Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Scribi e farisei giudicano presto credendo di essere nel giusto, ma sono incapaci di accorgersi delle travi presenti nei loro sguardi. La presunzione di sentirsi apposto non permette di vedere gli altri come fratelli bensì come degli inadempienti, peccatori. Non accade, talvolta, di farci paladini delle più ardite battaglie proprio mentre la nostra esistenza è in totale dissonanza con ciò che proclamiamo? La rettitudine, prima ancora che esprimersi nei gesti e nelle parole, ha la sua origine naturale nel cuore. A nulla serve potare un albero se non si ha cura di concimare le radici. Serve a poco curare i comportamenti se non si cura il cuore. A chi si preoccupa di tenere pulite le mani, il Signore chiede di guardare se è puro il cuore. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 24° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 2

1Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano:2"Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo".3All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.4Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.5Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6'E tu, Betlemme', terra di Giuda,
'non sei' davvero 'il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.'

7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella8e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
9Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.10Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.12Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo".

14Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

'Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.'

16Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.17Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:

18'Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.'

19Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto20e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino".21Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele.22Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea23e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: "Sarà chiamato Nazareno".


Levitico 25

1Il Signore disse ancora a Mosè sul monte Sinai:2"Parla agli Israeliti e riferisci loro: Quando entrerete nel paese che io vi dò, la terra dovrà avere il suo sabato consacrato al Signore.3Per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti;4ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna.5Non mieterai quello che nascerà spontaneamente dal seme caduto nella tua mietitura precedente e non vendemmierai l'uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di completo riposo per la terra.6Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento a te, al tuo schiavo, alla tua schiava, al tuo bracciante e al forestiero che è presso di te;7anche al tuo bestiame e agli animali che sono nel tuo paese servirà di nutrimento quanto essa produrrà.
8Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni.9Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell'acclamazione; nel giorno dell'espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese.10Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia.11Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate.12Poiché è il giubileo; esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.13In quest'anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo.14Quando vendete qualche cosa al vostro prossimo o quando acquistate qualche cosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello.15Regolerai l'acquisto che farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l'ultimo giubileo: egli venderà a te in base agli anni di rendita.16Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo, tanto più ribasserai il prezzo; perché egli ti vende la somma dei raccolti.17Nessuno di voi danneggi il fratello, ma temete il vostro Dio, poiché io sono il Signore vostro Dio.
18Metterete in pratica le mie leggi e osserverete le mie prescrizioni, le adempirete e abiterete il paese tranquilli.19La terra produrrà frutti, voi ne mangerete a sazietà e vi abiterete tranquilli.20Se dite: Che mangeremo il settimo anno, se non semineremo e non raccoglieremo i nostri prodotti?,21io disporrò in vostro favore un raccolto abbondante per il sesto anno ed esso vi darà frutti per tre anni.22L'ottavo anno seminerete e consumerete il vecchio raccolto fino al nono anno; mangerete il raccolto vecchio finché venga il nuovo.
23Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini.24Perciò, in tutto il paese che avrete in possesso, concederete il diritto di riscatto per quanto riguarda il suolo.25Se il tuo fratello, divenuto povero, vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, cioè il suo parente più stretto, verrà e riscatterà ciò che il fratello ha venduto.26Se uno non ha chi possa fare il riscatto, ma giunge a procurarsi da sé la somma necessaria al riscatto,27conterà le annate passate dopo la vendita, restituirà al compratore il valore degli anni che ancora rimangono e rientrerà così in possesso del suo patrimonio.28Ma se non trova da sé la somma sufficiente a rimborsarlo, ciò che ha venduto rimarrà in mano al compratore fino all'anno del giubileo; al giubileo il compratore uscirà e l'altro rientrerà in possesso del suo patrimonio.
29Se uno vende una casa abitabile in una città recinta di mura, ha diritto al riscatto fino allo scadere dell'anno dalla vendita; il suo diritto di riscatto durerà un anno intero.30Ma se quella casa, posta in una città recinta di mura, non è riscattata prima dello scadere di un intero anno, rimarrà sempre proprietà del compratore e dei suoi discendenti; il compratore non sarà tenuto a uscire al giubileo.31Però le case dei villaggi non attorniati da mura vanno considerate come parte dei fondi campestri; potranno essere riscattate e al giubileo il compratore dovrà uscire.
32Quanto alle città dei leviti e alle case che essi vi possederanno, i leviti avranno il diritto perenne di riscatto.33Se chi riscatta è un levita, in occasione del giubileo il compratore uscirà dalla casa comprata nella città levitica, perché le case delle città levitiche sono loro proprietà, in mezzo agli Israeliti.34Neppure campi situati nei dintorni delle città levitiche si potranno vendere, perché sono loro proprietà perenne.
35Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è privo di mezzi, aiutalo, come un forestiero e inquilino, perché possa vivere presso di te.36Non prendere da lui interessi, né utili; ma temi il tuo Dio e fa' vivere il tuo fratello presso di te.37Non gli presterai il denaro a interesse, né gli darai il vitto a usura.38Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatto uscire dal paese d'Egitto, per darvi il paese di Canaan, per essere il vostro Dio.
39Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te, non farlo lavorare come schiavo;40sia presso di te come un bracciante, come un inquilino. Ti servirà fino all'anno del giubileo;41allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella proprietà dei suoi padri.42Poiché essi sono miei servi, che io ho fatto uscire dal paese d'Egitto; non debbono essere venduti come si vendono gli schiavi.43Non lo tratterai con asprezza, ma temerai il tuo Dio.44Quanto allo schiavo e alla schiava, che avrai in proprietà, potrete prenderli dalle nazioni che vi circondano; da queste potrete comprare lo schiavo e la schiava.45Potrete anche comprarne tra i figli degli stranieri, stabiliti presso di voi e tra le loro famiglie che sono presso di voi, tra i loro figli nati nel vostro paese; saranno vostra proprietà.46Li potrete lasciare in eredità ai vostri figli dopo di voi, come loro proprietà; vi potrete servire sempre di loro come di schiavi; ma quanto ai vostri fratelli, gli Israeliti, ognuno nei riguardi dell'altro, non lo tratterai con asprezza.
47Se un forestiero stabilito presso di te diventa ricco e il tuo fratello si grava di debiti con lui e si vende al forestiero stabilito presso di te o a qualcuno della sua famiglia,48dopo che si è venduto, ha il diritto di riscatto; lo potrà riscattare uno dei suoi fratelli49o suo zio o il figlio di suo zio; lo potrà riscattare uno dei parenti dello stesso suo sangue o, se ha i mezzi di farlo, potrà riscattarsi da sé.50Farà il calcolo con il suo compratore, dall'anno che gli si è venduto all'anno del giubileo; il prezzo da pagare sarà in proporzione del numero degli anni, valutando le sue giornate come quelle di un bracciante.51Se vi sono ancora molti anni per arrivare al giubileo, pagherà il riscatto in ragione di questi anni e in proporzione del prezzo per il quale fu comprato;52se rimangono pochi anni per arrivare al giubileo, farà il calcolo con il suo compratore e pagherà il prezzo del suo riscatto in ragione di quegli anni.53Resterà presso di lui come un bracciante preso a servizio anno per anno; il padrone non dovrà trattarlo con asprezza sotto i suoi occhi.54Se non è riscattato in alcuno di quei modi, se ne andrà libero l'anno del giubileo: lui con i suoi figli.55Poiché gli Israeliti sono miei servi; miei servi, che ho fatto uscire dal paese d'Egitto. Io sono il Signore vostro Dio".


Salmi 149

1Alleluia.

Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell'assemblea dei fedeli.
2Gioisca Israele nel suo Creatore,
esultino nel loro Re i figli di Sion.
3Lodino il suo nome con danze,
con timpani e cetre gli cantino inni.
4Il Signore ama il suo popolo,
incorona gli umili di vittoria.

5Esultino i fedeli nella gloria,
sorgano lieti dai loro giacigli.
6Le lodi di Dio sulla loro bocca
e la spada a due tagli nelle loro mani,
7per compiere la vendetta tra i popoli
e punire le genti;
8per stringere in catene i loro capi,
i loro nobili in ceppi di ferro;
9per eseguire su di essi il giudizio già scritto:
questa è la gloria per tutti i suoi fedeli.

Alleluia.


Salmi 96

1Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore da tutta la terra.
2Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunziate di giorno in giorno la sua salvezza.
3In mezzo ai popoli raccontate la sua gloria,
a tutte le nazioni dite i suoi prodigi.

4Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
5Tutti gli dèi delle nazioni sono un nulla,
ma il Signore ha fatto i cieli.
6Maestà e bellezza sono davanti a lui,
potenza e splendore nel suo santuario.

7Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
8date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri,
9prostratevi al Signore in sacri ornamenti.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
10Dite tra i popoli: "Il Signore regna!".
Sorregge il mondo, perché non vacilli;
giudica le nazioni con rettitudine.

11Gioiscano i cieli, esulti la terra,
frema il mare e quanto racchiude;
12esultino i campi e quanto contengono,
si rallegrino gli alberi della foresta
13davanti al Signore che viene,
perché viene a giudicare la terra.
Giudicherà il mondo con giustizia
e con verità tutte le genti.


