Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 18° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 19
1Entrato in Gèrico, attraversava la città.2Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,3cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".6In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!".8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".9Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;10il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".
11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.12Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare.13Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno.14Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi.15Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.16Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine.17Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città.18Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine.19Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.20Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto;21avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato.22Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato:23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi.24Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci25Gli risposero: Signore, ha già dieci mine!26Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.27E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me".
28Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo:30"Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui.31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno".32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto.33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché sciogliete il puledro?".34Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno".
35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
38"'Benedetto colui che viene,'
il re, 'nel nome del Signore'.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!".
39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli".40Ma egli rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre".
41Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:42"Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.43Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;44abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".
45Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,46dicendo: "Sta scritto:
'La mia casa sarà casa di preghiera'.
Ma voi ne avete fatto 'una spelonca di ladri!'".
47Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo;48ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.
Giosuè 22
1Allora Giosuè convocò i Rubeniti, i Gaditi e metà della tribù di Manàsse2e disse loro: "Voi avete osservato quanto Mosè, servo del Signore, vi aveva ordinato e avete obbedito alla mia voce, in tutto quello che io vi ho comandato.3Non avete abbandonato i vostri fratelli durante questo lungo tempo fino ad oggi e avete osservato il comando del Signore vostro Dio.4Ora che il Signore vostro Dio ha dato tranquillità ai vostri fratelli, come aveva loro promesso, tornate e andate alle vostre tende, nel paese che vi appartiene, e che Mosè, servo del Signore, vi ha assegnato oltre il Giordano.5Soltanto abbiate gran cura di eseguire i comandi e la legge che Mosè, servo del Signore, vi ha dato, amando il Signore vostro Dio, camminando in tutte le sue vie, osservando i suoi comandi, restando fedeli a lui e servendolo con tutto il cuore e con tutta l'anima".6Poi Giosuè li benedisse e li congedò ed essi tornarono alle loro tende.7Mosè aveva dato a metà della tribù di Manàsse un possesso in Basan e Giosuè diede all'altra metà un possesso tra i loro fratelli, di qua del Giordano, a occidente.
Quando Giosuè li rimandò alle loro tende e li benedisse,8aggiunse: "Voi tornate alle vostre tende con grandi ricchezze, con bestiame molto numeroso, con argento, oro, rame, ferro e con grande quantità di vesti; dividete con i vostri fratelli il bottino, tolto ai vostri nemici".
9I figli di Ruben, i figli di Gad e metà della tribù di Manàsse dunque tornarono, dopo aver lasciato gli Israeliti a Silo, nel paese di Canaan, per andare nel paese di Gàlaad, il paese di loro proprietà, che avevano ricevuto in possesso, in forza del comando del Signore, per mezzo di Mosè.
10Quando furono giunti alle Curve del Giordano, che sono nel paese di Canaan, i figli di Ruben, i figli di Gad e metà della tribù di Manàsse vi costruirono un altare, presso il Giordano: un altare di forma grandiosa.11Gli Israeliti udirono che si diceva: "Ecco i figli di Ruben, i figli di Gad e metà della tribù di Manàsse hanno costruito un altare di fronte al paese di Canaan, alle Curve del Giordano, dalla parte degli Israeliti".12Quando gli Israeliti seppero questo, tutta la loro comunità si riunì a Silo per muover loro guerra.13Gli Israeliti mandarono ai figli di Ruben, ai figli di Gad e metà della tribù di Manàsse nel paese di Gàlaad, Pincas, figlio del sacerdote Eleazaro,14e con lui dieci capi, un capo per ciascun casato paterno di tutte le tribù d'Israele:15tutti erano capi di un casato paterno fra i gruppi di migliaia d'Israele; essi andarono dai figli di Ruben, dai figli di Gad e da metà della tribù di Manàsse nel paese di Gàlaad e dissero loro:16"Dice tutta la comunità del Signore: Che è questa infedeltà, che avete commessa contro il Dio d'Israele, desistendo oggi dal seguire il Signore, costruendovi un altare per ribellarvi oggi al Signore?17Non ci basta l'iniquità di Peor, della quale non ci siamo ancora purificati oggi e che attirò quel flagello sulla comunità del Signore?18Voi oggi desistete dal seguire il Signore! Poiché oggi vi siete ribellati al Signore, domani egli si adirerà contro tutta la comunità d'Israele.19Se ritenete immondo il paese che possedete, ebbene, passate nel paese che è possesso del Signore, dove è stabilita la Dimora del Signore, e stabilitevi in mezzo a noi; ma non ribellatevi al Signore e non fate di noi dei ribelli, costruendovi un altare oltre l'altare del Signore nostro Dio.20Quando Acan figlio di Zerach commise un'infedeltà riguardo allo sterminio, non venne forse l'ira del Signore su tutta la comunità d'Israele sebbene fosse un individuo solo? Non dovette egli morire per la sua colpa?".
21Allora i figli di Ruben, i figli di Gad e metà della tribù di Manàsse risposero e dissero ai capi dei gruppi di migliaia d'Israele:22"Dio, Dio, Signore! Dio, Dio, Signore! Lui lo sa, ma anche Israele lo sappia. Se abbiamo agito per ribellione o per infedeltà verso il Signore, che Egli non ci salvi oggi!23Se abbiamo costruito un altare per desistere dal seguire il Signore; se è stato per offrire su di esso olocausti od oblazioni e per fare su di esso sacrifici di comunione, il Signore stesso ce ne chieda conto!24In verità l'abbiamo fatto preoccupati di questo: pensando cioè che in avvenire i vostri figli potessero dire ai nostri figli: Che avete in comune voi con il Signore Dio d'Israele?25Il Signore ha posto il Giordano come confine tra noi e voi, figli di Ruben e figli di Gad; voi non avete parte alcuna con il Signore! Così i vostri figli farebbero desistere i nostri figli dal temere il Signore.26Perciò abbiamo detto: Costruiamo un altare, non per olocausti, né per sacrifici,27ma perché sia testimonio fra noi e voi e fra i nostri discendenti dopo di noi, dimostrando che vogliamo servire al Signore dinanzi a lui, con i nostri olocausti, con le nostre vittime e con i nostri sacrifici di comunione. Così i vostri figli non potranno un giorno dire ai nostri figli: Voi non avete parte alcuna con il Signore.28Abbiamo detto: Se in avvenire essi diranno questo a noi o ai nostri discendenti, noi risponderemo: Guardate la forma dell'altare del Signore, che i nostri padri fecero, non per olocausti, né per sacrifici, ma perché fosse di testimonio fra noi e voi.29Lungi da noi l'idea di ribellarci al Signore e di desistere dal seguire il Signore, costruendo un altare per olocausti, per oblazioni o per sacrifici, oltre l'altare del Signore nostro Dio, che è davanti alla sua Dimora!".
