Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Grande soddisfazione l'amare, quando non vi è pericolo di eccedere, grandissima quando si ama Dio, perché non vi può essere tale pericolo. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 21° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 3

1In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea,2dicendo: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!".
3Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse:
'Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!'

4Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico.5Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano;6e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.
7Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: "Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente?8Fate dunque frutti degni di conversione,9e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre.10Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.11Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco.12Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile".

13In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui.14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: "Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?".15Ma Gesù gli disse: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Allora Giovanni acconsentì.16Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui.17Ed ecco una voce dal cielo che disse: "Questi è il 'Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto'".


Primo libro delle Cronache 29

1Il re Davide disse a tutta l'assemblea: "Salomone mio figlio, il solo che Dio ha scelto, è ancora giovane e debole, mentre l'impresa è grandiosa, perché la Dimora non è destinata a un uomo ma al Signore Dio.2Secondo tutta la mia possibilità ho fatto preparativi per il tempio del mio Dio; ho preparato oro su oro, argento su argento, bronzo su bronzo, ferro su ferro, legname su legname, ònici, brillanti, topàzi, pietre di vario valore e pietre preziose e marmo bianco in quantità.3Inoltre, per il mio amore per la casa del mio Dio, quanto possiedo in oro e in argento dò per il tempio del mio Dio, oltre quanto ho preparato per il santuario:4tremila talenti d'oro, d'oro di Ofir, e settemila talenti d'argento raffinato per rivestire le pareti interne,5l'oro per gli oggetti in oro, l'argento per quelli in argento e per tutti i lavori da eseguirsi dagli artisti. Ora, chi vuole essere generoso oggi per il Signore?".6Si dimostrarono volenterosi i capifamiglia, i capitribù di Israele, i capi di migliaia e di centinaia e i dirigenti degli affari del re.7Essi diedero per l'opera del tempio cinquemila talenti d'oro, diecimila darìci, diecimila talenti d'argento, diciottomila talenti di bronzo e centomila talenti di ferro.8Quanti si ritrovarono pietre preziose le diedero a Iechièl il Ghersonita, perché fossero depositate nel tesoro del tempio.9Il popolo gioì per la loro generosità, perché le offerte erano fatte al Signore con cuore sincero; anche il re Davide gioì vivamente.
10Davide benedisse il Signore davanti a tutta l'assemblea. Davide disse: "Sii benedetto, Signore Dio di Israele, nostro padre, ora e sempre.11Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno; tu ti innalzi sovrano su ogni cosa.12Da te provengono la ricchezza e la gloria; tu domini tutto; nella tua mano c'è forza e potenza; dalla tua mano ogni grandezza e potere.13Ora, nostro Dio, ti ringraziamo e lodiamo il tuo nome glorioso.14E chi sono io e chi è il mio popolo, per essere in grado di offrirti tutto questo spontaneamente? Ora tutto proviene da te; noi, dopo averlo ricevuto dalla tua mano, te l'abbiamo ridato.15Noi siamo stranieri davanti a te e pellegrini come tutti i nostri padri. Come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra e non c'è speranza.16Signore nostro Dio, quanto noi abbiamo preparato per costruire una casa al tuo santo nome proviene da te, è tutto tuo.17So, mio Dio, che tu provi i cuori e ti compiaci della rettitudine. Io, con cuore retto, ho offerto spontaneamente tutte queste cose. Ora io vedo il tuo popolo qui presente portarti offerte con gioia.18Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Israele, nostri padri, custodisci questo sentimento per sempre nell'intimo del cuore del tuo popolo. Dirigi i loro cuori verso di te.19A Salomone mio figlio concedi un cuore sincero perché custodisca i tuoi comandi, le tue disposizioni e i tuoi decreti, perché eseguisca tutto ciò e costruisca l'edificio, per il quale io ho eseguito i preparativi".
20Davide disse a tutta l'assemblea: "Su, benedite il Signore vostro Dio!". Tutta l'assemblea benedisse il Signore, Dio dei suoi padri; si inginocchiarono e si prostrarono davanti al Signore e al re.
21Offrirono sacrifici al Signore e gli bruciarono olocausti il giorno dopo: mille giovenchi, mille arieti, mille agnelli con le relative libazioni, oltre numerosi sacrifici per tutto Israele.22Mangiarono e bevvero alla presenza del Signore in quel giorno con manifestazioni di grande gioia. Di nuovo proclamarono re Salomone, figlio di Davide, lo unsero, consacrando lui al Signore come capo e Zadòk come sacerdote.
23Salomone sedette sul trono del Signore come re al posto di Davide suo padre; prosperò e tutto Israele gli fu sottomesso.24Tutti gli ufficiali, i prodi e anche tutti i figli del re Davide si sottomisero al re Salomone.25Il Signore rese grande Salomone di fronte a tutto Israele e gli diede uno splendore di regno, che nessun predecessore in Israele aveva avuto.
26Davide, figlio di Iesse, aveva regnato su tutto Israele.27La durata del suo regno su Israele era stata di quarant'anni; in Ebron aveva regnato sette anni e in Gerusalemme trentatré.28Morì molto vecchio, sazio di anni, di ricchezza e di gloria. Al suo posto divenne re il figlio Salomone.
29Le gesta del re Davide, le prime come le ultime, ecco sono descritte nei libri del veggente Samuele, nel libro del profeta Natan e nel libro del veggente Gad,30con tutta la storia del suo regno, della sua potenza e di quanto avvenne in quei tempi durante la sua vita, in Israele e in tutti i regni degli altri paesi.


Salmi 40

1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'

2Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
3Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
4Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.

Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
5Beato l'uomo che spera nel Signore
e non si mette dalla parte dei superbi,
né si volge a chi segue la menzogna.
6Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio,
quali disegni in nostro favore:
nessuno a te si può paragonare.
Se li voglio annunziare e proclamare
sono troppi per essere contati.

7Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto.
Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa.
8Allora ho detto: "Ecco, io vengo.
Sul rotolo del libro di me è scritto,
9che io faccia il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero,
la tua legge è nel profondo del mio cuore".

10Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea;
vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.
11Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore,
la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato.
Non ho nascosto la tua grazia
e la tua fedeltà alla grande assemblea.

12Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia,
la tua fedeltà e la tua grazia
mi proteggano sempre,
13poiché mi circondano mali senza numero,
le mie colpe mi opprimono
e non posso più vedere.
Sono più dei capelli del mio capo,
il mio cuore viene meno.

14Degnati, Signore, di liberarmi;
accorri, Signore, in mio aiuto.
15Vergogna e confusione
per quanti cercano di togliermi la vita.
Retrocedano coperti d'infamia
quelli che godono della mia sventura.
16Siano presi da tremore e da vergogna
quelli che mi scherniscono.

17Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano,
dicano sempre: "Il Signore è grande"
quelli che bramano la tua salvezza.
18Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare.


Salmi 88

1'Canto. Salmo. Dei figli di Core.
Al maestro del coro. Su "Macalat".
Per canto. Maskil. Di Eman l'Ezraita.'

2Signore, Dio della mia salvezza,
davanti a te grido giorno e notte.
3Giunga fino a te la mia preghiera,
tendi l'orecchio al mio lamento.

4Io sono colmo di sventure,
la mia vita è vicina alla tomba.
5Sono annoverato tra quelli che scendono nella fossa,
sono come un morto ormai privo di forza.
6È tra i morti il mio giaciglio,
sono come gli uccisi stesi nel sepolcro,
dei quali tu non conservi il ricordo
e che la tua mano ha abbandonato.

7Mi hai gettato nella fossa profonda,
nelle tenebre e nell'ombra di morte.
8Pesa su di me il tuo sdegno
e con tutti i tuoi flutti mi sommergi.

9Hai allontanato da me i miei compagni,
mi hai reso per loro un orrore.
Sono prigioniero senza scampo;
10si consumano i miei occhi nel patire.
Tutto il giorno ti chiamo, Signore,
verso di te protendo le mie mani.

11Compi forse prodigi per i morti?
O sorgono le ombre a darti lode?
12Si celebra forse la tua bontà nel sepolcro,
la tua fedeltà negli inferi?
13Nelle tenebre si conoscono forse i tuoi prodigi,
la tua giustizia nel paese dell'oblio?

14Ma io a te, Signore, grido aiuto,
e al mattino giunge a te la mia preghiera.
15Perché, Signore, mi respingi,
perché mi nascondi il tuo volto?
16Sono infelice e morente dall'infanzia,
sono sfinito, oppresso dai tuoi terrori.
17Sopra di me è passata la tua ira,
i tuoi spaventi mi hanno annientato,
18mi circondano come acqua tutto il giorno,
tutti insieme mi avvolgono.
19Hai allontanato da me amici e conoscenti,
mi sono compagne solo le tenebre.


Geremia 35

1Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore nei giorni di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda:2"Va' dai Recabiti e parla loro, conducili in una delle stanze nel tempio del Signore e offri loro vino da bere".3Io allora presi Iazanià figlio di Geremia, figlio di Cabassinià, i suoi fratelli e tutti i suoi figli, cioè tutta la famiglia dei Recabiti.4Li condussi nel tempio del Signore, nella stanza dei figli di Canàn figlio di Iegdalià, uomo di Dio, la quale si trova vicino alla stanza dei capi, sopra la stanza di Maasià figlio di Sallùm, custode di servizio alla soglia.5Posi davanti ai membri della famiglia dei Recabiti boccali pieni di vino e delle coppe e dissi loro: "Bevete il vino!".6Essi risposero: "Noi non beviamo vino, perché Ionadàb figlio di Recàb, nostro antenato, ci diede quest'ordine: Non berrete vino, né voi né i vostri figli, mai;7non costruirete case, non seminerete sementi, non pianterete vigne e non ne possederete alcuna, ma abiterete nelle tende tutti i vostri giorni, perché possiate vivere a lungo sulla terra, dove vivete come forestieri.8Noi abbiamo obbedito agli ordini di Ionadàb figlio di Recàb, nostro antenato, riguardo a quanto ci ha comandato, così che noi, le nostre mogli, i nostri figli e le nostre figlie, non beviamo vino per tutta la nostra vita;9non costruiamo case da abitare né possediamo vigne o campi o sementi.10Noi abitiamo nelle tende, obbediamo e facciamo quanto ci ha comandato Ionadàb nostro antenato.11Quando Nabucodònosor re di Babilonia è venuto contro il paese, ci siamo detti: Venite, entriamo in Gerusalemme per sfuggire all'esercito dei Caldei e all'esercito degli Aramei. Così siam venuti ad abitare in Gerusalemme".
12Allora questa parola del Signore fu rivolta a Geremia:13 "Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Va' e riferisci agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: Non accetterete la lezione, ascoltando le mie parole? Oracolo del Signore.14Sono state messe in pratica le parole di Ionadàb figlio di Recàb, il quale aveva comandato ai suoi figli di non bere vino. Essi infatti non lo hanno bevuto fino a oggi, perché hanno obbedito al comando del loro padre. Io vi ho parlato con continua premura, ma voi non mi avete ascoltato!15Vi ho inviato tutti i miei servi, i profeti, con viva sollecitudine per dirvi: Abbandonate ciascuno la vostra condotta perversa, emendate le vostre azioni e non seguite altri dèi per servirli, per poter abitare nel paese che ho concesso a voi e ai vostri padri, ma voi non avete prestato orecchio e non mi avete dato retta.16Così i figli di Ionadàb figlio di Recàb hanno eseguito il comando che il loro padre aveva dato loro; questo popolo, invece, non mi ha ascoltato.17Perciò dice il Signore, Dio degli eserciti e Dio di Israele: Ecco, io manderò su Giuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme tutto il male che ho annunziato contro di essi, perché ho parlato loro e non mi hanno ascoltato, li ho chiamati e non hanno risposto".
18Geremia riferì alla famiglia dei Recabiti: "Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Poiché avete ascoltato il comando di Ionadàb vostro padre e avete osservato tutti i suoi decreti e avete fatto quanto vi aveva ordinato,19per questo dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: a Ionadàb figlio di Recàb non verrà mai a mancare qualcuno che stia sempre alla mia presenza".