Geremia 25

1Questa parola fu rivolta a Geremia per tutto il popolo di Giuda nel quarto anno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda - cioè nel primo anno di Nabucodònosor re di Babilonia -.2Il profeta Geremia l'annunciò a tutto il popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme dicendo:3"Dall'anno decimoterzo di Giosia figlio di Amòn, re di Giuda, fino ad oggi sono ventitré anni che mi è stata rivolta la parola del Signore e io ho parlato a voi premurosamente e continuamente, ma voi non avete ascoltato.4Il Signore vi ha inviato con assidua premura tutti i suoi servi, i profeti, ma voi non avete ascoltato e non avete prestato orecchio per ascoltare5quando vi diceva: Ognuno abbandoni la sua condotta perversa e le sue opere malvage; allora potrete abitare nel paese che il Signore ha dato a voi e ai vostri padri dai tempi antichi e per sempre.6Non seguite altri dèi per servirli e adorarli e non provocatemi con le opere delle vostre mani e io non vi farò del male.7Ma voi non mi avete ascoltato - dice il Signore - e mi avete provocato con l'opera delle vostre mani per vostra disgrazia.8Per questo dice il Signore degli eserciti: Poiché non avete ascoltato le mie parole,9ecco manderò a prendere tutte le tribù del settentrione, le manderò contro questo paese, contro i suoi abitanti e contro tutte le nazioni confinanti, voterò costoro allo sterminio e li ridurrò a oggetto di orrore, a scherno e a obbrobrio perenne.10Farò cessare in mezzo a loro le grida di gioia e le voci di allegria, la voce dello sposo e quella della sposa, il rumore della mola e il lume della lampada.11Tutta questa regione sarà abbandonata alla distruzione e alla desolazione e queste genti resteranno schiave del re di Babilonia per settanta anni.12Quando saranno compiuti i settanta anni, io punirò il re di Babilonia e quel popolo - dice il Signore - per i loro delitti, punirò il paese dei Caldei e lo ridurrò a una desolazione perenne.13Manderò dunque a effetto su questo paese tutte le parole che ho pronunziate a suo riguardo, quanto è scritto in questo libro, ciò che Geremia aveva predetto contro tutte le nazioni.

14Nazioni numerose e re potenti ridurranno in schiavitù anche costoro, e così li ripagherò secondo le loro azioni, secondo le opere delle loro mani".
15Così mi disse il Signore, Dio di Israele: "Prendi dalla mia mano questa coppa di vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti invio,16perché ne bevano, ne restino inebriate ed escano di senno dinanzi alla spada che manderò in mezzo a loro".
17Presi dunque la coppa dalle mani del Signore e la diedi a bere a tutte le nazioni alle quali il Signore mi aveva inviato:18a Gerusalemme e alle città di Giuda, ai suoi re e ai suoi capi, per abbandonarli alla distruzione, alla desolazione, all'obbrobrio e alla maledizione, come avviene ancor oggi;19anche al faraone re d'Egitto, ai suoi ministri, ai suoi nobili e a tutto il suo popolo;20alla gente d'ogni razza e a tutti i re del paese di Uz, a tutti i re del paese dei Filistei, ad Ascalòn, a Gaza, a Ekròn e ai superstiti di Asdòd,21a Edom, a Moab e agli Ammoniti,22a tutti i re di Tiro e a tutti i re di Sidòne e ai re dell'isola che è al di là del mare,23a Dedan, a Tema, a Buz e a quanti si radono l'estremità delle tempie,24a tutti i re degli Arabi che abitano nel deserto,25a tutti i re di Zimrì, a tutti i re dell'Elam e a tutti i re della Media,26a tutti i re del settentrione, vicini e lontani, agli uni e agli altri e a tutti i regni che sono sulla terra; il re di Sesàch berrà dopo di essi.
27"Tu riferirai loro: Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Bevete e inebriatevi, vomitate e cadete senza rialzarvi davanti alla spada che io mando in mezzo a voi.28Se poi rifiuteranno di prendere dalla tua mano il calice da bere, tu dirai loro: Dice il Signore degli eserciti: Certamente berrete!29Se io comincio a castigare proprio la città che porta il mio nome, pretendete voi di rimanere impuniti? No, impuniti non resterete, perché io chiamerò la spada su tutti gli abitanti della terra. Oracolo del Signore degli eserciti.30Tu preannunzierai tutte queste cose e dirai loro:

Il Signore ruggisce dall'alto,
dalla sua santa dimora fa udire il suo tuono;
alza il suo ruggito contro la prateria,
manda grida di giubilo come i pigiatori delle uve,
contro tutti gli abitanti del paese.
31Il rumore giunge fino all'estremità della terra,
perché il Signore viene a giudizio con le nazioni;
egli istruisce il giudizio riguardo a ogni uomo,
abbandona gli empi alla spada.
Parola del Signore.
32Dice il Signore degli eserciti:
Ecco, la sventura passa
di nazione in nazione,
un grande turbine si alza
dall'estremità della terra.

33In quel giorno i colpiti dal Signore si troveranno da un'estremità all'altra della terra; non saranno pianti né raccolti né sepolti, ma saranno come letame sul suolo.

34Urlate, pastori, gridate,
rotolatevi nella polvere, capi del gregge!
Perché sono compiuti i giorni per il vostro macello;
stramazzerete come scelti montoni.
35Non ci sarà rifugio per i pastori
né scampo per i capi del gregge.
36Sentite le grida dei pastori,
gli urli delle guide del gregge,
perché il Signore distrugge il loro pascolo;
37sono devastati i prati tranquilli
a causa dell'ardente ira del Signore.
38Il leone abbandona la sua tana,
poiché il loro paese è una desolazione
a causa della spada devastatrice
e a causa della sua ira ardente".


Seconda lettera ai Corinzi 11

1Oh se poteste sopportare un po' di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate.2Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo.3Temo però che, come il serpente nella sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo.4Se infatti il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo.5Ora io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi "superapostoli"!6E se anche sono un profano nell'arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come vi abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a tutti.
7O forse ho commesso una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunziato gratuitamente il vangelo di Dio?8Ho spogliato altre Chiese accettando da loro il necessario per vivere, allo scopo di servire voi.9E trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato d'aggravio a nessuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire.10Com'è vero che c'è la verità di Cristo in me, nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acaia!
11Questo perché? Forse perché non vi amo? Lo sa Dio!12Lo faccio invece, e lo farò ancora, per troncare ogni pretesto a quelli che cercano un pretesto per apparire come noi in quello di cui si vantano.13Questi tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo.14Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce.15Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere.
16Lo dico di nuovo: nessuno mi consideri come un pazzo, o se no ritenetemi pure come un pazzo, perché possa anch'io vantarmi un poco.17Quello che dico, però, non lo dico secondo il Signore, ma come da stolto, nella fiducia che ho di potermi vantare.18Dal momento che molti si vantano da un punto di vista umano, mi vanterò anch'io.19Infatti voi, che pur siete saggi, sopportate facilmente gli stolti.20In realtà sopportate chi vi riduce in servitù, chi vi divora, chi vi sfrutta, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia.21Lo dico con vergogna; come siamo stati deboli!
Però in quello in cui qualcuno osa vantarsi, lo dico da stolto, oso vantarmi anch'io.22Sono Ebrei? Anch'io! Sono Israeliti? Anch'io! Sono stirpe di Abramo? Anch'io!23Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte.24Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi;25tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde.26Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli;27fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità.28E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese.29Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?
30Se è necessario vantarsi, mi vanterò di quanto si riferisce alla mia debolezza.31Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco.32A Damasco, il governatore del re Areta montava la guardia alla città dei Damasceni per catturarmi,33ma da una finestra fui calato per il muro in una cesta e così sfuggii dalle sue mani.


Capitolo II: Nel Sacramento si manifestano all’uomo la grande bontà e l’amore di Dio

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Parola del discepolo

1.     O Signore, confidando nella tua bontà e nella tua grande misericordia, mi appresso infermo al Salvatore, affamato e assetato alla fonte della vita, povero al re del cielo, servo al Signore, creatura al Creatore, desolato al pietoso mio consolatore. Ma "per qual ragione mi è dato questo, che tu venga a me?" (Lc 1,43). Chi sono io, perché tu ti doni a me; come potrà osare un peccatore di apparirti dinanzi; come ti degnerai di venire ad un peccatore? Ché tu lo conosci, il tuo servo; e sai bene che in lui non c'è alcunché di buono, per cui tu gli dia tutto ciò. Confesso, dunque, la mia pochezza, riconosco la tua bontà, glorifico la tua misericordia e ti ringrazio per il tuo immenso amore. Infatti non è per i miei meriti che fai questo, ma per il tuo amore: perché mi si riveli maggiormente la tua bontà, più grande mi si offra il tuo amore e l'umiltà ne risulti più perfettamente esaltata. Poiché, dunque, questo ti è caro, e così tu comandasti che si facesse, anche a me è cara questa tua degnazione. E voglia il Cielo che a questo non sia di ostacolo la mia iniquità.

2. Gesù, pieno di dolcezza e di benignità, quanta venerazione ti dobbiamo, e gratitudine e lode incessante, per il fatto che riceviamo il tuo santo corpo, la cui grandezza nessuno può comprendere pienamente. Ma quali saranno i miei pensieri in questa comunione con te, in questo avvicinarmi al mio Signore; al mio Signore che non riesco a venerare nella misura dovuta e che tuttavia desidero accogliere devotamente? Quale pensiero più opportuno e più salutare di quello di abbassarmi totalmente di fronte a te, esaltando, su di me la tua bontà infinita? Ti glorifico, o mio Dio, e ti esalto in eterno; disprezzo me stesso, sottoponendomi a te, dal profondo della mia pochezza. Ecco, tu sei il santo dei santi, ed io una sozzura di peccati. Ecco, tu ti abbassi verso di me, che non sono degno neppure di rivolgerti lo sguardo. Ecco, tu vieni a me, vuoi stare con me, mi inviti al tuo banchetto; tu mi vuoi dare il cibo celeste, mi vuoi dare da mangiare il pane degli angeli: nient'altro, veramente, che te stesso, "pane vivo, che sei disceso dal cielo e dai la vita al mondo (Gv 6,33.51). Se consideriamo da dove parte questo amore, quale degnazione ci appare; quanto profondi ringraziamenti e quante lodi ti si debbono!

3. Quanto fu utile per la nostra salvezza il tuo disegno, quando hai istituito questo sacramento; come è soave e lieto questo banchetto, nel quale hai dato in cibo te stesso! Come è ammirabile questo che tu fai; come è efficace la tua potenza e infallibile la tua verità. Infatti, hai parlato "e le cose furono" (Sal 148, 5); e fu anche questo sacramento, che tu hai comandato. Mirabile cosa, degna della nostra fede; cosa che oltrepassa la umana comprensione che tu, o Signore Dio mio, vero Dio e uomo, sia tutto sotto quella piccola apparenza del pane e del vino; e che tu sia mangiato senza essere consumato. "Tu, o Signore di tutti", che, di nessuno avendo bisogno, hai voluto, per mezzo del Sacramento, abitare fra noi (2 Mac 14,35), conserva immacolato il mio cuore e il mio corpo, affinché io possa celebrare sovente i tuoi misteri, con lieta e pura coscienza; e possa ricevere, a mia salvezza eterna, ciò che tu hai stabilito e istituito massimamente a tua glorificazione e perenne memoria di te.

