Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 25° settimana del tempo ordinario (San Vincenzo de Paoli)
Vangelo secondo Luca 16
1Diceva anche ai discepoli: "C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi.2Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore.3L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno.4So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua.5Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo:6Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta.7Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta.8Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
9Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
10Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
11Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera?12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
13Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona".
14I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui.15Egli disse: "Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio.
16La Legge e i Profeti fino a Giovanni; da allora in poi viene annunziato il regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi.
17È più facile che abbiano fine il cielo e la terra, anziché cada un solo trattino della Legge.
18Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio.
19C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente.20Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe,21bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.23Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.24Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura.25Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.26Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi.27E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre,28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento.29Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro.30E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno.31Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi".
Primo libro di Samuele 19
1Saul comunicò a Giònata suo figlio e ai suoi ministri di aver deciso di uccidere Davide. Ma Giònata figlio di Saul nutriva grande affetto per Davide.2Giònata informò Davide dicendo: "Saul mio padre cerca di ucciderti. Sta' in guardia da domani all'alba, sta' fermo in un luogo nascosto e non farti vedere.3Io uscirò e starò al fianco di mio padre nella campagna dove sarai tu e parlerò in tuo favore a mio padre. Vedrò ciò che succede e te lo farò sapere".4Giònata parlò difatti a Saul suo padre in favore di Davide e gli disse: "Non si macchi il re contro il suo servo, contro Davide, che non si è macchiato contro di te, che anzi ti ha reso un servizio molto grande.5Egli ha esposto la vita, quando sconfisse il Filisteo, e il Signore ha concesso una grande vittoria a tutto Israele. Hai visto e hai gioito. Dunque, perché pecchi contro un innocente, uccidendo Davide senza motivo?".6Saul ascoltò la voce di Giònata e giurò: "Per la vita del Signore, non morirà!".7Giònata chiamò Davide e gli riferì questo colloquio. Poi Giònata introdusse presso Saul Davide, che rimase al suo seguito come prima.
8La guerra si riaccese e Davide uscì a combattere i Filistei e inflisse loro una grande sconfitta, sicché si dettero alla fuga davanti a lui.9Ma un sovrumano spirito cattivo si impadronì di Saul. Egli stava in casa e teneva in mano la lancia, mentre Davide suonava la cetra.10Saul tentò di colpire Davide con la lancia contro il muro. Ma Davide si scansò da Saul, che infisse la lancia nel muro. Davide fuggì e quella notte fu salvo.
11Saul mandò messaggeri alla casa di Davide per sorvegliarlo e ucciderlo il mattino dopo. Mikal moglie di Davide lo avvertì dicendo: "Se non metti al sicuro la tua vita questa notte, domani sarai ucciso".12Mikal calò Davide dalla finestra e quegli partì di corsa e si mise in salvo.13Mikal prese allora i 'terafim' e li pose presso il letto. Mise dalla parte del capo un tessuto di pelo di capra e coprì il letto con una coltre.14Saul mandò dunque messaggeri a prendere Davide ma essa disse: "È malato".15Saul rimandò i messaggeri a vedere Davide con questo ordine: "Portatelo qui da me nel suo letto, perché lo faccia morire".16Tornarono i messaggeri ed ecco presso il letto c'erano i 'terafim' e il tessuto di pelo di capra dalla parte del capo.17Saul disse a Mikal: "Perché mi hai ingannato a questo modo e hai fatto fuggire il mio nemico, perché si mettesse in salvo?". Rispose Mikal a Saul: "Egli mi ha detto: Lasciami fuggire, altrimenti ti uccido".
18Davide dunque fuggì e si mise in salvo. Andò da Samuele in Rama e gli narrò quanto gli aveva fatto Saul; poi Davide e Samuele andarono ad abitare a Naiot.19La cosa fu riferita a Saul: "Ecco, Davide sta a Naiot presso Rama".20Allora Saul spedì messaggeri a catturare Davide, ma quando videro profetare la comunità dei profeti, mentre Samuele stava in piedi alla loro testa, lo spirito di Dio investì i messaggeri di Saul e anch'essi fecero i profeti.21Annunziarono a Saul questa cosa ed egli spedì altri messaggeri, ma anch'essi fecero i profeti. Saul mandò di nuovo messaggeri per la terza volta, ma anch'essi fecero i profeti.22Allora venne egli stesso a Rama e si portò alla grande cisterna che si trova a Secu e domandò: "C'è qui forse Samuele con Davide?". Gli risposero: "Eccoli: sono a Naiot di Rama".23Egli si incamminò verso Naiot di Rama, ma cadde anche su di lui lo spirito di Dio e andava avanti facendo il profeta finché giunse a Naiot di Rama.24Anch'egli si tolse gli abiti e continuò a fare il profeta davanti a Samuele; poi crollò e restò nudo tutto quel giorno e tutta la notte. Da qui è venuto il detto: "Anche Saul è tra i profeti?".
Giobbe 31
1Avevo stretto con gli occhi un patto
di non fissare neppure una vergine.
2Che parte mi assegna Dio di lassù
e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto?
3Non è forse la rovina riservata all'iniquo
e la sventura per chi compie il male?
4Non vede egli la mia condotta
e non conta tutti i miei passi?
5Se ho agito con falsità
e il mio piede si è affrettato verso la frode,
6mi pesi pure sulla bilancia della giustizia
e Dio riconoscerà la mia integrità.
7Se il mio passo è andato fuori strada
e il mio cuore ha seguito i miei occhi,
se alla mia mano si è attaccata sozzura,
8io semini e un altro ne mangi il frutto
e siano sradicati i miei germogli.
9Se il mio cuore fu sedotto da una donna
e ho spiato alla porta del mio prossimo,
10mia moglie macini per un altro
e altri ne abusino;
11difatti quello è uno scandalo,
un delitto da deferire ai giudici,
12quello è un fuoco che divora fino alla
distruzione
e avrebbe consumato tutto il mio raccolto.
13Se ho negato i diritti del mio schiavo
e della schiava in lite con me,
14che farei, quando Dio si alzerà,
e, quando farà l'inchiesta, che risponderei?
15Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto
anche lui?
Non fu lo stesso a formarci nel seno?
16Mai ho rifiutato quanto brama il povero,
né ho lasciato languire gli occhi della vedova;
17mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane,
senza che ne mangiasse l'orfano,
18poiché Dio, come un padre, mi ha allevato fin
dall'infanzia
e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato.
19Se mai ho visto un misero privo di vesti
o un povero che non aveva di che coprirsi,
20se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi,
o con la lana dei miei agnelli non si è riscaldato;
21se contro un innocente ho alzato la mano,
perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava,
22mi si stacchi la spalla dalla nuca
e si rompa al gomito il mio braccio,
23perché mi incute timore la mano di Dio
e davanti alla sua maestà non posso resistere.