Prima lettera ai Corinzi 5

1Si sente da per tutto parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre.2E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti, in modo che si tolga di mezzo a voi chi ha compiuto una tale azione!3Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione:4nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù,5questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.
6Non è una bella cosa il vostro vanto. Non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta?7Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!8Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.
9Vi ho scritto nella lettera precedente di non mescolarvi con gli impudichi.10Non mi riferivo però agli impudichi di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolàtri: altrimenti dovreste uscire dal mondo!11Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme.12Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate?13Quelli di fuori li giudicherà Dio. 'Togliete il malvagio di mezzo a voi'!


Capitolo V: L'attento esame di se stessi

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1. Non possiamo fare troppo affidamento su noi stessi, perché spesso ci manca la grazia e la capacità di sentire rettamente. Scarsa è la luce che è in noi, e subitamente la perdiamo per la nostra negligenza. Spesso poi non ci accorgiamo neppure di essere così ciechi interiormente: facciamo il male e, cosa ancora peggiore, ci andiamo scusando. Talora siamo mossi dalla passione, e la prendiamo per zelo; rimproveriamo negli altri piccole cose e passiamo sopra a quelle più grosse, commesse da noi. Avvertiamo con prontezza, e pesiamo ben bene ciò che gli altri ci fanno soffrire, ma non ci accorgiamo di quanto gli altri soffrono per causa nostra. Chi riflettesse bene e a fondo su se stesso, non giudicherebbe severamente gli altri. L'uomo interiore, prima di occuparsi di altre cose, guarda dentro di sé; e, intento diligentemente a se stesso, è portato a tacere degli altri. Solamente se starai zitto sugli altri, guardando specialmente a te stesso, giungerai a una vera e devota interiorità.  

2. Se sarai tutto intento a te stesso e a Dio, ben poco ti scuoterà quello che sentirai dal di fuori. Sei forse da qualche parte, quando non sei presente in te? E se, dimenticando te stesso, tu avessi anche percorso il mondo intero, che giovamento ne avresti ricavato? Se vuoi avere pace e spirituale solidità, devi lasciar andare ogni cosa, e avere dinanzi agli occhi solamente te stesso. Grande sarà il tuo progresso se riuscirai a mantenerti libero da ogni preoccupazione terrena; se invece apprezzerai in qualche modo una qualsiasi cosa temporale, farai un gran passo indietro. Nulla per te sia grande, nulla eccelso, nulla gradito e caro, se non solamente Iddio, oppure cosa che venga da Dio. Considera vano ogni conforto che ti venga da qualsiasi creatura. L'anima che ama Dio disprezza tutto ciò che sia inferiore a Dio. Conforto dell'anima e vera letizia del cuore è soltanto Dio, l'eterno, l'incommensurabile, colui che riempie di sé l'universo.


Omelia 22: Chi ascolta le mie parole e crede, è passato dalla morte alla vita.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. La lezione evangelica di oggi - continuazione dei sermoni tenuti ieri e l'altro ieri - ci proponiamo di commentarla punto per punto, non come meriterebbe, ma secondo le nostre forze; come voi, del resto, attingete a questa fonte non secondo la sua abbondanza, ma secondo la vostra capacità limitata. Né possiamo noi far risuonare alle vostre orecchie la voce potente della fonte, ma solo quanto possiamo attingere, e questo noi trasmettiamo ai vostri sensi, persuasi che il Signore opera nei vostri cuori più efficacemente di quel che possiamo noi parlando alle vostre orecchie. Il tema è profondo, e chi lo tratta non è all'altezza, essendo piuttosto modesto. Tuttavia, colui che essendo grande per noi si fece piccolo, c'infonde speranza e fiducia. Poiché, se egli non ci incoraggiasse e non ci invitasse a comprenderlo, ma ci abbandonasse come esseri trascurabili (dato che non potremmo accogliere la sua divinità, se egli non avesse assunto la nostra condizione mortale e non fosse sceso fino a noi per annunciarci il suo Vangelo); se insomma non si fosse reso partecipe di quanto in noi v'è di abietto e infimo, non potremmo convincerci che ha assunto la nostra pochezza appunto per comunicarci la sua grandezza. Dico questo perché nessuno ci consideri presuntuosi se osiamo esporre queste cose, e nessuno disperi di poter intendere, con l'aiuto di Dio, ciò che il medesimo Figlio di Dio si è degnato rivelargli. E' da credere, dunque, che era sua intenzione che noi intendessimo ciò che si è degnato dirci. E se non ci riusciamo, pregheremo e ci farà dono di questa comprensione colui che, senza essere pregato, ci ha fatto dono della sua parola.

[La fede, la pietà e l'intelligenza.]

2. Ecco, rendetevi conto della profondità di queste parole: In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna (Gv 5, 24). Tutti certamente aspiriamo alla vita eterna. Ebbene, egli ci ha detto: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna. Si può dunque pensare che egli abbia voluto farci ascoltare la sua parola senza darci modo d'intenderla? Perché, se la vita eterna consiste nell'ascoltare e nel credere, tanto più consisterà nel comprendere. La pietà è il fondamento della fede, e il frutto della fede è l'intelligenza, che ci fa pervenire alla vita eterna. Allora non si leggerà più il Vangelo: colui che ora ci ha dato il Vangelo, riposte tutte le pagine che si leggono, fatta tacere la voce del lettore e del commentatore, si mostrerà a tutti i suoi che staranno al suo cospetto con cuore purificato e col corpo non più soggetto alla morte; li purificherà e li illuminerà, ed essi vivranno e vedranno che in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio (Gv 1, 1). Adesso dunque rendiamoci conto chi siamo noi e chi è colui che stiamo ascoltando. Cristo è Dio e parla con degli uomini. Vuol essere capito? Ce ne renda capaci. Vuol essere visto? Ci apra gli occhi. Non è senza motivo che ci parla; è vero quello che ci promette.

3. Chi ascolta le mie parole - dice - e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non subisce giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. Dove e quando passiamo dalla morte alla vita, così da non incorrere nel giudizio? E' in questa vita che si passa dalla morte alla vita; proprio in questa vita che ancora non è vita. In che consiste questo passaggio? Chi ascolta la mia parola - dice - e crede a colui che mi ha mandato. Crederai e compirai questo passaggio, se metterai in pratica tali parole. Ma è possibile passare restando fermi? Certo che è possibile. Uno può restare fermo col corpo, e con l'anima compiere il passaggio. Dove era prima, per dove passa e dove va? Passa dalla morte alla vita. Ecco un uomo che non si muove e nel quale si realizza quanto stiamo dicendo. Egli sta lì fermo e ascolta; forse non credeva e, ascoltando, crede: un momento fa non credeva e adesso crede. E' come se avesse compiuto un passaggio dalla regione dell'infedeltà alla regione della fede, muovendosi col cuore, non col corpo, e muovendosi in meglio; perché anche quelli che abbandonano la fede si muovono, ma in peggio. Vedi come in questa vita, che, come dico, non è ancora vita, si passa dalla morte alla vita per non incorrere nel giudizio. Perché ho detto che non è ancora vita? Se questa fosse vita, il Signore non avrebbe detto a quel tale: Se vuoi venire alla vita, osserva i comandamenti (Mt 19, 17). Non gli ha detto: Se vuoi venire alla vita eterna; non ha aggiunto "eterna", ma ha detto semplicemente vita. Quella presente non si può nemmeno chiamare vita, non essendo la vera vita. Quale è la vera vita se non quella che è eterna? Ascolta che cosa dice l'Apostolo a Timoteo: Raccomanda ai ricchi di questo mondo di non essere orgogliosi e di non riporre la loro speranza nelle instabili ricchezze, ma nel Dio vivo, che ci dà in abbondanza ogni cosa, affinché ne godiamo. Facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano liberali, generosi. A che scopo? Ascolta ciò che segue: Si accumulino per l'avvenire un tesoro posto su solide basi, che assicuri loro la vera vita (1 Tim 6, 17-19). Se devono accumularsi un tesoro per l'avvenire su solide basi che assicuri loro la vera vita, vuol dire che la loro vita attuale è una vita falsa. A che scopo, infatti, assicurarsi la vera vita, se uno già la possiede? Si deve raggiungere quella vera? bisogna emigrare da quella falsa. Donde e dove bisogna emigrare? Ascolta, credi, e realizzerai il passaggio dalla morte alla vita, e non incorrerai nel giudizio.

4. Che significa: non incorrerai nel giudizio? Nessuno potrà spiegarcelo meglio dell'apostolo Paolo, che dice: Tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno raccolga, in ragione delle azioni compiute, ciò che ha meritato quand'era nel corpo, il bene o il male (2 Cor 5, 10). Paolo dice: Tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo; e tu presumi di non dover comparire in giudizio? No, rispondi tu, non è che io mi riprometta questo, ma credo a colui che me lo promette. E' il Salvatore che parla, è la Verità che promette, è lui che mi ha detto: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna, è passato dalla morte alla vita e non incorrerà nel giudizio. Io quindi ho ascoltato la parola del mio Signore e ho creduto. Da infedele che ero, son diventato fedele; secondo la sua parola, io son passato dalla morte alla vita, e non incorro nel giudizio. Non è presunzione mia, è promessa sua. Paolo, dunque, dice il contrario di Cristo, il servo dice il contrario del Signore, il discepolo contraddice il maestro, l'uomo contraddice Dio, se mentre il Signore dice: Chi ascolta e crede, è passato dalla morte alla vita e non cade sotto giudizio, l'Apostolo dice: Tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo? Vorrà dire che non incorre nel giudizio chi deve comparire in tribunale? Non mi pare che sia così.

[Giudizio e condanna.]

