Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 20° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 9
1Salito su una barca, Gesù passò all'altra riva e giunse nella sua città.2Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati".3Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: "Costui bestemmia".4Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: "Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore?5Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina?6Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e va' a casa tua".7Ed egli si alzò e andò a casa sua.8A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
9Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: "Seguimi". Ed egli si alzò e lo seguì.
10Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?".12Gesù li udì e disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.13Andate dunque e imparate che cosa significhi: 'Misericordia io voglio e non sacrificio'. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".
14Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: "Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?".15E Gesù disse loro: "Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.
16Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore.17né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano".
18Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: "Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà".19Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli.
20Ed ecco una donna, che soffriva d'emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello.21Pensava infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita".22Gesù, voltatosi, la vide e disse: "Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita". E in quell'istante la donna guarì.
23Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse:24"Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme". Quelli si misero a deriderlo.25Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò.26E se ne sparse la fama in tutta quella regione.
27Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguivano urlando: "Figlio di Davide, abbi pietà di noi".28Entrato in casa, i ciechi gli si accostarono, e Gesù disse loro: "Credete voi che io possa fare questo?". Gli risposero: "Sì, o Signore!".29Allora toccò loro gli occhi e disse: "Sia fatto a voi secondo la vostra fede".30E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: "Badate che nessuno lo sappia!".31Ma essi, appena usciti, ne sparsero la fama in tutta quella regione.
32Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato.33Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare e la folla presa da stupore diceva: "Non si è mai vista una cosa simile in Israele!".34Ma i farisei dicevano: "Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni".
35Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità.36Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.37Allora disse ai suoi discepoli: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi!38Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!".
Neemia 7
1Quando le mura furono riedificate e io ebbi messo a posto le porte e i portinai, i cantori e i leviti furono stabiliti nei loro uffici,2diedi il governo di Gerusalemme a Canàni mio fratello e ad Anania comandante della cittadella, perché era un uomo fedele e temeva Dio più di tanti altri.3Ordinai loro: "Le porte di Gerusalemme non si aprano finché il sole non comincia a scaldare e si chiudano e si sbarrino le porte mentre i cittadini sono ancora in piedi; si stabiliscano delle guardie prese fra gli abitanti di Gerusalemme, ognuno al suo turno e ognuno davanti alla propria casa".
4La città era spaziosa e grande; ma dentro vi era poca gente e non si costruivano case.5Il mio Dio mi ispirò di radunare i notabili, i magistrati e il popolo, per farne il censimento.
Trovai il registro genealogico di quelli che erano tornati dall'esilio la prima volta e vi trovai scritto quanto segue:
6Questi sono gli abitanti della provincia che sono tornati dall'esilio: quelli che Nabucodònosor re di Babilonia aveva deportati e che erano tornati in Gerusalemme e in Giudea, ognuno nella sua città.7Essi erano tornati con Zorobabele, Giosuè, Neemia, Azaria, Raamia, Nahamani, Mardocheo, Bilsan, Mispèret, Bigvai, Necum e Baana.
Computo degli uomini del popolo d'Israele:
8Figli di Pareos: duemilacentosettantadue.
9Figli di Sefatia: trecentosettantadue.
10Figli di Arach: seicentocinquantadue.
11Figli di Paat-Moab, cioè i figli di Giosuè e di Ioab: duemilaottocentodiciotto.
12Figli di Elam: milleduecentocinquantaquattro.
13Figli di Zattu: ottocentoquarantacinque.
14Figli di Zaccai: settecentosessanta.
15Figli di Binnui: seicentoquarantotto.
16Figli di Bebai: seicentoventotto.
17Figli di Azgad: duemilatrecentoventidue.
18Figli di Adonikam: seicentosessantasette.
19Figli di Bigvai: duemilasessantasette.
20Figli di Adin: seicentocinquantacinque.
21Figli di Ater, cioè di Ezechia: novantotto.
22Figli di Casum: trecentoventotto.
23Figli di Bezai: trecentoventiquattro.
24Figli di Carif: centododici.
25Figli di Gàbaon: novantacinque.
26Uomini di Betlemme e di Netofa: centottantotto.
27Uomini di Anatòt: centoventotto.
28Uomini di Bet-Azmàvet: quarantadue.
29Uomini di Kiriat-Iearìm, di Chefira e di Beeròt: settecentoquarantatré.
30Uomini di Rama e di Gheba: seicentoventuno.
31Uomini di Micmas: centoventidue.
32Uomini di Betel e di Ai: centoventitré.
33Uomini di un altro Nebo: cinquantadue.
34Figli di un altro Elam: milleduecentocinquantaquattro.
35Figli di Carim: trecentoventi.
36Figli di Gèrico: trecentoquarantacinque.
37Figli di Lod, di Cadid e di Ono: settecentoventuno.
38Figli di Senaà: tremilanovecentotrenta.