24Se ho riposto la mia speranza nell'oro
e all'oro fino ho detto: "Tu sei la mia fiducia";
25se godevo perché grandi erano i miei beni
e guadagnava molto la mia mano;
26se vedendo il sole risplendere
e la luna chiara avanzare,
27si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore
e con la mano alla bocca ho mandato un bacio,
28anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale,
perché avrei rinnegato Dio che sta in alto.
29Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico
e ho esultato perché lo colpiva la sventura,
30io che non ho permesso alla mia lingua di peccare,
augurando la sua morte con imprecazioni?
31Non diceva forse la gente della mia tenda:
"A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?".
32All'aperto non passava la notte lo straniero
e al viandante aprivo le mie porte.
33Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia
colpa,
tenendo celato il mio delitto in petto,
34come se temessi molto la folla,
e il disprezzo delle tribù mi spaventasse,
sì da starmene zitto senza uscire di casa.
35Oh, avessi uno che mi ascoltasse!
Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda!
Il documento scritto dal mio avversario
36vorrei certo portarlo sulle mie spalle
e cingerlo come mio diadema!
37Il numero dei miei passi gli manifesterei
e mi presenterei a lui come sovrano.
38Se contro di me grida la mia terra
e i suoi solchi piangono con essa;
39se ho mangiato il suo frutto senza pagare
e ho fatto sospirare dalla fame i suoi coltivatori,
40in luogo di frumento, getti spine,
ed erbaccia al posto dell'orzo.
Salmi 37
1'Di Davide.'
Alef. Non adirarti contro gli empi
non invidiare i malfattori.
2Come fieno presto appassiranno,
cadranno come erba del prato.
3Bet. Confida nel Signore e fa' il bene;
abita la terra e vivi con fede.
4Cerca la gioia del Signore,
esaudirà i desideri del tuo cuore.
5Ghimel. Manifesta al Signore la tua via,
confida in lui: compirà la sua opera;
6farà brillare come luce la tua giustizia,
come il meriggio il tuo diritto.
7Dalet. Sta' in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l'uomo che trama insidie.
8He. Desisti dall'ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: faresti del male,
9poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera nel Signore possederà la terra.
10Vau. Ancora un poco e l'empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi.
11I miti invece possederanno la terra
e godranno di una grande pace.
12Zain. L'empio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti.
13Ma il Signore ride dell'empio,
perché vede arrivare il suo giorno.
14Het. Gli empi sfoderano la spada
e tendono l'arco
per abbattere il misero e l'indigente,
per uccidere chi cammina sulla retta via.
15La loro spada raggiungerà il loro cuore
e i loro archi si spezzeranno.
16Tet. Il poco del giusto è cosa migliore
dell'abbondanza degli empi;
17perché le braccia degli empi saranno spezzate,
ma il Signore è il sostegno dei giusti.
18Iod. Conosce il Signore la vita dei buoni,
la loro eredità durerà per sempre.
19Non saranno confusi nel tempo della sventura
e nei giorni della fame saranno saziati.
20Caf. Poiché gli empi periranno,
i nemici del Signore appassiranno
come lo splendore dei prati,
tutti come fumo svaniranno.
21Lamed. L'empio prende in prestito e non restituisce,
ma il giusto ha compassione e dà in dono.
22Chi è benedetto da Dio possederà la terra,
ma chi è maledetto sarà sterminato.
23Mem. Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo
e segue con amore il suo cammino.
24Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano.
25Nun. Sono stato fanciullo e ora sono vecchio,
non ho mai visto il giusto abbandonato
né i suoi figli mendicare il pane.
26Egli ha sempre compassione e dà in prestito,
per questo la sua stirpe è benedetta.
27Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
e avrai sempre una casa.
28Perché il Signore ama la giustizia
e non abbandona i suoi fedeli;
Ain. gli empi saranno distrutti per sempre
e la loro stirpe sarà sterminata.
29I giusti possederanno la terra
e la abiteranno per sempre.
30Pe. La bocca del giusto proclama la sapienza,
e la sua lingua esprime la giustizia;
31la legge del suo Dio è nel suo cuore,
i suoi passi non vacilleranno.
32L'empio spia il giusto
e cerca di farlo morire.
33Il Signore non lo abbandona alla sua mano,
nel giudizio non lo lascia condannare.
34Kof. Spera nel Signore e segui la sua via:
ti esalterà e tu possederai la terra
e vedrai lo sterminio degli empi.
35Res. Ho visto l'empio trionfante
ergersi come cedro rigoglioso;
36sono passato e più non c'era,
l'ho cercato e più non si è trovato.
37Sin. Osserva il giusto e vedi l'uomo retto,
l'uomo di pace avrà una discendenza.
38Ma tutti i peccatori saranno distrutti,
la discendenza degli empi sarà sterminata.
39Tau. La salvezza dei giusti viene dal Signore,
nel tempo dell'angoscia è loro difesa;
40il Signore viene in loro aiuto e li scampa,
li libera dagli empi e dà loro salvezza,
perché in lui si sono rifugiati.
Lamentazioni 4
1Ah! come si è annerito l'oro,
si è alterato l'oro migliore.
Sono disperse le pietre sante all'angolo di ogni strada.
2I preziosi figli di Sion, valutati come oro fino,
ah! come sono stimati quali vasi di creta,
lavoro delle mani di vasaio!
3Perfino gli sciacalli porgono le mammelle
e allattano i loro cuccioli,
ma la figlia del mio popolo è divenuta crudele
come gli struzzi nel deserto.
4La lingua del lattante si è attaccata
al palato per la sete;
i bambini chiedevano il pane
e non c'era chi lo spezzasse loro.
5Coloro che si cibavano di leccornìe
languono lungo le strade;coloro che erano allevati sulla porpora
abbracciano letame.
6Grande è stata l'iniquità della figlia del mio popolo,
maggiore del peccato di Sòdoma,
la quale fu distrutta in un attimo, senza fatica di mani.
7I suoi giovani erano più splendenti della neve,
più candidi del latte;
avevano il corpo più roseo dei coralli,
era zaffìro la loro figura.
8Ora il loro aspetto s'è fatto più scuro della fuliggine,
non si riconoscono più per le strade;
si è raggrinzita la loro pelle sulle ossa,
è divenuta secca come legno.
9Sono più fortunati gli uccisi di spada
che i morti per fame, che son caduti estenuati
per mancanza dei prodotti del campo.
10Mani di donne, già inclini a pietà,
hanno cotto i loro bambini,
che sono serviti loro di cibo
nel disastro della figlia del mio popolo.
