Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

Oh, quanto bisogna pregare per gli agonizzanti.! Se si sapesse! (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 25° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 19

1Entrato in Gèrico, attraversava la città.2Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,3cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".6In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!".8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".9Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;10il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".

11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.12Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare.13Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno.14Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi.15Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.16Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine.17Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città.18Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine.19Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.20Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto;21avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato.22Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato:23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi.24Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci25Gli risposero: Signore, ha già dieci mine!26Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.27E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me".

28Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo:30"Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui.31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno".32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto.33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché sciogliete il puledro?".34Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno".
35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:

38"'Benedetto colui che viene,'
il re, 'nel nome del Signore'.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!".

39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli".40Ma egli rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre".

41Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:42"Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.43Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;44abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".

45Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,46dicendo: "Sta scritto:

'La mia casa sarà casa di preghiera'.
Ma voi ne avete fatto 'una spelonca di ladri!'".

47Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo;48ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.


Esodo 7

1Il Signore disse a Mosè: "Vedi, io ti ho posto a far le veci di Dio per il faraone: Aronne, tuo fratello, sarà il tuo profeta.2Tu gli dirai quanto io ti ordinerò: Aronne, tuo fratello, parlerà al faraone perché lasci partire gli Israeliti dal suo paese.3Ma io indurirò il cuore del faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d'Egitto.4Il faraone non vi ascolterà e io porrò la mano contro l'Egitto e farò così uscire dal paese d'Egitto le mie schiere, il mio popolo degli Israeliti, con l'intervento di grandi castighi.5Allora gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando stenderò la mano contro l'Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli Israeliti!".
6Mosè e Aronne eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato; operarono esattamente così.7Mosè aveva ottant'anni e Aronne ottantatré, quando parlarono al faraone.
8Il Signore disse a Mosè e ad Aronne:9"Quando il faraone vi chiederà: Fate un prodigio a vostro sostegno! tu dirai ad Aronne: Prendi il bastone e gettalo davanti al faraone e diventerà un serpente!".10Mosè e Aronne vennero dunque dal faraone ed eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il bastone davanti al faraone e davanti ai suoi servi ed esso divenne un serpente.11Allora il faraone convocò i sapienti e gli incantatori, e anche i maghi dell'Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa.12Gettarono ciascuno il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni.13Però il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva predetto il Signore.
14Poi il Signore disse a Mosè: "Il cuore del faraone è irremovibile: si è rifiutato di lasciar partire il popolo.15Va' dal faraone al mattino quando uscirà verso le acque. Tu starai davanti a lui sulla riva del Nilo, tenendo in mano il bastone che si è cambiato in serpente.16Gli riferirai: Il Signore, il Dio degli Ebrei, mi ha inviato a dirti: Lascia partire il mio popolo, perché possa servirmi nel deserto; ma tu finora non hai obbedito.17Dice il Signore: Da questo fatto saprai che io sono il Signore; ecco, con il bastone che ho in mano io batto un colpo sulle acque che sono nel Nilo: esse si muteranno in sangue.18I pesci che sono nel Nilo moriranno e il Nilo ne diventerà fetido, così che gli Egiziani non potranno più bere le acque del Nilo!".19Il Signore disse a Mosè: "Comanda ad Aronne: Prendi il tuo bastone e stendi la mano sulle acque degli Egiziani, sui loro fiumi, canali, stagni, e su tutte le loro raccolte di acqua; diventino sangue, e ci sia sangue in tutto il paese d'Egitto, perfino nei recipienti di legno e di pietra!".
20Mosè e Aronne eseguirono quanto aveva ordinato il Signore: Aronne alzò il bastone e percosse le acque che erano nel Nilo sotto gli occhi del faraone e dei suoi servi. Tutte le acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue.21I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo ne divenne fetido, così che gli Egiziani non poterono più berne le acque. Vi fu sangue in tutto il paese d'Egitto.22Ma i maghi dell'Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa. Il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva predetto il Signore.23Il faraone voltò le spalle e rientrò nella sua casa e non tenne conto neppure di questo fatto.24Tutti gli Egiziani scavarono allora nei dintorni del Nilo per attingervi acqua da bere, perché non potevano bere le acque del Nilo.25Sette giorni trascorsero dopo che il Signore aveva colpito il Nilo.
26Poi il Signore disse a Mosè: "Va' a riferire al faraone: Dice il Signore: Lascia andare il mio popolo perché mi possa servire!27Se tu rifiuti di lasciarlo andare, ecco, io colpirò tutto il tuo territorio con le rane:28il Nilo comincerà a pullulare di rane; esse usciranno, ti entreranno in casa, nella camera dove dormi e sul tuo letto, nella casa dei tuoi ministri e tra il tuo popolo, nei tuoi forni e nelle tue madie.29Contro di te e contro tutti i tuoi ministri usciranno le rane".


Salmi 51

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2'Quando venne da lui il profeta Natan dopo che aveva peccato con Betsabea.'

3Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
4Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.

5Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
6Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto;
perciò sei giusto quando parli,
retto nel tuo giudizio.

7Ecco, nella colpa sono stato generato,
nel peccato mi ha concepito mia madre.
8Ma tu vuoi la sincerità del cuore
e nell'intimo m'insegni la sapienza.

9Purificami con issopo e sarò mondo;
lavami e sarò più bianco della neve.
10Fammi sentire gioia e letizia,
esulteranno le ossa che hai spezzato.

11Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.

12Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
13Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
14Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.

15Insegnerò agli erranti le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.
16Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza,
la mia lingua esalterà la tua giustizia.
17Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode;
18poiché non gradisci il sacrificio
e, se offro olocausti, non li accetti.
19Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.

20Nel tuo amore fa grazia a Sion,
rialza le mura di Gerusalemme.
21Allora gradirai i sacrifici prescritti,
l'olocausto e l'intera oblazione,
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.


Salmi 35

1'Di Davide.'

Signore, giudica chi mi accusa,
combatti chi mi combatte.
2Afferra i tuoi scudi
e sorgi in mio aiuto.
3Vibra la lancia e la scure
contro chi mi insegue,
dimmi: "Sono io la tua salvezza".

4Siano confusi e coperti di ignominia
quelli che attentano alla mia vita;
retrocedano e siano umiliati
quelli che tramano la mia sventura.
5Siano come pula al vento
e l'angelo del Signore li incalzi;
6la loro strada sia buia e scivolosa
quando li insegue l'angelo del Signore.

7Poiché senza motivo mi hanno teso una rete,
senza motivo mi hanno scavato una fossa.
8Li colga la bufera improvvisa,
li catturi la rete che hanno tesa,
siano travolti dalla tempesta.
9Io invece esulterò nel Signore
per la gioia della sua salvezza.
10Tutte le mie ossa dicano:
"Chi è come te, Signore,
che liberi il debole dal più forte,
il misero e il povero dal predatore?".

11Sorgevano testimoni violenti,
mi interrogavano su ciò che ignoravo,
12mi rendevano male per bene:
una desolazione per la mia vita.
13Io, quand'erano malati, vestivo di sacco,
mi affliggevo col digiuno,
riecheggiava nel mio petto la mia preghiera.
14Mi angustiavo come per l'amico, per il fratello,
come in lutto per la madre mi prostravo nel dolore.

