Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 24° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Marco 4
1Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva.2Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento:3"Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare.4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo;6ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò.7Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto.8E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno".9E diceva: "Chi ha orecchi per intendere intenda!".
10Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro:11"A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole,12perché:
'guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano,
perché non si convertano e venga loro perdonato'".
13Continuò dicendo loro: "Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole?14Il seminatore semina la parola.15Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro.16Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia,17ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono.18Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola,19ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto.20Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno".
21Diceva loro: "Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere?22Non c'è nulla infatti di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce.23Se uno ha orecchi per intendere, intenda!".
24Diceva loro: "Fate attenzione a quello che udite: Con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi; anzi vi sarà dato di più.25Poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha".
26Diceva: "Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra;27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.28Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.29Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura".
30Diceva: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?31Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra;32ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra".
33Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere.34Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.
35In quel medesimo giorno, verso sera, disse loro: "Passiamo all'altra riva".36E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui.37Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena.38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che moriamo?".39Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e vi fu grande bonaccia.40Poi disse loro: "Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?".41E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?".
Neemia 11
1I capi del popolo si sono stabiliti a Gerusalemme; il resto del popolo ha tirato a sorte per far venire uno su dieci a popolare Gerusalemme, la città santa; gli altri nove potevano rimanere nelle altre città.2Il popolo benedisse quanti si erano offerti spontaneamente per abitare in Gerusalemme.3Ecco i capi della provincia che si sono stabiliti a Gerusalemme, mentre nelle città di Giuda ognuno si è stabilito nella sua proprietà, nella sua città: Israeliti, sacerdoti, leviti, oblati e i discendenti dei servi di Salomone.
4A Gerusalemme si sono stabiliti i figli di Giuda e i figli di Beniamino.
Dei figli di Giuda: Ataia, figlio di Uzzia, figlio di Zaccaria, figlio di Amaria, figlio di Sefatia, figlio di Macalalèel, dei figli di Perez:5Maaseia figlio di Baruch, figlio di Col-Coze, figlio di Cazaia, figlio di Adaia, figlio di Ioiarib, figlio di Zaccaria, figlio della famiglia Selanita.6Totale dei figli di Perez che si sono stabiliti a Gerusalemme: quattrocentosessantotto uomini valorosi.
7Questi sono i figli di Beniamino: Sallu figlio di Mesullàm, figlio di Ioed, figlio di Pedaia, figlio di Kolaia, figlio di Maaseia, figlio di Itiel, figlio di Isaia;8dopo di lui, Gabbai, Sallai: in tutto, novecentoventotto.9Gioele figlio di Zicrì; era loro capo e Giuda figlio di Assenùa era il secondo capo della città.
10Dei sacerdoti: Iedaia, Ioiarìb, Iachin,11Seraia figlio di Chelkia, figlio di Mesullàm, figlio di Zadòk, figlio di Meraiòt, figlio di Achitùb, capo del tempio,12e i loro fratelli addetti al lavoro del tempio, in numero di ottocentoventidue; Adaia figlio di Ierocam, figlio di Pelalia, figlio di Amsi, figlio di Zaccaria, figlio di Pascur, figlio di Malchia,13e i suoi fratelli, capi delle casate, in numero di duecentoquarantadue; Amasai figlio di Azareèl, figlio di Aczai, figlio di Mesillemòt, figlio di Immer,14e i loro fratelli uomini valorosi, in numero di centoventotto; Zabdiel figlio di Ghedolìm era loro capo.
15Dei leviti: Semaia figlio di Cassùb, figlio di Azrikam, figlio di Casabià, figlio di Bunni;16Sabbetài e Iozabàd, preposti al servizio esterno del tempio, fra i capi dei leviti;17Mattania figlio di Mica, figlio di Zabdi, figlio di Asaf, il capo della salmodia, che intonava le lodi durante la preghiera; Bakbukia che gli veniva secondo tra i suoi fratelli; Abda figlio di Sammua, figlio di Galal, figlio di Ieditun.18Totale dei leviti nella città santa: duecentottantaquattro.
19I portieri: Akkub, Talmon e i loro fratelli, custodi delle porte: centosettantadue.
20Il resto d'Israele, dei sacerdoti e dei leviti si è stabilito in tutte le città di Giuda, ognuno nella sua proprietà.
21Gli oblati si sono stabiliti sull'Ofel e Zica e Ghispa erano a capo degli oblati.22Il capo dei leviti a Gerusalemme era Uzzi figlio di Bani, figlio di Casabià, figlio di Mattania, figlio di Mica, dei figli di Asaf, che erano i cantori addetti al servizio del tempio;23poiché vi era un ordine del re che riguardava i cantori e vi era una provvista assicurata loro ogni giorno.
24Petachia figlio di Mesezabeel, dei figli di Zerach, figlio di Giuda, suppliva il re per tutti gli affari del popolo.
25Quanto ai villaggi con le loro campagne, alcuni figli di Giuda si sono stabiliti in Kiriat-Arba e nei villaggi dipendenti, in Dibon e nei suoi villaggi, in Iekabseèl e nei suoi villaggi,26in Iesuà, in Molada, in Bet-Pelet,27in Cazar-Sual, in Bersabea e nei suoi villaggi,28in Ziklàg, in Mecona e nei suoi villaggi,29in En-Rimmòn, in Zorea, in Iarmut,30in Zanoach, in Adullam e nei suoi villaggi, in Lachis e nei suoi villaggi, in Azeka e nei suoi villaggi. Si sono stabiliti da Bersabea fino alla valle di Hinnòm.31I figli di Beniamino si sono stabiliti a Gheba, Micmas, Ai, Betel e nei luoghi che ne dipendevano;32ad Anatòt, Nob, Anania,33a Cazòr, Rama, Ghittàim,34Cadid, Zeboim, Neballat,35e Lod e Ono, nella valle degli Artigiani.36Dei leviti parte si è stabilita con Giuda, parte con Beniamino.
Proverbi 21
1Il cuore del re è un canale d'acqua in mano al Signore:
lo dirige dovunque egli vuole.
2Agli occhi dell'uomo tutte le sue vie sono rette,
ma chi pesa i cuori è il Signore.
3Praticare la giustizia e l'equità
per il Signore vale più di un sacrificio.
4Occhi alteri e cuore superbo,
lucerna degli empi, è il peccato.
5I piani dell'uomo diligente si risolvono in profitto,
ma chi è precipitoso va verso l'indigenza.
6Accumular tesori a forza di menzogne
è vanità effimera di chi cerca la morte.
7La violenza degli empi li travolge,
perché rifiutano di praticare la giustizia.
8La via dell'uomo criminale è tortuosa,
ma l'innocente è retto nel suo agire.
9È meglio abitare su un angolo del tetto
che avere una moglie litigiosa e casa in comune.
10L'anima del malvagio desidera far il male
e ai suoi occhi il prossimo non trova pietà.
11Quando il beffardo vien punito, l'inesperto diventa saggio
e quando il saggio viene istruito, accresce il sapere.
12Il Giusto osserva la casa dell'empio
e precipita gli empi nella sventura.
13Chi chiude l'orecchio al grido del povero
invocherà a sua volta e non otterrà risposta.
14Un regalo fatto in segreto calma la collera,
un dono di sotto mano placa il furore violento.
15È una gioia per il giusto che sia fatta giustizia,
mentre è un terrore per i malfattori.
16L'uomo che si scosta dalla via della saggezza,
riposerà nell'assemblea delle ombre dei morti.
17Diventerà indigente chi ama i piaceri
e chi ama vino e profumi non arricchirà.
18Il malvagio serve da riscatto per il giusto
e il perfido per gli uomini retti.
19Meglio abitare in un deserto
che con una moglie litigiosa e irritabile.
20Tesori preziosi e profumi sono nella dimora del saggio,
ma lo stolto dilapida tutto.
21Chi segue la giustizia e la misericordia
troverà vita e gloria.
22Il saggio assale una città di guerrieri
e abbatte la fortezza in cui essa confidava.
23Chi custodisce la bocca e la lingua
preserva se stesso dai dispiaceri.
24Il superbo arrogante si chiama beffardo,
egli agisce nell'eccesso dell'insolenza.
25I desideri del pigro lo portano alla morte,
perché le sue mani rifiutano di lavorare.
26Tutta la vita l'empio indulge alla cupidigia,
mentre il giusto dona senza risparmiare.
27Il sacrificio degli empi è un abominio,
tanto più se offerto con cattiva intenzione.
28Il falso testimone perirà,
ma l'uomo che ascolta potrà parlare sempre.
29L'empio assume un'aria sfrontata,
l'uomo retto controlla la propria condotta.
30Non c'è sapienza, non c'è prudenza,
non c'è consiglio di fronte al Signore.
31Il cavallo è pronto per il giorno della battaglia,
ma al Signore appartiene la vittoria.
Salmi 119
1Alleluia.
Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.
5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.
9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.
17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.
25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.
33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.
41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.
49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.
57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.
65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.
73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.
81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?
85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.
89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.
97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.
105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.
113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.
121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.
125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.
129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.
137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.
145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.
153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.
161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.
169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.
Isaia 21
1Oracolo sul deserto del mare.
Come i turbini che si scatenano nel Negheb,
così egli viene dal deserto, da una terra orribile.
2Una visione angosciosa mi fu mostrata:
il saccheggiatore che saccheggia,
il distruttore che distrugge.
Salite, o Elamiti,
assediate, o Medi!
Io faccio cessare ogni gemito.
3Per questo i miei reni tremano,
mi hanno colto i dolori come di una partoriente;
sono troppo sconvolto per udire,
troppo sbigottito per vedere.