11Il Signore ha esaurito la sua collera,
ha rovesciato l'ira ardente;
ha acceso in Sion un fuoco,
che ha divorato le sue fondamenta.
12Non credevano i re della terra
e tutti gli abitanti del mondo
che l'avversario e il nemico sarebbero penetrati
entro le porte di Gerusalemme.
13Fu per i peccati dei suoi profeti,
per le iniquità dei suoi sacerdoti,
che versarono in mezzo ad essa il sangue dei giusti.
14Costoro vagavano come ciechi per le strade,
insozzati di sangue,
così che non si potevan toccare le loro vesti.
15"Scostatevi! Un impuro!", si gridava per loro,
"Scostatevi! Non toccate!".
Fuggivano e andavano randagi tra le genti,
non potevano trovare dimora.
16La faccia del Signore li ha dispersi,
egli non gli volgerà più lo sguardo;
non si è avuto riguardo dei sacerdoti,
non si è usata pietà agli anziani.
17Ancora si consumavano i nostri occhi,
in cerca di un vano soccorso.
Dal nostro osservatorio scrutavamo
verso una nazione che non poteva salvarci.
18Han dato la caccia ai nostri passi,
impedendoci di andare per le nostre piazze.
"Prossima è la nostra fine; son compiuti i nostri giorni!
Certo, è arrivata la nostra fine".
19I nostri inseguitori erano più veloci
delle aquile del cielo; sui monti ci hanno inseguiti,
nel deserto ci hanno teso agguati.
20Il nostro respiro, l'unto del Signore,
è stato preso nei loro trabocchetti,
lui, di cui dicevamo: "Alla sua ombra
vivremo fra le nazioni".
21Esulta pure, gioisci, figlia di Edom,
che abiti nella terra di Uz;
anche a te arriverà il calice,
ti inebrierai ed esporrai la tua nudità.
22È completa la tua punizione, figlia di Sion,
egli non ti manderà più in esilio;
ma punirà la tua iniquità, figlia di Edom,
scoprirà i tuoi peccati.
Lettera ai Filippesi 1
1Paolo e Timoteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi.2Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.
3Ringrazio il mio Dio ogni volta ch'io mi ricordo di voi,4pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera,5a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del vangelo dal primo giorno fino al presente,6e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.7È giusto, del resto, che io pensi questo di tutti voi, perché vi porto nel cuore, voi che siete tutti partecipi della grazia che mi è stata concessa sia nelle catene, sia nella difesa e nel consolidamento del vangelo.8Infatti Dio mi è testimonio del profondo affetto che ho per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù.9E perciò prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento,10perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo,11ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.
12Desidero che sappiate, fratelli, che le mie vicende si sono volte piuttosto a vantaggio del vangelo,13al punto che in tutto il pretorio e dovunque si sa che sono in catene per Cristo;14in tal modo la maggior parte dei fratelli, incoraggiati nel Signore dalle mie catene, ardiscono annunziare la parola di Dio con maggior zelo e senza timore alcuno.15Alcuni, è vero, predicano Cristo anche per invidia e spirito di contesa, ma altri con buoni sentimenti.16Questi lo fanno per amore, sapendo che sono stato posto per la difesa del vangelo;17quelli invece predicano Cristo con spirito di rivalità, con intenzioni non pure, pensando di aggiungere dolore alle mie catene.18Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene.19So infatti che tutto 'questo servirà alla mia salvezza', grazie alla vostra preghiera e all'aiuto dello Spirito di Gesù Cristo,20secondo la mia ardente attesa speranza che in nulla rimarrò confuso; anzi nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
21Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.22Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere.23Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio;24d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.25Per conto mio, sono convinto che resterò e continuerò a essere d'aiuto a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede,26perché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo, con la mia nuova venuta tra voi.
27Soltanto però comportatevi da cittadini degni del vangelo, perché nel caso che io venga e vi veda o che di lontano senta parlare di voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del vangelo,28senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari. Questo è per loro un presagio di perdizione, per voi invece di salvezza, e ciò da parte di Dio;29perché a voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui,30sostenendo la stessa lotta che mi avete veduto sostenere e che ora sentite dire che io sostengo.
Capitolo III: L'ammaestramento della verità
Leggilo nella Biblioteca 1. Felice colui che viene ammaestrato direttamente dalla verità, così come essa è, e non per mezzo di immagini o di parole umane; ché la nostra intelligenza e la nostra sensibilità spesso ci ingannano, e sono di corta veduta. A chi giova un'ampia e sottile discussione intorno a cose oscure e nascoste all'uomo; cose per le quali, anche se le avremo ignorate, non saremo tenuti responsabili, nel giudizio finale? Grande nostra stoltezza: trascurando ciò che ci è utile, anzi necessario, ci dedichiamo a cose che attirano la nostra curiosità e possono essere causa della nostra dannazione. "Abbiamo occhi e non vediamo" (Ger 5,21). Che c'importa del problema dei generi e delle specie? Colui che ascolta la parola eterna si libera dalle molteplici nostre discussioni. Da quella sola parola discendono tutte le cose e tutte le cose proclamano quella sola parola; essa è "il principio" che continuo a parlare agli uomini (Gv 8,25). Nessuno capisce, nessuno giudica rettamente senza quella parola. Soltanto chi sente tutte le cose come una cosa sola, e le porta verso l'unità e le vede tutte nell'unità, può avere tranquillità interiore e abitare in Dio nella pace. O Dio, tu che sei la verità stessa, fa' che io sia una cosa sola con te, in un amore senza fine. Spesso mi stanco di leggere molte cose, o di ascoltarle: quello che io voglio e desidero sta tutto in te. Tacciano tutti i maestri, tacciano tutte le creature, dinanzi a te: tu solo parlami.
2. Quanto più uno si sarà fatto interiormente saldo e semplice, tanto più agevolmente capirà molte cose, e difficili, perché dall'alto egli riceverà lume dell'intelletto. Uno spirito puro, saldo e semplice non si perde anche se si adopera in molteplici faccende, perché tutto egli fa a onore di Dio, sforzandosi di astenersi da ogni ricerca di sé. Che cosa ti lega e ti danneggia di più dei tuoi desideri non mortificati? L'uomo retto e devoto prepara prima, interiormente, le opere esterne che deve compiere. Così non saranno queste ad indurlo a desideri volti al male; ma sarà lui invece che piegherà le sue opere alla scelta fatta dalla retta ragione. Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso. Questo appunto dovrebbe essere il nostro impegno: vincere noi stessi, farci ogni giorno superiori a noi stessi e avanzare un poco nel bene.
