Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 23° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 14
1"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.2Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;3quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.4E del luogo dove io vado, voi conoscete la via".
5Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?".6Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.7Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto".8Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta".9Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.11Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.13Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio.14Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.16Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,17lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.18Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi.19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".
22Gli disse Giuda, non l'Iscariota: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?".23Gli rispose Gesù: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.24Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.26Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.27Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.28Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me.29Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.30Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me,31ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui".
Primo libro delle Cronache 5
1Figli di Ruben, primogenito di Israele. Egli era il primogenito, ma, poiché aveva profanato il letto del padre, la primogenitura fu assegnata ai figli di Giuseppe, figlio d'Israele. Ma nella registrazione non si tenne conto della primogenitura,2perché Giuda ebbe il sopravvento sui fratelli, essendo il capo un suo discendente; tuttavia la primogenitura appartiene a Giuseppe.
3Figli di Ruben, primogenito di Israele: Enoch, Pallu, Chezròn e Carmi.
4Figli di Gioele: Semaià, di cui fu figlio Gog, di cui fu figlio Simei,5di cui fu figlio Mica, di cui fu figlio Reaia, di cui fu figlio Baal,6di cui fu figlio Beera, che fu deportato nella deportazione di Tiglat-Pilèzer, re d'Assiria; egli era il capo dei Rubeniti.
7Suoi fratelli, secondo le loro famiglie, come sono iscritti nelle genealogie, furono: primo Ieiel, quindi Zaccaria8e Bela figlio di Azaz, figlio di Sema, figlio di Gioele, che dimorava in Aroer e fino al Nebo e a Baal-Meòn.9A oriente si estendevano fra l'inizio del deserto che va dal fiume Eufrate in qua, perché i loro greggi erano numerosi nel paese di Gàlaad.10Al tempo di Saul mossero guerra agli Agarèni; caduti questi nelle loro mani, essi si stabilirono nelle loro tende su tutta la parte orientale di Gàlaad.
11I figli di Gad dimoravano di fronte nella regione di Basàn fino a Salca.12Gioele, il capo, Safàm, secondo, quindi Iaanài e Safat in Basàn.13Loro fratelli, secondo i loro casati, furono Michele, Mesullàm, Seba, Iorài, Iaacàn, Zia ed Eber: sette.14Costoro erano figli di Abicàil, figlio di Curì, figlio di Iaròach, figlio di Gàlaad, figlio di Michele, figlio di Iesisài, figlio di Iacdo, figlio di Buz.15Achì, figlio di Abdièl, figlio di Guni, era il capo del loro casato.16Dimoravano in Gàlaad e in Basàn e nelle loro dipendenze e in tutti i pascoli di Saron fino ai loro estremi confini.17Tutti costoro furono registrati negli elenchi genealogici di Iotam re di Giuda e al tempo di Geroboamo, re di Israele.
18I figli di Ruben, i Gaditi e metà della tribù di Manàsse, gente valorosa, armata di scudo e di spada, tiratori di arco ed esperti della guerra, potevano uscire in campo in quarantaquattromilasettecentosessanta.19Essi attaccarono gli Agarèni, Ietur, Nafis e Nodab.20Essi furono aiutati contro costoro, perché durante l'assalto si erano rivolti a Dio, che li aiutò per la loro fiducia in lui e così gli Agarèni e tutti i loro alleati furono consegnati nelle loro mani.21Essi razziarono il bestiame degli Agarèni: cinquantamila cammelli, duecentocinquantamila pecore, duemila asini e centomila persone,22poiché numerosi furono i feriti a morte, dato che la guerra era voluta da Dio. I vincitori si stabilirono nei territori dei vinti fino alla deportazione.
23I figli di metà della tribù di Manàsse abitavano dalla regione di Basàn a Baal-Ermon, a Senir e al monte Ermon; essi erano numerosi.24Questi sono i capi dei loro casati: Efer, Isèi, Elièl, Azrièl, Geremia, Odavìa e Iacdièl, uomini valorosi e famosi, capi dei loro casati.
25Ma furono infedeli al Dio dei loro padri, prostituendosi agli dèi delle popolazioni indigene, che Dio aveva distrutte davanti a essi.26Il Dio di Israele eccitò lo spirito di Pul re d'Assiria, cioè lo spirito di Tiglat-Pilèzer re d'Assiria, che deportò i Rubeniti, i Gaditi e metà della tribù di Manàsse; li condusse in Chelàch, presso Cabòr, fiume del Gozan, ove rimangono ancora.
27(6,1)Figli di Levi: Gherson, Keat e Merari.28(2)Figli di Keat: Amram, Isear, Ebron e Uzzièl.29(3)Figli di Amram: Aronne, Mosè e Maria. Figli di Aronne: Nadàb, Abìu, Eleàzaro e Itamar.30(4)Eleàzaro generò Pincas; Pincas generò Abisuà;31(5)Abisuà generò Bukki; Bukki generò Uzzi;32(6)Uzzi generò Zerachia; Zerachia generò Meraiòt;33(7)Meraiòt generò Amaria; Amaria generò Achitòb;34(8)Achitòb generò Zadòk; Zadòk generò Achimàaz;35(9)Achimàaz generò Azaria; Azaria generò Giovanni;36(10)Giovanni generò Azaria, che fu sacerdote nel tempio costruito da Salomone in Gerusalemme.37(11)Azaria generò Amaria; Amaria generò Achitòb;38(12)Achitòb generò Zadòk; Zadòk generò Sallùm;39(13)Sallùm generò Chelkia; Chelkia generò Azaria;40(14)Azaria generò Seraià; Seraià generò Iozadàk.41(15)Iozadàk partì quando il Signore, per mezzo di Nabucodònosor, fece deportare Giuda e Gerusalemme.
Proverbi 1
1Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d'Israele,
2per conoscere la sapienza e la disciplina,
per capire i detti profondi,
3per acquistare un'istruzione illuminata,
equità, giustizia e rettitudine,
4per dare agli inesperti l'accortezza,
ai giovani conoscenza e riflessione.
5Ascolti il saggio e aumenterà il sapere,
e l'uomo accorto acquisterà il dono del consiglio,
6per comprendere proverbi e allegorie,
le massime dei saggi e i loro enigmi.
7Il timore del Signore è il principio della scienza;
gli stolti disprezzano la sapienza e l'istruzione.
8Ascolta, figlio mio, l'istruzione di tuo padre
e non disprezzare l'insegnamento di tua madre,
9perché saranno una corona graziosa sul tuo capo
e monili per il tuo collo.
10Figlio mio, se i peccatori ti vogliono traviare,
non acconsentire!
11Se ti dicono: "Vieni con noi,
complottiamo per spargere sangue,
insidiamo impunemente l'innocente,
12inghiottiamoli vivi come gli inferi,
interi, come coloro che scendon nella fossa;
13troveremo ogni specie di beni preziosi,
riempiremo di bottino le nostre case;
14tu getterai la sorte insieme con noi,
una sola borsa avremo in comune",
15figlio mio, non andare per la loro strada,
tieni lontano il piede dai loro sentieri!
16I loro passi infatti corrono verso il male
e si affrettano a spargere il sangue.
17Invano si tende la rete
sotto gli occhi degli uccelli.
18Ma costoro complottano contro il proprio sangue,
pongono agguati contro se stessi.
19Tale è la fine di chi si dà alla rapina;
la cupidigia toglie di mezzo colui che ne è dominato.
20La Sapienza grida per le strade
nelle piazze fa udire la voce;
21dall'alto delle mura essa chiama,
pronunzia i suoi detti alle porte della città:
22"Fino a quando, o inesperti, amerete l'inesperienza
e i beffardi si compiaceranno delle loro beffe
e gli sciocchi avranno in odio la scienza?
23Volgetevi alle mie esortazioni:
ecco, io effonderò il mio spirito su di voi
e vi manifesterò le mie parole.
24Poiché vi ho chiamato e avete rifiutato,
ho steso la mano e nessuno ci ha fatto attenzione;
25avete trascurato ogni mio consiglio
e la mia esortazione non avete accolto;
26anch'io riderò delle vostre sventure,
mi farò beffe quando su di voi verrà la paura,
27quando come una tempesta vi piomberà addosso il terrore,
quando la disgrazia vi raggiungerà come un uragano,
quando vi colpirà l'angoscia e la tribolazione.
28Allora mi invocheranno, ma io non risponderò,
mi cercheranno, ma non mi troveranno.
29Poiché hanno odiato la sapienza
e non hanno amato il timore del Signore;
30non hanno accettato il mio consiglio
e hanno disprezzato tutte le mie esortazioni;
31mangeranno il frutto della loro condotta
e si sazieranno dei risultati delle loro decisioni.
32Sì, lo sbandamento degli inesperti li ucciderà
e la spensieratezza degli sciocchi li farà perire;
ma chi ascolta me vivrà tranquillo
e sicuro dal timore del male".
Salmi 26
1'Di Davide.'
Signore, fammi giustizia:
nell'integrità ho camminato,
confido nel Signore, non potrò vacillare.
2Scrutami, Signore, e mettimi alla prova,
raffinami al fuoco il cuore e la mente.
3La tua bontà è davanti ai miei occhi
e nella tua verità dirigo i miei passi.
4Non siedo con gli uomini mendaci
e non frequento i simulatori.
5Odio l'alleanza dei malvagi,
non mi associo con gli empi.
6Lavo nell'innocenza le mie mani
e giro attorno al tuo altare, Signore,
7per far risuonare voci di lode
e per narrare tutte le tue meraviglie.
8Signore, amo la casa dove dimori
e il luogo dove abita la tua gloria.
9Non travolgermi insieme ai peccatori,
con gli uomini di sangue non perder la mia vita,
10perché nelle loro mani è la perfidia,
la loro destra è piena di regali.
11Integro è invece il mio cammino;
riscattami e abbi misericordia.
12Il mio piede sta su terra piana;
nelle assemblee benedirò il Signore.
Ezechiele 16
1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, fa' conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini.3Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era Amorreo e tua madre Hittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato l'ombelico e non fosti lavata con l'acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale, né fosti avvolta in fasce.4.5Occhio pietoso non si volse su di te per farti una sola di queste cose e usarti compassione, ma come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna, il giorno della tua nascita.
6Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue7e cresci come l'erba del campo. Crescesti e ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta.
8Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l'età dell'amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia.9Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio;10ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di seta;11ti adornai di gioielli: ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo:12misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo.13Così fosti adorna d'oro e d'argento; le tue vesti eran di bisso, di seta e ricami; fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo; diventasti sempre più bella e giungesti fino ad esser regina.14La tua fama si diffuse fra le genti per la tua bellezza, che era perfetta, per la gloria che io avevo posta in te, parola del Signore Dio.
15Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori ad ogni passante.16Prendesti i tuoi abiti per adornare a vari colori le alture su cui ti prostituivi.17Con i tuoi splendidi gioielli d'oro e d'argento, che io ti avevo dati, facesti immagini umane e te ne servisti per peccare;18poi tu le adornasti con le tue vesti ricamate e davanti a quelle immagini presentasti il mio olio e i miei profumi.19Il pane che io ti avevo dato, il fior di farina, l'olio e il miele di cui ti nutrivo ponesti davanti ad esse come offerta di soave odore. Oracolo del Signore Dio.