15Ma essi godono della mia caduta, si radunano,
si radunano contro di me per colpirmi all'improvviso.
Mi dilaniano senza posa,
16mi mettono alla prova, scherno su scherno,
contro di me digrignano i denti.

17Fino a quando, Signore, starai a guardare?
Libera la mia vita dalla loro violenza,
dalle zanne dei leoni l'unico mio bene.
18Ti loderò nella grande assemblea,
ti celebrerò in mezzo a un popolo numeroso.

19Non esultino su di me i nemici bugiardi,
non strizzi l'occhio chi mi odia senza motivo.
20Poiché essi non parlano di pace,
contro gli umili della terra tramano inganni.
21Spalancano contro di me la loro bocca;
dicono con scherno: "Abbiamo visto con i nostri occhi!".

22Signore, tu hai visto, non tacere;
Dio, da me non stare lontano.
23Dèstati, svègliati per il mio giudizio,
per la mia causa, Signore mio Dio.

24Giudicami secondo la tua giustizia, Signore mio Dio,
e di me non abbiano a gioire.
25Non pensino in cuor loro: "Siamo soddisfatti!".
Non dicano: "Lo abbiamo divorato".

26Sia confuso e svergognato chi gode della mia sventura,
sia coperto di vergogna e d'ignominia chi mi insulta.
27Esulti e gioisca chi ama il mio diritto,
dica sempre: "Grande è il Signore
che vuole la pace del suo servo".
28La mia lingua celebrerà la tua giustizia,
canterà la tua lode per sempre.


Geremia 48

1Su Moab.
Così dice il Signore degli eserciti,
Dio di Israele:
"Guai a Nebo poiché è devastata,
piena di vergogna e catturata è Kiriatàim;
sente vergogna, è abbattuta la roccaforte.
2Non esiste più la fama di Moab;
in Chesbòn tramano contro di essa:
Venite ed eliminiamola dalle nazioni.
Anche tu, Madmèn, sarai demolita,
la spada ti inseguirà.
3Una voce, un grido da Coronàim:
Devastazione e rovina grande!
4Abbattuto è Moab,
le grida si fanno sentire fino in Zoar.
5Su per la salita di Luchìt vanno piangendo,
giù per la discesa di Coronàim
si ode un grido di disfatta.
6Fuggite, salvate la vostra vita!
Siate come l'asino selvatico nel deserto.
7Poiché hai posto la fiducia
nelle tue fortezze e nei tuoi tesori,
anche tu sarai preso e Camos andrà in esilio
insieme con i suoi sacerdoti e con i suoi capi.
8Il devastatore verrà contro ogni città;
nessuna città potrà scampare.
Sarà devastata la valle e la pianura desolata,
come dice il Signore.
9Date ali a Moab,
perché dovrà prendere il volo.
Le sue città diventeranno un deserto,
perché non vi sarà alcun abitante.
10Maledetto chi compie fiaccamente l'opera del Signore,
maledetto chi trattiene la spada dal sangue!
11Moab era tranquillo fin dalla giovinezza,
riposava come vino sulla sua feccia,
non è stato travasato di botte in botte,
né è mai andato in esilio;
per questo gli è rimasto il suo sapore,il suo profumo non si è alterato.
12Per questo, ecco, giorni verranno
- dice il Signore -
nei quali gli manderò travasatori a travasarlo,
vuoteranno le sue botti
e frantumeranno i suoi otri.

13Moab si vergognerà di Camos come la casa di Israele si è vergognata di Betel, oggetto della sua fiducia.

14Come potete dire:
Noi siamo uomini prodi
e uomini valorosi per la battaglia?
15Il devastatore di Moab sale contro di lui,
i suoi giovani migliori scendono al macello -
dice il re il cui nome è Signore degli eserciti.
16È vicina la rovina di Moab,
la sua sventura avanza in gran fretta.
17Compiangetelo, voi tutti suoi vicini
e tutti voi che conoscete il suo nome;
dite: Come si è spezzata la verga robusta,
quello scettro magnifico?
18Scendi dalla tua gloria, siedi sull'arido suolo,
o popolo che abiti a Dibon;
poiché il devastatore di Moab è salito contro di te,
egli ha distrutto le tue fortezze.
19Sta' sulla strada e osserva,
tu che abiti in Aroer.Interroga il fuggiasco e lo scampato,
domanda: Che cosa è successo?
20Moab prova vergogna, è in rovina;
urlate, gridate,
annunziate sull'Arnon
che Moab è devastato.

21È arrivato il giudizio per la regione dell'altipiano, per Colòn, per Iaaz e per Mefàat,22per Dibon, per Nebo e per Bet-Diblatàim,23per Kiriatàim, per Bet-Gamùl e per Bet-Meòn,24per Kiriòt e per Bozra, per tutte le città della regione di Moab, lontane e vicine.

25È infranta la potenza di Moab
ed è rotto il suo braccio.

26Inebriatelo, perché si è levato contro il Signore, e Moab si rotolerà nel vomito e anch'esso diventerà oggetto di scherno.27Non è stato forse Israele per te oggetto di scherno? Fu questi forse sorpreso fra i ladri, dato che quando parli di lui scuoti sempre la testa?

28Abbandonate le città e abitate nelle rupi,
abitanti di Moab,
siate come la colomba che fa il nido
nelle pareti d'una gola profonda.
29Abbiamo udito l'orgoglio di Moab,
il grande orgoglioso,
la sua superbia, il suo orgoglio, la sua alterigia,
l'altezzosità del suo cuore.

30Conosco bene la sua tracotanza - dice il Signore - l'inconsistenza delle sue chiacchiere, le sue opere vane.31Per questo alzo un lamento su Moab, grido per tutto Moab, gemo per gli uomini di Kir-Cheres.

32Io piango per te come per Iazèr,
o vigna di Sibma!
I tuoi tralci arrivavano al mare,
giungevano fino a Iazèr.
Sulle tue frutta e sulla tua vendemmia
è piombato il devastatore.
33Sono scomparse la gioia e l'allegria
dai frutteti e dalla regione di Moab.
È sparito il vino nei tini,
non pigia più il pigiatore,
il canto di gioia non è più canto di gioia.

34Delle grida di Chesbòn e di Elealè si diffonde l'eco fino a Iacaz; da Zoar si odono grida fino a Coronàim e a Eglat-Selisià, poiché le acque di Nimrìm son diventate una zona desolata.35Io farò scomparire in Moab - dice il Signore - chi sale sulle alture e chi brucia incenso ai suoi dèi.36Perciò il mio cuore per Moab geme come i flauti, il mio cuore geme come i flauti per gli uomini di Kir-Cheres, essendo venute meno le loro scorte.37Poiché ogni testa è rasata, ogni barba è tagliata; ci sono incisioni su tutte le mani e tutti hanno i fianchi cinti di sacco.38Sopra tutte le terrazze di Moab e nelle sue piazze è tutto un lamento, perché io ho spezzato Moab come un vaso senza valore. Parola del Signore.39Come è rovinato! Gridate! Come Moab ha voltato vergognosamente le spalle! Moab è diventato oggetto di scherno e di orrore per tutti i suoi vicini.