3. In questa vita ogni nostra opera, per quanto buona, è commista a qualche imperfezione; ogni nostro ragionamento, per quanto profondo, presenta qualche oscurità. Perciò la constatazione della tua bassezza costituisce una strada che conduce a Dio più sicuramente che una dotta ricerca filosofica. Non già che sia una colpa lo studio, e meno ancora la semplice conoscenza delle cose - la quale è, in se stessa, un ben ed è voluta da Dio -; ma è sempre cosa migliore una buona conoscenza di sé e una vita virtuosa. Infatti molti vanno spesso fuori della buona strada e non danno frutto alcuno, o scarso frutto, di bene, proprio perché si preoccupano più della loro scienza che della santità della loro vita. Che se la gente mettesse tanta attenzione nell'estirpare i vizi e nel coltivare le virtù, quanta ne mette nel sollevare sottili questioni filosofiche non ci sarebbero tanti mali e tanti scandali tra la gente; e nei conviventi non ci sarebbe tanta dissipazione. Per certo, quando sarà giunto il giorno del giudizio, non ci verrà chiesto che cosa abbiamo studiato, ma piuttosto che cosa abbiamo fatto; né ci verrà chiesto se abbiamo saputo parlare bene, ma piuttosto se abbiamo saputo vivere devotamente. Dimmi: dove si trovano ora tutti quei capiscuola e quei maestri, a te ben noti mentre erano in vita, che brillavano per i loro studi? Le brillanti loro posizioni sono ora tenute da altri; e non è detto che questi neppure si ricordino di loro. Quando erano vivi sembravano essere un gran che; ma ora di essi non si fa parola. Oh, quanto rapidamente passa la gloria di questo mondo! E voglia il cielo che la loro vita sia stata all'altezza del loro sapere; in questo caso non avrebbero studiato e insegnato invano. Quanti uomini si preoccupano ben poco di servire Iddio, e si perdono a causa di un vano sapere ricercato nel mondo. Essi scelgono per sé la via della grandezza, piuttosto di quella dell'umiltà; perciò si disperde la loro mente (Rm 1,21). Grande è, in verità, colui che ha grande amore; colui che si ritiene piccolo e non tiene in alcun conto anche gli onori più alti. Prudente è, in verità, colui che considera sterco ogni cosa terrena, al fine di guadagnarsi Cristo (Fil 3,8). Dotto, nel giusto senso della parola, è, in verità, colui che fa la volontà di Dio, buttando in un canto la propria volontà.
Discorso 142 augm. LA SEPOLTURA DEI CATECUMENI
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaI catecumeni non debbono essere sepolti insieme ai fedeli.
1. Il vostro vescovo, che ci è signore, padre e fratello, con sua degnazione mi incarica di proporre alla vostra santità qualche considerazione riguardo alla sepoltura dei catecumeni. Questo sarebbe certo una sua incombenza, e assai importante, ma, uniti nella carità di cui vi stavamo parlando, vogliamo parteciparvi ogni cosa, al fine di essere tutti in [piena] comunione con Cristo 1. Si sa al riguardo che il dolore qualche volta diventa causa di odio, odio che sicuramente va perdonato. Chi infatti ricuserebbe il perdono a una persona addolorata e con il cuore in tumulto, se per caso dovesse pronunciare parole di odio? Ad ogni modo dovete sapere tutti, o carissimi, - e del resto molti di voi, o quasi tutti, lo sanno - che, secondo le usanze e la disciplina della Chiesa, la salma di chi muore catecumeno non deve essere sepolta insieme alle salme dei fedeli, cioè là dove vengono celebrati i misteri, a cui partecipano i fedeli. La cosa non può essere accordata a nessuno, e il comportarsi diversamente altro non sarebbe che una colpevole parzialità verso alcune persone 2. Perché infatti si dovrebbe concedere questo a un benestante e non ad un povero, se da ciò deriva un qualche sollievo ai defunti? In realtà i meriti dei morti si calcolano non in base alle tombe dove giacciono i corpi ma in base agli affetti nutriti dalle anime. Miei fratelli, anche in questa cosa imparate a ragionare da veri credenti: a motivo dei sacri misteri le salme non possono essere sepolte dove non è consentito.
Incertezza della morte.
2. A parte questo, noi piangiamo per la dipartita di questo catecumeno, e siamo addolorati per colui del quale ci stavamo occupando. Da quanto però è accaduto vogliamo trarre motivo per ammonirvi, fratelli, che a nessuno è data la certezza di vivere anche domani. Affrettatevi a raggiungere la grazia [del sacramento]; cambiate vita! Questo esempio vi sia di richiamo. Chi era più sano di lui? Quale corpo era più florido del suo? Eppure improvvisamente è morto. Era vivo e vegeto; ha cessato di vivere, e voglia il cielo che egli sia soltanto deceduto e non davvero morto! Cosa volete che vi dica, fratelli miei? Lusingherò la gente dicendo che i catecumeni vanno là dove vanno i fedeli? Dovremo forse essere condiscendenti con le persone provate dal dolore fino al punto da esporre dottrine contrarie al Vangelo? Non lo possiamo, fratelli miei! Bisogna affrettarsi da vivi, per non essere a ragione pianti da morti e per non morire davvero. Se ci si affrettasse a ricevere i sacramenti dei vivi come ci si affretta nella ricerca di sepolcro per i morti, probabilmente non ci sarebbe nessuno per il quale si dovrebbe piangere con motivi razionalmente validi; e se si dovesse piangere, lo si farebbe solo per motivi di commozione sensibile. Non si piange infatti per uno che ha raggiunto una sorte migliore e, superata la tentazione del tempo presente, non ha da temere alcun male ma, ottenuta in Cristo la tranquillità, non teme gli assalti del diavolo né si spaventa per le dicerie di chi gli vuol male.
Il ricco epulone e il povero Lazzaro.
3. Forse non ebbe sepoltura quel Lazzaro, al quale i cani leccavano le piaghe; almeno Dio non ne fa menzione. Di lui si dice soltanto che quando morì fu trasportato nel seno di Abramo 3. Nessun accenno alla sepoltura. Chi infatti visse nella fame e nel disprezzo, forse alla sua morte fu lasciato insepolto; eppure fu dagli angeli recato nel seno di Abramo. Dice [la Scrittura]: Anche il ricco morì e fu sepolto 4. Ma cosa giovò a lui il sepolcro, sia pure di marmo, se la sua anima assetata, giù nell'inferno, bramava una goccia d'acqua dalla punta di un dito e nessuno gliela dava 5? Non voglio aggiungere altro, miei fratelli. Basta l'avervi terrorizzati così; né voglio accrescere il dolore di alcuni nostri fratelli particolarmente colpiti da questa disgrazia. In realtà, non avrei dovuto dire nemmeno questo, se non vi fossimo stati costretti dalla necessità di esortare e ammonire l'intera comunità.
