Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

Pur non avendo il godimento della fede, mi sforzo tuttavia di compierne le opere. (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 23° settimana del tempo ordinario (Natività Beata Vergine Maria)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 13

1Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!".2Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta".3Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte:4"Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?".

5Gesù si mise a dire loro: "Guardate che nessuno v'inganni!6Molti verranno in mio nome, dicendo: "Sono io", e inganneranno molti.7E quando sentirete parlare di guerre, non allarmatevi; bisogna infatti che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine.8Si leverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti sulla terra e vi saranno carestie. Questo sarà il principio dei dolori.
9Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per render testimonianza davanti a loro.10Ma prima è necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le genti.11E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo.12Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio e i figli insorgeranno contro i genitori e li metteranno a morte.13Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.

14Quando vedrete 'l'abominio della desolazione' stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti;15chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa;16chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello.17Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni!18Pregate che ciò non accada d'inverno;19perché quei giorni saranno 'una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione', fatta da Dio, 'fino al presente', né mai vi sarà.20Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni.21Allora, dunque, se qualcuno vi dirà: "Ecco, il Cristo è qui, ecco è là", non ci credete;22perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e portenti per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti.23Voi però state attenti! Io vi ho predetto tutto.

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

'il sole si oscurerà
e la luna non darà più il suo splendore'
25'e gli astri si metteranno a cadere' dal cielo
'e le potenze che sono nei cieli' saranno sconvolte.

26Allora vedranno 'il Figlio dell'uomo venire sulle nub'i con grande potenza e gloria.27Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

28Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina;29così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte.30In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute.31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.32Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.

33State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso.34È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare.35Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino,36perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati.37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!".


Esodo 14

1Il Signore disse a Mosè:2"Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achirot, tra Migdol e il mare, davanti a Baal-Zefon; di fronte ad esso vi accamperete presso il mare.3Il faraone penserà degli Israeliti: Vanno errando per il paese; il deserto li ha bloccati!4Io renderò ostinato il cuore del faraone ed egli li inseguirà; io dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito, così gli Egiziani sapranno che io sono il Signore!".
Essi fecero in tal modo.
5Quando fu riferito al re d'Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: "Che abbiamo fatto, lasciando partire Israele, così che più non ci serva!".
6Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati.
7Prese poi seicento carri scelti e tutti i carri di Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi.8Il Signore rese ostinato il cuore del faraone, re di Egitto, il quale inseguì gli Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata.9Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre essi stavano accampati presso il mare: tutti i cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito si trovarono presso Pi-Achirot, davanti a Baal-Zefon.
10Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani muovevano il campo dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore.11Poi dissero a Mosè: "Forse perché non c'erano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto? Che hai fatto, portandoci fuori dall'Egitto?12Non ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l'Egitto che morire nel deserto?".13Mosè rispose: "Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più!14Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli".
15Il Signore disse a Mosè: "Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino.16Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all'asciutto.17Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri.18Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri".
19L'angelo di Dio, che precedeva l'accampamento d'Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro.20Venne così a trovarsi tra l'accampamento degli Egiziani e quello d'Israele. Ora la nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte.
21Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d'oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero.22Gli Israeliti entrarono nel mare asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra.23Gli Egiziani li inseguirono con tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri, entrando dietro di loro in mezzo al mare.
24Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta.25Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: "Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!".
26Il Signore disse a Mosè: "Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri".
27Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare.28Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l'esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno.29Invece gli Israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra.30In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare;31Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l'Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mosè.


Siracide 43

1Orgoglio dei cieli è il limpido firmamento,
spettacolo celeste in una visione di gloria!
2Il sole mentre appare nel suo sorgere proclama:
"Che meraviglia è l'opera dell'Altissimo!".
3A mezzogiorno dissecca la terra,
e di fronte al suo calore chi può resistere?
4Si soffia nella fornace per ottenere calore,
il sole brucia i monti tre volte tanto;
emettendo vampe di fuoco,
facendo brillare i suoi raggi, abbaglia gli occhi.
5Grande è il Signore che l'ha creato
e con la parola ne affretta il rapido corso.

6Anche la luna sempre puntuale nelle sue fasi
regola i mesi e determina il tempo.
7Dalla luna dipende l'indicazione delle feste,
luminare che decresce fino alla sua scomparsa.
8Da essa il mese prende nome,
mirabilmente crescendo secondo le fasi.
È un'insegna per le milizie nell'alto
splendendo nel firmamento del cielo.

9Bellezza del cielo la gloria degli astri,
ornamento splendente nelle altezze del Signore.
10Si comportano secondo gli ordini del Santo,
non si stancano al loro posto di sentinelle.

11Osserva l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto,
è bellissimo nel suo splendore.
12Avvolge il cielo con un cerchio di gloria,
l'hanno teso le mani dell'Altissimo.

13Con un comando invia la neve,
fa guizzare i fulmini del suo giudizio.
14Così si aprono i depositi
e le nubi volano via come uccelli.
15Con potenza condensa le nubi,
che si polverizzano in chicchi di grandine.
16a(a)Al suo apparire sussultano i monti;
17a(a)il rumore del suo tuono fa tremare la terra.
16b(b)Secondo il suo volere soffia lo scirocco,
17b(b)così anche l'uragano del nord e il turbine di
vento.
18Fa scendere la neve come uccelli che si posano,
come cavallette che si posano è la sua discesa;
l'occhio ammira la bellezza del suo candore
e il cuore stupisce nel vederla fioccare.
19Riversa sulla terra la brina come il sale,
che gelandosi forma come tante punte di spine.
20Soffia la gelida tramontana,
sull'acqua si condensa il ghiaccio;
esso si posa sull'intera massa d'acqua,
che si riveste come di corazza.
21Inaridisce i monti e brucia il deserto;
divora l'erba come un fuoco.
22Il rimedio di tutto, un annuvolamento improvviso,
l'arrivo della rugiada ristora dal caldo.
23Dio con la sua parola ha domato l'abisso
e vi ha piantato isole.
24I naviganti parlano dei pericoli del mare,
a sentirli con i nostri orecchi restiamo stupiti;
25là ci sono anche cose singolari e stupende,
esseri viventi di ogni specie e mostri marini.
26Per lui il messaggero cammina facilmente,
tutto procede secondo la sua parola.
27Potremmo dir molte cose e mai finiremmo;
ma per concludere: "Egli è tutto!".
28Come potremmo avere la forza per lodarlo?
Egli, il Grande, al di sopra di tutte le sue opere.
29Il Signore è terribile e molto grande,
e meravigliosa è la sua potenza.
30Nel glorificare il Signore esaltatelo
quanto potete, perché ancora più alto sarà.
Nell'innalzarlo moltiplicate la vostra forza,
non stancatevi, perché mai finirete.
31Chi lo ha contemplato e lo descriverà?
Chi può magnificarlo come egli è?
32Ci sono molte cose nascoste più grandi di queste;
noi contempliamo solo poche delle sue opere.
33Il Signore infatti ha creato ogni cosa,
ha dato la sapienza ai pii.


