Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 23° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 12
1In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.2Ciò vedendo, i farisei gli dissero: "Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato".3Ed egli rispose: "Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni?4Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti?5O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa?6Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio.7Se aveste compreso che cosa significa: 'Misericordia io voglio e non sacrificio', non avreste condannato individui senza colpa.8Perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato".
9Allontanatosi di là, andò nella loro sinagoga.10Ed ecco, c'era un uomo che aveva una mano inaridita, ed essi chiesero a Gesù: "È permesso curare di sabato?". Dicevano ciò per accusarlo.11Ed egli disse loro: "Chi tra voi, avendo una pecora, se questa gli cade di sabato in una fossa, non l'afferra e la tira fuori?12Ora, quanto è più prezioso un uomo di una pecora! Perciò è permesso fare del bene anche di sabato".13E rivolto all'uomo, gli disse: "Stendi la mano". Egli la stese, e quella ritornò sana come l'altra.14I farisei però, usciti, tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo.
15Ma Gesù, saputolo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli guarì tutti,16ordinando loro di non divulgarlo,17perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia:
18'Ecco il mio servo che io ho scelto;
il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annunzierà la giustizia alle genti.'
19'Non contenderà, né griderà,
né si udrà sulle piazze la sua voce.'
20'La canna infranta non spezzerà,
non spegnerà il lucignolo fumigante,
finché abbia fatto trionfare la giustizia;'
21'nel suo nome spereranno le genti.'
22In quel tempo gli fu portato un indemoniato, cieco e muto, ed egli lo guarì, sicché il muto parlava e vedeva.23E tutta la folla era sbalordita e diceva: "Non è forse costui il figlio di Davide?".24Ma i farisei, udendo questo, presero a dire: "Costui scaccia i demòni in nome di Beelzebùl, principe dei demòni".
25Ma egli, conosciuto il loro pensiero, disse loro: "Ogni regno discorde cade in rovina e nessuna città o famiglia discorde può reggersi.26Ora, se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso; come potrà dunque reggersi il suo regno?27E se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri figli in nome di chi li scacciano? Per questo loro stessi saranno i vostri giudici.28Ma se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio.29Come potrebbe uno penetrare nella casa dell'uomo forte e rapirgli le sue cose, se prima non lo lega? Allora soltanto gli potrà saccheggiare la casa.30Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.31Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata.32A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro.
33Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero.34Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore.35L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive.36Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio;37poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato".
38Allora alcuni scribi e farisei lo interrogarono: "Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno". Ed egli rispose:39"Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta.40Come infatti 'Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce', così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.41Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona!42La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c'è più di Salomone!
43Quando lo spirito immondo esce da un uomo, se ne va per luoghi aridi cercando sollievo, ma non ne trova.44Allora dice: Ritornerò alla mia abitazione, da cui sono uscito. E tornato la trova vuota, spazzata e adorna.45Allora va, si prende sette altri spiriti peggiori ed entra a prendervi dimora; e la nuova condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima. Così avverrà anche a questa generazione perversa".
46Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli.47Qualcuno gli disse: "Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti".48Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?".49Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli;50perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre".
Secondo libro delle Cronache 3
1Salomone cominciò a costruire il tempio del Signore in Gerusalemme sul monte Moria dove il Signore era apparso a Davide suo padre, nel luogo preparato da Davide sull'aia di Ornan il Gebuseo.2Incominciò a costruire nel secondo mese dell'anno quarto del suo regno.3Queste sono le misure delle fondamenta poste da Salomone per edificare il tempio: lunghezza, in cubiti dell'antica misura, sessanta cubiti; larghezza venti cubiti.4Il vestibolo, che era di fronte al tempio nel senso della larghezza del tempio, era di venti cubiti; la sua altezza era di centoventi cubiti. Egli ricoprì l'interno di oro purissimo.5Ricoprì con legno di abete il vano maggiore e lo rivestì d'oro fino; sopra vi scolpì palme e catenelle.6Rivestì l'aula con pietre preziose per ornamento. L'oro era oro di Parvàim.
7Rivestì d'oro la navata, cioè le travi, le soglie, le pareti e le porte; sulle pareti scolpì cherubini.
8Costruì la cella del Santo dei santi, lunga, nel senso della larghezza della navata, venti cubiti e larga venti cubiti. La rivestì di oro fino, impiegandone seicento talenti.9Il peso dei chiodi era di cinquanta sicli d'oro; anche i piani di sopra rivestì d'oro.10Nella cella del Santo dei santi eresse due cherubini, lavoro di scultura e li rivestì d'oro.11Le ali dei cherubini erano lunghe venti cubiti. Un'ala del primo cherubino, lunga cinque cubiti, toccava la parete della cella; l'altra, lunga cinque cubiti, toccava l'ala del secondo cherubino.12Un'ala del secondo cherubino, di cinque cubiti, toccava la parete della cella; l'altra, di cinque cubiti, toccava l'ala del primo cherubino.
13Queste ali dei cherubini, spiegate, misuravano venti cubiti; essi stavano in piedi, voltati verso l'interno.
14Salomone fece la cortina di stoffa di violetto, di porpora, di cremisi e di bisso; sopra vi fece ricamare cherubini.
15Di fronte al tempio eresse due colonne, alte trentacinque cubiti; il capitello sulla cima di ciascuna era di cinque cubiti.16Fece ghirlande e le pose sulla cima delle colonne. Fece anche cento melagrane e le collocò fra le ghirlande.17Eresse le colonne di fronte alla navata, una a destra e una a sinistra; quella a destra la chiamò Iachin e quella a sinistra Boaz.
Giobbe 39
1Sai tu quando figliano le camozze
e assisti al parto delle cerve?
2Conti tu i mesi della loro gravidanza
e sai tu quando devono figliare?
3Si curvano e depongono i figli,
metton fine alle loro doglie.
4Robusti sono i loro figli, crescono in campagna,
partono e non tornano più da esse.
5Chi lascia libero l'asino selvatico
e chi scioglie i legami dell'ònagro,
6al quale ho dato la steppa per casa
e per dimora la terra salmastra?
7Del fracasso della città se ne ride
e gli urli dei guardiani non ode.
8Gira per le montagne, sua pastura,
e va in cerca di quanto è verde.