39I sacerdoti: figli di Iedaia della casa di Giosuè: novecentosessantatré.
40Figli di Immer: millecinquantadue.
41Figli di Pascur: milleduecentoquarantasette.
42Figli di Carim: millediciassette.
43I leviti: figli di Giosuè, cioè di Kadmiel, di Binnui e di Odevà: settantaquattro.
44I cantori: figli di Asaf: centoquarantotto.
45I portieri: figli di Ater, figli di Talmon, figli di Akkub, figli di Catità, figli di Sobai: centotrentotto.
46Gli oblati: figli di Zica, figli di Casufa,
figli di Tabbaot,47figli di Keros,
figli di Sia, figli di Padon,
48figli di Lebana, figli di Agabà,
figli di Salmai,49figli di Canan,
figli di Ghiddel, figli di Gacar,
50figli di Reaia, figli di Rezin,
figli di Nekoda,51figli di Gazzam,
figli di Uzza, figli di Pasèach,
52figli di Besai, figli dei Meunim, figli dei Nefisesim,
53figli di Bakbuk, figli di Cakufa.
figli di Carcur,54figli di Baslit,
figli di Mechida, figli di Carsa,
55figli di Barkos, figli di Sisara,
figli di Temach,56figli di Neziach,
figli di Catifa.
57Discendenti dei servi di Salomone: figli di Sotai, figli di Sofèret, figli di Perida,58figli di Iaala, figli di Darkon, figli di Ghiddel,59figli di Sefatia, figli di Cattil, figli di Pochéret-Azzebàim, figli di Amòn.
60Totale degli oblati e dei discendenti dei servi di Salomone: trecentonovantadue.
61Ecco quelli che tornarono da Tel-Melach, da Tel-Carsa, da Cherub-Addòn e da Immer e che non avevano potuto stabilire il loro casato per dimostrare che erano della stirpe di Israele:62figli di Delaia, figli di Tobia, figli di Nekoda: seicentoquarantadue.
63Tra i sacerdoti: figli di Cobaia, figli di Akkos, figli di Barzillài, il quale aveva sposato una delle figlie di Barzillài il Galaadita e fu chiamato con il loro nome.64Questi cercarono il loro registro genealogico, ma non lo trovarono e furono quindi esclusi dal sacerdozio;65il governatore ordinò loro di non mangiare cose santissime finché non si presentasse un sacerdote con 'Urim' e 'Tummim'.
66La comunità nel suo totale era di quarantaduemilatrecentosessanta persone,67oltre ai loro schiavi e alle loro schiave in numero di settemilatrecentotrentasette. Avevano anche duecentoquarantacinque cantori e cantanti.68Avevano settecentotrentasei cavalli, duecentoquarantacinque muli,69quattrocentotrentacinque cammelli, seimilasettecentoventi asini.70Alcuni dei capifamiglia offrirono doni per la fabbrica. Il governatore diede al tesoro mille dracme d'oro, cinquanta coppe, cinquecentotrenta vesti sacerdotali.71Alcuni capifamiglia diedero al tesoro della fabbrica ventimila dracme d'oro e duemiladuecento mine d'argento.72Il resto del popolo diede ventimila dracme d'oro, duemila mine d'argento e sessantanove vesti sacerdotali.73aI sacerdoti, i leviti, i portieri, i cantori, alcuni del popolo, gli oblati e tutti gli Israeliti si stabilirono nelle loro città.
73bCome giunse il settimo mese, gli Israeliti erano nelle loro città.
Salmi 38
1'Salmo. Di Davide. In memoria.'
2Signore, non castigarmi nel tuo sdegno,
non punirmi nella tua ira.
3Le tue frecce mi hanno trafitto,
su di me è scesa la tua mano.
4Per il tuo sdegno non c'è in me nulla di sano,
nulla è intatto nelle mie ossa per i miei peccati.
5Le mie iniquità hanno superato il mio capo,
come carico pesante mi hanno oppresso.
6Putride e fetide sono le mie piaghe
a causa della mia stoltezza.
7Sono curvo e accasciato,
triste mi aggiro tutto il giorno.
8Sono torturati i miei fianchi,
in me non c'è nulla di sano.
9Afflitto e sfinito all'estremo,
ruggisco per il fremito del mio cuore.
10Signore, davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito a te non è nascosto.
11Palpita il mio cuore,
la forza mi abbandona,
si spegne la luce dei miei occhi.
12Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe,
i miei vicini stanno a distanza.
13Tende lacci chi attenta alla mia vita,
trama insidie chi cerca la mia rovina.
e tutto il giorno medita inganni.
14Io, come un sordo, non ascolto
e come un muto non apro la bocca;
15sono come un uomo che non sente e non risponde.
16In te spero, Signore;
tu mi risponderai, Signore Dio mio.
17Ho detto: "Di me non godano,
contro di me non si vantino
quando il mio piede vacilla".
