Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 21° settimana del tempo ordinario (Martirio di San Giovanni Battista)
Vangelo secondo Matteo 26
1Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli:2"Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso".
3Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa,4e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire.5Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo".
6Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso,7gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa.8I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: "Perché questo spreco?9Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!".10Ma Gesù, accortosene, disse loro: "Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me.11I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete.12Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.13In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei".
14Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti15e disse: "Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?". E quelli gli 'fissarono trenta monete d'argento'.16Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: "Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?".18Ed egli rispose: "Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli".19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
20Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.21Mentre mangiavano disse: "In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà".22Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: "Sono forse io, Signore?".23Ed egli rispose: "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.24Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!".25Giuda, il traditore, disse: "Rabbì, sono forse io?". Gli rispose: "Tu l'hai detto".
26Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo".27Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti,28perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.29Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".
30E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.31Allora Gesù disse loro: "Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti:
'Percuoterò il pastore
e saranno disperse le pecore del gregge,'
32ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".33E Pietro gli disse: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai".34Gli disse Gesù: "In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte".35E Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare".37E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.38Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me".39E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!".40Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?41Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole".42E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà".43E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.44E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: "Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.46Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina".
47Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.48Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!".49E subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò.50E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!". Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.
52Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.53Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?54Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?".55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.56Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.
57Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani.58Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
59I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;60ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.61Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni".62Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio".64"Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:
d'ora innanzi vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra di Dio,
e venire sulle nubi del cielo'".
65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;66che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!".67Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,68dicendo: "Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?".
69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: "Anche tu eri con Gesù, il Galileo!".70Ed egli negò davanti a tutti: "Non capisco che cosa tu voglia dire".71Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: "Costui era con Gesù, il Nazareno".72Ma egli negò di nuovo giurando: "Non conosco quell'uomo".73Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: "Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!".74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo!". E subito un gallo cantò.75E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: "Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte". E uscito all'aperto, pianse amaramente.
Genesi 18
1Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno.2Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra,3dicendo: "Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo.4Si vada a prendere un po' di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero.5Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo". Quelli dissero: "Fa' pure come hai detto".6Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: "Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce".7All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo.8Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono.9Poi gli dissero: "Dov'è Sara, tua moglie?". Rispose: "È là nella tenda".10Il Signore riprese: "Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio". Intanto Sara stava ad ascoltare all'ingresso della tenda ed era dietro di lui.11Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne.12Allora Sara rise dentro di sé e disse: "Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!".13Ma il Signore disse ad Abramo: "Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia?14C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio".15Allora Sara negò: "Non ho riso!", perché aveva paura; ma quegli disse: "Sì, hai proprio riso".
16Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall'alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli.17Il Signore diceva: "Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare,18mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra?19Infatti io l'ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso".20Disse allora il Signore: "Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave.21Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!".
22Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore.23Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: "Davvero sterminerai il giusto con l'empio?24Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?25Lungi da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?".26Rispose il Signore: "Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città".
27Abramo riprese e disse: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere...28Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?". Rispose: "Non la distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque".29Abramo riprese ancora a parlargli e disse: "Forse là se ne troveranno quaranta". Rispose: "Non lo farò, per riguardo a quei quaranta".30Riprese: "Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta". Rispose: "Non lo farò, se ve ne troverò trenta".31Riprese: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti". Rispose: "Non la distruggerò per riguardo a quei venti".32Riprese: "Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno dieci". Rispose: "Non la distruggerò per riguardo a quei dieci".33Poi il Signore, come ebbe finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.
Salmi 78
1'Maskil. Di Asaf.'
Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento,
ascolta le parole della mia bocca.
2Aprirò la mia bocca in parabole,
rievocherò gli arcani dei tempi antichi.
3Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato,
4non lo terremo nascosto ai loro figli;
diremo alla generazione futura
le lodi del Signore, la sua potenza
e le meraviglie che egli ha compiuto.
5Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe,
ha posto una legge in Israele:
ha comandato ai nostri padri
di farle conoscere ai loro figli,
6perché le sappia la generazione futura,
i figli che nasceranno.
Anch'essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli
7perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma osservino i suoi comandi.
8Non siano come i loro padri,
generazione ribelle e ostinata,
generazione dal cuore incostante
e dallo spirito infedele a Dio.
9I figli di Èfraim, valenti tiratori d'arco,
voltarono le spalle nel giorno della lotta.
10Non osservarono l'alleanza di Dio,
rifiutando di seguire la sua legge.
11Dimenticarono le sue opere,
le meraviglie che aveva loro mostrato.
12Aveva fatto prodigi davanti ai loro padri,
nel paese d'Egitto, nei campi di Tanis.
13Divise il mare e li fece passare
e fermò le acque come un argine.
14Li guidò con una nube di giorno
e tutta la notte con un bagliore di fuoco.
15Spaccò le rocce nel deserto
e diede loro da bere come dal grande abisso.
16Fece sgorgare ruscelli dalla rupe
e scorrere l'acqua a torrenti.
17Eppure continuarono a peccare contro di lui,
a ribellarsi all'Altissimo nel deserto.
18Nel loro cuore tentarono Dio,
chiedendo cibo per le loro brame;
19mormorarono contro Dio
dicendo: "Potrà forse Dio
preparare una mensa nel deserto?".
20Ecco, egli percosse la rupe e ne scaturì acqua,
e strariparono torrenti.
"Potrà forse dare anche pane
o preparare carne al suo popolo?".
21All'udirli il Signore ne fu adirato;
un fuoco divampò contro Giacobbe
e l'ira esplose contro Israele,
22perché non ebbero fede in Dio
né speranza nella sua salvezza.
23Comandò alle nubi dall'alto
e aprì le porte del cielo;
24fece piovere su di essi la manna per cibo
e diede loro pane del cielo:
25l'uomo mangiò il pane degli angeli,
diede loro cibo in abbondanza.
26Scatenò nel cielo il vento d'oriente,
fece spirare l'australe con potenza;
27su di essi fece piovere la carne come polvere
e gli uccelli come sabbia del mare;
28caddero in mezzo ai loro accampamenti,
tutto intorno alle loro tende.
29Mangiarono e furono ben sazi,
li soddisfece nel loro desiderio.
30La loro avidità non era ancora saziata,
avevano ancora il cibo in bocca,
31quando l'ira di Dio si alzò contro di essi,
facendo strage dei più vigorosi
e abbattendo i migliori d'Israele.
32Con tutto questo continuarono a peccare
e non credettero ai suoi prodigi.
33Allora dissipò come un soffio i loro giorni
e i loro anni con strage repentina.