5. Ce lo rivela il Signore nostro Dio, e, per mezzo delle sue Scritture, c'insegna come si debba intendere il giudizio. Vi esorto a stare attenti. La parola "giudizio" a volte significa pena, altre volte discriminazione. Se si prende come discriminazione, allora sì che tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno raccolga, in ragione delle azioni compiute, ciò che ha meritato quand'era nel corpo, il bene o il male. La discriminazione consiste appunto nel distribuire i beni ai buoni e i mali ai cattivi. Perché se il giudizio dovesse intendersi sempre in senso negativo, il salmo non direbbe: Giudicami, o Dio (Sal 42, 1). Potrebbe stupire l'espressione: Giudicami, o Dio. L'uomo infatti è solito dire: Iddio mi perdoni! Perdonami, o Dio! Ma chi direbbe: Giudicami, o Dio? E invece questo è un ritornello quando si recita il salmo: il lettore intona e il popolo risponde. Forse che qualcuno si impressiona e trova difficoltà a rivolgere a Dio questo ritornello: Giudicami, o Dio? No, il popolo credente canta, e non ritiene un cattivo desiderio quello che gli viene suggerito dalla lettura divina; anche se capisce poco, è convinto di cantare una cosa buona. Ma il salmo non ci lascia senza spiegazione: nel seguito, infatti, mostra di quale giudizio intende parlare, non di condanna ma di separazione. Dice infatti: Giudicami, o Dio. Che significa giudicami? Ecco che vien detto: separa la mia causa da quella di gente non santa. E' per questo giudizio di separazione che tutti noi dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo. E invece, quando dice: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non incorrerà nel giudizio, ma passa dalla morte alla vita, intende parlare di giudizio di condanna. Che significa non incorrerà nel giudizio? Che non incorrerà nella condanna. Proviamo, con le Scritture alla mano, che dove è detto giudizio si deve intendere condanna. In questa medesima pagina del Vangelo, del resto, sentirete che il termine giudizio viene usato solo nel senso di condanna o di pena. E l'Apostolo, scrivendo a quelli che mancavano di rispetto a quel Corpo che voi fedeli ben conoscete, e a causa di ciò minacciando i castighi del Signore, dice: E' per questo che ci son molti infermi tra voi e numerosi sono i malati che muoiono. Molti, infatti, perfino morivano. L'Apostolo prosegue dicendo: Che se ci esaminassimo noi stessi, non verremmo giudicati dal Signore, cioè se ci correggessimo da soli, non verremmo corretti dal Signore. Quando però veniamo giudicati, veniamo corretti dal Signore, per non esser condannati con questo mondo (1 Cor 11, 30-32). Ci sono dunque di quelli che vengono giudicati, cioè puniti qui per essere risparmiati dopo; ci sono altri che qui vengono trattati con indulgenza, e di là saranno trattati con maggior severità; altri, finalmente, non emendatisi quaggiù con i castighi correttivi di Dio, saranno ugualmente puniti lassù ma non più a scopo emendativo: costoro, che hanno disprezzato il Padre che li colpiva, proveranno il giudice che punisce. C'è quindi un giudizio che Dio, cioè il Figlio di Dio, riserva alla fine al diavolo e ai suoi angeli, e con lui a tutti gli infedeli e agli empi; a questo giudizio non verrà sottoposto chi adesso, credendo, passa dalla morte alla vita.

6. E affinché tu non pensassi che, credendo, non avresti dovuto morire secondo la carne, e intendendo materialmente le sue parole subito non dicessi a te stesso: Il mio Signore mi ha detto: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, è passato dalla morte alla vita, e siccome io ho creduto, quindi non dovrò morire; sappi che la morte è il tributo che devi pagare per la condanna inflitta ad Adamo. Cadde sopra di lui, nel quale tutti eravamo presenti, la condanna: Sarai colpito dalla morte .. (Gn 2, 17). La sentenza divina non può essere annullata. E solo quando avrai pagato questo tributo della morte dell'uomo vecchio, verrai accolto nella vita eterna dell'uomo nuovo, e passerai dalla morte alla vita. Compi fin d'ora il passaggio dalla morte alla vita. Quale è la tua vita? E' la fede: Il giusto vive della fede (Ab 2, 4; Rm 1, 17). Che dire allora degli infedeli? Essi sono morti. A siffatti morti apparteneva, quanto al corpo, quel tale di cui il Signore disse: Lascia i morti seppellire i morti (Mt 8, 22). In questa vita, quindi, vi sono dei morti e dei vivi, anche se apparentemente tutti sono vivi. Chi sono i morti? Quelli che non credono. Chi sono i vivi? Quelli che credono. Cosa dice ai morti l'Apostolo? Svegliati, tu che dormi. Ma dirai: parla di sonno, non di morte. Ascolta come prosegue: Svegliati tu che dormi, e risorgi dalla morte. E come se il morto chiedesse: e dove andrò? l'Apostolo continua: E Cristo ti illuminerà (Ef 5, 14). Quando, credendo in Cristo, sei da lui illuminato, tu passi dalla morte alla vita: permani nella vita alla quale sei passato e non incorrerai nel giudizio.

7. Così spiega il Signore, aggiungendo: In verità, in verità vi dico. Affinché non intendessimo le sue parole: è passato dalla morte alla vita, come riferite alla risurrezione futura, e volendo mostrare come nel credente si compia questo passaggio e che questo passaggio dalla morte alla vita è il passaggio dall'infedeltà alla fede, dall'iniquità alla giustizia, dalla superbia all'umiltà, dall'odio alla carità, egli con solennità dichiara: In verità, in verità vi dico: viene l'ora, ed è questa ... Poteva essere più esplicito? In questo modo ci ha già chiarito il suo pensiero, che cioè si compie adesso il passaggio al quale Cristo ci esorta. Viene l'ora. Quale ora? ... ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e coloro che l'avranno ascoltata vivranno (Gv 5, 25). Si è già parlato di questi morti. Credete voi, miei fratelli, che in mezzo a questa folla che mi ascolta non ci siano di questi morti? Quelli che credono e operano in conformità alla vera fede, son vivi e non morti; ma quelli che non credono, o credono alla maniera dei demoni, che cioè tremano di paura e vivono male (cf. Gc 2, 19), che confessano il Figlio di Dio e sono privi di carità, son piuttosto da considerarsi morti. E certamente l'ora di cui parla il Signore è tuttora presente: non è una delle dodici ore del giorno. Da quando egli parlò fino al tempo presente, e sino alla fine del mondo, quest'ora è in corso. E' l'ora di cui parla Giovanni nella sua epistola: Figlioli, è iniziata l'ultima ora (1 Io 2, 18). E' questa l'ora, è adesso. Chi vive, viva; chi era morto, risorga; ascolti, chi giaceva morto, la voce del Figlio di Dio, si alzi e viva. Il Signore lanciò un grido verso il sepolcro di Lazzaro, e colui che era morto da quattro giorni, risuscitò. Colui che già si decomponeva, uscì fuori all'aria libera; era sepolto sotto una grossa pietra, la voce del Signore penetrò la durezza della pietra; ma il tuo cuore è così duro che quella voce divina non è ancora riuscita a spezzarlo. Risorgi nel tuo cuore, esci fuori dal tuo sepolcro. Perché quando stavi morto nel tuo cuore, giacevi come in un sepolcro, ed eri come schiacciato sotto il peso della cattiva abitudine. Risorgi e vieni fuori! Che significa: Risorgi e vieni fuori? Credi e confessa. Colui che crede risorge, e colui che confessa esce fuori. Perché diciamo che colui che confessa viene fuori? Perché prima della professione di fede, era occulto; ma dopo la professione di fede, viene fuori dalle tenebre alla luce. E che cosa vien detto ai ministri, in seguito alla professione di fede? Lo stesso che Gesù disse presso il sepolcro di Lazzaro: Scioglietelo e lasciatelo andare (Gv 11, 44). Così come è stato detto agli Apostoli, che sono i ministri del Signore: Ciò che scioglierete in terra, sarà sciolto anche in cielo (Mt 18, 18).

8. Viene l'ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata vivranno. Come potranno vivere? In virtù della vita stessa. Di quale vita? Di Cristo? Come si dimostra che vivranno in virtù della vita che è Cristo? Io sono - egli dice - la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Vuoi tu camminare? Io sono la via. Vuoi evitare l'errore? Io sono la verità. Vuoi sfuggire alla morte? Io sono la vita. Questo ti dice il tuo Salvatore: Non hai dove andare se non vieni a me, e non c'è via per cui tu possa camminare se io non sono la tua via. Adesso dunque è in corso quest'ora, è in corso sicuramente questo avvenimento che non cessa di compiersi. Risorgono quelli che erano morti e passano alla vita. Ricevono la vita alla voce del Figlio di Dio, e di lui vivono se perseverano nella sua fede. Il Figlio, infatti, possiede la vita ed è in grado di comunicarla ai credenti.

9. In che senso egli ha la vita? Ha la vita così come l'ha il Padre. Ascolta ciò che egli dice: Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso (Gv 5, 26). Fratelli, cerco di spiegarvelo come posso. Queste, infatti, son parole che turbano il nostro piccolo intelletto. Perché ha aggiunto in se stesso? Non era sufficiente dire: Come il Padre ha la vita, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita? Ha aggiunto: in se stesso: cioè come il Padre ha la vita in se stesso così anche il Figlio ha la vita in se stesso. Dicendo in se stesso, ha voluto inculcarci qualcosa. Il segreto è racchiuso in questa espressione. Bussiamo perché egli ci apra. Signore, che cosa hai voluto dire? Perché hai aggiunto in se stesso? Forse l'apostolo Paolo, che tu hai fatto vivere, non aveva la vita? Sì, l'aveva. E gli uomini che erano morti e risuscitano e, credendo alla tua parola, passano dalla morte alla vita, una volta compiuto il passaggio, non avranno anch'essi in te la vita? Sì, l'avranno, perché io stesso poc'anzi ho detto: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna (Gv 5, 24). Dunque, coloro che credono in te hanno la vita, ma di proposito non hai detto che ce l'hanno in se stessi. Parlando invece del Padre, tu dici: Come il Padre ha la vita in se stesso, e subito riferendoti a te: così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso. Ha concesso al Figlio di avere la vita come ce l'ha lui. Come ce l'ha il Padre? In se stesso. E al Figlio come ha concesso di averla? In se stesso. Paolo, invece, come ce l'aveva? Non in se stesso, ma nel Cristo. E tu, fedele, come hai la vita? Non in te stesso, ma nel Cristo. Vediamo se questo dice l'Apostolo: Vivo, non già io, ma vive in me Cristo (Gal 2, 20). La vita nostra, in quanto nostra, in quanto cioè dipende dalla nostra propria volontà, non può essere che cattiva, peccaminosa e iniqua; la vita degna, invece, è in noi ma proviene da Dio, non da noi. E' da Dio che deriva questo dono, non da noi. Cristo ha la vita in se stesso, come il Padre, perché è il Verbo di Dio. Egli non vive ora bene, ora male; l'uomo, invece, prima vive male, poi bene. Chi vive male, vive di suo; chi vive bene, è perché è passato alla vita di Cristo. Se sei diventato partecipe della vita, vuol dire che non eri ciò che hai poi ricevuto, anche se, per poter ricevere, esistevi. Il Figlio di Dio non è esistito un tempo senza vita, da ricevere la vita in un secondo tempo; perché, se avesse avuto la vita in questo modo, non l'avrebbe in se stesso. Che significa, dunque, in se stesso? Significa che egli è la vita stessa.