Seguendo speditamente Cristo avremo la vita.
4. Meditate sulla fragilità umana, miei fratelli; e per ottenere la vita correte mentre siete vivi; correte da vivi per non morire in eterno. Non v'intimorisca l'austera disciplina di Cristo, poiché è lui che proclama: Il mio giogo è soave e il mio peso leggero 6. Proprio nel capitolo che poco fa stavamo spiegando egli afferma: Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore 7. Infatti il mio giogo è soave e il mio peso leggero. Ora tu obietti contro di lui e dici: " Non voglio per ora passare tra i fedeli. Non lo posso ". Che significa questo tuo " Non lo posso " se non che il giogo di Cristo ti è duro e il suo fardello pesante? È dunque la tua carne a suggerirti la verità, mentre Cristo dice menzogne? Lui dice: È soave, la tua insipienza dice: " È duro "; lui dice: È leggero, la tua vanità replica: " È pesante ". Su dunque! Presta fede a Cristo e credi che il suo giogo è soave e il suo peso leggero. Non temere! Sottoponi coraggiosamente il tuo collo a quel giogo: il quale tanto più ti sarà soave quanto più il tuo collo sarà sostenuto dalla fede. Questo volevamo dirvi, fratelli, per ammonire la vostra carità; e questo vi abbiamo detto per due motivi: primo, perché nessuno di voi venga a chiederci cose come questa, rattristandosi poi se non gli riesce di ottenerle; secondo, perché voi, catecumeni, mentre siete ancora in vita provvediate con cura a non andare in perdizione nell'ora della morte. Lì infatti non potranno venirvi in aiuto né i vostri cari né la santa madre Chiesa.
1 - Cf. Eb 3, 14.
2 - Cf. Rm 2, 11 (Ef 6, 9; Col 3, 25; Gc 2, 9, etc.).
3 - Cf. Lc 16, 20-22.
4 - Lc 16, 22.
5 - Cf. Lc 16, 24.
6 - Mt 11, 30.
7 - Mt 11, 29-30.
18 - Lo stile di vita di Maria santissima nella casa di sua cugina.
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca231. Già santificato il precursore Giovanni e rinnovata sua madre santa Elisabetta con maggiori doni e benefici, scopo principale della visitazione, la grande regina Maria santissima determinò di ordinare le occupazioni cui doveva attendere a casa di Zaccaria, perché non in tutto potevano essere uguali a quelle di casa sua. Per questo, per orientare il suo desiderio con la direzione dello spirito divino, si raccolse e prostrò alla presenza dell'Altissimo e gli domandò, come soleva, di guidarla e di farle conoscere quello che doveva fare nel tempo in cui avrebbe abitato nella casa dei suoi servi Elisabetta e Zaccaria, perché tutto gli fosse accetto e si adempisse interamente il maggiore beneplacito della sua altissima maestà. Il Signore ascoltò la sua domanda e le rispose: «Sposa e colomba mia, io guiderò tutte le tue azioni, dirigerò i tuoi passi al mio maggiore servizio e compiacimento e ti indicherò il giorno in cui voglio che tu ritorni alla tua casa. Finché dimorerai presso la mia serva Elisabetta, fa' in modo di intrattenerti con lei; nel resto del tempo continua i tuoi esercizi e le tue preghiere, specialmente per la salvezza degli uomini e perché io non usi contro di loro la mia giustizia per le incessanti offese che moltiplicano contro la mia bontà. In questa preghiera mi offrirai per loro l'Agnello senza macchia' che porti in grembo, che toglie il peccato del mondo. Queste saranno per adesso le tue occupazioni».
232. Con questo insegnamento e nuovo precetto dell'Altissimo, la Principessa dei cieli ordinò tutte le sue attività a casa di sua cugina Elisabetta. Si alzava a mezzanotte, continuando sempre questo esercizio; in esso attendeva all'incessante contemplazione dei misteri divini, dando alla veglia ed al sonno ciò che corrispondeva perfettamente e nella giusta misura alle esigenze del corpo. In ciascuno di questi tempi riceveva nuovi favori, regali, illuminazioni ed elevazioni dall'Altissimo. Ebbe in quei tre mesi molte visioni di Dio in modo astrattivo, che era il più frequente; più ancora lo era la visione dell'umanità santissima del Verbo con l'unione ipostatica, perché il suo talamo verginale, dove lo portava, era il suo perpetuo altare ed oratorio. Lo guardava, vedendolo crescere ogni giorno; a tale vista ed a quella dei misteri che quotidianamente le venivano manifestati nel campo interminabile della Divinità e del potere divino, cresceva anche lo spirito di questa grande Signora, che molte volte per l'incendio del suo amore e dei suoi ardenti affetti sarebbe giunta a languirne sino a morire, se non fosse stata confortata dalla virtù del Signore. Attendeva, tra queste occupazi6ni nascoste, anche a tutte quelle necessarie per servire e consolare sua cugina santa Elisabetta, senza però spendervi un momento più di quello che la carità richiedeva. Subito, poi, tornava al suo ritiro ed alla solitudine, dove con maggiore libertà espandeva il suo spirito alla presenza del Signore.
233. Non rimaneva per questo oziosa all'esterno, perché nel medesimo tempo lavorava a lungo in alcune opere manuali. Fu in tutto fortunato il precursore Giovanni, perché questa grande Regina con le proprie mani gli fece e lavorò le fasce ed i pannicelli in cui fu avvolto. Gli ottennero questa felice sorte la devozione e l'attenzione di sua madre santa Elisabetta, la quale, con l'umiltà di serva che le dimostrava, supplicò di ciò l'umilissima Signora. Maria santissima lo fece con incredibile amore, per esercitarsi nell'ubbidienza verso colei che desiderava servire come l'ultima delle sue serve, perché sempre nell'umiltà e nell'ubbidienza superava tutti. Anche se santa Elisabetta cercava di affrettarsi in molte cose per servirla, ella, con la sua rara prudenza e la sua sapienza incomparabile, la preveniva in tutto, per guadagnare sempre il trionfo della virtù.