34Quando li faceva perire, lo cercavano,
ritornavano e ancora si volgevano a Dio;
35ricordavano che Dio è loro rupe,
e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore;
36lo lusingavano con la bocca
e gli mentivano con la lingua;
37il loro cuore non era sincero con lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.
38Ed egli, pietoso, perdonava la colpa,
li perdonava invece di distruggerli.
Molte volte placò la sua ira
e trattenne il suo furore,
39ricordando che essi sono carne,
un soffio che va e non ritorna.
40Quante volte si ribellarono a lui nel deserto,
lo contristarono in quelle solitudini!
41Sempre di nuovo tentavano Dio,
esasperavano il Santo di Israele.
42Non si ricordavano più della sua mano,
del giorno che li aveva liberati dall'oppressore,
43quando operò in Egitto i suoi prodigi,
i suoi portenti nei campi di Tanis.
44Egli mutò in sangue i loro fiumi
e i loro ruscelli, perché non bevessero.
45Mandò tafàni a divorarli
e rane a molestarli.
46Diede ai bruchi il loro raccolto,
alle locuste la loro fatica.
47Distrusse con la grandine le loro vigne,
i loro sicomori con la brina.
48Consegnò alla grandine il loro bestiame,
ai fulmini i loro greggi.
49Scatenò contro di essi la sua ira ardente,
la collera, lo sdegno, la tribolazione,
e inviò messaggeri di sventure.
50Diede sfogo alla sua ira:
non li risparmiò dalla morte
e diede in preda alla peste la loro vita.
51Colpì ogni primogenito in Egitto,
nelle tende di Cam la primizia del loro vigore.
52Fece partire come gregge il suo popolo
e li guidò come branchi nel deserto.
53Li condusse sicuri e senza paura
e i loro nemici li sommerse il mare.
54Li fece salire al suo luogo santo,
al monte conquistato dalla sua destra.
55Scacciò davanti a loro i popoli
e sulla loro eredità gettò la sorte,
facendo dimorare nelle loro tende le tribù di Israele.
56Ma ancora lo tentarono,
si ribellarono a Dio, l'Altissimo,
non obbedirono ai suoi comandi.
57Sviati, lo tradirono come i loro padri,
fallirono come un arco allentato.
58Lo provocarono con le loro alture
e con i loro idoli lo resero geloso.
59Dio, all'udire, ne fu irritato
e respinse duramente Israele.
60Abbandonò la dimora di Silo,
la tenda che abitava tra gli uomini.
61Consegnò in schiavitù la sua forza,
la sua gloria in potere del nemico.
62Diede il suo popolo in preda alla spada
e contro la sua eredità si accese d'ira.
63Il fuoco divorò il fiore dei suoi giovani,
le sue vergini non ebbero canti nuziali.
64I suoi sacerdoti caddero di spada
e le loro vedove non fecero lamento.
65Ma poi il Signore si destò come da un sonno,
come un prode assopito dal vino.
66Colpì alle spalle i suoi nemici,
inflisse loro una vergogna eterna.
67Ripudiò le tende di Giuseppe,
non scelse la tribù di Èfraim;
68ma elesse la tribù di Giuda,
il monte Sion che egli ama.
69Costruì il suo tempio alto come il cielo
e come la terra stabile per sempre.
70Egli scelse Davide suo servo
e lo trasse dagli ovili delle pecore.
71Lo chiamò dal seguito delle pecore madri
per pascere Giacobbe suo popolo,
la sua eredità Israele.
72Fu per loro pastore dal cuore integro
e li guidò con mano sapiente.
Salmi 118
1Alleluia.
Celebrate il Signore, perché è buono;
perché eterna è la sua misericordia.
2Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
3Lo dica la casa di Aronne:
eterna è la sua misericordia.
4Lo dica chi teme Dio:
eterna è la sua misericordia.
5Nell'angoscia ho gridato al Signore,
mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.
6Il Signore è con me, non ho timore;
che cosa può farmi l'uomo?
7Il Signore è con me, è mio aiuto,
sfiderò i miei nemici.
8È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell'uomo.
9È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
10Tutti i popoli mi hanno circondato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
11Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
12Mi hanno circondato come api,
come fuoco che divampa tra le spine,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
13Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato mio aiuto.
14Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
15Grida di giubilo e di vittoria,
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto meraviglie,
16la destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto meraviglie.
17Non morirò, resterò in vita
e annunzierò le opere del Signore.
18Il Signore mi ha provato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.
19Apritemi le porte della giustizia:
voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.
20 È questa la porta del Signore,
per essa entrano i giusti.
21Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito,
perché sei stato la mia salvezza.
22La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d'angolo;
23ecco l'opera del Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
24Questo è il giorno fatto dal Signore:
rallegriamoci ed esultiamo in esso.
25Dona, Signore, la tua salvezza,
dona, Signore, la vittoria!
26Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore;
27Dio, il Signore è nostra luce.
Ordinate il corteo con rami frondosi
fino ai lati dell'altare.
28Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
29Celebrate il Signore, perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
Michea 3
1Io dissi:
"Ascoltate, capi di Giacobbe,
voi governanti della casa d'Israele:
Non spetta forse a voi conoscere la giustizia?
2Nemici del bene e amanti del male,
voi strappate loro la pelle di dosso
e la carne dalle ossa".
3Divorano la carne del mio popolo
e gli strappano la pelle di dosso,
ne rompono le ossa e lo fanno a pezzi
come carne in una pentola, come lesso in una caldaia.
4Allora grideranno al Signore,
ma egli non risponderà;
nasconderà loro la faccia, in quel tempo,
perché hanno compiuto cattive azioni.
5Così dice il Signore
contro i profeti che fanno traviare il mio popolo,
che annunziano la pace
se hanno qualcosa tra i denti da mordere,
ma a chi non mette loro niente in bocca
dichiarano la guerra.
6Quindi per voi sarà notte
invece di visioni,
tenebre per voi invece di responsi.
Il sole tramonterà su questi profeti
e oscuro si farà il giorno su di essi.
7I veggenti saranno ricoperti di vergogna
e gli indovini arrossiranno;
si copriranno tutti il labbro,
perché non hanno risposta da Dio.
8Mentre io son pieno di forza
con lo spirito del Signore,
di giustizia e di coraggio,
per annunziare a Giacobbe le sue colpe,
a Israele il suo peccato.