Salmi 50

1'Salmo. Di Asaf.'

Parla il Signore, Dio degli dèi,
convoca la terra da oriente a occidente.
2Da Sion, splendore di bellezza,
Dio rifulge.
3Viene il nostro Dio e non sta in silenzio;
davanti a lui un fuoco divorante,
intorno a lui si scatena la tempesta.

4Convoca il cielo dall'alto
e la terra al giudizio del suo popolo:
5"Davanti a me riunite i miei fedeli,
che hanno sancito con me l'alleanza
offrendo un sacrificio".
6Il cielo annunzi la sua giustizia,
Dio è il giudice.

7"Ascolta, popolo mio, voglio parlare,
testimonierò contro di te, Israele:
Io sono Dio, il tuo Dio.
8Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici;
i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.
9Non prenderò giovenchi dalla tua casa,
né capri dai tuoi recinti.

10Sono mie tutte le bestie della foresta,
animali a migliaia sui monti.
11Conosco tutti gli uccelli del cielo,
è mio ciò che si muove nella campagna.
12Se avessi fame, a te non lo direi:
mio è il mondo e quanto contiene.

13Mangerò forse la carne dei tori,
berrò forse il sangue dei capri?
14Offri a Dio un sacrificio di lode
e sciogli all'Altissimo i tuoi voti;
15invocami nel giorno della sventura:
ti salverò e tu mi darai gloria".

16All'empio dice Dio:
"Perché vai ripetendo i miei decreti
e hai sempre in bocca la mia alleanza,
17tu che detesti la disciplina
e le mie parole te le getti alle spalle?

18Se vedi un ladro, corri con lui;
e degli adùlteri ti fai compagno.
19Abbandoni la tua bocca al male
e la tua lingua ordisce inganni.

20Ti siedi, parli contro il tuo fratello,
getti fango contro il figlio di tua madre.
21Hai fatto questo e dovrei tacere?
forse credevi ch'io fossi come te!
Ti rimprovero: ti pongo innanzi i tuoi peccati".

22Capite questo voi che dimenticate Dio,
perché non mi adiri e nessuno vi salvi.
23Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora,
a chi cammina per la retta via
mostrerò la salvezza di Dio.


Baruc 2

1Per questo il Signore ha adempiuto le sue parole pronunziate contro di noi, contro i nostri giudici che governano Israele, contro i nostri re e contro i nostri principi, contro ogni uomo d'Israele e di Giuda.2Non era mai avvenuto sotto la volta del cielo quello che egli ha compiuto in Gerusalemme, come sta scritto nella legge di Mosè,3fino al punto di mangiarsi uno le carni del figlio e un altro quelle della figlia.4Il Signore li mise in potere di tutti i regni vicini e li rese oggetto di vituperio e di disprezzo per tutti quei popoli in mezzo ai quali li aveva dispersi.5Così ci ha reso schiavi invece di padroni, perché abbiamo offeso il Signore nostro Dio e non abbiamo ascoltato la sua voce.6Al Signore nostro Dio la giustizia, a noi e ai padri nostri il disonore sul volto, come avviene ancor oggi.7Tutte le calamità che il Signore ci aveva minacciate, ci sono venute addosso.8Ma noi non abbiamo placato lo sdegno del Signore, rinunziando ai perversi affetti del nostro cuore.9Così il Signore, che è pronto al castigo, lo ha mandato sopra di noi, poiché egli è giusto in tutte le opere che ci ha comandate,10mentre noi non abbiamo dato ascolto alla sua voce, eseguendo i decreti che ci aveva posti davanti.

11Ora, Signore Dio d'Israele, che hai fatto uscire il tuo popolo dall'Egitto con mano forte, con segni e prodigi, con grande potenza e braccio possente e ti sei fatto un nome glorioso come oggi lo possiedi,12noi abbiamo peccato, siamo stati empi, abbiamo trasgredito, Signore Dio nostro, i tuoi comandamenti.13Allontana da noi lo sdegno, poiché siamo rimasti molto pochi in mezzo alle genti fra le quali tu ci hai dispersi.14Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovar grazia davanti a coloro che ci hanno deportati,15perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore nostro Dio e che il tuo nome è stato invocato su Israele e su tutta la sua stirpe.16Guarda, Signore, dalla tua santa dimora e pensa a noi; inclina il tuo orecchio, Signore, e ascolta;17apri, Signore, gli occhi e osserva: non i morti che sono negli inferi, il cui spirito se n'è andato dalle loro viscere, danno gloria e giustizia al Signore,18ma chi geme sotto il peso, chi se ne va curvo e spossato, chi ha gli occhi languenti, chi è affamato, questi sono coloro che ti rendono gloria e giustizia, Signore.19Non per i meriti dei nostri padri e dei nostri re ti presentiamo le nostre suppliche, Signore Dio nostro,20ma perché tu hai mandato sopra di noi la tua collera e il tuo sdegno, come avevi dichiarato per mezzo dei tuoi servi i profeti:21"Ecco, dice il Signore: Curvate le spalle, servite il re di Babilonia e dimorerete nella terra da me data ai vostri padri.22Ma se non darete ascolto alla voce del Signore che comanda di servire il re di Babilonia,23farò cessare nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme il grido di gioia e di letizia, il canto dello sposo e della sposa e tutto il territorio diventerà un deserto senza abitanti".24Noi non abbiamo dato ascolto alla tua voce di servire il re di Babilonia, perciò tu hai eseguito la minaccia, fatta per mezzo dei tuoi servi i profeti, che le ossa dei nostri re e dei nostri padri sarebbero rimosse dalla loro tomba.25Ed eccole abbandonate al calore del giorno e al gelo della notte. Essi son morti fra atroci dolori, di fame, di spada e di peste;26il tempio che porta il tuo nome tu lo hai ridotto nello stato in cui oggi si trova, per la malvagità della casa d'Israele e di Giuda.27Tuttavia tu hai agito verso di noi, Signore Dio nostro, secondo tutta la tua bontà e secondo tutta la tua grande misericordia,28come avevi detto per mezzo del tuo servo Mosè, quando gli ordinasti di scrivere la tua legge davanti agli Israeliti, dicendo:29"Se voi non darete ascolto alla mia voce, questa moltitudine che ora è così grande sarà ridotta a un piccolo resto in mezzo alle nazioni fra le quali io la disperderò;30poiché io so che non mi ascolterà, perché è un popolo di dura cervice. Però nella terra del loro esilio ritorneranno in sé31e riconosceranno che io sono il Signore loro Dio. Darò loro un cuore e orecchi che ascoltano;32nella terra del loro esilio mi loderanno e si ricorderanno del mio nome33e ripensando alla sorte subìta dai loro padri che peccarono contro di me, abbandoneranno la loro caparbietà e la loro malizia.34Io li ricondurrò nella terra promessa con giuramento ai loro padri, ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe; essi ne avranno di nuovo il dominio e io li moltiplicherò e non diminuiranno più;35farò con loro un'alleanza perenne: io sarò Dio per loro ed essi saranno popolo per me, né scaccerò mai più il mio popolo Israele dal paese che gli ho dato".


