Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 21° settimana del tempo ordinario (Martirio di San Giovanni Battista)
Vangelo secondo Giovanni 20
1Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".3Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro.4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.5Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.6Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra,7e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.8Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.9Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.10I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
11Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.13Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto".14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù.15Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo".16Gesù le disse: "Maria!". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!", che significa: Maestro!17Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro".18Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche ciò che le aveva detto.
19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo;23a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.25Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò".
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".27Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!".28Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".
30Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.31Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Numeri 19
1Il Signore disse ancora a Mosè e ad Aronne:2"Questa è una disposizione della legge che il Signore ha prescritta: Ordina agli Israeliti che ti portino una giovenca rossa, senza macchia, senza difetti, e che non abbia mai portato il giogo.3La darete al sacerdote Eleazaro, che la condurrà fuori del campo e la farà immolare in sua presenza.4Il sacerdote Eleazaro prenderà con il dito il sangue della giovenca e ne farà sette volte l'aspersione davanti alla tenda del convegno;5poi si brucerà la giovenca sotto i suoi occhi; se ne brucerà la pelle, la carne e il sangue con gli escrementi.6Il sacerdote prenderà legno di cedro, issòpo, colore scarlatto e getterà tutto nel fuoco che consuma la giovenca.7Poi il sacerdote laverà le sue vesti e farà un bagno al suo corpo nell'acqua; quindi rientrerà nel campo e il sacerdote rimarrà in stato d'immondezza fino alla sera.8Colui che avrà bruciato la giovenca si laverà le vesti nell'acqua, farà un bagno al suo corpo nell'acqua e sarà immondo fino alla sera.9Un uomo mondo raccoglierà le ceneri della giovenca e le depositerà fuori del campo in luogo mondo, dove saranno conservate per la comunità degli Israeliti per l'acqua di purificazione: è un rito espiatorio.10Colui che avrà raccolto le ceneri della giovenca si laverà le vesti e sarà immondo fino alla sera. Questa sarà una legge perenne per gli Israeliti e per lo straniero che soggiornerà presso di loro.
11Chi avrà toccato un cadavere umano sarà immondo per sette giorni.12Quando uno si sarà purificato con quell'acqua il terzo e il settimo giorno, sarà mondo; ma se non si purifica il terzo e il settimo giorno, non sarà mondo.13Chiunque avrà toccato un cadavere, cioè il corpo di una persona umana morta, e non si sarà purificato, avrà profanato la Dimora del Signore e sarà sterminato da Israele. Siccome l'acqua di purificazione non è stata spruzzata su di lui, egli è in stato di immondezza; ha ancora addosso l'immondezza.
14Questa è la legge per quando un uomo muore in una tenda: chiunque entrerà nella tenda e chiunque sarà nella tenda sarà immondo per sette giorni.15Ogni vaso scoperto, sul quale non sia un coperchio o una legatura, sarà immondo.16Chiunque per i campi avrà toccato un uomo ucciso di spada o morto di morte naturale o un osso d'uomo o un sepolcro sarà immondo per sette giorni.
17Per colui che sarà divenuto immondo si prenderà la cenere della vittima bruciata per l'espiazione e vi si verserà sopra l'acqua viva, in un vaso;18poi un uomo mondo prenderà issòpo, lo intingerà nell'acqua e ne spruzzerà la tenda, tutti gli arredi e tutte le persone che vi stanno e colui che ha toccato l'osso o l'ucciso o chi è morto di morte naturale o il sepolcro.19L'uomo mondo spruzzerà l'immondo il terzo giorno e il settimo giorno e lo purificherà il settimo giorno; poi colui che è stato immondo si sciacquerà le vesti, si laverà con l'acqua e diventerà mondo alla sera.20Ma colui che, divenuto immondo, non si purificherà, sarà eliminato dalla comunità, perché ha contaminato il santuario del Signore e l'acqua della purificazione non è stata spruzzata su di lui; è immondo.21Sarà per loro una legge perenne. Colui che avrà spruzzato l'acqua di purificazione si laverà le vesti; chi avrà toccato l'acqua di purificazione sarà immondo fino alla sera.22Quanto l'immondo avrà toccato sarà immondo; chi lo avrà toccato sarà immondo fino alla sera".
Siracide 4
1Figlio, non rifiutare il sostentamento al povero,
non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi.
2Non rattristare un affamato,
non esasperare un uomo già in difficoltà.
3Non turbare un cuore esasperato,
non negare un dono al bisognoso.
4Non respingere la supplica di un povero,
non distogliere lo sguardo dall'indigente.
5Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo,
non offrire a nessuno l'occasione di maledirti,
6perché se uno ti maledice con amarezza,
il suo creatore esaudirà la sua preghiera.
7Fatti amare dalla comunità,
davanti a un grande abbassa il capo.
Porgi l'orecchio al povero
e rispondigli al saluto con affabilità.
8.9Strappa l'oppresso dal potere dell'oppressore,
non esser pusillanime quando giudichi.
10Sii come un padre per gli orfani
e come un marito per la loro madre
e sarai come un figlio dell'Altissimo,
ed egli ti amerà più di tua madre.
11La sapienza esalta i suoi figli
e si prende cura di quanti la cercano.
12Chi la ama ama la vita,
quanti la cercano solleciti saranno ricolmi di gioia.
13Chi la possiede erediterà la gloria,
qualunque cosa intraprenda, il Signore lo benedice.
14Coloro che la venerano rendono culto al Santo,
e il Signore ama coloro che la amano.
15Chi l'ascolta giudica con equità;
chi le presta attenzione vivrà tranquillo.
16Chi confida in lei la otterrà in eredità;
i suoi discendenti ne conserveranno il possesso.
17Dapprima lo condurrà per luoghi tortuosi,
gli incuterà timore e paura,
lo tormenterà con la sua disciplina,
finché possa fidarsi di lui,
e lo abbia provato con i suoi decreti;
18ma poi lo ricondurrà sulla retta via
e gli manifesterà i propri segreti.
19Se egli batte una falsa strada, lo lascerà andare
e l'abbandonerà in balìa del suo destino.