30Quando Pincas e i capi della comunità, i capi dei gruppi di migliaia d'Israele che erano con lui, udirono le parole dette dai figli di Ruben, dai figli di Gad e dai figli di Manàsse, ne rimasero soddisfatti.31Pincas, figlio del sacerdote Eleazaro, disse ai figli di Ruben, ai figli di Gad e ai figli di Manàsse: "Oggi riconosciamo che il Signore è in mezzo a noi, poiché non avete commesso questa infedeltà verso il Signore; così avete preservato gli Israeliti dal castigo del Signore".
32Pincas, figlio del sacerdote Eleazaro, e i capi lasciarono i figli di Ruben e i figli di Gad e tornarono dal paese di Gàlaad al paese di Canaan presso gli Israeliti, ai quali riferirono l'accaduto.33La cosa piacque agli Israeliti, i quali benedissero Dio e non parlarono più di muover guerra ai figli di Ruben e di Gad, per devastare il paese che essi abitavano.34I figli di Ruben e i figli di Gad chiamarono quell'altare Testimonio perché dissero: "Esso è testimonio fra di noi che il Signore è Dio".
Salmi 71
1In te mi rifugio, Signore,
ch'io non resti confuso in eterno.
2Liberami, difendimi per la tua giustizia,
porgimi ascolto e salvami.
3Sii per me rupe di difesa,
baluardo inaccessibile,
poiché tu sei mio rifugio e mia fortezza.
4Mio Dio, salvami dalle mani dell'empio,
dalle mani dell'iniquo e dell'oppressore.
5Sei tu, Signore, la mia speranza,
la mia fiducia fin dalla mia giovinezza.
6Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno;
a te la mia lode senza fine.
7Sono parso a molti quasi un prodigio:
eri tu il mio rifugio sicuro.
8Della tua lode è piena la mia bocca,
della tua gloria, tutto il giorno.
9Non mi respingere nel tempo della vecchiaia,
non abbandonarmi quando declinano le mie forze.
10Contro di me parlano i miei nemici,
coloro che mi spiano congiurano insieme:
11"Dio lo ha abbandonato,
inseguitelo, prendetelo,
perché non ha chi lo liberi".
12O Dio, non stare lontano:
Dio mio, vieni presto ad aiutarmi.
13Siano confusi e annientati quanti mi accusano,
siano coperti d'infamia e di vergogna
quanti cercano la mia sventura.
14Io, invece, non cesso di sperare,
moltiplicherò le tue lodi.
15La mia bocca annunzierà la tua giustizia,
proclamerà sempre la tua salvezza,
che non so misurare.
16Dirò le meraviglie del Signore,
ricorderò che tu solo sei giusto.
17Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza
e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi.
18E ora, nella vecchiaia e nella canizie,
Dio, non abbandonarmi,
finché io annunzi la tua potenza,
a tutte le generazioni le tue meraviglie.
19La tua giustizia, Dio, è alta come il cielo,
tu hai fatto cose grandi:
chi è come te, o Dio?
20Mi hai fatto provare molte angosce e sventure:
mi darai ancora vita,
mi farai risalire dagli abissi della terra,
21accrescerai la mia grandezza
e tornerai a consolarmi.
22Allora ti renderò grazie sull'arpa,
per la tua fedeltà, o mio Dio;
ti canterò sulla cetra, o santo d'Israele.
23Cantando le tue lodi, esulteranno le mie labbra
e la mia vita, che tu hai riscattato.
24Anche la mia lingua tutto il giorno
proclamerà la tua giustizia,
quando saranno confusi e umiliati
quelli che cercano la mia rovina.
Salmi 69
1'Al maestro del coro. Su "I gigli". Di Davide.'
2Salvami, o Dio:
l'acqua mi giunge alla gola.
3Affondo nel fango e non ho sostegno;
sono caduto in acque profonde
e l'onda mi travolge.
4Sono sfinito dal gridare,
riarse sono le mie fauci;
i miei occhi si consumano
nell'attesa del mio Dio.
5Più numerosi dei capelli del mio capo
sono coloro che mi odiano senza ragione.
Sono potenti i nemici che mi calunniano:
quanto non ho rubato, lo dovrei restituire?
6Dio, tu conosci la mia stoltezza
e le mie colpe non ti sono nascoste.
7Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per me non si vergogni
chi ti cerca, Dio d'Israele.
8Per te io sopporto l'insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
9sono un estraneo per i miei fratelli,
un forestiero per i figli di mia madre.
10Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
11Mi sono estenuato nel digiuno
ed è stata per me un'infamia.
12Ho indossato come vestito un sacco
e sono diventato il loro scherno.
13Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,
gli ubriachi mi dileggiavano.
14Ma io innalzo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,
per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
15Salvami dal fango, che io non affondi,
liberami dai miei nemici
e dalle acque profonde.
16Non mi sommergano i flutti delle acque
e il vortice non mi travolga,
l'abisso non chiuda su di me la sua bocca.
17Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
18Non nascondere il volto al tuo servo,
sono in pericolo: presto, rispondimi.
19Avvicinati a me, riscattami,
salvami dai miei nemici.
20Tu conosci la mia infamia,
la mia vergogna e il mio disonore;
davanti a te sono tutti i miei nemici.
21L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno.
Ho atteso compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
22Hanno messo nel mio cibo veleno
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.
23La loro tavola sia per essi un laccio,
una insidia i loro banchetti.
24Si offuschino i loro occhi, non vedano;
sfibra per sempre i loro fianchi.
25Riversa su di loro il tuo sdegno,
li raggiunga la tua ira ardente.
26La loro casa sia desolata,
senza abitanti la loro tenda;
27perché inseguono colui che hai percosso,
aggiungono dolore a chi tu hai ferito.
28Imputa loro colpa su colpa
e non ottengano la tua giustizia.
29Siano cancellati dal libro dei viventi
e tra i giusti non siano iscritti.
30Io sono infelice e sofferente;
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
31Loderò il nome di Dio con il canto,
lo esalterò con azioni di grazie,
32che il Signore gradirà più dei tori,
più dei giovenchi con corna e unghie.
33Vedano gli umili e si rallegrino;
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,
34poiché il Signore ascolta i poveri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
35A lui acclamino i cieli e la terra,
i mari e quanto in essi si muove.
36Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne avranno il possesso.
37La stirpe dei suoi servi ne sarà erede,
e chi ama il suo nome vi porrà dimora.
Osea 2
1Il numero degli Israeliti
sarà come la sabbia del mare,
che non si può misurare né contare.
Invece di sentirsi dire:
"Non siete mio popolo",
saranno chiamati figli del Dio vivente.
