Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 22° settimana del tempo ordinario (San Gregorio Magno)
Vangelo secondo Matteo 25
1Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;3le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio;4le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.6A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.8E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.9Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.10Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!12Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.
14Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.16Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.20Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.21Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.22Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.23Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.24Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso;25per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.26Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.29Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.30E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
31Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.32E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,33e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.41Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.42Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;43ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.44Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?45Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.46E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".
Giosuè 17
1Questa era la parte toccata in sorte alla tribù di Manàsse, perché egli era il primogenito di Giuseppe. Quanto a Machir, primogenito di Manàsse e padre di Gàlaad, poiché era guerriero, aveva ottenuto Gàlaad e Basan.
2Fu dunque assegnata una parte agli altri figli di Manàsse secondo le loro famiglie: ai figli di Abiezer, ai figli di Elek, ai figli d'Asriel, ai figli di Sichem, ai figli di Efer, ai figli di Semida. Questi erano i figli maschi di Manàsse, figlio di Giuseppe, secondo le loro famiglie.3Ma Zelofcad, figlio di Efer, figlio di Gàlaad, figlio di Machir, figlio di Manàsse, non ebbe figli maschi; ma ebbe figlie, delle quali ecco i nomi: Macla, Noa, Ogla, Milca e Tirza.4Queste si presentarono al sacerdote Eleazaro, a Giosuè figlio di Nun e ai capi dicendo: "Il Signore ha comandato a Mosè di darci una eredità in mezzo ai nostri fratelli". Giosuè diede loro un'eredità in mezzo ai fratelli del padre loro, secondo l'ordine del Signore.5Toccarono così dieci parti a Manàsse, oltre il paese di Gàlaad e di Basan che è oltre il Giordano,6poiché le figlie di Manàsse ebbero un'eredità in mezzo ai figli di lui.
Il paese di Gàlaad fu per gli altri figli di Manàsse.7Il confine di Manàsse era dal lato di Aser, Micmetat, situata di fronte a Sichem, poi il confine girava a destra verso Iasib alla fonte di Tappuach. A Manàsse apparteneva il territorio di Tappuach, mentre Tappuach, al confine di Manàsse, era dei figli di Efraim.8.9Quindi la frontiera scendeva al torrente Kana. A sud del torrente vi erano le città di Efraim, oltre quelle che Efraim possedeva in mezzo alle città di Manàsse. Il territorio di Manàsse era a nord del torrente e faceva capo al mare.10Il territorio a sud era di Efraim, a nord era di Manàsse e suo confine era il mare. Con Aser erano contigui a nord e con Issacar ad est.11Inoltre in Issacar e in Aser appartenevano a Manàsse: Beisan e i suoi villaggi, Ibleam e i suoi villaggi, gli abitanti di Dor e i suoi villaggi, gli abitanti di En-Dor e i suoi villaggi, gli abitanti di Taanach e i suoi villaggi, gli abitanti di Meghiddo e i suoi villaggi, un terzo della regione collinosa.12Non poterono però i figli di Manàsse impadronirsi di queste città e il Cananeo continuò ad abitare in questa regione.13Poi, quando gli Israeliti divennero forti, costrinsero il Cananeo ai lavori forzati, ma non lo spodestarono del tutto.
14I figli di Giuseppe dissero a Giosuè: "Perché mi hai dato in possesso una sola parte, una sola porzione misurata, mentre io sono un popolo numeroso, tanto mi ha benedetto il Signore?".15Rispose loro Giosuè: "Se sei un popolo numeroso, sali alla foresta e disbosca a tuo piacere lassù nel territorio dei Perizziti e dei Refaim, dato che le montagne di Efraim sono troppo anguste per te".16Dissero allora i figli di Giuseppe: "Le montagne non ci bastano; inoltre tutti i Cananei che abitano nel paese della valle hanno carri di ferro, tanto in Beisan e nelle sue dipendenze, quanto nella pianura di Izreel".17Allora Giosuè disse alla casa di Giuseppe, a Efraim e a Manàsse: "Tu sei un popolo numeroso e possiedi una grande forza; la tua non sarà una porzione soltanto,18perché le montagne saranno tue. È una foresta, ma tu la disboscherai e sarà tua da un estremo all'altro; spodesterai infatti il Cananeo, benché abbia carri di ferro e sia forte".
Proverbi 21
1Il cuore del re è un canale d'acqua in mano al Signore:
lo dirige dovunque egli vuole.
2Agli occhi dell'uomo tutte le sue vie sono rette,
ma chi pesa i cuori è il Signore.
3Praticare la giustizia e l'equità
per il Signore vale più di un sacrificio.
4Occhi alteri e cuore superbo,
lucerna degli empi, è il peccato.
5I piani dell'uomo diligente si risolvono in profitto,
ma chi è precipitoso va verso l'indigenza.
6Accumular tesori a forza di menzogne
è vanità effimera di chi cerca la morte.
7La violenza degli empi li travolge,
perché rifiutano di praticare la giustizia.
8La via dell'uomo criminale è tortuosa,
ma l'innocente è retto nel suo agire.
9È meglio abitare su un angolo del tetto
che avere una moglie litigiosa e casa in comune.
10L'anima del malvagio desidera far il male
e ai suoi occhi il prossimo non trova pietà.
11Quando il beffardo vien punito, l'inesperto diventa saggio
e quando il saggio viene istruito, accresce il sapere.
12Il Giusto osserva la casa dell'empio
e precipita gli empi nella sventura.
13Chi chiude l'orecchio al grido del povero
invocherà a sua volta e non otterrà risposta.
14Un regalo fatto in segreto calma la collera,
un dono di sotto mano placa il furore violento.
15È una gioia per il giusto che sia fatta giustizia,
mentre è un terrore per i malfattori.
16L'uomo che si scosta dalla via della saggezza,
riposerà nell'assemblea delle ombre dei morti.
17Diventerà indigente chi ama i piaceri
e chi ama vino e profumi non arricchirà.
18Il malvagio serve da riscatto per il giusto
e il perfido per gli uomini retti.
19Meglio abitare in un deserto
che con una moglie litigiosa e irritabile.
20Tesori preziosi e profumi sono nella dimora del saggio,
ma lo stolto dilapida tutto.
21Chi segue la giustizia e la misericordia
troverà vita e gloria.
22Il saggio assale una città di guerrieri
e abbatte la fortezza in cui essa confidava.
23Chi custodisce la bocca e la lingua
preserva se stesso dai dispiaceri.
24Il superbo arrogante si chiama beffardo,
egli agisce nell'eccesso dell'insolenza.
25I desideri del pigro lo portano alla morte,
perché le sue mani rifiutano di lavorare.
26Tutta la vita l'empio indulge alla cupidigia,
mentre il giusto dona senza risparmiare.
27Il sacrificio degli empi è un abominio,
tanto più se offerto con cattiva intenzione.
28Il falso testimone perirà,
ma l'uomo che ascolta potrà parlare sempre.
29L'empio assume un'aria sfrontata,
l'uomo retto controlla la propria condotta.
30Non c'è sapienza, non c'è prudenza,
non c'è consiglio di fronte al Signore.
31Il cavallo è pronto per il giorno della battaglia,
ma al Signore appartiene la vittoria.
Salmi 119
1Alleluia.
Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.
5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.
9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.
17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.
25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.
33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.
41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.
49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.
57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.
65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.
73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.
81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?
85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.
89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.
97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.
105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.
113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.
121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.
125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.
129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.
137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.
145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.
153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.
161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.
169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.
Isaia 25
1Signore, tu sei il mio Dio;
voglio esaltarti e lodare il tuo nome,
perché hai eseguito progetti meravigliosi,
concepiti da lungo tempo, fedeli e veri.
2Poiché hai ridotto la città ad un mucchio di sassi,
la cittadella fortificata ad una rovina,
la fortezza dei superbi non è più città,
non si ricostruirà mai più.
3Per questo ti glorifica un popolo forte,
la città di genti possenti ti venera.
4Perché tu sei sostegno al misero,
sostegno al povero nella sua angoscia,
riparo dalla tempesta, ombra contro il caldo;
poiché lo sbuffare dei tiranni è come pioggia d'inverno,
5come arsura in terra arida il clamore dei superbi.
Tu mitighi l'arsura con l'ombra d'una nube,
l'inno dei tiranni si spegne.
6Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati.
7Egli strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre che copriva tutte le genti.
8Eliminerà la morte per sempre;
il Signore Dio asciugherà le lacrime
su ogni volto;
la condizione disonorevole del suo popolo
farà scomparire da tutto il paese,
poiché il Signore ha parlato.
9E si dirà in quel giorno: "Ecco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato perché ci salvasse;
questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza.