20Figlio, bada alle circostanze e guàrdati dal male
così non ti vergognerai di te stesso.
21C'è una vergogna che porta al peccato
e c'è una vergogna che è onore e grazia.
22Non usare riguardi a tuo danno
e non vergognarti a tua rovina.
23Non astenerti dal parlare nel momento opportuno,
non nascondere la tua sapienza.
24Difatti dalla parola si riconosce la sapienza
e l'istruzione dai detti della lingua.
25Non contraddire alla verità,
ma vergògnati della tua ignoranza.
26Non arrossire di confessare i tuoi peccati,
non opporti alla corrente di un fiume.
27Non sottometterti a un uomo stolto,
e non essere parziale a favore di un potente.
28Lotta sino alla morte per la verità
e il Signore Dio combatterà per te.
29Non essere arrogante nel tuo linguaggio,
fiacco e indolente invece nelle opere.
30Non essere come un leone in casa tua,
sospettoso con i tuoi dipendenti.
31La tua mano non sia tesa per prendere
e chiusa invece nel restituire.
Salmi 76
1'Al maestro del coro. Su strumenti a corda con cetre. Salmo.'
'Di Asaf. Canto.'
2Dio è conosciuto in Giuda,
in Israele è grande il suo nome.
3È in Gerusalemme la sua dimora,
la sua abitazione, in Sion.
4Qui spezzò le saette dell'arco,
lo scudo, la spada, la guerra.
5Splendido tu sei, o Potente,
sui monti della preda;
6furono spogliati i valorosi,
furono colti dal sonno,
nessun prode ritrovava la sua mano.
7Dio di Giacobbe, alla tua minaccia,
si arrestarono carri e cavalli.
8Tu sei terribile; chi ti resiste
quando si scatena la tua ira?
9Dal cielo fai udire la sentenza:
sbigottita la terra tace
10quando Dio si alza per giudicare,
per salvare tutti gli umili della terra.
11L'uomo colpito dal tuo furore ti dà gloria,
gli scampati dall'ira ti fanno festa.
12Fate voti al Signore vostro Dio e adempiteli,
quanti lo circondano portino doni al Terribile,
13a lui che toglie il respiro ai potenti;
è terribile per i re della terra.
Ezechiele 11
1Uno spirito mi sollevò e mi trasportò alla porta orientale del tempio che guarda a oriente; ed ecco davanti alla porta vi erano venticinque uomini e in mezzo a loro vidi Iazanià figlio d'Azzùr, e Pelatìa figlio di Benaià, capi del popolo.2Il Signore mi disse: "Figlio dell'uomo, questi sono gli uomini che tramano il male e danno consigli cattivi in questa città;3sono coloro che dicono: Non in breve tempo si costruiscon le case: questa città è la pentola e noi siamo la carne.4Per questo profetizza contro di loro, profetizza, figlio dell'uomo".
5Lo spirito del Signore venne su di me e mi disse: "Parla, dice il Signore: Così avete detto, o Israeliti, e io conosco ciò che vi passa per la mente.6Voi avete moltiplicato i morti in questa città, avete riempito di cadaveri le sue strade.7Per questo così dice il Signore Dio: I cadaveri che avete gettati in mezzo a essa sono la carne, e la città è la pentola. Ma io vi scaccerò.8Avete paura della spada e io manderò la spada contro di voi, dice il Signore Dio!9Vi scaccerò dalla città e vi metterò in mano agli stranieri e farò giustizia su di voi.10Cadrete di spada: sulla frontiera d'Israele io vi giudicherò e saprete che io sono il Signore.11La città non sarà per voi la pentola e voi non ne sarete la carne! Sulla frontiera di Israele vi giudicherò:12allora saprete che io sono il Signore, di cui non avete eseguito i comandi né osservate le leggi, mentre avete agito secondo i costumi delle genti vicine".
13Non avevo finito di profetizzare quando Pelatìa figlio di Benaià cadde morto. Io mi gettai con la faccia a terra e gridai con tutta la voce: "Ah! Signore Dio, vuoi proprio distruggere quanto resta d'Israele?".
14Allora mi fu rivolta questa parola del Signore:15"Figlio dell'uomo, ai tuoi fratelli, ai deportati con te, a tutta la casa d'Israele gli abitanti di Gerusalemme vanno dicendo: Voi andate pure lontano dal Signore: a noi è stata data in possesso questa terra.16Di' loro dunque: Dice il Signore Dio: Se li ho mandati lontano fra le genti, se li ho dispersi in terre straniere, sarò per loro un santuario per poco tempo nelle terre dove hanno emigrato.17Riferisci: Così dice il Signore Dio: Vi raccoglierò in mezzo alle genti e vi radunerò dalle terre in cui siete stati dispersi e a voi darò il paese d'Israele.18Essi vi entreranno e vi elimineranno tutti i suoi idoli e tutti i suoi abomini.19Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne,20perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.21Ma su coloro che seguono con il cuore i loro idoli e le loro nefandezze farò ricadere le loro opere, dice il Signore Dio".
22I cherubini allora alzarono le ali e le ruote si mossero insieme con loro mentre la gloria del Dio d'Israele era in alto su di loro.23Quindi dal centro della città la gloria del Signore si alzò e andò a fermarsi sul monte che è ad oriente della città.24E uno spirito mi sollevò e mi portò in Caldea fra i deportati, in visione, in spirito di Dio, e la visione che avevo visto disparve davanti a me.25E io raccontai ai deportati quanto il Signore mi aveva mostrato.
Lettera di Giacomo 5
1E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano!2Le vostre ricchezze sono imputridite,3le vostre vesti sono state divorate dalle tarme; il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!4Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti.5Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno della strage.6Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza.
7Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera.8Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.9Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte.10Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore.11Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché 'il Signore è ricco di misericordia e di compassione'.
12Soprattutto, fratelli miei, non giurate, né per il cielo, né per la terra, né per qualsiasi altra cosa; ma il vostro "sì" sia sì, e il vostro "no" no, per non incorrere nella condanna.
13Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi.14Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore.15E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.16Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza.17Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi.18Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.19Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce,20costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.
Capitolo I: L'imitazione di cristo e il disprezzo di tutte le vanita' del mondo
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1. "Chi segue me non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12), dice il Signore. Sono parole di Cristo, le quali ci esortano ad imitare la sua vita e la sua condotta, se vogliamo essere veramente illuminati e liberati da ogni cecità interiore. Dunque, la nostra massima preoccupazione sia quella di meditare sulla vita di Gesù Cristo. Già l'insegnamento di Cristo è eccellente, e supera quello di tutti i santi; e chi fosse forte nello spirito vi troverebbe una manna nascosta. Ma accade che molta gente trae un ben scarso desiderio del Vangelo dall'averlo anche più volte ascoltato, perché è priva del senso di Cristo. Invece, chi vuole comprendere pienamente e gustare le parole di Cristo deve fare in modo che tutta la sua vita si modelli su Cristo. Che ti serve saper discutere profondamente della Trinità, se non sei umile, e perciò alla Trinità tu dispiaci? Invero, non sono le profonde dissertazioni che fanno santo e giusto l'uomo; ma è la vita virtuosa che lo rende caro a Dio. Preferisco sentire nel cuore la compunzione che saperla definire. Senza l'amore per Dio e senza la sua grazia, a che ti gioverebbe una conoscenza esteriore di tutta la Bibbia e delle dottrine di tutti i filosofi? "Vanità delle vanità, tutto è vanità" (Qo 1,2), fuorché amare Dio e servire lui solo. Questa è la massima sapienza: tendere ai regni celesti, disprezzando questo mondo.
2. Vanità è dunque ricercare le ricchezze, destinate a finire, e porre in esse le nostre speranze. Vanità è pure ambire agli onori e montare in alta condizione. Vanità è seguire desideri carnali e aspirare a cose, per le quali si debba poi essere gravemente puniti. Vanità è aspirare a vivere a lungo, e darsi poco pensiero di vivere bene. Vanità è occuparsi soltanto della vita presente e non guardare fin d'ora al futuro. Vanità è amare ciò che passa con tutta rapidità e non affrettarsi là, dove dura eterna gioia. Ricordati spesso di quel proverbio: "Non si sazia l'occhio di guardare, né mai l'orecchio è sazio di udire" (Qo 1,8). Fa', dunque, che il tuo cuore sia distolto dall'amore delle cose visibili di quaggiù e che tu sia portato verso le cose di lassù, che non vediamo. Giacché chi va dietro ai propri sensi macchia la propria coscienza e perde la grazia di Dio.
DISCORSO 250 NEI GIORNI DI PASQUA
Discorsi - Sant'Agostino
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Dio preferisce i deboli e i poveri di questo mondo.
1. Il Signore Gesù ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti 1, sicché, volendo adunare la sua Chiesa da ogni parte del mondo, non cominciò con degli imperatori o senatori ma con dei pescatori. Se infatti fossero stati scelti in principio personaggi altolocati, essi avrebbero attribuito la loro scelta a se stessi e non alla grazia di Dio. Questo modo di procedere di Dio, a noi occulto, questa disposizione del nostro Salvatore ce la espone l'Apostolo quando dice: Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Sono parole dell'Apostolo. Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose ignobili e spregevoli del mondo ha scelto Dio, e le cose che non hanno consistenza - come se la avessero - per annichilire le cose dotate di consistenza; affinché nessun uomo possa vantarsi dinanzi a lui 2. La stessa cosa aveva detto il profeta: Ogni valle sarà colmata, e ogni monte e ogni colle sarà abbassato, perché si ottenga una pianura senza dislivelli 3. Veramente, oggi partecipano della grazia del Signore senza distinzione nobili e plebei, dotti e ignoranti, poveri e ricchi. Quando si tratta di ricevere questa grazia non avanza diritti di precedenza la superbia rispetto all'umiltà di chi nulla sa e nulla possiede 4 e nulla può. Ma cosa disse loro? Venite dietro a me e io vi farò pescatori di uomini 5. Se non ci avessero preceduto quei pescatori, chi sarebbe venuto a pescarci? Al giorno d'oggi uno è gran predicatore se riesce a presentare bene quello che ha scritto il pescatore.
Mescolanza di buoni e cattivi nella Chiesa terrestre.