9Udite questo, dunque, capi della casa di Giacobbe,governanti della casa d'Israele,
che aborrite la giustizia e storcete quanto è retto,
10che costruite Sion sul sangue
e Gerusalemme con il sopruso;
11i suoi capi giudicano in vista dei regali,
i suoi sacerdoti insegnano per lucro,
i suoi profeti danno oracoli per denaro.
Osano appoggiarsi al Signore dicendo:
"Non è forse il Signore in mezzo a noi?
Non ci coglierà alcun male".
12Perciò, per causa vostra,
Sion sarà arata come un campo
e Gerusalemme diverrà un mucchio di rovine,
il monte del tempio un'altura selvosa.
Atti degli Apostoli 20
1Appena cessato il tumulto, Paolo mandò a chiamare i discepoli e, dopo averli incoraggiati, li salutò e si mise in viaggio per la Macedonia.2Dopo aver attraversato quelle regioni, esortando con molti discorsi i fedeli, arrivò in Grecia.
3Trascorsi tre mesi, poiché ci fu un complotto dei Giudei contro di lui, mentre si apprestava a salpare per la Siria, decise di far ritorno attraverso la Macedonia.4Lo accompagnarono Sòpatro di Berèa, figlio di Pirro, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio di Derbe e Timòteo, e gli asiatici Tìchico e Tròfimo.5Questi però, partiti prima di noi ci attendevano a Tròade;6noi invece salpammo da Filippi dopo i giorni degli Azzimi e li raggiungemmo in capo a cinque giorni a Tròade dove ci trattenemmo una settimana.
7Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane e Paolo conversava con loro; e poiché doveva partire il giorno dopo, prolungò la conversazione fino a mezzanotte.8C'era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti;9un ragazzo chiamato Èutico, che stava seduto sulla finestra, fu preso da un sonno profondo mentre Paolo continuava a conversare e, sopraffatto dal sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto.10Paolo allora scese giù, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: "Non vi turbate; è ancora in vita!".11Poi risalì, spezzò il pane e ne mangiò e dopo aver parlato ancora molto fino all'alba, partì.12Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati.
13Noi poi, che eravamo partiti per nave, facemmo vela per Asso, dove dovevamo prendere a bordo Paolo; così infatti egli aveva deciso, intendendo di fare il viaggio a piedi.14Quando ci ebbe raggiunti ad Asso, lo prendemmo con noi e arrivammo a Mitilène.15Salpati da qui il giorno dopo, ci trovammo di fronte a Chio; l'indomani toccammo Samo e il giorno dopo giungemmo a Milèto.16Paolo aveva deciso di passare al largo di Èfeso per evitare di subire ritardi nella provincia d'Asia: gli premeva di essere a Gerusalemme, se possibile, per il giorno della Pentecoste.
17Da Milèto mandò a chiamare subito ad Èfeso gli anziani della Chiesa.18Quando essi giunsero disse loro: "Voi sapete come mi sono comportato con voi fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia e per tutto questo tempo:19ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei.20Sapete come non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case,21scongiurando Giudei e Greci di convertirsi a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù.22Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà.23So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni.24Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.
25Ecco, ora so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunziando il regno di Dio.26Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero,27perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio.28Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue.29Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge;30perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé.31Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi.
32Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati.33Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno.34Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani.35In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!".
36Detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò.37Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano,38addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.
Capitolo V: Grandezza del Sacramento e condizione del sacerdote
Leggilo nella BibliotecaParola del Diletto
1. Anche se tu avessi la purezza degli angeli e la santità di San Giovanni Battista, non saresti degno di ricevere o anche solo di toccare questo sacramento. Non dipende infatti dai meriti degli uomini che si consacri e si tocchi il sacramento di Cristo, e ci si nutra del pane degli angeli. Grande è l'ufficio, grande la dignità dei sacerdoti, ai quali è dato quello che non è concesso agli angeli; giacché soltanto i sacerdoti, ordinati regolarmente nella Chiesa, hanno il potere di celebrare e di consacrare il corpo di Cristo. Il sacerdote, invero, è servo di Dio: si vale della parola di Dio, per comando e istituzione di Dio. Nel sacramento, attore primo, invisibilmente operante, è Dio, al quale è sottoposta ogni cosa, secondo il suo volere, in obbedienza al suo comando. In questo sublime sacramento, devi dunque credere più a Dio onnipotente che ai tuoi sensi o ad alcun segno visibile; a questa realtà, istituita da Dio, ti devi accostare con reverenza e con timore. "Rifletti su te stesso" e considera di chi sei stato fatto ministro, con l'imposizione delle mani da parte del vescovo (1Tm 4,16.14). Ecco, sei stato fatto sacerdote e consacrato per celebrare. Vedi, dunque, di offrire il sacrificio a Dio con fede, con devozione, e al tempo conveniente; vedi di offrire te stesso, irreprensibile. Non si è fatto più leggero il tuo carico; anzi sei ormai legato da un più stretto vincolo di disciplina e sei tenuto a una maggiore perfezione di santità.
2. Il sacerdote deve essere ornato di ogni virtù e offrire agli altri l'esempio di una vita santa; abituale suo rapporto non sia con la gente volgare secondo modi consueti a questo mondo, ma con gli angeli in cielo o con la gente santa, in terra. Il sacerdote, rivestito delle sacre vesti, fa le veci di Cristo, supplichevolmente e umilmente pregando Iddio per sé e per tutto il popolo. Egli porta, davanti e dietro, il segno della croce del Signore, perché abbia costante ricordo della passione di Cristo; davanti, sulla casula, porta la croce, perché guardi attentamente a quelle che sono le orme di Cristo, e abbia cura di seguirla con fervore; dietro è pure segnato dalla croce, perché sappia sopportare con dolcezza ogni contrarietà che gli venga da altri. Porta davanti la croce, perché pianga i propri peccati; e la porta anche dietro, perché pianga compassionevolmente anche i peccati commessi da altri, e sappia di essere stato posto tra Dio e il peccatore, non lasciandosi illanguidire nella preghiera e nell'offerta, fin che non sia fatto degno di ottenere grazia e misericordia. Con la celebrazione, il sacerdote rende onore a Dio, fa lieti gli angeli, dà motivo di edificazione ai fedeli, aiuta i vivi, appresta pace ai defunti e fa di se stesso il dispensatore di tutti i benefici divini.
LETTERA 65: Agostino informa Santippo, primate della Numidia, della scandalosa condotta del prete Abbondanzio
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta all'inizio del 402.