4Smarrito è il mio cuore,
la costernazione mi invade;
il crepuscolo tanto desiderato
diventa il mio terrore.
5Si prepara la tavola,
si stende la tovaglia,
si mangia, si beve.
"Alzatevi, o capi,
ungete gli scudi!".
6Poiché così mi ha detto il Signore:
"Va', metti una sentinella
che annunzi quanto vede.
7Se vede cavalleria,
coppie di cavalieri,
gente che cavalca asini,
gente che cavalca cammelli,
osservi attentamente,
con grande attenzione".
8La vedetta ha gridato:
"Al posto di osservazione, Signore,
io sto sempre, tutto il giorno,
e nel mio osservatorio
sto in piedi, tutta la notte.
9Ecco, arriva una schiera di cavalieri,
coppie di cavalieri".
Essi esclamano e dicono: "È caduta,
è caduta Babilonia!
Tutte le statue dei suoi dèi
sono a terra, in frantumi".
10O popolo mio, calpestato,
che ho trebbiato come su un'aia,
ciò che ho udito
dal Signore degli eserciti,
Dio di Israele,
a voi ho annunziato.
11Oracolo sull'Idumea.
Mi gridano da Seir:
"Sentinella, quanto resta della notte?
Sentinella, quanto resta della notte?".12La sentinella risponde:
"Viene il mattino, poi anche la notte;
se volete domandare, domandate,
convertitevi, venite!".
13Oracolo sull'Arabia.
Nel bosco, nell'Arabia, passate la notte,
carovane di Dedan;
14andando incontro agli assetati,
portate acqua.
Abitanti del paese di Tema,
presentatevi ai fuggiaschi con pane per loro.
15Perché essi fuggono di fronte alle spade,
di fronte alla spada affilata,
di fronte all'arco teso,
di fronte al furore della battaglia.
16Poiché mi ha detto il Signore: "Ancora un anno, contato alla maniera degli anni di un salariato, e scomparirà tutta la potenza gloriosa di Kedàr.17E il numero degli archi dei prodi di Kedàr resterà molto esiguo, perché il Signore Dio di Israele ha parlato".
Lettera ai Colossesi 1
1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo,2ai santi e fedeli fratelli in Cristo dimoranti in Colossi grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro!
3Noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi,4per le notizie ricevute della vostra fede in Cristo Gesù, e della carità che avete verso tutti i santi,5in vista della speranza che vi attende nei cieli. Di questa speranza voi avete già udito l'annunzio dalla parola di verità del vangelo6che è giunto a voi, come pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa; così anche fra voi dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità,7che avete appresa da Èpafra, nostro caro compagno nel ministero; egli ci supplisce come un fedele ministro di Cristo,8e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito.
9Perciò anche noi, da quando abbiamo saputo questo, non cessiamo di pregare per voi, e di chiedere che abbiate una conoscenza piena della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale,10perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio;11rafforzandovi con ogni energia secondo la potenza della sua gloria, per poter essere forti e pazienti in tutto;12ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
13È lui infatti che ci ha liberati
dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti
nel regno del suo Figlio diletto,
14per opera del quale abbiamo la redenzione,
la remissione dei peccati.
15Egli è immagine del Dio invisibile,
generato prima di ogni creatura;
16poiché per mezzo di lui
sono state create tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potestà.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
17Egli è prima di tutte le cose
e tutte sussistono in lui.
18Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa;
il principio, il primogenito di coloro
che risuscitano dai morti,
per ottenere il primato su tutte le cose.
19Perché piacque a Dio
di fare abitare in lui ogni pienezza
20e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose,
rappacificando con il sangue della sua croce,
cioè per mezzo di lui,
le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli.
21E anche voi, che un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate,22ora egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto:23purché restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate allontanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunziato ad ogni creatura sotto il cielo e di cui io, Paolo, sono diventato ministro.
24Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.25Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso di voi di realizzare la sua parola,26cioè il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi,27ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi, speranza della gloria.28È lui infatti che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni uomo con ogni sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo.29Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza.
Capitolo XXII: Riconoscere i molti e vari benefici di Dio
Leggilo nella Biblioteca1. Introduci, o Signore, il mio cuore nella tua legge e insegnami a camminare nei tuoi precetti. Fa' che io comprenda la tua volontà; fa' che, con grande reverenza e con attenta riflessione, io mi rammenti, uno per uno e tutti insieme, i tuoi benefici, così che sappia rendertene degne grazie. Per altro, so bene e confesso di non potere, neppure minimamente, renderti i dovuti ringraziamenti di lode. Ché io sono inferiore a tutti i beni che mi sono stati concessi. Quando penso alla tua altezza, il mio spirito viene meno di fronte a questa immensità. Tutto ciò che abbiamo, nello spirito e nel corpo, tutto ciò che possediamo, fuori di noi e dentro di noi, per natura e per grazia, tutto è tuo dono; e sta a celebrare la benevolenza, la misericordia e la bontà di colui, da cui riceviamo ogni bene. Che se uno riceve di più e un altro di meno, tutto è pur sempre tuo: senza di te, non possiamo avere neppure la più piccola cosa. Da un lato, chi riceve di più non può vantarsene come di un suo merito, né innalzarsi sugli altri e schernire chi ha di meno. Più grande e più santo è, infatti, colui che fa minor conto di se stesso e ringrazia Dio con maggiore umiltà e devozione; più pronto a ricevere maggiormente è colui che si ritiene più disprezzabile di tutti e si giudica più indegno. D'altro lati, chi riceve di meno non deve rattristarsi, non deve indignarsi o nutrire invidia per chi ha avuto di più; deve piuttosto guardare a te e lodare grandemente la tua bontà, perché tu largisci i tuoi doni con tanta abbondanza e benevolenza, "senza guardare alle persone" (1Pt 1,17).
2. Tutto viene da te. Che tu sia, dunque, lodato per ogni cosa. Quello che sia giusto concedere a ciascuno, lo sai tu. Perché uno abbia di meno e un altro di più, non possiamo comprenderlo noi, ma solo tu, presso cui sono stabilmente definiti i meriti di ciascuno. Per questo, o Signore Iddio, io considero un grande dono anche il non avere molte di quelle cose, dalle quali vengono lodi e onori dall'esterno, secondo il giudizio umano. Così, guardando alla sua povertà, e alla nullità della sua persona, nessuno ne tragga un senso di oppressione, di tristezza e di abbattimento, ma invece ne tragga consolazione e grande serenità; perché i poveri e coloro che stanno in basso, disprezzati dal mondo, tu, o Dio, li hai scelti come tuoi intimi amici. Una prova di questo è data dai tuoi apostoli. Tu li hai posti come "principi su tutta la terra" (Sal 44,17); e tuttavia essi passarono in questo mondo senza un lamento: tanto umili e semplici, tanto lontani da ogni astuzia e malizia, che trovarono gioia anche nel sopportare oltraggi "a causa del tuo nome" (At 5,41), abbracciando con grande slancio quello da cui il mondo rifugge. Colui che ti ama, colui che apprezza i tuoi doni di nulla deve esser lieto quanto di realizzare in sé la tua volontà e il comando dei tuoi eterni decreti. Solo nel tuo volere egli deve trovare appagamento e consolazione, tanto da desiderare di essere il più piccolo, con lo stesso slancio con il quale altri può desiderare di essere il più grande. Colui che ti ama deve trovare pace e contentezza nell'ultimo posto, come nel primo; deve accettare di buon grado sia di essere disprezzato e messo in disparte, senza gloria e senza fama, sia di essere onorato al di sopra degli altri e di emergere nel mondo. Invero, il desiderio di fare la tua volontà e di rendere gloria a te deve prevalere in lui su ogni altra cosa, consolandolo e allietandolo più di tutti i doni che gli siano stati dati o gli possano essere dati.
Omelia 16: Se non vedete segni e prodigi non credete.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Il brano evangelico che ci proponiamo di spiegare oggi, è una continuazione di quello di ieri. E in questo non ci sono significati difficili da ricercare, ma tali che meritano menzione, ammirazione e lode. Perciò, più che spiegarne le difficoltà, raccomanderemo questo passo alla vostra attenzione. Gesù, dopo i due giorni trascorsi in Samaria, partì per la Galilea, dove era cresciuto. L'evangelista continua: perché egli stesso aveva attestato che un profeta non è onorato nella propria patria (Gv 4, 43-44). Gesù non lasciò dopo due giorni la Samaria perché non vi era stato onorato: non era la Samaria la sua patria, ma la Galilea. Ma, dopo aver lasciato così presto quella regione per venire in Galilea, dov'egli era cresciuto, come poteva affermare che un profeta non è onorato nella sua patria? Mi sembra che sarebbe risultato più evidente che un profeta non è onorato nella sua patria, se egli fosse rimasto in Samaria, anziché tornare in Galilea.
2. La vostra Carità si renda conto che ci si presenta un mistero non trascurabile, che io cercherò di esporvi con l'aiuto e il suggerimento del Signore. Conoscete i termini del problema: ora si tratta di cercarne la soluzione. Ma vogliamo richiamarlo per stimolare in voi il desiderio della soluzione. Lo ha sollevato la frase dell'evangelista: Gesù stesso aveva attestato che un profeta non è onorato nella sua patria. Spinti da questa frase, ci rifacciamo ad un'altra precedente per vedere a che scopo l'evangelista abbia detto tale cosa, e vediamo che prima si parla del fatto che Gesù lasciò la Samaria dopo due giorni, per tornare in Galilea. Ora io domando all'evangelista: perché racconti che Gesù ha detto che nessun profeta è onorato nella sua patria? forse perché dopo due giorni lasciò la Samaria e tornò in Galilea? Vedrei infatti più coerente che Gesù, non ricevendo onore nella sua patria, non si fosse affrettato a raggiungerla lasciando la Samaria. Ma se non mi sbaglio, - e non mi sbaglio perché è vero - l'evangelista vedeva meglio di me ciò che racconta, meglio di me vedeva la verità, egli che la bevve dal cuore del Signore. Si tratta, infatti, dell'evangelista Giovanni che, unico fra tutti i discepoli, stava appoggiato sul petto del Signore (cf. Gv 13, 25), e che il Signore, affettuosissimo con tutti, amava più degli altri (cf. Gv 21, 20). Dovrei dunque pensare che l'evangelista si sia sbagliato e che io sono nel giusto? Che anzi, se davvero sono animato da un sentimento di reverenza, ascolterò volentieri ciò che egli ha detto per meritare di condividere la sua opinione.