40Poiché così dice il Signore:
Ecco, come l'aquila egli spicca il volo
e spande le ali su Moab.
41Le città son prese, le fortezze sono occupate.
In quel giorno il cuore dei prodi di Moab
sarà come il cuore di donna nei dolori del parto.
42Moab è distrutto, ha cessato d'essere popolo,
perché si è insuperbito contro il Signore.
43Terrore, trabocchetto, tranello
cadranno su di te, abitante di Moab.
Oracolo del Signore.
44Chi sfugge al terrore cadrà nel trabocchetto;
chi risale dal trabocchetto
sarà preso nel tranello,
perché io manderò sui Moabiti tutto questo
nell'anno del loro castigo.
Oracolo del Signore.
45All'ombra di Chesbòn si fermano
spossati i fuggiaschi,
ma un fuoco esce da Chesbòn,una fiamma dal palazzo di Sicòn
e divora le tempie di Moab
e il cranio di uomini turbolenti.
46Guai a te, Moab,
sei perduto, popolo di Camos,
poiché i tuoi figli sono condotti schiavi,
le tue figlie portate in esilio.
47Ma io cambierò la sorte di Moab
negli ultimi giorni.
Oracolo del Signore".
Qui finisce il giudizio su Moab.


Lettera ai Filippesi 3

1Per il resto, fratelli mei, state lieti nel Signore. A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose:2guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno circoncidere!3Siamo infatti noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci gloriamo in Cristo Gesù, senza avere fiducia nella carne,4sebbene io possa vantarmi anche nella carne. Se alcuno ritiene di poter confidare nella carne, io più di lui:5circonciso l'ottavo giorno, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge;6quanto a zelo, persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall'osservanza della legge.
7Ma quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo.8Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo9e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede.10E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte,11con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti.12Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo.13Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro,14corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
15Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo.16Intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea.
17Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate a quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi.18Perché molti, ve l'ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo:19la perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra.20La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo,21il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose.


Capitolo XXX: Chiedere l’aiuto di Dio, nella fiducia di ricevere la sua grazia

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1. O figlio, io sono "il Signore, che consola nel giorno della tribolazione" (Na 1,7). Vieni a me, quando sei in pena. Quello che pone maggiore ostacolo alla celeste consolazione è proprio questo, che troppo tardi tu ti volgi alla preghiera. Infatti, prima di rivolgere a me intense orazioni, tu vai cercando vari sollievi e ti conforti in cose esteriori. Avviene così che nulla ti è di qualche giovamento, fino a che tu non comprenda che sono io la salvezza di chi spera in me, e che, fuori di me, non c'è aiuto efficace, utile consiglio, rimedio durevole.

Ora, dunque, ripreso animo dopo la burrasca, devi trovare nuovo vigore nella luce della mia misericordia. Giacché ti sono accanto, dice il Signore, per restaurare ogni cosa, con misura, non solo piena, ma colma.

C'è forse qualcosa che per me sia difficile; oppure somiglierò io ad uno che dice e non fa? Dov'è la tua fede? Sta saldo nella perseveranza; abbi animo grande e virilmente forte. Verrà a te la consolazione, al tempo suo. Aspetta me; aspetta: verrò e ti risanerò.

E' una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti atterrisce. A che serve la preoccupazione di quel che può avvenire in futuro, se non a far sì che tu aggiunga tristezza a tristezza? "Ad ogni giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). Vano e inutile è turbarsi o rallegrarsi per cose future, che forse non accadranno mai.

2. Tuttavia, è umano lasciarsi ingannare da queste fantasie; ed è segno della nostra pochezza d'animo lasciarsi attrarre tanto facilmente verso le suggestioni del nemico. Il quale non bada se ti illuda o ti adeschi con cose vere o false; non badare se ti abbatta con l'attaccamento alle cose presenti o con il timore delle cose future.

"Non si turbi dunque il tuo cuore, e non abbia timore" (Gv 14,27). Credi in me e abbi fiducia nella mia misericordia. Spesso, quando credi di esserti allontanato da me, io ti sono accanto; spesso, quando credi che tutto, o quasi, sia perduto, allora è vicina la possibilità di un merito più grande. Non tutto è perduto quando accade una cosa contraria. Non giudicare secondo il sentire umano. Non restare così schiacciato da alcuna difficoltà, da qualunque parte essa venga; non subirla come se ti fosse tolta ogni speranza di riemergere.

Non crederti abbandonato del tutto, anche se io ti ho mandato, a suo tempo, qualche tribolazione o se ti ho privato della sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel regno dei cieli. Senza dubbio, per te e per gli altri miei servi, essere provati dalle avversità è più utile che avere tutto a comando. Io conosco i pensieri nascosti; so che, per la tua salvezza, è molto bene che tu sia lasciato talvolta privo di soddisfazione, perché tu non abbia a gonfiarti del successo e a compiacerti di ciò che non sei. Quel che ho dato posso riprenderlo e poi restituirlo, quando mi piacerà. Quando avrò dato, avrò dato cosa mia; quando avrò tolto, non avrò tolto cosa tua; poiché mio è "tutto il bene che viene dato"; mio è "ogni dono perfetto" (Gc 1,17).

3.  Non indignarti se ti avrò mandato una gravezza o qualche contrarietà; né si prostri l'animo tuo: io ti posso subitamente risollevare, mutando tutta la tristezza in gaudio. Io sono giusto veramente, e degno di molta lode, anche quando opero in tal modo con te.

Se senti rettamente, se guardi alla luce della verità, non devi mai abbatterti così, e rattristarti, a causa delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e rendere grazie; devi anzi considerare gaudio supremo questo, che io non ti risparmi e che ti affligga delle sofferenze.

"Come il padre ha amato me, così anch'io amo voi" (Gv 15,9), dissi ai miei discepoli diletti. E, per vero, non li ho mandati alle gioie di questo mondo, ma a grandi lotte; non li ho mandati agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica, non a godere tranquillità, ma a dare molto frutto nella sofferenza.

Ricordati, figlio mio, di queste parole.


DISCORSO 365 SUL VERSETTO 7 DEL SALMO 15: " BENEDIRÒ IL SIGNORE, CHE MI HA DATO L'INTELLETTO ", ECCETERA.

Discorsi - Sant'Agostino

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Non è vera lode se non viene dal cuore.