[Cristo luce inestinguibile.]

10. Cercherò di esprimermi in maniera ancora più semplice. Uno, ad esempio, accende la lucerna. La fiamma che splende nella lucerna, quel fuoco, ha la luce in se stesso. I tuoi occhi, invece, che, prima di accendere la lucerna, erano al buio e non vedevano nulla, adesso anch'essi hanno la luce, ma non in se stessi. Perciò, se si distolgono dalla lucerna, ricadono nelle tenebre; se nuovamente si volgono verso di essa, tornano ad essere illuminati. Quel fuoco, però, manda la luce finché dura: se gli vuoi sottrarre la luce, lo spegni, perché senza luce non può esistere. Ma Cristo è luce inestinguibile e coeterna al Padre: sempre arde, sempre splende, sempre riscalda. Se non riscaldasse, come potremmo cantare col salmo: Non c'è chi possa sottrarsi al suo calore? (Sal 18, 7). Tu, invece, nel peccato eri gelido; voltati e avvicinati a lui, se vuoi riscaldarti; se ti allontani, ridiventi freddo. Nel tuo peccato eri tenebroso, volgiti verso di lui se vuoi essere illuminato; ma se volti le spalle alla luce, ricadrai nell'oscurità. Pertanto, siccome in te eri tenebra, illuminato non diventerai luce, anche se sarai nella luce. Dice infatti l'Apostolo: Foste un tempo tenebre, adesso invece siete luce nel Signore (Ef 5, 8). Dopo aver detto adesso siete luce, aggiunge nel Signore. In te dunque eri tenebra, nel Signore sei luce. Perché sei luce? Sei luce in quanto partecipi della sua luce. E se ti allontani dalla luce che t'illumina, ricadi nelle tue tenebre. Non è così di Cristo, non è così del Verbo di Dio. Perché? Perché come il Padre ha la vita in se stesso, così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso, cosicché la sua non è una vita partecipata nel tempo ma una vita immutabile; anzi egli stesso è vita. Così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso. Come ce l'ha il Padre, così ha dato al Figlio di averla. Con quale differenza? Con la differenza che il Padre l'ha data e il Figlio l'ha ricevuta. Ma che forse esisteva già il Figlio, quando l'ha ricevuta? E' però ammissibile che Cristo sia stato un tempo senza luce, lui che è la sapienza del Padre, e del quale è detto: è lo splendore della luce eterna (Sap 7, 26)? Dire quindi ha dato al Figlio è come dire: ha generato il Figlio; generandolo, infatti, gli ha dato la vita. Come gli ha dato l'essere, così gli ha dato di essere vita, e precisamente di essere vita in se stesso. Che significa essere vita in se stesso? Che egli non ha bisogno di avere la vita da nessun altro, ma è egli stesso la pienezza della vita, da cui tutti i credenti, purché vivano, ricevono la vita. Ha dato a lui di avere la vita in se stesso: ha dato a lui, in quanto egli è il suo Verbo, in quanto in principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio.

11. Essendosi poi il Verbo fatto uomo, cosa gli ha dato il Padre? Gli ha dato il potere di giudicare, perché è figlio d'uomo. In quanto è Figlio di Dio, gli ha dato di avere la vita in se stesso così come il Padre ha la vita in sé (Gv 5, 27 26); e in quanto è figlio dell'uomo, gli ha dato il potere di giudicare. Questo è quanto ho esposto ieri alla vostra Carità: che nel giudizio è l'uomo che si vedrà, e Dio non si vedrà mentre, dopo il giudizio, Dio potrà esser visto da coloro che avranno superato il giudizio, ma non potrà mai essere visto dagli empi. E siccome nel giudizio si vedrà Cristo-uomo in quella medesima forma che aveva quando salì al cielo, perciò il Signore aveva detto prima: Il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio (Gv 5, 22). Questo medesimo concetto riprende poi dicendo: Gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio d'uomo. Sembra con queste parole voler rispondere a te che chiedi: Perché gli ha dato il potere di giudicare? quando mai è stato senza questo potere? non aveva forse il potere di giudicare quando in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio? e non aveva il potere di giudicare quando per mezzo di lui sono state fatte tutte le cose (Gv 1, 1 3)? Ma io dico: gli ha dato il potere di giudicare perché è Figlio dell'uomo, nel senso che il Figlio ha ricevuto tale potere perché Figlio dell'uomo. Infatti, come Figlio di Dio ha sempre avuto tale potere. Ha ricevuto quel potere colui che fu crocifisso. Colui che accettò la morte ricevette la vita. Il Verbo di Dio non conobbe mai la morte, fu sempre in possesso della vita.

[Fede senza riserve.]

12. Qualcuno di noi, a proposito della risurrezione, potrebbe dire: Ecco, noi siamo già risorti; chi ascolta Cristo, chi crede, passa dalla morte alla vita e non incorre nel giudizio; viene l'ora, anzi è già venuta, in cui chi ascolta la voce del Figlio di Dio, vivrà; era morto, ha ascoltato, ed ecco che risorge; che senso ha parlare di un'altra risurrezione? Abbi riguardo per te, non essere precipitoso in una affermazione di cui poi tu debba pentirti. Esiste certamente questa risurrezione che avviene ora: gli infedeli erano morti, ed erano morti anche gli iniqui, ed ora vivono, in quanto giusti, e passano dalla morte dell'infedeltà alla vita della fede. Ma non pensare che non ci sarà in seguito anche la risurrezione del corpo; devi credere che ci sarà altresì la risurrezione del corpo. Ascolta quanto dice il Signore dopo aver parlato di questa risurrezione che avviene mediante la fede, e lo dice appunto perché nessuno, pensando che esista soltanto questa, abbia a cadere nella disperazione e nell'errore di coloro che pervertono i sentimenti altrui affermando che la risurrezione è già avvenuta, e dei quali l'Apostolo dice che pervertono la fede di alcuni (2 Tim 2, 18). Credo che il loro ragionamento sia presso a poco questo: Ecco, il Signore ha detto: Chi crede in me, passa dalla morte alla vita; quindi la risurrezione dei fedeli che prima erano infedeli, è un fatto che già si compie; che senso ha, allora, parlare di un'altra risurrezione? Rendiamo grazie al Signore Dio nostro, che sostiene i vacillanti, guida gli esitanti e conferma i dubbiosi. Ascolta le parole che seguono, perché non c'è motivo di avvolgerti in una caligine di morte. Se è vero che hai creduto, credi tutto. Che cos'è, mi domandi, questo tutto che devo credere? Ascolta: Non vi meravigliate di ciò, cioè non vi meravigliate che il Padre abbia dato al Figlio il potere di giudicare. Ma questo - ci dice - avverrà alla fine del mondo. In che senso alla fine del mondo? Ascolta: Non vi meravigliate di ciò; perché viene l'ora. Qui non dice: ed è questa. Parlando della risurrezione mediante la fede, che ha detto? Viene l'ora, ed è questa (Gv 5, 28 25). Invece, parlando di quest'altra risurrezione dei corpi, dice: Viene l'ora, senza aggiungere ed è questa, perché sarà alla fine del mondo.

13. E come mi dimostri, domandi tu, che il Signore parla di questa risurrezione futura? Se ascolti con un po' di pazienza, tu stesso potrai averne la dimostrazione. Proseguiamo, dunque: Non vi meravigliate di ciò; perché viene l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri ... (Gv 5, 28). Quale prova più evidente che si tratta della risurrezione dei morti? Finora non aveva parlato di quelli che sono nei sepolcri; aveva detto: i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che avranno ascoltato vivranno (Gv 5, 25). Non dice che gli uni vivranno e gli altri saranno dannati, perché tutti quelli che credono vivranno. Di quelli che giacciono nei sepolcri, invece, che cosa dice? Tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno. Non dice che udranno e vivranno; poiché se vissero male e giacciono nei sepolcri, risorgeranno per la morte e non per la vita. Vediamo dunque chi sono quelli che usciranno dai sepolcri. Quando, dianzi, si diceva che i morti, ascoltando e credendo, vivranno, non si è fatta alcuna distinzione. Allora non è stato detto che i morti udranno la voce del Figlio di Dio e che, dopo averla udita, alcuni vivranno e altri saranno condannati, ma che tutti quelli che l'avranno ascoltata, vivranno; poiché vivranno solo quelli che credono, vivranno solo quelli che possiedono la carità, e nessuno di essi perirà. Riferendosi, invece, a quelli che sono nei sepolcri, dice che udranno la sua voce e ne usciranno: quelli che bene operarono per una risurrezione di vita, quelli che male operarono per una risurrezione di giudizio (Gv 5, 29). Qui giudizio sta ad indicare quella condanna di cui in precedenza aveva parlato: Chi crede in me è passato dalla morte alla vita, e non incorre nel giudizio (Gv 5, 24).

[Dio contiene tutto nel suo unico verbo.]

14. Da me io non posso far nulla: io giudico secondo che ascolto, e il mio giudizio è giusto (Gv 5, 30). Se giudichi secondo che ascolti, da chi ascolti? Se dal Padre, è certo che il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio ogni giudizio. In che senso tu, araldo del Padre, dici che ascolti? Il Signore risponde: Dico ciò che ascolto perché io sono ciò che è il Padre. Il mio dire è il mio essere, perché io sono il Verbo del Padre. E' questo che Cristo ti dice nell'intimo del cuore. Che vuol dire io giudico secondo che ascolto, se non che io giudico secondo ciò che sono? Infatti, in che modo Cristo ascolta? Domandiamocelo, fratelli, vi prego. Cristo ascolta dal Padre? E in qual modo il Padre gli parla? Se gli dice qualcosa, gli rivolge la parola; chiunque infatti dice qualcosa a qualcuno, lo fa mediante la parola. Ma in che modo il Padre parla al Figlio, se il Figlio è il Verbo, cioè la parola del Padre? Tutto ciò che il Padre dice a noi, ce lo dice per mezzo del suo Verbo. Ora, se il Figlio è il Verbo del Padre, con quale altra parola si rivolgerà al Verbo stesso? Unico è Dio, egli ha un solo Verbo e nell'unico Verbo contiene tutto. Che significa dunque: giudico secondo che ascolto? Come sono nel Padre, così giudico. Quindi il mio giudizio è giusto (Gv 5, 30). Ma, Signore Gesù, se, come abbiamo potuto intendere con la nostra mente grossolana, tu non fai nulla da te, in che senso poco fa hai detto: Così anche il Figlio fa vivere chi vuole (Gv 5, 21), mentre adesso dici: Non faccio nulla da me? Cosa vuole insegnarci il Figlio, se non che egli viene dal Padre? Colui che è dal Padre, non è da se stesso. Se il Figlio fosse da se stesso, non sarebbe Figlio: egli è dal Padre. Il Padre è tale perché non è dal Figlio; il Figlio è tale perché è dal Padre. Egli è uguale al Padre, e tuttavia è da lui, non viceversa.