4. Rallegrati, anima mia, e rendi grazie a Dio per un dono così sublime, per un conforto così straordinario, lasciato a te in questa valle di lacrime. In verità, ogni qualvolta medito questo mistero e ricevi il corpo di Cristo, lavori alla tua redenzione e ti rendi partecipe di tutti i meriti di Cristo. Mai non viene meno, infatti, l'amore di Cristo; né si esaurisce la grandezza della sua intercessione. E' dunque con animo sempre rinnovato che ti devi disporre a questo Sacramento; è con attenta riflessione che devi meditare il mistero della salvezza. E quando celebri la Messa, o l'ascolti, ciò deve apparirti un fatto così grande, così straordinario e così pieno di gioia, come se, in quello stesso giorno, scendendo nel seno della Vergine, Cristo si facesse uomo, patisse e morisse pendendo dalla croce.


DISCORSO 350 LA CARITÀ.

Discorsi - Sant'Agostino

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Carità precetto nuovo che fa nuovo l'uomo.

1. Fratelli miei, chi ha il cuore colmo di carità comprende senza alcun errore e custodisce senza alcuna fatica la molteplice ricchezza delle divine Scritture e quella immensa dottrina. Lo testimonia l'Apostolo: Il compimento della legge è la carità 1. E ancora: Il fine del precetto è la carità, che sgorga da cuore puro, da buona coscienza e da fede sincera 2. Il fine del precetto che cosa è se non il suo realizzarsi? E il realizzarsi del precetto che cosa è se non il compimento della legge? Perciò quel passo in cui [l'Apostolo] ha detto: Il compimento della legge è la carità coincide con quello che ha aggiunto dopo: Il fine del precetto è la carità. Né si può dubitare in alcun modo che l'uomo in cui risiede la carità sia tempio di Dio, perché Dio è carità 3, lo afferma Giovanni. Gli Apostoli, nel dirci queste cose, ed esaltandoci la preminenza della carità, non fanno altro che trasmettere a noi ciò di cui essi stessi si sono alimentati. Loro alimento fu lo stesso Signore che li nutrì con la parola della verità, con la parola della carità, che è poi lui stesso, il pane vivo disceso dal cielo. Disse loro: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. E ancora: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri 4. Colui infatti che venne ad annientare la corruzione della carne attraverso l'obbrobrio della croce e a sciogliere il vincolo antico che ci legava alla morte, con la novità della sua morte, con questo comandamento rese nuovo l'uomo. Era una cosa vecchia il morire dell'uomo. Ma perché appunto questa cosa vecchia non trionfasse perpetuandosi nella condizione umana, avvenne questa cosa nuova: che Dio morisse. Ma poiché è morto solo nella carne, non nella divinità, non permise, in virtù della vita eterna della divinità, che la morte della carne fosse definitiva. Così, come dice l'Apostolo: E` stato messo a morte per i nostri peccati, ed è risorto per la nostra giustificazione 5. Colui dunque che contrappose a quella cosa vecchia che è la morte la novità della vita, contrappose anche al vecchio peccato un comandamento nuovo. Perciò, se vuoi estinguere il peccato, che è cosa vecchia, estingui la cupidigia osservando il comandamento nuovo, e pratica la carità. La carità è radice di ogni bene, come la cupidigia è radice di ogni male 6.

Tutta la dottrina delle Scritture è contenuta nella carità.

2. La carità, per la quale amiamo Dio e il prossimo, contiene sicuramente in sé tutta la grandezza e la vastità delle parole divine. C'insegna infatti il divino, unico Maestro: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente; e amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge ed i Profeti 7. Per cui, se non hai tempo di indagare su tutte le Pagine sante, di togliere il velo ai sacri discorsi, di penetrare tutti i segreti delle Scritture, attieniti alla carità, su cui tutto si fonda. Così possederai quello che lì hai imparato e possederai anche quello che non hai ancora imparato. Se hai conosciuto la carità, hai conosciuto ciò da cui dipende anche quello che eventualmente ancora non conoscessi. In sostanza quel tanto che capisci delle Scritture è Carità che ti si rivela, e quello che non capisci è Carità che ti resta nascosta. Pertanto chi pratica la carità possiede, delle divine Scritture, tanto quello che è palese, quanto quello che resta nascosto.

Lode della carità.

3. Perciò, fratelli, esercitate la carità, dolce e salutare vincolo delle anime: senza di essa il ricco è povero; con essa il povero è ricco. Essa è paziente nella avversità, moderata nella prosperità. E` forte in mezzo alle dure sofferenze, piena di gioia nelle opere buone; nelle tentazioni sicurissima; nell'ospitalità larghissima; lietissima tra i veri fratelli; pazientissima con quelli falsi. In Abele che sacrifica è gradita a Dio, in Noè sicura nel diluvio; nelle peregrinazioni di Abramo fedelissima; in Mosè, fra le ingiurie, mitissima; nelle tribolazioni di Davide sommamente mansueta. Nei tre fanciulli [della fornace] aspetta con tranquilla innocenza contro le fiamme che saranno innocue; nei Maccabei è forza che sostiene le fiamme crudeli. E` casta in Susanna sposa, in Anna vedova, in Maria vergine. E` franca in Paolo nell'incolpare, è umile in Pietro che ubbidisce. E` umana nei cristiani che si confessano, divina nel perdono che Cristo accorda. Ma che potrei mai dire di più o con maggior ricchezza di quanto ha detto il Signore, che intona una lode alla carità per bocca dell'Apostolo, il quale dimostra la superiorità, su tutte, di questa via? Egli dice: Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente; è benigna la carità; non è invidiosa la carità; non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tien conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine 8. Quanto è grande la carità! E` l'anima dei Libri sacri, è la virtù della profezia, è la salvezza dei sacramenti, è la forza della scienza, il frutto della fede, la ricchezza dei poveri, la vita dei morenti. Che cosa c'è di più magnanimo che dare la vita per i malvagi? Quale benevolenza maggiore che amare i nemici? Solo la carità fa sì che la felicità altrui non ti turbi, perché non è gelosa. Solo essa non si esalta per la prosperità, perché non si gonfia di superbia. In virtù di essa sola non vi è rodìo di cattiva coscienza, perché non agisce con ingiustizia. Essa va tranquilla fra gli insulti, è benefica fra gli odi. Di fronte al ribollire delle ire è placida, in mezzo a trame insidiose è innocente. E` afflitta nelle cattiverie, respira nella verità. Di fronte alle ingiurie che cosa vi è di più forte della carità? In quanto non ricambia le offese ma lascia correre. Che cosa vi è di più fedele della carità? Fedele non all'effimero ma all'eterno. Essa sopporta tutto nella presente vita, per la ragione che tutto crede sulla futura vita: sopporta tutte le cose che qui ci sono date da sopportare, perché spera tutto quello che le viene promesso là. Giustamente non ha mai fine. Perciò praticate la carità e portate, meditandola santamente, frutti di giustizia. E se troverete voi, a sua lode, altre cose che io non vi abbia detto ora, lo si veda nel vostro modo di vivere. Il discorso di un vecchio occorre che sia non solo sostanzioso, ma anche breve.

 

1 - Rm 13, 10.

2 - 1 Tm 1, 5.

3 - 1 Gv 4, 8.

4 - Gv 13, 34-35.

5 - Rm 4, 25.

6 - 1 Tm 6, 10.

7 - Mt 22, 37-40.

8 - 1 Cor 13, 1-8.


Capitolo ottavo - E mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno

Le glorie di Maria - Sant'Alfonso Maria de Liguori

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1. Maria libera i suoi devoti dall'inferno

