Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 20° settimana del tempo ordinario (San Bernardo)
Vangelo secondo Matteo 10
1Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità.
2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello,3Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo,4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, che poi lo tradì.
5Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti:
"Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele.7E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino.8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.9Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture,10né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l'operaio ha diritto al suo nutrimento.
11In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza.12Entrando nella casa, rivolgetele il saluto.13Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi.14Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi.15In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sòdoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città.
16Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.17Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe;18e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.19E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire:20non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
21Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire.22E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato.23Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra; in verità vi dico: non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che venga il Figlio dell'uomo.
24Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone;25è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più i suoi familiari!
26Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato.27Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti.28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna.29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
30Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati;31non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!
32Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli;33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
34Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.35Sono venuto infatti a separare
'il figlio dal padre, la figlia dalla madre,
la nuora dalla suocera:'
36e 'i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.'
37Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me;38chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.39Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.41Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.42E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".
Genesi 36
1Questa è la discendenza di Esaù, cioè Edom.2Esaù prese le mogli tra le figlie dei Cananei: Ada, figlia di Elon, l'Hittita; Oolibama, figlia di Ana, figlio di Zibeon, l'Hurrita;3Basemat, figlia di Ismaele, sorella di Nebaiòt.4Ada partorì ad Esaù Elifaz, Basemat partorì Reuel,5Oolibama partorì Ieus, Iaalam e Core. Questi sono i figli di Esaù, che gli nacquero nel paese di Canaan.
6Poi Esaù prese le mogli e i figli e le figlie e tutte le persone della sua casa, il suo gregge e tutto il suo bestiame e tutti i suoi beni che aveva acquistati nel paese di Canaan e andò nel paese di Seir, lontano dal fratello Giacobbe.7Infatti i loro possedimenti erano troppo grandi perché essi potessero abitare insieme e il territorio, dove essi soggiornavano, non poteva sostenerli per causa del loro bestiame.8Così Esaù si stabilì sulle montagne di Seir. Ora Esaù è Edom.
9Questa è la discendenza di Esaù, padre degli Idumei, nelle montagne di Seir.10Questi sono i nomi dei figli di Esaù: Elifaz, figlio di Ada, moglie di Esaù; Reuel, figlio di Basemat, moglie di Esaù.11I figli di Elifaz furono: Teman, Omar, Zefo, Gatam, Kenaz.12Elifaz, figlio di Esaù, aveva per concubina Timna, la quale ad Elifaz partorì Amalek. Questi sono i figli di Ada, moglie di Esaù.13Questi sono i figli di Reuel: Naat e Zerach, Samma e Mizza. Questi furono i figli di Basemat, moglie di Esaù.14Questi furono i figli di Oolibama, moglie di Esaù, figlia di Ana, figlio di Zibeon; essa partorì a Esaù Ieus, Iaalam e Core.
15Questi sono i capi dei figli di Esaù: i figli di Elifaz primogenito di Esaù: il capo di Teman, il capo di Omar, il capo di Zefo, il capo di Kenaz,16il capo di Core, il capo di Gatam, il capo di Amalek. Questi sono i capi di Elifaz nel paese di Edom: questi sono i figli di Ada.
17Questi i figli di Reuel, figlio di Esaù: il capo di Naat, il capo di Zerach, il capo di Samma, il capo di Mizza. Questi sono i capi di Reuel nel paese di Edom; questi sono i figli di Basemat, moglie di Esaù.
18Questi sono i figli di Oolibama, moglie di Esaù: il capo di Ieus, il capo di Iaalam, il capo di Core. Questi sono i capi di Oolibama, figlia di Ana, moglie di Esaù.
19Questi sono i figli di Esaù e questi i loro capi. Egli è Edom.
20Questi sono i figli di Seir l'Hurrita, che abitano il paese: Lotan, Sobal, Zibeon, Ana,21Dison, Eser e Disan. Questi sono i capi degli Hurriti, figli di Seir, nel paese di Edom.22I figli di Lotan furono Ori e Emam e la sorella di Lotan era Timna.23I figli di Sobal sono Alvan, Manacat, Ebal, Sefo e Onam.24I figli di Zibeon sono Aia e Ana; questo è l'Ana che trovò le sorgenti calde nel deserto, mentre pascolava gli asini del padre Zibeon.25I figli di Ana sono Dison e Oolibama, figlia di Ana.26I figli di Dison sono Emdam, Esban, Itran e Cheran.27I figli di Eser sono Bilan, Zaavan e Akan.28I figli di Disan sono Uz e Aran.29Questi sono i capi degli Hurriti: il capo di Lotan, il capo di Sobal, il capo di Zibeon, il capo di Ana,30il capo di Dison, il capo di Eser, il capo di Disan. Questi sono i capi degli Hurriti, secondo le loro tribù nel paese di Seir.
31Questi sono i re che regnarono nel paese di Edom, prima che regnasse un re degli Israeliti.32Regnò dunque in Edom Bela, figlio di Beor, e la sua città si chiama Dinaba.33Poi morì Bela e regnò al suo posto Iobab, figlio di Zerach, da Bosra.34Poi morì Iobab e regnò al suo posto Usam, del territorio dei Temaniti.35Poi morì Usam e regnò al suo posto Adad, figlio di Bedad, colui che vinse i Madianiti nelle steppe di Moab; la sua città si chiama Avit.36Poi morì Adad e regnò al suo posto Samla da Masreka.37Poi morì Samla e regnò al suo posto Saul da Recobot-Naar.38Poi morì Saul e regnò al suo posto Baal-Canan, figlio di Acbor.39Poi morì Baal-Canan, figlio di Acbor, e regnò al suo posto Adar: la sua città si chiama Pau e la moglie si chiamava Meetabel, figlia di Matred, da Me-Zaab.
40Questi sono i nomi dei capi di Esaù, secondo le loro famiglie, le loro località, con i loro nomi: il capo di Timna, il capo di Alva, il capo di Ietet,41il capo di Oolibama, il capo di Ela, il capo di Pinon,42il capo di Kenan, il capo di Teman, il capo di Mibsar,43il capo di Magdiel, il capo di Iram. Questi sono i capi di Edom secondo le loro sedi nel territorio di loro proprietà. È appunto questo Esaù il padre degli Idumei.
Sapienza 9
1"Dio dei padri e Signore di misericordia,
che tutto hai creato con la tua parola,
2che con la tua sapienza hai formato l'uomo,
perché domini sulle creature fatte da te,
3e governi il mondo con santità e giustizia
e pronunzi giudizi con animo retto,
4dammi la sapienza, che siede in trono accanto a te
e non mi escludere dal numero dei tuoi figli,
5perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella,
uomo debole e di vita breve,
incapace di comprendere la giustizia e le leggi.
6Se anche uno fosse il più perfetto tra gli uomini,
mancandogli la tua sapienza, sarebbe stimato un nulla.