Agostino informa Santippo, primate della Numidia, della scandalosa condotta del prete Abbondanzio (n. 1) al quale ha rifiutato di affidare la cura di una Chiesa, pur rimettendo ogni decisione ai giudici ecclesiastici (n. 2).
AGOSTINO INVIA CRISTIANI SALUTI AL PRIMATE SANTIPPO SUO FELICISSIMO SIGNORE, RISPETTABILISSIMO E AMATISSIMO PADRE E SUO COLLEGA D'EPISCOPATO
Un prete scandaloso.
1. Mentre saluto la tua Eccellenza con l'ossequio dovuto ai tuoi meriti e mi raccomando vivamente alle tue preghiere, annuncio alla tua Prudenza che un certo Abbondanzio fu ordinato prete nel borgo rurale di Strabonia appartenente alla mia giurisdizione. Siccome costui, non seguendo la via delle persone consacrate a Dio, aveva cominciato ad acquistare una cattiva fama, io mi sono allarmato e pur non credendo nulla alla leggera, ho fatto del tutto per arrivare in qualche modo ad avere indizi sicuri della sua cattiva condotta. E innanzitutto son venuto a sapere ch'egli aveva stornato una somma di denaro affidatagli da un contadino come un deposito sacro, e della quale non ha potuto render conto in modo plausibile. È stato provato - e lo ha confessato lui stesso - che la vigilia del Natale del Signore, in cui la Chiesa di Gippi, come tutte le altre, osservava il digiuno, dopo essersi accomiatato dal prete di Gippi, suo collega, poco prima di mezzogiorno, fingendo di recarsi alla propria Chiesa, senza avere con sé alcun chierico, rimase nel medesimo villaggio e pranzò e cenò in casa d'una femmina di cattiva reputazione, e rimase [la notte] nella medesima casa. Orbene, egli era perfettamente a conoscenza - e non poté negarlo - che in quella stessa casa era già stato un nostro chierico d'Ippona, e perciò degradato. Io ho rimesso al giudizio di Dio quanto da lui negato; ma ho giudicato solo quel che non aveva potuto nascondere; ho quindi avuto timore di affidargli la chiesa, soprattutto perché situata in mezzo agli eretici, che abbaiano attorno come cani arrabbiati. Mi pregò inoltre di dargli una lettera di raccomandazione per il prete del borgo di Armemano, sito nel territorio di Bolla d'onde era venuto da noi, perché quello non sospettasse qualche colpa più nefanda sul conto di lui. Aveva intenzione di vivere là nel modo più corretto possibile senza compiere alcuna funzione sacerdotale. Io mi lasciai prendere dalla compassione. Ecco le notizie che soprattutto era mio dovere comunicare alla tua Prudenza, perché non ti sorprendesse qualche inganno.
Provvedimenti e cautele contro un prete indegno.
2. Venni a sapere il suo caso solo quando mancavano cento giorni alla domenica di Pasqua, che cadrà il sei aprile. Mi sono preoccupato di farti sapere questo fatto in ossequio ai decreti del concilio, che ho fatto conoscere anche a lui; gli ho fatto inoltre sapere con molta esattezza che v'era una norma del concilio secondo la quale, se intendeva trattare la propria causa e non lo avesse fatto nel termine di un anno, passato quel termine, nessuno gli avrebbe più dato ascolto. Quanto invece a noi, mio felicissimo signore e padre venerato e stimatissimo, stiamo attenti a punire secondo i decreti del concilio questi indizi di cattiva condotta dei chierici, soprattutto quando comincia ad accompagnarli una fama non buona. Altrimenti incominceremo ad essere costretti a voler discutere su cose che non si possono accertare e così a condannare colpe incerte o a passare sopra a cose realmente sconosciute. Io, senza affatto esitare, ho ritenuto mio dovere rimuovere dalle sue funzioni di sacerdote, temendo di affidargli in seguito una chiesa di Dio, un prete che in giorno di digiuno praticato pure nella chiesa di quel luogo, accomiatatosi dal prete del medesimo luogo, suo collega, osò rimanere a pranzare e cenare in casa di una femmina malfamata senz'essere accompagnato da nessun chierico, e dormire nella medesima casa. Se però i giudici ecclesiastici fossero per caso di altro parere, essendo stato stabilito dal Concilio che la causa di un prete deve essere definita da sei vescovi, chi lo vuole gli affidi pure una chiesa posta sotto la propria giurisdizione. Quanto a me, lo confesso, temo di affidare una qualunque comunità di fedeli a dei preti siffatti, non sostenuti per nulla da una buona fama in modo che si possa perdonar loro una colpa: e lo temo perché, se dovesse scoppiare uno scandalo più grave, non debba imputarlo con mio dolore a me stesso.
21 -L'anima di Maria santissima entrò nell'empireo.
La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca760. A proposito della gloria e della felicità di cui partecipano i santi nella visione beatifica, san Paolo dice con Isaia che occhio mortale non ha visto, né orecchio ha udito, né cuore umano ha potuto penetrare quello che Dio ha preparato per coloro che lo amano e che in lui sperano. Conformemente a questa verità professata secondo la fede cattolica, non stupisce ciò che si racconta sia successo a sant'Agostino: nonostante fosse un grande luminare della Chiesa, mentre si accingeva a scrivere un trattato sulla condizione dei beati, gli apparve il suo grande amico san Girolamo, che in quel momento era morto ed entrato nella gioia del Signore, e lo disingannò, dichiarandogli che non avrebbe potuto conseguire il suo intento come desiderava, dal momento che nessuna lingua né penna degli uomini sarebbe stata in grado di manifestare la minima parte dei beni goduti dagli eletti in paradiso. Quand'anche di quella realtà non avessimo altra testimonianza dalla sacra Scrittura se non il sapere che è definitiva, ciò supererebbe già la nostra capacità di comprensione, che non può raggiungere l'eternità neppure con grandi sforzi, poiché Dio, per quanto lo si possa conoscere e amare in misura crescente, è inesauribile ed incomprensibile. Egli chiamò all'esistenza tutte le cose senza che queste consumassero il suo potere; neanche se creasse innumerevoli altri mondi sarebbe indebolito, perché rimarrebbe sempre infinito ed immutabile. Allo stesso modo, nonostante i santi che lo contemplano e ne godono siano un numero incalcolabile, egli resta da essere conosciuto ed amato senza fine; infatti, sia nella vita mortale sia in quella incorruttibile, ciascuno partecipa di lui in maniera limitata e in base alla propria disposizione.