10Poiché la mano del Signore si poserà su questo monte".
Moab invece sarà calpestato al suolo,
come si pesta la paglia nella concimaia.
11Là esso stenderà le mani,
come le distende il nuotatore per nuotare;
ma il Signore abbasserà la sua superbia,
nonostante l'annaspare delle sue mani.
12L'eccelsa fortezza delle tue mura
egli abbatterà e demolirà,
la raderà al suolo.
Lettera ai Colossesi 2
1Voglio infatti che sappiate quale dura lotta io devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti coloro che non mi hanno mai visto di persona,2perché i loro cuori vengano consolati e così, strettamente congiunti nell'amore, essi acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza, e giungano a penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo,3nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza.4Dico questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenti,5perché, anche se sono lontano con il corpo, sono tra voi con lo spirito e gioisco al vedere la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo.
6Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l'avete ricevuto,7ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell'azione di grazie.8Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo.
9È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità,10e voi avete in lui parte alla sua pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni Potestà.11In lui voi siete stati anche circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del nostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo.12Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.13Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l'incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati,14annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce;15avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo.
16Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati:17tutte cose queste che sono ombra delle future; ma la realtà invece è Cristo!18Nessuno v'impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale,19senza essere stretto invece al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il volere di Dio.
20Se pertanto siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché lasciarvi imporre, come se viveste ancora nel mondo, dei precetti quali21"Non prendere, non gustare, non toccare"?22Tutte cose destinate a scomparire con l'uso: sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini!23Queste cose hanno una parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità riguardo al corpo, ma in realtà non servono che per soddisfare la carne.
Capitolo XI: Vagliare e frenare i desideri del nostro cuore
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, tu devi imparare ancora molte cose, fin qui non bene apprese. Signore, quali sono queste cose? Che tu indirizzi il tuo desiderio interamente secondo la mia volontà; che tu non stia attaccato a te stesso; che ardentemente tu brami di seguire la mia volontà. Sovente vari desideri ti accendono e urgono in te fortemente. Ma devi riflettere se tu sia mosso dall'impulso di rendere onore a me o non piuttosto di far piacere a te stesso. Se si tratta di me, sarai pienamente felice, comunque io voglia che vadano le cose; se invece c'è sotto una qualunque tua voglia, ecco, è questo che ti impedisce e ti appesantisce. Guardati, dunque, dal basarti troppo su un desiderio concepito senza che io sia stato consultato; affinché poi tu non abbia a pentirti; affinché non abbia a disgustarti ciò che dapprima ti era sembrato caro e che avevi agognato, come preferibile sopra ogni cosa.
2. In verità, non ogni moto, pur se ci appare degno di approvazione, va subito favorito; ne ogni moto che ci ripugna va respinto fin dal principio. Occorre talvolta che tu usi il freno, anche nell'intraprendere e nel desiderare cose buone. Ché il tuo animo potrebbe poi esser distolto da ciò, come cosa eccessiva; o potresti ingenerare scandalo in altri, per essere andato al di là delle regole comuni; o potresti d'un tratto cadere in agitazione perché ti si ostacola. Altra voce, invece, occorre che tu faccia violenza a te stesso, andando virilmente contro l'impulso dei sensi. Occorre che tu non faccia caso a ciò che la carne desidera o non desidera, preoccupandoti piuttosto che essa, pur contro voglia, sia sottomessa allo spirito. Occorre che la carne sia imbrigliata e costretta a stare soggetta, fino a che non sia pronta a tutto; fino a che non sappia accontentarsi, lieta di poche e semplici cose, senza esitare di fronte ad alcuna difficoltà.
Omelia 46: Il buon Pastore e i mercenari.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Rivolgendosi il Signore Gesù alle sue pecore presenti e future che egli aveva davanti a sé (poiché quelle che avrebbero creduto in seguito si trovavano là insieme con quelle che erano già sue pecore); rivolgendosi tanto alle presenti che alle future, cioè a loro e a noi, e a quanti dopo di noi saranno sue pecore, mostra chi è colui che è stato inviato ad esse. Tutte ascoltano la voce del loro pastore che dice: Io sono il buon pastore (Gv 10, 11). Non avrebbe aggiunto buono se non ci fossero cattivi pastori. Ora i cattivi pastori sono i ladri e i briganti, oppure, più frequentemente, i mercenari. Dobbiamo individuare, precisare e discernere bene tutte queste figure. Il Signore ci ha già chiarito due cose che ci si presentavano piuttosto oscure: sappiamo già che la porta è lui, e che lui è anche il pastore. Chi siano i ladri e briganti è stato chiarito nella lettura di ieri; in quella di oggi abbiamo sentito parlare di mercenario e di lupo; ieri infine era venuto fuori anche il portinaio. Dobbiamo mettere nella categoria dei buoni, la porta e il portinaio, il pastore e le pecore; in quella dei cattivi, i ladri e i briganti, i mercenari e il lupo.
[Chi è la porta.]
2. Sappiamo che Cristo Signore è insieme la porta e il pastore; ma chi è il portinaio? Egli ha spiegato le prime due figure, ma ha lasciato a noi il compito di individuare il portinaio. Che dice del portinaio? A lui il portinaio apre (Gv 10, 3). A chi apre? Al pastore. Cosa apre al pastore? La porta. E chi è la porta? Il pastore stesso è la porta. Se Cristo Signore non ce l'avesse spiegato, se non ci avesse detto: Io sono il pastore, e Io sono la porta (Gv 10, 9), chi di noi avrebbe osato dire che Cristo è il pastore e insieme la porta? Se infatti avesse detto: Io sono il pastore, e non avesse detto: Io sono la porta, noi saremmo ancora a cercare il significato della porta, e forse, scambiandola per un'altra cosa, saremmo rimasti davanti alla porta. Per sua grazia e misericordia ci ha spiegato chi è il pastore, e ci ha detto che egli stesso è il pastore; ci ha spiegato chi è la porta dicendoci che la porta è ancora lui. Ci rimane da cercare chi è il portinaio. Chi sarà il portinaio? Chiunque sia, dobbiamo stare attenti a non considerarlo superiore alla porta, dato che nella casa degli uomini il portinaio è più importante della porta. E' il portinaio infatti che viene preposto alla porta, non viceversa, perché è il portinaio che custodisce la porta, non viceversa. Non oso dire che c'è qualcuno superiore alla porta, dal momento che so chi è la porta. Lo so, non debbo far congetture, non si tratta di opinioni umane. Lo ha detto Dio, ha parlato la Verità, e non si può mutare ciò che ha detto l'immutabile.
3. Io dirò il mio parere in ordine a questa profonda questione, e ciascuno scelga ciò che gli piace, purché nutra sentimenti degni della maestà di Dio, secondo quanto sta scritto: Abbiate di Dio un buon concetto, e cercatelo con sincerità di cuore (Sap 1, 1). Forse dobbiamo ritenere che il portinaio è il Signore stesso. Nelle cose umane c'è ben più distanza tra il pastore e la porta che tra il portinaio e la porta: eppure il Signore si proclamò e pastore e porta. Perché allora non ammettere che egli è anche il portinaio? Se noi consideriamo la proprietà di tutte queste cose, in senso proprio il Signore non è nemmeno pastore, secondo quanto sappiamo e vediamo dei pastori; e non è nemmeno porta, non essendo stato fatto da alcun artigiano; ma se, tenendo conto di certe somiglianze, egli è la porta e il pastore, oserei dire che egli è anche la pecora. La pecora, è vero, sta sotto il pastore, e tuttavia egli è insieme pastore e pecora. Dove risulta che è pastore? Eccolo qui nel Vangelo: Io sono il buon pastore. Dove risulta che è pecora? Interroga il profeta: Come pecora è stato condotto al macello (Is 53, 7). Interroga anche l'amico dello sposo: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo (Gv 1, 29). A proposito di queste similitudini, posso dirvi cose ancor più meravigliose. L'agnello, la pecora e il pastore sono legati tra loro da grande amicizia: le pecore, però, di solito sono difese dai pastori contro i leoni; e tuttavia di Cristo, che è pastore e pecora, leggiamo nell'Apocalisse: Ha vinto il leone della tribù di Giuda (Ap 5, 5). Tutte queste cose, fratelli, prendetele come similitudini, non in senso proprio. Siamo soliti vedere i pastori seduti su una pietra, e di là vegliare sulle pecore affidate alla loro custodia. Sicuramente il pastore è superiore alla pietra sopra la quale egli sta seduto; Cristo, tuttavia, è il pastore ed è la pietra. Tutto ciò ha valore di similitudine. Se mi chiedi chi è Cristo in senso proprio, ti rispondo: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Gv 1, 1). Se mi chiedi chi è Cristo in senso proprio, ti rispondo che è il Figlio unico, generato dal Padre dall'eternità per l'eternità, uguale a colui che lo ha generato, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, immutabile come il Padre, che non è cambiato per aver assunto la forma di uomo, uomo in virtù dell'incarnazione, figlio dell'uomo e Figlio di Dio. E tutto questo non è similitudine, ma realtà.