È impossibile che si danni un devoto di Maria che fedelmente la onora e si raccomanda a lei. A prima vista questa proposizione sembrerà forse a qualcuno troppo azzardata, ma io lo pregherei di non respingerla prima di leggere quello che dirò su questo punto. Quando si afferma che è impossibile che un devoto della Madonna si danni, non si intende parlare di quei devoti che abusano della loro devozione per peccare con minor timore. Perciò ingiustamente alcuni sembrano disapprovare che noi esaltiamo tanto la pietà di Maria verso i peccatori perché dicono che questi ne abusano per peccare ancora di più; tali presuntuosi per la loro temeraria fiducia meritano il castigo, non la misericordia. Si intende invece parlare di quei devoti che, desiderosi di emendarsi, sono fedeli nell'onorare la Madre di Dio e nel raccomandarsi a lei. Questi, dico, è moralmente impossibile che si perdano. Lo ha affermato anche il padre Crasset nel suo libro sulla devozione verso Maria Vergine, e prima di lui il Vega nella sua Teologia mariana, il Mendoza e altri teologi. Per assicurarci che essi non hanno parlato a caso, vediamo quel che ne hanno detto i dottori e i santi. Nessuno si meravigli se riporterò molte sentenze somiglianti; ho voluto registrarle tutte, per dimostrare quanto sono stati concordi gli autori su questo punto. Sant'Anselmo dice che, come è impossibile che si salvi chi non è devoto a Maria e da lei non è protetto, così è impossibile che si danni chi si raccomanda alla Vergine e da lei è guardato con amore. Sant'Antonino conferma quasi con le stesse parole: « Come è impossibile che possano essere salvi quelli dai quali Maria distoglie gli sguardi della sua misericordia, così è necessario che quelli sui quali rivolge i suoi occhi implorando per loro siano salvi ed entrino nella gloria ». Si noti la prima parte della proposizione di questi santi e tremino quelli che tengono in poco conto o abbandonano per trascuratezza la devozione alla divina Madre: dicono che è impossibile salvarsi per quelli che non sono protetti da Maria. Lo asseriscono anche altri, come il beato Alberto Magno: « O Maria, tutti quelli che non sono tuoi servi si perderanno ». San Bonaventura: « Chi trascura di servire la Vergine morirà in peccato ». E altrove: « Chi non ti invoca in questa vita, Signora, non giungerà in paradiso ». A proposito del salmo 99 il santo arriva a dire che quelli da cui Maria distoglie lo sguardo non solo non si salveranno, ma che per loro non vi sarà neppure speranza di salvezza. Già prima di lui sant'Ignazio martire aveva affermato che un peccatore non può salvarsi se non per mezzo della santa Vergine, la quale con la sua pietosa intercessione salva tanti che secondo la divina giustizia sarebbero dannati. Alcuni dubitano che questa sentenza sia di sant'Ignazio; il padre Crasset dice che questo detto l'ha fatto suo san Giovanni Crisostomo. Lo troviamo ugualmente ripetuto dall'abate di Selles. E in questo senso la santa Chiesa applica a Maria le parole dei Proverbi: « Tutti quelli che mi odiano, amano la morte» (Pro 8,36). Infatti - come dice Riccardo di san Lorenzo a proposito delle parole « Ella è simile alla nave di un mercante » (Pro 31,14) - «saranno sommersi nel mare di questo mondo tutti quelli che sono fuori di questa nave». Anche l'eretico Ecolampadio diceva: « Non mi si sentirà mai parlare contro Maria, poiché stimo segno certo di riprovazione la poca devozione verso di lei». Al contrario, Maria afferma: « Chi mi ascolta non sarà confuso » (Eccli [= Sir] 24,30 Volg.), non si perderà. « Signora, le dice san Bonaventura, chi attende ad onorarti sarà lontano dalla perdizione». Ciò avverrà, dice sant'Ilario, anche se costui in passato avesse molto offeso Dio. Perciò il demonio si dà tanto da fare perché i peccatori, dopo aver perduto la grazia divina, perdano anche la devozione a Maria. Sara, vedendo Isacco scherzare con Ismaele che gli insegnava cattive abitudini, chiese ad Abramo di allontanarlo e di allontanare anche sua madre Agar: « Scaccia questa serva e il figlio di lei » (Gn 21,10). Non le bastò che fosse mandato via solamente il figlio senza che venisse mandata via anche la madre; pensava infatti che altrimenti il figlio, venendo a vedere la madre, avrebbe continuato a frequentare la casa. Così il demonio non si accontenta di vedere che un' anima scaccia da sé Gesù Cristo, se non ne scaccia anche la madre, altrimenti teme che la Madre con la sua intercessione riconduca di nuovo in essa il Figlio. E teme con ragione, poiché, come dice il dotto padre Paciuchelli, « colui che persevera nel rendere omaggio alla Madre di Dio, presto riceverà Dio stesso». Perciò a buon diritto sant'Efrem chiama la devozione alla Madonna « la Carta della libertà», il salva-condotto per non essere relegato all'inferno. E la divina Madre era da lui proclamata « la protettrice dei dannati ». San Bernardo assicura che a Maria « non può mancare né la potenza né la volontà di salvarci ». Non le manca la potenza, perché, dice sant'Antonino, « è impossibile che non siano esaudite le sue preghiere». E san Bernardo assicura che « quel che Maria cerca, trova e le sue domande non possono essere mai deluse ». Non le manca la volontà di salvarci, poiché Maria ci è madre e desidera la nostra salvezza più di quanto la desideriamo noi. Se ciò e vero, come può mai succedere che un devoto di Maria si perda? Egli può essere peccatore, ma se con perseveranza e volontà di emendarsi si raccomanderà a questa buona Madre, sarà sua cura ottenergli lume per uscire dal suo miserevole stato, dolore dei suoi peccati, perseveranza nel bene e infine una buona morte. Quale madre, se potesse facilmente liberare un figlio dalla morte pregando il giudice di graziarlo, non io farebbe? Possiamo forse pensare che Maria, la madre più amorevole che possa trovarsi dei suoi devoti, potendo così facilmente liberare un figlio dalla morte eterna, non lo farà? Devoto lettore, ringraziamo il Signore se vediamo che ci ha donato l'affetto e la fiducia verso la Regina del cielo, poiché Dio, dice san Giovanni Damasceno, fa questa grazia solo a quelli che vuole salvi. Ecco le belle parole con cui il santo ravviva la sua e nostra speranza: « O Madre di Dio, se io metto la mia fiducia in te sarò salvo. Se io sono sotto la tua protezione, non ho nulla da temere, perché essere tuo devoto è avere armi sicure di salvezza che Dio concede solamente a coloro che vuole salvi ». Perciò Erasmo così salutava la Vergine: «Dio ti salvi, o spavento dell'inferno, speranza dei cristiani; la fiducia in te ci assicura la salvezza». Quanto dispiace al demonio vedere un'anima che per severa nella devozione alla divina Madre! Si legge nella Vita del padre Alfonso Alvarez, molto devoto a Maria, che un giorno mentre egli pregava ed era assalito dalle tentazioni impure con cui lo tormentava il demonio, il nemico gli disse: « Smetti questa tua devozione a Maria e io smetterò di tentarti ». Come riferisce Ludovico Biosio, il Signore rivelò a santa Caterin~ da Siena che per sua bontà aveva concesso a Maria, per riguardo al suo Unigenito di cui è Madre, che nessuno, anche se peccatore, che a lei devotamente si raccomanda, sia preda dell'inferno. Anche il profeta Davide pregava di essere liberato dall'inferno per l'amore che portava all'onore di Maria: « Io amo, o Signore, la maestà della tua casa... non perdere insieme con gli empi l'anima mia » (Sal 25,8-9). Dice: « della tua casa », perché Maria fu quella casa che Dio stesso si fabbricò su questa terra come sua abitazione e per trovarvi il suo riposo, quando si fece uomo, come sta scritto nei Proverbi: « La sapienza si è fabbricata una casa » (Pro 9,1). « Certamente non si perderà, diceva sant'Ignazio martire, chi attenderà ad essere devoto alla Vergine Madre ». San Bonaventura lo conferma: « Signora, quelli che ti amano godono grande pace in questa vita; la loro anima non vedrà la morte in eterno ». Non è mai accaduto, « non può accadere - ci assicura il devoto Blosio - che un servo umile e attento di Maria si perda eternamente» «Quanti sarebbero stati eternamente dannati o sarebbero rimasti impenitenti se la beata Vergine Maria non si fosse interposta presso il Figlio, affinché usasse loro misericordia! ». Così dice Tommaso da Kempis e molti teologi, specialmente san Tommaso, pensano che a molte persone, morte in peccato mortale, la divina Madre abbia ottenuto da Dio la sospensione della sentenza e di ritornare in vita a far penitenza. Autori importanti ne citano diversi esempi. Fra gli altri Flodoardo, che visse verso il secolo IX, nella sua Cronaca narra di un certo diacono Adelmano che, creduto morto, stava per essere seppellito quando ritornò in vita e disse di aver veduto il luogo del-l'inferno a cui era stato condannato. Ma per le preghiere della beata Vergine era stato rimandato nel mondo a far penitenza. Anche il Surio riferisce che un cittadino romano chiamato Andrea era morto in peccato mortale e che Maria gli aveva ottenuto di ritornare in vita per poter essere perdonato. Pelbarto racconta che ai suoi tempi, mentre l'imperatore Sigismondo attraversava le Alpi con il suo esercito, da un cadavere in cui erano rimaste soltanto le ossa si udì uscire una voce che chiedeva un confessore, dicendo che la Madre di Dio, alla quale era stato devoto durante la sua vita di soldato, gli aveva ottenuto di vivere in quelle ossa fin che si fosse confessato. E dopo essersi confessato morì. Questi e altri esempi non debbono indurre qualche temerario che volesse vivere in peccato e sperare che Maria lo libererà dall'inferno anche se morisse nel peccato. Infatti, come sarebbe una grande pazzia gettarsi in un pozzo con la speranza che Maria lo preservi dalla morte, perché ne ha preservato alcuni in simili casi, così sarebbe maggior pazzia rischiare di morire in peccato, con la presunzione che la santa Vergine lo preservi dall'inferno. Ma questi esempi devono servire a ravvivare la nostra fiducia, pensando che se l'intercessione della divina Madre ha potuto liberare dall'inferno anche coloro che sono morti nel peccato, tanto più potrà impedire che cadano nell'inferno coloro che in vita ricorrono a lei con l'intenzione di emendarsi e la servono fedelmente. Diciamole dunque con san Germano: « Che ne sarà di noi, o Vergine santa, vita dei cristiani? ». Noi siamo peccatori, ma vogliamo emendarci e ricorriamo a te. Sant'Anselmo afferma: « Non si dannerà quello per cui Maria avrà pregato anche una sola volta ». Prega dunque per noi e saremo salvi dall'inferno. « Chi mai mi dirà che quando arriverò al tribunale divino non avrò favorevole il giudice, se nella mia causa avrò te a difendermi, Madre di misericordia? » esclama Riccardo di san Vittore. Il beato Enrico Suso dichiarava di aver posto la sua anima nelle mani di Maria e diceva che, se il giudice avesse voluto condannare il suo servo, voleva che la sentenza passasse per le mani di Maria. Sperava infatti che se la condanna fosse giunta nelle mani pietose della Vergine, ne sarebbe certamente stata impedita l'esecuzione. Lo stesso dico e spero per me, o mia santissima Regina. Perciò voglio sempre ripeterti con san Bonaventura: « Signora, ho sperato in te, non sarò confuso in eterno ». In te ho posto tutte le mie speranze; perciò spero con certezza di non vedermi perduto, ma salvo in cielo a lodarti e amarti in eterno.