761. Se, per tale motivo, la gloria di un beato qualsiasi, fosse anche il più piccolo, è ineffabile, che diremo di quella di Maria santissima, lei che, fra i santi, è la più simile al suo Figlio? Che diremo, se anche nella grazia li supera tutti, come l'imperatrice o la regina i suoi vassalli? Questa verità si può e si deve credere, ma finché siamo nel mondo non è possibile intenderla, né spiegarne la minima parte, perché la sproporzione e l'insufficienza delle nostre parole la possono più oscurare che chiarire. Adoperiamoci dunque ora non per comprenderla, ma per meritare che ci sia manifestata nella futura esistenza, quando otterremo la felicità che speriamo in misura maggiore o minore a seconda delle opere compiute.
762. Il nostro Redentore entrò nel cielo, avendo alla sua destra l'anima immacolata della Madre. Ella fu la sola tra i mortali a non dover passare attraverso il giudizio particolare, che quindi per lei non ebbe luogo. Non le fu chiesto conto dei benefici ricevuti, né le venne imputato alcun peccato, come le era stato promesso al momento in cui era stata preservata dalla colpa d'origine, era stata eletta regina e aveva avuto il privilegio di non essere sottomessa alle leggi dei figli di Adamo. Per la stessa ragione, alla fine dei tempi comparirà ancora alla destra del Signore, a lui associata nel giudizio universale a cui ella, a differenza degli altri, non sarà sottoposta. Se nel primo istante della sua concezione fu aurora limpidissima e rifulgente, carezzata dai raggi del Sole divino al di sopra dello splendore dei più ardenti serafini; se in seguito si sollevò sino a toccare lo stesso Dio quando il Verbo si unì con la sua purissima sostanza nell'umanità di Cristo, ne conseguiva che per tutta l'eternità ella fosse sua compagna, con la somiglianza possibile tra Figlio e Madre, essendo egli Dio e uomo ed ella semplice creatura. Con questo titolo il Salvatore la presentò all'Altissimo, al quale si rivolse in presenza dei beati attenti a questa meraviglia; gli disse: «Padre mio, la mia amantissima Madre, vostra cara figlia e diletta sposa dello Spirito Santo, viene a ricevere il possesso della corona imperitura che le abbiamo preparato in premio dei suoi meriti. Questa è colei che nacque tra gli uomini come rosa tra le spine, intatta, pura e bella, degna di essere accolta nelle nostre mani, là dove non arrivò nessun altro e dove non possono pervenire quanti sono stati concepiti nel peccato. È lei la nostra prescelta, unica e singolare, alla quale abbiamo dato di accedere alle nostre perfezioni, superando la comune legge dei mortali; è in lei che abbiamo depositato il tesoro della nostra divinità inaccessibile; è lei che con fedeltà assoluta ha conservato e fatto fruttificare i talenti che le abbiamo affidato; è lei che non si è mai allontanata dalla nostra volontà e che ha trovato grazia ai nostri occhi. Padre mio, il tribunale della nostra misericordia e giustizia è rettissimo e ricompensa con abbondanza i servizi dei nostri amici. È giusto che a mia Madre, in quanto tale, sia concesso il premio; se nella vita e nelle opere mi fu simile, per quanto lo possa una semplice creatura, deve esserlo pure nella gloria e nel posto che occuperà accanto alla nostra Maestà, affinché dov'è la santità per essenza vi sia anche la somma santità per partecipazione».
763. Questo decreto del Verbo incarnato venne approvato dal Padre e dallo Spirito Santo. Subito l'anima santissima di Maria fu innalzata alla destra del suo figlio e Dio vero e collocata sul seggio regale della beatissima Trinità, a cui né uomini, né angeli, né serafini giunsero o giungeranno mai. In ciò consiste la sublime ed eccellente superiorità della nostra Signora: essere assisa sul medesimo trono delle Persone divine quale imperatrice, mentre i santi occupano il posto di servi e ministri del supremo Re. All'eminenza di quella posizione, inarrivabile per chiunque altro, nella Vergine immacolata corrispondono le doti di gloria, comprensione, visione e fruizione, perché ella gode al di sopra e più di tutti di quell'oggetto infinito, del quale in paradiso si sperimenta il gaudio per gradi e varietà innumerevoli. Nessuno tra i beati conosce, penetra, intende l'essere divino e i suoi attributi come lei; nessuno le è pari nell'amare e nel gioire dei misteri imperscrutabili dell'Altissimo. Inoltre, sebbene tra la gloria della Trinità e quella della Regina del cielo vi sia una distanza illimitata, poiché la luce della Divinità è inaccessibile e in essa sola si trova 1'immortalità, sebbene nelle doti anche l'anima santissima di Cristo superi senza misura sua Madre, pure lo splendore di lei è di gran lunga più intenso di quello dei santi, somigliando a Cristo in una maniera incomprensibile e incomunicabile nella vita presente.
764. È intraducibile in parole la nuova esultanza che i beati acquistarono quel giorno, componendo e cantando nuovi cantici di lode all'Onnipotente e alla sua Figlia, madre e sposa, nella quale egli esaltava le opere della sua destra. E benché nel Signore la gioia interiore non possa accrescersi perché è immutabile ed infinita sin dal principio, in quest'occasione le dimostrazioni esteriori della sua compiacenza nell'adempimento dei suoi eterni disegni furono maggiori. Dal trono regale infatti usciva una voce come se fosse stata della persona del Padre, che diceva: «Nella glorificazione della nostra amatissima Figlia i nostri desideri sono stati appagati e la nostra santa volontà è stata pienamente eseguita. Dal nulla, abbiamo dato l'essere ad ogni vivente, affinché fosse partecipe dei nostri beni e tesori incommensurabili, conformemente alla nostra immensa bontà. Intanto gli stessi che noi facemmo capaci di ricevere la vita divina hanno reso inutile per sé questo beneficio. Solo la nostra diletta Figlia non ebbe parte alla disubbidienza degli altri e meritò ciò che essi hanno disprezzato da indegni figli della perdizione. Mai, in nessun momento, ella ha tradito il nostro amore; a lei spettano i premi che con il nostro comune e condizionato volere avevamo preparato per gli angeli ribelli e per gli uomini che li hanno imitati, se avessero tutti cooperato con la grazia loro concessa rispondendo alla nostra chiamata. Con il suo abbandono e la sua obbedienza, ella ha compensato questa ingratitudine, ci ha dato pieno compiacimento nelle sue azioni e ha meritato di sedere accanto alla nostra Maestà».