[Chi è il portinaio.]
4. Possiamo dunque benissimo ammettere, o fratelli, che, secondo certe similitudini, il Cristo è insieme porta e portinaio. A che serve infatti la porta? Per entrare. Chi è il portinaio? Colui che apre. E chi apre se stesso, se non colui che rivela se stesso? Ecco, il Signore aveva parlato della porta e noi non avevamo capito; quando non capivamo, la porta era chiusa. Chi ce l'ha aperta, quegli è il portinaio. Non c'è alcuna necessità di cercare altro: non c'è bisogno, ma forse c'è il desiderio di farlo. Se tu hai questo desiderio, non andare fuori strada, non allontanarti dalla Trinità. Se cerchi altrove la figura del portinaio, ti venga in soccorso lo Spirito Santo: non disdegnerà lo Spirito Santo di fare il portinaio, dal momento che il Figlio si è degnato di essere la porta. Vediamo se per caso il portinaio non sia lo Spirito Santo; il Signore stesso dice dello Spirito Santo ai suoi discepoli: Egli vi insegnerà tutta la verità (Gv 16, 13). Chi è la porta? Cristo. Chi è Cristo? La verità. Chi è che apre la porta se non colui che insegna tutta la verità?
[Chi è il mercenario.]
5. E che diremo del mercenario? Non è stato certo classificato fra i buoni. Il buon pastore - dice il Signore - dà la vita per le pecore; il mercenario, colui che non è pastore, al quale non appartengono le pecore, vede venire il lupo e abbandona le pecore e fugge; e il lupo le rapisce e le disperde (Gv 10, 11-12). Il mercenario non è certo una figura raccomandabile, e tuttavia a qualche cosa è utile; non verrebbe chiamato mercenario, se non ricevesse la mercede dal padrone. Chi è dunque questo mercenario, colpevole e necessario ad un tempo? Che il Signore ci illumini, o fratelli, in modo da riconoscere i mercenari e da non diventare noi stessi mercenari. Chi è dunque il mercenario? Vi sono alcuni nella Chiesa che sono preposti in autorità, e di essi l'apostolo Paolo dice: Cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo (Fil 2, 21). Che vuol dire cercano i propri interessi? Vuol dire che non amano Cristo di un amore disinteressato, che non cercano Dio per se stesso; cercano privilegi e vantaggi temporali, sono avidi di denaro, ambiscono onori terreni. Tal sorta di prelati che amano queste cose e per esse servono Dio, sono mercenari; non possono considerarsi figli di Dio. Di costoro il Signore dice: In verità vi dico: hanno ricevuto la loro mercede (Mt 6, 5). Ascolta cosa dice del santo Timoteo l'apostolo Paolo: Spero nel Signore Gesù di mandarvi quanto prima Timoteo, affinché anch'io stia di buon animo conoscendo le vostre notizie. Infatti non ho nessuno che mi sia vicino d'animo quanto lui; egli si darà premura delle vostre cose con sincerità, giacché tutti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo (Fil 2, 19-21). Il pastore era afflitto di trovarsi in mezzo ai mercenari; cercò qualcuno che amasse sinceramente il gregge di Cristo, e attorno a sé, tra quelli che erano con lui allora, non lo trovò. Non che allora nella Chiesa di Cristo non ci fosse nessuno, all'infuori dell'apostolo Paolo e di Timoteo, che sinceramente fosse sollecito del gregge; però nel momento in cui mandò Timoteo, non aveva alcun altro figlio con sé, ma soltanto dei mercenari che, appunto, cercavano i propri interessi, non quelli di Cristo. E tuttavia egli era tanto sollecito del suo gregge che preferì mandare il figlio e rimanere in mezzo ai mercenari. Sappiamo che ci sono dei mercenari, ma chi sono lo sa soltanto il Signore che scruta i cuori. Qualche volta tuttavia li identifichiamo anche noi. Non per nulla infatti il Signore a proposito dei lupi disse: Li riconoscerete dai loro frutti (Mt 7, 16). Le prove della vita costringono molti a manifestare le loro vere intenzioni; quelle di tanti altri, infatti, rimangono nascoste. Sì, l'ovile di Cristo ha come responsabili dei figli e dei mercenari. Solo a patto che siano figli, i prelati sono pastori. Se sono pastori, come può esserci un solo pastore se non nel senso che tutti essi sono membra dell'unico Pastore di cui anche loro sono pecore? Anch'essi, infatti, sono membra di quell'unica pecora; poiché di lui è scritto: come pecora è stato condotto al macello.
[Sono necessari anche i mercenari.]
6. Ascoltate ora in che senso sono necessari anche i mercenari. Ci sono molti che nella Chiesa cercano vantaggi materiali, e tuttavia predicano Cristo, e anche per loro mezzo la voce di Cristo si fa sentire. Le pecore seguono non il mercenario, ma la voce del pastore che si è fatta sentire attraverso il mercenario. Ascoltate come il Signore stesso segnalò i mercenari: Gli scribi e i farisei - egli disse - siedono sulla cattedra di Mosè; fate quello che dicono, non fate ciò che fanno (Mt 23, 2). Che altro ha voluto dire se non che si prestasse ascolto alla voce del Pastore udita attraverso i mercenari? Sedendo infatti sulla cattedra di Mosè, essi insegnano la legge di Dio; quindi per mezzo loro è Dio che insegna. Ma se essi pretendessero insegnarvi le loro cose, non ascoltateli e non imitateli. Certamente costoro cercano i loro interessi, non quelli di Cristo; tuttavia nessun mercenario ha mai osato dire al popolo di Cristo: Cerca i tuoi interessi, non quelli di Cristo. Il male che fa non lo predica sulla cattedra di Cristo; reca danno perché agisce male, non in quanto predica bene. Cogli il grappolo, ma bada alle spine. E' chiaro? Penso di sì; ma per qualcuno più lento, mi spiegherò meglio. In che senso ho detto: Cogli il grappolo, ma bada alle spine, mentre il Signore dice: Forse che si coglie uva dalle spine, o fichi dai triboli? (Mt 7, 16). E' sicuramente vero, questo; ma è anche vero quello che ho detto io: cogli il grappolo, ma bada alle spine. Qualche volta il grappolo d'uva, venuto su dalla radice della vite, pende in mezzo ad una siepe; sviluppandosi, i tralci si sono intrecciati con le spine, e il pruno porta un frutto che non è suo. Non che la vite abbia prodotto delle spine, ma è il tralcio che si è allungato sul pruno. Se vuoi rendertene conto, rintraccia le radici. Cerca le radici delle spine, e le troverai distinte dalla vite; cerca l'origine dell'uva, e vedrai che essa risale alla radice della vite. La cattedra di Mosè era la vite, i costumi dei farisei erano le spine: la dottrina vera insegnata da uomini indegni era come il tralcio in mezzo alla siepe, come il grappolo in mezzo ai rovi. Cogli l'uva con precauzione, in modo da non lacerarti la mano mentre cerchi di prendere il frutto; e così, ascoltando le cose buone che uno dice, procura di non imitare le cose cattive che egli fa. Fate ciò che dicono, cioè cogliete l'uva; non fate ciò che fanno, cioè badate alle spine. Ascoltate la voce del pastore anche dalla bocca del mercenario, ma procurate di non essere anche voi dei mercenari, poiché siete membra del pastore. Il medesimo santo apostolo Paolo, che aveva detto: Non ho nessuno che si dia premura di voi con sincerità, giacché tutti cercano i propri interessi, non quelli di Cristo, ecco come in un altro passo distingue i figli dai mercenari: Alcuni, è vero, predicano Cristo per invidia e spirito di contesa, ma altri per buona volontà: gli uni lo fanno per amore, sapendo che io sono stato posto per la difesa del Vangelo; gli altri, invece, annunziano Cristo per ambizione, non sinceramente, stimando di procurare afflizione alle mie catene (Fil 1, 15-17). Costoro erano mercenari, ed erano invidiosi dell'apostolo Paolo. E perché erano invidiosi di lui? Perché cercavano i beni temporali. Ma notate che cosa aggiunge: Ma che importa? Purché in ogni maniera, o per secondi fini o con lealtà, Cristo venga annunciato, me ne rallegro e rallegrerò (Fil 1, 18). Cristo è la verità; la verità viene annunziata dai mercenari per secondi fini, mentre viene annunziata dai figli con lealtà. I figli aspettano pazientemente l'eredità eterna del Padre: i mercenari esigono subito la mercede temporale del padrone; diminuisca pure la mia gloria umana - quella gloria per cui i mercenari m'invidiano tanto -, purché attraverso la bocca dei mercenari come attraverso quella dei figli, si diffonda la gloria divina di Cristo, e Cristo, o per secondi fini o con lealtà, venga annunciato.