2I figli di Giuda e i figli d'Israele
si riuniranno insieme,
si daranno un unico capo
e saliranno dal proprio territorio,
perché grande sarà il giorno di Izreèl!
3Dite ai vostri fratelli: "Popolo mio"
e alle vostre sorelle: "Amata".
4Accusate vostra madre, accusatela,
perché essa non è più mia moglie
e io non sono più suo marito!
Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni
e i segni del suo adulterio dal suo petto;
5altrimenti la spoglierò tutta nuda
e la renderò come quando nacque
e la ridurrò a un deserto, come una terra arida,
e la farò morire di sete.
6I suoi figli non li amerò,
perché sono figli di prostituzione.
7La loro madre si è prostituita,
la loro genitrice si è coperta di vergogna.
Essa ha detto: "Seguirò i miei amanti,
che mi danno il mio pane e la mia acqua,
la mia lana, il mio lino,
il mio olio e le mie bevande".
8Perciò ecco, ti sbarrerò la strada di spine
e ne cingerò il recinto di barriere
e non ritroverà i suoi sentieri.
9Inseguirà i suoi amanti,
ma non li raggiungerà,
li cercherà senza trovarli.
Allora dirà: "Ritornerò al mio marito di prima
perché ero più felice di ora".
10Non capì che io le davo
grano, vino nuovo e olio
e le prodigavo l'argento e l'oro
che hanno usato per Baal.
11Perciò anch'io tornerò a riprendere
il mio grano, a suo tempo,
il mio vino nuovo nella sua stagione;
ritirerò la lana e il lino
che dovevan coprire le sue nudità.
12Scoprirò allora le sue vergogne
agli occhi dei suoi amanti
e nessuno la toglierà dalle mie mani.
13Farò cessare tutte le sue gioie,
le feste, i noviluni, i sabati, tutte le sue solennità.
14Devasterò le sue viti e i suoi fichi,
di cui essa diceva:
"Ecco il dono che mi han dato i miei amanti".
La ridurrò a una sterpaglia
e a un pascolo di animali selvatici.
15Le farò scontare i giorni dei Baal,
quando bruciava loro i profumi,
si adornava di anelli e di collane
e seguiva i suoi amanti
mentre dimenticava me!
- Oracolo del Signore.
16Perciò, ecco, la attirerò a me,
la condurrò nel deserto
e parlerò al suo cuore.
17Le renderò le sue vigne
e trasformerò la valle di Acòr
in porta di speranza.
Là canterà
come nei giorni della sua giovinezza,
come quando uscì dal paese d'Egitto.
18E avverrà in quel giorno
- oracolo del Signore -
mi chiamerai: Marito mio,
e non mi chiamerai più: Mio padrone.
19Le toglierò dalla bocca
i nomi dei Baal,
che non saranno più ricordati.
20In quel tempo farò per loro un'alleanza
con le bestie della terra
e gli uccelli del cielo
e con i rettili del suolo;
arco e spada e guerra
eliminerò dal paese;
e li farò riposare tranquilli.
21Ti farò mia sposa per sempre,
ti farò mia sposa
nella giustizia e nel diritto,
nella benevolenza e nell'amore,
22ti fidanzerò con me nella fedeltà
e tu conoscerai il Signore.
23E avverrà in quel giorno
- oracolo del Signore -
io risponderò al cielo
ed esso risponderà alla terra;
24la terra risponderà con il grano,
il vino nuovo e l'olio
e questi risponderanno a Izreèl.
25Io li seminerò di nuovo per me nel paese
e amerò Non-amata;
e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio,
ed egli mi dirà: Mio Dio.
Prima lettera a Timoteo 2
1Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini,2per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità.3Questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore,4il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità.5Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù,6che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l'ha data nei tempi stabiliti,7e di essa io sono stato fatto banditore e apostolo - dico la verità, non mentisco -, maestro dei pagani nella fede e nella verità.
8Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese.
9Alla stessa maniera facciano le donne, con abiti decenti, adornandosi di pudore e riservatezza, non di trecce e ornamenti d'oro, di perle o di vesti sontuose,10ma di opere buone, come conviene a donne che fanno professione di pietà.
11La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione.12Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all'uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo.13Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva;14e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione.15Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia.
Capitolo XXIII: La meditazione della morte
Leggilo nella Biblioteca 1. Ben presto la morte sarà qui, presso di te. Considera, del resto, la tua condizione: l'uomo oggi c'è e domani è scomparso; e quando è sottratto alla vista, rapidamente esce anche dalla memoria. Quanto grandi sono la stoltezza e la durezza di cuore dell'uomo: egli pensa soltanto alle cose di oggi e non piuttosto alle cose future. In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; ché, se avrai retta la coscienza, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che sfuggire alla morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani? Il domani è una cosa non sicura: che ne sai tu se avrai un domani? A che giova vivere a lungo, se correggiamo così poco noi stessi? Purtroppo, non sempre una vita lunga corregge i difetti; anzi spesso accresce maggiormente le colpe. Magari potessimo passare santamente anche una sola giornata in questo mondo. Molti fanno il conto degli anni trascorsi dalla loro conversione a Dio; ma scarso è sovente il frutto della loro emendazione. Certamente morire è cosa che mette paura; ma forse è più pericoloso vivere a lungo. Beato colui che ha sempre dinanzi agli occhi l'ora della sua morte ed è pronto ogni giorno a morire. Se qualche volta hai visto uno morire, pensa che anche tu dovrai passare per la stessa strada. La mattina, fa conto di non arrivare alla sera; e quando poi si farà sera non osare sperare nel domani. Sii dunque sempre pronto; e vivi in tal modo che, in qualunque momento, la morte non ti trovi impreparato.