234. Le due cugine gareggiavano in questo con sommo compiacimento dell'Altissimo e con ammirazione da parte degli angeli. Santa Elisabetta era molto sollecita e premurosa nel servire la nostra Signora e grande regina e procurava che così facessero tutti quelli della sua famiglia; ma colei che era maestra delle virtù, Maria santissima, più attenta e diligente, preveniva ed ostacolava le sollecitudini della cugina. Le diceva: «Amica e cugina mia, io trovo la mia consolazione nel ricevere comandi e nell'ubbidire in tutta la mia vita; non è bene che il vostro amore mi privi del piacere che provo in questo, tanto più che, essendo io la più giovane, la ragione stessa vuole che io serva non solo voi come madre mia, ma tutti quelli della vostra casa. Trattatemi, dunque, come serva, finché starò in vostra compagnia». Santa Elisabetta rispose: «Signora e diletta mia, tocca piuttosto a me l'ubbidirvi ed a voi il comandarmi e dirigermi in tutto. Io chiedo questo con più giustizia, perché se voi, Signora, volete esercitare l'umiltà, io devo culto e ossequio al mio Dio e Signore che portate nel vostro grembo verginale e conosco bene la vostra dignità meritevole di ogni onore e riverenza». Replicava la prudentissima Vergine: «Il mio figlio e Signore non mi scelse come madre perché in questa vita mi venerassero come signora, perché il suo regno non è di questo mondo, né viene per essere servito, ma per servire, patire ed insegnare ai mortali ad ubbidire e ad umiliarsi, condannando la superbia ed il fasto. Ora, se sua Maestà altissima m'insegna questo e si definisce infamia degli uomini, come io, che sono sua schiava e non merito la compagnia delle creature, consentirò che mi servano esse, che sono formate a sua immagine e somiglianza?»
235. Santa Elisabetta, tuttavia, insisteva: «Signora e rifugio mio, questo sarà per chi ignora il mistero che si racchiude in voi; ma io, che senza meritarlo ho ricevuto dal Signore questa conoscenza, sarei molto riprensibile alla sua presenza se non gli dessi in voi quella venerazione che gli devo come Dio e se non dessi a voi quello che vi devo come sua madre, perché è giusto che io serva entrambi come la schiava i suoi padroni». Rispose a questo Maria santissima: «Diletta e sorella mia, la riverenza che desiderate usare è dovuta al Signore che porto nel mio grembo, che è vero e sommo bene e salvatore nostro; ma quanto a me, che sono semplice creatura e fra le creature un povero vermiciattolo, reputatemi per quello che io sono da me stessa, benché adoriate il Creatore che mi ha eletta come povera per sua abitazione. Così con la medesima luce della verità darete a Dio quello che gli si deve ed a me ciò che mi spetta, cioè servire ed essere inferiore a tutti; vi domando questo per mia consolazione e per il medesimo Signore che porto nel mio grembo».
236. In queste felicissime gare, Maria santissima e la sua parente santa Elisabetta trascorrevano parte del loro tempo. La sapienza celeste della nostra Regina, però, la rendeva tanto accorta ed ingegnosa in materia di umiltà e di ubbidienza che sempre risultava vittoriosa, trovando modi e vie per ubbidire ed essere comandata. Così fece con santa Elisabetta per tutto il tempo in cui dimorarono insieme, ma in maniera tale che entrambe rispettivamente trattavano con magnificenza il mistero del Signore che stava nascosto nei loro cuori, depositato in Maria santissima come madre e signora delle virtù e della grazia, ed in sua cugina come in donna prudentissima e piena della luce divina dello Spirito Santo. Con tale luce santa Elisabetta dispose come doveva comportarsi con la Madre di Dio, compiacendola ed ubbidendole in ciò che poteva ed insieme venerando la sua dignità, ed in lei il suo Creatore. Propose nel suo cuore che, se avesse dovuto comandare qualcosa alla Madre di Dio, lo avrebbe fatto per ubbidirla e per soddisfare alla sua volontà; quando lo faceva, chiedeva licenza e perdono al Signore ed inoltre non le ordinava con imperio, ma pregandola. Solamente in ciò che stimava essere di sollievo alla celeste Regina, come nell'ordinarle che mangiasse e dormisse, lo faceva con maggiore forza. Ancora le chiese di eseguire per lei alcuni lavori manuali e Maria li fece; mai, però, la santa li usò, custodendoli con venerazione.
237. In questo modo, Maria santissima già praticava ciò che il Verbo incarnato veniva ad insegnare, umiliandosi, egli che era irradiazione della gloria del Padre eterno, impronta della sua sostanza e Dio vero da Dio vero, per prendere la forma e la condizione di servo. Questa Signora era madre di Dio, regina dell'intero creato, superiore in eccellenza e dignità a tutte le creature; tuttavia, fu sempre serva umile della più piccola di esse, mai accettò ossequio né servizio alcuno come se le fosse dovuto, mai si vantò né cessò di avere di sé un bassissimo concetto. Che dirà qui la nostra esecrabile presunzione e superbia? Quasi tutti noi, infatti, pur essendo pieni di abominevoli eccessi, siamo tanto insensati che con orribile follia giudichiamo che ci sia dovuta la venerazione di tutto il mondo. E se per caso ci è negata, perdiamo in un momento quel poco giudizio che le nostre passioni ci hanno lasciato. Tutta questa divina Storia è un ritratto dell'umiltà ed una sentenza contro la nostra superbia. Poiché, però, a me non spetta l'insegnare né il correggere, ma piuttosto l'essere istruita e guidata, prego e supplico tutti i fedeli, figli della luce: poniamo questo esempio dinanzi ai nostri occhi, per apprendere alla sua vista ad umiliarci!
238. Non sarebbe stato difficile al Signore allontanare la sua Madre santissima da tanti estremi di umiltà e da molte azioni con cui la esercitava; avrebbe, inoltre, potuto renderla giande presso le creature, disponendo che fosse acclamata, onorata e rispettata da tutte, con le dimostrazioni che sa fare il mondo verso quelli che vuole onorare e celebrare, come fece Assuero con Mardocheo. Se avesse dovuto regolare ciò il giudizio umano, avrebbe senza dubbio disposto che una donna, più santa di tutti gli ordini del cielo e che portava nel suo grembo il Creatore dei medesimi angeli e dei cieli, fosse sempre custodita, vivesse appartata e venisse venerata da tutti. Sarebbe parso loro indegno che ella si dedicasse ad attività umili e servili, piuttosto che comandare tutto e accettare ogni riverenza ed autorità. Sin qui arriva l'umana sapienza, se si può chiamare così quella che tanto poco conosce. Questo inganno, però, non può aver luogo nella conoscenza vera dei santi, partecipata dalla sapienza infinita del Creatore, che dà il nome ed il valore giusto agli onori e non scambia le sorti delle creature. Molto avrebbe tolto e poco avrebbe dato l'Altissimo alla sua diletta Madre in questa vita, se l'avesse privata delle opere di profondissima umiltà allontanandola da esse e l'avesse innalzata con il plauso esteriore degli uomini. E molto sarebbe mancato al mondo se non avesse avuto questo insegnamento, questa scuola in cui apprendere e questo esempio con cui umiliare e confondere la propria superbia.