[I pastori sono membra del Pastore.]
7. Così abbiamo visto anche chi è il mercenario. E chi è il lupo, se non il diavolo? E che cosa è stato detto del mercenario? Vedendo venire il lupo fugge; perché non sono sue le pecore, e a lui non importa niente di esse (Gv 10, 12-13). Forse che faceva così l'apostolo Paolo? Certamente no. O forse Pietro? Certamente no. Forse gli altri apostoli, eccezion fatta di Giuda, il figlio della perdizione? No davvero. Allora essi erano pastori? Certamente. Ma non c'è un solo pastore? L'ho già detto: erano pastori perché membra del Pastore. Erano contenti di avere Lui per capo, vivevano in pieno accordo sotto di Lui, vivevano del medesimo Spirito nella compagine del medesimo corpo; e perciò appartenevano tutti all'unico Pastore. Se dunque erano pastori e non mercenari, perché fuggivano quando erano perseguitati? Spiegacelo, o Signore. Ho letto in una sua lettera che Paolo fuggì: lo calarono da un muro dentro una cesta perché sfuggisse alle mani del persecutore (cf. 2 Cor 11, 33). Non gl'importava dunque delle pecore, che egli abbandonava al sopraggiungere del lupo? Certo che gl'importava, ma le affidava, pregando, al pastore assiso in cielo, mentre, fuggendo, si conservava a vantaggio di esse, così come in un altro passo dice: Rimanere nella carne è più necessario per voi (Fil 1, 24). Tutti gli Apostoli, del resto, avevano sentito dire dal pastore stesso: Se vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra (Mt 10, 23). Si degni il Signore risolvere questa difficoltà. Signore, tu hai detto a coloro di cui volevi fare dei pastori fedeli e che formavi perché fossero tue membra: Se vi perseguiteranno, fuggite. Fai torto a loro, quando rimproveri ai mercenari che vedendo venire il lupo fuggono. Ti preghiamo di rivelarci la profondità del problema; bussiamo, verrà ad aprirci il portinaio di quella porta che è lui stesso.
[I pastori sono anch'essi pecore.]
8. Chi è il mercenario, che vede venire il lupo e fugge? Chi cerca i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo, e non ha il coraggio di riprendere liberamente chi ha peccato (cf. 1 Tim 5, 20). Ad esempio, uno ha peccato, ha peccato gravemente; merita di essere rimproverato, e magari scomunicato; ma scomunicato, diventerà un nemico, procurerà delle noie e, se potrà, farà del male. Ora, chi cerca i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo, per non perdere ciò che gli sta a cuore, per non perdere i vantaggi dell'amicizia degli uomini e per non incorrere nella molestia della loro inimicizia, tace, non interviene. Ecco, il lupo ha afferrato la pecora alla gola, il diavolo ha spinto il fedele all'adulterio; tu taci, non alzi la voce. Mercenario che sei: hai visto venire il lupo e sei fuggito. Forse egli dirà: eccomi qui, non sono fuggito. No, sei fuggito, perché hai taciuto; e hai taciuto perché hai avuto paura. La paura è la fuga dell'anima. Col corpo sei rimasto, ma con lo spirito sei fuggito: non era certo così che si comportava colui che diceva: Se col corpo sono assente, con lo spirito sono con voi (Col 2, 5). Come poteva fuggire con lo spirito colui che, sebbene assente col corpo, nelle sue lettere severamente rimproverava i fornicatori? I nostri sentimenti sono movimenti dell'anima. Nella letizia l'anima si dilata, nella tristezza si contrae; il desiderio è uno slancio dell'anima, il timore una fuga. Quando sei contento, la tua anima si dilata; quando sei angustiato si contrae; si protende in avanti quando desideri qualcosa, fugge quando hai paura. Ecco perché si dice che il mercenario alla vista del lupo fugge. Perché? Perché non gl'importa niente delle pecore. E perché non gl'importa niente delle pecore? Perché è mercenario. Che vuol dire: E' mercenario? Che cerca la mercede temporale, per cui non abiterà nella dimora eterna. Ci sarebbero ancora altre cose da cercare e da esaminare insieme, ma non è bene abusare della vostra attenzione. E' infatti nostro compito somministrare il divin nutrimento a chi, come voi, serve il Signore; guidiamo ai pascoli del Signore le pecore assieme alle quali anche noi ci nutriamo. Come non bisogna lasciar mancare il necessario, così non bisogna appesantire un cuore debole con un nutrimento troppo abbondante. Non dispiaccia quindi alla vostra Carità se oggi non dico tutto ciò che, a mio parere, rimane da dire sull'argomento. Però, non appena dovrò parlare, nel nome del Signore, sarà letto di nuovo questo passo, e, col suo aiuto, lo tratteremo a fondo.
27 - Il Signore prepara Maria santissima ad entrare in battaglia con Lucifero ed il drago comincia a perseguitarla.
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca335. Il Verbo eterno, che, incarnato nel grembo di Maria vergine, l'aveva già come madre e conosceva le decisioni di Lucifero non solamente con la sapienza increata in quanto Dio ma anche con la conoscenza creata in quanto uomo, stava attento alla difesa del suo tabernacolo, più stimabile di tutto il resto delle creature. Per rivestire di nuova forza l'invincibile Signora contro il pazzo ardire di quel perfido drago e dei suoi squadroni, l'Umanità santissima si mosse e si pose come in piedi nel tabernacolo verginale, quasi al modo di chi si oppone e va incontro alla battaglia, sdegnato con i principi delle tenebre. In questa posizione pregò l'eterno Padre, chiedendo che rinnovasse i suoi favori e le sue grazie verso sua Madre perché, fortificata, di nuovo schiacciasse la testa de] serpente antico e questo, umiliato ed oppresso da una donna, restasse deluso nei suoi intenti e debilitato nelle sue forze, e la regina delle altezze uscisse dalla battaglia vittoriosa, trionfando sull'inferno a gloria e lode di Dio e di lei, Madre vergine.
336. Come Cristo Signore nostro desiderò, così concesse e decretò la beatissima Trinità. E subito in modo ineffabile si manifestò alla vergine Madre il suo Figlio santissimo, che ella portava nel proprio grembo; in questa visione le fu comunicata un'abbondantissima pienezza di doni indicibili e con nuova sapienza conobbe misteri altissimi ed arcani, che io non posso spiegare. Specialmente conobbe che Lucifero aveva escogitato grandi macchinazioni e superbi pensieri contro la gloria del Signore e che l'arroganza di questo nemico giungeva a voler bere le acque pure del Giordano. L'Altissimo, dandole queste notizie, le disse: «Sposa e colomba mia, il sitibondo furore del drago infernale è tanto insaziabile contro il mio santo nome e contro quelli che lo adorano che pretende di rovinarli tutti senza eccezione e di cancellare il mio nome dalla terra dei viventi con orrenda insolenza e presunzione. Voglio, diletta mia, che tu ti prenda a cuore la mia causa e difenda il mio santo onore combattendo in mio nome con questo crudele nemico, perché io sarò con te nella battaglia, dato che sto nel tuo grembo verginale. Prima di uscire al mondo voglio che con la mia virtù divina tu lo abbatta e confonda, perché egli è persuaso che si avvicina la redenzione degli uomini e prima che giunga desidera distruggere tutti e guadagnare le anime senza eccettuarne alcuna. Alla tua fedeltà ed al tuo amore affido questa vittoria. Tu combatterai in nome mio, ed io in te, con questo drago e serpente antico».