9Il bufalo si lascerà piegare a servirti
o a passar la notte presso la tua greppia?
10Potrai legarlo con la corda per fare il solco
o fargli erpicare le valli dietro a te?
11Ti fiderai di lui, perché la sua forza è grande
e a lui affiderai le tue fatiche?
12Conterai su di lui, che torni
e raduni la tua messe sulla tua aia?
13L'ala dello struzzo batte festante,
ma è forse penna e piuma di cicogna?
14Abbandona infatti alla terra le uova
e sulla polvere le lascia riscaldare.
15Dimentica che un piede può schiacciarle,
una bestia selvatica calpestarle.
16Tratta duramente i figli, come se non fossero
suoi,
della sua inutile fatica non si affanna,
17perché Dio gli ha negato la saggezza
e non gli ha dato in sorte discernimento.
18Ma quando giunge il saettatore, fugge agitando le
ali:
si beffa del cavallo e del suo cavaliere.
19Puoi tu dare la forza al cavallo
e vestire di fremiti il suo collo?
20Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo?
Il suo alto nitrito incute spavento.
21Scalpita nella valle giulivo
e con impeto va incontro alle armi.
22Sprezza la paura, non teme,
né retrocede davanti alla spada.
23Su di lui risuona la faretra,
il luccicar della lancia e del dardo.
24Strepitando, fremendo, divora lo spazio
e al suono della tromba più non si tiene.
25Al primo squillo grida: "Aah!..."
e da lontano fiuta la battaglia,
gli urli dei capi, il fragor della mischia.
26Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero
e spiega le ali verso il sud?
27O al tuo comando l'aquila s'innalza
e pone il suo nido sulle alture?
28Abita le rocce e passa la notte
sui denti di rupe o sui picchi.
29Di lassù spia la preda,
lontano scrutano i suoi occhi.
30I suoi aquilotti succhiano il sangue
e dove sono cadaveri, là essa si trova.
Salmi 102
1'Preghiera di un afflitto che è stanco'
'e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia'.
2Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido.
3Non nascondermi il tuo volto;
nel giorno della mia angoscia
piega verso di me l'orecchio.
Quando ti invoco: presto, rispondimi.
4Si dissolvono in fumo i miei giorni
e come brace ardono le mie ossa.
5Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce,
dimentico di mangiare il mio pane.
6Per il lungo mio gemere
aderisce la mia pelle alle mie ossa.
7Sono simile al pellicano del deserto,
sono come un gufo tra le rovine.
8Veglio e gemo
come uccello solitario sopra un tetto.
9Tutto il giorno mi insultano i miei nemici,
furenti imprecano contro il mio nome.
10Di cenere mi nutro come di pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto,
11davanti alla tua collera e al tuo sdegno,
perché mi sollevi e mi scagli lontano.
12I miei giorni sono come ombra che declina,
e io come erba inaridisco.
13Ma tu, Signore, rimani in eterno,
il tuo ricordo per ogni generazione.
14Tu sorgerai, avrai pietà di Sion,
perché è tempo di usarle misericordia:
l'ora è giunta.
15Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre
e li muove a pietà la sua rovina.
16I popoli temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria,
17quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso in tutto il suo splendore.
18Egli si volge alla preghiera del misero
e non disprezza la sua supplica.
19Questo si scriva per la generazione futura
e un popolo nuovo darà lode al Signore.
20Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra,
21per ascoltare il gemito del prigioniero,
per liberare i condannati a morte;
22perché sia annunziato in Sion il nome del Signore
e la sua lode in Gerusalemme,
23quando si aduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il Signore.
24Ha fiaccato per via la mia forza,
ha abbreviato i miei giorni.
25Io dico: Mio Dio,
non rapirmi a metà dei miei giorni;
i tuoi anni durano per ogni generazione.
26In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani.
27Essi periranno, ma tu rimani,
tutti si logorano come veste,
come un abito tu li muterai
ed essi passeranno.
28Ma tu resti lo stesso
e i tuoi anni non hanno fine.
29I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
resterà salda davanti a te la loro discendenza.
Ezechiele 40
1Al principio dell'anno venticinquesimo della nostra deportazione, il dieci del mese, quattordici anni da quando era stata presa la città, in quel medesimo giorno, la mano del Signore fu sopra di me ed egli mi condusse là.2In visione divina mi condusse nella terra d'Israele e mi pose sopra un monte altissimo sul quale sembrava costruita una città, dal lato di mezzogiorno.3Egli mi condusse là: ed ecco un uomo, il cui aspetto era come di bronzo, in piedi sulla porta, con una cordicella di lino in mano e una canna per misurare.4Quell'uomo mi disse: "Figlio dell'uomo: osserva e ascolta attentamente e fa' attenzione a quanto io sto per mostrarti, perché tu sei stato condotto qui perché io te lo mostri e tu manifesti alla casa d'Israele quello che avrai visto".
5Ed ecco il tempio era tutto recinto da un muro. La canna per misurare che l'uomo teneva in mano era di sei cubiti, d'un cubito e un palmo ciascuno. Egli misurò lo spessore del muro: era una canna, e l'altezza una canna.
6Poi andò alla porta che guarda a oriente, salì i gradini e misurò la soglia della porta; era una canna di larghezza.7Ogni stanza misurava una canna di lunghezza e una di larghezza, da una stanza all'altra vi erano cinque cubiti: anche la soglia del portico dal lato dell'atrio della porta stessa, verso l'interno, era di una canna.8Misurò l'atrio della porta: era di otto cubiti;9i pilastri di due cubiti. L'atrio della porta era verso l'interno.
10Le stanze della porta a oriente erano tre da una parte e tre dall'altra, tutt'e tre della stessa grandezza, come di una stessa misura erano i pilastri da una parte e dall'altra.11Misurò la larghezza dell'apertura del portico: era di dieci cubiti; l'ampiezza della porta era di tredici cubiti.12Davanti alle stanze vi era un parapetto di un cubito, da un lato e dall'altro; ogni stanza misurava sei cubiti per lato.13Misurò poi il portico dal tetto di una stanza al suo opposto; la larghezza era di venticinque cubiti; da un'apertura all'altra;14i pilastri li calcolò alti sessanta cubiti, dai pilastri cominciava il cortile che circondava la porta.15Dalla facciata della porta d'ingresso alla facciata dell'atrio della porta interna vi era uno spazio di cinquanta cubiti.16Le stanze e i pilastri avevano finestre con grate verso l'interno, intorno alla porta, come anche vi erano finestre intorno che davano sull'interno dell'atrio. Sui pilastri erano disegnate palme.