20Prendesti i figli e le figlie che mi avevi generati e li sacrificasti loro in cibo. Erano forse poca cosa le tue infedeltà?21Immolasti i miei figli e li offristi a loro, facendoli passare per il fuoco.22Fra tutte le tue nefandezze e infedeltà non ti ricordasti del tempo della tua giovinezza, quando eri nuda e ti dibattevi nel sangue!23Ora, dopo tutta la tua perversione, guai, guai a te! Oracolo del Signore Dio.24In ogni piazza ti sei fabbricata un tempietto e costruita una altura;25ad ogni crocicchio ti sei fatta un altare, disonorando la tua bellezza, offrendo il tuo corpo a ogni passante, moltiplicando le tue prostituzioni.26Hai concesso i tuoi favori ai figli d'Egitto, tuoi corpulenti vicini, e hai moltiplicato le tue infedeltà per irritarmi.27Ed ecco io ho steso la mano su di te; ho ridotto il tuo cibo e ti ho abbandonato in potere delle tue nemiche, le figlie dei Filistei, che erano disgustate della tua condotta sfrontata.
28Non ancora sazia, hai concesso i tuoi favori agli Assiri; ma non soddisfatta29hai moltiplicato le tue infedeltà nel paese di Canaan, fino nella Caldea: e neppure allora ti sei saziata.30Come è stato abbietto il tuo cuore - dice il Signore Dio - facendo tutte queste azioni degne di una spudorata sgualdrina!31Quando ti costruivi un postribolo ad ogni crocevia e ti facevi un'altura in ogni piazza, tu non eri come una prostituta in cerca di guadagno,32ma come un'adultera che, invece del marito, accoglie gli stranieri!33Ad ogni prostituta si da' un compenso, ma tu hai dato il compenso a tutti i tuoi amanti e hai distribuito loro doni perché da ogni parte venissero da te per le tue prostituzioni.34Tu hai fatto il contrario delle altre donne, quando ti prostituivi: nessuno è corso dietro a te, mentre tu hai distribuito doni e non ne hai ricevuti, tanto eri pervertita.
35Perciò, o prostituta, ascolta la parola del Signore.36Così dice il Signore Dio: Per le tue ricchezze sperperate, per la tua nudità scoperta nelle prostituzioni con i tuoi amanti e con tutti i tuoi idoli abominevoli, per il sangue dei tuoi figli che hai offerto a loro,37ecco, io adunerò da ogni parte tutti i tuoi amanti con i quali sei stata compiacente, coloro che hai amati insieme con coloro che hai odiati, e scoprirò di fronte a loro la tua nudità perché essi la vedano tutta.
38Ti infliggerò la condanna delle adultere e delle sanguinarie e riverserò su di te furore e gelosia.
39Ti abbandonerò nelle loro mani e distruggeranno i tuoi postriboli, demoliranno le tue alture; ti spoglieranno delle tue vesti e ti toglieranno i tuoi splendidi ornamenti: ti lasceranno scoperta e nuda.40Poi ecciteranno contro di te la folla, ti lapideranno e ti trafiggeranno con la spada.41Incendieranno le tue case e sarà fatta giustizia di te sotto gli occhi di numerose donne: ti farò smettere di prostituirti e non distribuirai più doni.42Quando avrò saziato il mio sdegno su di te, la mia gelosia si allontanerà da te; mi calmerò e non mi adirerò più.43Per il fatto che tu non ti sei ricordata del tempo della tua giovinezza e mi hai provocato all'ira con tutte queste cose, ecco anch'io farò ricadere sul tuo capo le tue azioni, parola del Signore Dio; non accumulerai altre scelleratezze oltre tutti gli altri tuoi abomini.
44Ecco, ogni esperto di proverbi dovrà dire questo proverbio a tuo riguardo: Quale la madre, tale la figlia.45Tu sei la degna figlia di tua madre, che ha abbandonato il marito e i suoi figli: tu sei sorella delle tue sorelle, che hanno abbandonato il marito e i loro figli. Vostra madre era una Hittita e vostro padre un Amorreo.46Tua sorella maggiore è Samaria, che con le sue figlie abita alla tua sinistra; tua sorella più piccola è Sòdoma, che con le sue figlie abita alla tua destra.47Tu non soltanto hai seguito la loro condotta e agito secondo i loro costumi abominevoli, ma come se ciò fosse stato troppo poco, ti sei comportata peggio di loro in tutta la tua condotta.48Per la mia vita - dice il Signore Dio - tua sorella Sòdoma e le sue figlie non fecero quanto hai fatto tu e le tue figlie!49Ecco, questa fu l'iniquità di tua sorella Sòdoma: essa e le sue figlie avevano superbia, ingordigia, ozio indolente, ma non stesero la mano al povero e all'indigente:50insuperbirono e commisero ciò che è abominevole dinanzi a me: io le vidi e le eliminai.51Samaria non ha peccato la metà di quanto hai peccato tu. Tu hai moltiplicato le tue nefandezze più di loro, le tue sorelle, tanto da farle apparire giuste, con tutte le nefandezze che hai commesse.
52Devi portare anche tu la tua umiliazione, tu che hai giustificato le tue sorelle. Per i tuoi peccati che superano i loro esse sono più giuste di te: anche tu dunque devi essere svergognata e portare la tua umiliazione, perché hai giustificato le tue sorelle.53Ma io cambierò le loro sorti: cambierò le sorti di Sòdoma e delle città dipendenti, cambierò le sorti di Samaria e delle città dipendenti; anche le tue sorti muterò in mezzo a loro,54perché tu porti la tua umiliazione e tu senta vergogna di quanto hai fatto per consolarle.55Tua sorella Sòdoma e le città dipendenti torneranno al loro stato di prima; Samaria e le città dipendenti torneranno al loro stato di prima e anche tu e le città dipendenti tornerete allo stato di prima.56Eppure tua sorella Sòdoma non era forse sulla tua bocca al tempo del tuo orgoglio,57prima che fosse scoperta la tua malvagità? Perché ora tu sei disprezzata dalle figlie di Aram e da tutte le figlie dei Filistei che sono intorno a te, le quali ti dileggiano da ogni parte?58Tu stai scontando la tua scelleratezza e i tuoi abomini. Parola del Signore.59Poiché, dice il Signore Dio: Io ho ricambiato a te quello che hai fatto tu, che hai disprezzato il giuramento e violato l'alleanza.60Anch'io mi ricorderò dell'alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un'alleanza eterna.61Allora ti ricorderai della tua condotta e ne sarai confusa, quando riceverai le tue sorelle maggiori insieme a quelle più piccole e io le darò a te per figlie, ma non in forza della tua alleanza;62io ratificherò la mia alleanza con te e tu saprai che io sono il Signore,63perché te ne ricordi e ti vergogni e, nella tua confusione, tu non apra più bocca, quando ti avrò perdonato quello che hai fatto. Parola del Signore Dio".
Atti degli Apostoli 16
1Paolo si recò a Derbe e a Listra. C'era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco;2egli era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio.3Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere per riguardo ai Giudei che si trovavano in quelle regioni; tutti infatti sapevano che suo padre era greco.4Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero.5Le comunità intanto si andavano fortificando nella fede e crescevano di numero ogni giorno.
6Attraversarono quindi la Frigia e la regione della Galazia, avendo lo Spirito Santo vietato loro di predicare la parola nella provincia di Asia.7Raggiunta la Misia, si dirigevano verso la Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro;8così, attraversata la Misia, discesero a Tròade.9Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un Macedone e lo supplicava: "Passa in Macedonia e aiutaci!".10Dopo che ebbe avuto questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la parola del Signore.
11Salpati da Tròade, facemmo vela verso Samotràcia e il giorno dopo verso Neàpoli e12di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni;13il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite.14C'era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo.15Dopo esser stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: "Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa". E ci costrinse ad accettare.
16Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una giovane schiava, che aveva uno spirito di divinazione e procurava molto guadagno ai suoi padroni facendo l'indovina.17Essa seguiva Paolo e noi gridando: "Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza".18Questo fece per molti giorni finché Paolo, mal sopportando la cosa, si volse e disse allo spirito: "In nome di Gesù Cristo ti ordino di partire da lei". E lo spirito partì all'istante.19Ma vedendo i padroni che era partita anche la speranza del loro guadagno, presero Paolo e Sila e li trascinarono nella piazza principale davanti ai capi della città;20presentandoli ai magistrati dissero: "Questi uomini gettano il disordine nella nostra città; sono Giudei21e predicano usanze che a noi Romani non è lecito accogliere né praticare".22La folla allora insorse contro di loro, mentre i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli23 e dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione e ordinarono al carceriere di far buona guardia.24Egli, ricevuto quest'ordine, li gettò nella cella più interna della prigione e strinse i loro piedi nei ceppi.
25Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli.26D'improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti.27Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti.28Ma Paolo gli gridò forte: "Non farti del male, siamo tutti qui".29Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila;30poi li condusse fuori e disse: "Signori, cosa devo fare per esser salvato?".31Risposero: "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia".32E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.33Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi;34poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.
35Fattosi giorno, i magistrati inviarono le guardie a dire: "Libera quegli uomini!".36Il carceriere annunziò a Paolo questo messaggio: "I magistrati hanno ordinato di lasciarvi andare! Potete dunque uscire e andarvene in pace".37Ma Paolo disse alle guardie: "Ci hanno percosso in pubblico e senza processo, sebbene siamo cittadini romani, e ci hanno gettati in prigione; e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano di persona a condurci fuori!".38E le guardie riferirono ai magistrati queste parole. All'udire che erano cittadini romani, si spaventarono;39vennero e si scusarono con loro; poi li fecero uscire e li pregarono di partire dalla città.40Usciti dalla prigione, si recarono a casa di Lidia dove, incontrati i fratelli, li esortarono e poi partirono.
Capitolo XVI: Manifestare a Cristo le nostre manchevolezze e chiedere la sua grazia
Leggilo nella BibliotecaParola del discepolo
O dolcissimo e amorosissimo Signore, che ora desidero devotamente ricevere, tu conosci la mia debolezza e la miseria che mi affligge; sai quanto siano grandi il male e i vizi in cui giaccio e come io sia frequentemente oppresso, provato, sconvolto e pieno di corruzione. Io vengo a te per essere aiutato, consolato e sollevato. Parlo a colui che tutto sa e conosce ogni mio pensiero; a colui che solo mi può pienamente confortare e soccorrere. Tu ben sai di quali beni io ho massimamente bisogno e quanto io sono povero di virtù. Ecco che io mi metto dinanzi a te, povero e nudo, chiedendo grazia e implorando misericordia. Ristora questo tuo misero affamato; riscalda la mia freddezza con il fuoco del tuo amore; rischiara la mia cecità con la luce della tua presenza. Muta per me in amarezza tutto ciò che è terreno; trasforma in occasione di pazienza tutto ciò che mi pesa e mi ostacola; muta in oggetto di disprezzo e di oblio ciò che è bassa creatura. Innalza il mio cuore verso il cielo, a te, e non lasciare che mi perda, vagando su questa terra. Sii tu solo, da questo momento e per sempre, la mia dolce attrazione, ché tu solo sei mio cibo e mia bevanda, mio amore e mia gioia, mia dolcezza e sommo mio bene. Potessi io infiammarmi tutto, dinanzi a te, consumarmi e trasmutare in te, così da diventare un solo spirito con te, per grazia di intima unione, in struggimento di ardente amore. Non permettere che io mi allontani da te digiuno e languente, ma usa misericordia verso di me, come tante volte l'hai usata mirabilmente con i tuoi santi. Qual meraviglia se da te io prendessi fuoco interamente, venendo meno in me stesso, poiché tu sei fiamma sempre viva, che mai si spegne, amore che purifica i cuori e illumina le menti?