15. Perché io non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato (Gv 5, 30). Il Figlio Unigenito dice: non cerco la mia volontà, e gli uomini vogliono fare la propria volontà! Si umilia tanto lui che è uguale al Padre, mentre s'innalza tanto chi giace così in basso che non potrebbe alzarsi se lui non gli porgesse la mano! Facciamo dunque la volontà del Padre, la volontà del Figlio e la volontà dello Spirito Santo: poiché questa Trinità è una sola volontà, una sola potenza, una sola maestà. Ecco perché il Figlio dice: Non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato, perché il Cristo non è da sé, ma è dal Padre suo. La forma in cui è apparso come uomo, l'ha presa dalla creatura che egli stesso aveva plasmato.


Le rivelazioni: Parte 2

Le rivelazioni - Santa Brigida

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Maria simile a un fiore da cui le api colgono la dolcezza

La Madre di Dio parla: «Io sono la Regina e la Madre di misericordia. Mio Figlio, Creatore di tutte le cose, è commosso da tutta la dolcezza che c'è in me che mi ha dato la comprensione spirituale di tutte le cose create. Così somiglio a un fiore, da cui le api colgono la dolcezza; sebbene esse ne prendano molta, la dolcezza non finisce mai; allo stesso modo sono in grado di prodigare le grazie a tutti, e ne ho in sovrabbondanza. I miei eletti sono come le api e, con tutta la devozione di cui sono capaci, sono sensibili a qualsiasi cosa minacci il mio onore; poiché come le api essi lavorano con grande cura, facendo tutto ciò di cui sono capaci. Essi hanno anche due ali, ossia sono talmente umili che si ritengono indegni di lodarmi, ed obbediscono a chiunque per quanto riguarda il mio onore. Essi hanno, infine, un pungiglione, e se ne sono privi, muoiono. Allo stesso modo, gli amici di Dio sono sommersi da un mare di tribolazioni mondane, di cui non saranno privati in vita, affinché possano conservare le loro virtù; ma lui, che è oceano e Dio di ogni consolazione, li consolerà». Libro IV, 86

 

Prerogative della Madre di Dio

«Dunque vi chiedete perché io abbia avvantaggiato con grandi prerogative la Madre di Dio, mettendola al di sopra e al di là di tutte le creature: ebbene in lei c'era un segno incontrovertibile e vero della virtù; infatti, così come il fuoco si accende all'improvviso quando il legno è disposto bene, così il fuoco del mio amore si accese in mia Madre con maggiore ardore, poiché ella era disposta meglio di chiunque altro: allorché l'amore divino, di per sé immutabile ed eterno, iniziò a comparire e a bruciare quando la mia divinità si incarnò, non c'era creatura più idonea e maggiormente in grado della Santa Vergine di ricevere le fiamme del mio amore, poiché nessuna aveva tanta carità come lei; e sebbene il suo amore si fosse manifestato alla fine dei tempi, ella era conosciuta prima ancora che iniziasse il tempo stesso, e come tale era predefinita da sempre nella divinità; così come nessuna la eguagliava in amore, ella non ha avuto pari in grazia e in benedizione». Libro V, 3

 

Maria incorona suo Figlio

Parla il Figlio di Dio e dice: «Sono stato incoronato re nella mia divinità, senza inizio e senza fine. Questa corona simboleggia la mia potenza, che è ineguagliabile. Ho tenuto un'altra corona in me, ossia me stesso. Ora, tale corona è stata preparata per l'anima che avrebbe provato un’immensa carità e un grandissimo amore nei miei confronti. Sei tu, Madre mia, che hai meritato e guadagnato questa corona, con la giustizia e l'amore, poiché gli angeli ne rendono testimonianza, e i santi dicono che la tua carità e il tuo amore sono stati più ardenti nei miei confronti, e la tua castità più pura e più eccelsa di quella di chiunque altro, ed essa mi è piaciuta ed è gradita più di tutte. La tua testa è come i raggi del sole, perché la tua verginità purissima in te è guida delle altre virtù, le quali si sono manifestate davanti a me e mi sono particolarmente piaciute con l'umiltà che le ha sempre accompagnate. Per questo a ragion veduta ti chiamano Regina, incoronata sopra ogni altra creatura. Tu sei Regina grazie alla tua purezza e sei stata incoronata per la tua perfezione. Il tuo viso era di una bellezza incomparabile e di un candore mirabile, simbolo del pudore della tua coscienza, in cui c'era la pienezza della scienza umana, e la dolcezza della saggezza divina risplendeva su ogni cosa nella tua bellezza. Davanti a mio Padre, i tuoi occhi erano così luminosi che ci si specchiava in essi, e gli occhi della tua anima erano così splendenti che mio Padre vedeva in essi che la tua volontà non voleva e non desiderava altri che lui. Le tue orecchie erano purissime e aperte come finestre chiarissime, quando Gabriele ti ha comunicato la mia volontà; e quando io, Dio, mi sono incarnato in te, le tue gote hanno assunto una bellezza perfetta e piacevole, dovuta alla simmetria e all'accostamento dei due colori, il bianco e il rosso, ossia alla fama delle tue lodevoli opere di bene. Il fulgore delle tue abitudini, che cresceva di giorno in giorno, mi è piaciuto in modo indicibile. Certamente, il Padre eterno si rallegrava per la bellezza dei tuoi costumi; egli non ha mai distolto gli occhi da te e, grazie alla tua carità, tutti hanno ricevuto l'amore. La tua bocca era come una lampada ardente all'interno e rilucente all'esterno, perché intimamente le parole e gli affetti della tua anima sono state ardenti grazie al fuoco della divinità, ed esteriormente splendevano per la lodevole disposizione dei gesti del tuo corpo, e per il dolce e gentile accordo delle tue virtù. In verità, Madre carissima, le parole pronunciate dalla tua bocca hanno attratto in qualche modo la mia divinità, e il favore della tua dolcezza divina non mi separava mai da te. Il tuo collo tendeva in alto in modo eccellente, poiché la giustizia della tua anima è interamente rivolta a me, e si muove secondo la mia volontà; la tua anima non è stata mai incline alla superbia, poiché, così come il collo si china sotto la testa, allo stesso modo tutte le tue intenzioni e tutte le tue opere si piegano al mio volere. Il tuo petto era colmo di dolcezza e soavità di ogni genere, tanto che sembra non ci sia del bene in me senza che esista anche in te; infatti hai attirato a te tutto il bene con la potente dolcezza del tuo comportamento allorché alla mia divinità è piaciuto entrare in te, e la mia umanità ha gradito abitare in te, e succhiare il latte dal tuo seno. Le tue braccia erano belle per lo splendore dell'obbedienza, e per la sofferenza e il compimento delle opere di bene: per questo ho voluto che le tue mani toccassero e si prendessero cura della mia umanità, ed io mi sono riposato fra le tue braccia. Il tuo ventre sacro era purissimo come l'avorio e come un vaso adorno di pietre preziose, tanto che la costanza della tua coscienza e della fede non si è mai affievolita né rilassata nella tribolazione. Le pareti di questo ventre, ossia della tua fede, erano simili all'oro purissimo, e attraverso esse si esprime la forza delle tue eminenti virtù: la tua prudenza, la tua giustizia e la tua temperanza, accompagnate da una perfetta perseveranza, poiché tutte le tue virtù sono state perfette e completate dall'amore divino. I tuoi piedi erano purissimi e come se fossero stati lavati con erbe aromatiche, poiché la tua speranza e il tuo amore erano rivolti a me, che sono il tuo Dio. Il tuo ventre, dunque, luogo sia spirituale che corporale, era per me così desiderabile, e la tua anima era per me così gradevole, che per me è stato un piacere scendere dall'alto dei cieli per raggiungerti. Perciò, carissima Madre mia, questa corona, custodita in me, non è altro che me stesso, il tuo Dio; dovendo incarnarmi, non poteva essere posta su nessun altro capo se non il tuo di Madre e Vergine, Imperatrice di tutte le regine. Esiste una specie d'uva il cui vino è così forte che esce da solo dai grappoli, senza che sia necessario pressarli. Il proprietario delle vigne, vedendo che sono giunti a perfetta maturazione, pone sotto questi grappoli dei vasi, e non è il vino che attende i recipienti bensì i vasi che attendono il vino; se si dispongono più contenitori, il vino scorre in quello più vicino. Quest'uva è la mia divinità, la quale è talmente ripiena del vino fervente della mia natura divina, che tutti i cuori degli angeli ne sono colmi, e tutte le cose ne partecipano. Ma poiché l'uomo si è ribellato, ne è diventato indegno. Il Padre ha inviato il suo vino, ossia me, suo Figlio, nel vaso più vicino e meglio disposto, che attendeva con grande desiderio l'arrivo di questo nettare. Questo vaso era il seno della Santa Vergine Maria, che più di ogni altra creatura ha nutrito un amore fervente. Ora, questa Vergine non amava altri che me e desiderava essere la mia serva, per questo ha ottenuto il vino di prima qualità. Questo vino aveva tre caratteristiche: una grande forza poiché io uscii senza contatto umano; un colore bellissimo, poiché sono disceso dal cielo per combattere, essendo io il più forte degli uomini; una soavità dolcissima, che inebria fiumi di benedizione eterna. Questo vino, dunque, che sono io, è entrato nel seno di mia Madre. Così il Dio indivisibile è diventato visibile, e l'uomo perso è stato accolto nuovamente nella salvezza. Perché sono restato tanti mesi in seno alla Santa Vergine? Io sono il Creatore della natura, ed ho disposto e distribuito ogni cosa, e le ho ordinato il modo e il momento della mia nascita. Se dunque io, che sono il Creatore di tutte le cose, avessi voluto nascere appena dopo essere stato concepito, avrei agito contro la naturale disposizione e l'ordine che avevo impartito, e si sarebbe pensato che la mia umanità non fosse reale, ma fantastica; per questo, dunque, sono rimasto in seno alla Vergine proprio come gli altri esseri umani, compiendo attraverso me stesso ciò che avevo ordinato prima del tempo». Libro V, 4

 

Perché non vi ho mostrato con segni evidenti che mia Madre era vergine e madre?