765. Il terzo giorno dopo che Maria santissima aveva cominciato a godere di questa gloria per non lasciarla più, Dio manifestò ai santi la volontà di far tornare l'anima del la Vergine sulla terra perché, riunendosi al suo corpo, lo risuscitasse e fosse di nuovo sollevata in corpo ed anima alla destra del Figlio senza aspettare la generale risurrezione dei morti. Gli eletti non potevano ignorare l'opportunità di tale dono, conseguenza delle prerogative da lei ricevute e della sua sublime dignità di regina dell'universo, giacché anche per i mortali è talmente credibile che, qualora la santa Chiesa non l'avesse riconosciuta, sarebbe stato giudicato empio e insensato colui che avesse preteso di negarla. In quella circostanza, tuttavia, i beati ne compresero la convenienza con maggior chiarezza e, non appena il Signore manifestò loro in se stesso la sua decisione, ne conobbero pure il momento preciso. Quando giunse, Cristo scese dal cielo con l'anima della Madre purissima alla sua destra, accompagnato da molte legioni di angeli e dagli antichi padri e profeti. Arrivarono al sepolcro nella valle di Giosafat e, stando tutti davanti a quel tempio verginale, il Salvatore si rivolse ai santi dicendo:
766. «Mia Madre fu concepita senza colpa, affinché dalla sua sostanza immacolata prendessi l'umanità con cui io venni nel mondo e lo redensi dal peccato. La mia carne è la sua carne, ed ella ha collaborato con me all'opera della salvezza. Per questo devo risuscitarla, come io stesso risuscitai da morte, e voglio che ciò avvenga nel medesimo tempo e alla medesima ora, per renderla completamente simile a me». I giusti dell'antica alleanza con nuovi inni ringraziarono il Creatore per il beneficio compiuto; in particolare si distinsero i nostri progenitori Adamo ed Eva e dopo di essi sant'Anna, san Gioacchino e san Giuseppe, i quali avevano speciali ragioni per magnificare Dio in quella meraviglia della sua onnipotenza. Subito, per ordine del Figlio, l'anima della gran Signora entrò nel corpo castissimo e lo risuscitò, dandogli vita immortale e gloriosa e comunicandogli le quattro doti di chiarezza, impassibilità, agilità e sottigliezza che le sono proprie.
767. Così Maria santissima in anima e corpo uscì dal sepolcro senza rimuovere il masso che lo sigillava, né mutare la posizione della tunica e del sudario che avevano ricoperto la salma. È impossibile narrare come la bellezza della Vergine beata rifulgesse, e perciò non mi trattengo a farlo. Mi basta dire che ella diede all'Unigenito del Padre la forma di uomo nel suo talamo inviolato e gliela diede limpida e senza macchia perché riscattasse il genere umano. In cambio sua Maestà, con questa nuova grazia, le conferì una magnificenza analoga alla sua. In tale corrispondenza tra Figlio e Madre, tanto misteriosa e divina, ciascuno fece quello che poté: Maria generò Cristo simile a se stessa in quanto fu possibile e Cristo risuscitò Maria comunicandole la sua gloria, nella misura in cui ella poté riceverla in quanto semplice creatura.
768. Dal sepolcro prese avvio una solenne processione che si allontanò progressivamente verso l'alto, mentre si udiva una musica paradisiaca. Ciò accadde alla medesima ora della risurrezione del nostro Salvatore, nella domenica successiva al transito di sua Altezza, dopo la mezzanotte. Per questo motivo, sul momento il prodigio non fu noto a tutti gli apostoli, ma solo a quelli che vegliavano al sacro sepolcro. I santi e gli angeli entrarono nell'empireo nell'ordine in cui erano partiti dalla terra; da ultimo venivano il Redentore e, alla sua destra, la Regina vestita con abiti in tessuto d'oro - come dice Davide -, tanto bella da suscitare l'ammirazione dei cortigiani del cielo, che si volsero a guardarla e a benedirla con rinnovato giubilo e canti di lode. Si udirono allora quegli elogi misteriosi che di lei lasciò scritti Salomone: «Uscite, figlie di Sion, a vedere la vostra Signora, che le stelle mattutine esaltano e i figli dell'Altissimo festeggiano. Chi è costei che sale dal deserto come un bastoncino di profumi aromatici'? Chi è costei che sorge come l'aurora, più bella della luna, fulgida come il sole, e terribile come schiere a vessilli spiegati? Chi è costei che sale dal deserto, appoggiata al suo diletto, spargendo delizie in abbondanza? Chi è costei, nella quale Dio stesso ha trovato compiacimento più che in tutte le creature, al di sopra delle quali egli la solleva fino alla sua inaccessibile luce e maestà? Oh, meraviglia mai vista! Oh, novità degna della sapienza infinita! Oh, prodigio di quell'onnipotenza che tanto magnifica ed innalza la sua umile serva!».
769. Rivestita di questa gloria, la vergine Maria giunse in corpo e anima al cospetto delle tre divine Persone, che l'accolsero con un abbraccio indissolubile. Il Padre le disse: «Salite più in alto degli altri viventi, mia eletta, figlia e colomba mia». E il Verbo incarnato: «Madre mia, voi che mi avete dato l'umanità e, imitandomi perfettamente, avete contraccambiato tutto il bene che ho fatto, ricevete ora dalle mie mani il premio da voi meritato». E lo Spirito Santo: «Mia sposa amatissima, entrate nella gioia perenne che corrisponde al vostro fedelissimo amore: amate e godete senza più preoccupazioni, poiché l'inverno del soffrire è già passato e siete giunta all'eterno possesso dei nostri amplessi». Ella rimase assorta nella Trinità santissima e come sommersa da quello sconfinato abisso del mare divino, mentre i santi erano pieni di stupore e di nuovo gaudio accidentale. Poiché l'opera dell'Onnipotente si manifestò con ulteriori meraviglie, ne riferirò qualcosa, se potrò, nel prossimo capitolo.