DIBATTITO DEL PRIMO GIORNO
Sommario della conferenza con i Donatisti - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaPrefazione
Quando i vescovi cattolici e quelli del partito di Donato, per ordine dell'imperatore, si riunirono alla presenza del tribuno e notaio Marcellino, che agiva in veste di giudice moderatore, per dibattere in contraddittorio fra loro, fu stesa una redazione degli Atti assai prolissa, che si sarebbe potuta fare con maggiore sinteticità. Il fatto è che coloro che erano consapevoli di non difendere una causa giusta, prima fecero tutto il possibile perché la conferenza non avesse luogo e la questione non fosse trattata affatto; ma poiché il loro disegno fallì, si adoperarono perché la stesura degli atti risultasse farraginosa e di non facile lettura. Mi è sembrato perciò opportuno raccogliere il tutto in questa esposizione sintetica, adottando l'identica numerazione degli atti ufficiali, perché ciascuno possa trovare agevolmente ciò che gli interessa.
Lettura dell'ordinanza imperiale sulla conferenza.
1. In primo luogo, dopo l'ingresso delle due parti, fu data lettura del rescritto imperiale, che ordinava ai vescovi in questione di riunirsi in assemblea per confutare l'errore con chiare argomentazioni.
Le condizioni contenute nell'editto di convocazione dei vescovi delle due parti.
2. In secondo luogo fu letto un editto dello stesso giudice, diramato per tutta la provincia, col quale ingiungeva ai vescovi delle due parti di riunirsi a Cartagine entro il giorno delle calende di giugno per iniziare la conferenza. In questo editto, senza un mandato dell'imperatore, restituiva le basiliche ai Donatisti purché si impegnassero ad intervenire; in tal modo li invitava alla riunione anche con vantaggiose offerte. Nello stesso editto gli offriva anche la possibilità di stabilire, a loro scelta, un secondo giudice che lo affiancasse, e si impegnava con giuramento a dirimere la causa nel pieno rispetto della verità. Prometteva inoltre di adempiere a tutte le condizioni restanti, contenute nel suddetto editto di convocazione.
Altro editto del giudice circa il luogo e le modalità della progettata conferenza.
3. In terzo luogo fu data lettura di un secondo editto del giudice, che proponeva ai vescovi delle due parti, già presenti a Cartagine, il luogo e le modalità della progettata conferenza, ricordando e confermando la data già stabilita. Inoltre chiedeva formalmente ad ambedue le parti di comunicargli con risposta scritta l'eventuale gradimento del contenuto dell'editto.
Memoriale dei Donatisti, in cui dichiaravano il loro non gradimento di una disposizione dell'editto.
4. In quarto luogo, poiché i vescovi del partito di Donato esigevano di conoscere i motivi, in base ai quali la controparte aveva chiesto la convocazione dell'assemblea, il giudice differì la cosa, disponendo che prima fossero letti per ordine gli atti relativi a tutto ciò che era stato fatto precedentemente al giorno della conferenza. Fu letto allora un memoriale dei Donatisti, in cui dichiaravano il loro non gradimento di una disposizione dell'editto, che cioè convenissero al luogo della conferenza soltanto i vescovi, designati dai propri colleghi per trattare la causa, complessivamente trentasei, cioè diciotto per parte, così distribuiti: sette per ciascuno con il compito di sostenere il dibattito, ed altrettanti che sarebbero stati convocati in assemblea se necessario, infine quattro per ciascuno con il compito di presiedere alla custodia e alla trascrizione degli atti. Essi invece chiedevano che fossero ammessi alla conferenza tutti quelli che erano venuti, perché potessero far vedere la loro consistenza, affermando che i loro avversari avevano mentito parlando del loro esiguo numero. Assicuravano di essere venuti proprio tutti, persino i più anziani: mancavano soltanto coloro che erano impediti da salute malferma. Ribadivano anche il resto del memoriale.
La risposta, inviata al giudice dai Cattolici, in conformità alle disposizioni dell'editto.
5. In quinto luogo fu letta la risposta, inviata al giudice dai Cattolici in conformità alle disposizioni dell'editto: essi facevano sapere che accoglievano in blocco il contenuto dell'editto. Nella stessa lettera si impegnavano solennemente, qualora fosse loro dimostrato che la vera Chiesa si trovava nel partito di Donato, a non reclamare più per sé la dignità episcopale, ma a seguire le loro decisioni per il bene comune della cristianità; se, al contrario, fosse dimostrato che la vera Chiesa risiedeva piuttosto nella loro comunione, non avrebbero rifiutato agli altri la loro dignità episcopale. Con tale gesto intendevano perseguire il bene della pace, affinché i destinatari di questo dono comprendessero che i Cattolici non rinnegavano in essi la consacrazione, operata da Cristo, ma detestavano l'errore umano. E se i fedeli non avessero potuto tollerare due vescovi in un'unica Chiesa, ambedue avrebbero dovuto farsi da parte; poi si sarebbero dovuti nominare singoli vescovi, consacrati da quei due vescovi, ed essi sarebbero restati soli a capo delle rispettive comunità. Nella medesima lettera si faceva menzione anche della controversia dei Massimianisti, i quali erano stati condannati da loro, ma per amor di pace nel partito di Donato, alcuni erano stati riammessi con tutti i loro onori, senza annullare il battesimo che avevano conferito durante il loro scisma sacrilego; ed altre cose che erano contenute nella citata lettera.
Lettura dell'editto dello stesso giudice.
6. In sesto luogo fu letto anche l'editto dello stesso giudice, che era stato pubblicato insieme al suddetto memoriale dei Donatisti e alla predetta lettera dei Cattolici, per far conoscere pubblicamente la risposta che le singole parti gli avevano trasmesso.
Contenuto della lettera inviata dai Cattolici al giudice in risposta al memoriale dei Donatisti.
7. In settimo luogo fu letta la lettera, inviata dai Cattolici al giudice in risposta al memoriale dei Donatisti. In essa accedevano alla richiesta di costoro, accettando di far entrare nella sala, ove si sarebbe tenuta la conferenza, tutti coloro che sarebbero venuti; e questo benché fossero presenti là soltanto quei vescovi cattolici, che il giudice aveva designato con il suo editto. Così, se fosse scoppiato un tumulto - eventualità che i Cattolici temevano molto -, non lo si sarebbe potuto imputare ad essi a causa della loro scarsissima rappresentanza, ma piuttosto agli altri che avevano chiesto di partecipare in massa. Questa lettera forniva anche una sintetica analisi del fondo della questione, perché fosse chiaro che la Chiesa cattolica non si identificava con il partito di Donato, ma piuttosto era quella che si estendeva e fruttificava nel mondo intero, cominciando da Gerusalemme, secondo le sacre Scritture 1; inoltre si dimostrava che la presenza dei cattivi nel suo interno non arrecava ad essa alcun pregiudizio, essendo destinati ad essere separati alla fine dei tempi dal giudizio divino, e che i loro antenati non avevano potuto provare nulla contro lo stesso Ceciliano : egli era stato prosciolto da ogni addebito e proclamato innocente dalle sentenze ecclesiastiche e in maniera speciale dall'imperatore, davanti al quale lo avevano accusato. E siccome le ordinanze degli imperatori, emanate in favore della Chiesa cattolica, formano l'oggetto abituale delle loro accuse, questa lettera rammentava che nelle sacre Scritture alcuni re avevano decretato nel loro regno pene severissime contro coloro che bestemmiavano Dio 2. Si faceva anche un riferimento alla controversia dei Massimianisti, che essi avevano perseguito con pubblici processi e, dopo averli fatti condannare, li avevano accolti in parte con tutti i loro onori, senza annullare il battesimo che avevano amministrato durante il loro scisma, giustificandosi col dire che, coloro ai quali era stata accordata una dilazione mentre erano in comunione con Massimiano, non erano stati inquinati dal contatto con lui. Si lesse anche il resto del contenuto di questa lettera. Tutto ciò fu richiamato in quella sede, nella speranza che i Donatisti, caso mai avessero riflettuto e constatato quanto fosse malvagia la causa che sosteneva il partito di Donato, tutti coloro che erano venuti si sarebbero rifiutati di entrare nella sala della conferenza, precisamente perché si era in procinto di sancire la pace e l'unità.
Calunnie e tergiversazioni dei Donatisti
8. In ottavo luogo il giudice domandò se il partito di Donato avesse già scelto i propri rappresentanti, come vedeva che avevano fatto i Cattolici, incaricati di difenderne la causa. La risposta del partito di Donato fu che ormai la causa era stata bell'e risolta dai Cattolici, perché quella loro lettera, ancor prima che fosse stabilita la qualifica dei rispettivi contendenti, aveva già confezionato tutto il contenuto della causa. Quindi presero ad insistere perché innanzitutto si discutesse sulla data, sul mandato, sulla persona e sulla natura del processo, eppoi si sarebbe discussa nella fattispecie la questione. Il giudice intervenne con risposta interlocutoria, dichiarando che nessun elemento della causa era stato soppresso; quindi pose nuovamente la questione se si fosse ottemperato a quanto prescriveva il suo editto circa la determinazione del numero dei partecipanti, poiché le varie fasi della causa si dovevano trattare attraverso costoro. Ma i Donatisti sollevarono ancora la questione della data, sostenendo che la causa stessa non poteva più essere trattata, in quanto era trascorso l'ultimo giorno utile. Infatti dicevano che con il quattordicesimo giorno delle calende di giugno erano già spirati quattro mesi dal giorno dell'editto del giudice, inviato a tutta la provincia, come aveva dichiarato l'ufficio, interpellato in proposito. E poiché l'imperatore aveva ordinato di trattare la causa entro e non oltre i quattro mesi, sostenevano che l'ultimo giorno utile era già trascorso, quindi chiedevano che fosse pronunziata la sentenza contro i Cattolici come contumaci: come se i Cattolici fossero assenti, o i Donatisti avessero già cominciato a trattare la causa in loro assenza, o ancora come se i Cattolici, pur essendo stati debitamente avvertiti e citati, non si fossero presentati. Essi adducevano queste calunnie e tergiversazioni, che non avrebbero in nessun modo potuto far valere con diritto davanti ad un tribunale civile, semplicemente perché non volevano che il dibattito avesse luogo. Ma ad essi replicò il giudice in persona, affermando che le due parti avevano convenuto sulla data delle calende di giugno; e se anche l'una o l'altra non si fosse presentata entro il termine stabilito, si sarebbe potuto disporre di altri due mesi supplementari, che l'imperatore in tre editti successivi aveva prescritto di aggiungere.
Il giudice respinge tutte le contestazioni dilatorie, e ordina di leggere il mandato.
9. In nono luogo, poiché il giudice aveva precedentemente osservato che l'eccezione circa la decorrenza dei termini, presentata per impedire di trattare la causa, era una manovra più da avvocati che da vescovi, il partito di Donato colse l'occasione per affermare che con esso non si doveva più procedere in base al diritto pubblico, ma soltanto sul piano delle divine Scritture. Il giudice chiese allora alle due parti che cosa pensassero di ciò. I Cattolici risposero proponendogli di far leggere il mandato del concilio cattolico, che forniva disposizioni ai delegati sul modo di procedere: là si poteva vedere più chiaramente il metodo da attuare, non con i sotterfugi degli avvocati, ma attenendosi piuttosto alle testimonianze divine. Ne seguì un conflitto prolungato, poiché i Cattolici insistevano di far leggere il loro mandato, mentre i Donatisti lo ricusavano. Ma il giudice, dopo aver respinto tutte le contestazioni dilatorie, ordinò di leggere il mandato.
Mandato del concilio cattolico ai vescovi di difendere la Chiesa cattolica contro le accuse dei Donatisti.