Esempio

Nell'anno 1604 in una città della Fiandra vivevano due giovani studenti, i quali, invece di dedicarsi alle lettere, si abbandonavano a gozzoviglie e ad azioni disoneste. Una notte, andarono a peccare in casa di una donna di facili costumi. Uno di loro, chiamato Riccardo, dopo un po' ritornò a casa sua; l'altro rimase. Mentre si spogliava prima di coricarsi, Riccardo si ricordò di non aver recitato quel giorno alcune Ave Maria alla santa Vergine, come era solito fare. Benché oppresso dal sonno, si sforzò di recitarle, anche se senza devozione e mezzo addormentato. Mentre era immerso nel primo sonno, senti bussare con forza alla porta e subito dopo, senza aver aperto, si vide davanti il suo compagno, che aveva un aspetto orribile. - Chi sei? - gli chiese. - Non mi riconosci? - rispose l'altro. - Ma come sei così cambiato? Sembri un demonio. - Povero me! - esclamò quell'infelice - sono dannato. - E come? - Sappi che mentre uscivo da quella casa infame venne un demonio e mi soffocò. Il mio corpo è restato in mezzo alla strada e la mia anima sta all'inferno. Sappi che il mio stesso castigo toccava anche a te, ma la beata Vergine te ne ha liberato per quel piccolo omaggio delle tue Ave Maria. Felice te se saprai profittare di questo avvertimento che la Madre di Dio ti manda per mezzo mio! - Ciò detto, il dannato slacciò il suo mantello mostrando le fiamme e i serpenti che lo tormentavano; poi scomparve. Allora il giovane scoppiò in un pianto dirotto e si gettò con la faccia per terra per ringraziare la sua liberatrice Maria e mentre pensava di cambiare vita, sentì suonare il mattutino al monastero dei Francescani. Allora disse tra sé: « Dio mi chiama a far penitenza » e subito andò al convento pregando di essere ricevuto. I religiosi erano riluttanti, poiché conoscevano la sua vita dissoluta, ma egli narrò loro tutto l'accaduto piangendo dirottamente. Allora due padri andarono in quella strada, trovarono il cadavere del compagno soffocato e nero come il carbone, e ricevettero il giovane. Riccardo si diede quindi a una vita esemplare, poi andò nelle Indie a predicare la fede; di là passò in Giappone dove infine ebbe la sorte e la grazia di morire martire per Gesù Cristo, bruciato vivo.

Preghiera

O Maria, madre mia carissima, in quale abisso di mali mi troverei, se con la tua mano pietosa non me ne avessi tante volte preservato? Da quanti anni sarei già nell'inferno, se con le tue potenti preghiere non me ne avessi liberato? I miei gravi peccati là mi cacciavano, la divina giustizia mi ci aveva già condannato, i demoni fremevano impazienti di eseguire la sentenza. Tu accorresti, o Madre, senza essere pregata né invocata da me e mi salvasti. Mia amata liberatrice, che mai ti renderò per tanta grazia e per tanto amore? Poi vincesti la durezza del mio cuore inducendomi ad amarti e a riporre in te la mia fiducia. In quale abisso di mali sarei precipitato se con la tua mano pietosa tu non mi avessi tante volte aiutato nei pericoli in cui sono stato in procinto di cadere! Continua, speranza mia, vita mia, madre mia più cara della mia stessa vita, continua a salvarmi dall'inferno e anzitutto dai peccati in cui posso ricadere. Non permettere che io arrivi a maledirti nell'inferno. Mia diletta Signora, io ti amo. Come potrà la tua bontà sopportare di veder dannato un tuo servo che ti ama? Ottienimi di non essere più ingrato verso dite e verso il mio Dio che per amor tuo mi ha concesso tante grazie. Che mi dici, Maria? Mi dannerò? Mi dannerò se ti abbandono. Ma come potrei più abbandonarti? Come potrei scordarmi dell'amore che mi hai dimostrato? Dopo Dio, sei tu l'amore dell'anima mia. Io non ho la forza di continuare a vivere senza amarti. Ti voglio bene, ti amo e spero di amarti sempre nel tempo e nell'eternità, o creatura la più bella, la più santa, la più dolce, la più amabile che ci sia nell'universo. Amen.

2. Maria soccorre i suoi devoti nel purgatorio

Felici sono i devoti di questa Madre così pietosa, poiché non solo sono da lei soccorsi su questa terra, ma anche nel purgatorio sono assistiti e consolati dalla sua protezione. Anzi, dato che le anime del purgatorio sono le più bisognose di sollievo perché sono le più tormentate e non possono aiutarsi da sé, la nostra Madre di misericordia si prodiga per portare soprattutto ad esse il suo soccorso. San Bernardino da Siena dice che in quel carcere di anime spose di Gesù Cristo, Maria ha pieno dominio per dar loro sollievo e per liberarle dalle loro pene. Maria dà sollievo anzitutto alle anime del purgatorio. Applicando a lei le parole dell'Ecclesiastico: « Sui flutti del mare passeggiai » (Eccli [= Sir] 24,8 Volg.), san Bernardino da Siena aggiunge: « Cioè visitando e soccorrendo nelle necessità e nelle pene i miei devoti, perché sono miei figli ». Il santo dice che le pene del purgatorio sono chiamate « flutti » perché sono transitorie, a differenza di quelle dell'inferno che non passano mai, e sono paragonate ai « flutti del mare », perché sono molto amare. I devoti di Maria afflitti da queste pene sono spesso da lei visitati e confortati. « Vedete dunque, dice il Novarino, quanto importa essere servi della Vergine, poiché ella non li dimentica quando soffrono in mezzo a quelle fiamme e, benché soccorra tutte le anime purganti, tuttavia ottiene sempre più indulgenza e sollievo ai suoi devoti ». La divina Madre rivelò a santa Brigida: «Io sono la madre di tutte le anime che stanno in purgatorio e tutte le pene che esse meritano per le colpe commesse durante la loro vita, in ogni ora per le mie preghiere vengono in qualche modo mitigate». La pietosa Madre non disdegna talvolta di entrare in quella santa prigione per visitare e consolare quelle anime afflitte sue figlie. « Penetrai nelle profondità dell'abisso » (Eccli [= Sir] 24,8 Volg.). San Bonaventura applica a Maria queste parole, aggiungendo: «Dell'abisso, cioè del purgatorio, per dar sollievo con la sua presenza a quelle anime sante». «Quanto grande è la bontà di Maria verso quelli che si trovano nel purgatorio, poiché per suo mezzo essi ricevono continui conforti e refrigeri», dice san Vincenzo Ferreri. Quale altra consolazione hanno nelle loro pene se non Maria e il soccorso di questa Madre di misericordia? Santa Brigida udì un giorno Gesù dire a Maria: « Tu sei mia madre, tu sei la madre della misericordia, tu sei la consolazione di quanti sono in purgatorio ». La beata Vergine stessa disse a santa Brigida: « Come un povero infermo, afflitto e abbandonato nel suo letto, si sente confortato da una parola di consolazione, così le anime del purgatorio si rallegrano al solo udire il mio nome ». Dunque il solo nome di Maria - nome di speranza e di salvezza - che spesso invocano in quel carcere quelle anime sue figlie dilette, è per esse un gran conforto. Dice il Novarino: « L'amorevole Madre, sentendosi invocare da loro, aggiunge le sue preghiere a Dio da cui quelle anime vengono soccorse come da una celeste rugiada che mitiga l'ardore dei loro tormenti ». Maria non solo consola e conforta i suoi devoti nel purgatorio, ma spezza le loro catene e li libera con la sua intercessione. Sin dal giorno della sua gloriosa Assunzione, in cui si dice che « tutto il purgatorio rimase vuoto », come scrive Giovanni Gersone - e lo conferma il Novarino: «Autori degni di fede affermano che Maria, quando stava per andare in cielo, chiese al Figlio la grazia di poter condurre con sé nella gloria tutte le anime che Si trovavano allora in purgatorio»: sin da allora dice Gersone che la beata Vergine ebbe il privilegio di liberare i suoi servi da quelle pene. Lo asserisce anche risolutamente san Bernardino da Siena: « La beata Vergine, con le sue preghiere e anche con l'applicazione dei suoi meriti, ha la facoltà di liberare le anime del purgatorio, e massimamente i suoi devoti». Lo stesso dice il Novarino: « Non stento a credere che per i meriti di Maria le pene di tutte le anime del purgatorio, non solo sono alleviate, ma anche abbreviate, di modo che per intercessione della Vergine si accorcia il tempo della loro espiazione ». Basta che ella preghi. San Pier Damiani racconta che una donna chiamata Marozia, essendo già morta, apparve a una sua comare e le disse che nel giorno dell'Assunzione di Maria era stata da lei liberata dal purgatorio insieme con tante altre anime il cui numero superava quello degli abitanti di Roma. La stessa cosa afferma san Dionisio Cartusiano, dicendo che ogni anno nelle festività della Nascita e della Risurrezione di Gesù Cristo, la beata Vergine, accompagnata da schiere di angeli, scende nel purgatorio e libera molte anime da quelle pene. E il Novarino non esiterebbe a credere che in qualunque festa solenne della santa Vergine molte anime siano liberate dal purgatorio. Ben nota è la promessa che Maria fece al papa Giovanni XXII, quando gli apparve e gli ordinò di far sapere a tutti coloro che avrebbero portato il sacro scapolare del Carmelo, che il sabato dopo la loro morte sarebbero stati liberati dal purgatorio. E quel che il pontefice, come riferisce il padre Crasset, dichiarò nella Bolla da lui pubblicata, che fu poi confermata da Alessandro V, Clemente VII, Pio V, Gregorio XIII e Paolo V, il quale, in una Bolla del 1612, disse: «Il popolo cristiano può piamente credere che la beata Vergine aiuterà con le sue continue intercessioni, con i suoi meriti e la sua protezione speciale dopo la morte e principalmente nel giorno di sabato - che le è consacrato dalla Chiesa - le anime dei fratelli della confraternita di santa Maria del monte Carmelo che saranno uscite da questa vita in stato di grazia, avranno portato lo scapolare osservando la castità secondo il loro stato, e avranno recitato l'officio della Vergine o, se non hanno potuto recitarlo, avranno osservato i digiuni della Chiesa, astenendosi dal mangiare carne il mercoledì, eccettuato il giorno di Natale ». E nell'officio solenne della festa di santa Maria del Carmine si legge che si può credere piamente che la santa Vergine con amore di madre consoli i confratelli del Carmine nel purgatorio e con la sua intercessione li conduca presto nella patria celeste. Perché non dobbiamo sperare anche noi le stesse grazie e favori, se saremo devoti a questa buona Madre? E se la serviremo con speciale amore, perché non possiamo sperare di andare subito dopo la morte in paradiso, senza passare per il purgatorio? È quel che la santa Vergine per mezzo di frate Abondo mandò a dire al beato Godifredo con queste parole: « Di' a fra Godifredo di avanzare sempre nella virtù. Così apparterrà a mio Figlio e a me e quando la sua anima si separerà dal corpo, non lascerò che vada in purgatorio, ma la prenderò e l'offrirò a mio Figlio ». E se desideriamo suffragare le anime sante del purgatorio, rivolgiamoci alla santa Vergine in tutte le nostre preghiere, applicando ad esse specialmente il santo rosario, che apporta loro un grande sollievo, come si legge nel seguente esempio.