239. Santa Elisabetta fu molto favorita dal Signore dal giorno in cui lo ebbe per ospite in casa sua nel grembo della sua Madre vergine. Come per i continui dialoghi ed il tratto familiare di questa divina Principessa andava conoscendo i misteri dell'incarnazione, così ancora andava crescendo in ogni genere di santità che beveva alla sua fonte. Talora meritava di vedere Maria santissima in orazione assorta e sollevata da terra e tutta così piena di divini splendori e di bellezza che non poteva guardarla in faccia, né avrebbe potuto resistere alla sua presenza se non le avesse dato forza la virtù divina. In queste occasioni ed in altre, quando poteva guardarla senza che Maria santissima se ne accorgesse, si prostrava e, genuflessa alla sua presenza, adorava il Verbo incarnato nel tempio del grembo verginale della beatissima madre. Custodì nel suo cuore tutti i misteri che conobbe per mezzo della luce divina e della conversazione con la grande Regina, come depositaria fedelissima e custode assai prudente di ciò che le era stato confidato. Solamente con suo figlio Giovanni e con Zaccaria, per quel tempo che visse dopo la nascita del figlio, santa Elisabetta poté parlare un po' di tali misteri, dei quali tutti loro erano già a conoscenza; in tutto fu donna forte, saggia e molto santa.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
240. Figlia mia, i benefici dell'Altissimo e la conoscenza dei suoi divini misteri inclinano le anime attente ad esercitare e stimare l'umiltà, che con forza soave ed efficace le conduce verso il loro luogo legittimo e naturale, come la leggerezza muove il fuoco e la gravità la pietra. Questo fa la vera luce, che colloca e stabilisce la creatura nella cognizione chiara di se stessa e riconduce le opere della grazia alla loro origine, da cui procede ogni dono perfetto, stabilendo così ciascuno nel suo centro. Questo è l'ordine rettissimo della buona ragione, che viene turbato e come violentato dalla presunzione dei mortali. Perciò la superbia, ed il cuore in cui essa vive, non sa desiderare il disprezzo né accettarlo, non sopporta superiori, anche degli uguali si offende e fa violenza a tutto per essere sola e sopra tutti. Il cuore umile, invece, ricevendo benefici maggiori, si annienta ancor più. Questi gli fanno nascere un'avidità ed un'ansia grande, sebbene tranquilla, di abbassarsi e cercare l'ultimo posto, cosicché soffre quando non lo occupa inferiore a tutti e quando gli manca l'umiliazione.
241. In me conoscerai, carissima, la vera pratica di questo insegnamento, poiché nessuno dei favori che la divina destra operò in me fu piccolo, eppure mai il mio cuore si innalzò sopra se stesso con presunzione, ne seppe bramare altro più che l'abbassamento e l'ultimo posto fra tutte le creature. Con speciale desiderio voglio da te questa imitazione e voglio che la tua sollecitudine consista nell'essere la minore fra tutte, nell'essere comandata, umiliata e reputata inutile; alla presenza del Signore e degli uomini, poi, ti devi stimare meno che la medesima polvere della terra. Non puoi negare che nessun'altra fu più beneficata di te e che nessuna l'ha meritato meno. Come pagherai questo grande debito se non ti umilii con tutti e più di tutti i figli di Adamo e se non ti formi concetti sublimi e sentimenti pieni di amore per l'umiltà? Buona cosa è ubbidire ai tuoi superiori e maestri e così devi fare sempre. Io, però, voglio che tu avanzi di più e che ubbidisca anche al più piccolo in tutto ciò che non sarà colpa, come ubbidiresti al maggiore dei superiore; in questo è mia volontà che tu sia molto diligente, come lo ero io.
242. Solamente con le tue suddite farai attenzione nel dispensarti da questa sottomissione con più cura, affinché non avvenga che esse, conoscendo il tuo desiderio di ubbidire, vogliano a volte che tu lo faccia in quello che non conviene. Anche senza che perdano la dovuta sottomissione puoi guadagnare molto dando loro esempio assoggettandoti sempre nel giusto, senza derogare all'autorità di superiora. Accetta con grande stima tutti i dispiaceri e le ingiurie, se toccano la tua persona solamente, senza dire niente per difenderti o lamentarti; rimprovera, però, le offese contro Dio, senza mischiare la tua causa con quella di sua Maestà, perché mai devi trovare motivo per difendere te stessa, ma per l'onore di Dio lo devi trovare sempre. In nessuno dei due casi, però, devi muoverti con ira o sdegno disordinato. Ancora, voglio che tu abbia 'grande prudenza nel dissimulare e nascondere i favori del Signore, perché il segreto del re non si deve manifestare con leggerezza e l'uomo naturale non è capace né degno dei misteri dello Spirito Santo. Imitami e seguimi in tutto, dal momento che desideri essere mia figlia carissima; ubbidendomi otterrai ciò e spingerai l'Onnipotente a fortificarti e ad indirizzare i tuoi passi verso ciò che egli vuole operare in te. Non gli resistere, ma disponi il tuo cuore in modo che sia docile e pronto ad ubbidire alla sua luce e grazia. Non permettere che questa stia oziosa in te, ma opera con diligenza, cosicché le tue azioni procedano piene di perfezione.
23 settembre 1943
Maria Valtorta
Dice Gesù:
«Torno ad una delle note dominanti del mio parlare. Due sono le note dominanti, Maria. Necessità dell’amore: la prima. Necessità della penitenza: la seconda.
Veramente il Dio Uno e Trino - che vi ha creati dandovi un regno in cui tutti vi erano sudditi e da dove il dolore era sbandito, e morte non ci sarebbe stata a troncare fra spaventi dei morenti e gemiti dei superstiti le vite dei più cari, ma solo una dormizione, come quella di Maria, per valicare, fra le placide nebbie d’un sonno innocente, le porte che erano così facili ad aprirsi sul paradiso terrestre per inondarlo della luce del più alto Paradiso e della voce paterna del Signore, che trovava la gioia a star coi figli - veramente il vostro Iddio aveva messo per voi una necessità sola: quella dell’amore. Amore di figli al Padre, amore di sudditi al Re, amore di creati al Creatore Iddio.
E, se non aveste corroso con l’acido della colpa le radici dell’amore, esso sarebbe cresciuto potente in voi, senza richiedervi nessuna fatica. Non fatica, ma gioia per voi, ma bisogno che dà sollievo quando lo si esplica, così come il respiro lo è per voi. Ed infatti l’amore era destinato che fosse il respiro del vostro spirito, il sangue del vostro spirito.