1. Abbiamo cantato: Benedirò il Signore, e desidero benedirlo nel mio cuore, non solo con la voce: la lode del Signore è stonata sulla bocca di un peccatore 1 che la fa risonare solo sulle labbra e non nel cuore, e non dà nessun giovamento professare la lode con le labbra senza farvi corrispondere interiormente una professione d'amore. Voi vedete, fratelli: la carità non è una virtù della bocca: la sua sede è là dove si trova l'amica dello Sposo con la sua bellezza. Lo dice il Salmo: Tutta la gloria della figlia del re è interiore 2. Gloria significa bellezza, e bellezza non è che amore, e amore è la vita. Dunque per avere la vita, ama; e se ami, hai la bellezza, perché l'amore buono è bello. E se ti manca questa bellezza, non hai la vita: ne hai solo l'apparenza, ma non sei vivo dentro. Qualora noi apriamo un sepolcro, eretto su grandi colonne, spezzandone il marmo, non troviamo che un cadavere orrido, ossa fetide, cenere, vermi. Dunque l'apparenza di bellezza del sepolcro nascondeva un morto alla cui vista inorridiamo di spavento. Non si può presumere che un morto dica: Benedirò il Signore: lo attesta la Scrittura: Non i morti lodano te, Dio, né quanti scendono nell'inferno 3. Apri il Vangelo e udrai il Signore che grida al diavolo: Taci 4. E questo appunto perché: I morti non lodano Dio. Nessuno loda qualcuno senza amarlo, o se uno loda un nemico, costui loda nel nemico la virtù che ama. Colui che pecca si manifesta con ciò stesso nemico di Dio e quindi non può lodare né lui né la sua potenza, perché la lode è per sé un bene che non è compatibile con il peccato. Se uno poi loda qualcuno mentendo, la sua è una calunnia o un'irrisione invece che una lode. Se togli dal cuore l'amore, resta solo la menzogna. Non si può quindi pensare che la menzogna dia lode alla verità e che provengano dalla stessa fonte lode di Dio e bestemmia. Come vediamo che i sapienti del mondo disprezzano le lodi che provengono da persone insensate e malvagie, così non si può pensare che Dio riceva lode da un cuore impuro e svergognato, da chi bestemmia ed è dissennato. Canta dunque: Benedirò il Signore che mi ha dato l'intelletto 5. Tu che sei sano di mente perché sei stato risanato, e hai il dono dell'intelletto, devi lodare il tuo Dio che ti ha donato l'intelletto, ti ha donato la vista: l'intelletto perché tu comprenda quanta sia la larghezza e la profondità del suo amore, la vista perché tu volga lo sguardo verso di lui, che è il fondamento e il compimento della fede. E puoi quindi comprendere la carità, puoi riuscire a vedere Cristo: la carità per amare, Cristo per benedire, e così amando e benedicendo puoi conoscere Dio da cui ti è venuto l'intelletto, e conoscendolo vivere, perché: La vita eterna è questo: conoscere te, l'unico vero Dio, e conoscere colui che tu hai mandato, Gesù Cristo 6.

Contro gli eretici che attribuiscono alla natura buona il dono dell'intelletto.

2. Ma ti chiedo, di grazia, da dove ti è venuto l'intelletto. Ecco frapporsi all'improvviso tra noi uno a dire che l'intelletto proviene dallo stesso da cui proviene la natura e che se è buona la natura, è buono anche l'intelletto; basterà che tocchi in sorte una natura buona perché non sia degenere l'intelletto. Quindi egli sostiene: Benedirò il Signore con la natura, insieme con la quale ho avuto in dono l'intelletto. Ma io gli rispondo così: O eretico, se tu avessi la natura buona che pretendi di avere, dovrebbe in tal caso tacere, smentito, l'Apostolo che dice: Io non compio il bene che voglio 7: egli ha avuto in sorte una natura buona, eppure non riesce a compiere il bene che vorrebbe compiere. Lo vuole, lo desidera, lo tenta, ma la volontà è impotente, il desiderio vano, il tentativo inutile: contrariamente a quanto vorrebbe e desidera e tenta, egli non riesce ad agire secondo il bene. Ecco come è buona quella natura di cui è debole la volontà e sono vani i desideri, inutili i tentativi! Intervengano ora i filosofi a dar prova di sé: essi ti sarebbero molto grati che tu conceda loro così gratuitamente una natura buona. Essi infatti conoscono il cielo, la terra, il mare, scrutano gli abissi, indagano i segreti della natura, sanno distinguere le diverse categorie delle cose, ciò che le differenzia, ciò che ne costituisce la sostanza. Ma mentre arrivano a rendere conto di tutto questo, se procediamo oltre, ecco che essi vengono meno: pur dopo aver raggiunto tante e così alte conoscenze, non arrivano a dar lode a Dio, ed eccoli smarriti nei loro pensieri, divenuti insipienti mentre si credevano sapienti. Hanno mutato la somiglianza dell'uomo con Dio nella somiglianza con un vitello che mangia fieno: precipitano nell'errore dei Baalim accecati dal Dio del mondo, si sono abbandonati alle passioni vergognose e si sono resi simili agli oggetti del loro culto 8. Eppure era buona la loro natura e da essa, secondo te, veniva loro l'intelletto. Ma ti dovresti chiedere, o stolto, se una simile natura può donare un intelletto che maledice Dio, invece che benedirlo, e insorge contro il creatore stesso. Vi dico io, fratelli, quello che dovete dichiarare: Benedirò il Signore che mi ha dato l'intelletto 9, perché se non me lo avesse dato lui, non avrei capacità di intendere, e se non intendessi, non benedirei: invece da lui mi è venuto il dono dell'intelletto e della vista, mentre la natura è cieca e non può dare quello di cui essa stessa è priva. Se ti fabbricassi tu l'intelletto, saresti privo di vista: la luce che è in te, è tenebre. Dunque tu devi dire: Illumina le mie tenebre perché non mi addormenti nella morte 10. Addormentarsi nella morte non è altro che codesto sperare qualcosa dalla natura, volendo fare della carne il proprio strumento e pretendendo di fabbricarsi da sé l'intelletto: chi si comporta così non è solo morto, ma sprofondato nella morte, e puzza più di un morto di quattro giorni 11. Se uno fosse solo morto, potrebbe essere forse ridestato; invece nella morte dorme un sonno plumbeo, è immerso in essa: è finita per lui.

Solo la misericordia di Cristo può risanare la natura umana, di per sé inferma.