7Tu mi hai prescelto come re del tuo popolo
e giudice dei tuoi figli e delle tue figlie;
8mi hai detto di costruirti un tempio sul tuo santo monte,
un altare nella città della tua dimora,
un'imitazione della tenda santa
che ti eri preparata fin da principio.
9Con te è la sapienza che conosce le tue opere,
che era presente quando creavi il mondo;
essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi
e ciò che è conforme ai tuoi decreti.
10Inviala dai cieli santi,
mandala dal tuo trono glorioso,
perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica
e io sappia ciò che ti è gradito.
11Essa infatti tutto conosce e tutto comprende,
e mi guiderà prudentemente nelle mie azioni
e mi proteggerà con la sua gloria.
12Così le mie opere ti saranno gradite;
io giudicherò con equità il tuo popolo
e sarò degno del trono di mio padre.
13Quale uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
14I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
15perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima
e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri.
16A stento ci raffiguriamo le cose terrestri,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi può rintracciare le cose del cielo?
17Chi ha conosciuto il tuo pensiero,
se tu non gli hai concesso la sapienza
e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall'alto?
18Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono ammaestrati in ciò che ti è gradito;
essi furono salvati per mezzo della sapienza".
Salmi 72
1'Di Salomone.'
Dio, da'al re il tuo giudizio,
al figlio del re la tua giustizia;
2regga con giustizia il tuo popolo
e i tuoi poveri con rettitudine.
3Le montagne portino pace al popolo
e le colline giustizia.
4Ai miseri del suo popolo renderà giustizia,
salverà i figli dei poveri
e abbatterà l'oppressore.
5Il suo regno durerà quanto il sole,
quanto la luna, per tutti i secoli.
6Scenderà come pioggia sull'erba,
come acqua che irrora la terra.
7Nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e abbonderà la pace,
finché non si spenga la luna.
8E dominerà da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
9A lui si piegheranno gli abitanti del deserto,
lambiranno la polvere i suoi nemici.
10Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte,
i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.
11A lui tutti i re si prostreranno,
lo serviranno tutte le nazioni.
12Egli libererà il povero che grida
e il misero che non trova aiuto,
13avrà pietà del debole e del povero
e salverà la vita dei suoi miseri.
14Li riscatterà dalla violenza e dal sopruso,
sarà prezioso ai suoi occhi il loro sangue.
15Vivrà e gli sarà dato oro di Arabia;
si pregherà per lui ogni giorno,
sarà benedetto per sempre.
16Abbonderà il frumento nel paese,
ondeggerà sulle cime dei monti;
il suo frutto fiorirà come il Libano,
la sua messe come l'erba della terra.
17Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole persista il suo nome.
In lui saranno benedette
tutte le stirpi della terra
e tutti i popoli lo diranno beato.
18Benedetto il Signore, Dio di Israele,
egli solo compie prodigi.
19E benedetto il suo nome glorioso per sempre,
della sua gloria sia piena tutta la terra.
Amen, amen.
Geremia 33
1La parola del Signore fu rivolta una seconda volta a Geremia, mentre egli era ancora chiuso nell'atrio della prigione:2"Così dice il Signore, che ha fatto la terra e l'ha formata per renderla stabile e il cui nome è Signore:3Invocami e io ti risponderò e ti annunzierò cose grandi e impenetrabili, che tu non conosci.4Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, riguardo alle case di questa città e alle case dei re di Giuda, che saranno diroccate di fronte alle opere di assedio e alle armi5dei Caldei venuti a far guerra e a riempirle dei cadaveri degli uomini che io ho colpito nella mia ira e nel mio furore, poiché ho nascosto il volto distornandolo da questa città a causa di tutta la loro malvagità:6Ecco io farò rimarginare la loro piaga, li curerò e li risanerò; procurerò loro abbondanza di pace e di sicurezza.7Cambierò la sorte di Giuda e la sorte di Israele e li ristabilirò come al principio.8Li purificherò da tutta l'iniquità con cui hanno peccato contro di me e perdonerò tutte le iniquità che han commesso verso di me e per cui si sono ribellati contro di me.9Ciò sarà per me titolo di gioia, di lode e di gloria tra tutti i popoli della terra, quando sapranno tutto il bene che io faccio loro e temeranno e tremeranno per tutto il bene e per tutta la pace che concederò loro.10Dice il Signore: In questo luogo, di cui voi dite: Esso è desolato, senza uomini e senza bestiame; nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, che sono desolate, senza uomini, senza abitanti e senza bestiame, si udranno ancora11grida di gioia e grida di allegria, la voce dello sposo e quella della sposa e il canto di coloro che dicono: 'Lodate il Signore degli eserciti, perché è buono, perché la sua grazia dura sempre', portando sacrifici di ringraziamento nel tempio del Signore, perché ristabilirò la sorte di questo paese come era prima, dice il Signore.
12Così dice il Signore degli eserciti: In questo luogo desolato, senza uomini e senza bestiame, e in tutte le sue città ci saranno ancora luoghi di pastori che vi faranno riposare i greggi.13Nelle città dei monti, nelle città della Sefèla, nelle città del mezzogiorno, nella terra di Beniamino, nei dintorni di Gerusalemme e nelle città di Giuda passeranno ancora le pecore sotto la mano di chi le conta, dice il Signore.
14Ecco verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda.15In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.16In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.
17Così dice il Signore: Davide non sarà mai privo di un discendente che sieda sul trono della casa di Israele;18ai sacerdoti leviti non mancherà mai chi stia davanti a me per offrire olocausti, per bruciare l'incenso in offerta e compiere sacrifici tutti i giorni".
19Questa parola del Signore fu poi rivolta a Geremia:20"Dice il Signore: Se voi potete spezzare la mia alleanza con il giorno e la mia alleanza con la notte, in modo che non vi siano più giorno e notte al tempo loro,21così sarà rotta anche la mia alleanza con Davide mio servo, in modo che non abbia un figlio che regni sul suo trono, e quella con i leviti sacerdoti che mi servono.22Come non si può contare la milizia del cielo né numerare la sabbia del mare, così io moltiplicherò la discendenza di Davide, mio servo, e i leviti che mi servono".
23La parola del Signore fu ancora rivolta a Geremia:24"Non hai osservato ciò che questo popolo va dicendo: Il Signore ha rigettato le due famiglie che si era scelte! e così disprezzano il mio popolo quasi che non sia più una nazione ai loro occhi?".25Dice il Signore: "Se non sussiste più la mia alleanza con il giorno e con la notte, se io non ho stabilito le leggi del cielo e della terra,26in tal caso potrò rigettare la discendenza di Giacobbe e di Davide mio servo, così da non prendere più dai loro posteri coloro che governeranno sulla discendenza di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Poiché io cambierò la loro sorte e avrò pietà di loro".
Lettera agli Efesini 5
1Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi,2e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
3Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi;4lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie!5Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - che è roba da idolàtri - avrà parte al regno di Cristo e di Dio.
6Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l'ira di Dio sopra coloro che gli resistono.7Non abbiate quindi niente in comune con loro.8Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce;9il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.10Cercate ciò che è gradito al Signore,11e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente,12poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare.13Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce, perché tutto quello che si manifesta è luce.14Per questo sta scritto:
"Svégliati, o tu che dormi,
déstati dai morti
e Cristo ti illuminerà".
15Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi;16profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi.17Non siate perciò inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio.18E non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito,19intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore,20rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.
21Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.
22Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore;23il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo.24E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei,26per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola,27al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso.29Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa,30poiché siamo membra del suo corpo.31'Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola'.32Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!33Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.
Capitolo LV: La corruzione della natura e la potenza della grazia divina
Leggilo nella Biblioteca1. O Signore mio Dio, che mi hai creato a tua immagine e somiglianza, concedimi questa grazia grande, indispensabile per la salvezza, come tu ci hai rivelato; così che io possa superare la mia natura, tanto malvagia, che mi trae al peccato e alla perdizione. Ché, nella mia carne, io sento, contraria alla "legge della mia ragione, la legge del peccato" (Rm 7,23), la quale mi fa schiavo e di frequente mi spinge ad obbedire ai sensi. E io non posso far fronte alle passioni peccaminose, provenienti da questa legge del peccato, se non mi assiste la tua grazia santissima, infusa nel mio cuore, che ne avvampa. Appunto una tua grazia occorre, una grazia grande, per vincere la natura, sempre proclive al male, fin dal principio. Infatti, per colpa del primo uomo Adamo, la natura decadde, corrotta dal peccato; e la triste conseguenza di questa macchia passò in tutti gli uomini, talché quella "natura", da te creata buona e retta, ormai è intesa come "vizio e debolezza della natura corrotta". Così, per la libertà che le è lasciata, la natura trascina verso il male e verso il basso. E quel poco di forza che rimane nella natura è come una scintilla coperta dalla cenere. E' questa la ragione naturale, che, pur se circondata da oscurità, è ancora capace di giudicare il bene ed il male, e di separare il vero dal falso; anche se non riesce a compiere tutto quello che riconosce come buono, anche se non possiede la pienezza del lume della verità e la perfetta purezza dei suoi affetti. E' per questo, o mio Dio, che "nello spirito, mi compiaccio della tua legge" (Rm 7,22), sapendo che il tuo comando è buono, giusto e santo, tale che ci invita a fuggire ogni male e ogni peccato. Invece, nella carne, io mi sottometto alla legge del peccato, obbedendo più ai sensi che alla ragione. E' per questo che "volere il bene mi è facile, ma a compiere il bene non riesco" (Rm 7,18). E' per questo che vado spesso proponendomi molte buone cose; ma mi manca la grazia che mi aiuti nella mia debolezza, e mi ritiro e vengo meno anche per una piccola difficoltà. E' per questo che mi avviene di conoscere la via della perfezione e di vedere con chiarezza quale debba essere la mia condotta; ma poi, schiacciato dal peso della corruzione dell'umanità, non riesco a salire a cose più elevate.
2. La tua grazia, o Signore, mi è davvero massimamente necessaria per cominciare, portare avanti e condurre a compimento il bene: "senza di essa non posso far nulla" (Gv 15,5), "mentre tutto posso in te" che mi dai forza, con la tua grazia (Fil 4,13). Grazia veramente di cielo, questa; mancando la quale i nostri meriti sono un nulla, e un nulla si devono considerare anche i doni naturali. Abilità e ricchezza, bellezza e forza, intelligenza ed eloquenza, nulla valgono presso di te, o Signore, se manca la grazia. Ché i doni di natura li hanno sia i buoni che i cattivi; mentre dono proprio degli eletti è la grazia, cioè l'amore di Dio. Rivestiti di tale grazia, gli eletti sono ritenuti degni della vita eterna. Tutto sovrasta, questa grazia; tanto che né il dono della profezia, né il potere di operare miracoli, né la più alta contemplazione non valgono nulla, senza di essa. Neppure la fede, neppure la speranza, né le altre virtù sono a te accette, senza la carità e la grazia.
3. O grazia beata, che fai ricco di virtù chi è povero nello spirito e fai ricco di molti beni chi è umile di cuore, vieni, discendi in me, colmami, fin dal mattino della tua consolazione, cosicché l'anima mia non venga meno per stanchezza e aridità interiore! Ti scongiuro, o Signore: che io trovi grazia ai tuoi occhi. La tua gloria mi basta (2Cor 12,9), pur se non otterrò tutto quello cui tende la natura umana. Anche se sarò tentato e angustiato da molte tribolazioni, non temerò alcun male, finché la tua grazia sarà con me. Essa mi dà forza, guida ed aiuto; vince tutti i nemici, è più sapiente di tutti i sapienti. Essa è maestra di verità e di vita, luce del cuore, conforto nell'afflizione. Essa mette in fuga la tristezza, toglie il timore, alimenta la pietà, genera le lacrime. Che cosa sono io mai, senza la grazia, se non un legno secco, un ramo inutile, da buttare via? "La tua grazia, dunque, o Signore, mi preceda sempre e mi segua, e mi conceda di essere sempre pronto a operare, per Gesù Cristo, Figlio tuo. Amen. (Messale Romano, oremus della XVI domenica dopo Pentecoste).
DISCORSO 312 NEL NATALE DEL MARTIRE CIPRIANO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaNon si lodi il Martire per se stesso ma nel Signore.
1. La solennità di un giorno così gradito e lieto, e la felice e dolce ricorrenza della vittoria di così grande Martire, reclama da me il debito discorso. Ma le preghiere di lui portano con me un tanto incarico, così che se avrò corrisposto in modo inferiore al dovuto, non disdegni che sia io a parlarvi, ma egli vi dia compensazione pregando per voi. Farò in modo, da parte mia - come sono certo che è cosa a lui graditissima - di lodarlo nel Signore mentre lodo il Signore per lui. Era infatti mite anche quando, nelle varie prove, faceva fronte ai pericoli di questa vita turbolenta e tempestosa, anzi, da quell'uomo che era, aveva imparato a cantare a Dio con cuore sincero: Ascoltino gli umili e si rallegrino 1. Ed ora, lasciata la terra di chi muore, possiede beato la terra dei viventi. Costui era uno di quelli di cui è stato detto: Beati i miti perché possederanno la terra 2. Ma quale terra, se non quella di cui si dice a Dio: Sei tu la mia speranza, sei tu la mia sorte nella terra dei viventi 3? O se la terra dei viventi non è altro che il corpo dei risuscitati, tratto dalla terra e trasfigurato nella gloria celeste, egli non sta ancora a gemere nella debolezza di questa condizione mortale, per lui rimanere nel corpo non rappresentò l'ottimo dei beni, ma bene necessario per noi; sciolto, però, e liberato da ogni rapporto e di debito e di vincolo, attende in pace con Cristo la risurrezione del proprio corpo. Infatti, chi non fu vinto dalla prova della sua carne viva, è sicuro del ritorno alla vita della sua carne sepolta.