17Poi mi condusse nel cortile esterno e vidi delle stanze e un lastricato costruito intorno al cortile; trenta erano le stanze lungo il lastricato.18Il lastricato si estendeva ai lati delle porte per una estensione uguale alla larghezza delle porte stesse: era il lastricato inferiore.19Misurò lo spazio dalla facciata della porta inferiore da oriente a settentrione alla facciata della porta interna, erano cento cubiti.
20Poi misurò la lunghezza e la larghezza della porta che guarda a settentrione e conduce al cortile esterno.21Le sue stanze, tre da una parte e tre dall'altra, i pilastri, l'atrio avevano le stesse dimensioni della prima porta: cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.22Le finestre, l'atrio e le palme avevano le stesse dimensioni di quelle della porta che guarda a oriente. Vi si accedeva per sette scalini: l'atrio era davanti.23Di fronte al portico di settentrione vi era la porta, come di fronte a quello di oriente; misurò la distanza fra portico e portico: vi erano cento cubiti.
24Mi condusse poi verso mezzogiorno: ecco un portico rivolto a mezzogiorno. Ne misurò i pilastri e l'atrio; avevano le stesse dimensioni.25Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre uguali alle altre finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.26Vi si accedeva per sette gradini: il vestibolo stava verso l'interno. Sui pilastri, da una parte e dall'altra, vi erano ornamenti di palme.27Il cortile interno aveva un portico verso mezzogiorno; egli misurò la distanza fra porta e porta in direzione del mezzogiorno; erano cento cubiti.
28Allora mi introdusse nell'atrio interno, per il portico meridionale, e misurò questo portico; aveva le stesse dimensioni.29Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le medesime misure. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.
30Intorno vi erano vestiboli di venticinque cubiti di lunghezza per cinque di larghezza.
31Il suo vestibolo era rivolto verso l'atrio esterno; sui pilastri c'erano ornamenti di palme; i gradini per i quali si accedeva erano otto.
32Poi mi condusse al portico dell'atrio interno che guarda a oriente e lo misurò: aveva le solite dimensioni.33Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le stesse dimensioni. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.34Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno: sui pilastri, da una parte e dall'altra vi erano ornamenti di palme: i gradini per i quali si accedeva erano otto.
35Poi mi condusse al portico settentrionale e lo misurò: aveva le solite dimensioni,36come le stanze, i pilastri e l'atrio. Intorno vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.37Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno; sui pilastri, da una parte e dall'altra, c'erano ornamenti di palme: i gradini per cui vi si accedeva erano otto.
38C'era anche una stanza con la porta vicino ai pilastri dei portici; là venivano lavati gli olocausti.39Nell'atrio del portico vi erano due tavole da una parte e due dall'altra, sulle quali venivano sgozzati gli olocausti e i sacrifici espiatori e di riparazione.40Altre due tavole erano sul lato esterno, a settentrione di chi entra nel portico, e due tavole all'altro lato presso l'atrio del portico.41Così a ciascun lato del portico c'erano quattro tavole da una parte e quattro tavole dall'altra: otto tavole in tutto. Su di esse si sgozzavano le vittime.42C'erano poi altre quattro tavole di pietre squadrate, per gli olocausti, lunghe un cubito e mezzo, larghe un cubito e mezzo e alte un cubito: su di esse venivano deposti gli strumenti con i quali si immolavano gli olocausti e gli altri sacrifici.43Uncini d'un palmo erano attaccati all'interno tutt'intorno; sulle tavole si mettevano le carni delle offerte.
44Fuori del portico interno, nell'atrio interno, vi erano due stanze: quella accanto al portico settentrionale guardava a mezzogiorno, l'altra accanto al portico meridionale guardava a settentrione.45Egli mi disse: "La stanza che guarda a mezzogiorno è per i sacerdoti che hanno cura del tempio,46mentre la stanza che guarda a settentrione è per i sacerdoti che hanno cura dell'altare: sono essi i figli di Zadòk che, tra i figli di Levi, si avvicinano al Signore per il suo servizio".
47Misurò quindi l'atrio: era un quadrato di cento cubiti di larghezza per cento di lunghezza. L'altare era di fronte al tempio.
48Mi condusse poi nell'atrio del tempio e ne misurò i pilastri: erano ognuno cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall'altra; la larghezza del portico: tre cubiti da una parte e tre cubiti dall'altra.49La lunghezza del vestibolo era di venti cubiti e la larghezza di dodici cubiti. Vi si accedeva per mezzo di dieci gradini; accanto ai pilastri c'erano due colonne, una da una parte e una dall'altra.
Lettera ai Romani 10
1Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza.2Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza;3poiché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio.4Ora, il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede.
5Mosè infatti descrive la giustizia che viene dalla legge così: 'L'uomo che la pratica vivrà per essa'.6Invece la giustizia che viene dalla fede parla così: 'Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo'? Questo significa farne discendere Cristo;7oppure: 'Chi discenderà nell'abisso'? Questo significa far risalire Cristo dai morti.8Che dice dunque? 'Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore': cioè la parola della fede che noi predichiamo.9Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.10Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.11Dice infatti la Scrittura: 'Chiunque crede in lui non sarà deluso'.12Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano.13Infatti: 'Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato'.
14Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?15E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: 'Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene'!
16Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, 'chi ha creduto alla nostra predicazione'?17La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo.18Ora io dico: Non hanno forse udito? Tutt'altro:
'per tutta la terra è corsa la loro voce,
e fino ai confini del mondo le loro parole'.
19E dico ancora: Forse Israele non ha compreso? Già per primo Mosè dice:
'Io vi renderò gelosi di un popolo che non è popolo;
contro una nazione senza intelligenza
susciterò il vostro sdegno'.