Apocalisse 22

1Mi mostrò poi 'un fiume d'acqua viva' limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello.2'In mezzo' alla piazza della città e 'da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita' che da' dodici raccolti e produce frutti ogni 'mese; le foglie' dell'albero servono 'a guarire' le nazioni.

3E non vi sarà più maledizione.
Il trono di Dio e dell'Agnello
sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno;
4'vedranno la sua faccia'
e porteranno il suo nome sulla fronte.
5Non vi sarà più notte
e non avranno più bisogno di luce di lampada,
né di luce di sole,
perché 'il Signore Dio li illuminerà
e regneranno nei secoli dei secoli'.

6Poi mi disse: "Queste parole sono certe e veraci. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra breve.7Ecco, io verrò presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro".
8Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le aveva mostrate.9Ma egli mi disse: "Guardati dal farlo! Io sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare".
10Poi aggiunse: "Non mettere sotto sigillo le parole profetiche di questo libro, perché il tempo è vicino.11Il perverso continui pure a essere perverso, l'impuro continui ad essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.
12Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, 'per rendere a ciascuno secondo le sue opere'.13Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine.14Beati coloro che lavano le loro vesti: avranno parte all'albero della vita e potranno entrare per le porte nella città.15Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolàtri e chiunque ama e pratica la menzogna!

16Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino".
17Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!". E chi ascolta ripeta: "Vieni!". Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita.
18Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro;19e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.
20Colui che attesta queste cose dice: "Sì, verrò presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù.21La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen!


Capitolo XI: scarso è il numero di coloro che amano la croce di Gesù

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1. Oggi, di innamorati del suo regno celeste, Gesù ne trova molti; pochi invece ne trova di pronti a portare la sua croce. Trova molti desiderosi di consolazione, pochi desiderosi della tribolazione, molti disposti a sedere a mensa, pochi disposti a digiunare. Tutti desiderano godere con Lui, pochi vogliono soffrire per Lui. Molti seguono Gesù fino alla distribuzione del pane, pochi invece fino al momento di bere il calice della passione. Molti guardano con venerazione ai suoi miracoli, pochi seguono l'ignominia della croce. Molti amano Iddio fin tanto che non succedono avversità. Molti lo lodano e lo benedicono soltanto mentre ricevono da lui qualche consolazione; ma, se Gesù si nasconde e li abbandona per un poco, cadono in lamentazione e in grande abbattimento. Invece coloro che amano Gesù per Gesù, non già per una qualche consolazione propria, lo benedicono nella tribolazione e nella angustia del cuore, come nel maggior gaudio spirituale. E anche se Gesù non volesse mai dare loro una consolazione, ugualmente vorrebbero sempre lodarlo e ringraziarlo.  

2. Oh!, quanta è la potenza di un amore schietto di Gesù, non commisto con alcun interesse ed egoismo! Forse che non si debbono definire quali mercenari tutti quelli che vanno sempre cercando consolazione? Forse che non si dimostrano più innamorati di sé che di Cristo quelli che pensano sempre al proprio utile e al proprio vantaggio? Dove si troverà uno che voglia servire Iddio senza ricompensa? E' difficile trovare chi sia spiritualmente così alto da voler essere spogliato di ogni cosa. Invero, chi lo troverà uno veramente povero nello spirito e distaccato da ogni creatura? Il suo pregio è come quello di cose provenienti da lontano, dagli estremi confini della terra (Pro 31,10). Anche se uno si spogliasse di tutte le sue sostanze (Ct 8,7), non è ancor nulla; anche se facesse grande penitenza, è ancora poca cosa; anche se avesse appreso ogni scienza, egli è ancora ben lungi dalla meta; anche se avesse grande virtù e fervente devozione, ancora gli manca molto: cioè la sola cosa, che gli è massimamente necessaria. Che cosa dunque? Che, abbandonato tutto, abbandoni anche se stesso, ed esca totalmente da sé, senza che gli rimanga un briciolo di amore di sé; che, dopo aver compiuto tutto quello che riconosce suo dovere, sia persuaso di non aver fatto niente; che non faccia gran conto di ciò che pur possa sembrare grande, ma sinceramente si proclami servo inutile, come dice la Verità stessa: "Quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato comandato, dite: siamo servi inutili" (Lc 17,10). Allora sì, che uno potrà essere davvero povero e nudo spiritualmente, e dire col profeta: "Sono abbandonato e povero" (Sal 24,16). Ma nessuno è più ricco, nessuno più potente, nessuno più libero di costui, che sa abbandonare se stesso e ogni cosa e porsi all'ultimo posto.


Omelia 122: L'apparizione del Risorto sul lago di Tiberiade.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. Dopo averci raccontato come il discepolo Tommaso, attraverso le cicatrici delle ferite che Cristo gli offrì da toccare nella sua carne, vide ciò che non voleva credere e credette, l'evangelista Giovanni inserisce questa osservazione: Molti altri prodigi fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi invece sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il figlio di Dio e, credendo, abbiate vita nel suo nome (Gv 20, 30-31). Questa è come l'annotazione conclusiva di questo libro; tuttavia si narra ancora come il Signore si manifestò presso il mare di Tiberiade, e come nella pesca adombrò il mistero della Chiesa quale sarà nella futura risurrezione dei morti. Credo che sia per sottolineare maggiormente questo mistero che Giovanni pose le parole succitate come a conclusione del libro, in quanto servono anche di introduzione alla successiva narrazione, alla quale, in questo modo, dà maggiore risalto. Così comincia la narrazione: Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade; e si manifestò così. Si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, e i figli di Zebedeo e altri due dei suoi discepoli. Dice loro Simon Pietro: Io vado a pescare. Gli rispondono: Veniamo anche noi con te (Gv 21, 1-3).

