Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Ogni volta che vi sorprende qualche difficoltà , prima di risolverla date un'occhiata all'eternità , e poi avvenga ciò che vuole. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 18° settimana del tempo ordinario (Trasfigurazione di Nostro Signore)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 13

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.2Prendendo la parola, Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?3No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.4O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?5No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo".

6Disse anche questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.7Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?8Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime9e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai".

10Una volta stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato.11C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.12Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei libera dalla tua infermità",13e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
14Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato".15Il Signore replicò: "Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?16E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?".17Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

18Diceva dunque: "A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo rassomiglierò?19È simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell'orto; poi è cresciuto e diventato un arbusto, e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami".

20E ancora: "A che cosa rassomiglierò il regno di Dio?21È simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata".

22Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme.23Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Rispose:24"Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete.26Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.27Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!28Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori.29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.30Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi".

31In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere".32Egli rispose: "Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito.33Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.

34Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!35Ecco, 'la vostra casa vi viene lasciata deserta'! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'".


Primo libro di Samuele 4

1ae la parola di Samuele giunse a tutto Israele [c. 3]1bLa parola di Samuele si rivolse a tutto Israele.
In quei giorni i Filistei si radunarono per combattere contro Israele. Allora Israele scese in campo a dar battaglia ai Filistei. Essi si accamparono presso Eben-Ezer mentre i Filistei s'erano accampati in Afèk.2I Filistei si schierarono per attaccare Israele e la battaglia divampò, ma Israele ebbe la peggio di fronte ai Filistei e caddero sul campo, delle loro schiere, circa quattromila uomini.
3Quando il popolo fu rientrato nell'accampamento, gli anziani d'Israele si chiesero: "Perché ci ha percossi oggi il Signore di fronte ai Filistei? Andiamo a prenderci l'arca del Signore a Silo, perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici".4Il popolo mandò subito a Silo a prelevare l'arca del Dio degli eserciti che siede sui cherubini: c'erano con l'arca di Dio i due figli di Eli, Cofni e Pìncas.5Non appena l'arca del Signore giunse all'accampamento, gli Israeliti elevarono un urlo così forte che ne tremò la terra.6Anche i Filistei udirono l'eco di quell'urlo e dissero: "Che significa il risuonare di quest'urlo così forte nell'accampamento degli Ebrei?". Poi vennero a sapere che era arrivata nel loro campo l'arca del Signore.7I Filistei ne ebbero timore e si dicevano: "È venuto il loro Dio nel loro campo!", ed esclamavano: "Guai a noi, perché non è stato così né ieri né prima.8Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti? Queste divinità hanno colpito con ogni piaga l'Egitto nel deserto.9Risvegliate il coraggio e siate uomini, o Filistei, altrimenti sarete schiavi degli Ebrei, come essi sono stati vostri schiavi. Siate uomini dunque e combattete!".10Quindi i Filistei attaccarono battaglia, Israele fu sconfitto e ciascuno fu costretto a fuggire nella sua tenda. La strage fu molto grande: dalla parte d'Israele caddero tremila fanti.11In più l'arca di Dio fu presa e i due figli di Eli, Cofni e Pìncas, morirono.
12Uno della tribù di Beniamino fuggì dalle file e venne a Silo il giorno stesso, con le vesti stracciate e polvere sul capo.13Mentre giungeva, ecco Eli stava sul sedile presso la porta e scrutava la strada di Mizpa, perché aveva il cuore in ansia per l'arca di Dio. Venne dunque l'uomo e diede l'annuncio in città e tutta la città alzò lamenti.14Eli, sentendo il rumore delle grida, si chiese: "Che sarà questo grido di tumulto?". Intanto l'uomo si avanzò in gran fretta e narrò a Eli ogni cosa.15Eli era vecchio di novantotto anni, aveva gli occhi rigidi e non poteva più vedere.16Disse dunque quell'uomo a Eli: "Sono giunto dal campo. Sono fuggito oggi dalle schiere dei combattenti". Eli domandò: "Che è dunque accaduto, figlio mio?".17Rispose il messaggero: "Israele è fuggito davanti ai Filistei e nel popolo v'è stata grande strage; inoltre i tuoi due figli Cofni e Pìncas sono morti e l'arca di Dio è stata presa!".18Appena ebbe accennato all'arca di Dio, Eli cadde all'indietro dal sedile sul lato della porta, batté la nuca e morì, perché era vecchio e pesante. Egli aveva giudicato Israele per quarant'anni.
19La nuora di lui, moglie di Pìncas, incinta e prossima al parto, quando sentì la notizia che era stata presa l'arca di Dio e che erano morti il suocero e il marito, s'accosciò e partorì, colta dalle doglie.20Mentre era sul punto di morire, le dicevano quelle che le stavano attorno: "Non temere, hai partorito un figlio". Ma essa non rispose e non ne fece caso.21Ma chiamò il bambino Icabod, cioè: "Se n'è andata lungi da Israele la gloria!" riferendosi alla cattura dell'arca di Dio e al suocero e al marito.22La donna disse: "Se n'è andata lungi da Israele la gloria", perché era stata presa l'arca di Dio.