2. Sono molti coloro che muoiono in un istante, all'improvviso; giacché "il Figlio dell'uomo verrà nell'ora in cui non si pensa che possa venire" (Mt 24,44; Lc 12,40). Quando sarà giunto quel momento estremo, comincerai a giudicare ben diversamente tutta la tua vita passata, e molto ti dorrai di esser stato tanto negligente e tanto fiacco. Quanto é saggio e prudente l'uomo che, durante la vita, si sforza di essere quale desidera esser trovato al momento della morte! Ora, una piena fiducia di morire santamente la daranno il completo disprezzo del mondo, l'ardente desiderio di progredire nelle virtù, l'amore del sacrificio, il fervore nella penitenza, la rinuncia a se stesso e il saper sopportare ogni avversità per amore di Cristo. Mentre sei in buona salute, molto puoi lavorare nel bene; non so, invece, che cosa potrai fare quando sarai ammalato. Giacché sono pochi quelli che, per il fatto di essere malati, diventano più buoni; così come sono pochi quelli che, per il fatto di andare frequentemente in pellegrinaggio, diventano più santi. Non credere di poter rimandare a un tempo futuro la tua salvezza, facendo affidamento sui suffragi degli amici e dei parenti; tutti costoro ti dimenticheranno più presto di quanto tu non creda. Perciò, più che sperare nell'aiuto di altri, è bene provvedere ora, fin che si è in tempo, mettendo avanti un po' di bene. Ché, se non ti prendi cura di te stesso ora, chi poi si prenderà cura di te? Questo è il tempo veramente prezioso; sono questi i giorni della salvezza; è questo il tempo che il Signore gradisce (2Cor 6,2). Purtroppo, invece, questo tempo tu non lo spendi utilmente in cose meritorie per la vita eterna. Verrà il momento nel quale chiederai almeno un giorno o un'ora per emendarti; e non so se l'otterrai. Ecco, dunque, mio caro, di quale pericolo ti potrai liberare, a quale pericolo ti potrai sottrarre, se sarai stato sempre nel timore di Dio, in vista della morte. Procura di vivere ora in modo tale che, nell'ora della morte, tu possa avere letizia, anziché paura; impara a morire al mondo, affinché tu cominci allora a vivere con Cristo; impara ora a disprezzare ogni cosa, affinché tu possa allora andare liberamente a Cristo; mortifica ora il tuo corpo con la penitenza, affinché tu passa allora essere pieno di fiducia.
3. Stolto, perché vai pensando di vivere a lungo, mentre non sei sicuro di avere neppure una giornata? Quante persone sono state ingannate, inaspettatamente tolte a questa vita! Quante volte hai sentito dire che uno è morto di ferite e un altro è annegato; che uno, cadendo dall'alto, si è rotto la testa; che uno si è soffocato mentre mangiava e un altro è morto mentre stava giocando? Chi muore per fuoco, chi per spada; chi per una pestilenza, chi per un assalto dei predoni. Insomma, comunque destino è la morte; e passa rapidamente come un'ombra la vita umana. Chi si ricorderà di te, dopo che sarai scomparso, e chi pregherà per te? Fai, o mio caro, fai ora tutto quello che sei in grado di fare, perché non conosci il giorno della tua morte; né sai che cosa sarà di te dopo. Accumula, ora, ricchezze eterne, mentre sei in tempo. Non pensare a nient'altro che alla tua salvezza; preoccupati soltanto delle cose di Dio. Fatti ora degli amici, venerando i santi di Dio e imitando le loro azioni, "affinché ti ricevano nei luoghi eterni, quando avrai lasciato questa vita" (Lc 16,9). Mantienti, su questa terra, come uno che è di passaggio; come un ospite, che non ha a che fare con le faccende di questo mondo. Mantieni libero il tuo cuore, e rivolto al cielo, perché non hai stabile dimora quaggiù (Eb 13,14). Al cielo rivolgi continue preghiere e sospiri e lacrime, affinché, dopo la morte, la tua anima sia degna di passare felicemente al Signore. Amen.
LETTERA 214: Agostino a Valentino, abate di Adrumeto, e ai suoi monaci in discordia tra loro sulla, questione della grazia e del libero arbitrio.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta prima della Pasqua del 426 o 427.
Agostino a Valentino, abate di Adrumeto, e ai suoi monaci in discordia tra loro sulla, questione della grazia e del libero arbitrio (n. 1) da essi fraintesa dopo aver letto la lettera più lunga di Agostino a Sisto. Agostino ribadisce che in essa è propugnata la fede cattolica contro i Pelagiani, la quale non nega il libero arbitrio né lo innalza fino al punto che, privo della grazia, valga qualcosa per compiere il bene e per la salvezza (nn. 2-7).
AGOSTINO INVIA CRISTIANI SALUTI A VALENTINO, SIGNORE CARISSIMO E FRATELLO DEGNO D'ESSERE ONORATO, E AI FRATELLI CHE SONO CON LUI
I monaci discordi sulla grazia.
1. Sono venuti da noi due giovani, Cresconio e Felice, dicendo d'appartenere alla vostra comunità; essi ci hanno riferito che il vostro monastero è stato turbato da qualche divergenza d'opinioni, per il fatto che alcuni tra voi esalterebbero la grazia al punto da negare il libero arbitrio dell'uomo e, cosa ancora più grave, sosterrebbero che, nel giorno del giudizio, Dio non renderebbe a ciascuno secondo le sue opere 1. Essi però ci hanno anche segnalato che la maggior parte di voi non la pensano così, ma ammettono che il libero arbitrio è aiutato dalla grazia di Dio, affinché noi possiamo conoscere e compiere il bene; e in tal modo, allorché il Signore verrà a rendere a ciascuno secondo le sue opere, troverà le nostre opere buone che Dio aveva preparate affinché potessimo camminare in esse 2. Pensa bene chi pensa così.
Come difendere la grazia e il libero arbitrio.
2. Vi supplico, pertanto, fratelli, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo; - come l'Apostolo supplicava i Corinti - parlate tutti il medesimo linguaggio e non vi siano tra voi delle divisioni 3. Innanzitutto il Signore Gesù, come sta scritto nel Vangelo dell'apostolo Giovanni, è venuto non per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato da lui 4. Ma in seguito, come scrive l'apostolo Paolo, Dio giudicherà il mondo 5 e lo giudicherà quando verrà a giudicare i vivi e i morti, come confessa tutta la Chiesa nel simbolo 6. Se, dunque, non c'è la grazia di Dio, in qual modo Dio salverà il mondo? E se non c'è il libero arbitrio, in qual modo giudicherà il mondo? Interpretate secondo questa fede il trattato o lettera mia che ci recarono con loro i suddetti fratelli: non negate la grazia di Dio e non difendete il libero arbitrio in modo da renderlo indipendente dalla grazia di Dio, come se potessimo in alcun modo concepire o compiere qualcosa secondo Dio senza di essa; cosa che non possiamo fare assolutamente. Ecco perché il Signore, parlando del frutto della giustizia, ha detto: Senza di me non potete far nulla 7.
La lettera a Sisto contro i Pelagiani.