2. Si è soliti chiedersi, a proposito di questa pesca dei discepoli, perché Pietro e i figli di Zebedeo siano tornati all'occupazione che avevano prima che il Signore disse loro: Seguitemi e vi farò pescatori di uomini (Mt 4, 19). Allora essi lo seguirono, lasciando tutto, per diventare suoi discepoli. Al punto che, quando quel giovane, al quale aveva detto: Va', vendi ciò che possiedi e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi, si allontanò triste, Pietro poté dirgli: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito (Mt 19, 21-22 27). Perché, dunque, essi ora lasciano l'apostolato e ritornano a essere ciò che erano prima tornando a fare ciò cui avevano rinunciato, quasi non tenendo conto dell'ammonimento che avevano ascoltato dalle labbra del Maestro: Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno dei cieli (Lc 9, 62)? Se gli Apostoli avessero fatto questo dopo la morte di Gesù e prima della sua risurrezione, potremmo pensare che essi fossero stati spinti a ciò dallo scoraggiamento che si era impadronito del loro animo. Del resto essi non avrebbero potuto tornare a pescare il giorno in cui Gesù fu crocifisso, perché in quel giorno rimasero totalmente impegnati fino al momento della sepoltura, che avvenne sul far della sera; il giorno seguente era sabato e, secondo la tradizione dei padri, dovevano osservare il riposo; e finalmente nel terzo giorno, il Signore risorto riaccese in loro la speranza che avevano cominciato a perdere. Ora però, dopo che lo hanno riavuto vivo dal sepolcro, dopo che egli ha offerto ai loro occhi e alle loro mani la realtà evidente della sua carne rediviva, che essi non solo hanno potuto vedere ma anche toccare e palpare; dopo che essi hanno guardato i segni delle sue ferite, e dopo che perfino l'apostolo Tommaso, che aveva detto che non avrebbe creduto se non avesse veduto e toccato, anch'egli ha confessato; dopo che hanno ricevuto lo Spirito Santo, da lui alitato su di essi, e hanno ascoltato le parole: Come il Padre ha mandato me, così io mando voi; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti (Gv 20, 21 23), essi tornano a fare i pescatori, non di uomini ma di pesci.

3. A quanti dunque rimangono perplessi di fronte a questo fatto, si può fare osservare che non era affatto proibito agli Apostoli procurarsi di che vivere con il loro mestiere onesto, legittimo e compatibile con l'impegno apostolico, qualora non avessero avuto altra possibilità per vivere. Nessuno, certo, vorrà pensare o dire che l'apostolo Paolo era meno perfetto di coloro che avevano seguito Cristo lasciando tutto, per il fatto che egli, per non essere di aggravio a quelli che evangelizzava, si guadagnava da vivere con il lavoro delle sue mani (cf. 2 Thess 3, 8). Anzi, proprio in questo si nota la verità di quanto asseriva: Ho lavorato più di tutti costoro. E aggiungeva: non già io, bensì la grazia di Dio con me (1 Cor 15, 10), affinché risultasse evidente che doveva alla grazia di Dio se aveva potuto lavorare più degli altri spiritualmente e materialmente, predicando il Vangelo senza sosta. Egli tuttavia, a differenza degli altri, non si servì del Vangelo per vivere, mentre lo andava seminando più largamente e con più frutto attraverso tante popolazioni in mezzo alle quali il nome di Cristo non era stato ancora annunziato; dimostrando così che vivere del Vangelo, cioè trarre sostentamento dalla predicazione, non era per gli Apostoli un obbligo ma una facoltà. E' di questa facoltà che parla l'Apostolo quando dice: Se abbiamo seminato in voi beni spirituali, è forse una cosa straordinaria se mietiamo i vostri beni materiali? Se altri si valgono di questo potere su di voi, quanto maggiormente non lo potremmo noi? Ma noi - aggiunge - non abbiamo fatto uso di questo potere. E poco più avanti: Quelli che servono all'altare - dice - partecipano dell'altare. Alla stessa maniera anche il Signore ordinò a quelli che annunziano il Vangelo di vivere del Vangelo; quanto a me non ho usato alcuno di questi diritti (1 Cor 9, 11-15). Risulta dunque abbastanza chiaro che il vivere unicamente del Vangelo e mietere beni materiali in compenso dei beni spirituali che seminavano annunziando il Vangelo, era per gli Apostoli non un precetto ma una facoltà: cioè essi potevano accettare il sostentamento materiale e, quali soldati di Cristo, ricevere dai Cristiani il dovuto stipendio, come i soldati lo ricevevano dai Governatori delle province. E' a questo proposito che il medesimo generoso soldato di Cristo poco prima aveva detto: Chi mai si arruola a proprie spese? (1 Cor 9, 7). Tuttavia, proprio questo egli faceva, e perciò lavorava più di tutti gli altri. Se dunque il beato Paolo non volendo usare del diritto che aveva in comune con gli altri predicatori del Vangelo, e volendo militare a sue spese, onde evitare presso i non credenti in Cristo qualsiasi sospetto che il suo insegnamento fosse interessato, imparò un mestiere non confacente alla sua educazione, per potersi guadagnare il pane con le sue mani e non esser di peso a nessuno dei suoi ascoltatori; perché dobbiamo meravigliarci se il beato Pietro, che già era stato pescatore, tornò al suo lavoro, non avendo per il momento altra possibilità per vivere?

4. Ma qualcuno osserverà: E come mai non aveva altra possibilità per vivere, se il Signore aveva promesso: Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saran date in più (Mt 6, 33)? Questo episodio sta a dimostrare che il Signore mantiene la sua promessa. Chi altri infatti fece affluire i pesci nella rete perché fossero presi? E' da credere che non per altro motivo li ridusse al bisogno, costringendoli a tornare alla pesca, se non perché voleva che fossero testimoni del miracolo che aveva predisposto per sfamare i predicatori del suo Vangelo, mentre mediante il misterioso significato del numero dei pesci, si proponeva di far crescere il prestigio del Vangelo stesso. E a proposito, vediamo ora che cosa il Signore ha riservato a noi.

5. Dice Simon Pietro: Io vado a pescare. Gli rispondono - quelli che erano con lui -: Veniamo anche noi con te. Uscirono, e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. Era ormai l'alba quando Gesù si presentò sulla riva; i discepoli tuttavia non si erano accorti che era Gesù. E Gesù disse loro: Figlioli, non avete qualcosa da mangiare? Gli risposero: No. Ed egli disse loro: Gettate la rete a destra della barca, e ne troverete. La gettarono, e non potevano più tirarla per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: E' il Signore! Simon Pietro all'udire "è il Signore!" si cinse la veste, poiché era nudo, e si buttò in mare. Gli altri discepoli vennero con la barca, perché non erano lontani da terra se non duecento cubiti circa, tirando la rete con i pesci. Appena messo piede a terra, videro della brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: Portate dei pesci che avete preso adesso. Allora Simon Pietro salì nella barca, e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si strappò (Gv 21, 3-11).