«Ho dichiarato ai profeti tutti i misteri della mia incarnazione ineffabile, affinché fossero creduti con sicurezza. Ora, che la mia carissima Madre fosse vergine e madre nello stesso tempo, è provato dalla testimonianza di San Giuseppe, che è stato fedele custode e testimone della sua verginità. Benché la sua verginità fosse stata rivelata con un miracolo manifesto, le bestemmie dei malvagi e degli infedeli non sono cessate; essi, infatti, non credono che il concepimento della Santa Vergine sia stato operato dalla potenza divina, perché dimenticano che ciò è facilissimo per me, più facile dell'atto con cui il sole attraversa il vetro. La stessa giustizia divina ha voluto che il mistero ineffabile dell'incarnazione fosse nascosto al diavolo, e che venisse rivelato agli uomini al tempo della grazia. Ora, vi dico che mia Madre è veramente vergine e madre. E così come in Adamo ed Eva la potenza della divinità si mostrò in modo meraviglioso, e la loro vita in comune fu caratterizzata da una deliziosa onestà, allo stesso modo la mia natura divina scese nel vaso sigillato senza nessuna frattura né violenza. La mia dimora al suo interno fu piacevole perché io, Dio, ero contenuto nell'umanità ed ero ovunque con la mia mirabile divinità. Anche lì la mia potenza fu meravigliosa, poiché io, Dio, uscii da un ventre umano, custodendo l'inviolabilità del chiostro della verginità». Libro V, 6

 

Elogio del Padre nei confronti di Maria

Così parla il Padre: «Questo vaso di cui ti ho parlato era Maria, figlia di Gioacchino, Madre dell'umanità di Gesù Cristo, poiché ella era un vaso chiuso al diavolo e non a Dio. Come un fiume che, desiderando uscire dal suo letto, cerca i canali e le deviazioni, così il diavolo, come un fiume di vizi, ricorreva a ogni stratagemma ed astuzia per avvicinarsi al cuore della Santa Vergine; ma non ha mai potuto inclinare la sua anima verso qualche peccato, perché ella era chiusa a qualsiasi tentazione, in quanto il fiume del mio Spirito scorreva in lei ed aveva colmato il suo cuore di grazia spirituale. Maria, Madre di mio Figlio, era un vaso piccolo e grande al tempo stesso; piccolo nell'umiltà e nel disprezzo di se stessa, grande nell'amore della mia divinità. La Santa Vergine Maria era un vaso vuoto e pieno al tempo stesso; vuoto di qualsiasi genere di voluttà e di peccato, e pieno della dolcezza celeste e di ogni bontà. La Santa Vergine era un vaso luminoso e opaco; luminoso, poiché l'anima viene creata da me nel suo splendore; ma Gesù ha creato l'anima di Maria in ogni perfezione della luce, affinché mio Figlio si incarnasse nella sua anima, della cui bellezza il cielo e la terra si rallegrano; ma questo vaso divino non era luminoso davanti agli uomini, poiché Maria disprezzava gli onori e le ricchezze del mondo. Maria era un vaso puro e impuro; puro, in quanto era bellissima, e in lei non c'era nulla di immondo. Ma ella era impura perché proveniva dalla stirpe di Adamo ed era nata da peccatori, sebbene fosse stata concepita senza peccato, affinché mio Figlio nascesse da lei senza peccato. Per questo colui che andrà là dove Maria è nata ed è stata nutrita e cresciuta, non soltanto sarà purificato, ma sarà a sua volta un vaso in mio onore». Libro V, 13

 

La Santa Vergine, Madre di Dio, parla a Santa Brigida della bellezza di Gesù Cristo

La Madre di Dio parlava alla sposa, dicendo: «Io sono la Regina del Cielo. Mio Figlio ti ama con tutto il cuore. Perciò ti consiglio di non amare nulla all'infuori di lui, perché egli è così piacevole e bello che la bellezza degli elementi e della luce al confronto del suo fulgore non sono che ombra; ciò spiega perché, quando nutrivo mio figlio, lo trovavo così bello che persino chi lo guardava era sollevato dai propri dolori e consolato nella tristezza. Per questo, quando gli ebrei erano colpiti da qualche afflizione, dicevano: 'Rechiamoci a vedere il figlio di Maria, affinché ci sentiamo consolati'. E anche se ignoravano che fosse il Figlio di Dio, la sua vista era per loro una grande consolazione». Libro VI, 1

 

Maria paragonata a uno sciame d’api

La Beata Vergine parla alla sposa, dicendo: «Sposa di mio Figlio, mi saluti e mi paragoni a uno sciame d'api. In verità sono stata un alveare, poiché il mio corpo era simile a un albero, quando l'anima ne fu separata perché Dio l'elevasse nel mio corpo fino alla divinità. Quest'albero è divenuto uno sciame d'api, quando l'ape beata, mio Figlio, è uscito e disceso dal cielo, Dio vivente nel mio seno. In me, inoltre, Gesù è stato come un favo di miele dolcissimo e purissimo, preparato con ogni cura per ricevere il soavissimo miele della grazia dello Spirito Santo. Questo favo, dunque, è stato colmato, quando il Figlio di Dio è disceso in me con la sua potenza, il suo amore e la sua onestà. Egli è giunto con la sua potenza, poiché è mio Dio e mio Signore. E‘ venuto con amore, perché per amore si è incarnato ed ha ricevuto la morte sul patibolo. E’ arrivato con onestà, poiché qualsiasi bassezza del peccato di Adamo è stata allontanata da me, e per questo il Figlio di Dio purissimo è disceso in una carne umana purissima. Egli ha un pungiglione, ma non lo usa per pungere; l'ago della giustizia severa di mio 'Figlio, infatti, non punge se non è provocato dai peccati. Eppure quest'ape è stata ripagata male, perché la sua potenza è stata posta in mani inique e il suo amore in mani crudeli; la sua onestà è stata spogliata e sferzata con grande crudeltà. Benedetta sia dunque quest'ape che ha fatto del mio albero un alveare, e l'ha riempito del suo miele con così tanta abbondanza che, attraverso la dolcezza che mi ha trasmesso, tutte le bocche sono state svuotate dell'amaro veleno». Libro IV, 12

 

Sul digiuno

Parla la Madre di Dio: «Se qualcuno, desiderando fare un digiuno, avesse voglia di mangiare, ma la sua volontà resistesse al desiderio e il superiore a cui deve obbedire gli ordinasse di mangiare ed egli mangiasse per obbedienza, ebbene in questo caso mangiare sarebbe un merito più grande del digiuno». Libro VI, 49

 

La Vergine Maria dice a Santa Brigida perché si purificò e parla anche del gladio che trafisse il suo cuore

La Santa Vergine Maria dice alla sposa di suo Figlio: «Figlia mia, sappi che non avevo bisogno di essere purificata come le altre donne, perché lo aveva già fatto mio Figlio, che è nato da me, ed io non avevo contratto la benché minima macchia quando generai Gesù, che è la purezza fatta persona. Tuttavia, affinché la legge e i profeti fossero soddisfatti, ho desiderato vivere nella legge, non secondo i grandi del secolo, e conversavo umilmente con gli umili. Non ho voluto avere in me cose particolari, tale era il mio amore per tutto ciò che si esprimeva con umiltà! Un giorno come tanti, il mio dolore crebbe, perché, malgrado sapessi per ispirazione divina che mio Figlio avrebbe sofferto, quando Simeone disse che per me Gesù sarebbe stato il gladio del dolore e il segno che gli uomini avrebbero contraddetto, il dolore trafisse il mio cuore con maggiore amarezza - benché fosse temprato dalle consolazioni dello Spirito Santo - e non lo abbandonò finché nell'anima e nel corpo non fui assunta in cielo. Desidero che tu sappia che quel giorno il mio dolore si espresse in sei modi: nella conoscenza, poiché ogni volta che guardavo mio Figlio, che lo vestivo, che vedevo le sue mani e i suoi piedi, il mio spirito sprofondava in nuovo dolore, perché pensavo a come lo avrebbero crocifisso. Nell'udito, poiché ogni volta che sentivo gli obbrobri che la gente vomitava su mio Figlio, le menzogne e le insidie, il mio spirito era sopraffatto dal dolore, tanto che solo a stento riuscivo a contenerlo; ma la virtù divina mi indicò il giusto modo e l'onestà, affinché in me non si notasse nulla d'imperfetto. Nella vista, perché quando vidi che flagellavano mio Figlio, che lo inchiodavano e lo appendevano alla forca, rimasi in piedi accanto a lui e sopportai tutto ciò con tale pazienza che in me i miei nemici e gli altri videro solo dolore. Nel tatto, poiché quando io e gli altri calammo mio Figlio dalla croce lo avvolsi in un sudario e lo posi nel sepolcro e così facendo il mio dolore crebbe a tal punto che le mie mani e miei piedi mi reggevano a stento. Come avrei voluto essere sepolta con mio Figlio! Soffrivo per il desiderio ardente di andare in cielo, dopo che mio Figlio fu salito in paradiso, perché il lungo soggiorno sulla terra dopo la sua partenza accresceva enormemente il mio dolore. Soffrivo a causa della tribolazione degli apostoli e degli amici di Dio, il cui dolore era il mio, temendo in continuazione che soccombessero alle tentazioni e alle pene; ero addolorata perché ogni cosa contraddiceva le parole di mio Figlio. Ora, sebbene la grazia di Dio fosse con me e la mia volontà fosse consona alla sua, il mio dolore fu continuo, malgrado la consolazione, finché non venni assunta nel corpo e nell'anima accanto a mio Figlio. Per questo, figlia mia, che questo dolore non venga mai meno nel tuo cuore, perché senza le tribolazioni si salverebbero solo in pochi». Libro VI, 57

 

La Santa Vergine racconta i dolori provati quando dovette fuggire in Egitto

La Santa Vergine Maria parla alla sposa di suo Figlio, dicendo: «Ti ho parlato dei miei dolori; ma anche il dolore che ho provato durante la fuga in Egitto con mio Figlio è stato grande, soprattutto quando udii che ammazzavano dei bambini innocenti e che Erode perseguitava Gesù; benché sapessi ciò che stava scritto di mio Figlio, per la grandezza dell'amore che provavo nei suoi confronti il mio cuore era colmo di dolore e d'amarezza. Forse ti chiederai cosa fece Gesù per tutto quel tempo, prima della Passione, ed io ti rispondo come il Vangelo: era sottomesso ai suoi genitori, e si comportava come gli altri bambini, fino a quando non raggiunse l'età adulta. In gioventù fece dei miracoli, mostrando il modo in cui le creature servivano il loro Creatore. Di come tacquero gli idoli e di come diversi di essi caddero al suo arrivo in Egitto; di come i Magi annunciarono che mio Figlio sarebbe stato il segno di grandi cose future; di come apparve anche il ministero degli angeli; di come nel suo corpo e sui capelli non ci fosse mai nulla di immondo: di tutto questo non è necessario che tu abbia conoscenza, poiché il Vangelo contiene segni della divinità e dell'umanità che possono edificare te e gli altri. Ora, diventato più grande, si dedicava costantemente alla preghiera e obbediva sempre. Venne con noi alle feste indette a Gerusalemme e in altri luoghi; il suo aspetto e la sua parola erano piacevoli e suscitavano ammirazione, tanto che molte persone afflitte dicevano: 'Rechiamoci a vedere il figlio di Maria, affinché troviamo consolazione'. Man mano che cresceva, faceva dei lavori manuali; discorreva su Dio con noi e in particolare aveva per noi parole di conforto, e in questo modo eravamo continuamente colmi di gioie indicibili. Ma quando ci facevamo cogliere dal timore della povertà, non ci dava né oro né denaro e ci esortava, invece, alla pazienza; inoltre ci difese e ci protesse dagli invidiosi. Quanto alle necessità, ci aiutavano la gente per bene e il nostro lavoro, cosicché eravamo soccorsi solo nel necessario e non avevamo nulla di superfluo perché tutto quello che cercavamo di fare era servire Dio. Gesù, poi, conversava di buon grado con chi veniva a trovarlo a casa per la difficile interpretazione della legge e il significato delle figure, e talvolta disputava pubblicamente con i saggi, destandone l'ammirazione, al punto che essi dicevano: 'Ecco che il figlio di Giuseppe insegna ai maestri: che spirito grande parla in lui'. Un giorno ero intenta a pensare alla sua Passione e provavo un'immensa tristezza. Allora egli disse: 'Madre mia, non credi che io sia in mio Padre e che mio Padre sia in me? Cosa è successo? Sei triste? Sai che il Padre mio vuole che io patisca la morte e la mia volontà è quella del Padre mio. Quello che ricevo da mio Padre non può soffrire, ma soffre la carne che ho ricevuto da te, affinché la carne altrui sia riscattata e il suo spirito salvato'. Infine, era così obbediente che quando Giuseppe gli diceva qualcosa senza pensarci: 'Fai questo o fai quello' egli lo faceva e in questo modo nascondeva il potere della sua divinità, di cui eravamo al corrente solo Giuseppe ed io; infatti lo abbiamo spesso visto circondato da una luce stupenda, ed abbiamo udito le voci e i concerti degli angeli che cantavano sopra di lui. Abbiamo visto anche gli spiriti immondi, che non temevano gli esorcisti riconosciuti dalla legge, uscire alla vista di mio Figlio. Che queste cose siano continuamente presenti alla tua memoria, e ringrazia Dio di aver voluto manifestare attraverso te la sua infanzia». Libro VI, 58

 

La Santa Vergine racconta ciò che accadde durante la visita a Santa Elisabetta...