[Condiscepoli in una medesima scuola.]
3. E così, o carissimi, accogliete la mia opinione: senza pregiudizio per ogni altra migliore interpretazione vostra. Tutti noi abbiamo, infatti, un solo maestro, e tutti siamo condiscepoli in una medesima scuola. Il mio pensiero è questo: vedete voi se è vero, o se almeno si accosta alla verità. Il Signore si fermò due giorni in Samaria e i Samaritani credettero in lui; in Galilea, invece, era rimasto tanti giorni e i Galilei non avevano creduto in lui. Ricordate e ripensate a ciò che vi è stato letto e commentato ieri. Giunse in Samaria, dove la prima ad annunciarlo fu quella donna, con la quale egli trattò grandi misteri presso il pozzo di Giacobbe. I Samaritani, dopo averlo visto e udito, credettero in lui, dapprima per le parole della donna e poi, più fermamente e in maggior numero, per le parole stesse del Signore. Così è scritto. Dopo essersi trattenuto colà due giorni [e in questo numero di giorni sono misticamente raffigurati i due precetti della carità nei quali sono riassunti tutta la Legge e i Profeti (cf. Mt 22, 37-40), come ieri abbiamo ricordato], passò in Galilea e giunse a Cana, dove aveva cambiato l'acqua in vino (cf. Gv 4, 46). E lì, quando cambiò l'acqua in vino, come scrive il medesimo Giovanni, credettero in lui solo i suoi discepoli (cf. Gv 2, 1-11); eppure la casa era piena d'invitati! Egli fece un miracolo così grande, ma in lui credettero soltanto i suoi discepoli. Ora il Signore torna in questa stessa città della Galilea. E c'era un ufficiale regio, il cui figlio era ammalato ... si recò da lui e lo pregava di scendere (in città o nella sua casa) a guarirgli il figliolo; era, infatti, moribondo. Colui che pregava, non credeva? Che cosa aspetti di sentire da me? Chiedi al Signore quel che pensava di lui. Egli, infatti, alla preghiera di quell'uomo rispose: Se non vedete segni e prodigi, non credete, dunque! (Gv 4, 46-48). Egli rimprovera quell'uomo tiepido o freddo nella fede, se non addirittura privo di fede, desideroso soltanto di vedere alla prova, attraverso la guarigione del figlio, chi fosse il Cristo, quale fosse la sua natura, quanta fosse la sua potenza. Abbiamo sentito la preghiera, ma non vediamo la diffidenza del cuore; ce l'ha rivelata colui che ha udito le parole e ha scrutato il cuore. Dal canto suo nel seguito della sua narrazione, l'evangelista ci fa vedere che colui che voleva che il Signore si recasse a casa sua per guarirgli il figlio, non credeva ancora. Infatti, dopo che gli fu annunziato che il figlio era guarito, e costatò che aveva cominciato a star meglio proprio nell'ora in cui Gesù gli aveva detto: Va', il tuo figlio vive, allora, credette - dice l'evangelista - lui e tutta la sua casa (Gv 4, 50 53). Ora, se credette lui con tutta la sua casa perché gli fu annunziato che suo figlio stava bene, e confrontò l'ora precisata dai servitori con quella in cui Gesù gli diede il preannuncio, vuol dire che quando pregava non credeva ancora. I Samaritani non avevano preteso alcun segno, avevano creduto unicamente sulla sua parola; i concittadini di Gesù, invece, meritarono il rimprovero: Voi, se non vedete segni e prodigi, non credete. Inoltre, dopo un così grande miracolo credettero in lui solamente quell'ufficiale e la sua casa. In Samaria, moltissimi avevano creduto ascoltando le sue parole: qui, di fronte a quel miracolo, credette in lui solo quella casa dove avvenne il miracolo. Quale insegnamento, o fratelli, il Signore vuole che noi raccogliamo da questo fatto? La Galilea era allora la patria del Signore, perché vi era cresciuto. Ma ora noi ci troviamo di fronte ad un presagio, al preannuncio di qualche cosa: i prodigi, infatti, non sono chiamati così a caso; è perché fanno presagire qualcosa: prodigio corrisponde a porrodicium, che significa un giudizio (iudicium) fatto prima (porro), cioè una previsione, un presagio di cosa futura. Se dunque tutti questi fatti contenevano un presagio del futuro, erano come predizioni di quanto sarebbe accaduto in seguito. Ammettiamo per un momento che la patria del Signore nostro Gesù Cristo secondo la carne (perché egli non ebbe patria in terra se non secondo la carne che rivestì in terra), fosse il popolo giudeo. Ecco che nella sua patria egli non è onorato. Considera ora questo popolo giudeo, questa nazione dispersa in tutto il mondo, strappata dalle sue radici; guarda quei rami stroncati, infranti, dispersi, inariditi: e, stroncati quei rami, fu innestato l'olivo selvatico (cf. Rm 11, 17). Che dice ora questa moltitudine di Giudei? Dice: colui che voi onorate, colui che voi adorate, era fratello nostro. E noi rispondiamo: Un profeta non è onorato in patria sua. Essi videro il Signore Gesù camminare sulla terra, lo videro compiere miracoli, illuminare i ciechi, aprire le orecchie ai sordi, sciogliere la lingua ai muti, ridar vigore alle membra dei paralitici; lo videro camminare sulle acque, comandare ai venti e ai flutti, risuscitare i morti; lo videro compiere tanti segni, eppure così pochi credettero. Mi rivolgo ora al popolo di Dio: noi, che in così gran numero abbiamo creduto, quali miracoli abbiamo veduto? Dunque, ciò che accadde allora era il presagio di ciò che ora accade. I Giudei furono, e sono, simili ai Galilei, così come noi siamo simili a quei Samaritani. Abbiamo udito il Vangelo, abbiamo aderito al Vangelo e per mezzo del Vangelo abbiamo creduto in Cristo: non abbiamo visto alcun prodigio, non pretendiamo alcun prodigio.
[Al posto dei rami stroncati.]
4. Benché fosse uno dei dodici eletti e santi, quel Tommaso che pretendeva mettere il dito nel posto delle ferite era un israelita, uno cioè del popolo del Signore. E il Signore lo rimproverò come aveva rimproverato l'ufficiale regio. A questi aveva detto: Voi, se non vedete segni e prodigi, non credete. A Tommaso disse: Hai creduto, perché hai veduto (Gv 20, 29). Il Signore si era recato dai Galilei dopo essere stato presso i Samaritani. Questi avevano creduto alla sua parola senza aver assistito ad alcun miracolo. E presto li lasciò, sicuro della fermezza della loro fede, perché, se egli se ne andava, non li privava della sua presenza divina. Perciò, quando il Signore disse a Tommaso: Vieni, metti qua la tua mano, e non voler essere incredulo ma fedele, e quello esclamò, dopo aver toccato il posto delle ferite: Signor mio, e Dio mio, il Signore lo rimproverò: Hai creduto, perché hai veduto (Gv 20, 27-29). E perché questo? Perché un profeta non è onorato nella sua patria. Ma siccome questo profeta presso gli stranieri viene onorato, ecco la dichiarazione: Beati quelli che credono senza aver veduto (Gv 20, 29). Questa beatitudine è per noi; è in noi che il Signore si è degnato realizzare ciò che allora esaltò. Quelli che lo crocifissero lo videro e lo palparono, e così pochi credettero; noi non abbiamo visto e non abbiamo toccato con mano: abbiamo udito e abbiamo creduto. Possa realizzarsi in noi fino alla perfezione la beatitudine che egli ha promesso qui, ora, perché siamo stati preferiti alla sua patria; nel secolo futuro, poiché siamo stati innestati al posto dei rami stroncati.