6. E' un grande mistero questo, nel grande Vangelo di Giovanni; e, per metterlo maggiormente in risalto, l'evangelista lo ha collocato alla conclusione. Siccome erano sette i discepoli che presero parte a questa pesca: Pietro, Tommaso, Natanaele, i due figli di Zebedeo e altri due di cui si tace il nome; mediante il numero sette stanno ad indicare la fine del tempo. Sì, perché tutto il tempo si svolge in sette giorni. A questo si riferisce il fatto che sul far del giorno Gesù si presentò sulla riva: la riva segna la fine del mare, e rappresenta perciò la fine del tempo, la quale è rappresentata anche dal fatto che Pietro trasse la rete a terra, cioè sulla riva. Il Signore stesso, quando espose una parabola della rete gettata in mare, dette questa spiegazione: Una volta piena - disse - i pescatori l'hanno tirata a riva. E spiegò che cosa fosse la riva, dicendo: Così sarà alla fine del mondo (Mt 13, 48-49).

[Il mistero della Chiesa adombrato nelle due scene di pesca.]

7. Ma quella parabola consisteva nell'enunciazione di un pensiero, non veniva espressa mediante un fatto. Qui, invece, è mediante un fatto che il Signore ci presenta la Chiesa quale sarà alla fine del tempo, così come con un'altra pesca ha presentato la Chiesa quale è nel tempo presente. Il fatto che egli abbia compiuto la prima pesca all'inizio della sua predicazione, questa seconda, invece, dopo la sua risurrezione, dimostra che quella retata di pesci rappresentava i buoni e i cattivi di cui ora la Chiesa è formata; questa invece rappresenta soltanto i buoni che formeranno definitivamente la Chiesa, quando, alla fine del mondo, sarà compiuta la risurrezione dei morti. Inoltre, nella prima pesca, Gesù non stava, come ora, sulla riva del mare, quando ordinò di gettare le reti per la pesca; ma salito in una delle barche, quella che apparteneva a Simone, pregò costui di scostarsi un po' da terra, poi, sedutosi, dalla barca istruiva le folle. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: Va' al largo e calate le reti per la pesca (Lc 5, 3-4). E il pesce che allora pescarono fu raccolto nelle barche, perché non furono tirate le reti a terra come avviene ora. Per questi segni, e per altri che si potrebbero trovare, in quella pesca fu raffigurata la Chiesa nel tempo presente; in questa, invece, è raffigurata la Chiesa quale sarà alla fine dei tempi. E' per questo motivo che la prima pesca fu compiuta prima della risurrezione del Signore, mentre questa seconda è avvenuta dopo; perché nel primo caso Cristo raffigurò la nostra vocazione, nel secondo la nostra risurrezione. Nella prima pesca le reti non vengono gettate solo a destra della barca, a significare solo i buoni, e neppure solo a sinistra, a significare solo i cattivi. Gesù dice semplicemente: Calate le reti per la pesca, per farci intendere che i buoni e i cattivi sono mescolati. Qui invece precisa: Gettate la rete alla destra della barca, per indicare quelli che stavano a destra, cioè soltanto i buoni. Nel primo caso la rete si strappava per indicare le scissioni; nel secondo caso, invece, siccome nella suprema pace dei santi non ci saranno più scissioni, l'evangelista ha potuto rilevare: e benché i pesci fossero tanti - cioè così grossi - la rete non si strappò. Egli sembra alludere alla prima pesca, quando la rete si strappò, per far risaltar meglio, dal confronto con quella, il risultato positivo di questa pesca. Nel primo caso presero tale quantità di pesce che le due barche, stracariche, affondavano (cf. Lc 5, 3-7), cioè minacciavano di affondare: non affondarono, ma poco ci mancò. Donde provengono alla Chiesa tutti i mali che deploriamo, se non dal fatto che non si riesce a tener testa all'enorme massa che entra nella Chiesa con dei costumi del tutto estranei alla vita dei santi e che minacciano di sommergere ogni disciplina? Nel secondo caso, invece, gettarono la rete a destra della barca, e non potevano più tirarla per la grande quantità di pesci. Che significa: non riuscivano più a tirarla? Significa che coloro che appartengono alla risurrezione della vita, cioè alla destra, e finiscono la loro vita nelle reti del cristianesimo, appariranno soltanto sulla riva, cioè alla fine del mondo, quando risorgeranno. Per questo i discepoli non riuscivano a tirare la rete per rovesciare nella barca i pesci che avevano presi, come invece avvenne di quelli per il cui peso la rete si strappò e le barche rischiarono di affondare. La Chiesa possiede tutti questi pesci che sono a destra della barca, ma che rimangono nascosti nel sonno della pace, come nel profondo del mare, sino alla fine della vita, allorché la rete, trascinata per un tratto di circa duecento cubiti, giungerà finalmente alla riva. Il popolo dei circoncisi e dei gentili, che nella prima pesca era raffigurato dalle due barche, qui è raffigurato dai duecento cubiti - cento e cento quanti sono gli eletti di ciascuna provenienza -, poiché facendo la somma, il numero cento passa a destra. Infine, nella prima pesca, non si precisa il numero dei pesci, e noi possiamo vedere in ciò la realizzazione della profezia che dice: Voglio annunziarli e parlarne, ma sono tanti da non potersi contare (Sal 39, 6); qui invece si possono contare: il numero preciso è centocinquantatré. Dobbiamo, con l'aiuto del Signore, spiegare il significato di questo numero.

[Significato del numero 153.]