Poi è venuta la colpa. Oh! la rovina della colpa!
Voi che inorridite per le rovine dei vostri palazzi, dei vostri templi, dei vostri ponti, delle vostre città, e maledite gli esplosivi che frangono, polverizzano, lesionano tutto, non pensate quale rovina ha fatto la colpa nell’uomo? Nell’uomo, l’opera più perfetta della creazione[365], perché non fatto da mano umana, ma dall’Intelligenza eterna che, dirò così, vi ha colati, metallo senza scorie, nella forma sua stessa e ve ne ha tratto fatti a sua immagine e somiglianza, così belli e puri che l’occhio di Dio giubilò davanti alla sua opera e trasalirono i cieli di ammirazione e la Terra cantò con voce altissima, in mezzo all’armonia delle sfere, per la gloria d’esser il pianeta che, nelle origini dell’Universo, diveniva immensa reggia del re-uomo, figlio di Dio.
La colpa, più nefasta d’ogni dinamite, ha sconvolto alle radici dell’uomo. E sai dove esse erano? Nel pensiero di Dio, che aveva fatto l’uomo.
La colpa ha sconvolto, alle radici dell’uomo, quel complesso perfetto di carne e spirito, di carne non dissimile, in moti di sentimento, dallo spirito di cui era solo più pesante ma non contraria e tanto meno nemica; di spirito non prigioniero, e prigioniero vessato nella carcere della carne, ma di spirito giubilante nella docile carne che esso guidava a Dio poiché, molecola dello spirito di Dio, era attratto a Dio, come da calamita divina, mediante i rapporti d’amore fra il Creatore: il Tutto, e lo spirito: la parte.[366]
La colpa ha sconvolto quell’armonico contorno che Dio aveva messo intorno al suo figlio perché fosse re, e re felice.
Caduto l’amore dell’uomo verso Dio, cadde l’amore della Terra verso l’uomo. La ferocia si scatenò sulla Terra fra gli inferiori, fra gli inferiori e l’uomo e, orrore degli orrori, fra l’uomo e l’uomo. Quel sangue, che doveva esser caldo solo d’amore di Dio, si fece caldo d’odio e ribollì e gocciò, contaminando l’altare della Terra su cui Dio aveva messo i suoi primi perché lo amassero amandosi e insegnassero l’amore ai futuri: unico rito che Dio voleva da voi.
Ed ecco allora che una pianta è nata dal seme della colpa; e fu una pianta di amaro frutto e di pungenti rami: il dolore.
Prima il dolore sofferto come l’uomo lo poteva soffrire nella sua embrionale spiritualità contaminata: un dolore animale fatto dei primi dolori della donna e delle prime ferite inferte alla carne fraterna, un dolore feroce di ululi e maledizioni, seme di sempre nuove vendette. Poi, raffinandosi nella ferocia ma non nel merito, anche il dolore si evolse divenendo più vasto e complicato.
Io sono venuto a santificare il dolore, soffrendo il Dolore per voi e fondendo i vostri dolori relativi al Mio infinito. Dando così merito al dolore.
Io sono venuto a confermare con la mia Vita e la mia Morte il monito dato più e più volte dai Profeti[367]: non è la materiale circoncisione ciò che richiede Dio per perdonare e benedire i suoi figli, sempre più, sempre più colpevoli, ma è la circoncisione dei cuori, dei sentimenti vostri, dei vostri stimoli che il germe del primo peccato rende sempre stimoli di carne e sangue o della più alta lussuria: quella della mente.
È lì, o figli, che dovete lavorare di ferro e di fuoco per segnare nella vostra anima il segno che salva: quello di Dio. È lì, non col ferro e il fuoco delle vostre leggi feroci e delle vostre guerre maledette. È lì: nel posto dove leggi e guerre dell’uomo trovano formazione, perché è inutile dire il contrario. Se viveste nel segno del Signore, circoncisi spiritualmente per levare ciò che porta impurità di ogni specie, non sareste quelli che siete: degli insensati, per non dire delle belve. E, notalo, belve e insensati di poco differiscono, poiché in tutti e due non v’è la ragione, ossia quello che Dio ha messo nell’uomo per farlo re su tutti gli esseri della Terra.
Due sono le necessità dell’uomo: l’amore e il dolore. L’amore che vi impedisce di commettere il male. Il dolore che ripara il male.
Questa è la scienza da apprendere: sapere amare e sapere soffrire. Ma voi non sapete amare e non sapete soffrire: sapete far soffrire, ma ciò non è amore; è, anzi, odio.
Perché siete sapienti nel male e tanto ignoranti nel bene? Perché? Non divenite mai sazi di odio e ferocia? E volete che Dio vi perdoni?
Tornate all’amore, figli, e sappiate sopportare il dolore. Ché se non siete tanto miei figli da saper volere il dolore per espiare l’altrui peccare, come Io seppi e volli, siate almeno figli al punto da non maledirmi per il dolore che voi avete generato e di cui mi fate accusa.
Giù la vostra stolta superbia! Imparate dal pubblicano[368] a riconoscere come siete indegni, come vi siete resi indegni di vivere sotto lo Sguardo che è protezione. Gettate lungi da voi le vane seti della Terra e accostatevi alla Fonte di Vita che da venti secoli fluisce per voi. Inoculatevi la Vita nei cuori che muoiono incancreniti nel peccato o intisichiti nell’indifferenza.
Chiamatemi ai vostri sepolcri. Sono il Cristo, il Risuscitatore. Non chiedo che di essere chiamato per accorrere e dire[369]: “Vieni fuori”. Fuori dalla morte. Fuori dal male. Fuori dall’egoismo, fuori dalla lussuria, fuori dall’odio maledetto che vi consuma senza darvi gioia. Fuori da ciò che è orrore per entrare in Me, per entrare con Me nella Luce, per rinascere nell’Amore, per conoscere la vera Scienza, per conseguire la Pace e la Vita, che essendo mie hanno di Me l’eternità.»
[365] creazione che è narrata, inclusa la successiva “colpa”, in Genesi 1-3.
[366] parte, non nel significato di porzione, ma piuttosto in quello di partecipazione. Il concetto, già incontrato il 12 agosto, viene chiarito negli scritti del 17 agosto e del 1°, 7 e 10 ottobre.
[367] dai Profeti, per esempio: Geremia 4, 4 e 22, che è il rinvio che la scrittrice mette, a matita, alla fine del “dettato”.
[368] pubblicano, quello della parabola di Luca 18, 9-14.
[369] dire, come in Giovanni 11, 43.