Salmi 65

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Canto.'

2A te si deve lode, o Dio, in Sion;
a te si sciolga il voto in Gerusalemme.
3A te, che ascolti la preghiera,
viene ogni mortale.
4Pesano su di noi le nostre colpe,
ma tu perdoni i nostri peccati.

5Beato chi hai scelto e chiamato vicino,
abiterà nei tuoi atrii.
Ci sazieremo dei beni della tua casa,
della santità del tuo tempio.
6Con i prodigi della tua giustizia,
tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza,
speranza dei confini della terra
e dei mari lontani.

7Tu rendi saldi i monti con la tua forza,
cinto di potenza.
8Tu fai tacere il fragore del mare,
il fragore dei suoi flutti,
tu plachi il tumulto dei popoli.
9Gli abitanti degli estremi confini
stupiscono davanti ai tuoi prodigi:
di gioia fai gridare la terra,
le soglie dell'oriente e dell'occidente.

10Tu visiti la terra e la disseti:
la ricolmi delle sue ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu fai crescere il frumento per gli uomini.
Così prepari la terra:
11Ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge
e benedici i suoi germogli.
12Coroni l'anno con i tuoi benefici,
al tuo passaggio stilla l'abbondanza.

13Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.
14I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di grano;
tutto canta e grida di gioia.


Salmi 56

1'Al maestro del coro. Su "Jonat elem rehoqim".'
'Di Davide. Miktam. Quando i Filistei lo tenevano prigioniero in Gat.'

2Pietà di me, o Dio, perché l'uomo mi calpesta,
un aggressore sempre mi opprime.
3Mi calpestano sempre i miei nemici,
molti sono quelli che mi combattono.

4Nell'ora della paura,
io in te confido.
5In Dio, di cui lodo la parola,
in Dio confido, non avrò timore:
che cosa potrà farmi un uomo?
6Travisano sempre le mie parole,
non pensano che a farmi del male.
7Suscitano contese e tendono insidie,
osservano i miei passi,
per attentare alla mia vita.

8Per tanta iniquità non abbiano scampo:
nella tua ira abbatti i popoli, o Dio.
9I passi del mio vagare tu li hai contati,
le mie lacrime nell'otre tuo raccogli;
non sono forse scritte nel tuo libro?

10Allora ripiegheranno i miei nemici,
quando ti avrò invocato:
so che Dio è in mio favore.

11Lodo la parola di Dio,
lodo la parola del Signore,
12in Dio confido, non avrò timore:
che cosa potrà farmi un uomo?

13Su di me, o Dio, i voti che ti ho fatto:
ti renderò azioni di grazie,
14perché mi hai liberato dalla morte.
Hai preservato i miei piedi dalla caduta,
perché io cammini alla tua presenza
nella luce dei viventi, o Dio.


Abacuc 3

1Preghiera del profeta Àbacuc, in tono di lamentazione.

2Signore, ho ascoltato il tuo annunzio,
Signore, ho avuto timore della tua opera.
Nel corso degli anni manifestala
falla conoscere nel corso degli anni.
Nello sdegno ricordati di avere clemenza.

3Dio viene da Teman, il Santo dal monte Paràn.
La sua maestà ricopre i cieli,
delle sue lodi è piena la terra.
4Il suo splendore è come la luce,
bagliori di folgore escono dalle sue mani:
là si cela la sua potenza.
5Davanti a lui avanza la peste,
la febbre ardente segue i suoi passi.
6Si arresta e scuote la terra,
guarda e fa tremare le genti;
le montagne eterne s'infrangono,
e i colli antichi si abbassano:
i suoi sentieri nei secoli.
7Ho visto i padiglioni di Cusàn in preda a spavento,
sono agitate le tende di Madian.