2. Il Signore Gesù Cristo scelse dunque dei pescatori di pesci e ne fece dei pescatori di uomini. Col fatto stesso del pescare poi volle darci degli ammaestramenti nei riguardi della chiamata dei popoli. Notate come le pesche furono due e come occorra distinguerle e separarle. Una fu quando il Signore scelse gli Apostoli e da pescatori li rese suoi discepoli 6; l'altra è quella che abbiamo ascoltato ora quando si leggeva il santo Vangelo, quella cioè che avvenne dopo la resurrezione del Signore Gesù Cristo 7. L'una dunque prima della resurrezione, l'altra dopo la resurrezione. E dobbiamo sottolineare con molta attenzione la differenza fra le due pesche, poiché questa duplice pesca è una nave piena di istruzioni per noi. È appena iniziata la predicazione del Vangelo; Cristo s'imbatte in alcuni pescatori, si appressa e dice loro: Gettate le reti. Gli risposero: In tutta questa notte non abbiamo preso nulla, ci siamo affaticati inutilmente, ma ecco nel tuo nome getteremo le reti 8. Le gettarono e presero tanto pesce da riempire due barche, le quali per la gran quantità di pesci erano così appesantite che stavano sul punto di affondare. Nota come fu proprio per la quantità di pesci che le reti minacciavano di squarciarsi e come fu allora che Gesù disse loro: Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini 9 ed essi effettivamente, abbandonando barche e reti, lo seguirono. Al presente - cioè dopo la resurrezione - Cristo Signore offre alla nostra meditazione un'altra pesca, da distinguersi da quella precedente. La prima volta disse: Gettate le reti, ma non disse a sinistra o a destra ma soltanto: Gettate le reti. Se avesse detto: A sinistra, avrebbe voluto riferirsi solo ai cattivi; se: A destra, solo ai buoni. Siccome però non nominò né la destra né la sinistra, ci si deve riferire ai buoni e ai cattivi. Di loro parla il Vangelo in un altro passo, là dove si narra di quel padrone di casa che, quando la cena fu pronta, mandò i suoi servi e questi ne condussero quanti poterono trovarne, buoni e cattivi, finché la sala del convito fu piena 10. Così è oggi la Chiesa: piena di buoni e di cattivi. Una moltitudine riempie la Chiesa, tuttavia questa moltitudine a volte la comprime e la spinge, come per dire, verso il naufragio. Il numero elevato di coloro che vivono male turba quanti vivono bene e crea loro un disagio tale che chi vive bene, quando si pone a osservare i tanti che vivono male, si considera stupido, specie se pone mente al fatto che, a livello di beni terreni, molti malfattori risultano fortunati e molti innocenti hanno in sorte una vita infelice. Quanto c'è da temere che il buono allora sia prostrato e affondi! Quanto c'è da temere, carissimi, che colui che vive onestamente dica: Che mi giova la mia vita onesta? Ecco, quel tale vive male e riscuote più stima di me. A me cosa giova il vivere bene? È in pericolo; mi vien da temere che faccia naufragio. Lasciate che interpelli chi vive bene perché non affondi di più: Tu che vivi bene non stancarti, non guardare indietro! È vera la promessa del tuo Signore quando ti diceva: Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvo 11. Mi ribatti: Ma hai tu sotto gli occhi quel tale che vive malamente, eppure è fortunato? Ti sbagli: egli è un infelice, e tanto più infelice quanto maggiore è la sua illusione d'essere felice. È demenza il fatto che non riesce a scoprire il suo stato miserevole. Fa' conto di vedere uno che, in preda alla febbre, stia ridendo: tu lo compiangeresti ritenendolo un dissennato. Ciò che ti è stato promesso non è ancor giunto. Colui che ti sembra più fortunato si pasce e si rallegra di queste cose visibili e temporali, cose che lui non ha recato con sé né porterà via con sé. È entrato nudo e nudo uscirà 12. Passerà da godimenti illusori a dolori reali. Quanto a te invece, è vero che quanto ti viene promesso non è ancora giunto; ma devi essere stabile, per arrivarvi, devi essere perseverante, se non vuoi venir meno e restare privo: Dio infatti non può ingannarti. Ecco in brevi parole spiegata l'urgenza di non far affondare le barche. In quella pesca però successe un altro guaio più deprecabile: le reti stavano per rompersi 13. E di fatto le reti si son rotte e son sorte delle eresie. Cosa sono infatti gli scismi se non rotture? Nel tempo della prima pesca occorrono sopportazione e pazienza, sicché nessuno si stanchi per il fastidio, anche se sta scritto: Sono infastidito a causa dei peccatori che abbandonano la tua legge 14. La barca grida lamentandosi della massa di gente che l'opprime, quasi sia la barca ad emettere il grido: Sono infastidito a causa dei peccatori che abbandonano la tua legge. Anche se sei compresso, sta' sempre in guardia per non affondare! I cattivi adesso li si deve sopportare, non separarsene. Noi canteremo, nei riguardi di Dio, la misericordia e il giudizio 15: che prima cioè elargisce la misericordia e poi esercita il giudizio. La separazione avverrà nel giudizio: al presente mi ascolti il buono per diventare migliore, mi ascolti il cattivo per diventare buono. Questo, perché adesso è il tempo del ravvedimento, non della sentenza. Lasciamo da parte questa pesca nella quale le gioie son mescolate alle lacrime: le gioie in quanto vengono adunati i buoni, mescolate a lacrime perché a mala pena si riesce a sopportare i cattivi.
Senza lo Spirito la legge uccide.