337. Questo avvertimento del Signore e la conoscenza di così arcani misteri produssero nel cuore della beatissima Madre effetti tali che non trovo parole per manifestare ciò che conosco. La zelantissima Regina, sapendo che era volontà del suo santissimo Figlio che ella difendesse l'onore dell'Altissimo, s'infiammò talmente nel suo divino amore e si vestì di fortezza tanto invincibile che, se ciascun demonio fosse stato un inferno intero con in sé il furore e la malizia di tutti insieme, sarebbero stati come fiacche formiche e molto deboli per opporsi alla virtù incomparabile della nostra capitana, ed ella li avrebbe annientati e vinti tutti con la minore delle sue virtù e con lo zelo della gloria e dell'onore del Signore. Il divino protettore e difensore nostro dispose di dare alla sua Madre santissima questo glorioso trionfo sopra l'inferno, affinché non si sollevasse maggiormente la superbia arrogante dei suoi nemici, mentre questi si affannavano tanto per rovinare il mondo prima che giungesse il suo rimedio, ed affinché noi mortali ci trovassimo vincolati non solo a così inestimabile amore del suo Figlio santissimo, ma anche alla nostra celeste riparatrice e protettrice, la quale, venendo a battaglia con Lucifero, lo trattenne, vinse ed oppresse, perché il genere umano non si trovasse maggiormente incapace e come impossibilitato a ricevere il suo Redentore.
338. O figli degli uomini, tardi e duri di cuore, come non consideriamo così ammirabili benefici? Chi mai è l'uomo, perché tu lo stimi e favorisca tanto, o Re altissimo? Esponi la tua stessa Madre e signora nostra alla battaglia ed alla tribolazione per difenderci? Chi udì mai una cosa simile? Chi poté trovare un amore tanto forte ed ingegnoso? Dove abbiamo il giudizio? Chi ci ha privato del buon uso della ragione? Che durezza è la nostra? Chi ha introdotto in noi un'ingratitudine tanto brutta? Come non si confondono gli uomini, che tanto amano l'onore e si affaticano per conservarlo, dimostrandosi così vili e ingrati da dimenticarsi di questo debito, mentre corrispondere ad esso e soddisfarlo con la medesima vita sarebbe la vera nobiltà ed il vero onore dei mortali figli di Adamo?
339. L'ubbidiente Madre si offri per questo conflitto contro Lucifero per l'onore del suo Figlio santissimo, suo e nostro Dio. Rispose a ciò che l'Onnipotente le comandava e gli disse: «Signore e bene altissimo, dalla cui bontà infinita ho ricevuto l'esistenza, la grazia e la luce che riconosco, sono tutta vostra e voi, Signore, siete per vostra benignità figlio mio: fate di questa serva ciò che sarà di vostro maggiore compiacimento. Se voi, Signore, siete in me ed io in voi, chi sarà potente contro la forza della vostra volontà? Io sarò lo strumento del vostro braccio invincibile; datemi la vostra fortezza e venite con me, andiamo pure contro l'inferno ed in battaglia con il drago e con tutti i suoi alleati». Mentre la serenissima Regina faceva quella preghiera, Lucifero uscì dal suo conciliabolo così arrogante e baldanzoso contro di lei che reputava di ben poco valore tutte le altre anime, della rovina delle quali è assetato. Se questo furore infernale potesse essere conosciuto come era in sé, intenderemmo bene ciò che Dio ne disse al santo Giobbe, cioè che stima e reputa il ferro come paglia ed il bronzo come legno tarlato. Tale era appunto l'ira di questo drago contro Maria santissima. E non è minore adesso contro le anime, poiché la sua arroganza disprezza la più santa, invitta e forte di esse come stoppia. Che farà dunque dei peccatori, i quali come canne fragili e putride non gli resistono? Solamente la fede viva e l'umiltà del cuore sono la doppia arma che gloriosamente lo vince e lo prostra.
340. Lucifero per dare inizio alla battaglia portava con sé le sette legioni con i loro principali capi, che aveva assegnato ad esse nella sua caduta dal cielo, affinché tentassero gli uomini nei sette peccati capitali. Incaricò ciascuno di questi sette squadroni dell'impresa contro la Principessa senza colpa, affinché in lei e contro di lei impiegassero tutte le loro forze. L'invincibile Signora se ne stava in preghiera e, permettendolo allora il Signore, entrò la prima legione per tentarla di superbia. Poiché le passioni o inclinazioni naturali risentono delle condizioni fisiche e comunemente la tentazione passa per la carne, cercarono di avvicinarsi alla serenissima Signora, giudicando che fosse come le altre creature, le quali hanno le passioni sregolate per la colpa; ma non poterono avvicinarsi a lei tanto quanto desideravano, perché sentivano un'invincibile virtù e fragranza della sua santità, che li tormentava più dello stesso fuoco che pativano. Malgrado quanto sperimentavano e sebbene la sola vista di Maria santissima li trafiggesse con sommo dolore, era tanto furiosa ed eccessiva la rabbia che si accendeva in loro che, senza curare il tormento, si sforzavano a gara di avvicinarsi maggiormente a lei, desiderando offenderla e turbarla.
341. Il numero dei demoni era grande e Maria santissima una sola e semplice donna, ma non per questo meno temibile e terribile di molti eserciti ben ordinati. Questi nemici le si avvicinavano quanto potevano con inique suggestioni. La sovrana Principessa, però, insegnandoci a vincere, non si turbò né si agitò, né mutò l'espressione o il colore del volto. Non fece caso a loro e non se ne prese pensiero più che se fossero state debolissime formiche. Li disprezzò con invitto e magnanimo cuore, perché questa guerra, siccome si fa con le virtù, non deve essere combattuta con strepito e rumore, ma con serenità, calma, pace interiore e modestia esteriore. Essi non poterono neppure muoverle le passioni o gli appetiti, perché questi non cadevano sotto la giurisdizione del demonio nella nostra Regina; ella, infatti, stava tutta sottomessa alla ragione, e questa a Dio, né l'armonia delle sue facoltà era stata toccata e sconvolta dal primo peccato, come negli altri figli di Adamo. Perciò, i dardi di questi nemici erano come frecce di bambini e le loro macchine come artiglierie senza munizione; solo contro se stessi erano forti, perché la loro debolezza risultava per essi vivo tormento. Sebbene ignorassero l'innocenza e la giustizia originale di Maria santissima, e perciò non conoscessero affatto che le comuni tentazioni non potevano offenderla, dalla maestà del suo aspetto e dalla sua costanza congetturavano il proprio disprezzo e che la molestavano assai poco. E non solo era poco, ma nulla, perché secondo quanto afferma l'Evangelista nell'Apocalisse - come ho detto nella prima parte - la terra aiutò la donna vestita di sole, quando il drago lanciò contro di lei le impetuose acque delle tentazioni, perché il corpo terreno di questa Signora non era viziato nelle sue facoltà e nelle sue passioni come gli altri toccati dalla colpa.
342. Questi demoni presero forme corporee terribili e minacciose e, aggiungendo crudeli strida, tremende voci e ruggiti, fingevano grandi tumulti, pericoli, sussulti della terra e della casa come se minacciasse rovina ed altri spaventi simili, per turbare, impaurire o inquietare la Principessa del mondo, perché solo con questo o con il farla ritirare dalla preghiera si sarebbero ritenuti vittoriosi. L'invincibile e generoso cuore di Maria santissima, però, rimase imperturbabile. Si deve notare qui che il Signore lasciò la sua Madre santissima, per entrare in questa battaglia, nello stato comune della fede e delle virtù che aveva, sospendendo l'influsso di altri favori e regali che continuamente ella soleva ricevere fuori da queste occasioni. L'Altissimo dispose così affinché il trionfo di sua Madre fosse più glorioso ed eccellente, e per altre ragioni che egli ha per procedere in questo modo con le anime, poiché i suoi giudizi su come regolarsi con loro sono imperscrutabili ed inaccessibili. Alcune volte la grande Signora diceva: «Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto e si china a guardare nei cieli e sulla terra?». Con queste sole parole atterriva quei mostri che le si presentavano innanzi.
343. Questi lupi famelici mutarono la loro pelle e presero quella di agnello, lasciando le forme spaventose e trasformandosi in angeli di luce molto risplendenti e belli. Avvicinatisi alla beatissima Signora, le dissero: «Hai vinto, hai vinto, si vede che sei forte; noi siamo venuti ad assisterti e a premiare il tuo valore invincibile». E con bugiarde lusinghe le si posero intorno, offrendole il loro favore. La prudentissima Signora, però, si concentrò intensamente e, sollevandosi sopra di sé per mezzo delle virtù infuse, adorò il Signore in spirito e verità. Disprezzando i lacci di quelle lingue inique e di quelle enormi menzogne, parlò al suo Figlio santissimo e gli disse: «Signore e padrone mio, fortezza mia, vera luce da luce, solo nel vostro aiuto stanno riposte tutta la mia fiducia e l'esaltazione del vostro santo nome. Anatematizzo, aborrisco e detesto tutti quelli che lo contraddicono». Gli artefici della malvagità perseveravano nel proporre insane falsità alla maestra della scienza e nell'offrirle finte lodi, esaltando sopra le stelle colei che si umiliava più delle infime creature. Le dissero che volevano distinguerla fra le donne e farle uno squisito favore, cioè eleggerla a nome del Signore come Madre del Messia, in modo che la sua santità fosse più grande di quella dei Patriarchi e dei Profeti.