8Forse contro i fiumi, Signore,
contro i fiumi si accende la tua ira
o contro il mare è il tuo furore,
quando tu monti sopra i tuoi cavalli,
sopra i carri della tua vittoria?
9Tu estrai il tuo arco e ne sazi di saette la corda.
Fai erompere la terra in torrenti;
10i monti ti vedono e tremano,
un uragano di acque si riversa,
l'abisso fa sentire la sua voce.
In alto il sole tralascia di mostrarsi,
11e la luna resta nella sua dimora,
fuggono al bagliore delle tue saette,
allo splendore folgorante della tua lancia.
12Sdegnato attraversi la terra,
adirato calpesti le genti.
13Sei uscito per salvare il tuo popolo,
per salvare il tuo consacrato.Hai demolito la cima della casa dell'empio,
l'hai scalzata fino alle fondamenta.
14Con i tuoi dardi hai trafitto il capo dei suoi guerrieri
che irrompevano per disperdermi
con la gioia di chi divora il povero di nascosto.
15Hai affogato nel mare i suoi cavalli
nella melma di grandi acque.

16Ho udito e fremette il mio cuore,
a tal voce tremò il mio labbro,
la carie entra nelle mie ossa
e sotto di me tremano i miei passi.
Sospiro al giorno dell'angoscia
che verrà contro il popolo che ci opprime.
17Il fico infatti non germoglierà,
nessun prodotto daranno le viti,
cesserà il raccolto dell'olivo,
i campi non daranno più cibo,
i greggi spariranno dagli ovili
e le stalle rimarranno senza buoi.
18Ma io gioirò nel Signore,
esulterò in Dio mio salvatore.
19Il Signore Dio è la mia forza,
egli rende i miei piedi come quelli delle cerve
e sulle alture mi fa camminare.

'Per il maestro del coro. Su strumenti a corda.'


Apocalisse 3

1All'angelo della Chiesa di Sardi scrivi:
Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle: Conosco le tue opere; ti si crede vivo e invece sei morto.2Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio.3Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te.4Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi mi scorteranno in vesti bianche, perché ne sono degni.5Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli.6Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.

7All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi:

Così parla il Santo, il Verace,
Colui che ha 'la chiave di Davide:
quando egli apre nessuno chiude,
e quando chiude nessuno apre'.

8Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome.9Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di satana - di quelli che si dicono Giudei, ma mentiscono perché non lo sono -: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato.10Poiché hai osservato con costanza la mia parola, anch'io ti preserverò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra.11Verrò presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona.12Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo.13Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.

14All'angelo della Chiesa di Laodicèa scrivi:
Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio:15Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo!16Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca.17Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla", ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo.18Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista.19Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti.20Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.21Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono.22Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.


Capitolo V: Grandezza del Sacramento e condizione del sacerdote

Leggilo nella Biblioteca

Parola del Diletto

1. Anche se tu avessi la purezza degli angeli e la santità di San Giovanni Battista, non saresti degno di ricevere o anche solo di toccare questo sacramento. Non dipende infatti dai meriti degli uomini che si consacri e si tocchi il sacramento di Cristo, e ci si nutra del pane degli angeli. Grande è l'ufficio, grande la dignità dei sacerdoti, ai quali è dato quello che non è concesso agli angeli; giacché soltanto i sacerdoti, ordinati regolarmente nella Chiesa, hanno il potere di celebrare e di consacrare il corpo di Cristo. Il sacerdote, invero, è servo di Dio: si vale della parola di Dio, per comando e istituzione di Dio. Nel sacramento, attore primo, invisibilmente operante, è Dio, al quale è sottoposta ogni cosa, secondo il suo volere, in obbedienza al suo comando. In questo sublime sacramento, devi dunque credere più a Dio onnipotente che ai tuoi sensi o ad alcun segno visibile; a questa realtà, istituita da Dio, ti devi accostare con reverenza e con timore. "Rifletti su te stesso" e considera di chi sei stato fatto ministro, con l'imposizione delle mani da parte del vescovo (1Tm 4,16.14). Ecco, sei stato fatto sacerdote e consacrato per celebrare. Vedi, dunque, di offrire il sacrificio a Dio con fede, con devozione, e al tempo conveniente; vedi di offrire te stesso, irreprensibile. Non si è fatto più leggero il tuo carico; anzi sei ormai legato da un più stretto vincolo di disciplina e sei tenuto a una maggiore perfezione di santità.