18Poiché io sto per cadere
e ho sempre dinanzi la mia pena.
19Ecco, confesso la mia colpa,
sono in ansia per il mio peccato.
20I miei nemici sono vivi e forti,
troppi mi odiano senza motivo,
21mi pagano il bene col male,
mi accusano perché cerco il bene.
22Non abbandonarmi, Signore,
Dio mio, da me non stare lontano;
23accorri in mio aiuto,
Signore, mia salvezza.
Salmi 59
1'Al maestro del coro. Su "Non distruggere". Di Davide.'
'Quando Saul mandò uomini a sorvegliare la casa e ad ucciderlo.'
2Liberami dai nemici, mio Dio,
proteggimi dagli aggressori.
3Liberami da chi fa il male,
salvami da chi sparge sangue.
4Ecco, insidiano la mia vita,
contro di me si avventano i potenti.
Signore, non c'è colpa in me, non c'è peccato;
5senza mia colpa accorrono e si appostano.
Svègliati, vienimi incontro e guarda.
6Tu, Signore, Dio degli eserciti, Dio d'Israele,
lèvati a punire tutte le genti;
non avere pietà dei traditori.
7Ritornano a sera e ringhiano come cani,
si aggirano per la città.
8Ecco, vomitano ingiurie,
le loro labbra sono spade.
Dicono: "Chi ci ascolta?".
9Ma tu, Signore, ti ridi di loro,
ti burli di tutte le genti.
10A te, mia forza, io mi rivolgo:
sei tu, o Dio, la mia difesa.
11La grazia del mio Dio mi viene in aiuto,
Dio mi farà sfidare i miei nemici.
12Non ucciderli, perché il mio popolo non dimentichi,
disperdili con la tua potenza e abbattili,
Signore, nostro scudo.
13Peccato è la parola delle loro labbra,
cadano nel laccio del loro orgoglio
per le bestemmie e le menzogne che pronunziano.
14Annientali nella tua ira,
annientali e più non siano;
e sappiano che Dio domina in Giacobbe,
fino ai confini della terra.
15Ritornano a sera e ringhiano come cani,
per la città si aggirano
16vagando in cerca di cibo;
latrano, se non possono saziarsi.
17Ma io canterò la tua potenza,
al mattino esalterò la tua grazia
perché sei stato mia difesa,
mio rifugio nel giorno del pericolo.
18O mia forza, a te voglio cantare,
poiché tu sei, o Dio, la mia difesa,
tu, o mio Dio, sei la mia misericordia.
Geremia 42
1Tutti i capi delle bande armate e Giovanni figlio di Kàreca, e Azaria figlio di Osaia e tutto il popolo, dai piccoli ai grandi, si presentarono2al profeta Geremia e gli dissero: "Ti sia gradita la nostra supplica! Prega per noi il Signore tuo Dio, in favore di tutto questo residuo di popolazione, perché noi siamo rimasti in pochi dopo essere stati molti, come vedi con i tuoi occhi.3Il Signore tuo Dio ci indichi la via per la quale dobbiamo andare e che cosa dobbiamo fare".4Il profeta Geremia rispose loro: "Comprendo! Ecco, pregherò il Signore vostro Dio secondo le vostre parole e vi riferirò quanto il Signore risponde per voi; non vi nasconderò nulla".
5Essi allora dissero a Geremia: "Il Signore sia contro di noi testimone verace e fedele, se non faremo quanto il Signore tuo Dio ti rivelerà per noi.6Che ci sia gradita o no, noi ascolteremo la voce del Signore nostro Dio al quale ti mandiamo, perché ce ne venga bene obbedendo alla voce del Signore nostro Dio".
7Al termine di dieci giorni, la parola del Signore fu rivolta a Geremia.8Questi chiamò Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate che erano con lui e tutto il popolo, dai piccoli ai grandi,9e riferì loro: "Dice il Signore, Dio di Israele, al quale mi avete inviato perché gli presentassi la vostra supplica:10Se continuate ad abitare in questa regione, vi renderò stabili e non vi distruggerò, vi pianterò e non vi sradicherò, perché ho pietà del male che vi ho arrecato.11Non temete il re di Babilonia, che vi incute timore; non temetelo - dice il Signore - perché io sarò con voi per salvarvi e per liberarvi dalla sua mano.12Io gli ispirerò sentimenti di pietà per voi, così egli avrà compassione di voi e vi lascerà dimorare nel vostro paese.13Se invece, non dando retta alla voce del Signore vostro Dio, voi direte: Non vogliamo abitare in questo paese,14e direte: No, vogliamo andare nel paese d'Egitto, perché là non vedremo guerre e non udremo squilli di tromba né soffriremo carestia di pane: là abiteremo;15in questo caso ascolta la parola del Signore, o resto di Giuda: Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Se voi intendete veramente andare in Egitto e vi andate per stabilirvi colà,16ebbene, la spada che temete vi raggiungerà laggiù nel paese d'Egitto, e la fame che temete vi sarà addosso laggiù in Egitto e là morirete.17Allora tutti gli uomini che avranno deciso di recarsi in Egitto per dimorarvi moriranno di spada, di fame e di peste. Nessuno di loro scamperà o sfuggirà alla sventura che io manderò su di loro.18Poiché, dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Come si è rovesciato il mio furore e la mia ira contro gli abitanti di Gerusalemme, così la mia ira si rovescerà contro di voi quando sarete andati in Egitto. Voi sarete oggetto di maledizione, di orrore, di esecrazione e di scherno e non vedrete mai più questo luogo".