La Madre di Dio dice a Santa Brigida: «Quando l'angelo mi annunciò che il Figlio di Dio sarebbe nato da me, non appena ebbi acconsentito avvertii in me qualcosa di mirabile ed inconsueto; stupita, decisi immediatamente di recarmi in visita da Santa Elisabetta, mia cugina, che era incinta, per starle vicino e parlare con lei di quello che mi aveva detto l'angelo; ma quando giunsi alla fontana e ci baciammo ed abbracciammo, il bambino che ella portava in grembo gioì in modo meraviglioso. Allora in cuor mio provai di nuovo felicità, tanto che la mia lingua proferì parole divine incomprensibili, che la mia anima capì a sténto, tale era la gioia che provava! Ora, Elisabetta contemplava il fervore dello Spirito che parlava in me, ed io contemplavo similmente in lei la grazia di Dio; così, trascorremmo alcuni giorni insieme, benedicendo Dio. Poi un pensiero iniziò a interrogare la mia mente su quale devozione e quale comportamento avrei dovuto assumere dopo aver ricevuto una grazia del genere; cosa dovevo rispondere a quanti mi avrebbero chiesto come avessi concepito il bambino e chi fosse suo padre, e cosa avrei detto a Giuseppe, qualora il nemico avesse insinuato in lui dei sospetti nei miei confronti. Mentre nella mia mente si susseguivano questi pensieri, un angelo, simile a quello che mi era apparso in precedenza, mi disse: 'Nostro Dio, che è eterno, è con te e in te: dunque non temere, perché egli ti darà la grazia della parola; guiderà i tuoi passi e ti condurrà, compirà la sua opera con te con potenza e saggezza. Ora, Giuseppe, cui sei stata affidata, si stupirà quando saprà che aspetti un figlio, e riterrà indegno vivere con te'. E poiché Giuseppe era stato in ansia e non sapeva cosa fare, l'angelo gli comparve in sogno, dicendogli: 'Non allontanarti dalla Vergine che ti è stata affidata, perché, come ti ha detto lei stessa, ha concepito il bambino con lo Spirito di Dio, e darà alla luce un Figlio che sarà il Salvatore del mondo. Per questo servila fedelmente, e sii testimone e custode del suo pudore'. Da quel giorno, Giuseppe mi servì come la sua padrona, ed io mi umiliai fino a compiere le sue opere più umili. Pregai in continuazione». Libro VI, 59

 

Perché Maria ha vissuto a lungo dopo l'Ascensione di Gesù

«Secondo la volontà divina, ho vissuto a lungo dopo l'Ascensione di mio Figlio, affinché le anime si convertissero a Dio, dopo aver visto la mia pazienza invincibile e la regolatezza dei miei costumi, ed affinché i miei apostoli e i miei eletti si rafforzassero. La naturale predisposizione del mio corpo era tale che mi permise di vivere duramente, in modo che la mia corona aumentasse, perché durante il tempo che ho vissuto dopo l'Ascensione di mio Figlio ho visitato i luoghi in cui egli ha sofferto o ha manifestato le sue meraviglie, tanto la sua Passione era impressa nel mio cuore. I miei sensi erano astratti e lontani dalle cose del mondo, perché ero costantemente infiammata da nuovi desideri e vicendevolmente afflitta dai dolori; tuttavia, il mio dolore e la mia gioia erano così temprati che non omettevo nulla di quello che riguardava il servizio di Dio. Conversavo con gli esseri umani, ma partecipavo pochissimo a ciò che piaceva loro. La mia assunzione non era nota a molti e non era stata annunciata tramite Dio, che è mio Figlio; egli così ha voluto, affinché la fede nella sua Ascensione al cielo fosse maggiormente radicata e temprata nel cuore degli uomini». Libro VI, 61

 

La dormizione della Santa Vergine

Parla la Madre di Dio e dice: «Un giorno, diversi anni dopo l'Ascensione di mio Figlio, provai molta afflizione per il desiderio di andare in cielo e vedere mio Figlio. Allora vidi un angelo luminoso, come già mi era capitato in passato, che mi disse: 'Tuo Figlio, Dio e nostro Signore, mi manda a te per annunciare che è arrivato il momento in cui devi raggiungerlo con il corpo, per ricevere la corona che è stata preparata per te. Al che, risposi: 'Sai il giorno e l'ora in cui devo andarmene da questo mondo per passare nell'altro?' E l'angelo disse: 'Gli amici di tuo Figlio seppelliranno il tuo corpo. Dopo aver pronunciato queste parole, l'angelo scomparve ed io mi preparai all'evento, visitando, come di consueto, ogni luogo in cui aveva sofferto mio Figlio. Un giorno il mio spirito era sospeso nell'ammirazione della carità divina, quando la mia anima, in contemplazione, fu colma di così tante delizie che le sosteneva a stento, e in tale contemplazione e gioia essa fu separata dal corpo. Quante cose magnifiche vide la mia anima in quel momento, e con che onore fu accolta dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, e che moltitudine d'angeli la innalzò! Purtroppo non puoi capirlo, ed io non posso esprimerlo senza che anche la tua anima si separi dal corpo, sebbene ti abbia indicato qualcosa in questa preghiera, che ti ha ispirato mio Figlio. Ora, chi era in casa con me quando resi l'anima capì immediatamente, per via dell'insolita luce, le cose divine che si stavano compiendo in me in quel momento. In seguito, gli amici di mio Figlio, inviati da Dio, seppellirono il mio corpo nella valle di Giosafat, e con loro c'era un'infinità di angeli simile agli atomi del sole. Ma i numerosi spiriti non osavano avvicinarsi. Il mio corpo restò qualche giorno sulla terra, poi fu rapito e fu portato in cielo da una moltitudine d'angeli». Libro VI, 62

 

Il gladio di dolore che trafisse l’anima della Santa Vergine

Il giorno della purificazione della Santa Vergine, quando Brigida, sposa di Cristo si trovava a Roma, la Santa cadde in estasi e vide che in cielo si facevano tanti preparativi per questa grande festa; e vide una specie di Tempio dalla mirabile bellezza, in cui si trovava il venerabile Simeone, anziano e giusto, preparato a ricevere il bambin Gesù fra le proprie braccia con un desiderio grande e una gioia indicibile; ella contemplò anche la Santa Vergine che avanzava con grande maestà, portando il piccolo Gesù per offrirlo al Tempio, secondo la legge del Signore; poi, una grande moltitudine di angeli, di santi di ordini diversi, di vergini sante e di altre donne precedevano la Santa Vergine, circondandola con grande esultanza e devozione; davanti a lei un angelo reggeva un gladio molto lungo e largo, coperto di sangue, simbolo dei dolori che la Santa Vergine aveva patito alla morte del Figlio, quel gladio che, come aveva predetto il giusto Simeone, aveva trafitto il suo cuore. Perciò con grande gioia di tutta la corte celeste, alla sposa venne detto: «Vedi quanto onore e gloria si rendono oggi alla Regina del cielo con questa festa, per il gladio di dolore che ella ha sofferto durante la Passione del suo caro Figlio». E a quel punto la visione scomparve. Libro VII, 2

 

L’umiltà del Figlio di Dio e della Vergine

Parla la Madre di Dio e dice: «Grande è l'umiltà di mio Figlio che nella potenza della sua divinità, giaceva nella mangiatoia, fra due animali e benché sapesse ogni cosa secondo la natura divina, parlava secondo quella umana. Allo stesso modo, ora, seduto alla destra del Padre, sente tutti coloro che gli parlano con amore, e risponde loro attraverso lo Spirito Santo. Come lui, anch'io che sono Madre di Dio, sono umile nel mio corpo, che è superiore a tutte le creature, proprio come lo ero quando mi sposò Giuseppe. Sappi che lo Spirito Santo informò Giuseppe che avevo fatto voto di verginità a Dio, e che ero pura nelle parole, nei pensieri e nelle intenzioni; ed egli mi sposò non come moglie ma per trattarmi come la sua padrona e servirmi. Lo Spirito Santo mi fece sapere, inoltre, che la mia verginità si sarebbe conservata in eterno, sebbene, per una segreta disposizione divina, fossi sposata; ma dopo che ebbi dato il mio consenso all'ambasciatore di Dio, vedendo che il ventre cresceva in virtù dello Spirito Santo, Giuseppe si spaventò molto - non che meditasse qualcosa contro di me - ma si ricordò di quello che avevano annunciato i profeti, ossia che il Figlio sarebbe nato da una Vergine; egli si ritenne indegno di servire una Madre come me, finché l'angelo non gli apparve in sogno ordinandogli di non avere timore e di servirmi con carità. Giuseppe ed io non accumulammo nessuna ricchezza, se non il necessario per vivere in onore di Dio; lasciammo il resto per l'amore divino. Ora, poiché si avvicinava il tempo della nascita di mio Figlio, che avevo previsto con precisione, mi recai a Betlemme, secondo la prescienza divina, portando con me un abito purissimo e dei panni per mio Figlio, nessuno dei quali era stato usato e avvolsi colui che nacque da me con ogni purezza. E sebbene ignorassi che da sempre Dio aveva deciso che mi sarei seduta sui sublimi scanni, al di sopra di tutte le creature e di tutti gli uomini, quando ne fui informata, non disdegnai di preparare e di servire per San Giuseppe e per me tutto ciò di cui avevamo bisogno; e poiché ero umile, conosciuta solo da Dio e da San Giuseppe, mi sono mantenuta umile, seduta sullo scanno più sublime, pronta a presentare a Dio tutte le orazioni e le domande assennate. Ad alcuni rispondo con ispirazioni divine, ad altri con parole più intime come piace a Dio». Libro VII, 25

 

