente: e qualunque sorta di violenza sarà considerata da Dio non come un peccato osceno derivante da perverso desiderio, ma come una cicatrice di martirio. E ciò perché l'integrità della castità esercita tanta influenza sull'anima che, rimanendo questa inviolata, la pudicizia non può rimanere violata neppure nel corpo, anche nel caso che le membra abbiano sofferto la violenza. Questa lettera, breve in rapporto al tuo desiderio, ma assai lunga in rapporto alle mie occupazioni, basti alla tua carità. Molto più abbondanti consolazioni vi darà il Signore, se leggerete attentamente le sue Scritture.

 


1 - Lc 12, 47-48.

2 - Rm 8, 18.

3 - Dn 3, 25-37.

4 - Ez 28, 3.

5 - Ez 14, 14 (cf. AUG., En. in ps. 132).

6 - Dt 27, 13.

7 - Dn 11, 2-30.

8 - 2 Mac 7, 1.

9 - 2 Mac 7, 18 s.

10 - Prv 3, 12; Eb 12, 6.

11 - 1 Cor 11, 31 s.

12 - Gb 1, 8.

13 - Dn 3, 38-45.


Capitolo XLVI: Affidarsi a Dio quando spuntano parole che feriscono

Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis

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1. O figlio, sta saldo e fermo, e spera in me. Che altro sono, le parole, se non parole?: volano al vento, ma non intaccano la pietra. Se sei in colpa, pensa ad emendarti di buona voglia; se ti senti innocente, considera di doverle sopportare lietamente per amor di Dio. Non è gran cosa che tu sopporti talvolta almeno delle parole, tu che non sei capace ancora di sopportare forti staffilate. E perché mai cose tanto da nulla ti feriscono nell'animo, se non perché tu ragioni ancora secondo la carne e dai agli uomini più importanza di quanto sia giusto? Solo per questo, perché hai paura che ti disprezzino, non vuoi che ti rimproverino dei tuoi falli e cerchi di nasconderti dietro qualche scusa. Se guardi più a fondo in te stesso, riconoscerai che il mondo e il vano desiderio di piacere agli uomini sono ancora vivi dentro in te. Se rifuggi dall'esser poco considerato e dall'esser rimproverato per i tuoi difetti, segno è che non sei sinceramente umile né veramente morto al mondo, e che il mondo è per te crocefisso. Ascolta, invece la mia parola e non farai conto neppure di diecimila parole umane. Ecco, anche se molte cose si potessero inventare e dire, con malizia grande, contro di te, che male ti potrebbero fare esse, se tu le lasciassi del tutto passare, non considerandole più che una pagliuzza? Ti potrebbero forse strappare anche un solo capello? Chi non ha spirito di interiorità e non tiene Iddio dinanzi ai suoi occhi, questi si lascia scuotere facilmente da una parola offensiva. Chi invece, senza ricercare il proprio giudizio, si affida a me, questi sarà libero dal timore degli uomini. Sono io, infatti, il giudice, cui sono palesi tutti i segreti; io so come è andata la cosa; io conosco, sia colui che offende sia colui che patisce l'offesa. Quella parola è uscita da me; quel che è avvenuto, è avvenuto perché io l'ho permesso, "affinché fossero rivelati gli intimi pensieri di tutti" (Lc 2,35). Sono io che giudicherò il colpevole e l'innocente; ma voglio che prima siano saggiati, e l'uno e l'altro, al mio arcano giudizio.  

2. La testimonianza degli uomini sbaglia frequentemente. Il mio giudizio, invece, è veritiero; resterà e non muterà. Nascosto, per lo più, o aperto via via a pochi, esso non sbaglia né può sbagliare, anche se può sembrare ingiusto agli occhi di chi non ha la sapienza. A me dunque si ricorra per ogni giudizio e non ci si fidi del proprio criterio. Il giusto, infatti non resterà turbato, "qualunque cosa gli venga" da Dio (Pro 12,21). Qualunque cosa sia stata ingiustamente portata contro di lui, non se ne darà molto pensiero; così come non si esalterà vanamente, se, a buon diritto, sarà scagionato da altri. Il giusto considera, infatti, che "sono io colui che scruta i cuori e le reni" (Ap 2,23); io, che non giudico secondo superficiale apparenza umana. Invero, sovente ai miei occhi apparirà condannabile ciò che, secondo il giudizio umano, passa degno di lode. O Signore Dio, "giudice giusto, forte e misericordioso" (Sal 7,12), tu che conosci la fragilità e la cattiveria degli uomini, sii la mia forza e tutta la mia fiducia, ché non mi basta la mia buona coscienza. Tu sai quello che io non so; per questo avrei dovuto umiliarmi dinanzi ad ogni rimprovero e sopportarlo con mansuetudine. Per tutte le volte che mi comportai in tal modo, perdonami, nella tua benevolenza, e dammi di nuovo la grazia di una più grande sopportazione. In verità, a conseguire il perdono, la tua grande misericordia mi giova di più che non mi giovi una mia supposta santità a difesa della mia segreta coscienza. Ché, "pur quando non sentissi di dovermi nulla rimproverare", non potrei per questo ritenermi giusto (1 Cor 4,4); perché, se non fosse per la tua misericordia, "nessun vivente sarebbe giusto, al tuo cospetto" (Sal 142,2).


2-60 Agosto 16, 1899 Continua a farle da mamma a Gesù.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Gesù continua a volere che gli faccia da madre; onde facendosi vedere da graziosissimo bambinello, piangeva e per quietarlo dal pianto, tenendolo fra le mie braccia, ho incominciato a cantare; quindi avveniva che quando io cantavo cessava dal piangere e quando no riprendeva il suo pianto. Io avrei voluto passare in silenzio ciò che cantavo, perché, primo non ricordo tutto, che essendo fuori di me stessa, difficilmente si ritengono tutte le cose che passano, e anche perché credo che siano spropositi, ma la signora obbedienza, essendo troppo impertinente non me la vuol cedere e basta che si faccia come lei vuole, si contenta anche di spropositi. Io non so, si dice che è cieca questa signora obbedienza ed a me mi pare piuttosto tutt’occhi, perché guarda le minime cose, e quando non si fa come lei dice, si rende tanto impertinente che non ti dà pace. Ecco che per aver quiete da questa bella signora obbedienza, perché poi è tanto buona quando si fa come lei dice, che tutto ciò che si vuole, per mezzo suo, tutto si ottiene, perciò mi accingo a dire quel che mi ricordo che cantavo:

(2) “Bambinello, sei piccolo e forte, da Te aspetto ogni conforto; bambinello grazioso e bello, Tu innamori anche le stelle; bambinello, rubami il cuore per riempirlo del tuo amore; bambinello tenerello, rendi a me bambinella; bambinello, sei un Paradiso, deh! fammi venire a giocondare nell’eterno riso”.