5. Il Signore fece capire che avrebbe stroncato quei rami e che avrebbe innestato l'olivo selvatico quando rimase commosso per la fede del centurione. Il centurione gli disse: Non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' una parola e il mio servo sarà guarito; poiché anch'io, benché sia un subalterno, ho sotto di me dei soldati, e dico ad uno: "Vai" ed egli va; e a un altro: "Vieni" e viene; e al mio servo: "Fa' questo" e lo fa. Il Signore, rivoltosi alla folla che lo seguiva, disse: Vi dico: neppure in Israele ho trovato tanta fede (Mt 8, 8-11; Lc 7, 6-9). Perché in Israele non aveva trovato tanta fede? Perché un profeta non è onorato nella sua patria. Non poteva dire, il Signore, a quel centurione ciò che disse all'ufficiale regio: Va', il tuo figliolo vive (Gv 4, 50)? Notate la differenza: questo ufficiale voleva che il Signore scendesse a casa sua, mentre il centurione se ne riteneva indegno. Al centurione il Signore dice: Io verrò a guarirlo (Mt 8, 7), all'ufficiale dice: Va', il tuo figliolo vive. Ad uno promette una sua visita, all'altro concede la guarigione con la sola parola. Eppure questi pretendeva che il Signore andasse da lui, quello non si reputava degno di tanto onore. In un caso il Signore cede alla pressione, nell'altro si arrende all'umiltà. All'ufficiale sembra voler dire: Va', il tuo figliolo vive, non mi tediare oltre; voi, se non vedete segni e prodigi, non credete; tu pretendi che io venga personalmente in casa tua, quando è sufficiente che io comandi con la parola; non pretendere segni per credere; il centurione, che è straniero, ha ritenuto sufficiente la mia parola e ha creduto prima ancora che io operassi, mentre voi, se non vedete segni e prodigi, non credete. Allora, se è così, vengano stroncati i rami superbi e venga innestato l'umile olivo selvatico; tuttavia, recisi quei rami e innestati altri, rimanga la radice. Dove è la radice? Nei Patriarchi. La patria di Cristo è infatti il popolo d'Israele, poiché secondo la carne egli proviene da quel popolo; però la radice di quell'albero sono i santi patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe. E dove sono adesso i patriarchi? Sono nella pace presso Dio, grandemente onorati: è nel seno di Abramo che il povero Lazzaro fu portato dopo la sua morte, ed è nel seno di Abramo che lo vide, da lontano, il ricco superbo (cf. Lc 16, 22-23). La radice dunque rimane, la radice viene esaltata. I rami superbi meritarono di essere recisi e di inaridire, mentre l'umile olivo selvatico è stato inserito al posto dei rami recisi (cf. Rm 11, 17).
6. Vedi come vengono recisi i rami naturali e come viene innestato l'olivo selvatico nel caso stesso del centurione, che ho voluto ricordare per confrontarlo con l'ufficiale regio. In verità, - disse il Signore - in verità vi dico, non ho trovato tanta fede in Israele; perciò vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente. Come si era esteso sulla terra l'olivo selvatico! Fino allora il mondo era una selva aspra; ma, grazie all'umiltà, grazie a quel non son degno che tu entri sotto il mio tetto, molti verranno dall'oriente e dall'occidente. E quando verranno, che cosa sarà di loro? Perché se verranno, vuol dire che sono già stati recisi dalla selva; e dove saranno innestati perché non abbiano a inaridire? Siederanno a mensa - dice il Signore - con Abramo, Isacco e Giacobbe. A quale banchetto? Forse dove non ci sarà da vivere sempre, ma da bere molto? Siederanno con Abramo, Isacco e Giacobbe. Dove? Nel regno dei cieli. E che sarà della discendenza della stirpe di Abramo? che sarà dei rami di cui era denso l'albero? Saranno recisi, affinché quegli altri vengano innestati. Ecco la prova che saranno recisi: I figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre (Mt 8, 11-12).
7. Sia onorato, dunque, presso di noi questo profeta che non è stato onorato nella sua patria. Non è stato onorato nella patria in cui è cresciuto: sia onorato nella patria che egli ha fondato. In quella il Creatore di tutti è stato creato secondo la forma di servo; ed egli stesso creò quella città in cui è stato creato, creò Sion, creò il popolo giudeo; egli stesso fondò Gerusalemme, essendo il Verbo di Dio presso il Padre: tutto fu fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto. Di quell'uomo, dunque, di cui oggi abbiamo sentito parlare, unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù (cf. 1 Tim 2, 5), anche il salmo aveva già parlato cantando: Un uomo chiamerà Sion sua madre (Sal 86, 5). Un uomo, mediatore tra Dio e gli uomini, chiama Sion sua madre. Perché chiama Sion sua madre? Perché è da Sion che ha ricevuto la carne, è da Sion che discende la vergine Maria, nel cui grembo rivestì la forma di servo, nella quale si degnò apparire tra noi umilissimo. Un uomo chiama Sion sua madre, e quest'uomo che dice madre a Sion è stato fatto in essa, l'uomo che in essa fu fatto. Come Dio era prima di essa, come uomo fu fatto in essa. Quest'uomo che nacque in essa, ne è il fondatore, non in quanto umilissimo, ma in quanto Altissimo (Sal 8, 5). Come uomo fatto in lei è umilissimo, perché il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi. Ed egli stesso, come Altissimo, l'ha fondata, perché in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; tutto per mezzo di lui fu fatto (Gv 1, 14 1 3). Poiché, dunque, egli ha fondato questa patria, è giusto che in essa sia onorato. La patria in cui è stato generato lo ha rifiutato: lo accolga la patria che egli ha rigenerato.
11 - Cristo, nostro salvatore, celebra la cena sacramentale ed istituisce l'eucaristia.
La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca1180. Con gran timore mi accingo a trattare del Sacramento dei
sacramenti, l'ineffabile eucaristia, e di ciò che fu necessario per la
sua istituzione. Difatti, sollevando gli occhi dell'anima per ricevere
la luce divina che mi guida e mi assiste in quest'Opera, la scienza che
mi viene infusa su tante meraviglie e su misteri così eccelsi è tale che
ho paura della mia piccolezza, rivelatami nello specchio della stessa
luce. Le mie facoltà sono confuse, e non trovo né posso trovare parole
congruenti per spiegare ciò che vedo e per dichiarare il mio pensiero,
benché tanto inferiore all'oggetto dell'intelletto. Tuttavia parlerò
come ignorante, lacunosa nei termini e inabile nelle capacità, per non
mancare all'obbedienza e per tessere questa Storia, continuando a
raccontare ciò che in queste meraviglie operò la gran signora del mondo,
Maria santissima. Se non mi esprimerò con la competenza che richiede la
materia, mi facciano da scusante la mia misera condizione e il mio
stupore, perché non è facile discendere alle parole appropriate, quando
la volontà desidera solo con i sentimenti supplire il limite della
capacità di intendere e brama di godere in disparte ciò che non può né
conviene manifestare.
1181. Cristo, nostro bene, celebrò la cena prevista dalla
legge, come era suo solito, adagiato in terra con gli apostoli, sopra
una mensa o predella che si alzava dal suolo poco più di sei o sette
dita, conformemente all'usanza dei giudei. Terminata la lavanda dei
piedi, sua Maestà ordinò di preparare un'altra mensa più alta, simile a
quella che oggi usiamo per mangiare. Con questa cerimonia pose fine alle
cene ed alle rappresentazioni sommesse e figurative, e diede inizio al
nuovo convito in cui istituì la legge di grazia. Da qui prese avvio la
consuetudine, che permane nella Chiesa cattolica, di consacrare su una
mensa o su un altare. I santi apostoli coprirono la nuova mensa con una
tovaglia molto preziosa e sopra di essa posero un piatto o sottocoppa ed
una coppa grande a forma di calice, sufficiente a ricevere il vino
necessario, secondo il volere di Cristo nostro salvatore che con la sua
potenza e divina sapienza preveniva e disponeva tutto. Il padrone di
quella casa mosso da un grande impulso gli offrì questi vasi preziosi,
ricchi di pietra simile a smeraldo. In seguito, furono usati dai santi
discepoli per la consacrazione, quando riconobbero il tempo più
opportuno e conveniente per celebrare. Gesù si sedette a mensa con i
Dodici e con altri seguaci, e chiese che gli portassero del pane
genuino, senza lievito, che pose sul piatto, e del vino puro con il
quale riempì il calice della quantità necessaria.
1182. Il Maestro della vita fece un dolcissimo discorso
agli apostoli: le sue divine parole, che sempre penetravano sino
all'intimo del cuore, in questo sermone furono come raggi accesi dal
fuoco della carità, che scaldarono di questa dolce fiamma gli animi dei
discepoli. Egli manifestò loro nuovi ed altissimi misteri sulla sua
divinità e umanità, e sulle opere della sua redenzione; raccomandò la
pace e l'unione della scambievole carità, che lasciò vincolata a quel
sacro mistero che aveva stabilito di operare; promise ad essi che, se si
fossero amati gli uni gli altri, il suo eterno Padre li avrebbe amati
come amava lui, e infuse in loro la sapienza per comprendere questa
promessa ed avere la cognizione di essere stati eletti per istituire la
nuova Chiesa e la legge di grazia. Infine, rinnovò l'illuminazione, che
già avevano, circa la suprema dignità, l'eccellenza e i privilegi della
sua purissima Madre. Su tutti questi misteri san Giovanni ricevette una
maggiore luce a causa del ministero a cui era destinato. Dalla stanza
dove era ritirata in divina contemplazione, la celeste Signora vedeva
tutto quello che il suo santissimo Figlio operava nel cenacolo, e con
profonda intelligenza lo penetrava ed intendeva più di tutti gli
apostoli, e perfino degli stessi angeli che assistevano, come si è detto
sopra, in forma corporea, adorando il loro vero Signore, re e creatore.
Dal luogo dove stavano, Enoch ed Elia furono trasportati nel cenacolo
dagli angeli, perché il Signore aveva disposto che questi due padri, uno
della legge naturale e l'altro di quella scritta, si trovassero
presenti alla meravigliosa istituzione della nuova legge e fossero
partecipi dei suoi mirabili misteri.
1183. Mentre tutti questi personaggi che ho nominato si
trovavano assieme, aspettando con stupore ciò che stava per fare
l'Autore della vita, apparvero nel cenacolo le persone dell'eterno Padre
e dello Spirito Santo, come era accaduto al Giordano e sul Tabor.