19Questo vi dice il Signore, o superstiti di Giuda: "Non andate in Egitto. Sappiate bene che oggi io vi ho solennemente avvertiti.20Poiché avete messo a rischio le vostre vite, quando mi avete mandato dal Signore vostro Dio, dicendomi: Intercedi per noi presso il Signore nostro Dio, dicci ciò che il Signore nostro Dio dirà e noi lo eseguiremo.21Oggi ve l'ho riferito, ma voi non ascoltate la voce del Signore vostro Dio riguardo a tutto ciò per cui egli mi ha inviato a voi.22Perciò sappiate bene che morirete di spada, di fame e di peste nel luogo in cui desiderate andare a dimorare".
Prima lettera ai Corinzi 9
1Non sono forse libero, io? Non sono un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore?2Anche se per altri non sono apostolo, per voi almeno lo sono; voi siete il sigillo del mio apostolato nel Signore.3Questa è la mia difesa contro quelli che mi accusano.4Non abbiamo forse noi il diritto di mangiare e di bere?5Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?6Ovvero solo io e Bàrnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?
7E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? O chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge?8Io non dico questo da un punto di vista umano; è la Legge che dice così.9Sta scritto infatti nella legge di Mosè: 'Non metterai la museruola al bue che trebbia'. Forse Dio si dà pensiero dei buoi?10Oppure lo dice proprio per noi? Certamente fu scritto per noi. Poiché colui che ara deve arare nella speranza di avere la sua parte, come il trebbiatore trebbiare nella stessa speranza.11Se noi abbiamo seminato in voi le cose spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali?12Se gli altri hanno tale diritto su di voi, non l'avremmo noi di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto, ma tutto sopportiamo per non recare intralcio al vangelo di Cristo.13Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto, e coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare?14Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo.
15Ma io non mi sono avvalso di nessuno di questi diritti, né ve ne scrivo perché ci si regoli in tal modo con me; preferirei piuttosto morire. Nessuno mi toglierà questo vanto!16Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!17Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato.18Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo.
19Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero:20mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge.21Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge.22Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno.23Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro.
24Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!25Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile.26Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria,27anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato.
Capitolo XLVII: Ogni cosa gravosa va sopportata, per conseguire la vita eterna
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, non lasciarti sopraffare dai compiti che ti sei assunto per amor mio; non lasciarti mai abbattere dalle tribolazioni. In ogni evenienza ti dia, invece, forza e consolazione la mia promessa; ché io ben so ripagare al di là di qualsiasi limite e misura. Non durerà a lungo la tua sofferenza quaggiù; non continuerà per sempre il peso dei tuoi dolori. Attendi un poco, e li vedrai finire d'un tratto, questi dolori; verrà il momento in cui fatiche ed agitazioni cesseranno. E' poca cosa, e dura poco, tutto ciò che passa con questa vita. Fa quel che devi; lavora fedelmente nella mia vigna: io stesso sarò la tua ricompensa. Scrivi, leggi, canta, piangi, taci, prega, sopporta virilmente le avversità: premio a tutto questo, alle più grandi lotte, è la vita eterna. Sarà pace, in quell'ora che sa il Signore. E non ci sarà giorno e notte, come adesso, ma perpetua luce, chiarità infinita, pace ferma e sicura tranquillità. Allora non dirai: "chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Rm 7,24); e non esclamerai "ohimé!, quanto si prolunga questo mio stare quaggiù" (Sal 119,5). Ché la morte sarà annientata e vi sarà piena salvezza, senza ombra di angustia; e, intorno a te, una gioia beata, una soave schiera gloriosa.
2. Oh!, se tu vedessi il premio eterno che ricevono i santi in cielo; se tu vedessi di quanta gloria esultano ora, essi che un tempo erano ritenuti spregevoli e quasi immeritevoli di vivere, per certo, ti getteresti subito a terra, preferendo essere inferiore a tutti, piuttosto che eccellere anche su di un solo; non desidereresti giorni lieti in questa vita, godendo piuttosto delle tribolazioni sopportate per amore di Dio,; infine crederesti che il guadagno più grande consiste nell'essere considerato un nulla tra gli uomini. Oh!, se queste cose avessero un gusto per te e ti scendessero nel profondo del cuore, come oseresti fare anche il più piccolo lamento? Forse che, per la vita eterna, non si deve sopportare ogni tribolazione? Non è cosa di poco conto, perdere o guadagnare il regno di Dio. Alza, dunque, il tuo sguardo al cielo: eccomi, insieme a tutti i miei santi, i quali sopportano grandi lotte, nella vita di quaggiù. Ora essi sono nella gioia, ricevono consolazione, stanno nella serenità, nella pace e nel riposo. E resteranno con me nel regno del Padre mio, per sempre.