8. Volendo esprimere la legge mediante un numero, qual è questo numero se non dieci? Sappiamo con certezza che il Decalogo, cioè i dieci comandamenti furono per la prima volta scritti col dito di Dio su due tavole di pietra (cf. Dt 9, 10). Ma la legge, senza l'aiuto della grazia, ci rende prevaricatori, e rimane lettera morta. E' per questo che l'Apostolo dice: La lettera uccide, lo Spirito vivifica (2 Cor 3, 6). Si unisca dunque lo spirito alla lettera, affinché la lettera non uccida coloro che non sono vivificati dallo spirito; ma siccome per poter adempiere i comandamenti della legge, le nostre forze non bastano, è necessario l'aiuto del Salvatore. Quando alla legge si unisce la grazia, cioè quando alla lettera si unisce lo spirito, al dieci si aggiunge il numero sette. Il numero sette, come attestano i venerabili documenti della sacra Scrittura, è il simbolo dello Spirito Santo. Infatti, la santità o santificazione è attribuita propriamente allo Spirito Santo; per cui, anche se il Padre è spirito e il Figlio è spirito (in quanto Dio è spirito: cf. Io 4, 24) ed anche se il Padre è santo e il Figlio è santo, tuttavia lo Spirito di ambedue si chiama con suo proprio nome Spirito Santo. E dov'è che per la prima volta nella legge si parla di santificazione, se non a proposito del settimo giorno? Dio infatti non santificò il primo giorno in cui creò la luce, né il secondo in cui creò il firmamento, né il terzo in cui separò il mare dalla terra e la terra produsse alberi e piante, né il quarto in cui furono create le stelle, né il quinto in cui Dio fece gli animali che si muovono nelle acque e che volano nell'aria, e neppure il sesto in cui creò gli animali che popolano la terra e l'uomo stesso; santificò, invece, il settimo giorno, in cui egli riposò dalle sue opere (cf. Gn 2, 3). Giustamente, quindi, il numero sette è il simbolo dello Spirito Santo. Anche il profeta Isaia dice: Riposerà in lui lo Spirito di Dio; passando poi ad esaltarne l'attività e i suoi sette doni, dice: Spirito di sapienza e d'intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, e lo riempirà dello spirito del timore di Dio (Is 11, 2-3). E nell'Apocalisse non si parla forse dei sette spiriti di Dio (cf. Ap 3, 1), pur essendo unico e identico lo Spirito che distribuisce i suoi doni a ciascuno come vuole (cf 1 Cor 12, 11)? Ma l'idea dei sette doni dell'unico Spirito è venuta dallo stesso Spirito, che ha assistito lo scrittore sacro perché dicesse che sette sono gli spiriti. Ora, se al numero dieci, proprio della legge, aggiungiamo il numero sette, proprio dello Spirito Santo, abbiamo diciassette. Se si scompone questo numero in tutti i numeri che lo formano, e si sommano tutti questi numeri, si ha come risultato centocinquantatré: se infatti a uno aggiungi due ottieni tre, se aggiungi ancora tre e poi quattro ottieni dieci, se poi aggiungi tutti i numeri che seguono fino al diciassette otterrai il risultato sopraddetto; cioè se al dieci, che hai ottenuto sommando tutti i numeri dall'uno al quattro, aggiungi il cinque, ottieni quindici; aggiungi ancora sei e ottieni ventuno; aggiungi il sette e avrai ventotto; se al ventotto aggiungi l'otto, il nove e il dieci, avrai cinquantacinque; aggiungi ancora undici, dodici e tredici, e sei a novantuno; aggiungi ancora quattordici, quindici e sedici, e avrai centotrentasei; e se a questo numero aggiungi quello che resta, cioè quello che abbiamo trovato all'inizio, il diciassette, avrai finalmente il numero dei pesci che erano nella rete. Non si vuol dunque indicare, col centocinquantatré, che tale è il numero dei santi che risorgeranno per la vita eterna, ma le migliaia di santi partecipi della grazia dello Spirito Santo. Questa grazia si accorda con la legge di Dio come con un avversario, affinché la lettera non uccida ciò che lo Spirito vivifica, e in tal modo, con l'aiuto dello Spirito, si possa compiere ciò che per mezzo della lettera viene comandato, e sia perdonato quanto non si riesce a compiere. Quanti partecipano di questa grazia sono indicati da questo numero, cioè vengono rappresentati in figura. Questo numero è, per di più, formato da tre volte il numero cinquanta con l'aggiunta di tre, che significa il mistero della Trinità; il cinquanta poi è formato da sette per sette più uno, dato che sette volte sette fa quarantanove. Vi si aggiunge uno per indicare che è uno solo lo Spirito che si manifesta attraverso l'operazione settenaria; e sappiamo che lo Spirito Santo fu mandato sui discepoli, che lo aspettavano secondo la promessa che loro era stata fatta, cinquanta giorni dopo la risurrezione del Signore (cf. At 2, 2-4; 1, 4).

9. Con ragione dunque l'evangelista dice che i pesci erano grossi e tanti, e precisamente centocinquantatré. Egli dice infatti: e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. Il Signore, dopo aver detto: Non sono venuto per abolire la legge, ma per portarla a compimento (Mt 5, 17), con l'intenzione di dare lo Spirito Santo che consentisse di adempiere la legge (come aggiungendo il sette al dieci), poco dopo dice: Chi, dunque, violerà uno solo di questi comandamenti, anche i minimi, e insegnerà agli uomini a far lo stesso, sarà considerato minimo nel regno dei cieli; chi, invece, li avrà praticati e insegnati, sarà considerato grande nel regno dei cieli (Mt 5, 19). Quest'ultimo potrà far parte del numero dei grossi pesci. Il minimo invece, che distrugge con i fatti ciò che insegna con le parole, potrà far parte di quella Chiesa che viene raffigurata nella prima pesca, fatta di buoni e di cattivi, perché anch'essa viene chiamata regno dei cieli. Il regno dei cieli - dice il Signore - è simile a una gran rete gettata in mare e che raccoglie ogni genere di pesci (Mt 13, 47). Con questo vuole intendere tanto i buoni quanto i cattivi, che dovranno essere separati sulla riva, cioè alla fine del mondo. Inoltre, per far vedere che quelli che chiama minimi, cioè coloro che vivendo male distruggono il bene che insegnano con le parole, sono dei reprobi e quindi saranno completamente esclusi dal regno dei cieli, dopo aver detto: sarà considerato minimo nel regno dei cieli, immediatamente aggiunge: poiché vi dico che, se la vostra giustizia non sorpasserà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 5, 20). Scribi e farisei sono quelli che siedono sulla cattedra di Mosè, e a proposito dei quali egli dice: Fate quello che vi dicono, non vi regolate sulle loro opere: dicono, infatti, e non fanno (Mt 23, 2-3); distruggono con i costumi quanto insegnano con le parole. Di conseguenza, chi è minimo nel regno dei cieli, cioè nella Chiesa del tempo presente, non entrerà nel regno dei cieli, cioè nella Chiesa futura, perché, insegnando ciò che poi trasgredisce, non potrà far parte della società di coloro che fanno ciò che insegnano. Costui, perciò, non farà parte del numero dei grossi pesci, in quanto solo chi farà e insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. E siccome sarà stato grande qui in terra, potrà essere anche là dove l'altro, il minimo, non potrà essere. La grandezza di coloro che qui sono grandi, lassù sarà tale, che il più piccolo di loro è maggiore di chi sulla terra è più grande di tutti (cf. Mt 11, 11). Tuttavia, coloro che qui sono grandi, coloro cioè che nel regno dei cieli, dove la rete raccoglie buoni e cattivi, compiono il bene che insegnano, saranno ancora più grandi nel regno eterno dei cieli; essi, che sono destinati alla risurrezione della vita, sono raffigurati nei pesci pescati dal lato destro della barca. Segue il racconto della colazione che il Signore consumò con questi sette discepoli, e di ciò che egli disse subito dopo, e infine della conclusione di questo Vangelo. Di tutto questo parleremo, se Dio vorrà; ma non possiamo farlo entrare in questo discorso.