Quantunque tutti gli apostoli e i discepoli sentissero qualche effetto
di questa visione, solo alcuni l'avvertirono, e tra questi in modo
speciale l'evangelista san Giovanni, che nei divini misteri ebbe sempre
il privilegio di un acume penetrante come la vista di un'aquila. Tutto
il cielo si trasferì nel cenacolo di Gerusalemme. Tanto doveva essere e
fu magnifica l'opera con la quale si istituì la Chiesa del Nuovo
Testamento, si stabilì la legge di grazia e si preparò la nostra eterna
salvezza! Per comprendere quanto operò il Verbo incarnato, desidero
sottolineare che avendo egli due nature, divina e umana, presenti
entrambe nella sua stessa persona, le azioni di ambedue le nature si
dichiarano e si predicano attribuendole ad un'unica persona, quella del
vero Dio e vero uomo. Conformemente a ciò, quando dico che il Verbo
incarnato parlava e pregava il suo eterno Padre, non si deve intendere
che egli parlasse e pregasse con la natura divina, nella quale era
uguale al Padre, ma con quella umana, in cui era inferiore e costituito
come noi di anima e corpo. In questa forma Cristo, nostro bene, nel
cenacolo rese onore, magnificenza e lode all'Onnipotente per la sua
divinità e per il suo essere infinito, ed intercedendo a favore del
genere umano pregò dicendo:
1184. «Padre mio e Dio eterno, io vi onoro, vi lodo e vi
magnifico nell'essere infinito della vostra divinità inaccessibile,
nella quale sono una medesima cosa con voi e con lo Spirito Santo,
perché sono stato generato "ab aeterno" dal vostro intelletto, come
impronta della vostra sostanza ed immagine della vostra stessa
indivisibile natura. Io voglio portare a termine l'opera della
redenzione umana che mi avete affidato nella natura che presi nel grembo
verginale di mia Madre; desidero espletarla nel modo più perfetto e con
la pienezza del vostro divino consenso e così passare da questo mondo
alla vostra destra portandovi tutti quelli che mi avete dato senza che
alcuno vada perduto, per quanto dipenda dalla nostra volontà e dalla
forza stessa della redenzione. Ho posto le mie delizie tra i figli degli
uomini che in mia assenza resteranno orfani e soli, se li lascio senza
assistenza. Voglio, perciò, Padre mio, lasciare loro un pegno certo e
sicuro del mio inestinguibile amore e del premio eterno che per essi ho
preparato. Voglio lasciare loro un ricordo indefettibile di ciò che ho
operato e patito per essi. Voglio che ritrovino nei miei meriti un
facile ed efficace rimedio al peccato, di cui furono partecipi per la
disobbedienza del primo uomo; e voglio restituire ad essi copiosamente
il diritto, che perdettero, di prender parte alla felicità eterna, per
la quale furono creati».
1185. «E proprio perché saranno pochi coloro che
accederanno a questo stato di perfezione, è necessario che rimangano
altri mezzi di riscatto con cui riacquistarlo, ricevendo nuovi doni e
grandissimi favori dalla vostra ineffabile clemenza, per restare
giustificati e santificati tramite diverse vie, durante il loro
pericoloso pellegrinaggio terreno. La nostra volontà eterna, con la
quale decretammo la creazione dell'uomo dal nulla, affinché egli
prendesse esistenza e la conservasse, fu al fine di donargli le
perfezioni e la beatitudine della nostra divinità; ma il vostro amore,
che mi obbligò a nascere con un corpo corruttibile e ad umiliarmi per
gli uomini fino alla morte di crocee, non resta soddisfatto se non trova
nuove maniere di comunicarsi ad essi, secondo la loro capacità e la
nostra sapienza. Ciò deve avvenire con segni visibili e sensibili,
percepibili dalla natura fisica dei mortali, ma che abbiano effetti
invisibili, di cui sia partecipe il loro spirito immortale».
1186. «Per il fine altissimo della vostra esaltazione e
della vostra gloria chiedo, Signore e Padre mio, il "fiat" della vostra
eterna volontà, nel nome mio e di tutti i figli poveri ed afflitti di
Adamo. E se le loro colpe provocano la vostra giustizia, la loro
condizione di miseria e di bisogno invoca la vostra infinita
misericordia, accanto alla quale io interpongo le opere della mia
umanità unita con vincolo indissolubile alla mia divinità: l'obbedienza
con la quale accettai di essere passibile sino alla morte; l'umiltà con
la quale mi assoggettai agli uomini ed ai loro depravati giudizi; la
povertà e le sofferenze della mia vita; le ignominie, la passione e
morte; e infine l'amore con cui accettai tutto ciò per la vostra gloria,
e perché voi siate riconosciuto ed adorato da tutte le creature capaci
di ricevere la vostra grazia e di magnificarvi. Voi, Signore e Padre
mio, mi rendeste fratello degli uomini e capo di tutti gli eletti che
devono godere con noi per sempre della nostra divinità, affinché come
figli siano eredi con me dei vostri beni eterni e come membra
partecipino dell'influsso del capo: effetto che io bramo di comunicare
loro, per l'amore che come per fratelli ho verso di essi. E per quanto
mi riguarda, voglio condurli tutti con me alla vostra amicizia e
comunione, per la quale furono formati nel loro capo naturale, il primo
uomo, da cui discendono».
1187. «Con questo amore immenso dispongo, Signore e Padre
mio, che tutti i mortali da questo momento possano essere rigenerati
nella pienezza della vostra amicizia e della vostra grazia con il
sacramento del battesimo. Essi lo possono ricevere subito dopo essere
venuti alla luce, senza volere proprio, manifestandolo altri per loro,
affinché rinascano nella vostra accettazione. Da quel momento in poi
saranno eredi della vostra gloria; resteranno contrassegnati come figli
della Chiesa con un carattere indelebile, che non potranno mai più
perdere; rimarranno purificati dalla macchia del peccato originale; e
riceveranno i doni delle virtù teologali, fede, speranza e carità, con
le quali potranno operare come figli, riconoscendovi Signore, sperando
in voi ed amandovi per voi stesso. Gli uomini riceveranno anche le virtù
con cui frenare e governare le passioni disordinate del peccato, e
sapranno discernere senza inganno il bene ed il male. Il battesimo sia
il vestibolo d'ingresso alla mia Chiesa, e la porta che apre l'accesso
agli altri sacramenti ed ai nuovi benefici della grazia. Dispongo ancora
che dopo questo sacramento ne ricevano un altro, dal quale siano
corroborati e confermati nella santa fede che hanno professato, e che
devono professare e difendere con fortezza arrivando all'uso della
ragione. E poiché gli uomini per la loro fragilità mancheranno
facilmente nell'osservanza della mia legge, e la mia carità non sopporta
che vengano lasciati senza un rimedio facile ed opportuno, voglio che
serva a questo fine la penitenza. Per suo mezzo i figli della Chiesa,
riconoscendo le loro colpe con dolore e confessandole, potranno
ritornare nello stato di giustizia e raggiungere la gloria che ho
promesso loro. Lucifero e i suoi seguaci in tal modo non riporteranno il
trionfo di averli allontanati dallo stato di grazia e di sicurezza in
cui li aveva posti il battesimo».
1188. «1 mortali giustificati per mezzo di questi
sacramenti si ritroveranno abilitati ad amare in sommo grado e ad essere
in piena comunione con me, durante l'esilio della loro vita terrena:
unione che stabiliranno ricevendomi in un modo del tutto ineffabile
nelle specie del pane e del vino in cui lascerò il mio corpo e il mio
sangue. Ed in ciascuno sarò presente tutto, realmente e veramente,
attraverso il misterioso sacramento dell'eucaristia, perché mi dono in
forma di alimento proporzionato alla condizione umana ed allo stato dei
viatori, per i quali opero queste meraviglie e con i quali sarò presente
in questo modo tutti i giorni fino alla fine del mondo. Ed affinché gli
uomini abbiano un altro mezzo che li purifichi e li difenda, quando
giungeranno al termine della vita, istituisco per essi l'estrema
unzione, che sarà anche una specie di pegno della loro risurrezione nei
medesimi corpi segnati da questo sacro sigillo. Tutti questi sacramenti
sono indirizzati a santificare le membra del corpo mistico della mia
Chiesa, nella quale si deve osservare in modo sommo l'ordine e la
concordia, dando a ciascuno l'autorità corrispondente al proprio
ufficio. Voglio così che coloro che li conferiscono siano ordinati
mediante un altro sacramento che li collochi nel supremo grado di
sacerdoti rispetto a tutti gli altri fedeli: a tale effetto serva
l'ordine, perché li contrassegni, li distingua e li santifichi in modo
speciale ed eminente. E benché tutti ricevano da me questa eccellente
investitura, dispongo che ciò avvenga per mezzo di un capo che sia mio
vicario, rappresenti la mia persona, e sia il supremo sacerdote nella
cui volontà deposito le chiavi del cielo ed al quale tutti devono
ubbidire sulla terra. Infine, per una più alta perfezione della mia
Chiesa istituisco il matrimonio, perché santifichi il vincolo naturale
ordinato alla procreazione umana. Per effetto di questi sacramenti tutti
i gradi della Chiesa saranno così arricchiti ed ornati dei miei
infiniti meriti. Questa, eterno Padre, è la mia ultima volontà, con la
quale faccio tutti i mortali eredi dei miei tesori, che vincolo alla mia
nuova Chiesa, in cui li lascio depositati».