DISCORSO 229/C NELLA SANTA PASQUA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaI Giudei celebrano la Pasqua ma non riconoscono quel che essa prefigurava.
1. Mentre celebriamo questi giorni pasquali, noi per i quali Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato 1, i Giudei, nemici di questa manifestazione così piena di luce, vanno ancora dietro a certe prefigurazioni notturne e sognano ancora mentre il sole è già alto. Anch'essi infatti dicono di celebrare la Pasqua, ma mentre inseguono cocciutamente le ombre della verità, restano ciechi nella notte dell'errore. Ogni anno, secondo il rito dell'antica solennità, uccidono l'agnello, ma che cosa significasse quell'agnello, anche ora che Cristo è stato ucciso dai loro antenati, non lo vogliono riconoscere. Leggendone il racconto e non comprendendo che era una predizione, essi sentono il contenuto del racconto e non si accorgono che la predizione si è avverata. Hanno la Legge i Profeti 2, ma non vogliono riconoscere attraverso i Profeti che cosa la Legge prefigurasse nei riguardi della Pasqua. Secondo la prescrizione della Legge, il popolo si cibò con l'agnello ucciso; ma secondo la predizione del Profeta, era Cristo che come un agnello era condotto al macello 3. Quel che i primi Israeliti, liberati dall'Egitto, prefiguravano con la loro festività, i loro discendenti, soggiogati dal diavolo, lo compirono con la loro malvagità. Anch'essi celebravano questa stessa Pasqua quando uccisero il Cristo: con la verità discordava l'empietà, vi concordava invece la solennità; nel momento stesso che per loro cibo s'immolava l'agnello, dalle loro lingue e dai loro denti veniva ucciso il Cristo. Quel che, secondo la tradizione, esprimevano coi segni lo adempivano col delitto. Per cui Cristo medesimo, prefigurato nell'agnello, rivelatosi nell'uomo, uccise quelli così cibati e, ucciso, ora è nostro cibo. E ancora i nostri figli, ruttando con indigesta vanità quel vecchio fermento dei loro padri, menano vanto dei loro azzimi; e non capiscono che con quel cibo, impastato senza il fermento dell'antico, si voleva indicare quella vita nuova che, prefigurata nel Simbolo, si è realizzata in Cristo.
Quel che l'antica solennità preannunziava come futuro, la solennità cristiana lo mostra adempiuto.
2. Noi invece, per i quali Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato celebriamo questa solennità non con il fermento vecchio della malvagità, come dice l'Apostolo, ma con azzimi di sincerità e verità 4. In questo modo quanto le antiche usanze preannunziavano come futuro la celebrazione cristiana lo esalta come adempiuto; e mentre vediamo i Giudei rimasti attaccati alle ombre, noi abbiamo la gioia di aver aderito alla luce.
1 - Cf. 1 Cor 5, 7.
2 - Cf. Lc 16, 29.
3 - Cf. Is 53, 7.
4 - 1 Cor 5, 7-8.
24 - I santi esercizi e le occupazioni della Regina del cielo nel primo anno e mezzo della sua infanzia.
La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca377. il silenzio, che nei primi anni gli altri bambini osservano per necessità naturale, perché non sanno né possono parlare, se non balbettando in modo maldestro, fu, invece, per la nostra divina bambina, una virtù eroica. Infatti, se le parole sono frutto dell'intelletto e comunicazione del pensiero, e se Maria santissima ne fu perfettamente dotata sin dalla sua concezione, ne consegue che ella, subito dopo la nascita, non scelse il silenzio perché non poteva parlare, ma perché liberamente non voleva farlo. E se agli altri bambini mancano le forze naturali per aprire la bocca, muovere la tenera lingua e pronunciare le parole, invece nella bambina Maria non fu presente questo difetto: per la sua natura più robusta, e per l'autorità e il dominio che esercitava su tutte le cose, le sue stesse facoltà le avrebbero infatti ubbidito, qualora lo avesse ordinato. In lei invece il non parlare fu virtù e grande perfezione; teneva nascosta così la sua sapienza e grazia, evitando l'ammirazione che di fatto avrebbe suscitato il veder parlare una neonata. Del resto, non so se, chi avesse parlato, nonostante ne fosse impedito per natura, sarebbe stato da ammirare più di colei che, potendolo invece fare, tacque per un anno e mezzo.