3. Volgiamo il pensiero alla pesca che avverrà alla fine: pensando ad essa confortiamoci e consoliamoci. Non per niente infatti essa avvenne dopo la resurrezione del Signore, ma perché doveva rappresentare la Chiesa quale sarà dopo la resurrezione. Ecco ai discepoli intenti a pescare sono rivolte delle parole; e chi le dice è il Signore, lo stesso che l'altra volta aveva detto le parole, parla adesso. Tuttavia allora si specificava cosa dovessero gettare, adesso da che parte dovessero gettare e precisamente dal lato destro della barca 16. Adesso dunque son presi nella rete coloro che dovranno stare alla destra, coloro ai quali sarà detto: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno 17. Gettano e prendono. Là, nella prima pesca, il numero non viene precisato. Si parla di moltitudine ma non si precisa il numero. Sono infatti molti - diresti in numero eccessivo - quelli che ora vengono nelle chiese, vi entrano e le riempiono. Succede però che gli stessi che riempiono le chiese riempiano poi anche i teatri. Sono in soprannumero quelli che riempiono e, rispetto al numero che si raggiungerà nella vita eterna, molti non ci rientreranno, almeno che non cambino condotta. Ma questo cambiamento sarà forse di tutti? Come? Ma, se nemmeno tutti i buoni persevereranno!, per cui sta scritto: Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvo 18. Come pure a coloro che adesso sono cattivi è detto: Non voglio la morte del peccatore ma che si converta e viva 19. In quella prima pesca dunque non si precisa il numero; e ciò per il fatto che molti eccedono il numero come dice il Salmo: Ho predicato annunziando e son diventati così tanti da superare il numero 20. Nella seconda pesca si menziona la parte destra, e non si dice che superano il numero. Sono centocinquantatré e sono grandi. Così infatti è detto: Pur essendo tanto grandi, la rete non si squarciò 21. Sarà infatti, quella di lassù, un'accolta di santi e non ci saranno più le divisioni e le lacerazioni causate dagli eretici, ma ci saranno pace e unità perfetta. Non ce ne sarà uno di meno né uno in più: il numero sarà preciso. Ma sono così pochi! Solo centocinquantatré. Dio ci liberi che in questa assemblea se ne ritrovino là solo quei pochi! E quanto peggio se si trattasse dell'intera Chiesa di Dio! L'Apocalisse, opera del medesimo beato Giovanni evangelista, mostra la visione di una quantità di santi, beati in quella eternità, che era così grande che nessuno riusciva a computarla. Si trova scritto proprio così in quel libro 22. Eppure tutti rientrano in questo numero: centocinquantatré. Voglio ridurre a una cifra più piccola questo numero. Sono centocinquantatré: riduciamoli e diverranno diciassette. Questi centocinquantatré sono diciassette. Perché dieci? perché sette? Dieci in rapporto alla legge, sette in rapporto allo Spirito, in quanto la cifra sette dice rapporto alla perfezione che si esalta quando si parla dei doni dello Spirito Santo. Diceva il beato profeta Isaia: Si poserà su di lui lo Spirito Santo; e, dopo aver menzionato lo Spirito Santo, ne enumera sette sue potenze: Spirito di sapienza e di intelletto, Spirito di consiglio e di fortezza (e son quattro), Spirito di scienza e di pietà, Spirito del timore del Signore 23. Comincia con la sapienza e termina col timore; parla come chi scende dalle realtà più alte alle più basse, dalla sapienza al timore. Volendo salire dalle cose più basse alle più elevate, si passa dal timore alla sapienza, poiché inizio della sapienza è il timore del Signore 24. Ecco il dono della grazia: lo Spirito Santo opera negli eletti di Dio attraverso questa settiforme attività, per far sì che la legge ottenga in essi qualche risultato. Se infatti togli lo Spirito, cosa consegue la legge? Rende l'uomo trasgressore. Perciò è scritto: La lettera uccide 25. Comanda ma non fa praticare. Nessuno ti infliggeva la morte prima che ti fosse imposto il precetto, e, se la Provvidenza poteva ritenerti peccatore, tuttavia non ti poteva ritenere trasgressore. Viene invece la legge con il comando, e tu non lo osservi; ti si proibisce, e tu lo fai: così la lettera uccide. La legge si snoda in dieci comandamenti. Il primo comandamento della legge è quello d'adorare l'unico Dio e nessun altro, quello di non fabbricarsi alcun idolo. Il secondo comandamento: Non prenderai per usi vani il nome del tuo Dio. Il terzo comandamento è: Osserva il sabato 26, ma con un'osservanza spirituale e non materiale, come fanno i Giudei. Questi tre comandamenti rientrano nell'obbligo di amare Dio; ma siccome tutta la legge e i profeti si compendiano - dice - in questi due comandamenti 27, cioè nell'amore di Dio e nell'amore del prossimo, dopo che ti si è fatto udire quel che concerne l'amore di Dio, (l'unità, la verità, la quiete), osserva adesso ciò che si riferisce all'amore del prossimo. Onora tuo padre e tua madre: è il quarto comandamento. Non commettere adulterio: è il quinto comandamento. Non uccidere: è il sesto. Non rubare: è il settimo. Non dire falsa testimonianza: è l'ottavo. Non desiderare la roba del tuo prossimo: è il nono. Non desiderare la moglie del tuo prossimo 28: è il decimo. Colui che ti dice di non desiderare bussa alla porta interiore, lì risuona dove il desiderio ha il suo campo di azione. Comunque, ecco la legge ridotta a dieci. Cosa, giova saperli a memoria se non li si pratica? Si diventa trasgressori. Ma per metterli in pratica ti occorre l'aiuto. E questo aiuto dove lo prendi? Dallo Spirito. La lettera uccide, lo Spirito dà vita 29. Ai dieci si aggiungano i sette e si ha diciassette. In questo numero è inclusa tutta la moltitudine dei beati; ma come si arrivi a centocinquantatré, son solito dirvelo da tempo, tanto che molti ci arrivano prima di me; e poi il discorso è da conformarsi alle esigenze della solennità. È vero che molti se lo son dimenticato, e qualcuno non l'ha mai udito. Ebbene, quelli che lo hanno udito e non se ne sono scordati abbiano pazienza permettendo che anche gli altri lo ascoltino e ne siano istruiti. Quando due camminano per strada, uno più svelto e uno più lento, tocca al più veloce far sì che il suo compagno non venga abbandonato. Chi ode ciò che sapeva non perde nulla, e, mentre non perde nulla, ha anche da rallegrarsi perché chi era nell'ignoranza diviene istruito. Conta diciassette, da uno fino a diciassette, addizionando uno dopo l'altro tutti i numeri. Troverai che la somma è centocinquantatré. V'aspettate qualcos'altro da me? Il conto fatelo voi.
1 - 1 Cor 1, 27.
2 - 1 Cor 1, 26-29.
3 - Is 40, 4.
4 - Cf. 2 Cor 6, 10.
5 - Mt 4, 19; Mc 1, 17.
6 - Cf. Lc 5, 4-10.
7 - Cf. Gv 21, 1-8.
8 - Lc 5, 4-5.
9 - Mc 1, 17.
10 - Mt 22, 10.
11 - Mt 24, 13.
12 - Gb 1, 21.
13 - Cf. Lc 5, 6.
14 - Sal 118, 53.
15 - Sal 100, 1.
16 - Cf. Gv 21, 6.
17 - Mt 25, 34.
18 - Mt 24, 13.
19 - Ez 33, 11.
20 - Sal 39, 6.
21 - Gv 21, 11.
22 - Cf. Ap 7, 9.
23 - Is 11, 2.
24 - Sal 110, 10.
25 - 2 Cor 3, 6.
26 - Cf. Es 20, 2 ss.
27 - Mt 22, 37.
28 - Cf. Es 20, 12 ss.
29 - 2 Cor 3, 6.
3 - Continua la narrazione di ciò che l'Altissimo concesse a Maria.