3. Ma voglio che tu apprenda che cosa fece colui che aveva avuto in sorte una natura buona, lui [l'angelo] che, come te, dichiarò di avere un intelletto buono in quanto aveva una natura buona perché colui che gli aveva dato la natura, non gli aveva negato l'intelletto. Ma questo è uno scorpione da schiacciare, calpestare per impedire che l'iniquità esca dalla sua bocca. Leggi: Avevo avuto in sorte un'anima buona e prosegui, per capire quale tesoro mai avevi ricevuto: un tesoro che sarà forse, mutato in carboni, quali mi auguro siano ammassati sul tuo capo a bruciar via tutta la tua presunzione. Proseguendo leggi dunque: e piuttosto, poiché ero buono, ero entrato in un corpo senza macchia. Come seppi che non potevo tenere a freno me stesso se non me lo concedeva Dio - e già questo era un segno di saggezza, sapere da chi viene tale dono -, mi rivolsi a Dio e lo pregai 12. E` pienamente vero che tu hai avuto in sorte una natura buona: buona è anche la natura del diavolo, come quella di tutte le creature che Dio ha creato. Però per quanto sia buona la tua natura, solo se Dio te ne farà dono, tu potrai avere quell'intelletto sapiente che ti permetta di astenerti dalle cattive brame e dominare i desideri. Imparalo, o eretico: è ora che lo impari: E seppi che non potevo altrimenti tenermi a freno, se Dio non me lo concedeva. E` appunto proprio della sapienza, che è tutta intelletto, sapere chi ti concede di tenere a freno te stesso e capire che senza un suo dono non ne saresti capace. Davvero nobile, si, codesta natura che è incapace di contenersi e che non può fare a meno di seguire i suoi impeti, se Dio non le fa dono dell'intelletto che le permetta di non sfrenarsi. Cantiamo dunque, fratelli, cantiamo: Benedirò il Signore che mi ha dato l'intelletto 13. Egli ha fatto dono della natura, ha fatto dono dell'intelletto: ha risanato la natura, ha risanato l'intelletto. Sia alla natura che all'intelletto usò misericordia il pio Samaritano che discese in nostro soccorso: fasciò le nostre ferite, le lavò con il vino - e sappiamo quale vino -, prestò le cure alla creatura, la portò nella locanda dandola da ospitare a chi vi abitava 14. La locanda è la Chiesa; chi vi abita è lo Spirito Santo. Egli riversò dal suo sacco lacerato la moneta con cui pagò per noi miseri l'ospitante; questi ricevuta la moneta, prestò le cure con il suo olio, spalmò le ferite della natura inferma con il suo unguento, e la guarì; diede fuoco al suo olio per illuminare le nostre tenebre e fece luce nel nostro intelletto. Se non hai questa fede, non ci sarà per te il samaritano, e tu perirai per la tua ferita, avendo rifiutato la mano che guarisce.

L'intelletto sapiente è dono dello Spirito Santo, che Cristo meritò per noi.

4. Interroghiamo gli Apostoli perché ci dicano chi diede loro in dono l'intelletto in quel famoso cinquantesimo giorno dopo la risurrezione del Signore. Non si può certo pensare che siano stati loro a suscitare quel tremendo fragore che scosse il luogo dove essi stavano in attesa delle promesse del Padre, e non è possibile che abbiano acceso loro quel fuoco dall'alto di cui tutti insieme furono accesi, né che abbiano creato loro quelle lingue di fuoco. Neppure si può sospettare che si siano procurati da sé quei doni divini, tra cui l'intelletto, per riempirsene secondo i desideri del loro cuore. Se uno affermasse questo, non avrebbe parte ai doni elargiti al compiersi di quei cinquanta giorni, e certo non ha ricevuto l'intelletto chi ritiene che esso venga dato in conformità alla natura. Dunque l'intelletto fu dato solo quando fu dato lo Spirito Santo. Dobbiamo arrivare ormai insieme a questa conclusione: tu arrossisci riconoscendoti confuso. E io vorrei davvero che questa confusione ti confermi nella vera fede, questo rossore ti faccia giungere alla gloria. Lo Spirito Santo è il dono promesso dal Padre, il regalo del Figlio. Se viene promesso, c'è qualcuno che lo promette, perché i doni che ci vengono promessi sono fuori di noi, fuori dalle nostre possibilità: sarebbe inutile che fosse promesso qualcosa di cui disponiamo già quando ne riceviamo la promessa, o di cui potremmo disporre quando ci piacesse. Io ti prometto quello che non hai, e lo prometto quando sono in grado di darti quello che prometto. Anche lo Spirito Santo è un dono, un dono superiore a ogni altro, un dono che non è dovuto a nessuno e che viene dato gratuitamente. E` nato Cristo e giacque nel presepio per farsi pasto di pii giumenti; tuttavia patì sete e stanchezza, fu venduto dai suoi, fu consegnato ai Giudei e accusato, fu flagellato dai Gentili e incoronato di spine, fu crocifisso e sepolto nella tomba: e perché tutto questo? Lo scopo era di acquistare per te quel dono che intendeva farti poi nel momento in cui ti dichiarassi credente, o meglio proprio perché tu credessi. Infatti se non ti avesse dato il dono prima della tua adesione di fede, non avresti creduto né prima né dopo. Di conseguenza, se tu ritieni che dalla natura ti venga il dono dell'intelletto, rendi vana la morte di Cristo, la passione, la croce, perché sarebbe vano il suo morire se egli fosse morto per acquistarti quello di cui già tu disponevi, e regalarti quello che possedevi. Pròvati a restituire al Signore come cose tutte vane la sua umiliazione nel presepio, la maledizione della croce, l'effusione del suo sangue: se tu basti a te stesso, tutto questo dunque è vano. Tu pretendi di esser ricco e tra i doni della tua ricca natura enumeri anche l'intelletto che credi dono della natura, non della grazia, e di cui non ti credi debitore al Creatore se non nel senso che egli ti ha dato la natura da cui, secondo te, proviene l'intelletto.

Esortazione ai presenti a esaminare la loro esperienza interiore.

5. Ma io ritengo che tu riconosca ormai il tuo errore, e mi auguro che siano istruiti i tuoi reni 15 perché tu lo possa riconoscere meglio e, riconoscendolo, tu sia in grado di chiedere, e chiedendo possa ottenere lo Spirito d'intelletto, di consiglio, di timore, per crescere in sapienza e prudenza e diventare più docile al Signore. Ora dopo aver svolto questo dibattito con un oppositore eretico, torno a rivolgermi a voi, fratelli: certamente a voi non mancava chi potesse istruirvi su questo argomento e ve lo sareste potuto chiarire da voi stessi. Infatti se foste caduti - cosa da cui Dio vi preservi - in questo grosso, stolto errore di credere donato dalla natura l'intelletto che ricevete solo dalla grazia e dalla misericordia di Dio, vi richiamerebbero a correggervi i vostri reni gridando: Perché sorgono tali dubbi nel vostro cuore? 16. Ciascuno esamini se stesso, si frughi e si interroghi, non ponga domande all'intorno, ma interroghi i suoi reni: questi gli diranno che nelle nostre membra v'è una legge diversa da quella che abbiamo nel nostro animo 17: per essa io sono disposto a ogni delitto, sono sopraffatto dagli impeti della concupiscenza, ogni giorno affondo nei peccati fino a sprofondarvi. Si levano invidia, superbia, lussuria a formare una schiera che assale me misero, e se riesco a sfuggire a Cariddi, cado in preda di Scilla; se respingo la libidine, cedo all'ira; se non mi piego all'avarizia, cedo all'ubriachezza; se mi trattengo dal rubare, chiudo però cuore e mani ai poveri; se non presto orecchio alle calunnie, la morte entra dalla finestra, cioè dagli occhi con cui accolgo gli stimoli di libidine e di passionalità. Insomma, se chiudo una fessura, se ne aprono altre cento da cui entra la pioggia rovinosa, e alla fine io mi sfascio. Queste le cose che ti dicono i tuoi reni, i quali, consapevoli della propria debolezza, ti avvertono, rimproverano, correggono e non ti lasciano in pace sino a notte. La tua notte è quella della tua coscienza ottenebrata, delle cui ombre tu, potendo, vorresti avvolgerti per opporle come difesa alla luce della verità, confidando solo nella tua fortezza. Ma intervengono i tuoi reni a correggerti, perché, come si legge in un passo della Scrittura: La tua forza è nei reni e nei lombi 18. Poiché però i tuoi lombi sono tanto molli, tanto fiacchi i tuoi reni, ti chiederai che cosa possa essere delle altre membra, se tanta è la debolezza dei reni da cui ci viene la forza. E quando dai nostri lombi abbiamo imparato come sia vana la speranza di una salvezza da parte degli uomini, non ci resta che sostenerli con un cinto perché non cadano. Noi cerchiamo di rinsaldare con chiodi e corde le assi di cui siamo costruiti, quando si fendono, consumate dalla vecchiaia o dall'ardore della febbre, ovvero cedono al sopravvenire di calamità o per qualche altra causa; allo stesso modo tu devi intervenire a sostenere i tuoi lombi, cioè la tua fortezza: se perdono vigore, cedono, si dissolvono, tutta la tua compagine si sfascia. Dunque prendi i chiodi della croce, conficcali con forza in profondità quanto possibile. In questo modo soltanto riuscirai a rinsaldare la tua compagine: ma non devi pretendere da chi vacilla che si tenga in piedi. E` propria dei chiodi della croce la capacità di risollevare chi è caduto, di ristabilire chi è debole, di tenere in piedi chi vacilla. Tu conficca i chiodi battendoli bene fino a farli entrare nel midollo, nell'anima stessa. Questa è la cura che ti guarirà, e una volta guarito dirai al Signore: A te affido la mia forza 19, da te viene la mia forza e a te l'affido. Rivolti al Signore...