344. L'autore di questo inganno fu lo stesso Lucifero, la cui malizia vi si rivela, affinché le altre anime la conoscano. Per la Regina del cielo, però, era ridicolo che le fosse offerto di divenire chi ella effettivamente era; erano loro gli ingannati e gli accecati, non solo nel promettere quello che non sapevano né potevano dare, ma anche nell'ignorare i misteri del Re del cielo, che erano racchiusi nella fortunatissima donna da loro perseguitata. Fu grande l'iniquità del drago, perché sapeva di non potere adempiere ciò che prometteva, ma voleva così investigare se per caso la nostra umilissima Signora era tale o se dava qualche indizio di saperlo. La prudenza di Maria santissima conobbe bene questa doppiezza di Lucifero e, disprezzandola, si contenne con ammirabile serenità e bellezza. Ciò che fece tra le false adulazioni fu continuare la preghiera ed adorare il Signore prostrandosi a terra. Confessandolo, umiliava se stessa e si reputava la più spregevole tra le creature, più della stessa polvere che calpestava. Con questa preghiera ed umiltà abbatté la presuntuosa superbia di Lucifero per tutto il tempo in cui durò questa tentazione. Quanto agli altri avvenimenti che in essa si verificarono, alla sagacità dei demoni, alla loro crudeltà ed alle bugiarde favole che ordirono, non mi è sembrato bene riferire ogni cosa né dilungarmi in tutto quello che mi è stato manifestato; quanto ho detto è sufficiente per la nostra istruzione e non si può affidare tutto all'ignoranza delle creature fragili e terrene.
345. Avviliti e superati questi nemici della prima legione, quelli della seconda si avvicinarono alla più povera del mondo con la tentazione dell'avarizia. Questi le offrirono ricchezze grandi, argento, oro e gioielli molto preziosi. Ed affinché non sembrassero promesse infondate, le posero innanzi molte di queste cose, benché apparenti, essendo loro ben noto che il senso ha grande forza per incitare la volontà a un piacere presente. A questo inganno aggiunsero molte fallaci ragioni, dicendo che Dio le inviava tutte quelle cose affinché le ripartisse tra i poveri. Quando videro che non ammetteva niente di questo, mutarono espediente e le dissero che era ingiusto che stesse tanto povera, mentre era così santa, e che vi erano maggiori ragioni perché fosse lei signora di quelle ricchezze, piuttosto che gli altri malvagi e peccatori; altrimenti, la provvidenza del Signore sarebbe stata ingiusta, mantenendo poveri i giusti e ricchi e prosperi i cattivi ed i suoi nemici.
346. Invano si tende la rete sotto gli occhi degli agili uccelli. Ciò si avverava in tutte le tentazioni contro la nostra sovrana Principessa; ma in questa dell'avarizia era più stravagante la malizia del serpente, poiché tendeva la rete in cose tanto terrene e vili contro la fenice della povertà, la quale così lontano dalla terra aveva alzato il suo volo sopra i medesimi serafini. Mai la prudentissima Signora, benché fosse piena di sapienza divina, si pose a ragionare con questi nemici; così devono fare tutti, perché essi combattono contro la verità manifesta e non si daranno per vinti da essa sebbene la conoscano. Perciò Maria santissima si valse di alcune parole della Scrittura, pronunciando con severa umiltà quelle del salmo 118: Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti, sono essi la gioia del mio cuore. E ne aggiunse altre, lodando e benedicendo l'Altissimo con rendimento di grazie, perché egli l'aveva creata e sostentata senza suo merito. In questo modo, così pieno di sapienza, vinse la seconda tentazione, lasciando tormentati e confusi gli artefici dell'iniquità.
347. Sopraggiunse la terza legione con il principe immondo, che tenta nella fragilità della carne. In questa tentazione fecero più grandi sforzi, perché sperimentarono maggiore difficoltà in tutto ciò che provarono a mettere in atto; così, se possibile, conseguirono meno degli altri. Procurarono di introdurre in lei alcune suggestioni e brutte immagini e di fabbricare altre mostruosità da non dirsi. Tutto, però, fu inutile, perché la purissima Vergine, quando riconobbe la qualità di questo vizio, si concentrò tutta nel suo intimo e lasciò completamente sospeso l'uso dei suoi sensi; così, non poté arrivare a lei suggestione alcuna nè poterono entrare immagini nel suo pensiero, perché niente giunse alle sue facoltà. Con volontà fervorosa rinnovò molte volte il voto di castità alla presenza interiore del Signore e meritò più in questa occasione ella sola di tutte le vergini che sono state e saranno nel mondo. L'Onnipotente le diede in questa materia virtù tale che il fuoco rinchiuso nel bronzo non lancia la munizione postagli innanzi con la forza e velocità con cui venivano precipitati i nemici, quando cercavano di toccare la purezza di Maria santissima con qualche tentazione.
348. La quarta legione la tentò contro la mitezza e la pazienza, cercando di muovere all'ira la mansueta colomba. Questa tentazione fu più molesta, perché i nemici posero sottosopra l'intera casa. Ruppero e fecero in pezzi tutto quanto vi era, in modo da irritare la pazientissima Signora; ma i suoi santi angeli posero immediatamente riparo a tutto questo danno. Superati in ciò, i demoni presero la forma di alcune sue conoscenti e andarono da lei con grande sdegno e furore. Le dissero esorbitanti ingiurie, spingendosi fino a minacciarla e a toglierle dalla casa alcuni oggetti tra i più necessari. Tutte queste macchinazioni, però, erano inconsistenti per chi le conosceva, come Maria santissima, poiché essi non fecero gesti o azioni che ella non penetrasse, anche se si astraeva totalmente da loro senza turbarsi né alterarsi, anzi con maestà di regina si mostrava superiore a tutto. Gli spiriti maligni temettero di essere già stati riconosciuti e per questo disprezzati e presero un altro strumento, cioè una donna vera, di natura adatta al loro intento. La incitarono contro la Principessa del cielo con un'arte diabolica, perché un demonio prese la forma di una sua amica e le disse che Maria, la sposa di Giuseppe, l'aveva diffamata in sua assenza, dicendo di lei molte falsità, che il demonio nostro nemico inventò.
349. Questa donna ingannata, che peraltro aveva un temperamento assai incline all'ira, tutta infuriata si recò dalla nostra mansueta agnella Maria santissima e le disse in faccia esecrabili ingiurie e vituperi. Sua Altezza, però, lasciandola versare a poco a poco lo sdegno concepito, le parlò con parole tanto umili e dolci che la cambiò tutta e le addolcì il cuore. Quando la vide ritornata interamente in sé la rasserenò e consolò, ammonendola di guardarsi dal demonio, e dopo averle dato qualche elemosina, perché era povera, la congedò in pace. Così fallì questo stratagemma, come molti altri che il padre della menzogna Lucifero ordì, non solo per irritare la mite colomba, ma anche per screditarla. L'Altissimo, però, preparò la difesa dell'onore della sua Madre santissima per mezzo della sua perfezione, umiltà e prudenza, cosicché mai il demonio poté diminuire in qualcosa il suo credito, perché ella operava e procedeva con tutti in modo tanto mansueto e saggio che le molte e diverse macchinazioni non ottenevano alcun effetto. La pazienza e la mansuetudine che la sovrana Signora ebbe in questo genere di tentazioni furono motivo di ammirazione per gli angeli; anche i demoni si meravigliavano, benché differentemente, al vedere tale modo di operare in una creatura umana, e donna, perché mai ne avevano conosciuta una simile.
350. Entrò la quinta legione con la tentazione della gola. Anche se l'antico serpente non propose alla nostra Regina di convertire le pietre in pane, come disse poi al suo Figlio santissimo, perché non l'aveva vista fare miracoli così grandi, dato che questi gli erano stati nascosti, pure la tentò di golosità, come aveva fatto con la prima donna. Le posero innanzi cibi deliziosi che con la loro vista invitassero ed eccitassero l'appetito, cercarono di stimolarla al punto di farle sentire fame in modo innaturale e con altre suggestioni si affaticarono nell'incitarla a volgere l'attenzione a ciò che le offrivano. Tutto questo zelo, però, riuscì vano, perché il sublime cuore della nostra Principessa e signora si trovava tanto distante da tutti questi oggetti così materiali e terreni quanto il cielo dalla terra. Non impiegò i suoi sensi neppure per guardare quelle golose vivande, né quasi le percepì, perché in tutto andava disfacendo ciò che aveva fatto la nostra madre Eva, la quale, incauta e senza fare attenzione al pericolo, aveva guardato alla bellezza dell'albero della conoscenza ed al suo dolce frutto, per cui subito aveva steso la mano e ne aveva mangiato, dando principio al nostro danno. Non fece così Maria santissima, la quale chiuse ed astrasse i suoi sensi, sebbene non fosse nel pericolo in cui si trovava Eva. Questa fu vinta per nostra rovina e la grande Regina risultò vittoriosa per nostro riscatto e rimedio.