10. In decimo luogo fu data lettura del mandato del concilio cattolico, che ingiungeva ai vescovi, designati per sostenere il dibattito, di difendere la Chiesa cattolica contro le accuse dei Donatisti. Questo mandato, come la lettera precedentemente menzionata, riassumeva nuovamente tutta la questione. Prima di tutto ribadiva che la causa della Chiesa, la quale secondo la promessa è diffusa su tutta la terra, doveva essere nettamente distinta da quella di Ceciliano, qualunque essa fosse; in tal modo si doveva dimostrare, partendo dalle parabole evangeliche, dall'esempio dei Profeti e dello stesso Cristo Signore, degli Apostoli e dei vescovi, e anche in base al giudizio dato dai Donatisti nei confronti dei Massimianisti, che nella Chiesa i cattivi, ignorati o tollerati dai buoni per salvaguardare l'unità della pace, non possono nuocere a coloro che non sono consenzienti con chi compie il male. In secondo luogo si doveva evidenziare sulla scorta di documenti sicuri, che la causa dello stesso Ceciliano non era affatto cattiva, in quanto sia Ceciliano sia il suo consacrante Felice d'Aphthungi, che essi avevano accusato con maggiore aggressività nel loro concilio, erano stati dichiarati innocenti. Nello stesso mandato sono trattate altre due questioni: una sul battesimo, l'altra sulla persecuzione, di cui il partito di Donato solitamente accusa i Cattolici. In esso in effetti viene nuovamente rievocata, come nella lettera precedente, la questione dei Massimianisti, in quanto dimostrava che i Donatisti avevano arbitrariamente attutito la veemenza delle accuse, che solitamente lanciavano contro i Cattolici, sia intorno alla questione del battesimo sia sulla persecuzione sia sulla contaminazione attraverso la comunione [con i peccatori]. Inoltre esso aggiungeva che, se costoro avessero voluto produrre anche ora nuove accuse contro i vescovi cattolici per tirarla alle lunghe, se ne doveva differire l'audizione e il dibattito per concludere la causa che premeva di più. I Cattolici, proponendo questa visione d'insieme della causa nella loro lettera e nel loro mandato, si proponevano uno scopo ben preciso: nell'eventualità che i Donatisti, come si sospettava, tentassero di far introdurre alcune disposizioni per bloccare il dibattito, e, qualora fosse loro impedito di farlo, si ritirassero dalla stessa conferenza, essi volevano lasciare almeno un breve resoconto, da leggere nel processo verbale degli atti, sulla difesa della causa della Chiesa cattolica. In tal modo si sarebbe compreso che questo era ciò che essi temevano e per questo si erano rifiutati di entrare in dibattito.
I Donatisti pretendono la presenza di tutti i firmatari del mandato.
11. In undicesimo luogo interloquì il giudice per osservare che il mandato dei Cattolici si appellava più ad argomentazioni di tipo scritturistico che forense, e ordinò di leggere i nomi di tutti i firmatari. Nacque un'accesa discussione, che durò alquanto: i Donatisti esigevano che si presentassero tutti coloro che avevano sottoscritto il mandato, obiettando che [i Cattolici] fra costoro avrebbero potuto includere fraudolentemente anche coloro che vescovi non erano, ingannando così il giudice, alla cui presenza si leggeva che avevano firmato; e che avevano aggiunto altri vescovi alle sedi antiche per aumentarne il numero. I Cattolici invece si opponevano alla richiesta di presentare i loro, temendo che costoro preparassero un tumulto che avrebbe sfasciato del tutto la conferenza, essendo ormai evidentissimo che i Donatisti non la volevano assolutamente, soprattutto quando avevano voluto farla passare in prescrizione per decadenza dei termini, come se la causa fosse già decaduta e non si potesse più celebrare. E si pensava che, se non avevano ancora provocato un tale tumulto, era precisamente perché, se fosse accaduto, non avrebbero potuto imputarlo ai Cattolici, che erano ben pochi, ma proprio a loro che erano presenti in gran numero. Però, quando i Cattolici cedettero alla loro richiesta di far entrare tutti i firmatari, fu subito chiaro perché i Donatisti avevano fatto tale richiesta: essi si immaginavano che i vescovi cattolici non sarebbero venuti a Cartagine così numerosi come indicavano le firme. Si erano evidentemente fatti questa convinzione, poiché i Cattolici non avevano fatto in città un ingresso così pomposo come il loro, e quindi supponevano che fossero venuti con una scarsa rappresentanza.
Verifica dei presenti. Il caso di Feliciano di Musti.
12. In dodicesimo luogo, una volta entrati i vescovi cattolici, la cui presenza era reclamata, si fece l'appello nominale: a uno a uno sfilarono nel centro dell'aula e i Donatisti li poterono identificare o perché erano i loro viciniori o perché residenti nella stessa località. E ogni volta che veniva proclamato il nome di un vescovo cattolico, che risiedeva dove non era il partito di Donato, essi venivano a sapere che là non c'erano loro colleghi o una loro comunità, ma che c'erano invece Cattolici, che o conoscevano o di cui avevano sentito parlare in prossimità del loro territorio. Così si evitò nel modo più assoluto di leggere il nome di alcun cattolico, la cui presenza avrebbe potuto sollevare riserve da parte loro. Certo, quando fu letto il nome di Vittoriano, vescovo cattolico di Musti, ed egli dirigendosi verso il centro comunicò che aveva due [vescovi] della parte avversa: Feliciano nella città di Musti e Donato nella località di Turris, i Cattolici esigettero che fosse appurato attraverso gli atti se Feliciano era in comunione con Primiano. Infatti [i Donatisti] prima lo avevano condannato insieme ad altri con Massimiano perché aveva condannato Primiano e consacrato lo stesso Massimiano, poi lo avevano riammesso fra loro con tutta la sua dignità, senza annullare il battesimo di coloro che aveva battezzato durante lo scisma di Massimiano. Ma essi non vollero rispondere alla richiesta dei Cattolici, dicendo che questo non si doveva esigere da loro. E poiché le richieste si facevano più pressanti, affermarono che ciò riguardava già il nocciolo della questione. Il giudice intervenne in loro favore, ordinando che si continuasse a trattare la questione iniziale, e riservando tale richiesta ad un secondo momento, qualora se ne ravvisasse l'opportunità. A proposito poi della diocesi di Musti, fu evidente che anch'essi avevano aggiunto un altro vescovo a una sede antica, cosa di cui avevano accusato nella loro animosità i Cattolici. Il seguito della vicenda dimostrò che avevano fatto questo anche per altre sedi.
I Donatisti rifiutano di trattare la causa stando seduti, anziché in piedi.
13. In tredicesimo luogo, una volta censiti e identificati come presenti i Cattolici che avevano firmato, il giudice propose cortesemente ai presenti di trattare la causa stando seduti anziché in piedi. Ma i Donatisti si rifiutarono, pur ringraziandolo per aver offerto a vegliardi così degni la possibilità di star seduti, accompagnando questo rifiuto con molte lodi, rivolte a se stessi e all'indirizzo del giudice stesso. Chi lo desidera, legga pure tutto ciò nel verbale degli atti. Ma ecco ciò che tocca la questione: coloro che si profondevano in ossequi verso il giudice con gli appellativi di onorevole, giusto, rispettabile, benigno, non volevano però trattare la causa davanti a lui, per i cui buoni uffici erano convenuti in sì gran numero.
Verifica dei firmatari e tergiversazioni dei Donatisti. Numero dei vescovi presenti.
14. In quattordicesimo luogo fu presentato e letto anche il mandato dei Donatisti, redatto in forma breve, nel quale si ricordava ai propri delegati di trattare con gli interlocutori come se avessero di fronte traditori e persecutori. Si lessero anche i loro nomi, a richiesta dei Cattolici, per appurare se avessero firmato soltanto coloro che erano presenti a Cartagine. Furono comunque i Donatisti che, con ben maggiore insistenza, pretesero questo dal giudice, affinché risultasse in modo inequivocabile il loro maggior numero, e davano a vedere di volerlo con molta determinazione. Ora, da quella lettura, risultò senz'ombra di dubbio che, in assenza di alcuni, altri avevano firmato al loro posto; anzi, poiché uno non aveva risposto all'appello, dissero che era morto durante il viaggio. Di fronte alla domanda dei Cattolici come mai avesse potuto firmare a Cartagine uno che era morto in viaggio, essi tergiversarono a lungo innervositi, perché non sapevano che cosa rispondere. In un primo tempo dissero che non si trattava di lui ma di un altro; e poiché i Cattolici pensavano che, parlando di un altro, alludessero a un chierico, che aveva potuto firmare al posto del defunto, fu chiesto loro se il chierico avesse firmato con il proprio nome o con quello del defunto. Ma successivamente essi risposero che il vescovo in persona aveva firmato di presenza, poiché il mandato era stato pubblicato l'ottavo giorno delle calende di giugno; però, dato che aveva firmato essendo già ammalato, tornando a casa era morto. A queste parole, i Cattolici chiesero che fosse letta la loro precedente dichiarazione affinché si rilevasse chiaramente la divergenza di opinione. Ciò fatto, risultò in modo lampante la loro contraddizione, perciò il giudice chiese loro se almeno potevano confermare sotto giuramento che quel tale si trovava a Cartagine quando i vescovi là presenti avevano ordinato di firmare ai loro colleghi presenti. Allora, ancor più adirati risposero: " Che importa se uno si è sostituito all'altro? ". Il giudice, lasciando al giudizio di Dio questa loro scoperta menzogna, ordinò di proseguire nella lettura delle firme. Terminato il controllo, chiese quanti fossero i vescovi delle due parti. Il funzionario rispose che i nomi dei vescovi donatisti erano in totale duecentosettantanove, inclusi gli assenti, per i quali altri avevano firmato, e compreso anche il nome del defunto. Invece il numero complessivo dei vescovi cattolici presenti risultò di duecentottantasei; venti in effetti non avevano firmato, che tuttavia si erano presentati al centro dell'aula nel corso dell'appello, ad eccezione di coloro che erano rimasti a Cartagine perché impediti dall'infermità, e avevano certificato con la loro presenza che conferivano il proprio mandato e il proprio consenso a ciò che attualmente si stava trattando. Dunque, nella sede della conferenza, situata all'interno delle terme di Gargilio, prescelta finalmente perché di comune gradimento, al numero dei Cattolici che avevano firmato il mandato, o con la loro presenza avevano aderito a ciò che si trattava, mancavano solo quelli che erano stati trattenuti a Cartagine da infermità fisica. Invece dalla lista delle firme dei Donatisti, non solo mancavano quelli che avevano dichiarato di essere infermi a Cartagine, ma anche coloro che avevano firmato per conto degli assenti, in quanto cioè non si trovavano a Cartagine. E poiché i Donatisti si vantavano del loro numero, allora i Cattolici, senza tener conto del dato già appurato che essi erano convenuti a Cartagine in numero maggiore, ci tennero a sottolineare che dei loro non erano venuti a Cartagine altri centoventi vescovi: alcuni impediti dalla vecchiaia, altri dalla malattia, altri ancora da svariati impegni. All'udire ciò, i Donatisti ribatterono che un numero ben maggiore di loro non era venuto a Cartagine, essendo molte le loro sedi vescovili prive di titolare; per questo nella loro notificazione, consegnata al giudice, avevano sottolineato in modo inequivocabile che erano venuti proprio tutti a Cartagine: né l'età, né la fatica avevano potuto sgomentare i più anziani, ma solo coloro che erano stati colpiti da infermità, in sede o durante il viaggio. Intanto, circa l'affermazione sul numero delle loro sedi vescovili vacanti, fu risposto dai Cattolici che anch'essi ne avevano sessanta, per le quali non si era ancora provveduto a consacrare i successori. E così, da un controllo degli elenchi delle firme di ambedue le parti, risultò che quelli dei Donatisti erano evidentemente falsificati e il numero dei loro vescovi era inferiore, dal momento che solo gli infermi non erano venuti a Cartagine, tanto più che per coloro che si erano ammalati in viaggio, altri avevano firmato. Il conto totale delle firme, incluse quelle apposte da altri, ammontava a duecentosettantanove; ed è del tutto inverosimile che molto più di centoventi, cioè la terza parte di tutti costoro, avessero potuto ammalarsi nelle loro sedi e perciò fossero impossibilitati a venire a Cartagine.