Cipriano prima di convertirsi alla fede.
2. L'anima di lui si glori quindi nel Signore, perché i miti ascoltino e si rallegrino. Si glori nel Signore l'anima buona che quale proprietà di lui diventa buona, che per il soffio dello Spirito di lui ha vita e forza, per la luce che riceve da lui è luminosa, plasmata da lui è bella, piena di lui è feconda. Mancando infatti questo un tempo, prima di credere in Cristo, era in balia delle onde, senza vita, tutta tenebre, deforme, inaridita. In realtà, a che era giovata l'eloquenza a lui pagano, per la quale, come da una coppa preziosa, beveva e propinava errori mortiferi? Ma quando risplendette la bontà e l'amore del Salvatore nostro Dio 4, una volta credente in lui, egli lo liberò dalle ambizioni mondane e ne fece un vaso di pregio, utile alla sua casa, adatto ad ogni opera buona 5. Da parte sua, non tacque di queste cose, da ingrato. Conoscendo Dio, fu lungi infatti dal non dargli gloria come Dio; ma rese grazie, senza tornare ad inghiottire quanto aveva messo fuori, ma devotamente considerando la sua conversione. Scrivendo infatti ad un suo amico, perché anch'egli, da tenebra che era, diventasse luce nel Signore, dice: Poiché io languivo nelle tenebre di una notte fonda e vacillavo titubante e malsicuro su orme che sfuggivano disfacendosi sopra l'acqua salsa del mondo millantatore, ignaro della mia vita, estraneo alla verità e alla luce. E più avanti dice: Infatti, proprio come lui, ero trattenuto avviluppato dai moltissimi errori della mia vita precedente, dai quali non credevo di poter riuscire a svincolarmi; così assecondavo i vizi che aderivano a me con forza e, senza speranza di meglio, favorivo i miei mali quasi ormai di mia proprietà e nati in casa 6.
Convertito alla grazia di Dio, divenne vero Cipriano.
3. Ecco quale Cipriano trovò Cristo: ecco a quale anima si avvicinò a colpire con forza e a risanare colui che sradica e pianta. Non ha detto infatti a caso: Sono io che do la morte e faccio vivere; io percuoto e io guarisco 7, o a caso fu detto a Geremia, in figura di avvenimenti futuri: Ecco, oggi, ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere, per edificare e piantare 8. Si avvicinò dunque a quell'anima colui che sradica e pianta, e sradicò il vecchio Cipriano, ed ivi, ponendosi egli stesso quale fondamento, edificò su di sé un Cipriano nuovo e fece da sé il Cipriano nuovo. Dice infatti a Cristo la Chiesa: Il mio diletto è un grappolo di cipro 9. Perciò, quando da Cristo fu fatto cristiano, allora veramente divenne Cipriano anche da cipro. Divenne quindi in mezzo a tutti il buon odore di Cristo, come dice l'apostolo Paolo, a sua volta annientato come persecutore e costituito evangelizzatore. Egli dice: In mezzo a tutti, noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e quelli che si perdono, per gli uni odore di vita per la vita, per gli altri odore di morte per la morte. E chi è mai all'altezza di questi compiti? 10 Infatti, alcuni ebbero la vita seguendo l'esempio di Cipriano; altri, in opposizione a Cipriano, andarono perduti.
Da oratore forense a evangelizzatore di Cristo.
4. A lui lode, a lui gloria che, per la giustificazione della fede, trasse fuori dagli empi l'anima del suo servo e ne fece la sua spada, cioè una spada a doppio taglio, perché, messa a nudo, da quella lingua venisse colpita la stoltezza dei Pagani che, dissimulata e velata da essa, in precedenza sembrava attraente alle persone assennate; anche perché uno strumento di così nobile eloquenza, da cui scaturivano indegni abbellimenti alle deleterie dottrine dei demoni, si rivolgesse a edificazione della Chiesa, in modo che per la diffusione di questa sparissero quelle indegnità; ed ancora perché il portatore di una voce così altisonante, solita a eccitare competizioni di menzogneri oratori pubblici, suscitasse combattenti per Cristo, martiri devoti che di lui si gloriano, per atterrare il diavolo con le morti preziose dei santi. In mezzo a loro anche lo stesso Cipriano che li infiammava con pia e devota eloquenza, non più evocante fantastiche nebbie, ma raggiante della luce del Signore; morendo, fu vivo; giudicato, ebbe il sopravvento sul giudice; colpito, vinse l'avversario e, ucciso, uccise la morte. Colui che nella gara dell'aberrazione umana aveva addestrato la propria e l'altrui eloquenza a dire menzogne - così che quanto veniva presentato dall'avversario era respinto con abile finzione - ora, in tutt'altra scuola, dicendo la verità, aveva imparato a schivare l'avversario. Infatti, dove il nemico aveva reso un crimine il nome di Cristo, ivi Cristo cambiò il martirio in lode.
L'evidenza della vittoria dei Martiri sui demoni.
5. E se qualcuno forse chiede ancora da quale parte sia stata la vittoria, eviterò di parlare del regno celeste dei santi, al quale gli infedeli non vogliono credere, perché non possono vederlo; ora, in questa terra, in questa vita, nelle case, nei campi, nelle città, nel mondo ecco ferventi lodi dei martiri; dove sono le accuse aggressive degli empi? Ecco come vengono onorate le "Memorie" degli uccisi; mostrino ora essi gli idoli dei demoni. Che faranno loro nel giudizio se, morendo, ne hanno rovesciato i templi? Colui che ha spento con il sangue dei morenti i loro altari fumanti, come condannerà le loro presuntuose falsità con lo splendore dei suoi soldati risorti?
Cipriano eccelle tra i Martiri per la dottrina e l'esempio. Il luogo del suo sepolcro. I benefici della grazia in Cipriano. Amore di Cipriano, per l'unità della Chiesa.