378. Fu volontà dell'Altissimo che, nel tempo in cui gli altri bambini non possono ordinariamente parlare, la nostra bambina mantenesse questo silenzio. Venne eccezionalmente dispensata da questo ordine, soltanto quando poteva, da sola, conversare con i suoi santi angeli custodi o rivolgersi al Signore con suppliche e preghiere vocali. E in verità, non vi era nessun motivo che ella si astenesse - come capitava con i mortali - dal parlare con Dio, autore di questo beneficio, e con gli angeli suoi messaggeri quando le apparivano sotto sembianze corporee; anzi era conveniente che, non essendone impedita, pregasse con la bocca, ed evitasse così di tenerla in ozio per lungo tempo. Sua madre sant'Anna, tuttavia, non sentì mai parlare la bambina, né venne a conoscenza che potesse farlo in quell'età. Il che evidenzia quanto lo stare in silenzio di Maria, in quel primo anno e mezzo della sua infanzia, fosse veramente il frutto della virtù. In quel tempo, quando le parve opportuno, la madre sant'Anna liberò, slegando le fasce, le braccia e le mani della bambina Maria, così che ella poté stringere quelle dei suoi genitori e baciarle con deferente sottomissione e riverente umiltà. Rimase fedele a quest'usanza fin tanto che essi vissero. In quell'età, inoltre, lasciava intendere ai suoi genitori, con segni e gesti esteriori, di desiderare la loro benedizione e perché lo facessero preferiva parlare al loro cuore piuttosto che chiederlo con la bocca. Fu così grande la riverenza che nutrì nei loro confronti da non venirne mai meno, come del re-sto giammai mancò all'obbedienza, recò loro molestia o pena, poiché conosceva i loro pensieri e preveniva i loro desideri.
379. In tutte le sue azioni e i suoi movimenti era illuminata dallo Spirito Santo e perciò faceva ogni cosa nel modo più perfetto. Benché l'esecuzione risultasse completa, tuttavia il suo ardentissimo amore non restava soddisfatto, e rinnovava continuamente i fervorosi affetti dell'amore, anelando e aspirando così a carismi migliori. Le rivelazioni divine e le visioni puramente spirituali erano, nella bambina Regina continue ed ininterrotte, poiché l'Altissimo le stava sempre vicino e l'assisteva. E se talvolta la divina provvidenza sospendeva temporaneamente queste forme di visioni e di cognizioni, ella dirigeva la sua attenzione a quelle precedenti, poiché della rappresentazione chiara di Dio - che, come dissi sopra, ebbe subito dopo la nascita allorché fu portata in cielo dagli angeli - le erano rimaste impresse le immagini cognitive (species intellegibiles) di quanto aveva visto. Dopo che ebbe lasciato la cella del vino, inebriata d'amore, il suo cuore restò talmente ferito che ella, ogni qualvolta si volgeva a questa contemplazione, si infiammava tutta. Essendo però il suo corpo delicato e debole, mentre l'amore era forte come la morte, giungeva a languire appassionatamente d'amore e ne sarebbe morta se l'Altissimo non le avesse rafforzato, mediante una miracolosa virtù, la parte più debole e conservato la vita. Molte volte, tuttavia, il Signore permetteva che quel corpo delicato e vergineo, per la veemenza dell'amore, cadesse in deliquio. Allora i santi angeli la sorreggevano e confortavano e così si adempì la parola della sposa del Cantico dei Cantici: Fulcite me floribus quia amore langueo! - Sostenetemi e rinfrancatemi con fiori perché languisco d'amore. Questo fu per la Regina del cielo un martirio del genere più nobile, ripetutosi migliaia di volte, con il quale sorpassò tutti i martiri sia nell'acquistare meriti che nel patire sofferenze e dolori.
380. La pena dell'amore è qualcosa di così dolce e desiderabile, che chi la patisce, tanto più ardentemente brama di sentir parlare della persona che ama, quanto più ha motivo per amarla: vuole curare la ferita con il rinnovarla. Con questa graziosissima illusione l'anima rimane sospesa tra una vita penosa e una dolce morte. Questo succedeva alla bambina Maria quando parlava con i suoi angeli di Dio, del suo amato e essi le rispondevano. Molte volte li interrogava con queste parole: «Servi del mio Signore e suoi messaggeri, che siete le opere più belle delle sue mani e le scintille di quel fuoco divino che accende il mio cuore, che godete della sua bellezza eterna senza velo né copertura, descrivetemi le caratteristiche e le qualità del mio amato. Avvisatemi se in qualche modo gli ho dato dispiacere. Fatemi sapere ciò che brama e vuole da me, e non indugiate ad alleviare la mia pena, perché languisco d'amore».