La conferenza viene aggiornata di comune accordo al dopodomani.
15. In quindicesimo luogo, quando furono usciti tutti coloro, la cui presenza era ormai superflua, rimasero soltanto i membri strettamente indispensabili, scelti per rappresentare le singole parti. Poiché il giorno volgeva al termine, la conferenza fu aggiornata di comune accordo al dopodomani.
1 - Cf. Lc 24, 47.
2 - Cf. Dn 3, 96.
Lettere
Opera Omnia - San Francesco di Assisi
Leggilo nella Biblioteca
LETTERA AI FEDELI
(Prima recensione)
[Esortazione ai fratelli e alle sorelle della penitenza]
Nel nome del Signore!
CAPITOLO I
Di coloro che fanno penitenza
[178/1] 1 Tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e la mente, con tutta la forza (Cfr. Mc 12,30) e amano i loro prossimi come se stessi (Cfr. Mt 22,39), 2 e hanno in odio i loro corpi con i vizi e i peccati, 3 e ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, 4 e fanno frutti degni di penitenza (Cfr. Lc 3,8):
[178/2] 5 Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose e perseverano in esse; 6 perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore (Cfr. Is 11,2) e farà presso di loro la sua abitazione e dimora (Cfr. Gv 14,23); 7 e sono figli del Padre celeste, del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri (Cfr. Mt 12,50) del Signore nostro Gesù Cristo.
8 Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo. 9 Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli (Mt 12,50). 10 Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio (Cfr. Mt 5,16).
[178/3] 11 Oh, come è glorioso, santo e grande avere in cielo un Padre!
12 Oh, come è santo, fonte di consolazione, bello e ammirabile avere un tale Sposo!
13 Oh, come è santo e come è caro, piacevole, umile, pacifico, dolce, amabile e desiderabie sopra ogni cosa avere un tale fratello e un tale figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, 14 il quale offri la sua vita (Cfr. 17,8) a per le sue pecore, e pregò il Padre dicendo: “Padre santo, custodiscili nel tuo nome (Cfr. Gv 17,11), coloro che mi hai dato nel mondo erano tuoi e tu li hai dati a me (Gv 17,6). 15 E le parole che desti a me le ho date a loro; ed essi le hanno accolte ed hanno creduto veramente che sono uscito da te, e hanno conosciuto che tu mi hai mandato (Gv 17,8). 16 lo prego per essi e non per il mondo (Cfr. Gv 17,9). 17 Benedicili e santificali! E per loro io santifico me stesso (Cfr. Gv 17,17; Gv 17,19). 18 Non prego soltanto per loro, ma anche per coloro che crederanno in me per la loro parola (Gv 17,20), perché siano santificati nell’unità (Cfr. Gv 17,23), come lo siamo anche noi (Gv 17,11). 19 E voglio, Padre, che dove sono io, siano anch’essi con me, affinché contemplino la mia gloria (Gv 17,24), nel tuo regno” (Mt 20,21). Amen.
CAPITOLO II
Di coloro che non fanno penitenza
[178/4] 1 Tutti quelli e quelle, invece, che non vivono nella penitenza, 2 e non ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, 3 e si abbandonano ai vizi e ai peccati e camminano dietro la cattiva concupiscenza e i cattivi desideri della loro carne, 4 e non osservano quelle cose che hanno promesso al Signore, 5 e servono con il proprio corpo al mondo, agli istinti carnali e alle sollecitudini del mondo e alle preoccupazioni di questa vita: 6 costoro sono prigionieri del diavolo, del quale sono figli e fanno le opere (Cfr. Gv 8,41); 7 sono ciechi, poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo. 3 Non hanno la sapienza spirituale, poiché non posseggono il Figlio di Dio, che è la vera sapienza del Padre; 9 di loro è detto: “La loro sapienza è stata ingoiata” (Sal 106,27), e: “Maledetti coloro che si allontanano dai tuoi comandamenti” (Sal 118,21). 10 Essi vedono e riconoscono, sanno e fanno ciò che è male, e consapevolmente perdono la loro anima.
[178/5] 11 Vedete, o ciechi, ingannati dai vostri nemici, cioè dalla carne, dal mondo e dal diavolo, che al corpo è cosa dolce fare il peccato e cosa amara sottoporsi a servire Dio, 12 poiché tutti i vizi e i peccati escono e procedono dal cuore degli uomini (Cfr. Mc 7,21.; Mt 15,19), come dice il Signore nel Vangelo. 13 E non avete niente in questo mondo e neppure nell’altro. 14 E credete di possedere a lungo le vanità di questo secolo, ma vi ingannate, perché verrà il giorno e l’ora (Cfr. Mt 24,44; 25,13) alla quale non pensate, non sapete e ignorate. Il corpo si ammala, la morte si avvicina e cosi si muore di amara morte.
[178/6] 15 E in qualsiasi luogo, tempo e modo l’uomo muore in peccato mortale, senza aver fatto penitenza e dato soddisfazione, se poteva darla e non lo ha fatto, il diavolo rapisce l’anima di lui dal suo corpo, con una angoscia e tribolazione cosi grande, che nessuno può sapere se non colui che la prova.
16 E tutti i talenti e il potere e la scienza e sapienza (Cfr. 2Cr 1,12), che credevano di possedere, sarà loro tolta (Cfr. Lc 8,18; Mc 4,25). 17 E lasciano tutto ai parenti e agli amici. Ed ecco, questi si sono già preso e spartito tra loro il patrimonio di lui, e poi hanno detto: “Maledetta sia la sua anima, poiché poteva darci di più e procurarsi di più di quanto si è procurato!”. 18 I vermi mangiano il cadavere, e così hanno perduto il corpo e l’anima in questa breve vita e andranno all’inferno, dove saranno tormentati eternamente (Cfr. Lc 18,24).
[178/7] 19 Tutti coloro ai quali perverrà questa lettera, li preghiamo, nella carità che è Dio (Cfr. Gv 4,16), che accolgano benignamente con divino amore queste fragranti parole del Signore nostro Gesù Cristo, che abbiamo scritto. 20 E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, 21 e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono spirito e vita (Gv 6,44).
22 E coloro che non faranno questo, dovranno renderne ragione nel giorno del giudizio, davanti a tribunale (Cfr. Mt 12,36; cfr. Rm 14,10) del Signore nostro Gesù Cristo.
LETTERA AI FEDELI
(Seconda recensione)
[179] 1 Nel nome del Signore, Padre e Figlio e Spirito Santo. Amen.
A tutti i cristiani religiosi, chierici e laici uomini e donne, a tutti gli abitanti del mondo intero, frate Francesco, loro servo e suddito, ossequio rispettoso, pace dal cielo e sincera carità nel Signore.
[180] 2 Poiché sono servo di tutti, sono tenuto a servire a tutti e ad amministrare le fragranti parole del mio Signore. 3 E perciò, considerando che non posso visitare personalmente i singoli, a causa della malattia e debolezza del mio corpo, mi sono proposto di riferire a voi, mediante la presente lettera e messaggio, le parole del Signore nostro Gesù Cristo, che è il Verbo del Padre, e le parole dello Spirito Santo, che sono spirito e vita (Gv 6,63).
I.
IL VERBO DEL PADRE
[181] 4 L’altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele (Cfr. Lc 1,31), annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità.
[182] 5 Lui, che era ricco (2Cor 8,9) sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà.
[183] 6 E, prossimo alla passione (Cfr. Mt 26,17-20; Mc 14,12-16; Lc 22,7-13), celebrò la pasqua con i suoi discepoli, e prendendo il pane, rese grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo” (Mt 26,26). 7 E prendendo il calice disse: “Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati” (Mt 26,27). 6 Poi pregò il Padre dicendo: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice”. 9 E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra (Lc 22,44). Depose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre dicendo: “Padre, sia fatta la tua volontà; non come voglio io, ma come vuoi tu” (Mt 26,42; 26,39).
[184] 11 E la volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, 12 non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose (Cfr. Gv 1,3), ma in espiazione dei nostri peccati, 13 lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme (1Pt 2,21). 14 E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e col nostro corpo casto.
[185] 15 Ma pochi sono coloro che lo vogliono ricevere ed essere salvati per mezzo di lui, sebbene il suo giogo sia soave e il suo peso leggero (Cfr. Mt 11,30).
II.
DI QUELLI CHE NON VOGLIONO OSSERVARE I COMANDAMENTI DI DIO
[186] 16 Coloro che non vogliono gustare quanto sia soave il Signore (Cfr. Sal 33,9) e preferiscono le tenebre alla luce (Gv 3,19), rifiutando di osservare i comandamenti di Dio, sono maledetti; 17 di essi dice il profeta: “Maledetti coloro che si allontanano dai tuoi comandamenti” (Sal 118,21). 18 Invece, quanto sono beati e benedetti quelli che amano il Signore e fanno così come dice il Signore stesso nel Vangelo: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore e tutta l’anima, e il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,37.39).
III.
DELL’AMORE DI DIO E DEL SUO CULTO
[187] 19 Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuore puro e mente pura, poiché egli stesso, ricercando questo sopra tutte le altre cose, disse: I veri adoratori adoreranno il Padre nello Spirito e nella verità (Gv 4,23). 20 Tutti infatti quelli che lo adorano, bisogna che lo adorino nello spirito (Cfr. Gv 4,24) della verità.
[188] 21 Ed eleviamo a lui lodi e preghiere giorno e notte (Sal 31,4), dicendo: “Padre nostro, che sei nei cieli” (Mt 6,9), poiché bisogna che noi preghiamo sempre senza stancarci (Lc 18,1).
IV.
DELLA VITA SACRAMENTALE
[189] 22 Dobbiamo anche confessare al sacerdote tutti i nostri peccati e ricevere da lui il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo. 23 Chi non mangia la sua carne e non beve il suo sangue, non può entrare nel regno di Dio (Cfr. Gv 6,55.57 e Gv 3,5). 24 Lo deve però mangiare e bere degnamente, poiché chi lo riceve indegnamente, mangia e beve la sua condanna, non discernendo il corpo del Signore (1Cor 11,29), cioè non distinguendolo dagli altri cibi.
[190] 25 Facciamo, inoltre, frutti degni di penitenza Cfr. (Lc 3,8). 26 E amiamo i prossimi come noi stessi (Cfr. Mt 22,39). 27 E se uno non vuole amarli come se stesso, almeno non arrechi loro del male, ma faccia del bene.
V.
DEL GIUDICARE CON MISERICORDIA
[191] 28 Coloro poi che hanno ricevuto l’autorità di giudicare gli altri, esercitino il giudizio con misericordia, così come essi stessi vogliono ottenere misericordia dal Signore; 29 infatti il giudizio sarà senza misericordia per coloro che non hanno usato misericordia (Gv 2,13).
[192] 30 Abbiamo perciò carità e umiltà e facciamo elemosine, perché l’elemosina lava l’anima dalle brutture dei peccati. 31 Gli uomini infatti perdono tutte le cose che lasciano in questo mondo, ma portano con sé la ricompensa della carità e le elemosine che hanno fatto, di cui avranno dal Signore il premio e la degna ricompensa.
VI.