3. Sappiate dunque che quella lettera indirizzata da me a Sisto, prete della Chiesa di Roma, fu scritta contro i nuovi eretici Pelagiani. Questi affermano che la grazia ci viene largita nella misura dei nostri meriti, cosa questa che induce uno a vantarsi non già nel Signore, ma in se stesso, vale a dire nell'uomo, e non affatto nel Signore. Orbene, è proprio questo che è vietato dall'Apostolo allorché dice: Nessuno riponga la propria gloria in un uomo 8; e, in un altro passo, dice: Chi si vanta, si vanti nel Signore 9. Quegli eretici, al contrario, persuasi d'arrivare alla giustizia da se stessi, come se se la fossero data da sé e non l'avessero ricevuta da Dio, si vantano non già nel Signore, ma in se stessi. A simili individui l'Apostolo si rivolge dicendo: Ma chi conferisce a te una distinzione? 10 L'Apostolo si esprime così poiché l'essere separati dalla massa di perdizione, ch'è diventata l'umanità dopo Adamo 11, affinché uno sia un recipiente destinato a usi nobili e non a usi ignobili, è opera esclusiva di Dio. Ma poiché l'uomo carnale gonfio di vanità sentendosi dire: Chi ti separa, alla domanda dell'Apostolo potrebbe, a parole o col pensiero, rispondere: " Ciò che mi separa è la mia fede, è la mia preghiera, è la mia giustizia ", subito l'Apostolo replica a simili idee e dice: Ma che cosa hai tu che non hai ricevuto? Se poi l'hai ricevuto, perché mai ti vanti come se non lo avessi ricevuto? 12 È proprio così che si vantano di quello che hanno, come se non l'avessero ricevuto, coloro che credono d'essere giustificati da se stessi e perciò ripongono la propria gloria in se stessi e non nel Signore.
La grazia non è dovuta ad alcun merito.
4. Per questo motivo, nella lettera che vi è giunta, ho provato con passi delle Sacre Scritture - li potete esaminare nella lettera - che noi non avremmo potuto compiere in alcun modo opere buone, né pregare con sentimenti di pietà, né credere con retta fede, se tutto ciò non lo avessimo ricevuto da Colui del quale l'Apostolo Giacomo dice: Ogni favore eccellente e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre degli astri 13, affinché nessuno affermi che la grazia di Dio gli sia stata concessa per i meriti delle proprie opere, o delle proprie preghiere, o della propria fede, e non creda che sia vero quanto affermano quegli eretici, che cioè la grazia sia accordata in considerazione dei nostri meriti, poiché non c'è nulla di più falso di questa asserzione. Con ciò non si vuol dire che non esista alcun merito buono delle persone timorate di Dio o alcun merito cattivo delle persone senza timore di Dio - altrimenti come potrebbe Dio giudicare il mondo? - ma che la conversione dell'uomo è opera della misericordia e della grazia di Dio, di cui il Salmo dice: Mio Dio (egli è); la sua misericordia mi preverrà 14. Per conseguenza, è in virtù della sua misericordia che l'empio viene giustificato, cioè da empio che era diventa giusto e comincia ad avere dei meriti che il Signore coronerà col premio, quando sarà giudicato il mondo.
Perché Agostino non ha potuto spiegare tutta la questione.
5. Numerosi erano i documenti che desideravo inviarvi: dalla loro lettura avreste potuto conoscere, con maggior precisione e completezza, il processo svoltosi contro i medesimi eretici Pelagiani nei concili episcopali, ma poiché i vostri fratelli venuti da me hanno fretta, vi scrivo queste poche righe che non sono una risposta, dato che non ci hanno portato alcuna lettera da parte della Carità vostra. Noi tuttavia li abbiamo accolti cordialmente, poiché il loro candore c'indicava a sufficienza che non avevano potuto raccontarci alcuna menzogna. Essi si sono affrettati a partire per celebrare la Pasqua assieme a voi, affinché questo santo giorno possa trovarvi, con l'aiuto di Dio, tutti in pace, senza discussioni che vi dividano.
La questione della grazia è difficilissima.
6. Sarebbe meglio, tuttavia, e ve lo chiedo caldamente, se voleste avere la cortesia d'inviarmi la persona dalla quale i monaci dicono di essere stati turbati. Può darsi infatti che sia lui a non comprendere il mio trattato o sia lui a non farsi capire, quando cerca di spiegare e risolvere una questione assai difficile e che solo pochi possono capire. Si tratta in realtà della questione riguardante la grazia di Dio, questione che a persone poco intelligenti ha fatto credere che l'Apostolo affermi: Fate il male perché ne venga il bene 15. A questo proposito l'apostolo Pietro nella sua seconda lettera dice: Perciò, carissimi, in attesa di questi eventi, fate del tutto perché il Signore vi trovi senza colpe e senza macchie, nella pace e riconoscete come dono di salvezza la longanimità di nostro Signore. In questo senso vi ha scritto anche il nostro carissimo fratello Paolo, guidato dalla saggezza avuta in dono, come fa pure in tutte le lettere in cui tratta lo stesso argomento, e nelle quali vi sono dei passi difficili a capirsi, il senso dei quali, come quello delle altre Scritture, è travisato da individui ignoranti e leggeri per la loro propria rovina 16.
Necessità dell'obbedienza a Dio e del libero arbitrio.
7. State dunque bene attenti a queste terribili affermazioni d'un sì grande Apostolo: quando v'accorgete di non capire, accontentatevi intanto di credere alle divine Scritture che c'insegnano l'esistenza non solo del libero arbitrio dell'uomo, ma anche della grazia di Dio, senza l'aiuto della quale il libero arbitrio non può né rivolgersi verso Dio né progredire verso Dio. Pregate inoltre anche di comprendere con l'intelligenza illuminata dalla sapienza ciò che credete con la fede religiosa. Il libero arbitrio lo abbiamo proprio per acquistare l'intelligenza e la sapienza; poiché se non fosse in virtù del libero arbitrio che noi agiamo con intelligenza e sapienza, la S. Scrittura non ci darebbe il comando: Cercate di comprendere, voi insipienti tra il popolo, e voi, stolti, diventate una buona volta sapienti 17. Per il fatto stesso che ci è ordinato e comandato di comprendere ed essere sapienti, è richiesta la nostra obbedienza, e questa non potrebbe esservi senza il libero arbitrio. D'altra parte però, se il libero arbitrio fosse capace d'arrivare all'intelligenza e alla sapienza senza la grazia di Dio, non gli direbbe: Dammi l'intelligenza affinché io impari i tuoi precetti 18, né si troverebbe scritto nel Vangelo: Allora aprì ad essi la mente perché comprendessero le Scritture 19; né l'Apostolo Giacomo direbbe: Se qualcuno di voi ha bisogno di sapienza, la chieda a Dio, che la concede a tutti liberalmente senza fargliene rimprovero, e gli sarà concessa 20. Il Signore è tanto potente da concedere a voi e a noi la gioia di venire a sapere, quanto prima, che la pace e la concordia nella fede è stata ristabilita in mezzo a voi. Vi saluto non solo a mio nome bensì anche a nome dei miei confratelli e vi chiedo di pregare per noi in concordia e con insistenza. Il Signore sia con voi. Amen.