Esempio

Il padre Eusebio Nieremberg racconta che nella città di Aragona viveva una fanciulla chiamata Alessandra, nobile e bellissima, che era amata da due giovani. Un giorno, trasportati dalla gelosia, essi si affrontarono in uno scontro e morirono tutti e due. I loro parenti, pieni di collera, uccisero la povera ragazza ritenendola causa di così grave sventura; le tagliarono la testa e la buttarono in un pozzo. Alcuni giorni dopo passa di lì san Domenico che, ispirato dal Signore, si china sul pozzo e dice: «Alessandra, esci fuori!». Ed ecco la testa dell'uccisa esce, si mette sull'orlo del pozzo e chiede a san Domenico di confessarla. Il santo la confessa e poi le dà la comunione, alla presenza di un'immensa folla accorsa stupita. Poi san Domenico ordinò ad Alessandra di dire perché aveva ricevuto quella grazia. La giovane rispose che, quando le era stata tagliata la testa, era in peccato mortale, ma che la santa Vergine per ricompensarla della sua devozione nel recitare il rosario, l'aveva conservata in vita. Per due giorni la testa rimase viva sull'orlo del pozzo a vista di tutti, e dopo l'anima andò in purgatorio. Ma quindici giorni dopo a san Domenico apparve l'anima di Alessandra, bella e risplendente come una stella e gli disse che uno dei principali suffragi che ricevono le anime nelle pene del purgatorio è il rosario che si recita per loro. Quando poi queste anime giungono in paradiso, pregano per quelli che hanno applicato ad esse questa potente preghiera. Dopo di che, san Domenico vide quell'anima fortunata salire giubilante al regno dei beati,

Preghiera

O regina del cielo e della terra, Madre del Signore del mondo, Maria, la più grande, la più eccelsa, la più amabile di tutte le creature, è vero che sulla terra molti non ti amano e non ti conoscono; ma vi sono tanti milioni di angeli e di beati in cielo che ti amano e ti lodano continuamente. Anche in questo mondo quante anime felici ardono d'amore per te e vivono innamorate della tua bontà! Ti amassi anch'io, mia amabile Signora! Pensassi sempre a servirti, a lodarti, ad onorarti e a farti amare da tutti! Con la tua bellezza tu hai conquistato l'amore di un Dio, strappandolo, per così dire, dal seno dell'Eterno Padre, attirandolo sulla terra per farsi uomo e figlio tuo; e io misero verme non ti amerò? No, mia dolce Madre, anch'io voglio amarti' amarti molto e voglio fare tutto ciò che posso per vederti amata anche dagli altri. Gradisci dunque, Maria, questo mio desiderio e aiutami a realizzarlo. Io so che quelli che ti amano sono guardati con compiacimento dal tuo Dio. Dopo la sua gloria egli non desidera altro che la tua gloria nel vederti onorata e amata da tutti. Da te, Signora, io spero ogni mia fortuna. Sei tu che mi devi ottenere il perdono di tutti i miei peccati e la perseveranza; sei tu che mi devi assistere nell'ora della mia morte; sei tu che mi devi far uscire dal purgatorio; sei tu che mi devi condurre in paradiso. Tutto questo sperano da te quelli che ti amano e non restano delusi; tutto questo spero anch'io che ti amo con tutto il cuore e sopra ogni cosa dopo Dio.