20Isaia poi arriva fino ad affermare:
'Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano,
mi sono manifestato a quelli che non si rivolgevano a
me',
21mentre di Israele dice: 'Tutto il giorno ho steso le mani verso un popolo disobbediente e ribelle'!
Capitolo IX: Offrire noi stessi a Dio, con tutto quello che è in noi, pregando per tutti
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1. Tue sono le cose, o Signore, quelle del cielo e quelle della terra: a te voglio, liberamente, offrire me stesso e restare tuo per sempre. O Signore, con cuore sincero, oggi io mi dono a te in perpetuo servizio, in obbedienza e in sacrificio di lode perenne. Accettami, insieme con questa offerta santa del tuo corpo prezioso, che io - alla presenza e con l'assistenza invisibile degli angeli - ora ti faccio, per la mia salvezza e per la salvezza di tutto il popolo, O Signore, sull'altare della tua espiazione offro a te tutti i miei peccati e le colpe da me commesse al cospetto tuo e dei tuoi santi angeli, dal giorno in cui fui capace di peccare fino ad oggi; affinché tutto tu accenda e consumi nel fuoco del tuo amore, cancellando ogni macchia dei miei peccati; affinché tu purifichi la mia coscienza da ogni colpa; affinché tu mi ridia la tua grazia, che ho perduta col peccato, tutto perdonando e misericordiosamente accogliendomi nel bacio della pace. Che posso io fare per i miei peccati, se non confessarli umilmente nel pianto e pregare senza posa per avere la tua intercessione? Ti scongiuro, dammi benevolo ascolto, mentre mi pongo dinanzi a te, o mio Dio. Grande disgusto io provo per tutti i miei peccati; non voglio più commetterne, anzi di essi mi dolgo e mi dorrò per tutta la vita, pronto a fare penitenza e, per quanto io possa, a pagare per essi. Rimetti, o Signore, rimetti i miei peccati, per il tuo santo nome: salva l'anima mia, che tu hai redenta con il tuo sangue prezioso. Ecco, io mi affido alla tua misericordia; mi metto nelle tue mani. Opera tu con me secondo la tua bontà, non secondo la mia perfidia e la mia iniquità.
2. Anche tutto quello che ho di buono, per quanto sia molto poco e imperfetto, lo offro a te, affinché tu lo perfezioni e lo santifichi; affinché ti sia gradito e tu voglia accettarlo, accrescendone il valore; affinché tu voglia portarmi - inoperoso e inutile piccolo uomo, qual sono - a un termine beato e glorioso. Offro parimenti a te tutti i buoni desideri delle persone devote e le necessità dei parenti e degli amici, dei fratelli e delle sorelle, di tutti i miei cari e di coloro che, per amor tuo, fecero del bene a me o ad altri; infine di tutte le persone - quelle ancora in vita e quelle che già hanno lasciato questo mondo - che da me desiderarono e chiesero preghiere e sante Messe, per loro e per tutti i loro cari. Che tutti sentano venire sopra di sé l'aiuto della tua grazia, l'abbondanza della consolazione, la protezione dai pericoli, la liberazione dalle pene! Che tutti, liberati da ogni male, ti rendano in letizia grazie solenni. Ancora, e in modo speciale, ti offro preghiere e sacrifici di espiazione per quelli che mi hanno fatto qualche torto, mi hanno cagionato dolore, mi hanno calunniato o recato danno, mi hanno messo in difficoltà; e anche per tutti quelli ai quali io ho dato talora motivo di tristezza e di turbamento, di dolore o di scandalo, con parole o con fatti, consciamente oppure no, affinché tu perdoni parimenti a tutti noi i nostri peccati e le offese vicendevoli. O Signore, strappa dai nostri cuori ogni sospetto, ogni sdegno, ogni collera, ogni contesa e tutto ciò che possa ferire la carità e affievolire l'amore fraterno. Abbi compassione, o Signore, di noi che imploriamo la tua misericordia; concedi la tua grazia a noi che ne abbiamo bisogno; fa che noi siamo fatti degni di godere della tua grazia e che possiamo avanzare verso la vita eterna.
DISCORSO 238 NEI GIORNI DI PASQUA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca
1. La sacra lettura del Vangelo, che ha valore perenne, ci mostra la verità su Cristo e sulla Chiesa, perché non commettiamo errori né sull'uno, né sull'altra. Non dobbiamo, cioè, accompagnare con il santo sposo una sposa invece d'un'altra, né attribuire alla santa sposa uno sposo diverso da quello legittimo. Per escludere ogni errore nell'un verso e nell'altro, ascoltiamo le pagine del Vangelo come tavole del loro matrimonio.
Cristo confuta gli errori di quanti lo vogliono disincarnato.