1 - Mt 16, 27; Rm 2, 6; Ap 22, 12.
2 - Ef 2, 10.
3 - 1 Cor 1, 10.
4 - Gv 3, 17; 12, 47.
5 - Rm 3, 6.
6 - Cf. Symb. Nicaeni conc.; 2 Tm 4, 1; 1 Pt 4, 5.
7 - Gv 15, 5.
8 - 1 Cor 3, 21.
9 - 1 Cor 1, 31; 2 Cor 10, 17.
10 - 1 Cor 4, 7.
11 - Rm 9, 21; 2 Tm 2, 20.
12 - 1 Cor 4, 7.
13 - Gc 1, 17.
14 - Sal 58, 11.
15 - Rm 3, 8.
16 - 2 Pt 3, 14-16.
17 - Sal 93, 8.
18 - Sal 118, 125.
19 - Lc 24, 45.
20 - Gc 1, 5.
L’inondazione e la zattera salvatrice
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaQuesto sogno fu narrato da Don Bosco ai suoi giovani la sera deI 1
gennaio 1866. È stato intitolato: Avvenire della Congregazione Salesiana
e sua missione salvatrice in mezzo alla gioventù. In esso Don Bosco
presenta alla rapita e commossa fantasia dei suoi figliuoli il vasto
panorama delle vicende della vita dello spirito colorando, con tocchi
potentemente drammatici, la sorte alla quale Maria Ausiliatrice guida
infallibilmente i suoi, e i tragici disastri ai quali vanno fatalmente
incontro quelli che a Maria, cioè a tutto quel complesso di vita
cristiana che è in essa vivente e operante, volgono stoltamente le
spalle.
E un sogno suggestivo e rivelatore, capace di tonificare l’anima e di
richiamarla ai suoi veri destini. In esso Don Bosco descrive un viaggio
fatto in compagnia dei suoi giovani durante una improvvisa e furiosa
tempesta e attraverso le acque burrascose di una spaventosa inondazione.
Lo riferiamo con qualche riduzione, ma con la solita fedeltà.
Don Bosco sognò di trovarsi tra i giovani del suo Oratorio, che si
ricreavano allegramente in una immensa prateria; quand’ecco,
all’improvviso, si videro da ogni parte circondati da una inondazione,
la quale cresceva a misura che si avanzava verso di loro. Sopraffatti
dal terrore, corsero a rifugiarsi in un grande mulino isolato, con le
mura grosse come quelle di una fortezza. Dalle finestre si vedeva
l’estensione del disastro: invece di prati, campi coltivati, orti,
boschi, cascine, non si scorgeva più altro che la superficie di un lago
immenso.
A misura che l’acqua cresceva, essi salivano da un piano all’altro.
Perduta ogni speranza umana di salvarsi, Don Bosco prese a incoraggiare i
suoi cari giovani, invitandoli a mettersi tutti con piena fiducia nelle
mani di Dio e tra le braccia della loro cara Madre Maria. Quando
l’acqua giunse al livello dell’ultimo piano, il terrore s’impossessò di
tutti, e non videro altro scampo che quello di rifugiarsi in una
grandissima zattera in forma di nave, apparsa in quel l’istante, che
galleggiava vicino a loro.
Ognuno voleva rifugiarvisi per primo, ma c’era un muro che emergeva un
po’ più alto del livello delle acque. C’era un solo mezzo: servirsi di
un lungo e stretto tronco d’albero; ma rendeva difficile il passaggio il
fatto che il tronco poggiava sul barcone e si muoveva seguendo il
beccheggio della barca stessa, agitata dalle onde.
Fattosi coraggio, Don Bosco vi passò per primo; e per facilitare il
trasbordo ai giovani, stabilì preti e chierici che, dal mulino,
sorreggessero chi partiva e, dal barcone, dessero mano a chi arrivava.
Frattanto molti giovani impazienti, trovato un pezzo di asse abbastanza
lungo e un po’ più làrgo del tronco, ne fecero un secondo ponte e, senza
aspettare l’aiuto dei preti e dei chierici e non dando ascolto alle
grida di Don Bosco, vi si slanciarono, ma perdendo l’equilibrio,
caddero e, ingoiati da quelle torbide e putride acque, più non si
videro.
Anche il fragile ponte si era sprofondato con quanti vi stavano sopra. E
sì grande fu il numero di quegli infelici, che un quarto dei giovani
restò vittima del loro capriccio.
Quelli che si erano rifugiati sulla zattera vi trovarono una gran de
quantità di pani, custoditi in molti canestri.
«Quando tutti furono sulla barca — continua Don Bosco — presi il comando
di capitano e dissi ai giovani:
— Maria è la Stella del mare. Essa non abbandona chi in Lei confida:
mettiamoci tutti sotto il suo manto; Ella ci scamperà dai pericoli e ci
guiderà a porto tranquillo.
Quindi abbandonammo ai flutti la nave, che galleggiava ottimamente,
mentre l’impeto delle onde, agitate dal vento, la spingeva con tale
velocità, che noi, abbracciati l’un l’altro, facemmo un sol corpo per
non cadere.
Percorso molto spazio in brevissimo tempo, a un tratto la barca si fermò
e si mise a girare attorno a sé stessa con straordinaria rapidità,
sicché pareva dovesse affondare. Ma un soffio violentissimo la spinse
fuori del vortice. Prese quindi un corso più regolare e, ripetendosi
ogni tanto qualche mulinello e il soffio del vento salvatore, andò a
fermarsi vicino a una terra che si ergeva come una collina in mezzo a
quel mare.
Molti giovani se ne invaghirono e, dicendo che il Signore aveva posto
l’uomo sulla terra e non sulle acque, senza chiedere il permesso,
uscirono dalla barca giubilando. Ma breve fu la loro gioia perché per un
improvviso infuriare della tempesta, crebbero le acque, la collina fu
inondata, ed essi scomparvero travolti dalle onde.
Io esclamai:
— È proprio vero che chi fa di sua testa, paga di sua borsa.
La zattera intanto, in balia di quel turbine, minacciava di nuovo di
andare a fondo. Vidi allora i miei giovani pallidi in volto e tremanti: —
Fatevi coraggio — gridai loro —, Maria non ci abbandonerà.
E unamini e di cuore ci mettemmo a pregare in ginocchio, tenendoci per
mano gli uni con gli altri. Però ci furono parecchi in sensati che,
indifferenti a quel pericolo, alzatisi in piedi, si aggira vano qua e là
sghignazzando tra di loro e burlandosi degli atteggiamenti
supplichevoli dei loro compagni.
Ed ecco che la nave si arresta all’improvviso, gira con rapidità su sé
stessa e un vento furioso sbatte nelle onde quei disgraziati. Erano
trenta, ed essendo l’acqua profonda e melmosa, appena vi furono dentro,
più nulla si vide di loro.