3. Maria conduce i suoi servi in paradiso

Che bel segno di predestinazione hanno i servi di Maria! La santa Chiesa applica alla divina Madre e le fa dire a conforto dei suoi devoti queste parole dell'Ecclesiastico: « Fra tutti cercai riposo e dimorerò nell'eredità del Signore » (Eccli [= Sir] 24,11 Volg.). Il cardinale Ugo di san Caro commenta: « Beato colui nella cui casa la beata Vergine avrà trovato riposo »'. Per l'amore che porta a tutti, Maria cerca di far regnare in tutti la devozione verso di lei. Molti o non la ricevono o non la conservano: beato colui che la riceve e la conserva. « E dimorerò nell'eredità del Signore, vale a dire, aggiunge il dotto Paciuchelli, la devozione verso la Vergine dimora in tutti coloro che sono l'eredità del Signore», cioè che staranno in cielo a lodarlo eternamente. Maria seguita a parlare, facendo sue le parole dell'Ecclesiastico nel testo citato: « Colui che mi ha creato si è riposato nel mio tabernacolo e mi ha detto: "Abita in Giacobbe e in Israele abbi la tua eredità, e tra i miei eletti metti radici" » (Eccli [= Sir] 24,12-13 Volg.). Il mio Creatore, ci dice Maria, si è degnato di venire a riposare nel mio seno e ha voluto che io abitassi nei cuori di tutti gli eletti - di cui fu figura Giacobbe e che sono l'eredità della Vergine - e ha disposto che in tutti i predestinati fosse radicata la devozione e la fiducia verso di me. Il cardinale Ugo mètte sulle labbra di Maria queste parole dell'Ecclesiastico: « Io feci sorgere nel cielo una luce indefettibile » (Eccli [= Sir] 24,6 Volg.); ho fatto risplendere in cielo tanti lumi eterni quanti sono i miei devoti. L'autore aggiunge: « Quanti santi non sarebbero ora in cielo, se Maria con la sua potente intercessione non ce li avesse condotti! ». « A tutti coloro che confidano nella protezione di Maria, si aprirà la porta del cielo per riceverli », dice san Bonaventura. Perciò sant'Efrem chiamava la devozione verso la divina Madre « l'entrata della Gerusalemme celeste ». E l'abate Blosio dice alla Vergine: « Signora, a te sono consegnate le chiavi e i tesori del regno dei cieli ». Perciò dobbiamo continuamente pregarla con le parole di sant'Ambrogio: « Aprici, o Vergine, le porte del cielo, poiché ne hai le chiavi », anzi, ne sei la porta, conie ti dice la Chiesa: « lanua caeli, porta del cielo ». La santa Madre è anche chiamata dalla Chiesa stella del mare: « Ave, maris stella ». Infatti, dice san Tommaso, « come i naviganti sono guidati al porto per mezzo della stella, così i cristiani sono guidati al paradiso per mezzo di Maria». Allo stesso modo, san Pier Damiani la chiama « scala del cielo » poiché « per mezzo di Maria Dio è sceso dal cielo in terra, affinché grazie a lei gli uomini meritassero di salire dalla terra al cielo». Sant'Anastasio esclama: « Ave, sei stata ripiena di grazia perché tu fossi la via della nostra salvezza e il cammino per ascendere alla patria celeste ». Perciò san Bernardo chiama la Vergine « veicolo per salire al cielo» e san Giovanni Geometra la saluta: « Salve, nobilissimo cocchio » sul quale i suoi devoti sono condotti in cielo. San Bonaventura dice: « Beati quelli che ti conoscono, o Madre di Dio! Il conoscerti è la strada della vita immortale e il pubblicare le tue virtù è la via della salvezza eterna». Nelle Cronache francescane si narra che fra Leone vide un giorno una scala rossa sopra cui stava Gesù Cristo e una scala bianca sopra cui stava la sua santa Madre. Osservò che alcuni cominciavano a salire la scala rossa ma, dopo pochi gradini, cadevano; ricominciavano a salire e cadevano di nuovo. Esortati ad andare per la scala bianca, li vide salire felicemente, mentre la beata Vergine porgeva loro la mano e così giungevano senza difficoltà in paradiso. San Dionisio Cartusiano domanda: « Chi mai si salva? Chi giunge a regnare in cielo? » e risponde: « Quelli per i quali la regina della misericordia offre le sue preghiere ». Lo afferma Maria stessa: « Per me regnano i re» (Pro 8,15). Per mezzo della mia intercessione le anime regnano prima nella vita mortale su questa terra, dominando le loro passioni; poi vengono a regnare eternamente in cielo dove, dice sant'Agostino: « Quanti sono cittadini, tutti sono re». Maria insomma, è la padrona del paradiso. Applicando a lei le parole dell'Ecclesiastico: « In Gerusalemme è la sede della mia potenza » (Eccli [= Sir] 24,15 Volg.), Riccardo di san Lorenzo le fa dire: « Comando in cielo ciò che voglio e vi introduco quelli che voglio». Poiché ella è la Madre del Signore del paradiso, con ragione, dice Ruperto, è anche la Signora del paradiso. Questa divina Madre, con le sue potenti preghiere e con il suo aiuto, ci ha ottenuto il paradiso, se non vi mettiamo ostacolo, scrive sant'Antonino. Perciò, afferma l'abate Guerrico, « colui che serve Maria e per cui intercede Maria è così sicuro del paradiso come se stesse gia in paradiso ». «Servire Maria e far parte della sua corte, aggiunge san Giovanni Damasceno, è l'onore più grande che possiamo avere, poiché servire la regina del cielo è già regnare in cielo e vivere sotto i suoi comandi è più che regnare. Al contrario, quelli che non servono Maria non si salveranno, poiché coloro che sono privi dell'aiuto di una tale Madre sono abbandonati dal soccorso del Figlio e di tutta la corte celeste». Sempre sia lodata la bontà infinita del nostro Dio che ha costituito in cielo per nostra avvocata Maria, affinché ella, come madre del giudice e madre di misericordia, con la sua intercessione possa trattare efficacemente la causa della nostra salvezza eterna. È questo il pensiero che esprime san Bernardo. E il monaco Giacomo, celebre dottore tra i padri greci, così si rivolge a Dio: « Tu hai stabilito Maria come un ponte di salvezza, per cui facendoci passare sopra le onde di questo mondo, possiamo giungere al tuo porto tranquillo». «Udite, o genti che desiderate il regno di Dio, esclama san Bonaventura, servite e onorate la Vergine Maria e troverete sicuramente la vita eterna». Non debbono disperare di ottenere il regno celeste nemmeno quelli che hanno meritato l'inferno, se si mettono a servire fedelmente la nostra regina. Dice san Germano: « Quanti peccatori hanno cercato di trovare Dio per mezzo tuo, o Maria, e si sono salvati!» Riccardo di san Lorenzo fa notare che, secondo san Giovanni, Maria ha « una corona di dodici stelle sul capo » (Ap 12,1), mentre nel Cantico dei cantici è scritto che la Vergine è coronata di fiere, di leoni, di leopardi: « Vieni dal Libano, mia sposa, vieni dal Libano, vieni; sarai coronata... dalle tane dei leoni, dai monti dei leopardi » (Ct 4,8 Volg.). Che significa ciò? si domanda Riccardo e risponde: « Queste fiere sono i peccatori che per grazia e intercessione di Maria divengono stelle del paradiso, che si addicono come corona alla testa di questa regina di misericordia più di tutte le stelle del cielo». Leggiamo nella Vita di suor Serafina da Capri che un giorno questa serva del Signore, durante la novena dell'Assunzione, mentre pregava la santa Vergine, le chiese la conversione di mille peccatori. Temeva che la sua domanda fosse troppo audace, ma le apparve Maria che dissipò questo suo vano timore dicendole: « Perché temi? Non sono forse abbastanza potente per ottenerti dal Figlio mio la salvezza di mille peccatori? Eccoli, l'ho già ottenuta ». Poi la condusse in spirito in paradiso, dove le mostrò innumerevoli anime di peccatori che avevano meritato l'inferno, ma che per la sua intercessione si erano salvati e già godevano la beatitudine eterna. E’ vero che in questa vita nessuno può essere sicuro della sua salvezza eterna: « Non sa l'uomo se è degno d'amore o di odio, ma tutto è riservato nella sua incertezza al futuro » (Eccle [= Qo] 9,1-2 Volg.). Davide domanda a Dio: « Chi abiterà nella tua tenda? » (Sal 14,1). San Bonaventura risponde: « Peccatori, seguiamo le orme di Maria, buttiamoci ai suoi santi piedi e non la lasciamo finché non avremo meritato di essere benedetti da lei», poiché la sua benedizione ci assicurerà il paradiso. « Signora, le dice sant'Anselmo, basta che tu voglia salvarci e non potremo non essere salvi». Sant'Antonino aggiunge che le anime sulle quali Maria rivolge i suoi occhi necessariamente si salvano e saranno glorificate. La santa Vergine predisse che tutte le generazioni l'avrebbero chiamata beata (Lc 1,48). Con ragione, dice sant'Ildefonso, perché tutti gli eletti ottengono la beatitudine eterna per mezzo di Maria. «Tu, Vergine Madre di Dio, sei il principio, il mezzo e la fine della nostra felicità», esclama san Metodio. Principio, perché Maria ci ottiene il perdono dei peccati; mezzo, perché ci ottiene la perseveranza nella grazia divina; fine, perché alla fine ci ottiene il paradiso. « Grazie a te, prosegue san Bernardo, è stato aperto il cielo; grazie a te si è vuotato l'inferno; grazie a te è stata instaurata la Gerusalemme celeste; grazie a te è stata donata la vita eterna a tanti miserabili che si meritavano la morte eterna » Ma soprattutto deve incoraggiarci a sperare con certezza il paradiso la promessa che fa Maria stessa a quelli che la onorano, specialmente a chi con le parole e con l'esempio si sforza di farla conoscere e onorare anche dagli altri: « Quelli che operano con me non peccheranno. Quelli che mi fanno conoscere avranno la vita eterna » (Eccli [= Sir] 24,30-31 Volg.). Dice san Bonaventura: « Quelli che ottengono il favore di Maria saranno riconosciuti dai cittadini del paradiso come loro compagni; chi porterà l'insegna di servo di Maria sarà iscritto nel libro della vita » A che serve dunque preoccuparsi delle questioni dibattute nelle scuole chiedendosi se la predestinazione alla gloria preceda o segua la previsione dei meriti e se siamo iscritti o no nel libro della vita? Vi saremo iscritti sicuramente se saremo veri servi di Maria e otterremo la sua protezione poiché, come dice san Giovanni Damasceno, Dio non concede la devozione verso la sua santa Madre se non a coloro che vuole salvi. E quel che il Signore fece espressamente intendere attraverso le parole di san Giovanni: «Il vittorioso... scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio» (Ap 3,12). Chi vincerà e si salverà porterà scritto nel cuore il nome della città di Dio. E qual è questa città di Dio se non Maria, come spiega san Gregorio commentando il passo di Davide: « Cose stupende si dicono di te, città di Dio » (Sal 86,3). Possiamo dunque dire con san Paolo: « Avendo questo sigillo, Dio conosce quelli che sotio suoi » (2Tm 2,19); chi porta il segno della devozione di Maria, è riconosciuto da Dio come suo. Perciò san Bernardo ha scritto che la devozione alla Madre di Dio « è segno certissimo della salvezza eterna » Il beato Alano, parlando dell'Ave Maria, dice che chi onora spesso la Vergine con la Salutazione Angelica ha un segno molto grande di predestinazione. Altrettanto afferma a proposito dell'abitudine di recitare con perseveranza il santo rosario ogni giorno. Inoltre, scrive il padre Eusebio Nieremberg, i servi della Madre di Dio non solo sono privilegiati e favoriti su questa terra, ma anche in cielo saranno più particolarmente onorati. E aggiunge che essi avranno in cielo una divisa e una livrea speciale, più ricca, che li faranno riconoscere come familiari della regina del cielo e persone della sua corte, secondo quel che è scritto nei Proverbi: « Tutti i suoi domestici hanno doppia veste » (Pro 31,21). Santa Maria Maddalena de' Pazzi vide in mezzo al mare una navicella in cui stavano rifugiati tutti i devoti di Maria che, facendo l'officio di nocchiera, li conduceva felicemente al porto. La santa capì da questa visione che quel che vivono sotto la protezione di Maria, in mezzo a tutii pericoli di questa vita, sono salvati dal naufragio del e della dannazione, perché sono sicuramente guidati da lei al porto del paradiso. Sforziamoci dunque di entrare in questa navicella beata del manto di Maria e rimaniamoci sicuri del regno celeste, poiché la Chiesa canta: « Santa Madre di Dio, tu sei la nostra dimora, come lo sei di tutti i beati », tutti coloro che saranno partecipi del gaudio eterno abitano in te, vivendo sotto la tua protezione.

Esempio

Cesario racconta che un monaco cistercense molto devoto alla Madonna desiderava una visita della sua amata Regina e la pregava continuamente di questo favore. Una notte, uscito in giardino, mentre se ne stava guardando il cielo e sospirava per il desiderio d'incontrare la sua sovrana, vede scendere dal cielo una vergine bella e splendente che gli domanda: « Tommaso, vorresti sentire il mio canto? ». « Certo », rispose. Allora la vergine cantò con tanta dolcezza, che al devoto religioso sembrava di essere in paradiso. Finito il canto, la visione sparì, lasciando in lui un gran desiderio di sapere chi era. Ma ecco apparire un'altra vergine bellissima che gli fece udire il suo canto. Questa volta il monaco non poté trattenersi e le domandò chi fosse. La vergine rispose: « Quella che hai visto poc'anzi era Caterina; io sono Agnese, tutte e due martiri di Gesù Cristo, mandate dalla nostra Signora a consolarti. Ringrazia Maria e preparati a ricevere una grazia maggiore ». Ciò detto scomparve, ma il religioso restò con la grande speranza di vedere finalmente la sua regina. Non s'ingannava, poiché dopo un po' vede una grande luce, sente riempirsi il cuore di una nuova allegrezza, ed ecco in mezzo a quella luce gli si fa vedere la Madre di Dio circondata da angeli, e infinitamente più bella delle altre due sante apparse. « Mio caro servo e figlio, - gli dice - io ho gradito la tua fedeltà nel servirmi e ho esaudito le tue preghiere. Hai desiderato vedermi; eccomi e voglio anche farti sentire il mio canto ». La santa Vergine cominciò a cantare con tanta dolcezza, che il devoto religioso perse i sensi e cadde con la faccia contro terra. Suonò il mattutino; i monaci si riunirono e, non vedendo Tommaso, andarono a cercarlo nella cella e in altri luoghi. Finalmente lo trovarono in giardino come morto. Il superiore gli ordinò di dire quel che gli era accaduto e allora egli, rientrando in sé in virtù dell'ubbidienza, raccontò tutti i favori della divina Madre.

Preghiera

O regina del paradiso, madre del santo amore, poiché fra tutte le creature sei la più amabile, la più amata da Dio e quella che più lo ama, lascia che ti ami pure il più ingrato e misero peccatore della terra il quale, vedendosi liberato dall'inferno per mezzo tuo e senza alcun merito così beneficato da te, si è acceso d'amore per la tua bontà e ha posto in te tutte le sue speranze. Io ti amo, mia Regina, e vorrei amarti più di quanto ti hanno amato i santi più devoti a te. Vorrei, se potessi, far conoscere a tutti gli uomini che non ti conoscono, quanto sei degna di essere amata, affinché tutti ti amassero e ti onorassero. Vorrei perfino morire per amor tuo difendendo la tua verginità, la tua dignità di Madre di Dio, la tua Immacolata Concezione, se per difendere questi tuoi privilegi dovessi morire. Madre mia dilettissima, gradisci il mio affetto e non permettere che un tuo servo che ti ama divenga mai nemico del tuo Dio che tu ami tanto. Misero me! Tale sono stato un tempo, quando offendevo il mio Signore. Ma allora, o Maria, non ti amavo e poco cercavo di essere amato da te. Ora però non desidero altro, dopo la grazia di Dio, che di amarti e di essere amato da te. Non mi fanno dubitare di ottenere tali grazie le mie colpe passate, poiché so che tu, benigna e grata Regina, non disdegni di amare nemmeno i più miserabili peccatori che ti amano; anzi, non ti lasci superare in amore da nessuno. Mia amabile sovrana, io voglio venire ad amarti in paradiso. Quando vi sarò giunto, inginocchiato ai tuoi piedi, capirò meglio quanto sei amabile e quanto hai fatto per salvarmi; perciò ti amerò con amore ancora più grande, ti amerò eternamente, senza timore di cessare mai di amarti. Maria, ho la ferma speranza di salvarmi per mezzo tuo. Prega Gesù per me. Questo basta; sei tu che mi devi salvare, sei tu la mia speranza. Andrò dunque sempre cantando: Maria, speranza mia, tu mi devi salvare.