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
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27. La destra di Dio onnipotente, che a Maria santissima rese libero l'accesso alla divinità, andava arricchendo ed ornando, con la partecipazione dei suoi infiniti attributi, quel purissimo spirito e corpo verginale, che aveva eletto per tabernacolo, tempio e città santa della sua abitazione. Difatti la celeste Signora, inabissata in quell'oceano della Divinità, si allontanava ogni giorno di più dal suo essere terreno, e si trasformava in un altro celeste, scoprendo sempre nuovi misteri che il Signore le manifestava. Ora, è vero che il desiderio della creatura si soddisfa con ciò che riceve, ma, poiché il Signore è infinito e dona a suo piacimento, resta sempre qualcosa da desiderare e conoscere. Nessuna semplice creatura poté, né potrà mai, arrivare al punto a cui giunse Maria santissima nella conoscenza di Dio e delle creature. Ella penetrò misteri è osì profondi e arcani che né gli uomini né le gerarchie degli angeli eguaglieranno mai questa Principessa del cielo, almeno in ciò che ricevette per divenire Madre del Creatore.
28. Nel terzo dei nove giorni che sto narrando, dopo aver premesso le predisposizioni che dissi nel primo capitolo, la Divinità le si manifestò con una visione astrattiva, come negli altri due giorni. Troppo lenta e sproporzionata è la nostra capacità per intendere in che modo si moltiplicavano questi doni e queste grazie, che l'Altissimo accumulava in Maria santissima e io non trovo parole nuove per spiegare gran parte di quello che mi venne manifestato. Dirò solo che la sapienza e il potere divino stavano lavorando colei che avrebbe dovuto essere Madre del Verbo, perché, per quanto possibile a una semplice creatura, potesse giungere ad avere la somiglianza e la conformazione adeguata alle Persone divine. E così chi meglio intenderà la distanza tra questi due estremi, cioè il Creatore infinito e la creatura umana finita, potrà meglio comprendere la difficoltà e la grandezza dei mezzi necessari per unire e armonizzare fra loro questi due estremi.
29. La celeste Signora copiava, dagli originali della Divinità, nuovi ritratti dei suoi attributi e delle sue virtù infinite. La sua bellezza si perfezionava interamente con i ritocchi, le tinte e i riflessi che le dava il pennello della divina Sapienza. In questo terzo giorno le vennero manifestate le opere della creazione del mondo, così come avvennero appunto il terzo giorno. Conobbe quando e come le acque, che stavano sotto il cielo, si raccolsero, al comando divino, in un solo luogo, scoprendo la superficie arida, che il Signore chiamò terra, mentre chiamò mare l'insieme delle acque. Conobbe come la terra fece germogliare l'erba fresca con il suo seme, e così pure ogni genere di piante e di alberi fruttiferi con i loro semi, ciascuno secondo la propria specie. Conobbe e scrutò la grandezza del mare, la sua profondità e come sono ripartite le sue acque; la corrispondenza dei fiumi e delle fonti, che da esso hanno origine e in esso sfociano; le specie delle piante, erbe, radici e sementi, degli alberi, dei fiori e frutti, e che tutte e ciascuna di esse giovano a qualche effetto e servono all'uomo. Tutto questo intese e penetrò la nostra Regina con maggior chiarezza e ampiezza dello stesso Adamo e di Salomone. Tutti i medici del mondo al confronto furono ignoranti, malgrado tutti i loro studi ed esperimenti, perché Maria santissima imparò tutto ciò che ad altri risulta nuovo, come si legge nel libro della Sapienza al capitolo settimo. Come poi lo imparò senza finzione, così lo comunicò senza invidia, e in lei si verificò, con eminenza incomparabile, tutto ciò che in esso dice Salomone.
30. Allo scopo di esercitare la carità verso i poveri e i bisognosi, la nostra Regina usò di questa scienza in alcune occasioni, ma sempre l'ebbe a disposizione, poiché per lei era semplicissimo farne uso, come per un musicista è facile maneggiare uno strumento della sua arte, in cui sia molto versato. Non sarebbe avvenuto diversamente in tutte le altre scienze, quando avesse voluto o fosse stato necessario esercitarle a servizio dell'Altissimo, poiché avrebbe potuto usare di tutte come maestra, in cui erano raccolte meglio che in qualunque altro mortale valente in qualche arte e scienza. Aveva anche dominio sopra le virtù, le qualità e le funzioni delle pietre, delle erbe e piante. Quello che Cristo nostro Signore promise agli Apostoli ed ai primi fedeli, che cioè non sarebbero stati danneggiati dai veleni se mai ne avessero bevuto, fu un privilegio che ebbe anche la nostra Regina, ma con tale potere, che né il veleno né altra cosa alcuna avrebbe potuto disturbarla o farle danno senza che ella volesse.
31. La prudentissima Principessa e signora tenne sempre nascosti questi privilegi e favori, e non usava di essi per se stessa, come già si è detto, per non sottrarsi al patire che il suo Figlio santissimo scelse per sé. Anche prima di concepiilo e di essere madre, era guidata in questo dalla luce divina e dalla conoscenza che aveva della passibilità futura del Verbo che doveva farsi uomo. Ma, dopo esserne divenuta madre, vedendo e sperimentando questa verità nel suo figlio e Signore, acconsentiva ancor più o, per meglio dire, comandava alle creature che l'affliggessero con la loro forza e azione, come facevano con il loro Creatore. Tuttavia l'Altissimo, non volendo che la sua sposa unica ed eletta fosse sempre molestata dalle creature, molte volte le tratteneva, affinché avesse dei tempi in cui, libera da questi patimenti, godesse le delizie del sommo Re.