 

 

1 - Cf. Sir 15, 9.

2 - Sal 44, 14.

3 - Sal 113, 17.

4 - Mc 1, 25.

5 - Sal 15, 7.

6 - Gv 17, 3.

7 - Rm 7, 19.

8 - Cf. Rm 1, 21-28.

9 - Sal 15, 7.

10 - Sal 12, 4.

11 - Cf. Gv 11, 39.

12 - Sap 8, 19-21.

13 - Sal 15, 7.

14 - Cf. Lc 10, 33-35.

15 - Cf. Sal 15, 7.

16 - Cf. Lc 24, 38.

17 - Cf. Rm 7, 23.

18 - Gb 40, 11.

19 - Sal 58, 10.


25 - Gesù, il nostro redentore, dopo aver ricevuto il battesimo, si incammina nel deserto, dove, con l'esercizio delle virtù eroiche, insegna agli uomini come combattere e vincere i vizi;.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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985. Con la testimonianza che la somma Verità aveva reso sulle rive del Giordano della divinità di Gesù, la persona e le parole di lui acquisirono una credibilità tale che egli avrebbe potuto incominciare subito la sua predicazione, facendosi conoscere attraverso di essa, i miracoli, le opere e la vita stessa, affinché tutti lo confessassero quale Figlio dell'eterno Padre, Messia d'Israele e salvatore del genere umano. Tuttavia, il Maestro della santità non volle farlo senza aver prima trionfato sui nostri nemici: il mondo, il demonio e la carne, e infine gli inganni che questi costantemente procuravano. Inoltre, con gli atti eroici delle virtù, voleva impartire le prime lezioni della vita spirituale e cristiana e mostrarci come combattere e avere la meglio nella battaglia. Dapprima riuscì a schiacciare i nostri comuni rivali, permettendo così che la nostra fragile natura li incontrasse indeboliti nel caso in cui noi non avessimo voluto consegnarci al loro potere, né di nostra volontà ridonare ad essi le forze perdute. Quantunque sua Maestà, come Dio, fosse infinitamente superiore ai diavoli e come uomo non avesse commesso né colpa né peccato, quale giusto e santo volle sottomettere i vizi e il loro autore, offrendo la sua umanità al conflitto della tentazione e celando ad essi, a tale scopo, la sua potenza.

986. Recandosi nel deserto ci insegnò a vincere il mondo, perché, sebbene questo sia solito abbandonare coloro dei quali non ha bisogno per i suoi fini terreni e non perda tempo ad inseguire coloro che non lo cercano, chi ne disprezza veramente il fascino deve dimostrarlo allontanandosene non solo con il cuore, ma anche con le azioni, per quanto è possibile. Egli sottomise la carne ed insegnò a noi a fare lo stesso con la penitenza del lungo digiuno che inflisse al suo corpo innocente, quantunque non avesse sperimentato alcuna ribellione nei confronti del bene, né sentimenti inclini al male. Sconfisse il padre della menzogna con la dottrina e la verità, dal momento che tutte le seduzioni di costui vengono solitamente mascherate e vestite di fraudolenta falsità. Inoltre, scegliendo di iniziare a proclamare la buona novella e di farsi conoscere solo dopo aver conseguito tale vittoria, ci diede un altro ammaestramento sul pericolo che noi corriamo nell'accettare gli onori mondani - fossero pure questi doni ricevuti dal cielo - prima di aver superato gli avversari e di essere morti alle passioni; infatti, se il plauso delle creature ci ritrova con il cuore afferrato da esse e privi di mortificazione, la grazia e i benefici dell'Altissimo avranno poca stabilità, poiché il vento della vanagloria è solito trascinare persino i monti più solidi. A ciascuno di noi spetta il compito di accorgersi che teniamo il tesoro in vasi di creta, perché quando il Signore vuole esaltare il suo nome nella nostra debolezza sa perfettamente quali mezzi usare per porla al sicuro e portare quindi alla luce le sue opere. Quanto a noi, solo il timore ci minaccia e ci appartiene.

987. L 'Unigenito, dopo aver preso commiato da Giovanni il Battista, accompagnato dagli angeli che lo servivano come re e sovrano e lo veneravano con canti di lode per ciò che stava realizzando in ordine alla salvezza, si diresse verso il luogo prestabilito dal volere superno. Così giunse in quel posto solitario tra rupi e rocce aride e sterili, in mezzo alle quali si trovava una caverna o grotta molto nascosta, che scelse come abitazione per i giorni del digiuno. Si prostrò al suolo con profondo abbassamento, come era solito fare insieme alla sua beatissima Madre prima di pregare, e magnificò l'Onnipotente per le meraviglie compiute e soprattutto per avergli concesso quella terra così adatta per il suo ritiro; ringraziò anche lo stesso deserto per averlo accolto, dandogli la possibilità di rimanere nascosto dal mondo per tutto il tempo necessario. Poi si mise a intercedere incessantemente con le braccia distese a forma di croce mentre elevava suppliche per il riscatto dell'umanità: questa risultò essere la sua occupazione più frequente durante la sua permanenza là. Qualche volta durante tali implorazioni sudava sangue, per le ragioni che esporrò quando parlerò dell'orazione nell'orto degli Ulivi.