36-10 Maggio 19, 1938 La Divina Volontà forma la paralisi a tutti i mali, e l’umano volere paralizza i beni. Come amare è possedere. Come viene formato Dio nella creatura e la creatura in Dio. Timori sugli scritti.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Sono sempre nel mare del Voler Divino, il quale, come se mi volesse mettere in guardia di stare attenta, di non fare entrare in me il povero ed irrequieto volere umano. Io sono restata impensierita, ed il mio dolce Gesú, visitando la piccola anima mia mi ha detto:

(2) “Figlia mia benedetta, fatti coraggio, non temere, la Virtù, la Potenza della mia Divina Volontà è tanta, che come si entra in Essa per vivere, così restano paralizzati tutti i mali, paralizzate le passioni, i passi e le opere cattive, la volontà umana subisce tale sconfitta da sentirsi morire, ma senza morire; ma però comprende con suo grande contento, che mentre si sente paralizzare il male, si sente risorgere la vita del bene, la luce che mai si spegna, la forza che mai vien meno, l’amore che sempre ama; sorge in essa l’eroismo del sacrificio, la pazienza invitta, posso dire che la mia Volontà mette il basta ai mali della creatura, perché non vi è principio e vita di bene, se non che dalla mia Volontà. Ora, se il mio Fiat tiene il potere di paralizzare i mali, il volere umano, quando domina solo nella creatura, ogni bene resta paralizzato. Povero bene sotto la paralisi del volere umano, vuole camminare, e si trascina appena; vuole operare, e si sente cadere le braccia; vuole pensare il bene, e si sente intontito e come scimunito. Sicché la volontà umana senza della mia, è il principio di tutti i mali e la rovina totale della povera creatura”.

(3) Onde dopo, il mio amato Gesú ha soggiunto con un accento commovente:

(4) “Figlia mia, chi mi vuol possedere mi deve amare. Amare e possedere è lo stesso; come tu mi ami, così resto formato nell’anima tua, e come ritorni ad amarmi, così cresco, perché solo l’amore mi fa crescere, e come ripeti il tuo amore, così mi faccio conoscere per farmi amare di più. Sicché come tu mi ami, così mi faccio sentire quanto ti amo. Ora, come tu mi ami, Io amo te e ti posseggo, e come ci alterniamo nell’amarci, così resti formata in Me, cresci, ti alimento col mio Amore, ti formo nella Vita del mio Volere, ti inondo coi miei mari d’amore per farti sentire quanto ti amo, con quanta tenerezza ti cresco nel mio cuore, come ti tengo, geloso, custodita, affinché tu mi ami di più, e usi con Me quella stessa tenerezza che ti faccio Io, col tenermi custodito e con gelosia d’amore, la quale è tutt’occhio, tutta attenzione di darmi la sua vita in ogni istante per amarmi, per rendermi felice e contento nell’anima sua, come la rendo felice e contenta nel cuor mio. L’amore vuole andare di pari passo; se ama e non è amato, sente l’infelicità, l’amarezza di chi lo dovrebbe amare e non l’ama. Perciò amami sempre e se vuoi amarmi davvero, amami nel mio Volere, nel quale troverai l’amore che non cessa mai, e mi formerai catene sì lunghe d’amore da imprigionarmi, in modo da non sapermi sprigionare dal tuo amore”.

(5) Dopo ciò pensavo al grande sacrificio di scrivere, le mie ripugnanze, le lotte che ho subito per mettere penna sulla carta, che solo il pensiero di dispiacere il mio caro Gesú mi faceva fare il sacrificio di ubbidire a chi mi comandava di farlo, eppure dicevo tra me: “Chi sa dove, dove andranno a finire, in mano a chi potranno andare, chi sa quanti cavilli, quante opposizioni faranno, quanti dubbi. E mi sentivo irrequieta, la mia mente era funestata da tale apprensione, che mi sentivo morire. Ed il mio dolce Gesú, per quietarmi, è ritornato dicendomi:

(6)Figlia mia, non ti turbare, questi scritti sono i miei, non tuoi, ed in mano a chi potranno andare, nessuno potrà toccarli per sciuparli; Io li saprò custodire e difendere, perché è roba che mi appartiene, e chiunque li prenderà con buona e retta volontà, troverà una catena di luce e di amore, con cui amo le creature. Questi scritti li posso chiamare sfogo del mio Amore, follie, deliri, eccessi del mio Amore, con cui voglio vincere la creatura, affinché mi ritorni nelle mie braccia, per farle sentire quanto l’amo. E per maggiormente farle conoscere quanto l’amo, voglio giungere all’eccesso di darle il gran dono della mia Volontà come vita, perché solo con Essa l’uomo potrà mettersi al sicuro e sentire le fiamme del mio Amore, le mie ansie di quanto lo amo. Sicché, chi leggerà questi scritti con l’intenzione di trovare la verità, sentirà le mie fiamme e si sentirà trasformato in amore, e mi amerà di più; chi poi li leggerà per trovare cavilli e dubbi, la sua intelligenza, dalla mia luce e dal mio Amore resterà accecata e confusa.

(7) Figlia mia, il bene, le mie verità, producono due effetti, uno contrario all’altro: Ai disposti è luce per formare l’occhio nella sua intelligenza, e vita, per dare la vita di santità che le mie verità racchiudono; agli indisposti le acceca e li priva del bene che le mie verità racchiudono”.

(8) Poi ha soggiunto: “Figlia mia, fatti coraggio, né volerti turbare, ciò che ha fatto il tuo Gesú era necessario al mio Amore e all’importanza di ciò che ti dovevo manifestare sulla mia Divina Volontà. Posso dire che doveva servire alla mia stessa Vita e a farmi compiere l’opera della Creazione, perciò era necessario che al principio di questo tuo stato, usassi con te tanti stratagemmi d’amore; usai tante intimità con te che dà dell’incredibile, come Io giunsi a tanto e ti feci pure tanto soffrire, per vedere se tu ti sottoponevi a tutto, e poi ti affogavo con le mie grazie, col mio Amore, e ti sottoponevo di nuovo alle pene, per essere sicuro che tu non mi avresti negato nulla, e questo per vincere la tua volontà. Oh! se Io non ti avessi mostrato quanto ti amo, non ti avrei largito tante grazie, credi tu che era facile che ti saresti sottoposta a questo stato di pena e per sì lungo tempo? Era il mio Amore, le mie verità, che ti tenevano e ti tengono ancora come calamitata in chi tanto ti ama. Però tutto ciò che ho fatto al principio di questo tuo stato era necessario, ché doveva servire come fondo, come decenza, decoro, preparazione, santità e disposizione alle grandi verità che ti dovevo manifestare sulla mia Divina Volontà. Perciò degli scritti avrò più interesse Io che tu, perché sono i miei, e una sola verità sul mio Fiat, mi costa tanto, che supera il valore di tutta la Creazione, perché la Creazione è opera mia, invece la mia verità è Vita mia, e Vita che voglio dare alle creature; e lo puoi comprendere da ciò che hai sofferto e dalle grazie che ti ho fatto per giungere a manifestarti le mie verità sul mio Santo Volere. Perciò quietati e amiamoci figlia mia, non spezziamo il nostro amore, perché ci costa assai a tutti e due, tu col tenere la tua vita sacrificata a mia disposizione, ed Io col sacrificarmi per te”.

(9) Con tutto il parlare di Gesú non mi sentivo pienamente quieta, nell’atto del suo parlare mi è ritornata la pace; ma dopo, ripensando a ciò che mi è successo in questi giorni, che non è necessario qui dirlo, sono ritornata a turbarmi. Onde per circa due giorni, il mio dolce Gesú ha fatto silenzio, perciò mi sentivo sfinita di forza, con una debolezza estrema; ed il mio amato Gesú, avendo di me compassione, tutto bontà mi ha detto:

(10) “Povera figlia mia, stai digiuna, perciò ti senti sfinita di forze, sono due giorni che non prendi cibo, perché non stando tu in pace, Io non potevo darti il cibo delle mie verità, perché esse, mentre alimentano l’anima, comunicano anche la forza al corpo; molto più che stando turbata non mi avresti capito, né saresti disposta a prendere un cibo sì prelibato, perché tu devi sapere che la pace è la porta da dove entrano le verità, ed il primo bacio ed invito che le fanno le creature per ascoltarle e per farle parlare. Quindi, se vuoi che ti dia molto cibo, ritorna al tuo stato pacifico. Anzi, in questi giorni che tu eri turbata, il Cielo, gli angeli, i santi, stavano come tremebondi su di te, perché sentivano un’aria malsana uscire da te, che a loro non apparteneva, perciò tutti hanno pregato che ti ritornassi la perfetta pace.

(11) La pace è il sorriso del Cielo, la sorgente da dove scaturiscono le gioie celesti. E poi, il tuo Gesú non è mai turbato; per quante offese mi possono fare, posso dire: Il mio trono è la Pace. Così voglio te, tutta pacifica. Figlia mia, anche nel modo ci dobbiamo adattare, assomigliare; pacifico Io, pacifica tu; altrimenti il regno della mia Volontà non potrà stabilirsi in te, perché Essa è regno di pace”.