2. A proposito di Cristo Signore non mancarono né mancano oggi persone che commettono l'errore di non credere che egli abbia avuto una vera carne. Costoro debbono ascoltare ciò che noi abbiamo ora ascoltato. È vero che egli è in cielo, ma la sua voce risuona quaggiù; è vero che siede alla destra del Padre, ma parla ancora con noi. Ebbene, che lui ci si delinei con esattezza; che si manifesti a noi! Che bisogno abbiamo d'andare in cerca d'un altro testimone nei suoi riguardi? Ascoltiamo piuttosto lui stesso! Apparve ai suoi discepoli e per prima cosa si fermò in mezzo a loro 1. L'avete ascoltato mentre lo si leggeva. Essi, a tal vista, rimasero turbati credendo di vedere uno spirito. È quel che credono oggi tutti coloro che pensano essere egli stato senza vera carne. Tali i manichei, i priscillianisti e tutti quegli altri errori pestilenziali che non è qui il caso di nominare. Costoro non credono che Cristo sia un essere immaginario, ma credono che fu uno spirito non unito alla carne. Ma tu, Cattolica, tu, sposa e non adultera, cosa ritieni? Cosa ritieni se non ciò che hai imparato da lui? Non hai infatti potuto trovare, nei suoi riguardi, un testimone più attendibile di lui stesso. Ebbene, tu cosa ritieni? Tu hai appreso che Cristo è Verbo, anima umana e carne umana. Cos'hai appreso circa il Verbo? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; egli era in principio presso Dio 2. E cos'hai appreso a proposito dell'anima umana? Chinato il capo rese lo spirito 3. E riguardo alla carne cos'hai appreso? Ascoltalo adesso, e sappi perdonare a coloro che ora hanno le stesse idee che furono di quei discepoli che avevano deviato 4. In realtà però quei discepoli non perseverarono nell'errore. Credettero, è vero, ciò che oggi credono i manichei, i priscillianisti, cioè che il Cristo Signore non ebbe una vera carne ma fu solamente spirito. Ma osserviamo se Cristo li lasciò nel loro errore. E osservate se e quanto sia pernicioso un errore che il medico con tutta prontezza s'affrettò a guarire, né tollerò che si radicasse ancor più. I discepoli, dunque, ritenevano di vedere uno spirito, ma colui che sapeva quanto fossero false certe idee, volendole sradicare dal loro cuore, disse: Perché siete così sconvolti? Perché siete sconvolti e pensieri si levano nel vostro cuore? Osservate le mie mani e i miei piedi: toccatemi e persuadetevi che uno spirito non ha né carne né ossa come vedete che io ho 5. Contro tutte le opinioni aberranti ritieni quel che hai ricevuto dalla tradizione, se non vuoi andare in rovina. Cristo vero Verbo, Unigenito uguale al Padre, ma ebbe anche una vera anima umana e una vera carne esente da peccato. Fu questa carne che morì e che risorse, che fu sospesa alla croce, giacque nel sepolcro e ora siede nel cielo. Cristo Signore si preoccupava di creare nella mente dei discepoli la persuasione che quello che vedevano erano ossa e carne; e tu osi contraddire? Che dunque? Sarà lui nella falsità, tu nel vero? tu edifichi, lui inganna? E perché, poi, Cristo volle suscitare in me una tale convinzione se non perché egli sapeva cosa mi arreca vantaggio se lo credo e cosa mi reca danno se non lo credo? Credete dunque così! Egli è lo sposo.
Occorre avere idee chiare su Cristo e la sua Chiesa.
3. Ma ascoltiamo anche quel che ci si dice della sposa. Ci sono infatti anche da questo lato certi individui - non so chi - che vorrebbero stravolgere la figura della sposa e, invece di quella vera, affibbiarne a Cristo una falsa. Ascoltiamo quanto ci si dice della sposa. Quando i discepoli ebbero toccato i piedi e le mani convincendosi che erano carne e ossa, il Signore proseguendo chiese: Avete qui qualcosa da mangiare? Con questo fatto stesso che egli partecipava al loro pasto si dimostrava che era vero uomo. Ne prese, ne mangiò, ne diede agli altri, e, mentre essi erano ancora frastornati per la gioia, disse loro: Non vi dicevo forse queste cose quand'ero con voi? In che senso allora non era più con loro? Che significa quel quand'ero con voi? Quando ero mortale come seguitate ad esserlo voi. E cosa vi dicevo? Bisogna che si adempiano tutte le cose che su di me sono state scritte nella Legge, nei Profeti e nei Salmi. E allora aprì le loro menti alla comprensione delle Scritture, e disse loro: Bisognava che Cristo patisse e il terzo giorno risuscitasse dai morti. Escludete la verità della carne: renderete impossibile la passione, impossibile una vera resurrezione. Eccoti quindi lo sposo: Bisognava che il Cristo patisse e il terzo giorno risuscitasse dai morti. Sta' saldo in ciò che riguarda il capo; ma ascolta anche quanto è detto del corpo. Cos'è infatti quel che ci siamo proposti di dimostrare? Che, dopo aver ascoltato lo sposo, riconosciamo i segni distintivi della sposa. E che nel suo nome fossero predicati la conversione e il perdono dei peccati. Dove? A cominciare da che luogo? fino a che limite? A tutte le genti cominciando da Gerusalemme 6. Ecco com'è la sposa. Che nessuno ti spacci racconti favolosi! che gli eretici furibondi cessino dall'abbaiare dietro gli angoli! La Chiesa è diffusa per l'universo tutto intero: tutte le nazioni rientrano nell'ambito della Chiesa. Che nessuno vi inganni! Tale è la vera Chiesa, tale è la Cattolica. Cristo noi non l'abbiamo veduto, ma la Chiesa la vediamo. Abbiamo fede in lui! Diversamente da noi, gli Apostoli vedevano Cristo e credevano nella Chiesa. Una cosa la vedevano, nell'altra credevano; e questo vedere una cosa e in un'altra credere capita anche a noi, ma in senso inverso. Essi vedevano Cristo e credevano nella Chiesa che non vedevano; noi vediamo la Chiesa e dobbiamo credere in Cristo che non vediamo. Aderendo saldamente a ciò che vediamo, giungeremo a vedere colui che ora non vediamo. Ne segue che dobbiamo conoscere bene lo sposo e la sposa, che identifichiamo a dovere riconoscendoli attraverso le loro tavole. In tal modo sarà esclusa ogni controversia riguardo a nozze così sante.
1 - Cf. Lc 24, 36 ss.
2 - Gv 1, 1-2.
3 - Gv 19, 30.
4 - Cf. Lc 24, 37.
5 - Cf. Lc 24, 37-39.
6 - Cf. Lc 24, 40-47.
2 - Sono nuovamente manifestate a Maria santissima le operazioni dell'anima del suo Figlio e nostro redentore, con tutto ciò che le era stato nascosto.
La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca726. L 'intelletto umano ha fatto sulla natura, sulla qualità, sulle cause e sugli effetti dell'amore grandi e lunghi ragionamenti. Se dovessi spiegare il santo e divino amore di Maria santissima, signora nostra, sarebbe necessario aggiungere ancora molto a quanto si è detto e descritto in materia di amore. Dopo la santissima anima di Cristo nostro Signore, nessuno fra tutti gli uomini e gli angeli possedette e possiede un amore così nobile e sublime come la Regina del cielo e per questo meritò di essere chiamata Madre del bell'amore. L'oggetto del santo amore è uno in tutti, cioè Dio stesso e le creature, ma il soggetto che riceve questo amore, le cause dalle quali è generato e gli effetti che produce sono diversi. Maria ottenne il sommo grado dell'amore possibile ad una semplice creatura umana. In lei furono, senza misura e limiti, la purezza del cuore, la fede, la speranza, il timore santo e filiale, la scienza e la sapienza, i benefici, la memoria e la stima di essi, e tutte le altre cause proprie dell'amore santo e divino. Questa fiamma non si genera né si accende con l'amore insano e cieco, che entra per la stoltezza dei sensi senza poi ritrovare una ragione o la via. L'amore santo e puro entra attraverso la nobilissima conoscenza dell'oggetto e per la forza della sua infinita bontà ed inesplicabile soavità, perché Dio, essendo sapienza e bontà, non vuole essere amato solo con la dolcezza, ma anche con la sapienza e la conoscenza di ciò che si ama.