Insegnamento della Regina del cielo
770. Figlia mia, è deplorevole ed inescusabile l'ignoranza degli esseri umani nel non rammentare di proposito la gloria che il Signore riserva per coloro che si dispongono a meritarla. Voglio che tu pianga amaramente questo oblìo così pernicioso e che te ne dolga; chi volontariamente dimentica la felicità imperitura, infatti, è in evidente pericolo di perderla. Nessuno ha una buona scusa al riguardo, non solo perché conservarne la memoria o cercare di acquistarla non costa troppa fatica, ma anche perché, al contrario, tutti si danno molto da fare, spendendo ogni loro energia, per scordarsi dello scopo per il quale furono creati. Di certo una simile trascuratezza nasce dal fatto che essi si abbandonano alla superbia della vita, all'avidità degli occhi e alla concupiscenza della carne. Impiegando in ciò ogni facoltà dell'anima e l'intero arco dell'esistenza, non resta loro né sollecitudine, né attenzione, né spazio per pensare con calma, o anche senza calma, alla celeste beatitudine. Dicano intanto gli uomini e confessino se tale ricordo reca loro più travaglio del seguire le cieche passioni procurandosi riconoscimenti e piaceri transitori, che presto svaniscono e che molte volte essi, dopo essersi tanto affannati, neppure conseguono.
771. Quanto è più facile per i mortali non cadere in siffatta perversità! Lo è soprattutto per i figli della Chiesa, i quali custodiscono la fede e la speranza, che senza alcuno sforzo insegnano loro questa verità! E quand'anche conseguire il gaudio perenne richiedesse loro un impegno pari a quello necessario per ottenere prestigio e beni apparenti, sarebbe davvero grande pazzia affaticarsi per il falso e le pene eterne come per il vero e l'eterna gloria. Tu conoscerai molto bene, figlia mia, questa detestabile stoltezza e su di essa piangerai, se consideri il tempo in cui vivi, così turbato da guerre e discordie. Rifletti: sono numerosi gli infelici che vanno in cerca della morte per una breve e vana ricompensa di onore, di vendetta e di altri vili interessi del genere, non curandosi del loro destino più di quel che farebbero se fossero irragionevoli. Sarebbe una fortuna per loro estinguersi con la morte corporale, come accade a quelle cose che con tanta avidità ricercano, ma poiché la maggior parte di essi opera contro la giustizia e coloro che pur praticandola vivono immemori del proprio fine ultimo, gli uni e gli altri muoiono per sempre.
772. Questo dolore è più grande di ogni altro ed è una disavventura senza pari. Affliggiti, lamentati e piangi inconsolabilmente per la rovina di tante anime riscattate dal sangue di mio Figlio. Ti assicuro, carissima, che, se gli esseri umani non ne fossero indegni, la carità mi indurrebbe ad inviare loro dal cielo, dove mi trovo nella gloria a te nota, parole che potessero essere sentite in tutto il mondo. Gridando direi: «Uomini mortali ed ingannati, che cosa fate? Per che cosa vivete? Sapete per caso che cosa sia vedere Dio faccia a faccia, partecipare del suo splendore e godere della sua compagnia? A che cosa pensate? Chi vi ha turbato ed oscurato la capacità di giudizio? Che cosa otterrete se perdete questo vero bene senza averne altro? La fatica è breve, il godimento infinito e la pena eterna».
773. Tu, compenetrata da un simile dolore che io cerco di risvegliare in te, impegnati con ogni sollecitudine per non incorrere nel medesimo pericolo, tenendo presente quale vivo esempio la mia vita, che come sai fu un continuo intenso patire; quando giunsi a ricevere il premio, però, tutto quello strazio mi parve un niente e lo scordai come se fosse stato una cosa da poco. Risolviti a seguirmi nella sofferenza, o amica, e, se questa fosse più acuta di quella di tutti i mortali, considerala leggerissima: nulla ti sembri difficile, gravoso o molto amaro, anche se si trattasse di passare per il ferro e il fuoco. Stendi la mano a compiere gesta eccelse e fornisci i sensi, che sono i tuoi domestici, delle doppie vesti del soffrire e dell'agire con ogni tua facoltà. Nello stesso tempo, voglio che non ti lasci contagiare da un altro comune errore dei figli di Adamo, i quali dicono: «Contentiamoci di assicurarci la salvezza: ottenere maggiore o minore gloria non ha molta importanza, poiché staremo tutti in paradiso». Una tale ignoranza, figlia mia, deriva da grande stoltezza e da scarso amore verso Dio e perciò non garantisce la salvezza, ma anzi la mette a repentaglio; coloro che pretendono di fare con l'Onnipotente questi patti lo disobbligano e lo spingono a lasciarli nel pericolo di perdere la beatitudine stessa. La fragilità umana opera nel bene in misura sempre inferiore rispetto al suo desiderio, per cui, quando questo non è ardente, realizza molto poco e rischia di essere privata della vita eterna.
774. Chi si accontenta della mediocrità e del minimo grado di virtù lascia sempre spazio, nella volontà e nelle inclinazioni interiori, ad altri affetti per cose terrene e lo fa di proposito. Un amore del genere non può essere conservato senza che si trovi subito in opposizione all'amore divino: è impossibile perciò voler mantenere l'uno e l'altro contemporaneamente. Quando la creatura decide di amare Dio con tutto il cuore e con tutte le forze, come egli comanda, il Signore medesimo tiene in conto questa determinazione anche se l'anima, a causa di altri suoi difetti, non raggiunge i beni più sublimi. Il disprezzarli, però, o il non dare loro valore intenzionalmente non è da figli, né da veri amici; al contrario è da schiavi che si contentano di vivere tralasciando il resto. Se i santi potessero ritornare ad acquistare qualche grado di gloria col soffrire i tormenti del mondo intero fino al giorno del giudizio, di certo lo farebbero, perché conoscono realmente quanto valga il premio e amano Dio con carità perfetta. Non conviene che sia loro accordata simile possibilità che invece fu concessa a me, come hai scritto in questa Storia. Col mio esempio ciò resta confermato e viene comprovata l'insipienza di quelli che, per evitare di abbracciare la croce di Cristo, vogliono una mercede limitata, andando contro la disposizione della bontà infinita dell'Altissimo, il quale desidera che le sue creature abbiano molti meriti e siano ricompensate copiosamente con la suprema felicità del cielo.