32. Il terzo giorno, Maria santissima ricevette un altro singolare privilegio a favore dei mortali nella visione della Divinità, perché in essa Dio le manifestò, in modo speciale, l'inclinazione dell'amore divino a salvare gli uomini e a sollevaili da tutte le loro miserie. Facendole conoscere questa infinita misericordia e ciò che egli in virtù di essa doveva operare, l'Altissimo comunicò a Maria purissima una partecipazione più sublime dei suoi attributi, perché, come Madre ed avvocata dei peccatori, intercedesse per loro. Questo effetto divino, per cui Maria santissima partecipò dell'amore di Dio verso gli uomini e dell'inclinazione di lui a salvarli, fu così potente che, da allora in poi, se il Signore non l'avesse assistita per fortificarla, non avrebbe potuto reggere all'impetuoso desiderio di aiutare e salvare tutti i peccatori. Per tale amore e carità, se fosse stato necessario o conveniente, infinite volte si sarebbe data in potere alle fiamme, alla spada, ai più acuti tormenti e alla morte. Non soltanto, poi, non si sarebbe rifiutata di soffrire tutti i martiri, le angosce, le tribolazioni, i dolori e le infermità, ma le sarebbe stato anche di grande conforto sopportare tutto ciò per la salvezza dei mortali. Quanto infatti fino ad oggi tutti gli uomini hanno patito dal principio del mondo e patiranno sino alla fine, per l'amore di questa misericordiosissima Madre sarebbe ancora poco. Vedano dunque i mortali e i peccatori quanto devono a Maria santissima.
33. Da quel giorno possiamo dire che la nostra Signora divenne madre di pietà e di misericordia, e di misericordia grande per due ragioni: la prima, perché da allora, con speciale affetto e desiderio, anelò a comunicare, senza invidia, i tesori della grazia che aveva conosciuto e ricevuto, e questo beneficio le procurò una così ammirabile dolcezza e un cuore così benigno, che l'avrebbe voluto dare a tutti, e tutti avrebbe voluto depositare in quel cuore, perché fossero partecipi dell'amore divino che ardeva in esso. Inoltre, ed è la seconda ragione, perché quest'amore, che Maria purissima concepì per la salvezza degli uomini, fu una delle maggiori inclinazioni che la disposero a concepire il Verbo eterno nel suo grembo verginale. Era perciò conveniente che tutta misericordia, benignità, pietà e clemenza fosse colei che doveva generare e partorire quel Verbo incarnato che, per sua misericordia, clemenza e amore, volle umiliarsi fino alla nostra natura e nascere da essa, passibile per gli uomini. Si è soliti dire che il figlio prende dalla madre, perché porta le sue qualità, come l'acqua porta quelle dei minerali tra cui scorre. In questo caso tuttavia, benché questo Figlio fosse nato con i vantaggi della divinità, portò anche le qualità di una tale Madre nel grado possibile, per cui ella non sarebbe stata predisposta a concorrere con lo Spirito Santo a questa concezione, nella quale solamente mancò l'uomo, se non fosse stata simile al Figlio nelle qualità dell'umanità.
34. Dopo questa visione, Maria santissima occupò tutto il resto del giorno nella recita delle preghiere e delle devozioni che il Signore le aveva ordinato. Così il suo fervore cresceva sempre più, ma anche il cuore del suo sposo divino era sempre più ferito d'amore per lei, cosicché si può dire che egli attendesse con nostalgia il giorno e l'ora in cui avrebbe potuto riposare tra le braccia e sul cuore della sua diletta Madre.
Insegnamento che mi diede la Regina santissima
35. Figlia mia carissima, grandi furono i favori che mi elargì il braccio dell'Altissimo nelle visioni della sua divinità comunicatemi in quei giorni, prima di concepirlo nel mio grembo. Tuttavia, sebbene egli non si manifestasse a me immediatamente e chiaramente senza velo, mi si rivelava in modo altissimo, e con effetti riservati alla sua sapienza. Or quando, rinfrescando la memoria di ciò che avevo visto mediante l'immagine che mi era rimasta, mi sollevavo in spirito e consideravo chi fosse Dio per gli uomini e chi fossero essi per la sua maestà, mi s'infiammava il cuore e si spezzava di dolore, perché, da una parte, conoscevo l'immensa grandezza dell'amore di Dio verso i mortali e, dall'altra, la loro ingratissima dimenticanza verso una così incomprensibile bontà. Questa considerazione mi avrebbe molte volte procurato la morte, se Dio non mi avesse confortata e sostenuta. Questo sacrificio della sua serva fu molto gradito a sua Maestà, ed egli l'accettò a preferenza di tutti gli olocausti dell'antica legge, perché guardò la mia umiltà e ne fu molto compiaciuto. Quando mi esercitavo in questi atti, concedeva sempre grandi misericordie a me e al mio popolo.
36. Carissima, ti rivelo questi misteri, perché tu ti sollevi ad imitarmi, fin dove potranno giungere le tue scarse forze sorrette dalla grazia, contemplando come modello ed originale le opere che hai conosciuto. Pensa seriamente e medita spesso, con la luce che ricevi e con la ragione, quanto è grande per i mortali il dovere di corrispondere a così immensa pietà e all'inclinazione che Dio ha a soccorrerli. Nelle tue riflessioni, a ciò contrapporrai il pesante e duro cuore dei figli di Adamo. Perciò, voglio che il tuo cuore si stemperi tutto in affetti di gratitudine verso il Signore e di compassione per questi uomini sventurati. Figlia mia, ti assicuro che, nel giorno del giudizio universale, il maggiore sdegno del giusto giudice sarà per aver dimenticato gli ingratissimi uomini questa verità. La sua ira sarà così violenta, e la loro confusione per il rimprovero ricevuto così grande, che da so-li si precipiterebbero nell'abisso delle pene, qualora non vi fossero ministri della giustizia divina incaricati di eseguire tale condanna.
37. Per non incorrere in una colpa così brutta e per evitare quell'orrendo castigo, richiama alla memoria i benefici che hai ricevuto da quell'amore e da quella clemenza infiniti, e rifletti che in ciò sei stata privilegiata. Sappi però che così tanti favori e doni singolari non ti sono stati dati per te sola, ma anche per i tuoi fratelli, poiché a tutti si estende la divina misericordia. Perciò la riconoscenza che devi al Signore deve essere prima per te, e poi anche per loro. Se tu sei povera, presenta la vita e i meriti del mio Figlio santissimo, e insieme con essi tutto quello che io patu con la forza dell'amore, per essere grata a Dio e per supplire in qualche modo all'ingratitudine dei mortali. In ciò ti eserciterai molte volte, ricordandoti di quello che io sentivo, facendo gli stessi atti ed esercizi.