DEL DIGIUNO CORPORALE E SPIRITUALE
[193] 32 Dobbiamo anche digiunare e astenerci dai vizi e dai peccati (Cfr. Tb 4,11; 12,9). a e da ogni eccesso nel mangiare e nel bere ed essere cattolici. 33 Dobbiamo anche visitare frequentemente le chiese e venerare e usare reverenza verso i chierici, non tanto per loro stessi, se sono peccatori, ma per l’ufficio e l’amministrazione del santissimo corpo e sangue di Cristo, che sacrificano sull’altare e ricevono e amministrano agli altri.
[194] 34 E siamo tutti fermamente convinti che nessuno può essere salvato se non per mezzo delle sante parole e del sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che i chierici pronunciano, annunciano e amministrano. 35 Ed essi soli debbono amministrarli e non altri.
36 Specialmente poi i religiosi, i quali hanno rinunciato al mondo, sono tenuti a fare molte altre cose e più grandi, senza però tralasciare queste (Cfr. Lc 11,42).
VII.
DELL’AMORE VERSO I NEMICI
[195] 37 Dobbiamo avere in odio i nostri corpi con i vizi e i peccati, poiché il Signore dice nel Vangelo: Tutte le cose cattive, i vizi e i peccati escono dal cuore (Cfr. Mt 15,18-19; Mc 7,23).
[196] 38 Dobbiamo amare i nostri nemici e fare del bene a coloro che ci odiano (Cfr. Mt 5,44; Lc 6,27). 39 Dobbiamo osservare i precetti e i consigli del Signore nostro Gesù Cristo. 40 Dobbiamo anche rinnegare noi stessi (Cfr. Mt 16,24) e porre i nostri corpi sotto il giogo del servizio e della santa obbedienza, così come ciascuno ha promesso al Signore.
VIII.
UMILTÀ NEL COMANDARE
[197] 41 E nessun uomo si ritenga obbligato dall’obbedienza a obbedire a qualcuno là dove si commette delitto o peccato. 42 E colui al quale è affidata l’obbedienza e che è ritenuto maggiore, sia come il minore (Lc 22,26) e servo degli altri fratelli, 43 e usi ed abbia nei confronti di ciascuno dei suoi fratelli quella misericordia che vorrebbe fosse usata verso di sé qualora si trovasse in un caso simile.
[198] 44 E per il peccato commesso dal fratello non si adiri contro di lui, ma lo ammonisca e lo conforti con ogni pazienza e umiltà.
IX.
DEL FUGGIRE LA SAPIENZA CARNALE
[199] 45 Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne (Cfr. 1Cor 1,26), ma piuttosto dobbiamo essere semplici, umili e puri. 46 Teniamo i nostri corpi in umiliazione e dispregio, perché noi, per colpa nostra, siamo miseri, fetidi e vermi, come dice il Signore per bocca del profeta: “lo sono un verme e non un uomo, I’obbrobrio degli uomini e scherno del popolo” (Sal 21,7).
47 Mai dobbiamo desiderare di essere sopra gli altri, ma anzi dobbiamo essere servi e soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio (1Pt 2,13).
X.
DEL SERVO FEDELE CHE DIVIENE DIMORA DI DIO
[200] 48 E tutti quelli e quelle che si diporteranno in questo modo, fino a quando faranno tali cose e persevereranno in esse sino alla fine, riposerà su di essi lo Spirito del Signore (Is 11,2), ed egli ne farà sua abitazione e dimora (Cfr. Gv 14,23). 49 E saranno figli del Padre celeste (Cfr. Mt 5,45), di cui fanno le opere, 50 e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo (Cfr. Mt 12,50).
51 Siamo sposi, quando l’anima fedele si congiunge a Gesù Cristo per l’azione dello Spirito Santo. 52 E siamo fratelli, quando facciamo la volontà del Padre suo (Cfr. Mt 12,50), che è in cielo. 53 Siamo madri (Cfr. 1Cor 6,20), quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l’amore e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri (Cfr. Mt 5,16).
[201] 54 Oh, come è glorioso e santo e grande avere in cielo un Padre!
55 Oh, come è santo, consolante, bello e ammirabile avere un tale Sposo!
56 Oh, come è santo come è delizioso, piacevole, umile, pacifico, dolce e amabile e sopra ogni cosa desiderabile avere un tale fratello e figlio, il quale offrì la sua vita per le sue pecore (Cfr. Gv 10,15) e pregò il Padre per noi, dicendo: “Padre santo, custodisci nel tuo nome quelli che mi hai dato (Gv 17,11). 57 Padre, tutti coloro che mi hai dato nel mondo erano tuoi e tu li hai dati a me (Gv 17,6). 58 E le parole che desti a me, le ho date a loro; ed essi le hanno accolte e veramente hanno riconosciuto che io sono uscito da te ed hanno creduto che tu mi hai mandato (Gv 17,8). Io prego per loro e non per il mondo (Gv 17,9). Benedicili e santificali (Gv 17,17). 59 E per loro io santifico me stesso, affinché siano santificati nell’unità, come lo siamo noi (Gv 17,19.11). 60 E voglio, o Padre, che dove io sono ci siano anch’essi con me, affinché vedano la mia gloria nel tuo regno” (Gv 17,24; Mt 20,21).
[202] 61 A colui che tanto patì per noi, che tanti beni ha elargito e ci elargirà in futuro, a Dio, ogni creatura che vive nei cieli, sulla terra, nel mare e negli abissi renda lode, gloria, onore e benedizione (Cfr. Ap 5,13), 62 poiché egli è la nostra virtù e la nostra fortezza. Egli che solo è buono (Cfr. Lc 18,19), solo altissimo, solo onnipotente, ammirabile glorioso e solo è santo, degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei secoli. Amen.
XI.
DI COLORO CHE NON FANNO PENITENZA
[203] 63 Invece, tutti coloro che non vivono nella penitenza, e non ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, 64 e compiono vizi e peccati, e che camminano dietro la cattiva concupiscenza e i cattivi desideri, e non osservano quelle cose che hanno promesso, 65 e servono con il proprio corpo il mondo, gli istinti della carne, le cure e preoccupazioni del mondo e le cure di questa vita, 66 ingannati dal diavolo di cui sono figli e ne compiono le opere (Cfr. Gv 8,49), costoro sono ciechi poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo.
67 Questi non posseggono la sapienza spirituale, poiché non hanno in sé il Figlio di Dio, che è la vera sapienza del Padre. Di essi dice la Scrittura: “La loro sapienza è stata divorata” (Sal 106,27). 68 Essi vedono, conoscono, sanno e fanno il male e consapevolmente perdono le loro anime.
[204] 69 Vedete, o ciechi, ingannati dai nostri nemici, cioè dalla carne, dal mondo e dal diavolo, che al corpo è dolce fare il peccato ed è cosa amara servire Dio, poiché tutte le cose cattive, vizi e peccati, escono e procedono dal cuore degli uomini (Cfr. Mt 7,21.23; 15,18-19), come dice il Signore nel Vangelo. 70 E così non possedete nulla né in questo mondo né nell’altro. 71 Credete di possedere a lungo le vanità di questo secolo, ma vi ingannate, perché verrà il giorno e l’ora che non pensate, non conoscete e ignorate (Cfr. Mt 24,44; 25,13).
XII.
IL MORIBONDO IMPENITENTE
[205] 72 Il corpo è infermo, si avvicina la morte, accorrono i parenti e gli amici e dicono: “Disponi delle tue cose”. 73 Ecco, la moglie di lui, i figli, i parenti e gli amici fingono di piangere. 74 Ed egli, sollevando gli occhi, li vede piangere e, mosso da un cattivo sentimento, pensando tra sé dice: “Ecco, la mia anima e il mio corpo e tutte le mie cose pongo nelle vostre mani”. 75 In verità questo uomo è maledetto, poiché colloca la sua fiducia e affida la sua anima, il suo corpo e tutti i suoi averi in tali mani. 76 Perciò dice il Signore per bocca del profeta: “Maledetto l’uomo che confida nelI’uomo!” (Ger 17,5).
77 E subito fanno venire il sacerdote. Gli domanda il sacerdote: “Vuoi ricevere la penitenza per tutti i tuoi peccati?”. 78 Rispose: “Sì”. “Vuoi dare soddisfazione, con i tuoi mezzi, cosi come puoi, per tutte le colpe e per quelle cose che hai defraudato e nelle quali hai ingannato gli uomini?”. 79 Risponde: “No”. E il sacerdote: “Perché no?”. 80 “Perché ho consegnato ogni mio avere nelle mani dei parenti e degli amici”. 81 E incomincia a perdere la parola, e così quel misero muore.
82 Ma sappiamo tutti che ovunque e in qualsiasi modo un uomo muoia in peccato mortale senza compiere la soddisfazione sacramentale, e può farlo e non lo fa, il diavolo rapisce la sua anima dal suo corpo con una angoscia e sofferenza così grandi, che nessuno può sapere se non chi ne fa la prova. 83 E tutti i talenti e l’autorità e la scienza, che credeva di possedere (Cfr. Lc 8,18), gli sono portati via (Mc 4,25). 84 Egli li lascia ai parenti e agli amici; ed essi prendono il patrimonio e se lo dividono e poi dicono: “Maledetta sia la sua anima, poiché poteva darci e acquistare più di quanto non acquistò!”. 85 I vermi divorano il corpo; e così quell’uomo perde l’anima e il corpo in questa breve vita e va all’inferno, ove sarà tormentato eternamente.
86 Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
[206] 87 Io frate Francesco, il più piccolo servo vostro, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio (Cfr. 1Gv 4,16), e col desiderio di baciarvi i piedi, che queste parole e le altre del Signore nostro Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e attuare e osservare. 87bis E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono spirito e vita (Gv 6,63). E coloro che non faranno ciò, ne renderanno ragione nel giorno del giudizio davanti al tribunale di Cristo. 88 E tutti quelli e quelle che con benevolenza le accoglieranno e le comprenderanno e ne invieranno copie ad altri, se in esse persevereranno fino alla fine (Mt 24,13), li benedica il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Amen.
LETTERA A TUTTI I CHIERICI SULLA RIVERENZA DEL CORPO DEL SIGNORE
a) Prima recensione
[207/a] 1 Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue parole scritte che santificano il corpo.
2 Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola.
3 Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti “da morte a vita” (1Gv 3,14).
[208/a] 4 Tutti coloro, poi, che amministrano così santi misteri, considerino tra sé, soprattutto chi li amministra illecitamente, quanto siano miserandi i calici, i corporali e le tovaglie sulle quali si compie il sacrificio del corpo e del sangue di lui. 5 E da molti viene collocato e lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le dovute disposizioni e amministrato agli altri senza discrezione.
[209/a] 6 Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate, 7 poiché “I’uomo carnale non comprende le cose di Dio” (1Cor 2,14).
8 Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si consegna nelle nostre mani e noi l’abbiamo a nostra disposizione e ce ne comunichiamo ogni giorno? 9 Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani?
10 Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito e con fermezza emendiamoci; 11 e ovunque troveremo il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo collocato e lasciato in modo illecito, sia rimosso di là e posto e custodito in un luogo prezioso.
12 Ugualmente, ovunque siano trovati i nomi e le parole scritte del Signore in luoghi sconvenienti, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso.
13 Queste cose sono tenuti ad osservarle fino alla fine, più di qualsiasi altra cosa, tutti i chierici. 14 E quelli che non faranno questo, sappiano che dovranno rendere “ragione” davanti al Signore nostro Gesù Cristo “nel giorno del giudizio” (Cfr. Mt 12,36).
15 E coloro che faranno ricopiare questo scritto, perché esso sia meglio osservato, sappiano che saranno benedetti dal Signore Iddio.
b) Seconda recensione
[207] 1 Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue parole scritte, che santificano il corpo.