Noi intonammo la Salve Regina e più che mai invocammo di cuore la
protezione della Stella del mare. Sopravvenne la calma, ma la nave
continuava ad avanzare senza che sapessimo dove ci avrebbe condotti. A
bordo intanto ferveva l’opera di salvataggio. Si faceva di tutto per
impedire ai giovani di cadere nelle acque e per salvare i caduti.
Poiché vi erano di quelli che sporgendosi incautamente dalle basse
sponde della zattera, cadevano nel lago; e ve ne erano anche altri che,
sfacciati e crudeli, chiamando qualche compagno vicino alle sponde, con
un urtone, lo gettavano giù.
Perciò vari preti preparavano canne robuste, grosse lenze e ami di varie
specie. Appena cadeva un giovane, le canne si abbassavano e il naufrago
si aggrappava alla lenza, oppure con l’amo resta va uncinato alla
cintura o nelle vesti, e così veniva tratto in salvo. Io stavo ai piedi
di un alto pennone piantato nel centro, circondato da moltissimi
giovani, da preti e da chierici che eseguivano i miei ordini.
Finché i giovani furono docili e obbedienti alle mie parole, tutto
andava bene: erano tranquilli, contenti, sicuri. Ma non pochi
cominciarono a trovare incomoda quella zattera, a temere il viaggio
troppo lungo, a lamentarsi dei pericoli e disagi di quella traversata, a
disputare sul luogo ove avremmo approdato, a pensare al modo di trovare
altro rifugio, e a rifiutarmi obbedienza. Invano io cercavo di
persuaderli con le ragioni.
Ed ecco in vista altre zattere, che sembrava tenessero un corso diverso
dal nostro; e quegli imprudenti deliberarono di secondare i loro
capricci: gettarono nelle acque alcune tavole che erano nella nostra
zattera, vi saltarono sopra e si allontanarono alla volta delle zattere
apparse. Fu una scena indescrivibile e dolorosa per me:
vedevo quegli infelici che andavano incontro alla rovina. Soffiava il
vento, i flutti erano agitati, e alcuni sprofondarono tra le spire dei
vortici, altri riuscirono a salire sulle zattere, che però non tardarono a sommergersi. La notte si era fatta buia: in lontananza si
udivano le grida strazianti di coloro che perivano. Naufragarono tutti.
Il numero dei miei cari figliuoli era diminuito di molto, ciò nonostante continuando a confidare nella Madonna, dopo una notte
tenebrosa, la nave entrò in uno stretto, tra due sponde limacciose,
coperte di cespugli, di ciottoli e di rottami. Tutto intorno alla barca
si vedevano tarantole, rospi, serpenti, coccodrilli, vipere e mille
altri animali schifosi. Sopra salici piangenti, i cui rami pendevano
sopra la nostra barca, stavano molti scimmioni che, penzolando dai rami,
si sforzavano di toccare e arroncigliare i giovani; ma questi,
curvandosi impauriti, schivavano quelle insidie.
Fu colà, su quel greto, che rivedemmo con grande sorpresa e orrore i
poveri compagni perduti. Dopo il naufragio erano stati gettati dalle
onde su quella spiaggia, contro gli scogli. Altri erano sotterrati nel
padule e non se ne vedevano che i capelli e la metà d’un braccio. Qui
sporgeva dal fango un dorso, più in là una testa; altrove galleggiava,
interamente visibile, qualche cadavere.
Ma ben altro spettacolo si presentava ai nostri occhi. A poca distanza
s’innalzava una gigantesca fornace, nella quale divampava un fuoco
grande e ardentissimo. Sopra quel fuoco vi era come un gran coperchio,
sul quale stavano scritte a grossi caratteri queste parole: “Il sesto e
il settimo conducono qui” (cioè: il furto e l’impurità).
Là vicino vi era anche una vasta prominenza di terra, ove si moveva
un’altra moltitudine di nostri giovani o caduti nelle onde o
allontanatisi nel corso del viaggio. Io scesi a terra, non badando al
pericolo, mi avvicinai e vidi che avevano gli occhi, le orecchie, i
capelli e persino il cuore pieni di insetti e di vermi schifosi, che li
rosicchiavano e cagionavano loro grandissimo dolore.
Io additai a tutti una fonte che gettava in gran copia acqua fresca e
ferruginosa: chiunque andava a lavarsi in quella, guariva al l’istante e
poteva ritornare nella zattera. La maggior parte di quegli infelici
aderì al mio invito; ma alcuni si rifiutarono. Allora io, seguìto da
quelli che erano risanati, tornai alla zattera, che uscì da quello
stretto dalla parte opposta a quella per cui era entrata, e si slanciò
di nuovo in un oceano senza confini.
Noi, compiangendo la fine lacrimevole dei nostri compagni abbandonati
in quel luogo, ci mettemmo a cantare: “Lodate Maria, o lingue fedeli”,
in ringraziamento alla gran Madre celeste per averci fino allora
protetti; e sull’istante, quasi al comando di Maria, cessò l’infuriare
del vento e la nave prese a scorrere rapida sulle placide onde.
Ed ecco comparire in cielo un’iride più meravigliosa di un’aurora
boreale, sulla quale, passando, vedemmo scritto a grossi caratteri di
luce la parola MEDOUM, senza intenderne il significa to. A me parve che
ogni lettera fosse l’iniziale di queste parole: “Mater et Domina omnis
universi Maria” (Madre e Signora di tutto l’universo Maria).
Dopo un lungo tratto di viaggio, ecco spuntare terra in fondo
all’orizzonte. A quella vista provammo una gioia inesprimibile. Quella
terra, amenissima per boschetti con ogni specie di alberi, presentava il
panorama più incantevole, perché illuminata dal so le nascente, che
spandeva una luce ineffabilmente quieta e riposante, simile a quella di
una splendida sera d’estate.
Finalmente, urtando contro la sabbia del lido o strisciando su di essa,
la zattera si fermò all’asciutto, ai piedi di una bellissima vigna. I
giovani mi guardavano come per dirmi: — Discendiamo? Al mio “Sì” fu un
grido generale di gioia, e tutti entrarono in quella vigna.
Dalle viti pendevano grappoli d’uva simili a quelli della terra
promessa, e sugli alberi c’era ogni sorta di frutta. In mezzo a quella
vastissima vigna sorgeva un grande castello attorniato da un delizioso
giardino e da forti mura. Ci fu concessa libera entrata. In un’ampia
sala, tutta ornata d’oro, stava apparecchiata per noi una gran tavola
con ogni sorta di cibi i più squisiti.