Maria paragonata a un giardiniere

«Sono io, la Regina del cielo, che vi parlo. Sono come un giardiniere in questo mondo, poiché quando il giardiniere vede soffiare il vento impetuoso che danneggia le piante e gli arboscelli, si reca subito in giardino, e li lega e li sorregge con pali e sostegni, prendendo ogni precauzione possibile affinché non si rovinino, non si rompano e non si sradichino. Ebbene io faccio lo stesso: essendo Madre di misericordia nel giardino di questo mondo, quando vedo che si alzano i venti impetuosi delle tentazioni, che le tempeste di Satana soffiano contro i cuori degli uomini, mi rivolgo subito a Dio, mio Figlio, con le preghiere, per aiutarli e implorandolo di versare nei loro cuori l'ispirazione dello Spirito Santo, affinché siano sostenuti, confermati, e infine protetti dai venti impetuosi delle tentazioni del demone infernale; perché il diavolo non domini gli uommi, dissipandone le anime e lo spirito di devozione, e gli uomini, accettando il mio aiuto e il mio soccorso con cuore umile, siano immediatamente liberati dalle tentazioni del diavolo e, rimanendo costanti nello stato di grazia, portino a Dio e a me il loro frutto soave quando è tempo e stagione. Ma chi disprezza l'aiuto di mio Figlio e il mio, si lascia portare via dal vento delle tentazioni. Libro VII, 28

 

Maria paragonata a un vaso colmo che riempie

La Regina del cielo apparve alla sposa e disse: «Ascolta, tu che capisci ciò che è spirituale e vieni con me ad assistere alle conversazioni dello Spirito Santo. Sono un vaso colmo che riempie a sua volta, poiché come un vaso si riempie quando viene immerso in un fiume, così la mia anima, quando fu creata e congiunta al corpo, venne riempita dal torrente dello Spirito Santo, di cui non si è mai vuotata. Per questo chiunque venga a me con umiltà e purezza di cuore avrà l'aiuto dello Spirito Santo. Ecco perché sono definita a ragione un vaso colmo: quando ero al mondo, il Figlio di Dio è disceso nel mio corpo con il suo torrente, assumendo attraverso me la carne e il sangue; egli è rimasto in me fino alla nascita e quando è nato ed io l'ho tenuto fra le mani, gli angeli hanno gioito e annunciato la pace in terra». Libro VIII, 47

 

La Santa Vergine si è rimessa alla volontà di Dio

«Le Scritture dicono che la città assediata da una grande potenza, sarà liberata con la saggezza del povero e nessuno si ricorderà di lui. Questa città è la creatura umana, che il diavolo ha stretto d'assedio su ogni lato con quattro tipi di peccati: la ribellione ai comandamenti divini; la trasgressione della legge naturale; la malvagia cupidigia e l'ostinazione dello spirito. Mia Madre», dice Gesù Cristo, «in un certo senso ha liberato tale creatura, quando si è rimessa alla mia volontà ed ha voluto patire ogni genere di tribolazione per la salvezza delle anime, perché la vera saggezza consiste nel sottomettere la propria volontà alla volontà divina, e nel compiacersi di soffrire per l'amore di Dio. Dunque, attraverso questa volontà, io, Figlio di Dio, sono stato fatto uomo attraverso la Santa Vergine, il cui cuore era come il mio; in questo modo posso dire che mia Madre ed io abbiamo salvato l'uomo con un cuore solo, io soffrendo nel mio cuore e nella mia carne e lei con il dolore del cuore e dell'amore. Questa Vergine era davvero povera; non desiderava nessuna ricchezza terrena e il suo spirito non ha commesso mai il minimo peccato. Alcuni non hanno beni, ma in cuor loro li desiderano perché sono mossi da cupidigia e superbia; questi non sono i poveri di cui parla il mio Vangelo. Altri abbondano in ricchezze, ma sono poveri di spirito. Ritengono di non essere altro che polvere e cenere e di dover morire di li a poco; desiderano essere con Dio e possiedono solo il necessario e quanto è utile al prossimo. Sono questi i veri poveri e i veri ricchi di Dio, fra questi era mia Madre».

Le rivelazioni supplementari, 3

 

La Vergine disputa un luogo al diavolo

La Vergine disse al diavolo: «Devi andartene perché sei il signore delle pene e il principe della collera; io, invece, sono la Madre di misericordia e la Regina del cielo, per questo ho pietà di tutti coloro che mi invocano». Poi la Vergine chiese al Giudice: «Figlio mio, un servitore è seduto in una casa ed entra il suo padrone; se questi desidera restare nella stessa casa o sedersi su quella stessa sedia, cosa farà il servitore?». Il Giudice rispose: «E’ giusto che il servitore si alzi e che il padrone si sieda dove vuole». Allora la Vergine disse al diavolo: «Poiché sei servo e suddito di mio Figlio ed io sono la tua padrona, è giusto che tu te ne vada e che io mi sieda dove voglio». Poi il Giudice disse alla Vergine: «Madre mia, questo luogo è tuo e ti è dovuto di diritto ed essendoti dovuto di diritto io te lo assegno. Così come in questo luogo sono stati uditi i singhiozzi e la miseria di quanti venivano a me dalla terra gridando vendetta, così ora in questo luogo, che è stato luogo di tormenti e di oppressione terreni, si sentirà la voce di chi ti loderà, e qui si riuniranno coloro che chiederanno misericordia e indulgenza per i vivi e per i defunti, ed essi placheranno la mia ira, quando sarò irritato nei confronti degli uomini». Poi il Giudice aggiunse, parlando alla Vergine: «Madre mia, il tuo nemico è stato a lungo padrone di questo luogo, ma d'ora innanzi qui tu sola sarai padrona e Regina».

Le rivelazioni supplementari; 24

 

Maria madre e figlia

«Maria, mia Madre, può essere chiamata madre e figlia: madre perché mi ha generato, figlia perché ha imitato la mia volontà, in quanto la somiglianza del suo corpo splendeva nella mia carne e la somiglianza di tutte le virtù ha brillato alla perfezione nel suo cuore e nelle sue opere».

Le rivelazioni supplementari, 37

 

Lode di Gesù nei confronti di sua Madre

«Sii benedetta, Madre del Re di gloria e Regina degli angeli! Le tue parole sono vere e dolcissime. Madre mia carissima hai detto a ragione che ho fatto ogni cosa in misericordia e giustizia. Sii benedetta, poiché sei stata così dolce che la Divinità si è compiaciuta di scendere in te e di non separarsi mai da te! Sei stata come una casa purissima e assolutamente linda, profumata con le virtù, abbellita da un fulgore straordinario. Hai brillato come una stella luminosa che brucia senza consumarsi: hai bruciato con il fuoco dell'amore senza consumarti. Per questo ti chiamano piena di carità e di misericordia, perché tutta la carità fiorisce in te e tutti trovano la misericordia attraverso te; infatti hai circondato e custodito in te l'autore della misericordia, e saresti persino capace di avere misericordia del diavolo, se lo chiedesse con umiltà! Per questo io ti darò tutto quello che mi domanderai e che desidererai». La Madre rispose: «Figlio mio, conosci la richiesta che ti faccio da sempre. Dunque, affinché questa sposa capisca ciò che è spirituale, ti supplico perché le parole che mi dici siano radicate nel cuore dei tuoi amici e permettano loro di raggiungere la perfezione estrema». Il Figlio riprese: «Sii benedetta da tutti gli abitanti celesti! Sei come un'aurora che si eleva in un amore ricco di virtù. Sei come un astro che si dirige verso il sole, che precede la mia giustizia con la sua pietà. Sei una mediatrice saggia, che pacifica il dissenso degli uomini e di Dio stesso; per questo le tue richieste saranno esaudite e le mie parole si compiranno, come desideri».

Le rivelazioni supplementari 50


Beppu-Oita (Giappone), 8 settembre 1993. Natività della Beata Vergine Maria. Sulla via della umiltà.

Don Stefano Gobbi

«Figli prediletti, guardate oggi alla vostra Mamma Bambina e deponete una corona profumata di amore e di umiltà attorno alla culla, in cui mi venerate nel momento della mia nascita terrena. Sono la vostra Mamma che vi conduce sulla via della umiltà e della piccolezza, della docilità e della ubbidienza, della mortificazione e della purezza.

Sulla via della umiltà seguitemi ogni giorno, perché siete chiamati a contemplare, in questi ultimi tempi, le più grandi meraviglie del Signore. Come il Signore ha guardato alla umiltà della sua Serva, così oggi il Signore guarda alla umiltà di tutti voi miei piccoli figli. Sulla via della umiltà imparate ad essere piccoli.Oggi, in cui il mio Avversario riesce ad ingannare tutti con lo spirito dell'orgoglio e della superbia, voi restate sempre nella Verità e la proclamate con coraggio nella sua integrità. Così, in questi tempi di grande tenebra, voi donate a tutti la luce del Vangelo. Allora diventate la voce stessa di Dio, che parla ancora per mezzo di voi ed ottiene la sua più grande vittoria sui potenti e sui suoi forti avversari, per mezzo del silenzio dei miei piccoli figli.

Sulla via della umiltà imparate ad essere docili. In questi tempi in cui il mio Avversario riesce a sedurre molti con il cattivo spirito della propria affermazione e della ribellione, voi date il buon esempio di una ubbidienza umile e coraggiosa. Siate ubbidienti al Papa ed ai Vescovi uniti con Lui; siate ubbidienti a tutte le norme che regolano la vostra vita sacerdotale; siate ubbidienti alla Volontà di Dio, che a voi viene sempre più manifestata, perché il vostro Padre che sta nei cieli sia in voi glorificato, ogni giorno, nel perfetto adempimento del suo divino Volere.

Sulla via della umiltà imparate ad essere puri. In questi vostri giorni in cui il mio Avversario riesce a sedurre tutti con la tenebra del peccato e della impurità, voi restate nella purezza e date il buon esempio di una vita sacerdotale santa ed illibata. Soprattutto date testimonianza di una gioiosa fedeltà al vostro impegno del celibato, perché il vostro corpo sacerdotale deve essere un corpo crocifisso al mondo ed a tutte le sue seduzioni. Per questo, mio piccolo bambino, ti ho portato ancora in questo grande Paese così lontano, nel giorno della mia Natività. Guarda alle decine di milioni di tuoi fratelli che vivono ancora immersi nella tenebra del paganesimo ed attendono il momento di entrare nell'unico ovile, per conoscere finalmente la voce consolante del solo Buon Pastore.

Oggi vi annuncio che questo grande miracolo avverrà presto. Col trionfo del mio Cuore Immacolato nel mondo, tutto questo grande popolo ancora pagano entrerà a fare parte del gregge, di cui Gesù Cristo è il buon Pastore. Preparatevi a questo momento nella umiltà e nella fiducia, ascoltando con docilità la voce della vostra Mamma Celeste. Oggi vi benedico e vi prendo per mano per condurvi a vivere le ore dolorose della grande prova, che è ormai giunta, per disporre il mondo all'incontro con il suo Signore, che sta per ritornare a voi nello Splendore del suo Regno di gloria».