2 Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola.
3Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti “da morte a vita” (1Gv 3,14).
[208] 4 Tutti coloro, poi, che amministrano così santi ministeri, considerino tra sé, soprattutto quelli che li amministrano senza discrezione, quanto siano miserandi i calici, i corporali e le tovaglie sulle quali si compie il sacrificio del corpo e del sangue del Signore nostro.
5 E da molti viene lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le dovute disposizioni e amministrato agli altri senza discrezione.
[209] 6 Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate, 7 perché “I’uomo carnale non comprende le cose di Dio” (1Cor 2,14).
8 Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si consegna nelle nostre mani e noi l’abbiamo a nostra disposizione e ce ne comunichiamo ogni giorno? 9 Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani?
10 Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito e con fermezza emendiamoci; 1l e ovunque troveremo il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo collocato e lasciato in modo illecito, sia rimosso di là e posto e custodito in un luogo prezioso.
12 Ugualmente, ovunque siano trovati i nomi e le parole scritte del Signore in luoghi sconvenienti, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso.
13 E sappiamo che è nostro dovere osservare tutte queste norme, sopra ogni altra cosa, in forza dei precetti del Signore e delle costituzioni della Santa Madre Chiesa.
14 E colui che non si diporterà in questo modo, sappia che dovrà rendere “ragione” al Signore nostro Gesù Cristo “nel giorno del giudizio” (Cfr. Mt 12,36).
15 E coloro che faranno ricopiare questo scritto perché esso sia meglio osservato, sappiano che saranno benedetti dal Signore Iddio.
LETTERA AI REGGITORI DEI POPOLI
[210] 1 A tutti i podestà e consoli, magistrati e reggitori d’ogni parte del mondo, e a tutti gli altri ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura salute e pace.
[211] 2 Considerate e vedete che il giorno della morte si avvicina (Cfr. Gen 47,29). 3 Vi supplico perciò, con tutta la reverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore, assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di questo mondo e di non deviare dai suoi comandamenti, poiché tutti coloro che dimenticano il Signore e si allontanano dai comandamenti di lui, sono maledetti (Cfr. Sal 118,21) e saranno dimenticati da lui (Ez 33,13).
4 E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di possedere saranno loro tolte (Cfr. Lc 8.18). 5 E quanto più sapienti e potenti saranno stati in questo mondo tanto maggiori saranno i tormenti che dovranno patire nell’inferno (Cfr. Sap 6,7).
[212] 6 Perciò io con fermezza consiglio a voi, miei signori che, messa da parte ogni cura e preoccupazione, riceviate volentieri il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo in sua santa memoria.
[213] 7 E siete tenuti ad attribuire al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato, che ogni sera si annunci, mediante un banditore o qualche altro segno, che siano rese lodi e grazie all’onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. 8 E se non farete questo, sappiate che dovrete renderne ragione (Cfr. Mt 12,36) a Dio davanti al Signore vostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio.
9 Coloro che riterranno presso di sé questo scritto e lo metteranno in pratica, sappiano che saranno benedetti dal Signore Iddio.
LETTERA A TUTTO L’ORDINE
[214] 1 Nel nome della somma Trinità e della santa Unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!
[215] 2 A tutti i frati a cui debbo reverenza e grande amore, a frate... A., ministro generale della Religione dei frati minori, suo signore, e agli altri ministri generali che succederanno a lui, e a tutti i ministri e custodi e sacerdoti della stessa fraternità, umili in Cristo, e a tutti i frati semplici che vivono nell’obbedienza, primi e ultimi, 3 frate Francesco, uomo di poco conto e fragile, vostro piccolo servo, augura salute in Colui che ci ha redenti e ci ha lavati nel suo preziosissimo sangue (Cfr. Ap 1,5). 4 Ascoltando il nome di lui, adoratelo con timore e riverenza proni verso terra (Cfr. 2Esdr 8,6): Signore Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo (Cfr. Lc 1,32) è il suo nome, che è benedetto nei secoli (Rm 1,25).
[216] 5 Ascoltate, miei signori, figli e fratelli, e prestate orecchio alle mie parole (At 2,14). 6 Inclinate l’orecchio (Is 53,3) del vostro cuore e obbedite alla voce del Figlio di Dio. 7 Custodite nella profondità del vostro cuore i suoi precetti e adempite perfettamente i suoi consigli.
8 Lodatelo poiché è buono (Sal 135,1) ed esaltatelo nelle opere vostre (Tb 13,6), 9 poiché per questo (Cfr. Tb 13,4) vi mandò per il mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di lui con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c’è nessuno Onnipotente eccetto Lui (Cfr. Tb 13,4). 10 Perseverate nella disciplina (Eb 12,7) e nella santa obbedienza, e adempite con proposito buono e fermo quelle cose che gli avete promesso. 11 Il Signore Iddio si offre a noi come a figli (Eb 12,7).
I.
DELLA RIVERENZA VERSO IL CORPO DEL SIGNORE
[217] 12 Pertanto, scongiuro tutti voi, fratelli, baciandovi i piedi e con tutto l’amore di cui sono capace, che prestiate, per quanto potete, tutta la riverenza e tutto l’onore al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, 13 nel quale tutte le cose che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente (Cfr. Col 1,20).
II.
DELLA SANTA MESSA
[218] 14 Prego poi nel Signore tutti i miei frati sacerdoti, che sono e saranno e desiderano essere sacerdoti dell’Altissimo, che quando vorranno celebrare la Messa puri, in purità offrano con riverenza il vero sacrificio del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, con intenzione santa e monda, non per motivi terreni, né per timore o amore di alcun uomo, come se dovessero piacere agli uomini (Cfr. Ef 6,6; Col 3,22). 15 Ma ogni volontà, per quanto l’aiuta la grazia divina, si orienti a Dio, desiderando con la Messa di piacere soltanto allo stesso sommo Signore, poiché in essa egli solo opera come a lui piace. 16 Poiché è lui stesso che dice: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1Cor 11,24), se uno farà diversamente, diventa un Giuda traditore e si fa reo del corpo e del sangue del Signore (Cfr. 1Cor 11,27).
[219] 17 Ricordatevi, fratelli miei sacerdoti, ciò che è scritto riguardo alla legge di Mosè: colui che la trasgrediva, anche solo nelle prescrizioni materiali, per sentenza del Signore, era punito con la morte senza nessuna misericordia (Cfr. Eb 10,28). 18 Quanto maggiori e più gravi pene meriterebbe di patire colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e contaminato il sangue dell’alleanza, nel quale è santificato, e recato oltraggio allo Spirito della grazia (Eb 10,29). 19 L’uomo, infatti, disprezza, contamina e calpesta l’Agnello di Dio quando, come dice l’Apostolo, non distinguendo nel suo giudizio (1Cor 11,29), né discernendo il santo pane di Cristo dagli altri cibi o azioni, lo mangia indegnamente o, pur essendone degno, lo mangia con leggerezza e senza le dovute disposizioni, sebbene il Signore dica per bocca del profeta: “Maledetto l’uomo, che compie con frode l’opera di Dio” (Cfr. Ger 48,10). 20 E il Signore condanna i sacerdoti che non vogliono prendere a cuore con sincerità queste cose, dicendo: “Maledirò le vostre benedizioni” (Ml 2,2).
[220] 21 Ascoltate, fratelli miei. Se la beata Vergine è così onorata, come è giusto, perché lo portò nel suo santissimo seno; se il beato Battista tremò di gioia e non osò toccare il capo santo del Signore; se è venerato il sepolcro, nel quale egli giacque per qualche tempo; 22 quanto deve essere santo, giusto e degno colui che stringe nelle sue mani, riceve nel cuore e con la bocca ed offre agli altri perché ne mangino, Lui non già morituro, ma eternamente vincitore e glorificato, sul quale gli angeli desiderano volgere lo sguardo (1Pt 1,12)!
23 Badate alla vostra dignità, fratelli sacerdoti, e siate santi perché egli è santo (Cfr. Lv 19,2). 24 E come il Signore Iddio vi ha onorato sopra tutti gli uomini, con l’affidarvi questo ministero, così voi amatelo, riveritelo e onoratelo più di ogni altro uomo.
25 Grande miseria sarebbe, e miseranda meschinità se, avendo lui cosi presente, vi curaste di qualunque altra cosa che esista in tutto il mondo.
[221] 26 Tutta l’umanità trepidi, I’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo (Gv 11,27). 27 O ammirabile altezza e degnazione stupenda!
O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!
28 Guardate, fratelli, I’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori (Sal 61,9); umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati (Cfr. 1Pt 5,6; Gc 4,10). 29 Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre.
III.
DELL’UNICA MESSA DELLA FRATERNITÀ
[222] 30 Per questo motivo ammonisco ed esorto nel Signore, che nei luoghi in cui i frati dimorano, si celebri una sola Messa al giorno, secondo le norme della santa Chiesa.
[223] 31 Se poi nel luogo vi fossero più sacerdoti, I’uno, per amore di carità, si accontenti dell’ascolto della celebrazione dell’altro sacerdote, 32 poiché il Signore Gesù Cristo riempie di se stesso presenti ed assenti che sono degni di lui. 33 Egli, infatti, sebbene sembri essere in più luoghi, tuttavia rimane indivisibile e non conosce detrimento di sorta, ma uno e ovunque, come a lui piace, opera insieme con il Signore Iddio Padre e con lo Spirito Santo Paraclito per tutti i secoli dei secoli. Amen.
IV.
DELLA VENERAZIONE PER LA SACRA SCRITTURA
[224] 34 E poiché chi è da Dio ascolta le parole di Dio (Cfr. Gv 8,47), perciò noi, che in modo tutto speciale siamo deputati ai divini uffici, dobbiamo non solo ascoltare e praticare quello che Dio dice, ma anche, per radicare in noi l’altezza del nostro Creatore e la nostra sottomissione a lui, custodire i vasi sacri e i libri liturgici, che contengono le sue sante parole.
[225] 35 Perciò, ammonisco tutti i miei frati e li incoraggio in Cristo perché, ovunque troveranno le divine parole scritte, come possono, le venerino 36 e, per quanto spetti a loro, se non sono ben custodite o giacciono sconvenientemente disperse in qualche luogo, le raccolgano e le ripongano in posto decoroso, onorando nelle sue parole il Signore che le ha pronunciate (Cfr. 3Re 2,4). Molte cose infatti sono santificate (1Tm 4,5) mediante le parole di Dio e in virtù delle parole di Cristo si compie il sacramento dell’altare.
V.
CONFESSIONE DEL SANTO
[226] 38 Ed ora confesso al Signore Dio Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, alla beata sempre vergine Maria e a tutti i santi in cielo e in terra, a frate H. (Elia), ministro della nostra Religione, come a mio venerabile signore, e ai sacerdoti del nostro Ordine e a tutti gli altri miei frati benedetti, tutti i miei peccati. 39 Ho peccato molto per mia grave colpa, specialmente perché non ho osservato la Regola, che ho promesso al Signore, e non ho detto l’ufficio, come la Regola prescrive, sia per negligenza sia a causa della mia infermità, sia perché sono ignorante e illetterato.
IV.
DELLA REGOLA E DELL’UFFICIO
[227] 40 Perciò scongiuro, come posso, frate H. (Elia) ministro generale, mio signore che faccia osservare da tutti inviolabilmente la Regola, 41 e che i chierici dicano l’ufficio con devozione, davanti a Dio, non preoccupandosi della melodia della voce, ma della consonanza della mente, così che la voce concordi con la mente, la mente poi concordi con Dio, 42 affinché possano piacere a Dio, mediante la purezza del cuore, piuttosto che accarezzare gli orecchi del popolo con la mollezza del canto.