351. La sesta legione giunse con la tentazione dell'invidia già molto scoraggiata, vedendo l'infelice riuscita delle altre, perché, sebbene non conoscessero tutta la perfezione con cui operava la Madre della santità, questi demoni sperimentavano la sua invincibile fortezza e la riconoscevano così ferma che disperavano di poterla indurre ad alcuno dei loro depravati intenti. Nonostante ciò, l'implacabile odio del drago e la sua mai debellata superbia non si arrendevano; anzi, aggiunsero nuovi stratagemmi per provocare colei che amava moltissimo il Signore e il prossimo ad invidiare negli altri ciò che ella medesima possedeva e ciò che aborriva come inutile e pericoloso. Le fecero un elenco molto lungo di diversi beni e doni naturali che altre persone avevano, dicendole che a lei Dio non li aveva dati. Poiché, poi, le grazie soprannaturali sogliono essere più efficace motivo d'invidia, le parlavano di grandi favori e benefici che la destra dell'Onnipotente aveva comunicato ad altri ed a lei no. Ma queste favole menzognere come potevano disturbare colei che di tutte le grazie ed elargizioni del cielo era madre? Tutti i favori che le creature potevano mostrarle di avere ricevuto dal Signore, infatti, erano minori del beneficio di essere Madre dell'autore della grazia. Anzi, sia per quella grazia che sua divina Maestà le aveva comunicato sia per il fuoco di carità che ardeva nel suo petto, ella desiderava vivamente che la destra dell'Altissimo le arricchisse e favorisse liberalmente. Dunque, come poteva trovare posto l'invidia dove abbondava la carità? Non desistevano, però, i crudeli nemici. Mostrarono ben presto alla celeste Regina la felicità apparente di altri che per le loro ricchezze e i loro beni si giudicavano fortunati in questa vita e trionfavano nel mondo. Mossero anche diverse persone ad andare da Maria santissima e narrarle la grande consolazione che provavano nel vedersi ricche e prospere, come se quest'ingannevole felicità dei mortali non fosse stata tante volte condannata nelle divine Scritture. E appunto il riprovaila era l'insegnamento che la Regina del cielo ed il suo santissimo Figlio venivano con l'esempio a portare nel mondo.
352. La nostra umilissima Maestra invitava tali persone, quando le incontrava, ad usare bene dei doni e delle ricchezze temporali e a ringraziare il loro Creatore; ella stessa, poi, faceva questo per supplire all'ordinaria ingratitudine degli uomini. E benché l'umilissima Signora si giudicasse indegna del minore dei benefici dell'Altissimo, effettivamente la sua dignità e santità eminentissima attestavano in lei ciò che in suo nome dissero le sacre Scritture: Presso di me c'è ricchezza e onore, sicuro benessere ed equità. il mio frutto val più dell'oro, dell'oro fino, il mio provento più dell'argento scelto. Io cammino sulla via della giustizia e per i sentieri dell'equità, per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro forzieri. Con questa eccellenza e superiorità vinceva i nemici, lasciandoli come attoniti e confusi al vedere che, dove impiegavano tutte le loro forze ed astuzie, ottenevano meno e rimanevano più prostrati.
353. Nonostante questo, la loro pertinacia perseverò finché arrivò la settima legione con la tentazione della pigrizia, pretendendo di introdurla in Maria santissima, svegliando in lei qualche indisposizione fisica, stanchezza, tristezza o depressione. Questa è un'arte poco conosciuta, per mezzo della quale il peccato della pigrizia fa grandi guadagni nelle anime ed impedisce loro il profitto nella virtù. Aggiunsero a ciò altre suggestioni, dicendole di rimandare alcune attività ad un momento in cui fosse meno stanca. Questa non è minore astuzia e con essa il demonio inganna tutti noi, senza che ce ne accorgiamo e conosciamo ciò che veramente è necessario. Oltre ad usare tutta questa malizia, cercarono di ostacolare la santissima Signora nei suoi impegni per mezzo di creature umane, sollecitando chi andasse a disturbarla in tempi inopportuni per ritardarla in qualcuna delle sante azioni ed occupazioni per le quali aveva stabilito orari precisi. La prudentissima e vigilantissima Principessa, però, conosceva tutte queste macchinazioni e le annientava con la sua sapienza e sollecitudine, senza che mai l'avversario riuscisse in niente ad impedirle di operare con pienezza di perfezione. Lucifero era furibondo contro se stesso e contro le sue legioni. Questi nemici erano sfiduciati ed indeboliti, ma, rinnovando la loro rabbiosa superbia, determinarono di assaltarla tutti insieme, come si dirà nel capitolo seguente.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
354. Figlia mia, benché tu abbia esposto in breve la lunga battaglia delle mie tentazioni, voglio che da quanto hai scritto e da tutto il resto che in Dio hai conosciuto tu impari a resistere agli attacchi dell'inferno. A tal fine il modo migliore di combattere è disprezzare il demonio, considerandolo nemico dell'altissimo Dio, senza timore santo e senza speranza di bene alcuno, privo di rimedio nella sua infelicità, pertinace e senza pentimento nella sua iniquità. Con questa verità infallibile ti devi mostrare contro di lui superiore, magnanima ed imperturbabile, trattandolo come disprezzatore dell'onore e del culto del suo Dio. Sapendo che difendi una così giusta causa, non ti devi perdere d'animo; anzi, con ogni sforzo e valore devi resistergli ed opporti a lui in quanto macchinerà, come se ti trovassi accanto al medesimo Signore, per il cui nome combatti, poiché non c'è dubbio che sua Maestà assiste chi lotta secondo le regole. Tu vivi in uno stato di speranza e sei destinata alla gloria eterna, se lavori con fedeltà per il tuo Dio e Signore.
355. Considera, dunque, che i demoni aborriscono con odio implacabile quello che tu ami e desideri, cioè l'onore di Dio e la tua felicità eterna, e vogliono privarti di ciò che essi non possono riacquistare. Dio, mentre riprova il demonio, offre a te la sua grazia, virtù e fortezza per vincere il suo e tuo nemico e per conseguire il fortunato fine del riposo eterno, se lavorerai fedelmente ed osserverai i comandamenti del Signore. Sebbene l'arroganza del drago sia grande, maggiore è la sua debolezza ed egli non vale più di una particella debolissima alla presenza della virtù divina. Poiché, però, la sua ingegnosa astuzia e la sua malizia sorpassano tanto i mortali, all'anima non conviene mettersi a ragionare con lui, sia visibilmente sia invisibilmente, perché dal suo intelletto tenebroso, come da un forno di fuoco, escono tenebre e confusione, che oscurano il giudizio dei mortali. Se essi gli danno ascolto, li riempie di favole e di oscurità, affinché non conoscano la verità e la bellezza della virtù né la bruttezza dei suoi inganni velenosi. In questo stato le anime non sanno distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, la vita dalla morte, la verità dalla menzogna; così, cadono nelle mani di questo empio e crudele drago.
356. Sia per te regola inviolabile che nelle tentazioni non devi badare a ciò che ti propone, né ascoltarlo, né discorrervi sopra. Se potrai scuoterti ed allontanarti in modo tale da non arrivare a percepirlo né a conoscerne la malvagità, sarai più sicura, guardando le tentazioni da lontano. Il demonio, infatti, invia sempre innanzi a sé qualche predisposizione dell'animo per introdurre il suo inganno, specialmente nelle anime che teme gli contrastino l'ingresso, se prima egli non se lo facilita. Così è solito cominciare con la tristezza, con l'abbattimento o con qualche movimento e forza che distolga e distragga l'anima dall'attenzione al Signore e dall'amore per lui. Subito dopo egli sopravviene con il veleno in un vaso d'oro, affinché non rechi tanto orrore. Appena riconoscerai in te qualcuno di questi indizi - poiché hai già esperienza, direzione e istruzione - voglio che con ali di colomba sollevi il volo e ti allontani sino ad arrivare al rifugio dell'Altissimo, chiamandolo in tuo aiuto e presentandogli i meriti del mio Figlio santissimo. Devi fare ricorso anche alla mia protezione, poiché ti sono Madre e maestra, ed a quella dei tuoi angeli custodi e di tutti gli altri del Signore. Chiudi i tuoi sensi con prontezza e giudicati morta per essi o come un'anima dell'altra vita, dove non arriva la giurisdizione del serpente. Dedicati maggiormente, allora, all'esercizio degli atti virtuosi contrari ai vizi che ti propone, specialmente a quelli di fede, speranza e amore, che allontanano la codardia ed il timore, che debilitano la determinazione a resistere.