6. In mezzo a queste legioni di Cristo, il beatissimo Cipriano stratega di gloriosi combattimenti ed egli stesso glorioso combattente, insegnò quel che avrebbe fatto e fece quel che aveva insegnato; in modo tale che anche dalle parole di lui maestro si poteva già conoscere l'animo del martire e, dall'animo di lui nella sofferenza, si potevano riconoscere le parole del maestro. Non era certo di quelli di cui il Signore dice: Quanto vi dicono, fatelo, ma non fate secondo le loro opere: perché dicono e non fanno 11. Costui parlò perché credette; perché parlò ebbe a soffrire. Ciò che fece, questo insegnò in vita; e fece in morte quello che insegnò. A lui la lode, a lui la gloria, al Signore Dio nostro, al Re dei secoli, al Creatore e al Redentore degli uomini, che arricchì la Chiesa di questa città di un tale suo Vescovo e consacrò questo vasto ambiente ad un corpo così santo. A lui la lode, a lui la gloria che si degnò di predestinare quell'uomo tra i suoi santi prima che fossero i tempi, di crearlo tra gli uomini a tempo debito, di chiamarlo quando era nell'errore, di purificarlo da corrotto, di farne un credente, di istruirlo fatto obbediente, di guidarlo da maestro, di aiutarlo da combattente, di coronarlo da vincitore. A lui la lode, a lui la gloria che tale lo ha fatto, per dimostrare in esso, particolarmente alla sua Chiesa, a quanti mali doveva opporsi e a quanti beni doveva preferirsi la carità, e come fosse del tutto privo di carità il cristiano che non avesse a cuore l'unità di Cristo. Egli l'amò al punto di non risparmiare i cattivi per la carità e di tollerare i cattivi per la pace; fu uomo libero nell'esprimere il suo pensiero e uomo di pace nell'ascoltare quello che egli sapeva essere il pensiero dei fratelli. A ragione meritò l'eccellenza di un grande onore nella Chiesa cattolica, di cui mantenne con tanta umiltà il vincolo di una perfetta concordia. Pertanto, carissimi, avendo esposto, come mi è stato possibile, il discorso dovuto ad una festa tanto gradita, incoraggio la vostra pietà religiosa a trascorrere questo giorno nell'onestà e nella sobrietà, e a mostrare, in questo giorno nel quale subì il martirio il beatissimo Cipriano, ciò che egli amò fino a morirne.
1 - Sal 33, 3.
2 - Mt 5, 4.
3 - Sal 141, 6.
4 - Cf. Tt 3, 4.
5 - Cf. 2 Tm 2, 21.
6 - CIPRIANO, Ep. ad Donatum 2, 3.
7 - Dt 32, 39.
8 - Ger 1, 10.
9 - Ct 1, 13.
10 - 2 Cor 2, 15-16
11 - Mt 23, 3.
Sesto Venerdì LA S. MESSA
I nove primi venerdì del mese - AA.VV.
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Gesù Cristo, per la sua infinita bontà
misericordiosa verso di noi, volle espiare il peccato originale e i
nostri peccati personali per darci la possibilità di
ridiventare figli di Dio ed eredi del Paradiso. Per fare questo Gesù
consumò il suo martirio, iniziato fin dalla sua concezione nel
seno purissimo della sempre Vergine Maria, con la sua Passione e
Morte sul patibolo della Croce. Ma per applicare all’umanità
i meriti della sua Redenzione lungo i secoli fino alla fine del mondo
istituì il Sacrificio della S. Messa.
«La S. Messa è
il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo che, sotto
la specie del pane e del vino, si offre dal Sacerdote a Dio
sull’altare in memoria e rinnovazione del Sacrificio della
Croce» (definizione presa dal Catechismo di S. Pio X —
faro di luce che ha illuminato il mondo e che nel tempo presente, in
mezzo alle dense tenebre che ci avvolgono, lo si vorrebbe sostituire
con vacue luci di lucciole).
La S. Messa quindi è la
rinnovazione del Sacrificio della Croce, infatti:
1) Il Sacrificio
della Croce tu offerto all’Eterno Padre.
1)Il Sacrificio
della Messa si offre all’Eterno Padre.
2) Nel Sacrificio
della Croce la Vittima offerta al Padre tu Gesù Cristo.
2)
Nel Sacrificio della Messa la Vittima offerta al Padre è Gesù
Cristo.
3) Il Sacrificio della Croce si compì colla
distruzione della Vittima divina, Gesù Cristo, mediante la
morte reale della sua Umanità Santissima sulla Croce.
3)Il
Sacrificio della Messa si compie con la distruzione della Vittima
divina, Gesù Cristo, mediante la morte mistica della sua
Umanità Santissima sull’Altare.
4) Sulla Croce il
Sacerdote che la Vittima al Padre fu Gesù stesso.
4) Nella
Messa il Sacerdote Principale che offre la Vittima al Padre è
Gesù stesso per mezzo del Sacerdote Ministeriale.
La
differenza tra il Sacrificio della Croce e il Sacrificio della Messa
sta in questo: a) Gesù sulla Croce si offrì al Padre in
modo cruento, con del suo Sangue.
A) Gesù nella Messa si
offre al Padre in modo incruento, senza spargimento del suo Sangue,
ma misticamente.
b) Col Sacrificio della Croce Gesù meritò
agli uomini tutte le grazie che costituiscono i , meriti del
Sacrificio della Croce.
B) Col Sacrificio della Messa Gesù
applica gli uomini i meriti del Sacrificio della Croce.
Perciò
Gesù Cristo, realmente presente nella S. ssa, offre al Padre
Celeste, sotto forma sacramento, la sua immolazione sulla Croce. Al
riguardo il Concilio Vat. II — (Della Sacra Liturgia n. 47) —
dice: Nostro Signore, all’ultima Cena, la notte in cui si
sarebbe sacrificato, istituì il Sacrificio Eucaristico del
Corpo e del suo Sangue, per perpetuare il Sacrificio della Croce
lungo i secoli fino a che Egli venga».
Il Papa Pio XII si
esprimeva così: «Dall’altare del Golgota non è
diverso l’altare delle nostre chiese; Anch'esso è un
monte sormontato dalla Croce e dal Crocifisso, dove si attua la
riconciliazione fra Dio e l’uomo».
In uno degli ultimi
più importanti documenti del Magistero, la solenne Professione
di Fede di Paolo VI a chiusura dell’Anno della Fede — 30
giugno 1968 — il Papa dice: «Noi crediamo che la Messa
celebrata dal Sacerdote, che rappresenta la persona di Cristo in
virtù del potere ricevuto nel Sacramento dell’Ordine, e
da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo Mistico,
è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente
sui nostri altari».
Il Sacrificio della Messa, che la
Chiesa offre di continuo a Dio in tutto il mondo, placa la Giustizia
divina, ne arresta i castighi e ottiene all’uomo grazia e
perdono. Si comprende allora perché Dio non ci castiga come
faceva anticamente nel Vecchio Testamento, benché nei tempi
attuali i peccati sono aumentati di molto in numero e gravità.
In ogni parte del mondo c’è sempre una Messa che viene
celebrata in cui Gesù Cristo, rioffrendosi al Padre, grida:
«Padre, misericordia!». — E il Padre sente l’amato
Figlio e l’ascolta.
S. Timoteo di Gerusalemme afferma che la
terra è debitrice della propria conservazione alla S. Messa,
senza di questo Sacrificio i peccati dell’uomo l’avrebbero
già distrutta.
«Io credo — diceva S. Leonardo
da Porto Maurizio — che se non ci fosse la Messa, a quest’ora
il mondo sarebbe già sprofondato sotto il peso delle sue
iniquità. E la Messa il forte sostegno che lo regge».
«In
ogni Messa — dice S. Tommaso d’Aquino — si trova
tutto il frutto che Gesù Cristo ha meritato sulla Croce: tutto
il frutto della Passione e Morte del Signore è il frutto di
ogni Messa».