[228] 43 Per quanto mi riguarda, io prometto di osservare fermamente tutte queste cose, come Dio mi darà la grazia, e le insegnerò ai frati che sono con me perché le osservino, riguardo all’ufficio e alle altre norme stabilite dalla Regola.
[229] 44 Quei frati, poi, che non vorranno osservare queste cose, non li ritengo cattolici, né miei frati; non li voglio neppure vedere né parlare con loro, finché non abbiano fatto penitenza.
[230] 45 Lo stesso dico anche per tutti gli altri che vanno vagando, incuranti della disciplina della Regola; 46 poiché il Signore nostro Gesù Cristo dette la sua vita per non venir meno all’obbedienza del Padre santissimo (Cfr. Fil 2,8).
[231] 47 lo, frate Francesco, uomo inutile e indegna creatura del Signore Iddio, dico in nome del Signore Gesù Cristo a frate H. (Elia), ministro di tutta la nostra Religione e a tutti i ministri generali che succederanno a lui, e agli altri custodi e guardiani dei frati, che sono e saranno, che tengano presso di sé questo scritto, ad esso si conformino e lo conservino scrupolosamente. 48 E supplico gli stessi di custodire con sollecitudine e di fare osservare con grande diligenza le cose che vi sono scritte, secondo il beneplacito di Dio onnipotente, ora e sempre, finché durerà questo mondo.
[232] 49 E voi che farete queste cose siate benedetti dal Signore (Sal 113,13), e il Signore sia con voi in eterno. Amen.
VII.
PREGHIERA CONCLUSIVA
[233] 50 Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, 51 affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, 52 e, con l’aiuto della tua sola grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nella Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen.
LETTERA AD UN MINISTRO
[234] 1 A frate N... ministro. Il Signore ti benedica!
2 Io ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devi ritenere come una grazia.
3 E così tu devi volere e non diversamente. 4 E questo tieni in conto di vera obbedienza da parte del Signore Iddio e mia per te, perché io fermamente riconosco che questa è vera obbedienza. 5 E ama coloro che agiscono con te in questo modo, e non esigere da loro altro se non ciò che il Signore darà a te. 7 E in questo amali e non pretendere che diventino cristiani migliori.
[235] 3 E questo sia per te più che stare appartato in un eremo.
9 E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; 10 e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. 11 E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli.
[236] 12 E avvisa i guardiani, quando potrai, che tu sei deciso a fare così.
[237] 13 Riguardo poi a tutti i capitoli della Regola che trattano dei peccati mortali, con l’aiuto del Signore, nel Capitolo di Pentecoste, raccolto il consiglio dei frati, ne faremo un Capitolo solo in questa forma:
14 Se qualcuno dei frati, per istigazione del nemico, avrà peccato mortalmente, sia tenuto per obbedienza a ricorrere al suo guardiano, 15 E tutti i frati, che fossero a conoscenza del peccato di lui, non gli facciano vergogna né dicano male di lui, ma ne abbiano grande misericordia e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati (Mt 9,12). 16 E sempre per obbedienza siamo tenuti a mandarlo con un compagno dal suo custode. 17 Lo stesso custode poi provveda misericordiosamente a lui, come vorrebbe si provvedesse a lui medesimo, se si trovasse in un caso simile.
[238] 13 E se fosse caduto in qualche peccato veniale, si confessi ad un fratello sacerdote. I9 E se in quel luogo non ci fosse un sacerdote, si confessi ad un suo fratello, fino a che possa trovare un sacerdote che lo assolva canonicamente, come è stato detto. 20 E questi non abbiano potere di imporre altra penitenza all’infuori di questa: “Va’ e non peccare più!” (Cfr. Gv 8,11).
[239] 21 Questo scritto tienilo con te, affinché sia meglio osservato, fino al capitolo di Pentecoste; là sarai presente con i tuoi frati. 22 E queste e tutte le altre cose, che sono ancora poco chiare nella Regola, sarà vostra cura di completarle, con l’aiuto del Signore Iddio.
PRIMA LETTERA AI CUSTODI
[240] 1 A tutti i custodi dei frati minori ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e straordinari presso il Signore e sono invece ritenuti in nessun conto da molti religiosi e da altri uomini.
[241] 2 Vi prego, più che se riguardasse me stesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichiate umilmente i chierici di venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo. 3 I calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al sacrificio, devono essere preziosi. 4 E se in qualche luogo trovassero il santissimo corpo del Signore collocato in modo miserevole, venga da essi posto e custodito in un luogo prezioso, secondo le disposizioni della Chiesa, e sia portato con grande venerazione e amministrato agli altri con discrezione.
[242] 5 Anche gli scritti che contengono i nomi e le parole del Signore, ovunque fossero trovati in luoghi sconvenienti, siano raccolti e collocati in luogo degno.
[243] 6 E in ogni predica che fate, ricordate al popolo di fare penitenza e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore (Cfr. Gv 6,54), 7 e che quando è sacrificato dal sacerdote sull’altare o viene portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Iddio vivo e vero.
8 E dovete annunciare e predicare la sua gloria a tutte le genti, cosi che ad ogni “ora” e quando suonano le campane, sempre da tutto il popolo siano lese lodi e grazie a Dio onnipotente per tutta la terra.
[244] 9 E tutti i miei frati custodi ai quali giungerà questo scritto, che ne faranno copia e la terranno presso di sé e la faranno trascrivere per i frati che hanno l’ufficio della predicazione e della custodia dei frati, e che predicheranno sino alla fine le istruzioni contenute in questo scritto, sappiano che hanno la benedizione del Signore Iddio e mia.
10 E reputino questo scritto come vera e santa obbedienza per loro. Amen.
SECONDA LETTERA AI CUSTODI
[245] 1 A tutti i custodi dei frati minori, ai quali perverrà questa lettera, frate Francesco, il più piccolo dei servi di Dio, augura salute e pace santa nel Signore.
[246] 2 Sappiate che ci sono delle realtà che, davanti al Signore sono altissime e sublimi, ma a volte sono reputate dagli uomini vili e spregevoli; 3 mentre altre, ritenute care e nobili tra gli uomini, sono invece ritenute vilissime e spregevoli al cospetto di Dio.
[247] 4 Perciò vi supplico, nel Signore Dio nostro, per quanto posso, che vi preoccupiate di consegnare ai vescovi e agli altri chierici, quelle lettere che trattano del santissimo corpo e sangue del Signore nostro, 5 e di custodire nella memoria quanto su questo argomento vi abbiano raccomandato.
[248] 6 Dell’altra lettera che vi invio perché la trasmettiate ai podestà, ai consoli e ai reggitori dei popoli, nella quale è contenuto l’invito a proclamare in pubblico tra i popoli e sulle piazze le lodi di Dio, procurate di fare subito molte copie e di consegnarle con diligenza a coloro ai quali sono indirizzate.
LETTERA A FRATE LEONE
[249] 1 Frate Leone, il tuo frate Francesco ti augura salute e pace.
[250] 2 Così dico a te, figlio mio, come una madre: che tutte le parole, che ci siamo scambiate lungo la via, le riassumo brevemente in questa sola frase e consiglio anche se dopo ti sarà necessario tornare da me per consigliarti ? poiché così ti consiglio: 3 in qualunque maniera ti sembra meglio di piacere al Signore Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà, fatelo con la benedizione del Signore Dio e con la mia obbedienza.
4 E se ti è necessario per il bene della tua anima, per averne altra consolazione, e vuoi, o Leone, venire da me, vieni!
LETTERA A FRATE ANTONIO
[251] 1 A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco augura salute.
[252] 2 Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in questa occupazione, non estingua lo spirito dell’orazione e della devozione, come sta scritto nella Regola.
LETTERA A DONNA GIACOMINA
[253] 1 A donna Jacopa, serva dell’Altissimo, frate Francesco poverello di Cristo, augura salute nel Signore e la comunione dello Spirito Santo.
[254] 2 Sappi, carissima, che Cristo benedetto, per sua grazia, mi ha rivelato che la fine della mia vita è ormai prossima.
[255] 3 Perciò, se vuoi trovarmi vivo, vista questa lettera, affrettati a venire a Santa Maria degli Angeli, 4 poiché se non verrai prima di tale giorno, non mi potrai trovare vivo.
5 E porta con te un panno di cilicio in cui tu possa avvolgere il mio corpo e la cera per la sepoltura. 6 Ti prego ancora di portarmi di quei dolci, che eri solita darmi quando mi trovavo ammalato a Roma.
13-58 Febbraio 4, 1922 Le anime che vivono nella Divina Volontà prendono parte della attività eterna della Divina Volontà.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Continuando il mio solito stato, il mio dolce Gesù nel venire mi ha detto:
(2) “Figlia mia, le anime che vivono nella mia Volontà sono le piccole rotelle che girano nella gran ruota dell’eternità. La mia Volontà è il moto e la vita della ruota dell’eternità interminabile; come esse entrano nel mio Volere per pregare, per amare, per operare, ecc., la ruota dell’eternità le fa girare nella sua circonferenza interminabile, ed esse, siccome in quella ruota trovano tutto ciò che si è fatto e si deve fare, tutto ciò che dovrebbe farsi e non si fa, sicché come girano così gettano luce ed ondate divine in ciò che si è fatto e si deve fare, dando a nome di tutti l’onore divino al loro Creatore, e rifanno ciò che dalle creature non è stato fatto. Oh! com’è bello vedere entrare un’anima nel mio Volere, come entra, la gran ruota dell’eternità le dà la corda per farla girare nella sua gran mole, e la piccola rotella fa dei giri eterni; la corda della gran ruota la mette in comunicazione con tutte le corde divine, e mentre gira fa ciò che fa il suo stesso Creatore, perciò esse sono come le prime da Me create, e come le ultime, perché nel girare si trovano al principio, nel mezzo ed alla fine; onde saranno la corona di tutta l’umana famiglia, la gloria, l’onore ed il supplemento di tutto, ed il ritorno a Dio di tutto l’ordine delle cose da Lui create. Perciò i tuoi giri siano continui nel mio Volere, Io ti darò la corda e tu ti presterai a riceverla, non è vero?”
(3) Dopo ha soggiunto: “Non hai detto tutte le girate che fa la rotella della tua volontà nella gran ruota dell’eternità”.
(4) Ed io: “Come potevo dirle se non lo so?”
(5) E Lui: “Come l’anima entra nella mia Volontà, ed anche una semplice adesione, un abbandono, Io le do la corda per farla girare, e sai quante volte gira? Gira per quante intelligenze pensano, quanti sguardi danno le creature, quante parole dicono, quante opere e quanti passi si fanno, girano ad ogni atto divino, ad ogni moto, ad ogni grazia che dal Cielo scende, insomma, in ciò che si fa in Cielo e in terra loro formano il giro, il girare di queste rotelle sono veloci, rapidi, sicché sono incalcolabili a loro stesse, ma Io li numero tutti, prima per prendermi la gloria, l’amore eterno che mi danno, e poi per fondere tutto il bene eterno, per dar loro la capacità di farli sorpassare tutto per poter abbracciare tutti e farsi corona di tutto”.
13 [1] I. M. I. Amore mio e vita mia, guida Tu la mia mano e sii insieme con me nello scrivere, sicché non io, ma Tu farai tutto, mi detterai le parole affinché siano tutte luce di verità, non permettere che metta niente di me, anzi fa’ che io scomparisca affinché tutto Tu faccia, e tutto tuo sia l’onore e la gloria, io faccio ciò solo per obbedire, e Tu non negarmi la tua grazia.