27-33 Febbraio 6, 1930 Effetti di vivere nel Volere Divino e nel volere umano. Come il modo d’operare nell’anima simboleggia la Creazione. Come prima fa le cose piccole e poi le grandi.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Continuo il mio abbandono nel Volere Divino, la mia povera mente è sempre come affollata di ciò che riguarda un Volere sì Santo, anzi mi sembra che i miei pensieri si tuffano nel suo mare di luce, e poi escono come tanti messaggeri, che portano tante belle notizie da dentro quel mare dove sono stati, e chi vuol dire una cosa e chi un’altra di quel Fiat, di cui si gloriano di conoscerlo e di riceverne la vita. Ed io mi diletto ad ascoltarli, e molte volte non so dire in parole le tante belle notizie che i miei pensieri mi portano del mare di luce del Volere Divino, e sento il bisogno di Gesù che mi guidi, che mi imbocchi le parole, altrimenti non saprei dir nulla. Onde mentre mi trovavo nel mare del Fiat Divino, il mio dolce Gesù, facendosi vedere in atto di aiutarmi a cambiare in parole ciò che la mia mente pensava, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, gli effetti del vivere nel mio Volere Divino sono mirabili. Il mio Fiat tiene la creatura sempre rivolta al Cielo e la fa crescere non di terra, ma di Cielo, e siccome la Volontà mia è una con la mia stessa Volontà che opera nella creatura, questa mia stessa Volontà mette l’anima in ordine al suo Creatore e le va manifestando chi è Colui che l’ha creata, quanto l’ama, e come vuol essere amato, e mettendola di fronte ai riflessi divini, fa dilettare al suo Creatore a via di riflessi, a far crescere e dipingere la sua immagine in colei che possiede e fa una la sua volontà con Colui che l’ha creata. E siccome il mio Fiat la tiene sempre rivolta al Cielo, né tiene il tempo di guardare la terra, perché è assorbita dall’Ente Supremo, ed ancorché la guardasse, tutte le cose si convertono in Cielo, perché dov’Essa regna tiene virtù di cambiare natura alle cose. E perciò la creatura che vive nel mio Volere Divino, tutto è Cielo per lei, cresce per il Cielo, perché il Cielo della mia Divina Volontà regna nell’anima sua. Invece chi vive di volontà umana è rivolta sempre in sé stessa, e col guardare sé stessa, l’umano volere le va scoprendo ciò ch’è umano, e la mette ai riflessi di ciò che esiste nel basso mondo, in modo che si può dire che vive di terra e cresce senza la somiglianza di Colui che l’ha creata. C’è tal differenza tra l’una e l’altra, che se le creature la potessero vedere, tutti amerebbero e sospirerebbero di vivere nel mio Fiat, ed aborrirebbero di vivere di volontà umana e terrebbero come la più grande sventura, che le fa perdere lo scopo e l’origine per cui furono create. Succederebbe come ad un re che depone la sua corona, le sue vesti regali, scende dalla sua reggia e veste di stracci sporchi, si ciba di cibi immondi, e vive in una stalla insieme con le bestie delle sue passioni; non sarebbe da piangere la sorte di costui? Tale è chi si fa dominare dalla sua volontà umana”.
(3) Dopo di ciò, seguivo a pensare alle tante cose che il mio amato Gesù ha operato nella povera e piccola anima mia, ai tanti suoi modi amorosi, che volerli dire tutti mi sarebbe impossibile. Ma chi può dire ciò che pensavo, e la causa perché la mia piccola intelligenza era come affollata di ciò che mi era successo nella mia esistenza? Ma mentre mi trovavo in preda di tanti pensieri, il mio sommo ed unico bene Gesù, stringendomi tutta a Sé, con tenerezza indicibile mi ha detto:
(4) “Figlia mia, il mio modo d’operare nell’anima tua simboleggia tutta la Creazione. Opera grande fu la Creazione, ma siccome le opere nostre sono ordinate, ci contentammo prima di creare le cose piccole, il cielo, le stelle, il sole, il mare, le piante e tutto il resto, cioè piccole al confronto della creazione dell’uomo, che tutto doveva superare e tenere la supremazia su tutto; e quando le cose devono servire a colui che le deve padroneggiare ed esserne il re, per quanto fossero o paressero grandi, sono sempre piccole a confronto di colui che devono servire. Onde dopo che l’universo fu creato e tutte le cose stavano al loro posto d’ordine, aspettando colui, che come un esercito ordinato, dovevano schierarsi in torno a lui, per servirlo ed ubbidire ai suoi cenni, creammo l’uomo. Tutte le cose create ed il suo stesso Creatore si riversarono su di lui per cantargli i nostri eterni amori e dirgli: “Tutti abbiamo l’impronta del nostro Creatore e la riversiamo su di te, che ne sei la sua immagine”. Cieli e terra fecero festa completa e la stessa nostra Divinità festeggiò con tanto amore la creazione dell’uomo, che il solo ricordarlo rigurgita tanto forte il nostro amore, che straripando forma mari immensi intorno a Noi.
(5) Ora, il regno della mia Divina Volontà è più grande dell’opera della Creazione, e perciò, si può dire, è il richiamo al nostro Essere Divino d’operare più della stessa Creazione. Onde tutto ciò che feci a principio nell’anima tua, simboleggia la Creazione, ti volli tutta a Me e tutta mia per essere libero di fare ciò che Io volessi; volli il vuoto nell’anima tua di tutto, per poter distendere il mio cielo, ed i tanti detti sulle virtù che ti dicevo erano stelle, che praticate da te, nel modo voluto da Me, me ne servivo per ornare il cielo che avevo esteso in te. Quindi volevo rifare in te, e rifarmi di tutto ciò che di male ed indegno aveva fatto l’umana famiglia; per richiamare il sole del mio Fiat Divino era necessario preparare con decoro colei che doveva ricevere, per la prima, la Vita della mia Divina Volontà. Ecco perciò facevo scorrere i mari di grazie, le più belle fioriture, quasi come nella creazione dell’uomo, in cui doveva regnare il mio Fiat Divino; così in te, tutto ciò che Io facevo si metteva in aspettativa per corteggiare come un esercito divino il sole del mio Eterno Volere. E come nella Creazione abbondammo tanto nel creare tante cose che dovevano servire l’uomo, ma perché quest’uomo doveva far regnare in lui la mia Divina Volontà, così in te, tutto è stato fatto perché Essa trovasse il suo posto d’onore e di gloria. Ecco perciò era necessario che prima dovevo prepararti con tante grazie ed insegnamenti, come cose piccole al confronto del gran sole del mio Volere Divino, che con tante sue manifestazioni mentre si faceva conoscere, formava la sua Vita per regnare e formare il suo primo regno nella creatura. Quindi non ti meravigliare, è l’ordine della nostra sapienza e provvidenza, che prima fa le cose piccole e poi le grandi, per corteggio e per decoro delle cose grandi. Che cosa non merita il mio Fiat Divino? Che non gli si deve? E che cosa non è stata fatta da Esso? Perciò quando si tratta di Essa o di farla conoscere, Cieli e terra si prostrano riverenti e tutti adorano in muto silenzio un’atto solo della mia Divina Volontà”.