1189. Cristo, nostro redentore, fece questa preghiera
solamente in presenza degli apostoli. Ma la beatissima Regina, che dal
luogo dove stava ritirata l'osservava e l'accompagnava con le sue
orazioni, si prostrò a terra ed offrì, come madre, all'eterno Padre le
suppliche del Figlio. E quantunque non potesse intensificare, con tutte
le sue forze, le opere del nostro Salvatore, alla richiesta che egli
presentava all'Onnipotente concorse anch'ella, come sua coadiutrice,
similmente a quanto aveva fatto in altre occasioni, fomentando da parte
sua la divina misericordia, affinché l'eterno Padre non guardasse mai il
suo Unigenito da solo, ma sempre in compagnia di sua Madre. E così fece
l'Onnipotente, guardando entrambi con tenerezza ed attenzione, ed
accettando le preghiere e le suppliche del Figlio e della Madre per la
salvezza degli uomini. In quest'occasione la Regina operò anche un'altra
cosa, perché il suo santissimo Figlio la affidò a lei. Per intendere
questo è opportuno considerare che Lucifero si trovò presente alla
lavanda degli apostoli, come si è già detto nel precedente capitolo;
egli, pertanto, non avendo avuto il permesso di uscire dal cenacolo, da
ciò che vide fare a Cristo nostro bene, arguì con astuzia che volesse
operare qualcosa di portentoso a beneficio dei Dodici. E benché il
dragone si riconoscesse molto debilitato e senza forze per lottare
contro il Redentore, con implacabile furore e superbia volle investigare
quei misteri per escogitare qualche malvagità. La gran Signora vide
questo estremo tentativo di Lucifero e che il suo santissimo Figlio
rimetteva a lei questa causa; pertanto accesa di zelo e di amore per la
gloria dell'Altissimo, con autorevolezza di regina ordinò al dragone e a
tutte le sue schiere che proprio in quello stesso momento uscissero dal
cenacolo e sprofondassero nell'inferno.
1190. In questa impresa, per la pertinacia del principe
delle tenebre, il braccio dell'Onnipotente diede a Maria santissima una
nuova forza a cui non resistette nessuno dei demoni. Furono così
ricacciati nelle caverne infernali fino a quando ebbero il nuovo
permesso di uscire e di trovarsi presenti alla passione e morte del
nostro Redentore, con la quale dovevano rimanere del tutto vinti ed
accertati che Cristo fosse effettivamente il Messia e il salvatore del
mondo, vero Dio e vero uomo. Da ciò si può comprendere il motivo per cui
Lucifero e i suoi seguaci furono presenti alla cena prevista dalla
legge, alla lavanda degli apostoli e poi a tutta la passione, ma non si
trovarono all'istituzione della santa eucaristia né alla comunione che i
discepoli ricevettero dalle mani dello stesso Cristo, nostro Signore.
Subito dopo, la gran Regina si elevò all'adempimento di un più sublime
esercizio e alla contemplazione dei misteri che si preparavano. I santi
angeli la magnificarono come valorosa e nuova Giuditta cantandole inni
di gloria per il trionfo riportato contro il dragone infernale. Nello
stesso tempo Cristo, nostro bene, compose un altro cantico in onore
dell'eterno Padre, rendendogli grazie per i favori concessi a beneficio
degli uomini.
1191. Dopo quanto si è detto, il divin Maestro prese nelle
sue venerabili mani il pane che era sul piatto, chiedendo interiormente
al Padre quasi il permesso e il beneplacito per farsi veramente e
realmente presente nell'ostia, sia in quell'ora che anche dopo nella
santa Chiesa, in virtù delle parole che stava per pronunciare. In atto
di obbedienza, alzò allora gli occhi al cielo con tanta maestosità da
suscitare negli apostoli, negli angeli e nella stessa Vergine un nuovo
timore riverenziale. In seguito proferì le parole della consacrazione
sopra il pane, lasciandolo mutato transustanzialmente nel suo vero
corpo, e sopra il calice del vino, convertendolo nel suo vero sangue.
Nel momento in cui Cristo nostro Signore terminò di pronunziare la
formula, risuonò la voce dell'eterno Padre che diceva: «Questi è il mio
Figlio dilettissimo, in cui è e sarà il mio compiacimento sino alla fine
del mondo; egli starà con gli uomini per tutto il tempo che durerà il
loro esilio terreno». Questa stessa dichiarazione fu confermata anche
dallo Spirito Santo. La santissima umanità di Cristo, nella persona del
Verbo, fece un profondo inchino alla divinità presente nel suo corpo e
nel suo stesso sangue. La vergine Madre, che se ne stava ritirata e
raccolta in preghiera, in quell'istante si prostrò a terra e adorò il
suo Figlio sacramentato con incomparabile rispetto; similmente fecero
anche gli angeli assegnati alla sua custodia, tutti gli spiriti celesti,
ed infine Enoch ed Elia in nome loro e degli antichi patriarchi e
profeti delle leggi naturale e scritta.
1192. Tutti gli apostoli e i discepoli prestarono fede a
questo eccelso mistero - eccetto Giuda il traditore - e lo adorarono con
profonda umiltà e venerazione, ciascuno secondo la propria
disposizione. Quindi il nostro gran sacerdote Cristo innalzò il suo
corpo e il suo sangue, affinché lo adorassero tutti coloro che
assistevano a questa prima Messa: e così avvenne. In questa solenne
elevazione furono illuminati interiormente più degli altri la sua
purissima Madre, san Giovanni, Enoch ed Elia perché conoscessero in modo
sublime come nelle specie del pane fosse presente il sacratissimo
corpo, in quelle del vino il sangue, ed in entrambe tutto Cristo vivo e
vero, per l'unione inseparabile della sua santissima anima con il suo
corpo e il suo sangue. Essi avrebbero compreso anche come in questo
sacramento vi fosse la presenza dell'intera Divinità, come nella persona
del Verbo stessero quelle del Padre e dello Spirito Santo, e come in
modo mirabile e misterioso per mezzo di queste unioni, di queste
esistenze inseparabili e concomitanti restassero presenti
nell'eucaristia tutte e tre le Persone con la perfetta umanità di Cristo
nostro Signore. La divina Signora penetrò profondamente tutto ciò,
mentre gli altri lo capirono nella misura a ciascuno conveniente. Tutti
coloro che erano presenti a questo prodigioso evento poterono
comprendere anche l'efficacia delle parole della consacrazione, e come
queste fossero già cariche della forza divina affinché, pronunziate con
l'intenzione di Cristo da qualsiasi sacerdote presente e futuro sui
rispettivi elementi, convertissero la sostanza del pane nel suo corpo e
quella del vino nel suo sangue, lasciando gli accidenti senza soggetto e
con una nuova maniera di sussistere, senza andare perduti. Tutto ciò
riporta una certezza così assoluta ed infallibile che scompariranno il
cielo e la terra prima che manchi l'efficacia di questa formula di
consacrazione, purché venga debitamente pronunziata dal ministro e
sacerdote di Cristo.
1193. La nostra divina Regina conobbe anche, con speciale
visione, come il sacro corpo di Cristo nostro Signore stesse nascosto
sotto gli accidenti del pane e del vino senza alterarli, né essere
alterato da loro: difatti, né il corpo può essere soggetto di essi né
essi possono essere forme del corpo. Le specie stanno con la stessa
estensione e con le stesse qualità prima e dopo la consacrazione,
occupando il medesimo spazio, come si vede nell'ostia consacrata. Il
sacratissimo corpo, benché abbia tutta la sua grandezza, vi è presente
in modo indiscutibile senza che una parte si confonda con l'altra:
Cristo è tutto in tutta l'ostia, e tutto in qualunque parte di essa,
senza che l'ostia dilati o limiti il corpo né il corpo l'ostia, perché
né l'estensione propria del corpo ha relazione con quella delle specie
accidentali, né quella delle specie dipende dal santissimo corpo. E così
hanno un diverso modo di esistenza. Il corpo compenetra la quantità
degli accidenti senza che questi lo impediscano. E sebbene in natura con
la sua estensione la testa ricerchi luogo e spazio diversi dalle mani e
queste dal petto e dalle altre membra, con la potenza divina il corpo
consacrato si pone con tutta la sua grandezza in un medesimo spazio,
perché non ha alcuna relazione con l'area che naturalmente occupa,
dispensandosi da tutti questi rapporti e risultando senza di essi un
corpo quantitativo. Né si trova presente in un luogo solo, né in una
sola ostia, ma in molte nello stesso tempo, quantunque le particole
consacrate siano di numero infinito.
1194. Comprese, similmente, la nostra Signora che il corpo e
il sangue, benché non avessero dipendenza naturale dagli accidenti nel
modo sopraddetto, non si sarebbero conservati in essi sacramentati al di
là del tempo in cui le specie sarebbero durate, senza decomporsi,
disponendo così la santissima volontà di Cristo, autore di queste
meraviglie. E questo fu espressione di una dipendenza volontaria
dell'esistenza miracolosa del suo corpo e del suo sangue dall'esistenza
incorrotta del pane e del vino. E nel momento in cui questi si
corrompono e vengono distrutti o alterati dalle cause naturali - come
accade per azione del calore dello stomaco dopo aver ricevuto il
Santissimo Sacramento, oppure come succede per altre cause che possono
produrre lo stesso effetto - allora Iddio crea un'altra nuova sostanza,
nell'istante in cui le specie stanno per subire l'ultima trasformazione.
Con questa sostanza, in cui non esiste più il sacro corpo, si attua la
nutrizione del fisico, che in tal modo si alimenta lasciando subentrare
la forma umana che è l'anima. Questo evento meraviglioso della creazione
di una nuova sostanza, che riceva gli accidenti alterati e decomposti,
scaturisce da una parte dalla volontà divina, che ha stabilito che il
corpo non perduri con l'alterazione delle specie, e dall'altra
dall'ordine di natura, perché il fisico dell'uomo, incline ad
alimentarsi, non può aumentare la propria massa se non con un'altra
nuova sostanza che le si aggiunga senza che gli accidenti continuino ad
avere in essa le loro proprietà.