20 - Alcuni benefici che Maria santissima fece a casa di Zaccaria.

La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda

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254. È proprietà ben nota dell'amore l'essere ardente ed attivo come il fuoco, se trova materia su cui operare; il fuoco spirituale lo è anche maggiormente, tanto che, se non ha materia, la cerca. Questo maestro ha trasmesso tanti consigli e tante arti virtuose a coloro che amano Cristo che non li lascia affatto stare oziosi. Poiché non è cieco né insano, ma conosce bene la natura del suo nobilissimo oggetto e la sua unica gelosia è quella che non sia amato da tutti, procura di comunicarlo senza invidia. Ora, l'amore che tutti portano a Dio, per quanto fervoroso e santo, è certamente limitato rispetto a quello di Maria santissima, eppure nei santi ha dato luogo ad un ammirabile e potente zelo delle anime, come appare da ciò che hanno compiuto per la loro salvezza; che mai sarà stato, allora, quello che operò in beneficio del prossimo questa grande Regina che era madre dell'amore divino e portava con sé il fuoco vivo e vero che veniva ad incendiare il mondo? In tutto il corso di quest'Opera i mortali conosceranno quanto devono a questa Signora. Anche se sarebbe impossibile riferire i casi particolari ed i benefici che fece a molte anime, tuttavia, affinché da alcuni si argomentino gli altri, in questo capitolo narrerò qualcosa di quanto successe riguardo a ciò mentre la Regina stava in casa di sua cugina santa Elisabetta.

255. Vi era una donna di servizio di sinistre inclinazioni, inquieta, iraconda e che era solita giurare e maledire. Con questi vizi ed altri disordini, mentre avrebbe voluto sopraffare i suoi padroni, stava tanto soggetta al demonio che questo tiranno con estrema facilità la muoveva a qualunque miseria e sregolatezza. Per questo, per lo spazio di quattordici anni fu assistita ed accompagnata da molti demoni, senza che la lasciassero un istante, per assicurarsi il possesso della sua anima. Solamente quando si trovava alla presenza della signora del cielo Maria santissima, i nemici si ritiravano, perché, come altre volte ho detto, la virtù della nostra regina li tormentava, e tanto più ora che racchiudeva nel suo reliquiario verginale il Signore onnipotente e Dio delle virtù; così, la serva non sentiva i cattivi effetti della loro compagnia. D'altra parte, la dolce vista e la conversazione della Regina andavano operando in lei un rinnòvamento tale che cominciò ad affezionarsi molto alla sua riparatrice. Per questo, procurava di assisterla con molto affetto e di offrirsi per servirla, guadagnando tutto il tempo che poteva per andare a starsene con sua Altezza, che guardava con riverenza, poiché tra le sue sregolate inclinazioni ne aveva una buona, cioè una certa naturale pietà e compassione per i bisognosi e gli umili, verso i quali si chinava volentieri facendo loro del bene.

256. La santissima Principessa, che conosceva profondamente le inclinazioni di quella donna, lo stato della sua coscienza, il pericolo della sua anima e la malizia dei demoni nei suoi confronti, rivolse a lei gli occhi della sua misericordia e la guardò con pietoso affetto di madre. Anche se sua Maestà sapeva che quell'assedio e dominio dei demoni era giusta pena dei suoi peccati, pregò per lei e le ottenne il perdono, il rimedio e la salvezza. Con la potestà che aveva su di loro, comandò ben presto ai demoni che lasciassero libera quella creatura e non tornassero più a turbarla e molestarla. Allora essi, non potendo resistere al comando della nostra grande Regina, si sottomisero e sbigottiti fuggirono, senza conoscere la causa di quel suo potere. Parlavano tra sé con meraviglia e sdegno, dicendo: «Chi è mai questa donna che ha su di noi una così straordinaria autorità? Da dove mai le viene un così irresistibile potere che opera tutto ciò che vuole?». Per questo, i nemici concepirono nuovo sdegno e nuova rabbia contro colei che con tanta forza schiacciava loro la testa. Intanto, però, quella felice peccatrice restò libera dalle loro grinfie; Maria santissima la ammonì, la corresse, le insegnò il cammino della salvezza e la mutò in tutt'altra donna, mansueta di cuore e senza alterigia. Ella perseverò, poi, in tale rinnovamento per tutta la sua vita, confessando che tutto il suo bene le era venuto dalla mano della nostra Regina, anche se non conobbe né penetrò il segreto della sua dignità. Tuttavia, continuò ad essere umile e riconoscente e finì la sua vita santamente.

257. Non era di qualità migliori un'altra donna vicina di casa a Zaccaria, la quale, come tale, soleva entrare e conversare con quelli della famiglia di santa Elisabetta. Viveva licenziosamente e, quando intese l'arrivo della nostra Regina a quella città e la modestia e serietà di lei, disse con leggerezza e curiosità: «Chi è questa forestiera tanto santa e ritirata che ci è capitata come ospite e vicina?». Per il desiderio vano e curioso di novità, come sogliono fare simili persone, procurò di vedere la santissima Signora per osservare il garbo e l'aspetto che aveva. Impertinente ed ozioso era questo fine, ma tale non fu il suo effetto, perché, avendo conseguito il suo intento, questa donna restò talmente ferita nel cuore alla vista di Maria santissima e per la sua presenza che si cambiò in tutt'altra e si trasformò in un nuovo essere. Mutò le proprie inclinazioni e, senza conoscere la virtù di quell'efficace strumento, la sentì così viva che le fece versare torrenti di lacrime per intimo dolore dei suoi peccati. Così, solo per avere posto gli occhi con attenzione curiosa sulla Madre della purezza verginale, questa felice donna ottenne in cambio la virtù della castità, restando libera dai vizi e dalle inclinazioni sensuali. Si ritirò per piangere la sua vita dissipata, ma poi fece in modo di vedere nuovamente la Madre della grazia e di parlare con lei. Sua Altezza acconsentì per confermarla, come colei che ben conosceva l'accaduto, portando nel suo seno l'Autore della grazia che fa santi e giustifica, poiché era in virtù di lui che l'avvocata dei peccatori operava. Perciò, la accolse con un materno sentimento di pietà, la ammonì e la istruì nelle virtù, lasciandola migliore e forte per perseverare.