381. Gli spiriti celesti le rispondevano: «Sposa dell'Altissimo, l'amato vostro è solo. Egli è il solo che ha l'essere da se stesso. Non ha bisogno di nessuno, mentre tutti hanno bisogno di lui. Egli è infinito nelle perfezioni, immenso nella grandezza, senza limiti nel potere, confini nella sapienza, misura nella bontà. È colui che diede principio a tutto il creato, senza avere egli principio; egli governa il mondo senza stancarsi, e lo conserva senza averne bisogno. Veste di bellezza il creato e le creature e nessuno può contenere la sua infinita bellezza: rende beati quelli che giungono a vederlo faccia a faccia. Sì, o Signora, immense sono le perfezioni del vostro Sposo; la nostra intelligenza si perde nell'abisso della sua luce e i suoi giudizi sono ininvestigabili per qualsiasi creatura».
382. In questi ed in altri simili colloqui, superiori alla nostra comprensione, la bambina Maria si intratteneva con i suoi angeli e con l'Altissimo, rimanendone trasformata. Cresceva sempre più nel fervore e nel desiderio ardente di vedere il sommo Bene, che amava oltre l'immaginabile. Così spesso, per volontà del Signore e per mezzo dei suoi angeli, veniva rapita con tutto il corpo al cielo empireo, dove godeva della presenza di Dio. Alcune di queste volte ne aveva un'idea nitida, altre invece soltanto per mezzo di immagini cognitive infuse (species infusae), quantunque chiarissime e sempre sublimi. Accanto a molti altri misteri, conosceva pure, per intuizione e in modo evidente, gli angeli nonché i gradi, l'ordine del loro rango e le gerarchie. Dal momento che questo beneficio venne concesso a Maria più volte, di conseguenza e proprio per gli atti che esso suscitava in lei, ne venne a contrarre un amore così intenso e forte da sembrare una creatura più divina che umana. Nessun'altra sarebbe stata in grado di comprendere questo dono o altri corrispondenti, nemmeno la stessa natura mortale della bambina avrebbe potuto riceverli senza morirne e se Dio per miracolo non l'avesse tenuta in vita.
383. Quando in quella tenera età le capitava di ricevere qualche ossequio o favore, da parte dei suoi santi genitori o da qualche altro, lo accettava sempre con cuore umile e riconoscente, chiedendo al Signore che li ricompensasse per quel bene che per amore suo le facevano. E pur avendo raggiunto un così grande ed elevato grado di santità, ripiena della luce di Dio e della scienza dei suoi misteri, si reputava l'ultima tra le creature. Nella stima di se stessa, in confronto a loro, si metteva all'ultimo posto e si riteneva indegna perfino dell'alimento necessario alla vita, ella che era Regina e signora di tutto il creato.
Insegnamento della Regina del cielo
384. Figlia mia, tanto più uno riceve, quanto più si deve reputare come il più povero perché il suo debito è maggiore. E se tutti devono umiliarsi, perché da se stessi sono nulla, nulla possono e nulla posseggono, per la stessa ragione si deve abbassare ancor più nella polvere, chi essendo polvere e cenere è stato innalzato dalla potente mano dell'Altissimo più degli altri. In verità limitandosi a se stesso e riconcentrandosi in se stesso, senza essere né valere cosa alcuna, egli si ritrova così più indebitato ed obbligato per ciò che da se stesso non può giungere a soddisfare. La creatura conosca allora quello che è da se stessa, cosicché nessuno potrà mai dire: «Io mi sono fatto da me; mi sostento da me e per me; posso allungarmi la vita; io posso allontanare la morte». Tutto l'essere e la conservazione delle creature dipende dalla mano del Signore. Si umilii dunque, in sua presenza, la creatura; e tu, o carissima, fa' in modo di non dimenticare questi insegnamenti.
385. Voglio anche che tu apprezzi, come un prezioso tesoro, la virtù del silenzio, che io ho cominciato ad osservare dalla mia nascita. Infatti avendo conosciuto nell'Altissimo tutte le virtù, mediante la luce di cui beneficiai, mi affezionai molto a quella del silenzio, tanto da propormela come amica e compagna di tutta la vita; così la osservai con inviolabile silenzio, benché potessi parlare fin da quando venni al mondo. Sappi che il parlare senza peso e misura, è una spada a due tagli che con una lama ferisce chi parla e con l'altra chi ascolta; ed ambedue distruggono la carità o quantomeno la ostacolano insieme alle altre virtù. Da ciò puoi comprendere quanto Dio resti offeso dal vizio di una lingua sfrenata e quanto sia giusto che allontani il suo spirito e nasconda il suo volto a chi si abbandona a ciarle, rumori e pettegolezzi; se si parla molto non si possono evitare gravi peccati. Soltanto con Dio e con i santi si può conversare senza pericolo, ed anche con essi è opportuno usare misura e discrezione; ma con le creature è molto difficile tenere la via maestra, senza passare dal giusto e necessario all'ingiusto e superfluo.