727. Questi amori hanno qualche somiglianza più negli effetti che nelle cause: una volta che giungono a soggiogare il cuore impadronendosi di esso, ne escono con difficoltà. Da qui nasce il dolore che sente il cuore umano quando trova rifiuto, freddezza o minore corrispondenza nella persona che ama, perché questo è come obbligarlo a rimuovere da sé l'amore. Come l'amore s'impadronisce del cuore e non ne trova facile uscita, benché qualche volta gliela proponga la ragione, così la dura violenza che soffre causa dolori di morte. Tutto ciò è pazzia e sciocchezza nell'amore cieco e mondano, ma nell'amore divino è somma sapienza, perché, dove non si trovano ragioni per non amare, maggiore prudenza è cercarle per amare più intimamente e a questo obbligare l'amato. Quanto più liberamente la volontà ama il sommo Bene, tanto meno è libera di rinunciare a tale amore. In questa gloriosa contesa la volontà, signora e regina dell'anima, felicemente si assoggetta al suo stesso amore e non vuole liberarsi da questa schiavitù. Invece in questa libera violenza, se è rifiutata o trattata con freddezza dal sommo Bene che ama, soffre dolori e deliqui di morte, come colei a cui manca l'oggetto della vita, perché solo vive per amare e nel sapersi amata.
728. Da questo si può capire qualche cosa dei patimenti del cuore ardentissimo e purissimo della nostra Regina per l'assenza del Signore, che le aveva nascosto l'oggetto del suo amore, lasciando che soffrisse per tanti giorni le angustie del dubbio di averlo disgustato. Ella era un immenso compendio di umiltà e di amore divino: non sapendo la causa della severità e noncuranza del suo amato, patì il più dolce e più duro martirio che abbia mai potuto immaginare una mente umana o angelica. Solo Maria santissima, madre del santo amore, giunse al vertice di cui è capace una creatura umana, perché seppe e poté soffrire questo martirio che sorpassò tutte le pene dei martiri e le penitenze dei confessori. In lei si compì in pienezza ciò che si dice nel Cantico: Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio. Perciò ella in questa occasione dimenticò tutto il visibile, quanto vi è di creato e la sua stessa vita, reputando tutto un nulla finché non ritrovò la grazia e l'amicizia del suo Figlio santissimo e suo Dio, che temeva di avere perduto, benché sempre la possedesse. Non si può spiegare con le parole il suo affanno, la sua sollecitudine, la sua vigilanza e le attenzioni usate per servire il suo Figlio santissimo ed il Padre celeste.
729. Trenta giorni erano già passati in questo conflitto, ma sembravano molti secoli per chi non poteva vivere un solo momento senza soddisfare il suo amore e l'amato. A nostro modo d'intendere il cuore del bambino Gesù non poteva ormai più contenersi, né resistere alla forza dell'amore che aveva per la sua dolcissima Madre. Anche al Signore costò un'inafferrabile, ma allo stesso tempo soave violenza tenere Maria in tale tribolazione e timore. Un giorno l'umile e sovrana Regina si presentò al fanciullo Dio e, buttandosi ai suoi piedi con lacrime e sospiri che sgorgavano dalla profondità del cuore, gli si rivolse con le seguenti parole: «Dolcissimo bene ed amor mio, che vale la piccolezza di questa polvere e cenere a paragone del vostro immenso potere? Che può tutta la miseria della creatura di fronte alla vostra bontà senza fine? Voi siete superiore alla nostra bassezza e nell'immenso pelago della vostra misericordia scompaiono tutte le nostre imperfezioni e i nostri difetti. Se non vi ho servito, come confesso che avrei dovuto fare, castigate le mie negligenze e perdonatele; ma lasciatemi di nuovo vedere, figlio e Signore mio, la gioia del vostro volto, che è la mia salute. Lasciatemi anche vedere la desiderata luce che mi dava esistenza e vita. Guardate la vostra povera Madre inginocchiata nella polvere. Non mi alzerò dai vostri piedi fino a che non veda chiaro lo specchio nel quale si mirava la mia anima».
730. La nostra gran Regina, umiliata alla presenza del suo Figlio santissimo, pronunziò queste ed altre simili parole piene di sapienza e di ardentissimo amore. Sua Maestà bramava, più che la stessa Signora, di ricondurla alle sue delizie e amorevolmente le rispose: «Madre mia, alzatevi!». Le parole pronunciate da colui che era la Parola dell'eterno Padre ebbero tanta efficacia che istantaneamente la divina Madre fu trasformata ed elevata in un'altissima estasi nella quale vide la Divinità in modo astrattivo. In questa visione il Signore l'accolse con dolcissimi abbracci e parole di padre e di sposo, cosicché ella dalle lacrime passò al giubilo, dalla pena alla gioia e dall'amarezza ad una soavissima dolcezza. Sua Maestà le rivelò grandi misteri riguardanti i suoi alti progetti sulla nuova legge evangelica. La santissima Trinità, per iscriverla nel suo candidissimo cuore, l'assegnò e destinò ad essere la primogenita e prima discepola del Verbo incarnato. Egli l'avrebbe resa modello ed esempio per i santi apostoli, i martiri, i dottori, i confessori, le vergini e gli altri giusti della nuova Chiesa e della nuova legge di grazia che avrebbe fondato nella redenzione dell'umanità.