S. Alfonso Maria di L. dice: «Tutta
la gloria che gli Angeli e i Santi hanno dato e daranno a Dio con le
loro virtù, opere buone, penitenze, ecc. non potrà mai
eguagliare la gloria che Gliene dà una sola Messa perché
tutta la gloria di tutte le creature del Cielo, del Purgatorio e
della terra è limitata, mentre la gloria data a Dio da una
sola Messa è illimitata, infinita e Dio stesso non può
fare che vi sia un’azione più santa e più grande
della celebrazione della Messa». Perciò la S. Messa è
l’azione che maggiormente glorifica Dio e più
efficacemente placa la Giustizia divina verso i peccatori, che
apporta maggior abbondanza di bene su questa terra, che più
abbatte le forze dell’inferno e apporta maggior suffragio alle
Anime del Purgatorio, per cui il Concilio di Trento afferma: «Bisogna
confessare che l’uomo non può fare opera più
santa e divina del tremendo Sacrificio della Messa».
Prodigio
ineffabile, mistero sublime che si compie sullahare mentre si celebra
la S. Messa. E Gesù Cristo che, Vittima di valore infinito,
s’immola per noi e si offre all’Eterno Padre per
soddisfare ai nostri peccati e per impetrarci i tesori della sua
infinita Misericordia. Con la Messa Dio riceve l’adorazione
perfetta, il ringraziamento pieno, la soddisfazione completa, la
preghiera onnipotente. S. Filippo Neri diceva: «Con la
preghiera noi domandiamo a Dio le grazie, con la S. Messa
costringiamo Dio a darcele».
Diceva Gesù alla grande
mistica S. Gertrude: «Sii sicura che a chi ascolta devotamente
la S. Messa Io manderò, negli ultimi istanti della sua vita,
per confortarlo e proteggerlo tanti dei miei Santi, quante saranno
state le Messe da lui bene ascoltate».
Una Messa, ascoltata
bene durante la vita presente, è per noi molto più
proficua e salutare di molte Messe ascoltate o fatte celebrare da
altri per noi dopo la nostra morte. Come non compiangere quei fedeli,
più pagani che cristiani, i quali non si curano affatto o ben
poco di partecipare alla Messa festiva che perdono per ogni più
futile motivo. S. Maria Goretti per andare a Messa la domenica alle
volte percorreva a piedi, tra andata e ritorno, 22 chilometri.
Nella
nostra vita di ogni giorno dovremmo preferire la S. Messa ad ogni
altra opera buona perché — dice S. Bernardo — si
merita di più ascoltando devotamente una S. Messa che col
distribuire ai poveri tutte le proprie sostanze e col girare
pellegrinando per tutta la terra. E non può essere
diversamente perché nessuna cosa al mondo può avere il
valore infinito di una Messa. Il martirio non è nulla —
diceva il S. Curato d’Ars — in confronto della Messa,
perché il martirio è il sacrificio dell’uomo a
Dio, mentre la Messa è il Sacrificio di Dio per l’uomo!
— La S. Messa è quindi la devozione delle devozioni alla
quale dovremmo partecipare, possibilmente, tutti i giorni.
Un
giorno fu domandato a San Pio da Pietrelcina:
«Padre,
spiegateci la Messa».
— Figli miei, come posso
spiegarvela? La Messa è infinita come Gesù... Chiedete
ad un Angelo che cosa sia la Messa ed egli vi risponderà con
verità: Capisco cos’è e perché si fa, ma
non comprendo quanto valore abbia. Un Angelo, mille Angeli, tutto il
Cielo sanno questo e così pensano.
— Padre, come
dobbiamo ascoltare la Messa?
— Come vi assistettero la
Santissima Vergine e le pie donne. Come assistette S. Giovanni al
Sacrificio Eucaristico e a quello cruento della Croce.
—
Padre, che benefici riceviamo assistendo alla S. Messa?
—
Non si possono enumerare. Li vedrete in Paradiso.
—
Altra risposta: Nell’assistere alla Messa rinnova la tua fede e
medita quale Vittima s’immola per se alla divina Giustizia per
placarla e renderla propizia. Non allontanarti dall’altare
senza versare lacrime di dolore e di amore per Gesù
Crocifisso, per la tua eterna salute. La Vergine Addolorata ti terrà
compagnia e ti sarà di dolce ispirazione.
Orbene per
ravvivare la fede in questo grande mistero dell’infinito amore
misericordioso di Gesù per noi e per invogliarvi a partecipare
con devozione alla Messa, leggete e meditate questi due esempi
narrati uno da P. Matteo Crawley, morto nel 1960 a Valpaso, e l’altro
riportato nella biografia di Giuseppina rrettone, anima mistica,
morta a Roma nel 1927.
I Esempio
« Ero stato invitato — è P. Matteo che parla —
a celebrare la S. Messa nella Cappella privata di una distinta
famiglia. I membri di essa avevano pensato di invitare alla mia Messa
un loro conoscente massone ed ateo che non aveva mai messo piede in
chiesa. Quando, vestito dei sacri paramenti, esco per andare
all’altare, vedo lì dinnanzi un uomo ritto in piedi,
colle braccia conserte, in mezzo a due signori devotamente
inginocchiati. La scena del Calvario al rovescio: là Gesù
in mezzo a due malfattori, qui il malfattore in mezzo a due anime
buone. Incomincio il Sacrificio della Messa e lui, il superuomo,
quasi in aria di sfida, sempre in piedi. Al momento della
Consacrazione improvvisamente, come vinto da una forza sovrumana,
cade in ginocchio fra la più intensa meraviglia dei presenti,
tenendo fisso lo sguardo verso l’altare, mentre gli occhi gli
si riempivano di lacrime. Che cosa era successo?... Quando la Messa
fu finita domandò di presentarsi a me perché aveva
bisogno di parlarmi.
— Padre, mi dice, che cosa è
venuta a fare lei in questa sala?
— Che cosa sono venuto a
fare? A celebrare la S. Messa.
— Che cosa è la
Messa?
— Scusi, lei è credente?
— No, io non
credo.
— Veda, signore, l’uomo aveva peccato e Dio per
ottenergli il perdono mandò sulla terra il suo Divin
Figliuolo, il quale, dopo aver predicato la sua dottrina
confermandola coi più grandi miracoli, fu preso dai suoi
nemici e fatto morire in croce fra i più atroci spasimi e
tormenti.
— Ma che c’entra tutto questo con la
Messa?
— La Messa è questo, niente altro che questo:
la rinnovazione del Sacrificio compiuto sulla Croce per la nostra
salvezza. Il massone mi guarda come trasognato.
— Allora mi
dica: chi era colui che è venuto al suo posto?
— Non
la comprendo.
— A un certo punto, quando hanno suonato il
campanello (alla Consacrazione), lei è scomparso e al suo
posto è venuto un altro signore, di aspetto maestoso, triste,
tanto triste e tutto coperto di piaghe. Teneva le braccia distese e
dalle mani lacerate da ferite usciva sangue che gocciolava dentro a
quel bicchiere di metallo che c’era sull’altare...