988. Alcune volte, mentre camminava, molti animali selvatici gli correvano intorno e con ammirevole istinto lo riconoscevano come loro creatore, e in testimonianza di ciò emettevano guaiti e si esprimevano con ogni genere di movimento. Soprattutto gli uccelli volavano dinanzi a lui e gli manifestavano il loro giubilo con diversi soavi canti, facendogli festa e omaggiandolo. A loro modo volevano anche esprimere la loro gratitudine per poter essere a lui vicini, cosicché quell'eremo venisse santificato dalla sua divina presenza. Egli cominciò l'astinenza senza prendere alcun cibo per tutti i quaranta giorni, offrendolo all'Eterno per espiare gli eccessi disordinati che i mortali avrebbero commesso col vizio della gola che era frequentemente e apertamente onorato, sebbene fosse considerato vile e abietto. Nella maniera in cui vinse questo vizio, vinse anche tutti gli altri, dando così soddisfazione delle ingiurie che il legislatore supremo riceveva con essi. Secondo quanto mi sembra di capire, egli, prima di iniziare la predicazione e la missione di maestro, redentore e mediatore presso il Padre, volle trionfare su tutti i vizi e per riparare le offese fatte a Dio esercitò le virtù contrarie: col digiuno rimediò quindi la smoderatezza della gola. Fece lo stesso per tutto il tempo della sua vita, ma specialmente destinò a tale scopo le sue opere d'infinito valore mentre era nel deserto.

989. Come un padre affettuoso, i cui numerosi figli avessero commesso grandi delitti e per questo meritassero orrendi castighi, il nostro fratello Gesù elargì i suoi favori per la nostra salvezza e pagò i nostri debiti per preservarci dalla pena dovuta. Donò la sua umiltà per compensare la nostra superbia, la povertà scelta liberamente per la nostra avarizia, l'aspra penitenza per i turpi piaceri, la mansuetudine e la carità verso i nemici per l'ira e la vendetta, l'attenzione vigilante e la sollecitudine per la nostra pigrizia e trascuratezza, la sincerità più schietta e genuina, la verità e la dolcezza per la falsità e l'invidia. Così andava placando il giusto giudice e chiedendo il perdono per gli uomini degeneri e disobbedienti. In tal modo non ottenne solo questo, ma guadagnò per noi anche nuove grazie e nuovi aiuti, perché giungessimo a godere della sua compagnia, ad essere degni di contemplare il suo volto e quello dell'Altissimo e a prender parte alla loro gloria da sempre e per sempre. Anche se egli avrebbe potuto conseguire tutto questo con la minore delle sue opere, non agì come avremmo fatto noi e il suo amore sovrabbondò in incalcolabili dimostrazioni, affinché la nostra ingratitudine e durezza di cuore non avessero scuse.

990. Alla Principessa, per avere notizia degli atti di sua Maestà, sarebbero bastate la luce divina e le continue visioni e rivelazioni che aveva, ma ella nel suo zelo inviava al suo Unigenito frequenti messaggi per mezzo degli angeli. Lo stesso Signore disponeva che ciò avvenisse attraverso questi fedeli ambasciatori, perché i sensi di entrambi udissero reciprocamente i concetti che formavano i loro animi, e puntualmente essi li riferivano a Maria con le stesse parole uscite dalla bocca di Gesù e a Gesù con quelle di Maria, sebbene tutti e due ne fossero già informati per altra via. Non appena la Regina fu al corrente del fatto che egli si era incamminato verso il deserto e delle sue intenzioni, serrò le porte di casa senza che nessuno potesse accorgersi che dimorava all'interno. Si tenne talmente nascosta che gli stessi vicini pensarono che ella pure si fosse allontanata. Si raccolse nel suo oratorio e vi rimase quaranta giorni e quaranta notti senza uscire mai e senza prendere cibo, come sapeva che stava facendo il suo diletto: entrambi intendevano osservare la stessa forma di vita e lo stesso rigoroso digiuno. Lo imitò in tutto, con la preghiera, le prostrazioni a terra e le genuflessioni senza ometterne alcuna, e la cosa più stupefacente è che le compiva simultaneamente a lui e per questo motivo tralasciò ogni altra faccenda. Oltre ai messaggi che le erano recati, era in grado, a motivo di quel beneficio di cui ho più volte riferito, di vedere le operazioni dell'anima del Verbo incarnato, sia che questi fosse presente sia che fosse assente. Inoltre, per quanto riguarda le azioni corporali, che ella percepiva attraverso i sensi quando stavano insieme, ora, essendo egli lontano, riusciva a conoscerle attraverso la visione intellettuale, oppure le erano manifestate dagli stessi esseri celesti.

991. Il nostro Maestro, finché si trattenne in quel luogo, faceva ogni giorno trecento genuflessioni e prostrazioni ed altrettante ne faceva la Vergine ; il tempo che le restava, ella lo impiegava solitamente per comporre canti di lode. Ricalcando le sue orme cooperò con lui, riportò le medesime vittorie sui vizi e riparò gli stessi con le sue eroiche virtù. Se egli, come redentore, meritò tanti favori a nostro vantaggio e pagò i nostri debiti secondo la più severa giustizia, ella, come ausiliatrice e madre nostra, misericordiosamente intercedette per noi e divenne mediatrice nella misura in cui era possibile ad una semplice creatura.

 

Insegnamento della Regina del cielo

992. Figlia mia, le penitenze corporali sono indispensabili: molti si sono persi per sempre e molti altri corrono lo stesso pericolo, perché hanno ignorato questo dovere e hanno dimenticato o addirittura disprezzato l'obbligo di abbracciare la croce. I mortali devono affliggere la loro carne innanzitutto perché sono stati concepiti nella colpa e con essa tutta la natura umana è diventata corruttibile, e le passioni inclini al male e ostili allo spirito si sono ribellate alla ragione; infatti, se si permette che queste seguano le proprie inclinazioni, trascinano l'anima facendola precipitare da un vizio all'altro. Se però tale fiera viene soggiogata e domata col freno dell'astinenza, perde la sua forza e l'intelligenza ha il sopravvento con la luce della verità. Il secondo motivo per il quale ci si deve mortificare è che nessuno ha cessato di peccare contro Dio. Alla trasgressione deve corrispondere inevitabilmente il castigo, o in questa vita o nell'altra, e, poiché l'anima e il corpo hanno peccato insieme, devono essere puniti entrambi secondo equità; il dolore interiore non è sufficiente, se la carne per non dover patire tenta di schivare la pena adeguata. Il debito del reo è tanto grande quanto la sua capacità di rimediare è limitata e scarsa: egli non saprà mai, quantunque si sforzi ininterrottamente, se avrà potuto riparare e rendere soddisfazione al giudice, e quindi non deve smettere di impegnarsi fino alla fine dei suoi giorni.