258. In questo modo la nostra grande Signora operò conversioni ammirabili di un grande numero di anime, benché sempre in silenzio e nel segreto. Tutta la famiglia di santa Elisabetta e di san Zaccaria venne santificata dal suo comportamento e dalla sua conversazione. Migliorò ed arricchì di nuovi doni e favori i giusti, rese tali ed illuminò mediante la sua intercessione quelli che non lo erano. Con il suo riverenziale amore soggiogò tutti con tanta forza che ciascuno a gara le ubbidiva e la riconosceva come Madre, rifugio e conforto in tutte le necessità. Causavano questi effetti il solo vederla o poche parole, sebbene non negasse mai quelle necessarie per tali opere. Siccome, poi, di tutti penetrava l'intimo del cuore e conosceva lo stato della coscienza, applicava a ciascuno la medicina più opportuna. Alcune volte, benché non sempre, il Signore le manifestava se quelli che vedeva erano del numero degli eletti o dei reprobi, dei predestinati o dei dannati. Sia l'una che l'altra cosa produceva nel suo cuore ammirabili effetti di virtù perfettissima. A quelli che conosceva giusti e predestinati, infatti, dava molte benedizioni, come fa ancora dal cielo, ed il Signore se ne congratulava con lei; ella, intanto, intercedeva perché li conservasse nella sua grazia ed amicizia, intento per il quale faceva incomparabili sforzi e richieste. Quando vedeva qualcuno nel peccato, supplicava con intimo affetto per la sua giustificazione e di solito la otteneva. Se poi era reprobo, piangeva con amarezza e si umiliava alla presenza dell'Altissimo per la perdita di quella immagine ed opera della Divinità; faceva 'profonde orazioni, offerte ed umiliazioni perché altri non si dannassero, essendo ella in tutto una fiamma di amore divino, che non riposava né si quietava nell'operare cose grandi.

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

259. Figlia mia carissima, su due punti, come su due poli, si deve muovere tutta l'armonia delle tue facoltà e delle tue attenzioni: questi devono essere il conservarti nell'amicizia e nella grazia dell'Altissimo ed il procurarle ad altre anime. In questo si risolvano tutta la tua vita e tutte le tue occupazioni. Per conseguire fini così alti, quando occorra, non voglio che tu ti risparmi alcuna fatica, supplicando il Signore, offrendoti di patire persino la morte e sopportando realmente tutte le tribolazioni che ti saranno date ed a cui arriveranno le tue forze. Anche se per ottenere il bene delle anime non devi fare dispute con le creature, perché al tuo sesso non sono convenienti, devi cercare ed applicare con prudenza tutti i mezzi nascosti e più efficaci che conoscerai adatti allo scopo. Se tu sei figlia mia e sposa del mio Figlio santissimo, considera che le ricchezze della nostra casa sono le creature razionali, le quali, come ricchi gioielli, egli acquistò a prezzo della sua vita, della sua morte e di tutto il suo sangue, essendogli state tolte per la loro disubbidienza, mentre le aveva create da sé e per sé.

260. Perciò, quando il Signore ti manderà qualche anima bisognosa e ti farà conoscere il suo stato, affaticati con fedeltà per la sua redenzione; piangi e grida con affetto intimo e fervoroso per conseguire da Dio la riparazione di tanto danno e pericolo, non trascurando alcun mezzo né divino né umano, nel modo che ti è proprio, per ottenere la salvezza e la vita dell'anima che ti sarà consegnata. Con quella prudenza e misura che ti ho insegnato, non tralasciare di ammonirla e di pregare per tutto ciò che comprenderai esserle utile e con ogni segretezza affaticati per beneficarla. Similmente voglio che, quando sarà necessario, comandi ai demoni con tutto l'imperio, in nome dell'onnipotente Dio e mio, di allontanarsi e separarsi dalle anime che saprai da loro oppresse; poiché ciò succede in segreto, puoi spiegare tutta la franchezza e l'ardire per eseguirlo. Considera che il Signore ti ha posta e ti porrà in occasioni in cui tu possa praticare questo insegnamento; non dimenticarlo e non farlo rimanere sterile, poiché sei tenuta, come figlia di sua Maestà, a prenderti cura dei beni della casa di tuo padre. Non devi trovare riposo, quando non lo fai con ogni diligenza. Non temere, perché tutto potrai in colui che ti dà la forza; il suo potere divino corroborerà il tuo braccio per opere grandi.


4-65 Aprile 9, 1901 Se i fervori e virtù non stanno ben radicati nella Umanità di Gesù, alle tribolazioni, agli infortuni, subito si seccano.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Trovandomi nella pienezza del delirio, dicevo dei spropositi, e credo che vi mescolavo anche dei difetti; la povera mia natura sentiva tutto il peso del mio stato, il letto le pareva peggiore dello stato dei condannati alle carceri, avrebbe voluto svincolarsi da questo stato, con l’aggiunto del mio ritornello che non è più Volontà di Dio, perciò Gesù non viene, e andavo pensando quello che debbo fare. Mentre ciò facevo, il mio paziente Gesù è uscito da dentro il mio interno, ma con un’aspetto grave e serio da incutermi paura, e mi ha detto:

(2)Che pensi tu che avrei fatto Io se mi trovassi nella tua posizione?”

(3) Nel mio interno dicevo: “Certo la Volontà di Dio”.

(4) E Lui di nuovo: “Ebbene, quello fai tu”.

(5) Ed è scomparso. Era tanta la gravità di Nostro Signore, che in quelle parole che ha detto sentivo tutta la forza della sua parola, non solo creatrice, ma eziandio distruggitrice. Il mio interno è restato talmente scosso da queste parole, oppresso, amareggiato, che non facevo altro che piangere, specie mi ricordavo la gravità con cui Gesù mi aveva parlato, che non ardivo di dire “vieni”.

(6) Ora, stando in questa posizione il giorno, ho fatto la mia meditazione senza chiederlo, quando al meglio è venuto e con un’aspetto dolce, tutto cambiato a confronto della mattina, mi ha detto:

(7) “Figlia mia, che sfacelo, che sfacelo sta per succedere”.

(8) E mentre ciò diceva mi sono sentito tutto l’interno cambiato, ché non era per altro che non ci veniva, ma per i castighi; ed in questo mentre vedevo quattro persone veneranda che piangevano alle parole che Gesù aveva detto; ma Gesù benedetto, volendosi distrarre ha detto pochi parole sulle virtù, quindi ha soggiunto:

(9) “Vi sono certi fervori e certe virtù che somigliano a quegli arboscelli che rinascono intorno a certi alberi, che non essendo ben radicati nel tronco, un vento impetuoso, un gelo un po’ forte, si disseccano, e sebbene dopo qualche tempo può essere che rinverdiscono di nuovo, ma essendo soggetti all’intemperie dell’aria, quindi a mutarsi, mai vengono ad essere alberi fatti. Così sono quei fervori e quelle virtù che non sono ben radicati nel tronco dell’albero dell’ubbidienza, cioè nel tronco dell’albero della mia Umanità che fu tutta ubbidienza, alle tribolazioni, agli infortuni, subito si seccano e mai vengono a produrre frutti per l’eterna vita”.