357. Devi cercare solo in Dio le ragioni per vincere Lucifero e non devi darle a questo nemico, affinché non ti riempia d'inganni e di confusione. Giudica indegno, oltre che pericoloso, metterti a parlare con lui e dare retta al nemico tuo e di colui che ami. Mostrati contro di lui superiore e magnanima ed offriti per l'osservanza di tutte le virtù, per sempre. Contenta di questo tesoro, ritirati in esso, poiché la maggiore destrezza dei figli di Dio in questa battaglia è il fuggire molto lontano; infatti, il demonio è superbo, si risente che lo disprezzino e desidera che lo ascoltino, confidando nella sua arroganza e nelle sue frodi. Da ciò nasce quel suo insistere, affinché gli diano spazio in qualcosa, perché il bugiardo non può confidare nella forza della verità, dato che non la dice, e così pone la sua fiducia nell'essere molesto e nel vestire l'inganno con apparenza di bene e di verità. Finché questo ministro di malvagità non si vede disprezzato, non pensa che lo abbiano riconosciuto e come una mosca importuna ritorna alla parte che vede più vicina alla corruzione.
358. Non dovrai affatto essere meno vigilante quando il tuo nemico si varrà di altre creature contro di te; lo farà per una di queste due vie: muovendole ad eccessivo amore verso di te od eccitandole ad odiarti. Quando conoscerai un affetto sregolato in coloro con i quali avrai a che fare, osserva il medesimo insegnamento, come se fuggissi dal demonio, ma con la differenza che questo devi aborrirlo, mentre le altre creature devi considerarle opere del Signore senza negare ciò che in sua Maestà e per lui devi loro. Nel ritirarti, però, guarda tutti come nemici, poiché, per quello che Dio vuole da te e nello stato in cui ti trovi, sarà demonio colui che voglia indurre altre persone ad allontanarti dal Signore e da ciò che tu gli devi. Se, poi, per la via opposta ti odieranno e ti faranno del male, rispondi con amore e con mansuetudine, pregando per quelli che ti detestano e perseguitano; e questo avvenga con intimo affetto del tuo cuore. Se sarà necessario moderare l'ira di qualcuno con parole dolci o svelare qualche inganno in soddisfazione della verità, fallo pure, non per tua discolpa, ma per quietare i tuoi fratelli e per il loro bene e la loro pace interiore ed esteriore; con ciò vincerai allo stesso tempo te stessa e quelli che ti detestano. Per fondare tutto questo, è necessario svellere completamente i sette vizi capitali, con i quali il demonio tenta, ed estirparli del tutto, morendo ai moti dell'appetito, in cui essi si radicano; infatti, vengono seminati tutti nelle passioni e nei desideri sregolati e non mortificati.
10-9 Dicembre 25, 1910 I sacerdoti si sono attaccato alle famiglie, all’interesse, alle cose esteriori, ecc., questa è la necessità delle case di riunione di sacerdoti.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Questa mattina il benedetto si faceva vedere piccino, piccino, ma tanto grazioso e bello che mi rapiva in un dolce incanto, specie poi si rendeva più amabile, ché con le sue piccole manine prendeva piccoli chiodi e mi inchiodava con una maestria degna solo del mio sempre amabile Gesù, e poi mi colmava di baci e d’amore, ed io a Lui. Onde, dopo ciò mi pareva di trovarmi nella grotta del mio neonato Gesù, ed il mio piccino Gesù mi ha detto:
(2) “Figlia diletta mia, chi venne a visitarmi nella grotta della mia nascita? I soli pastori furono i primi visitatori, i soli che facevano un va e vieni e mi offrivano doni e cosucce loro, ed i primi che ebbero la conoscenza della mia venuta nel mondo, e di conseguenza, i primi favoriti ripieni della mia grazia. Ecco perché scelgo sempre persone povere, ignoranti, abbiette, e ne faccio dei portenti di grazia, perché sono sempre le più disposte, le più facili a darmi ascolto, a credermi senza fare tante difficoltà, tanti cavilli, come all’opposto fanno le persone colte. Poi vennero i magi, ma nessun sacerdote si vide, mentre loro dovevano essere i primi a farmi corteggio, perché loro sapevano più di tutti gli altri secondo le scritture che studiavano, il tempo, il luogo, ed era più facile il venirmi a visitare, ma nessuno, nessuno si mosse, anzi, mentre lo additarono ai magi, loro non si mossero, né si scomodarono di fare un passo per andare in traccia della mia venuta. Questo fu un dolore nella mia nascita, per Me amarissimo, perché in quei sacerdoti era tanto l’attacco alle ricchezze, all’interesse, alle famiglie ed alle cose esteriori, che come bagliore l’accecava la vista, gli induriva il cuore e rendeva l’intelligenza stupida per conoscere le verità più sacrosante, più certe, ed erano tanto ingolfati nelle basse cose della terra, che mai avrebbero creduto che un Dio potesse venire sulla terra in tanta povertà ed in tanta umiliazione, e non solo nella mia nascita, ma anche nel corso della mia vita, quando facevo dei miracoli più strepitosi, nessuno mi seguì, anzi mi tramarono la morte e mi uccisero sulla croce. Ed Io, dopo avere usato tutta la mia arte per tirarli a Me, li misi in oblio e vi scelsi persone povere, ignoranti, quali furono i miei apostoli, e vi formai la mia Chiesa, li segregai dalle famiglie, li sciolsi da qualunque vincolo di ricchezze, li riempii dei tesori della mia grazia e li resi abili al regime della mia Chiesa e delle anime. Onde devi sapere che questo dolore mi dura ancora, perché i sacerdoti di questi tempi si sono affratellati coi sacerdoti di quei tempi, si sono dati la mano all’attacco alle famiglie, all’interesse, alle cose esteriori, che poco o niente ci badano all’interiore, anzi, certuni si sono degradati tanto, da far capire agli stessi secolari che non sono contenti del loro stato, abbassando la loro dignità fino all’infimo e al disotto degli stessi secolari. Ah! figlia mia, qual prestigio può avere più la loro parola nei popoli? Anzi i popoli per causa loro, vanno deteriorando nella fede e nell’abisso di mali peggiori, camminano a tentone e nelle tenebre, perché luce nei sacerdoti non ne veggono più. Ecco perciò la necessità delle case di riunione di sacerdoti, affinché snebbiato il sacerdote dalle tenebre cui è invaso, dalle famiglie, dall’interesse e dalle cure delle cose esteriori, potesse dar luce di vere virtù, ed i popoli potessero ricredersi dagli errori in cui sono caduti. Sono tanto necessarie queste riunioni, che ogniqualvolta la Chiesa è giunta all’infimo, quasi sempre è stato il mezzo per farla risorgere più bella e maestosa”.
(3) Io nel sentire ciò ho detto: “Mio sommo ed unico bene, dolce mia vita, compatisco al vostro dolore e vorrei raddolcirlo col mio amore, ma Voi sapete bene chi sono io, come sono povera, ignorante, cattivella, e poi, estremamente presa dalla passione del mio nascondimento, amo che mi potessi tanto nascondere in Te, che nessuno più potesse credere che io più esistessi, e Tu invece vuoi che parli di queste cose che tanto addolorano il vostro amantissimo cuore, e tanto necessarie per la Chiesa. Oh! mio Gesù, a me parlami d’amore, ed invece andate ad altre anime buone e sante a parlare di queste cose tanto utili per la Chiesa”. Ed il buon Gesù ha ripreso a dire:
(4) “Figlia mia, anch’Io amai il nascondimento, ma ogni cosa tiene il suo tempo, quando l’onore e la gloria del Padre ed il bene delle anime fu necessario, mi svelai e feci la mia vita pubblica. Così faccio delle anime, delle volte le tengo nascoste, altre volte le manifesto, e tu dev’essere indifferente a tutto, volendo solo ciò che Io voglio, anzi ti benedico il cuore, la bocca, e parlerò in te con la mia stessa bocca e col mio stesso dolore”.
(5) E così mi ha benedetto ed è scomparso.