993. La divina clemenza è a tal punto liberale con gli uomini che, se essi cercano come possono di espiare i loro peccati con la penitenza, sua Maestà non solo si mostra compensato delle offese subite, ma anche promette loro nuove grazie e il premio eterno. È necessario che i servi fedeli e prudenti, che amano veramente il loro Signore, procurino di aggiungere altre opere volontarie, perché al debitore che pensa solamente a pagare, senza fare più di quello che deve, benché paghi, nulla avanza ed egli resta povero, senza alcun capitale. Che cosa dunque devono fare o sperare coloro che non pagano, né compiono nulla a tal fine? Il terzo motivo per il quale ci si deve maggiormente mortificare è la sequela del nostro Maestro. Egli ed io, sebbene non avessimo né macchie né passioni disordinate, ci sacrificammo e tutta la nostra esistenza terrena trascorse nella continua afflizione dei sensi. Non bisognava che il Cristo sopportasse questi oltraggi per entrare nella gloria del suo corpo e del suo nome? Ed io lo seguii in tutto. Ordunque, se noi ci siamo comportati in questo modo perché conveniente, quale diritto hanno i discendenti di Adamo di cercare un altro cammino e di condurre una vita comoda, molle, dilettevole e avida di piaceri, aborrendo e disprezzando tutte le fatiche, le ignominie, i digiuni e gli atti di compunzione? Quale argomento adducono per cui il soffrire dovrebbe essere solo per il mio Unigenito e per me, mentre coloro che si procurano la condanna se ne stanno con le mani in mano, dediti alle lussuriose inclinazioni della carne, e usano le forze spirituali, che hanno ricevuto da lui per porsi al suo servizio e ricalcare le sue orme, per appagare i loro piaceri e per servire satana che li ha fin là trascinati? Questa mostruosità, che ormai regna dappertutto, ha provocato l'ira e l'indignazione dell'Onnipotente.

994. È vero, carissima, che i tormenti di mio Figlio hanno riparato le mancanze dei meriti umani. Egli ordinò anche a me di imitare precisamente i suoi supplizi e i suoi esercizi, affinché, sebbene fossi solo una semplice creatura, cooperassi con lui facendo le veci dei mortali. Ciò però non avvenne per esonerare questi ultimi dalla penitenza, ma per incitarli ad essa; infatti, non sarebbe stato necessario patire così tanto solo per rendere soddisfazione per essi. Gesù, come vero padre e fratello, volle anche dare valore alle azioni e alle mortificazioni di chi lo avrebbe seguito, poiché le stesse sarebbero state di poco conto agli occhi dell'Altissimo senza quelle che fece lui. E se questo vale per le opere virtuose e perfette, che sarà di quelle piene di difetti comunemente fatte dagli uomini, benché siano oggetto di virtù? Infatti, anche quelle di coloro che sono progrediti spiritualmente e giusti hanno bisogno di essere integrate e migliorate. Il nostro Salvatore ne colmò tutti i vuoti e le lacune affinché queste stesse, unite alle sue, fossero accette e gradite al sommo sovrano. Chi però non ne compie alcuna e se ne sta ozioso, non può avvalersi delle opere del suo Redentore: non si trova, infatti, in lui nulla da integrare o da ritoccare, ma al contrario molto da condannare. Ora, non mi riferisco all'esecrabile errore di quei credenti che perfino nelle pratiche di penitenza hanno introdotto la sensualità e la vanità del mondo. Per essi è opportuno un maggior castigo più per questo che per le altre colpe, dal momento che uniscono alla contrizione fini vani ed imperfetti dimenticando quelli soprannaturali che danno merito alla mortificazione e pongono in stato di grazia. Se sarà utile, ti parlerò di tale argomento in un'altra occasione. Per ora piangi su una simile cecità e tieniti pronta a sopportare ogni fatica e dolore, e, se anche tu soffrissi come gli apostoli, i martiri e i confessori, faresti solo il tuo dovere. Castiga sempre il tuo corpo e moltiplica lo zelo nel farlo; pensa che ti mancano ancora molte cose, che la vita è così breve e debole è la tua capacità di retribuzione.


33-11 Marzo 4, 1934 Gli atti fatti nella Divina Volontà formano le vie, abbracciano i secoli. Chi forma il carcere. L’Ingegnere Divino e l’Artefice insuperabile.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) La mia povera intelligenza gira sempre nel Fiat Divino per incontrarmi coi suoi atti, immedesimarmi con essi, corteggiarli, amarli e potergli dire: “Ho l’amore degli atti tuoi in mio potere, perciò ti amo come mi ami Tu, e ciò che fai Tu faccio io”. Oh! com’è bello poter dire: “Sono scomparsa nella Divina Volontà e perciò la sua Forza, il suo Amore, la sua Santità, il suo operato, è mio, facciamo un sol passo, abbiamo un sol moto ed un solo amore”. E la Divina Volontà tutta in festa pare che dica: “Come sono contenta, non sono più sola, sento in Me un palpito, un moto, una volontà che corre in Me, e fusa insieme, non mi lascia mai sola, e fa ciò che faccio Io”. Onde, mentre la mia mente si perdeva nel Voler Divino, pensavo tra me: “Ma qual bene fanno questi miei atti fatti nella Divina Volontà, mentre io non faccio nulla, fa tutto Essa, e siccome sto insieme, dentro di Essa, mi dice faccio ciò che Essa fa, e lo dice con ragione, perché stando in Essa e non fare ciò che Essa fa, è impossibile, perché la sua Potenza è tanta, che investe il mio nulla e fa fare ciò che fa il Tutto, né può fare, né sa fare diversamente”. Quindi il mio dolce Gesù sorprendendomi con la sua breve visitina mi ha detto:

(2) “Mia piccola figlia della mia Volontà, com’è bello, onore più grande non può ricevere la creatura di quello di venire ammessa dentro di Essa; gli istanti, i più piccoli atti fatti in Essa, abbracciano secoli, e siccome sono divini, sono investiti di tal potere che ciò che si vuol fare con essi, tutto si può fare e tutto ottenere, l’Essere Divino resta legato in questi atti, perché sono atti suoi e deve darli il valore che meritano. Oltre di ciò, tu devi sapere che gli atti fatti nella mia Volontà, formano le vie che devono servire alle anime per farle entrare in Essa, e sono tanto necessari, che se prima non escono anime eroiche che vivano in Essa per formare le vie principali del suo regno, le generazioni non trovando le vie, non sapranno come fare per entrare nella mia Volontà. Figlia mia, per formare una città prima si formano le vie che formano l’ordine che deve tenere una città, e poi si gettano le fondamenti per costruirla; se non si formano le vie, le uscite, le comunicazioni che deve tenere, passa pericolo che invece d’una città, possono i cittadini formarsi un carcere, perché non essendo corredato di vie non sanno da dove uscire; vedi quanto sono necessarie le vie. Ora, la città senza via è l’umana volontà, che chiusa nel suo carcere ha chiuso tutte le vie per entrare nella città celeste della mia Divina Volontà. Ora l’anima che entra in Essa rompe il carcere, atterra l’infelice città senza vie, senza uscite, e unita con la Potenza del mio Volere, Ingegnere Divino, forma il piano della città, ordina le vie, le comunicazioni, e facendola da Artefice insuperabile forma la nuova cittadella dell’anima, con tale maestria, da formare le vie di comunicazione per far entrare le altre anime e formare tante cittadelle per poter formare un regno, la prima sarà il modello delle altre. Vedi dunque a che servono gli atti fatti nella mia Volontà, mi sono tanto necessari, che senza di essi mancherebbe la via per farla regnare. Perciò sempre nella mia Volontà ti voglio, non uscirne giammai se vuoi rendere contento il tuo Gesù.