1195. La destra dell'Onnipotente racchiuse in questo
Santissimo Sacramento questi ed altri misteri. La Signora del cielo e
della terra li penetrò tutti profondamente, mentre san Giovanni, i due
padri dell'antica legge, che si trovavano nel cenacolo, e gli apostoli
ne capirono una buona parte nel modo a loro confacente. La purissima
Regina non solo comprese questo beneficio così comune ed altrettanto
grande, ma venne a conoscenza anche dell'ingratitudine con cui i mortali
si sarebbero comportati verso un mistero così ineffabile, istituito a
loro rimedio. Decise, allora, da quel momento in poi, di considerare suo
dovere il compito di compensare e supplire con tutte le sue forze la
nostra villania e noncuranza, rendendo grazie all'eterno Padre ed al suo
santissimo Figlio per una meraviglia così rara, creata in favore del
genere umano. E nutrì questa speciale attenzione per tutto il tempo
della vita; e molte volte eseguiva questo esercizio spargendo lacrime di
sangue dal suo ardentissimo cuore al fine di riparare la nostra
riprensibile e vergognosa dimenticanza.
1196. Un'ammirazione ancor più grande mi desta quel che
successe a Gesù; egli dopo aver innalzato il Santissimo Sacramento
affinché - come ho già detto - i discepoli lo adorassero, lo spezzò con
le sue sacre mani, comunicando innanzitutto se stesso, come primo e
sommo sacerdote. E riconoscendosi, in quanto uomo, inferiore alla
Divinità che egli riceveva nel suo stesso corpo e sangue, si umiliò, si
prostrò fino all'annientamento ed ebbe come un tremore nella parte
sensitiva, manifestando, con ciò, due cose: l'una, la riverenza con cui
si doveva ricevere il suo sacratissimo corpo; l'altra, il dolore che
sentiva per la temerità e l'audacia con cui molti uomini avrebbero
ardito accostarsi a questo altissimo ed eminente sacramento per
riceverlo o toccarlo. Gli effetti che produsse in Cristo, nostro bene,
la comunione furono mirabilmente divini, perché per un breve lasso di
tempo ridondò in tutto il suo corpo lo splendore della gloria della sua
santissima anima, come sul Tabor. Questa meraviglia fu manifestata
pienamente alla sua purissima Madre e ne compresero solo qualcosa san
Giovanni, Enoch ed Elia. Con questo privilegio la santissima umanità si
dispensò dal ricevere sollievo o dal nutrire sino alla morte qualche
desiderio. La vergine Madre vide anche con speciale visione come il suo
santissimo Figlio ricevesse se stesso sacramentato e rimanesse così nel
suo divin petto. Tutto ciò provocò magnifici effetti nella nostra
Regina.
1197. Cristo, nostro bene, nel comunicarsi elevò un canto
di lode all'eterno Padre ed offrì se stesso sacramentato per la salvezza
di tutti i mortali. Immediatamente dopo, spezzò un'altra parte del pane
consacrato e la consegnò all'arcangelo Gabriele, perché la portasse a
Maria santissima e la comunicasse. I santi angeli, per questo
privilegio, rimasero soddisfatti e ripagati dalla delusione che la
dignità sacerdotale, così eccelsa, fosse spettata agli uomini e non a
loro. Infatti, solo l'aver tenuto nelle loro mani il corpo sacramentato
del Signore e vero Dio suscitò in essi una nuova e grande letizia. La
divina Signora, versando copiose lacrime, stava già in attesa della
santa comunione, quando giunse san Gabriele con una schiera innumerevole
di angeli; ella così ricevette questo particolare beneficio dalla mano
del santo principe, e fu la prima a comunicarsi dopo il suo santissimo
Figlio, imitandolo nell'umiliazione, nella riverenza e nel santo timore.
Il Santissimo Sacramento restò depositato nel petto di Maria
santissima, dentro il suo cuore, come in un legittimo sacrario e
tabernacolo dell'Altissimo. Questa dimora dell'eucaristia durò per tutto
il tempo che intercorse tra quella notte e il momento in cui, dopo la
risurrezione, san Pietro celebrò la prima Messa, come si dirà in
seguito. L'onnipotente Signore dispose questa meraviglia per consolare
la celeste Regina, ed anche per adempiere, anticipatamente, la promessa
fatta alla sua Chiesa: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine
del mondo. Difatti, dopo la sua morte la sua santissima umanità non
poteva essere presente nella Chiesa in un'altra maniera che non fosse
quella di restare depositata in Maria purissima: arca viva che conteneva
la vera manna con tutta la legge evangelica, allo stesso modo dell'arca
di Mosè che aveva anticamente custodito le figure. Nel petto della
Signora e regina del cielo fino alla nuova consacrazione le specie
sacramentali non si consumarono né si alterarono.
1198. La celeste Principessa, ricevuta la santa comunione,
rese grazie all'eterno Padre ed al suo santissimo Figlio con nuovi
cantici, ad imitazione di ciò che aveva fatto il Verbo divino incarnato.
Subito dopo il nostro Salvatore diede il pane sacramentato agli
apostoli ed ordinò che lo distribuissero fra loro e lo mangiassero. Con
questo comando conferì loro la dignità sacerdotale, che essi prontamente
cominciarono ad esercitare, comunicando ciascuno se stesso, con somma
riverenza, versando copiose lacrime e rendendo culto al corpo ed al
sangue del Redentore, che avevano ricevuto. Nel ministero del sacerdozio
ebbero così la preminenza più antica, come si addiceva a coloro che
dovevano essere fondatori della Chiesa. San Pietro, per ordine di
Cristo, prese altre particole consacrate e comunicò i due antichi padri,
Enoch ed Elia; e così con il giubilo e per gli effetti della santa
eucaristia questi rimasero nuovamente confortati ed esortati a
pazientare sino alla fine del mondo nell'attesa della visione beatifica,
che per tanti secoli viene loro rimandata dalla divina volontà. I due
patriarchi, per questo beneficio, elevarono ferventi lodi e resero umili
grazie all'Onnipotente; furono così riportati al loro luogo per
ministero dei santi angeli. Il Signore dispose questa meraviglia per
rendere partecipi della sua incarnazione, e della redenzione e
risurrezione generale, tutti coloro che erano vincolati alle due leggi,
naturale e scritta. Infatti il sacramento dell'eucaristia, che
racchiudeva in sé tutti questi misteri, venendo comunicato ai due santi
uomini Enoch ed Elia, che si ritrovavano vivi in carne mortale, si
estendeva nella comunione ai due stati della legge, naturale e scritta,
perché gli altri che lo ricevettero appartenevano alla nuova legge di
grazia, i cui padri erano gli apostoli. I santi Enoch ed Elia conobbero
tutto ciò, ed in nome degli altri santi delle loro rispettive leggi
resero lode al loro e nostro Redentore per questo arcano privilegio.
1199. Mentre gli apostoli ricevevano il Santissimo
Sacramento accadde anche un altro miracolo, rimasto nel segreto: il
perfido traditore, Giuda, vedendo che il divin Maestro ordinava loro di
comunicarsi, decise come uomo infedele di non farlo e, se avesse potuto,
di conservare il sacro corpo, per poi portarlo nascostamente ai
sacerdoti e ai farisei e farne così un capo d'accusa. Il suo proposito
era quello di riferire a questi che il divin Maestro asseriva che quel
pane era il suo stesso corpo, affinché essi gli imputassero ciò come un
grave delitto. E se per caso non avesse potuto raggiungere tale scopo,
avrebbe ordito qualche altro vituperio al divin Sacramento. La Signora e
regina del cielo, la quale per visione chiarissima stava osservando
tutto ciò che succedeva - sia la predisposizione con cui gli apostoli
internamente ed esternamente ricevevano la santa comunione, sia gli
effetti di questa e i loro sentimenti - si accorse anche degli
esecrabili intenti dell'ostinato Giuda. Come madre, sposa e figlia si
accese allora di zelo per la gloria del suo Signore e, conoscendo che
era volontà divina che usasse in quell'occasione l'autorità di regina,
ordinò ai suoi angeli che estraessero di bocca al malvagio discepolo il
pane e il vino consacrati subito dopo che li ebbe ricevuti, e li
ponessero dove stava il rimanente. In quella circostanza spettava a lei
difendere l'onore del suo santissimo Figlio, affinché Giuda non lo
ingiuriasse come sperava con quella nuova ignominia che aveva
macchinato. Gli angeli ubbidirono e, quando il peggiore dei viventi
giunse a comunicarsi, gli tolsero di bocca le specie sacramentali. Le
purificarono di ciò di cui si erano impregnate nell'immondissimo luogo
della sua bocca, le riportarono nello stato di prima e le posero
nascostamente fra le altre, mentre il Signore zelava l'onore del suo
nemico ed ostinato Apostolo. Queste specie furono poi ricevute da coloro
che si comunicarono dopo Giuda, secondo l'ordine di anzianità, poiché
egli non fu né il primo né l'ultimo a prenderle. I santi angeli
eseguirono tutto in pochissimo tempo. Il nostro Salvatore, in seguito,
rese grazie all'eterno Padre e così diede compimento ai misteri della
cena sacramentale, prevista dalla legge, e dette inizio a quelli della
sua passione, che io riferirò nei successivi capitoli. La Regina dei
cieli continuava a ponderarli e ad ammirarli tutti, e ad intonare inni
di lode e di magnificenza all'altissimo Signore.