—
Nel calice.
— Sì, nel calice. Io non ho mai visto uno
spettacolo più tenero e commovente e mi sentivo tutto tremare
davanti a lui. Passato un po’ di tempo (dopo la comunione del
celebrante) è sparito ed è tornato lei al suo posto. Mi
dica, chi era colui?
— Era Gesù! Gesù
flagellato dai suoi nemici; Gesù coronato di spine; Gesù
tutto coperto di piaghe e sangue; Gesù confitto sul legno
della Croce Gesù che è morto per la nostra salvezza;
Gesù che vuole donarle il suo perdono e il suo amore...
E
così quel povero peccatore, convertito per questo grande
prodigio, cadeva pentito ai piedi del Ministro di Dio e nel Sangue
dell’Agnello, che cancella i peccati del mondo, purificava
l’anima sua.
II Esempio
Il 22 aprile 1906 a Roma Giuseppina Berrettoni, passando davanti
alla chiesa di S. Carlo al Corso, ebbe siderio di entrarvi per
assistere ad un’altra Messa. Qui le accadde ciò che lei,
stessa raccontò poi al suo Direttore Spirituale. Ecco le sue
parole:
Durante la Messa... vidi una moltitudine di Angeli
assistenti al Sacrificio che gremivano la chiesa più delle
persone. Conobbi che ci sono molti Angeli ai quali incombe l’ufficio
di assistere alle Messe che si celebrano... Quando suonò il
campanello del Sanctus io sentii un campanello, ma molte campane
suonate dagli Angeli. (Fra i tanti abusi liturgici, diffusisi dopo il
Conc. Vat. II, oggi il suono del campanello durante la celebrazione
della Messa è stato quasi del tutto abolito).
Quando fu il
tempo della Consacrazione intesi pronunziare le sacre parole anche
dai Sacerdoti beati e con ciò supplire ai difetti del
Sacerdote celebrante. Capii che ciò lo fanno essendo per loro
una gloria accidentale.
Venuta che fu la Vittima (con la
Consacrazione), il raccoglimento degli assistenti invisibili (gli
Angeli) fu molto più profondo... Fatta la sunzione del Sangue,
vidi staccarsi un gruppo di Angeli che raccoglievano molto presto
anche i piccoli avanzi del Sacrificio (i frammenti). Ciò mi
consolò molto perché prima mi affliggevo vedendo la
fretta o noncuranza di alcuni Sacerdoti (nel raccogliere i
frammenti). Quando si arrivò alla benedizione vidi chiaramente
un Vescovo con barba e in abito pontificale che dava la trina
benedizione e conobbi ch’egli era S. Pietro che ha l’ufficio
di supplire in questo atto la trascuraggine dei Sacerdoti che la
danno come qualunque altra cosa... Mi fu fatto capire che mi era
stato concesso questo favore affinché risvegliasi nel popolo
fedele il fervore nell’assistere alla S. Messa». Se
Giuseppina Berrettoni si affliggeva dei difetti commessi nella
celebrazione della Messa di allora, come si sarebbe addolorata delle
celebrazioni moderne di certe Messe beat, celebrate a suon di
chitarra e altri strumenti profani rumorosi, con certi canti da
tabarin, con movenze da ballerini e tante altre stravaganze, con
Comunione data nelle mani, con frammenti dispersi dappertutto, con
pissidi purificate nel lavandino ecc.
Se ci fossimo trovati sul
monte Calvario, mentre Gesù agonizzava sulla Croce per nostro
amore, per la nostra salvezza, con quali sentimenti avremmo assistito
a quella scena d’immenso dolore e d’infinito
amore?
Ebbene con gli stessi sentimenti dovremmo assistere alla S.
Messa, perché sull’altare è lo stesso Gesù
che compie, in un modo misterioso ma vero, lo stesso Sacrificio della
Croce per nostro amore e per la nostra salvezza eterna.
Assistendo
quindi devotamente alla S. Messa ed offrendo a Dio, insieme col
Sacerdote, il Santo Sacrificio, noi onoriamo Dio in modo degno di
Lui, soddisfacciamo alla divina giustizia per i nostri peccati,
ringraziamo Dio in modo conveniente, aiutiamo le Anime del
Purgatorio, otteniamo la conversione dei peccatori, apriamo il tesoro
delle grazie divine per noi e per il mondo intero.
Perciò
quanto è consigliabile e proficuo partecipare alla S. Messa
non solo nei giorni festivi, ma ogni qualvolta lo possiamo anche nei
giorni feriali. Diceva il grande missionario S. Leonardo da Porto
Maurizio:
«Oh se capissimo quale tesoro è la S.
Messa! Le chiese sarebbero sempre zeppe. Benedetto chi ascolta la S.
Messa ogni giorno! ». Aveva capito questo il grande scrittore
Alessandro Manzoni. Un suo amico si recò a fargli visita nel
pomeriggio di una giornata invernale con vento freddo e pioggia.
Trovò l’illustre amico di umore cattivo.
— Che
cosa è capitato? — gli chiese l’amico stupito.
—
C’è che stamane i miei familiari non hanno voluto che io
andassi in chiesa col pretesto del tempo cattivo!
— Ma
scusi, mi pare che abbiano fatto benissimo! C’era da prendersi
un malanno sicuro alla sua età...
— Ed io vi dico
invece — ribatté Alessandro Manzoni con forza —
che hanno fatto malissimo e glielo provo. Supponga che io avessi
vinto a una lotteria un premio di 100 milioni (equiparato al valore
odierno della moneta); supponga che scadesse proprio oggi il tempo
per riscuoterlo e che per la riscossione avessi dovuto presentarmi
personalmente, crede lei che per paura del cattivo tempo mi
avrebbero, fatto perdere il premio obbligandomi a stare in
casa?
L’amico non seppe rispondere.
Esempio
Nell’isola Tahuata un’intera famiglia si era
convertita ed aveva ricevuto il, battesimo. Ma poco più tardi
i membri di quella famiglia avevano abbandonato la vera fede per
ritornare all’idolatria, all’infuori di una giovanetta,
chiamata Rotaria. Essa contava 14 anni ed era uscita da poco dalla
scuola delle Suore di S. Giuseppe di Cluny, dove aveva dato prova di
molta virtù e di molta pietà.
I suoi genitori
cercarono di farla ritornare alle antiche superstizioni, ma non
riuscendovi in nessun modo, ricorsero alle sevizie e alle percosse.
La povera fanciulla, in seguito a tutte queste sofferenze, cadde
malata di tisi e per di più finì per essere soggetta ad
eccessi violenti di pazzia.
Frattanto giunse in quell’isola
il P. Orens, il quale andò a trovarla ed avendola chiamata per
nome, la giovanetta parve riacquistare la conoscenza rispondendo al
Missionario:
— Chi sei? — Il padre Orens. —
Sulle labbra della giovinetta spunta un debole sorriso e un’aria
di gioa illumina il suo volto.