Ognuno poté servirsi a piacimento. Mentre finivamo di rifocillarci,
entrò nella sala un nobile giovane di una bellezza indescrivibile, il
quale con affettuosa e familiare cortesia ci salutò chiamandoci tutti
per nome. Vedendoci meravigliati per le cose già viste, ci disse: —
Questo è nulla, venite e vedrete.
Noi tutti lo seguimmo; dai parapetti delle logge egli ci fece con
templare i giardini, dicendoci che erano a nostra disposizione per la
ricreazione. E ci condusse di sala in sala, una più magnifica del
l’altra per architettura, colonnati e ornamenti di ogni specie. Ci
introdusse quindi in una splendida chiesa. Il pavimento, le mura, le
volte erano ricche di marmi, di argento, d’oro e di pietre preziose. —
Ma questa bellezza — esclamai — è una bellezza di paradiso. Faccio firma
di rimanere qui per sempre!
In mezzo a questo gran tempio s’innalzava, sopra ricca base, una grande,
magnifica statua di Maria Ausiliatrice. Attorno ad essa si raccolse la
moltitudine dei giovani per ringraziare la Vergine dei tanti favori che
ci aveva elargito.
Mentre i giovani stavano ammirandone la bellezza veramente celestiale, a
un tratto la statua parve animarsi e sorridere. Tra la folla si levò
allora un grido: — La Madonna muove gli occhi!
Maria infatti girava con ineffabile bontà i suoi occhi materni sui
giovani che Le stavano intorno. Poco dopo risonò un secondo grido: — La
Madonna muove le mani! «Lasciatemi solo; soffro troppo!»
La Vergine, aprendo lentamente le braccia, con le mani solleva va il
manto in atto di protezione.
— La Madonna muove le labbra! —. Gridarono altri in coro. Seguì un
silenzio profondo, mentre gli occhi di tutti erano fissi nel volto di
Maria, la quale con voce dolcissima disse:
— Se voi sarete per me figliuoli devoti, io sarò per voi Madre amorosa. A
queste parole cademmo in ginocchio e intonammo il canto: Lodate Maria, o
lingue fedeli.
L’armonia delle voci era così forte, così soave che, sopraffatto da
essa, mi svegliai; e così terminò la visione» . Di questo sogno fece
qualche commento Don Bosco stesso, e confidò ai singoli che lo
richiedevano il posto che occupavano in esso. L ‘immensa pianura è il
mondo. L ‘inondazione, i pericoli del mondo. Il mulino rappresenta la
Chiesa. Il tronco di albero che fa da ponte, la Croce. La grande
zattera, la Casa di Maria, l’Oratorio. I canestri di pane, la SS.
Eucaristia. I vortici impetuosi, le tentazioni. La collina che alletta
molti, i desideri mondani. I sacerdoti che si prodigano al salvataggio
con ami e lenze, la Confessione. Gli animali schifosi e gli scimmioni,
gli allettamenti della colpa. La fonte di acqua fresca, ferruginosa, la
Confessione e la Comunione. L ‘iride radiosa, Maria. Il castello, la
vigna e il convito indicano la Patria. Infine Maria Ausiliatrice stessa
corona l’inebriante gioia di tutti con l’assicurazione: « Se voi sarete
per me figliuoli devoti, io sarò per voi Madre amorosa».
Oggi il mondo, ossia la mentalità anticristiana, è ancor più dilagante
con i suoi vortici sempre più travolgenti, attraverso il progressivo
annacquamento delle convinzioni e delle abitudini cristiane. Di qui
l’attualità sempre viva di Don Bosco: ora che ha raggiunto la Patria, è
più potente e operante di prima nell’opera di salvataggio della
gioventù, pupilla dei suoi occhi.
Giovedì, 30 agosto - Presa la lettera, l'angelo le dice che sabato prossimo avrà la risposta. Dolore dei peccati e corona di spine. Per obbedire, «manda via» Gesù.
Santa Gemma Galgani
Subito tornata, ho guardato e, curiosa!, la lettera non ci era più.
Dico curiosa, perché lo sento dire da altri che è una cosa strana; a me
non mi sembra però. L'angelo custode poi mi ha dimandato se ci
occorresse risposta. Io ho riso. « E altro », gli ho detto, « se ci
occorre! ». « Ebbene », ha soggiunto, «fino a sabato non puoi averla».
Pazienza dunque fino a sabato.
Intanto eccomi al giovedì sera. O Dio! Tutti i miei peccati mi si
presentano davanti. Che enormità! Sì, sappiatelo tutti: la mia vita
fino ad ora è stata una continua serie di peccati. Sempre la vedo la
gran quantità di essi, e la malizia riconosco con cui li ho commessi,
ma specialmente nell'avvicinarsi del giovedì sera: in una maniera sì
spaventosa mi compariscono davanti, che divento vergognosa a me stessa
e insoffribile a me medesima.
Allora, massime in quella sera, proponimenti, pentimenti, sono di
continuo; ma tutte cose che poi non mantengo e torno al solito. Un po'
di forza, un po' di coraggio mi viene quando sento che Gesù in
quell'ora mi mette la corona delle spine e mi fa soffrire fino alla
sera del venerdì; perché ciò offerisco per le anime peccatrici, in modo particolare per la mia.
Così avvenne ieri sera giovedì; mi sembrò che Gesù facesse, come era
solito in quella sera: mi posò le spine sul mio capo, cagione di tante
pene al mio caro Gesù, e me la lasciò per più ore. Mi fece un po'
soffrire, ma che dico soffrire, godere. È un godere quel soffrire.
Quanto era afflitto! E la cagione: per tanti peccati che si commettono,
e per tante anime ingrate, che lui tanto benefica, e poi riceve tutto
al contrario. Di questa ingratitudine quanto mi sento colpevole io
stessa! Al certo Gesù avrà detto di me.
Finita l'ora dell'obbedienza, il mio angelo custode mi avvisò; che
fare? Gesù si tratteneva ancora, ma ben vedeva l'imbarazzo in cui mi
trovava. Mi ricordò l'obbedienza, e per obbedire dovevo mandar via
Gesù, perché l'ora era trascorsa. « Via », mi disse Gesù, « dammi un
segno fin da ora che sempre obbedirai». Allora esclamai: «Gesù, va'
pure, ch'ora più non ti voglio». E Gesù sorridendo mi benedì, insieme a
tutti i membri del Sacro Collegio, e raccomandandomi all'angelo
custode, mi lasciò sì contenta da non potermi esprimere.
Son solita in quella notte di non poter dormire, perché sto unita con
Gesù, in unione più stretta del solito, e poi anche perché mi sembra
che mi dolga un po' il capo; vegliai insieme al mio caro angelo.