Insegnamento della Regina del cielo
1200. Oh, figlia mia, se coloro che professano la fede
cattolica aprissero i cuori induriti e ostinati alla vera conoscenza del
misterioso beneficio della santa eucaristia! Oh, se distaccandosi e
alienandosi dagli affetti terreni, e moderando le loro passioni, si
applicassero con viva fede a comprendere nella divina luce il felice
privilegio di avere sempre presente in mezzo a loro l'eterno Dio
sacramentato e di poterlo ricevere e frequentare, rendendosi partecipi
degli effetti di questa manna del cielo! Oh, se conoscessero degnamente
questo grande dono; se stimassero questo tesoro; se gustassero la sua
dolcezza; se in esso avessero parte delle virtù nascoste del loro Dio
onnipotente! Essi non avrebbero più nulla da desiderare né da temere
durante questo esilio terreno. I mortali non devono lamentarsi nel tempo
propizio della legge di grazia di essere afflitti dalle passioni e
dalla loro fragilità, perché in questo pane del cielo hanno in mano la
salvezza e la fortezza. Né devono risentirsi di essere tentati e
perseguitati dal demonio, perché lo vinceranno con il buon uso di questo
ineffabile sacramento, ed accostandovisi degnamente. I fedeli hanno la
colpa di non attendere a questo divino mistero, e di non valersi della
sua infinita potenza per tutti i loro bisogni e travagli, in risposta e a
rimedio dei quali lo istituì il mio santissimo Figlio. In verità ti
dico, o carissima, che Lucifero e i suoi demoni hanno un tale timore
alla presenza dell'eucaristia che il solo avvicinarsi ad essa provoca
loro maggiori tormenti che stare nell'inferno. E sebbene entrino nelle
chiese per tentare i credenti, in realtà violentano se stessi, perché
per precipitare un'anima, obbligandola o attirandola a commettere un
peccato principalmente nei luoghi sacri ed alla presenza
dell'eucaristia, vengono a patire crudeli pene. Ma è lo sdegno che
nutrono contro Dio e contro le anime che li spinge ad usare tutte le
loro forze, sebbene si debbano esporre al nuovo tormento di stare vicini
a Cristo sacramentato.
1201. Quando il Santissimo Sacramento viene condotto per le
strade in processione, i demoni ordinariamente fuggono e si allontanano
in tutta fretta, e non ardirebbero accostarsi a coloro che lo
accompagnano se non fosse per l'abilità e per la lunga esperienza che
hanno di vincerne alcuni, inducendoli a mancare di rispetto al Signore.
Per questo fine, essi si affaticano tanto a ordire insidie nei templi,
perché sanno quanto grave sia in questi luoghi sacri l'ingiuria al
Signore, il quale vi si trova sacramentato per amore, aspettando gli
uomini per santificarli ed attendendo che gli rendano il contraccambio
del dolcissimo amore che egli dimostra loro con tante finezze. Da quanto
ti ho detto potrai comprendere quale potere possieda chi riceve
degnamente questo sacro pane degli angeli, e come i demoni temerebbero
gli uomini, se questi lo frequentassero con devozione e purezza di
cuore, cercando di conservarsi in questo stato fino alla comunione
successiva. Ma sono molto pochi quelli che vivono con questa
sollecitudine, mentre il nemico è sempre in agguato, spiando e cercando
che subito i mortali si trascurino, si intiepidiscano e si distraggano
affinché non si valgano contro di lui di armi così poderose. Imprimi nel
tuo cuore questo insegnamento; e poiché, senza che tu lo meriti,
l'Altissimo ha disposto che tu riceva ogni giorno, per obbedienza, il
Santissimo Sacramento, cerca con tutte le forze di mantenerti nello
stato in cui ti disponi per la comunione sino a quando non farai la
successiva. La volontà del mio Signore - e anche la mia - è che con
questa spada tu combatta le guerre dell'Altissimo, in nome della santa
Chiesa, contro i nemici invisibili che oggi affliggono e contristano la
Signora delle genti, senza che vi sia chi la consoli o chi degnamente
consideri ciò. Piangi per questa causa e il tuo cuore si spezzi per il
dolore perché, nonostante l'onnipotente e giusto giudice sia sdegnato
contro i cattolici per avere essi provocato la sua giustizia con peccati
così continui e smisurati - malgrado la fede che professano -, non vi è
chi consideri, ponderi e tema un danno così grande. E non vi è neppure
chi si disponga ad un sincero pentimento: rimedio che i fedeli
potrebbero subito sollecitare con il buon uso del divino sacramento
dell'eucaristia, con l'accostarvisi e con la mia intercessione.
1202. In questa colpa, gravissima in tutti i figli della
Chiesa, sono più riprensibili i sacerdoti indegni e cattivi, perché
dall'irriverenza con cui trattano il Santissimo Sacramento dell'altare
gli altri cattolici hanno attinto l'occasione per disprezzarlo. Difatti,
se il popolo cristiano vedesse i presbiteri accostarsi ai divini
misteri con timore e tremore riverenziale, ben comprenderebbe che con lo
stesso timore e tremore tutti dovrebbero trattare e ricevere il loro
Dio sacramentato. Coloro che si comportano conformemente a quanto detto
risplendono nel cielo come il sole tra le stelle, perché dalla gloria
del mio santissimo Figlio ridonda su quelli che lo accolgono con
riverenza una luce speciale, che non possiedono quelli che non
frequentano con devozione la santa eucaristia. Inoltre i corpi gloriosi
di questi zelanti fedeli porteranno sul petto, dove lo ricevettero, un
segno o uno stemma brillantissimo e bellissimo a testimonianza del fatto
che furono degni tabernacoli del Santissimo Sacramento. Ciò sarà, a
loro insaputa, motivo di gaudio e di godimento per essi, di giubilo e
lode per gli angeli e di ammirazione per tutti. Essi riceveranno anche
un altro premio accidentale, perché conosceranno e vedranno con speciale
intelligenza il modo in cui il mio santissimo Figlio è presente
nell'eucaristia, e tutti i miracoli che si racchiudono in essa. Ciò
desterà in loro un gaudio così grande che basterebbe a ricrearli
eternamente, quando non ne avessero altro nel cielo. Anzi, la gloria di
coloro che si saranno comunicati con degna devozione e purezza di cuore
uguaglierà e addirittura supererà quella di alcuni martiri che non
ricevettero l'eucaristia.
1203. Voglio ancora, figlia mia, che proprio dalla mia
bocca tu ascolti ciò che io reputavo di me stessa, quando durante il mio
pellegrinaggio terreno dovevo ricevere il mio figlio e Signore
sacramentato. Ed affinché tu lo capisca meglio, rinnova nella tua
memoria tutto quello che hai inteso della mia vita, nella misura in cui
io te l'ho manifestato: fui preservata nella mia concezione dalla colpa
originale; superai in amore i supremi serafini; non commisi mai peccati;
esercitai sempre tutte le virtù eroicamente, avendo in ogni mia opera
un altissimo fine; imitai il mio santissimo Figlio con somma perfezione;
lavorai fedelmente; patii con coraggio e cooperai a tutte le opere del
Redentore nella misura che mi spettava; e non cessai mai di amarlo e di
conseguire la pienezza di grazia e di gloria in grado eminentissimo.
Eppure ritenni che tutti questi meriti mi fossero degnamente
ricompensati con il ricevere una sola volta il suo sacratissimo corpo
nell'eucaristia, non stimandomi all'altezza di un così grande beneficio.
Considera adesso, figlia mia, ciò che tu e gli altri figli di Adamo
dovete meditare quando vi accostate a ricevere questo mirabile
sacramento. E se per il più grande dei santi sarebbe premio
sovrabbondante una sola comunione, che cosa dovrebbero sentire e fare i
sacerdoti e i fedeli che la frequentano? Apri i tuoi occhi tra le dense
tenebre e la cecità degli uomini, e innalzati verso la divina luce per
penetrare questi misteri. Giudica le tue opere piccole e misere, i tuoi
meriti molto limitati, le tue fatiche leggerissime, e considera la tua
gratitudine molto scarsa ed esigua rispetto ad un beneficio così raro
qual è quello che la santa Chiesa abbia Cristo, il mio santissimo
figlio, sacramentato e desideroso che tutti lo ricevano per arricchirli.
E poiché per questo bene non hai da offrirgli una degna retribuzione,
almeno umiliati sino a lambire la polvere e giudicati indegna con tutta
la verità del cuore. Magnifica l'Altissimo, benedicilo e lodalo,
mantenendoti sempre pronta e disposta con fervidi affetti a riceverlo e a
patire molte sofferenze al fine di conseguire un bene così grande.
L'EUCARESTIA: CONTATTO CON ME A.N.A. 87 8 maggio 1995
Catalina Rivas
Gesù
Attraverso la Comunione, Io vi tocco, in una sensazione particolare; le braccia e il cuore che Io vi apro, sono nientemeno che tutte le forze del mondo riunite, le quali, penetrate fin nel profondo dalla Mia volontà, dalle Mie qualità, dal Mio temperamento, si ripiegano sul vostro essere per formarvi, nutrirvi e attirarvi fino all'ardore centrale del Mio fuoco. Pertanto, quello che nell'Ostia Io vi offro è la vostra propria vita.
Allora, al contatto eucaristico, voi reagite mediante l'intero vigore delle vostre vite. La vostra vita di oggi e la vostra vita di domani; della vostra vita personale e della vostra vita comunitaria. L'Eucarestia deve invadere la vostra vita, che deve diventare, grazie al Sacramento, un contatto con Me senza limite e senza fine. Questo contatto è come un velo, le specie eucaristiche sotto le quali Io vi prendo perché voi possiate prendermi.
Amatemi, figlioli, perdetevi nell'insondabile, immergetevi nell'inesauribile, trovate la pace nell'incorruttibile, offritevi al fuoco e alla trasparenza...