— Come stai, Rotaria?
—
Malissimo, Padre: sto per morire.
Aveva appena detto queste parole
che bruscamente si rizza sulla sua storia, stende il braccio verso
qualcuno invisibile e grida con voce forte: «Ecco chi mi ha
ridotta a questo punto! ».
Credetti ad un eccesso di pazzia
e l’invitai a calmarsi. Si ripose giù molto calma, poi
volgendosi a me soggiunse con aria triste: «Eppure è
vero quello che dico».
— E anche se fosse vero, il
Signore ha forse detto di rendere male per male?
— Hai
ragione, Padre... Il Signore mi vorrà perdonare?
—
Sai bene che il Signore perdona sempre a chi si pente.
—
Allora mi voglio confessare subito.
Vedendola ragionare così
bene e temendo che quella lucidità di mente di cui dava prova
non si ri: presentasse, aderii immediatamente alla sua domanda. Dopo
averla confessata, partii, ma seppi che era ritornata nel suo solito
stato di pazzia. Ritornai altre volte a trovarla ed ecco di bel nuovo
alla mia presenza riprendere l’uso dì ragione, e
perderla subito non appena ero uscito.
Intanto la tisi faceva
progressi sempre più rapidi. La fanciulla volgeva alla fine.
Portare la Comunione ad una pazza non mi era sembrata cosa prudente.
Perciò avevo aspettato. Adesso era venuto il momento di
prendere una risoluzione, che fare?
Era un venerdì giorno
consacrato al Cuore di Gesù. Mi recai presso Rotaria che
trovai nel solito stato di pazzia. Tuttavia al suono della mia voce
rispose:con grande sforzo:
— Ti saluto, P. Orens.
—
Come stai? Stai meglio?
— No, Padre, morrò presto.
—
Ebbene, se devi morire non vuoi ricevere la S. Comunione prima di
partire per l’eternità?
— Sì, Padre, ma
non posso venire in chiesa.
— Se tu non puoi venire in
chiesa, io posso portarti qui Gesù Eucaristico.
—
Qui!... in questa casa dove non c’è nessuno che ami
Dio...
— Nessuno? E tu Rotaria non lo ami?
— Oh sì,
io lo amo.
— L’avete sentita? Dissi agli astanti, essa
desidera ricevere i Sacramenti. Sbrigatevi a mettere in assetto
questa casa, spazzatela. Mi ritirai e pochi momenti dopo tornavo
portando il S. Viatico. Rotaria gesticolava, la sua voce debolissima
articolava suoni incomprensibili. Che fare?... Depongo il Santissimo
Sacramento sopra un baule che serviva da tavola, coperto di una
tovaglia bianca pulita, fra due candele accese portate dal
catechista. Comincio le preghiere del rituale voltandomi di tanto in
tanto verso l’ammalata che non sembrava di accorgersi di quanto
avveniva.
— Rotaria, le dissi, ecco nostro Signore. Egli è
qui in casa tua. Lo vuoi ricevere?
Tutta sorpresa, la povera
ragazza volge lo sguardo successivamente sull’Ostia, su me, su
tutti quelli che le stanno attorno, poi senza chiudere la bocca fa
cenno alla sorella maggiore di avvicinarsi — Aiutami a mettermi
a sedere — le disse l’inferma.
Era troppo debole e non
si poté fare altro che cercare di sostenerla mettendole due
cuscini dietro la testa. Adesso la veste bianca — aggiunse
Rotaria Le fu portata la veste bianca, l’osservò bene e
riuscì a mettersela con l’aiuto della madre e della
sorella. Ora — disse volgendo la testa verso di me — sono
pronta a ricevere il Signore.
Io la comunicai, dopo mi domandò
l’Olio Santo. Entrò quindi in agonia, però morì
la domenica sera.
Riferita poi a Monsignore Martin questa morte
così prodigiosamente consolante, egli disse che Rotaria era
una delle ragazze che avevano fatto la Comunione nei Nove Primi
Venerdì del mese. E ben si sa che Gesù ha promesso a
chi pratica questa devozione che non li lascerà morire senza
aver prima ricevuto i Santi Sacramenti (se sono necessari, come
abbiamo spiegato nell’esporre la Grande Promessa a principio
del libretto).
(Dalla rivista «Il Cuore di Gesù nella
Famiglia» Novembre 1929)
25 luglio 1975 - UN FATTO A SÉ STANTE
Mons. Ottavio Michelini
- Quale è, Signore, la partecipazione della Mamma tua al Mistero Eucaristico?
"La stessa del Mistero dell'Incarnazione. É di comunione perfetta, vivendo Lei di Me ed Io di Lei: Lei della mia natura divina, Io della sua natura umana. Ho detto che viviamo in una comunione perfetta: dove sono Io, Lei pure è. Figlio, basterebbe questo per rendere più accessibile alle anime la grandezza della mia e vostra Madre. Per mezzo suo l'innesto di Me, Verbo eterno di Dio nella natura umana; per mezzo suo è stato reso realtà il Mistero della salvezza. É un Mistero in pieno svolgimento. Per mezzo di Lei, Satana è stato vinto e l'uomo di buona volontà, se vuole, può salvarsi". La comunione, scaturita dal Mistero dell'Incarnazione, continua nel Mistero Eucaristico e continuerà in eterno. Io sempre vivrò della sua natura umana, e Lei sempre vivrà della mia natura divina. Questa comunione è un fatto a se stante, non più ripetibile. Non ha riscontro nella comunione mia con le anime in grazia, anche se pure quest'ultima è una cosa da non potersi umanamente descrivere per la sua soprannaturale bellezza.
Avvolti nella oscurità
Dal rapporto intercorrente tra Dio Uno e Trino e la Madre mia derivano fatti sublimi, unici e irripetibili:
- la sua maternità inseparabile dalla sua verginità,
- il suo immacolato concepimento,
- la sua esenzione dalla corruzione della carne,
- la sua assunzione e la sua regalità sopra tutte le potestà del Cielo e della terra,
- il suo potere sopra le stesse forze dell'Inferno che, alla fine, sconfiggerà definitivamente.
Gli uomini, nel loro presuntuoso semplicismo, non vedono la grandezza e la potenza della Madre mia che è pure Madre loro. Non hanno ascoltato i suoi materni richiami. Gli uomini, se si rivolgessero a Lei pentiti, se la pregassero, potrebbero evitare la valanga che li minaccia e che è già in moto. Ubriachi di piaceri e di beni materiali, vivono invece avvolti nella oscurità, come se Dio non fosse e come se non fosse la Madre mia. Gli uomini, ed anche molti miei ministri, non hanno capito, perché non hanno approfondito, l'amore senza dimensione della loro Madre Celeste.
Se l'avessero capito e se vi avessero corrisposto, quanti mali evitati ai singoli e ai popoli; come sarebbe stato sereno per tutti il pellegrinaggio sulla terra!