731. A questo mistero corrisponde tutto ciò che, secondo la spiegazione della santa Chiesa, la Madre di Dio dice di sé nel capitolo ventiquattresimo del Siracide, usando l'immagine della divina sapienza. Non è il caso che mi soffermi nella spiegazione dell'argomento che sto trattando, perché tutto quanto lo Spirito Santo dice di essa si riferisce chiaramente alla gran Regina. Riferisco solo letteralmente qualche parte del testo, perché tutti possano comprendere una così ammirabile profezia. Dice questa Signora: «Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e ho ricoperto come nube la terra. Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Il giro del cielo da sola ho percorso, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi cercai un luogo di riposo, in quale possedimento stabilirmi. Allora il creatore dell'universo mi diede un ordine, il mio creatore mi fece posare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creò; per tutta l'eternità non verrò meno. Ho officiato nella tenda santa davanti a lui, e così mi sono stabilita in Sion. Nella città amata mi ha fatto abitare; in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto 1e radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore, sua eredità».
732. Il Siracide elenca poi altre prerogative di Maria santissima e dice: Come un terebinto ho esteso i rami e i miei rami son rami di maestà e di bellezza. Io come una vite ho prodotto germogli graziosi e i miei fiori, frutti di gloria e ricchezza. Io sono la madre del puro amore, del timore, della conoscenza e della degna speranza. In me vi è ogni grazia di vita e di verità, in me ogni speranza di vita e di forza. Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei prodotti. Poiché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi è più dolce del favo di miele. Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me, avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà. Mi fermo a questo punto del capitolo del Siracide, nel quale il cuore pio troverà la pienezza dei misteri di Maria santissima. Le virtù nascoste della Madre della grazia l'attireranno verso di lei e gli faranno comprendere l'inesplicabile grandezza e sublimità nella quale ella fu costituita dall'insegnamento del suo Figlio santissimo, per volere della beatissima Trinità. Questa eccelsa Principessa fu la vera arca del Nuovo Testamento: dalla sovrabbondanza della sua sapienza e della sua grazia straripò, come da immenso mare, tutto ciò che mai i santi ricevettero e riceveranno fino alla fine del mondo.
733. La divina Madre, quando si destò dall'estasi, adorò nuovamente il suo santissimo Figlio e lo pregò di perdonarla se per caso avesse commesso qualche negligenza nel servirlo. Le rispose sua Maestà alzandola da terra e le disse: «Madre mia io sono molto compiaciuto del vostro cuore e dei vostri sentimenti, voglio che lo dilatiate e lo pre pariate di nuovo per ricevere le mie testimonianze. lo adempirò la volontà di mio Padre e scriverò nel vostro cuore il Vangelo che intendo insegnare al mondo. E voi, o Madre, lo metterete in pratica come io desidero». Rispose la purissima Regina: «Figlio e Signore mio, possa io trovare grazia ai vostri occhi! Guidate le facoltà della mia anima sui retti sentieri del vostro volere? Parlate, Signore mio, perché la vostra serva ascolta e vi seguirà sino alla morte». In questo colloquio si manifestò nuovamente alla vergine Madre l'anima santissima di Cristo con le sue operazioni. Da questo momento in poi godette della grazia in un grado ancora più elevato quale divina discepola, sia soggettivamente sia oggettivamente in quanto ricevette una luce più chiara e sublime. Nel suo Figlio santissimo vide la nuova legge evangelica con tutti i suoi misteri, i sacramenti e la dottrina come il divino architetto l'aveva ideata nella sua mente e determinata nel suo volere di maestro e redentore degli uomini. A questo insegnamento, che riservò solo a Maria santissima, ne aggiunse un altro: con le parole le insegnava e manifestava i segreti della sua sapienza' e quanto non potevano comprendere gli uomini e gli angeli. Maria purissima apprese correttamente questa sapienza comunicandone, senza invidia, tutta la luce, diffondendola prima dell'ascensione di Cristo nostro Signore e molto più dopo.
734. Capisco perfettamente che questa Storia avrebbe dovuto comunicare tutti i profondi misteri che accaddero tra la purissima Madre e il suo santissimo Figlio, dagli anni dell'adolescenza e della gioventù fino a quelli della predicazione pubblica. Confesso, però, nuovamente ciò che ho già detto, e cioè la mia incapacità e quella di tutte le creature nel trattare un così sublime argomento. Per farlo sarebbe necessario descrivere tutti i misteri della Sacra Scrittura, tutta la dottrina cristiana e le virtù, tutte le tradizioni della santa Chiesa, la confutazione degli errori e delle eresie, i decreti di tutti i concili, tutto ciò che la Chiesa conserva e conserverà sino alla fine del mondo; inoltre si dovrebbero descrivere anche gli altri grandi misteri riguardanti la vita e la gloria dei santi. Tutto ciò fu scritto nel cuore purissimo della nostra gran Regina. Sarebbe necessario descrivere anche tutte le opere fatte dal Salvatore e maestro affinché gli effetti della redenzione e l'insegnamento della Chiesa fossero abbondanti; quanto scrissero gli evangelisti, gli apostoli, i profeti e gli antichi padri; ciò che operarono in seguito tutti i santi, l'illuminazione che ebbero i dottori, quanto soffrirono i martiri e le vergini e la grazia che tutti ricevettero per sostenere tali patimenti. Maria santissima conobbe tutto ciò e molto più di quanto si possa spiegare in modo particolareggiato, con la comprensione più profonda e con grande saggezza e chiarezza. Di tutto rese grazie e in tutto operò quanto era possibile a una semplice creatura rispetto all'eterno Padre, creatore di tutte le cose, e all'unigenito Figlio, capo della Chiesa. Tutto ciò comunicherò in seguito come mi sarà possibile.
735. Sebbene la Madre s'impegnasse in tali opere con la massima attenzione tenendo lo sguardo fisso sul Figlio e maestro, tuttavia non trascurò alcunché nel servizio e nella sollecitudine amorevole per la salute fisica di Gesù e di san Giuseppe. Accudiva a loro in tutto senza negligenza né difetto alcuno, preparando il cibo e servendoli, con particolare riguardo per il suo Figlio santissimo presso il quale sempre si inginocchiava con incomparabile riverenza. Si preoccupava che il fanciullo Gesù pensasse a consolare il suo padre putativo, come se fosse stato un padre naturale. Il fanciullo Dio ubbidiva in tutto questo a sua Madre e assisteva molte volte san Giuseppe nel lavoro nel quale il santo si spendeva per poter sostentare, col sudore della sua fronte, il Figlio dell'eterno Padre e sua Madre. Cresciuto, il fanciullo aiutava alcune volte san Giuseppe in quello che gli era possibile per la sua età; capitò che facesse alcuni miracoli compiendo cose al di sopra delle sue forze naturali, così che al santo sposo, rinvigorito, il lavoro fosse reso meno pesante. In tale materia avvenivano simili meraviglie tra loro tre soltanto.