386. Il rimedio che ti preserverà da questo pericolo consiste nel tenerti sempre più vicina all'estremo contrario, eccedendo piuttosto nel tacere e nello stare in silenzio, perché il mezzo prudente di dire solo il necessario si trova più dalla parte del tacere molto, che non da quella del parlare eccessivo. Rifletti, o anima: tu non puoi andare dietro alle inutili e superflue conversazioni delle creature, senza lasciare di conversare con Dio nel segreto del cuore. E ciò che non faresti, senza vergogna e senza temere di essere sgarbata, con le creature, non devi farlo con il Signore, Dio tuo e di tutti. Chiudi l'orecchio alle chiacchiere fallaci e menzognere che potrebbero istigarti a dir ciò che non devi, poiché non è giusto che parli più di quel che ti ordina il tuo Dio e Signore. Attendi invece alla sua santa legge, che ha scritto liberamente di sua mano nel tuo cuore; ascolta la voce del tuo pastore che ti parla dentro e rispondi a lui, e a lui solo. Voglio perciò avvisarti che se tu vuoi essere mia discepola e compagna, devi distinguerti soprattutto nella virtù del silenzio. Taci molto e scrivi fin d'ora questo insegnamento nel tuo cuore e cerca di affezionarti sempre più a questa virtù, perché io per prima cosa desidero da te quest'amore per il silenzio e poi ti insegnerò come devi parlare.
387. Non intendo, con ciò, vietarti di parlare con le tue figlie e suddite, quando si tratta di ammonirle e di consolarle; discorri inoltre con quelli che ti possono parlare del tuo amato Signore e delle sue perfezioni, risvegliando in te l'ardente sete del suo amore. Con queste conversazioni invece di perdere, acquisterai così quel desiderato silenzio tanto utile alla tua anima, e proverai avversione e nausea per i ragionamenti mondani. Inoltre proverai gusto a parlare solo del bene eterno che brami, e per la forza dell'amore che trasformerà il tuo essere in quello del tuo diletto, in te verrà meno l'impeto delle passioni. Sarà così che giungerai a sentire qualcosa di quel dolce martirio che io pativo quando mi lamentavo del corpo e della vita, perché mi sembravano dure prigioni che trattenevano il mio volo verso Dio; ma non il mio amore. O figlia mia, dimentica ogni cosa terrena nel segreto del tuo silenzio e seguimi con tutto il fervore e le forze del tuo spirito, per giungere allo stato in cui il tuo sposo t'invita, e dove tu possa sentire quella consolazione che io provavo nella mia soave pena di amore, sentendomi dire: «Colomba mia, dilata il tuo cuore ed accogli, diletta mia, questa dolcissima pena perché dal tuo affetto il mio cuore è ferito». Questo mi diceva il Signore ed anche tu l'hai sentito più volte poiché sua Maestà parla a chi se ne sta solo e ama il silenzio.
6-9 Dicembre 5, 1903 Come il santo desiderio di ricevere Gesù, supplisce il sacramento, facendo che l’anima respiri a Dio, e che Dio respiri l’anima.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Non avendo potuto ricevere la comunione questa mattina, me ne stavo tutta afflitta, ma rassegnata, e pensavo tra me che se non fosse stato che mi trovavo in questa posizione di stare in letto, e d’essere vittima, certamente l’avrei potuto ricevere, e dicevo al Signore: “Vedi, lo stato di vittima mi sottopone al sacrificio di privarmi di ricevere Te in sacramento, almeno accetta il sacrificio di privarmi di Te per contentare Te, come un atto più intenso d’amore per Te, ché almeno il pensare che la tua stessa privazione attesta di più il mio amore per Te, raddolcisce l’amarezza della tua privazione”. E mentre ciò dicevo, le lacrime mi scendevano dagli occhi, ma oh bontà del mio buon Gesù, non appena mi sono assopita, senza farmi tanto aspettare e cercare secondo il solito, è venuto subito e mettendomi le mani al volto, tutta mi carezzava e mi diceva:
(2) “Figlia mia, povera figlia, coraggio, la mia privazione eccita maggiormente il desiderio, ed in questo desiderio eccitato l’anima respira Dio, e Dio, sentendosi più acceso da questo eccitamento dell’anima, respira l’anima, ed in questo respirarsi a vicenda Dio e l’anima, s’accende maggiormente la sete dell’amore, ed essendo l’amore fuoco, vi forma il purgatorio dell’anima, e questo purgatorio d’amore le serve non d’una sola comunione al giorno, come permette la Chiesa, ma d’una continua comunione, per quanto è continuo il respiro, ma tutte comunioni di purissimo amore, solo di spirito e non di corpo, ed essendo lo spirito più perfetto, ne avviene che l’amore è più intenso. Così ripago Io, non chi non vuole ricevermi, ma chi non può ricevermi, privandosi di Me per contentare Me”.