31 agosto 1978 - ETERNITA': L'ATTIMO CHE NON FUGGE MAI
Mons. Ottavio Michelini
Scrivi fratello don Ottavio, sono Pio XII.
Ti stupisce forse che un Pontefice si rivolga a te? sulla terra ci separava una grande distanza, ma per chi è uscito dalla terra non esistono più le distanze, siano intese letteralmente che moralmente.
Il cambiamento che la morte opera in noi e talmente grande e profondo che potrebbe far quasi pensare ad una nuova creazione, ma non c'è una nuova creazione, l'anima rimane intatta con la sua natura spirituale che non potrà mutare più, muta invece radicalmente la vita dell'anima che esce dalle leggi della materia, del tempo e dello spazio per essere immersa in quell'eternità di cui in terra riusciva a percepire ben poco, e anche quel poco, vagamente.
Con la morte, nel momento in cui l'anima umana si stacca da quella materia con cui era cosi intensamente unita a formare con la stessa una cosa sola al punto da permearla, compenetrarla e vivificarla in ogni sua parte, condizionandosi a vicenda in modo che ogni operazione materiale o spirituale, esigeva il concorso di entrambe, il corpo ritorna alla terra da cui era, mentre l'anima, nello stesso istante in cui si è liberata dal corpo, si trova dinnanzi alla Infinita Bellezza e Maestà Divina.
Il Giudizio Divino non e descrivibile in termini umani e non vi è nulla da aggiungere a quello che già vi è noto, certo non e simile per tutti, l'aspetto con cui Dio si manifesta dipende dalle condizioni spirituali di chi subisce il Giudizio, per le anime che non sono unite a Lui dalla Grazia il Giudizio è una cosa cosi tremenda per cui preferirebbero essere schiacciate, annientate, anziché rifare una cosi terribile esperienza.
Niente interessa più di ciò che interessava in vita, non (p. 10) gli affetti più cari né altra cosa alcuna, solo Dio, Dio, il tutto al di fuori di Lui il niente, anzi, peggio del niente, al di fuori di Lui solo una sofferenza eterna... l'eternità l'attimo che non fugge mai, senza passato e senza futuro... il Giudizio Divino che pesa sull'anima per tutta l'eternità...;
terrore, odio, disperazione e ciò che penetra l'anima, è un fuoco tremendo, che arde e non consuma...;
ma tutto questo è talmente superiore ad ogni umana visione che è impossibile per coloro che sono ancora in cammino sulla terra capire una sofferenza e una pena di cui non hanno idea!
Parole assurde che nulla dicono e meno spiegano
Fratello don Ottavio, vedo che non hai ancora compreso il perché di questo messaggio, a te pare che tra quello che sto dicendoti e ciò che ti hanno detto altri prima di me, non ci sia nesso, ma non e così, il nesso c'è e come!
La superficialità, per non dire malafede, di questa generazione atea e perversa è veramente tanto grande che di più non potrebbe essere; quando non si e in grado di spiegare le cose più semplici e più chiare, si inventano le parole più assurde che nulla dicono e meno spiegano; quale spiegazione sanno dare gli psichiatri atei della gioia per il bene compiuto e del rimorso per il male fatto? donde nasce questa gioia o questa pena così atroce, forse da qualche parte del corpo?
L'offesa fattaci a mezzo lettera o per telefono, direttamente o indirettamente per mezzo di altra persona e che è causa di tanta sofferenza, ha colpito forse qualche membro particolare del nostro corpo o non ha colpito invece la nostra anima?
Vi sono cose che appagano i sensi cioè il corpo, ma ve ne sono altre che pur non toccando il corpo, danno gioia o dolore all'anima, cioè a quell'elemento spirituale che noi chiamiamo anima e che informa e vivifica il corpo.
Che ne pensano gli scienziati atei? Nulla! non possono dire nulla e allora coniano le parole più assurde per (p. 11) ingarbugliare le cose e rendere oscuro ciò che per natura è chiaro e semplice.
Chi è dalle tenebre è tenebre, ma chi è dalla Luce è luce.
Non vogliate giudicare l'operato di Dio
La Vergine SS.ma a Lourdes, a Fatima, a La Salette e in tanti altri luoghi ha ammonito gli uomini e li ha invitati a fare penitenza e a convertirsi, pena l'Inferno, il che vuol dire che gli uomini volendolo, hanno a disposizione risorse naturali e soprannaturali sufficienti per convertirsi, e se non si convertono debbono imputare la loro perdizione eterna solo a se stessi.
Tutti gli uomini normali possono arrivare a determinate conclusioni frutto di semplicissime considerazioni, chi non arriva lo deve solo imputare alla sua volontà, una volontà perversa, perché alla verità antepone l'errore, al bene, il male che vede e sceglie liberamente.
Dio non vuole mai il male, non può volerlo, non sarebbe Dio se lo volesse, ma lo permette, perché la Sua strategia Divina dal male ne trae bene, spessissimo a vantaggio della salvezza delle anime.
I mali, siano essi fisici o spirituali, sono sempre il frutto del peccato, propter peccata veniunt adversa, e se Dio punisce il male, è chiaro che è frutto di una libera scelta, perché in caso contrario dovremmo pensare che Dio non sia giusto, ma questo ripugna all'evidenza e alla ragione.
L'ora della purificazione che sta alle porte, sarà ora di Giustizia, perchè brucerà tutto il male che l'umanità ha compiuto perchè l'ha voluto! quando la terribile ora scoccherà, ecco don Ottavio la ragione del messaggio, non vogliate giudicare l'operato di Dio, sarete fortemente tentati di farlo, sarete tentati di tacciare Dio di esagerato rigore, magari di ingiustizia, non fatelo vi ripeto sarebbe per voi colpa grave.
La benedizione di Dio Uno e Trino ti accompagni fino alla fine, ti sorregga nelle difficoltà e ti protegga da ogni male.
Pio XII (p. 12)