Insegnamento della Regina del cielo
736. Figlia mia, da oggi ti chiamo nuovamente mia discepola e compagna nell'eseguire l'insegnamento celeste che il mio Figlio santissimo diede alla sua Chiesa per mezzo dei Vangeli e delle Scritture. Voglio che tu prepari il tuo cuore con rinnovata diligenza e attenzione, affinché come terra eletta tu possa ricevere il seme vivo e santo della parola del Signore fruttando il cento per uno. Rendi il tuo cuore attento alle mie parole, i Vangeli siano la tua continua lezione perché tu possa meditare e ponderare nel tuo intimo l'insegnamento e i misteri che comprenderai in essi. Ascolta la voce del tuo sposo e Maestro. Egli invita e chiama tutti ad ascoltare le sue parole di vita eterna. È così pericoloso l'inganno della vita mortale che sono poche le anime che vogliono ascoltare ed intendere il sentiero della luce. Molti seguono ciò che è dilettevole, offerto loro dal principe delle tenebre, e chi cammina in esse non sa dove arriverà. L'Altissimo ti chiama per la via della luce vera: seguila imitandomi e conseguirai ciò che desideri. Rinuncia a tutto ciò che è terreno e visibile, non volerlo conoscere né rimirare, non desiderarlo, non dartene pensiero e fuggi dall'essere conosciuta; le creature non abbiano alcuno spazio nel tuo cuore, custodisci la tua interiorità e proteggila dalle seduzioni umane e diaboliche. Riuscirai in tutto se, come discepola del mio Figlio santissimo e mia, osserverai l'insegnamento del Vangelo, con la perfezione che devi. Ricorda il beneficio di essere stata chiamata, per disposizione divina, ad essere rispettivamente novizia e professa dell'imitazione della mia vita, della mia dottrina e delle mie virtù seguendo le mie orme. Tale beneficio ti obbliga ad un così alto fine per passare ad un noviziato più sublime e alla professione perfetta della religione cattolica, mentre segui l'insegnamento e l'esempio del Redentore del mondo, affrettando il passo dietro al profumo dei suoi unguenti e per i retti sentieri della sua verità. Lo stato di mia discepola è la disposizione per divenire discepola del mio Figlio santissimo e arrivare poi all'unione immutabile con l'essere di Dio. Questi tre benefici d'incomparabile valore ti insegneranno ad essere più perfetta dei sublimi serafini. La divina destra te li ha concessi per disporti, prepararti, renderti idonea e capace di ricevere l'insegnamento, la sapienza e la luce della mia vita, delle opere, delle virtù, dei misteri e delle grazie, così che tu li possa scrivere. Il sovrano Signore si è degnato di concederti questa liberale misericordia senza tuo merito, ma per la mia intercessione e le mie preghiere. Esse hanno avuto efficacia, perché tu hai sottomesso il tuo giudizio umile e timoroso alla volontà dell'Altissimo e all'obbedienza dei tuoi superiori che più volte ti hanno chiesto di scrivere la mia Storia. Il miglior premio per la tua anima è quello che ti è stato dato in quei tre passi o sentieri mistici, altissimi, misteriosi, nascosti alla prudenza umana, ma graditi e accetti a Dio. Essi contengono tanti insegnamenti, come hai sperimentato, per raggiungere il fine. Scrivili a parte é fanne un trattato, perché questa è la volontà del mio Figlio santissimo. Il titolo sarà quello che hai già espresso nell'Introduzione di questa Storia: "Leggi della sposa, apici del suo casto amore e frutto raccolto dall'albero della vita di Maria santissima signora nostra".
9-23 Novembre 16, 1909 Il peccato è l’unico disordine nell’anima.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Dopo avere passato giorni amari di privazione, avendo fatto la comunione mi lamentavo con Gesù benedetto dicendogli: “Pare proprio che mi vuoi lasciare del tutto, ma dimmi almeno, vuoi che esca da questo stato? Chi sa che disordine c’è in me che ti sei allontanato, dimmelo, che di cuore ve lo prometto, sarò più buona”.
(2) E Gesù: “Figlia mia, non ti allarmare, quando ti faccio perdere i sensi stattene pacifica, quando no, stattene più pacifica, senza perderci tempo, e come ti succede prendi tutto dalle mani mie; non posso sospendere qualche giorno? In quanto al disordine te l’avrei detto; e sai chi mette il disordine nell’anima? Solo il peccato, anche minimo, oh! come la deforma, la scolorisce, la debilita, ma gli stati di animo, le privazioni, non le recano nessun nocumento. Perciò statti attenta a non offendermi anche minimamente, e non aver timore di disordine nell’anima tua”.
(3) Ed io: “Ma Signore, qualche cosa ci deve essere di male in me; prima non facevi altro che un va e vieni, ed in queste venute, partecipazione di croci, di chiodi, di spine; ma quando la natura si era tanto assuefatta, da renderseli connaturali, tanto che le era più facile il patire che il non patire, vi ritirate; come è possibile che non ci deva essere qualche cosa di grave?” E Gesù benignamente mi ha detto:
(4) “Senti figlia mia, Io dovevo disporre l’anima tua per farti giungere a questo di felicitarti il patire e farvi il mio lavoro, e quindi dovevo provarti, sorprenderti, caricarti di sofferenze, per fare che la tua natura risorgesse a vita novella; onde questo lavoro l’ho fatto, essendo rimasta in te permanente, quando più, quando meno la partecipazione delle mie pene. Ora avendo fatto questo lavoro, me lo sto godendo; non vuoi tu che mi riposi? Senti, non voler tu pensarci, lascia fare a Gesù che ti vuole tanto bene, ed Io so quando è necessario il mio lavorio in te, e quando devo riposarmi dal mio lavoro”.