2. Il sacerdote deve essere ornato di ogni virtù e offrire agli altri l'esempio di una vita santa; abituale suo rapporto non sia con la gente volgare secondo modi consueti a questo mondo, ma con gli angeli in cielo o con la gente santa, in terra. Il sacerdote, rivestito delle sacre vesti, fa le veci di Cristo, supplichevolmente e umilmente pregando Iddio per sé e per tutto il popolo. Egli porta, davanti e dietro, il segno della croce del Signore, perché abbia costante ricordo della passione di Cristo; davanti, sulla casula, porta la croce, perché guardi attentamente a quelle che sono le orme di Cristo, e abbia cura di seguirla con fervore; dietro è pure segnato dalla croce, perché sappia sopportare con dolcezza ogni contrarietà che gli venga da altri. Porta davanti la croce, perché pianga i propri peccati; e la porta anche dietro, perché pianga compassionevolmente anche i peccati commessi da altri, e sappia di essere stato posto tra Dio e il peccatore, non lasciandosi illanguidire nella preghiera e nell'offerta, fin che non sia fatto degno di ottenere grazia e misericordia. Con la celebrazione, il sacerdote rende onore a Dio, fa lieti gli angeli, dà motivo di edificazione ai fedeli, aiuta i vivi, appresta pace ai defunti e fa di se stesso il dispensatore di tutti i benefici divini.


Omelia 58: L'esempio da imitare.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

Leggilo nella Biblioteca

1. Già abbiamo spiegato alla vostra Carità, come il Signore ci ha concesso, le parole che egli rivolse ai suoi discepoli nell'atto di lavar loro i piedi: Chi si è lavato, non ha bisogno che di lavarsi i piedi, perché è tutto mondo (Gv 13, 10). Vediamo ora quello che segue: E voi siete mondi, ma non tutti. Di questa frase non dobbiamo cercare il significato perché l'evangelista stesso ce lo ha spiegato, aggiungendo: Sapeva, infatti, chi lo tradiva, perciò disse: Non tutti siete mondi (Gv 13, 11). Niente di più chiaro; perciò andiamo avanti.

2. Quando, dunque, ebbe lavato i loro piedi e riprese le sue vesti e si fu adagiato di nuovo a mensa, disse loro: Comprendete ciò che vi ho fatto? (Gv 13, 12). E' giunto il momento di mantenere la promessa che aveva fatto a san Pietro e che aveva differita quando, a lui che si era spaventato e gli aveva detto: Non mi laverai i piedi in eterno, il Signore aveva risposto: Quello che io faccio tu adesso non lo comprendi: lo comprenderai, però, dopo (Gv 13, 7). Questo momento è giunto: è tempo che gli dica ciò che prima ha differito. Il Signore, dunque, si è ricordato che aveva promesso di rivelare il significato del suo gesto così inatteso, così straordinario, così sconvolgente, che se egli non li avesse spaventati tanto, non avrebbero mai permesso che il loro maestro e maestro degli angeli, il loro Signore e Signore dell'universo, lavasse i piedi dei suoi discepoli e servi. Ora, per l'appunto, comincia a spiegare il significato del suo gesto, come aveva promesso dicendo: Lo capirai dopo.

[Giova a noi servire alla verità.]

3. Voi mi chiamate - egli dice - Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono (Gv 13, 13). Dite bene perché dite la verità; sono infatti ciò che dite. All'uomo è stato rivolto l'ammonimento: Non ti lodi la tua bocca, ma ti lodi la bocca del tuo prossimo (Prv 27, 2). E' infatti pericoloso compiacersi, per chi deve stare attento alla superbia. Ma chi sta al di sopra di tutte le cose, per quanto si lodi non può innalzarsi più di quello che è: non si può certo accusare Dio di presunzione. E' a noi, non a lui, che giova conoscere Dio; e nessuno può conoscerlo, se lui, che si conosce, non si rivela. Se, per non apparire presuntuoso, avesse taciuto la sua lode, ci avrebbe privato della sua conoscenza. Nessuno, certo, può rimproverargli di essersi chiamato maestro, neppure chi lo considera soltanto un uomo; perché ognuno che sia esperto in una qualsiasi materia, si fa chiamare professore, senza che per questo venga considerato presuntuoso. Il fatto però che egli si chiami il Signore dei suoi discepoli, che anche di fronte al mondo sono uomini liberi, come si può tollerare? Ma qui è Dio che parla. Non corre nessun pericolo di elevarsi in superbia una tale altezza, non corre nessun pericolo di mentire la Verità. E' per noi salutare sottometterci a così eccelsa grandezza ed è utile servire alla Verità. Il fatto che egli si chiami Signore non costituisce una colpa per lui, ma è un vantaggio per noi. Si lodano le parole di quell'autore profano, che dice: Ogni arroganza è sempre odiosa, ma l'arroganza dell'ingegno e dell'eloquenza è insopportabile (Cicerone, in Q. Caecilium); e tuttavia lo stesso autore profano così parla della sua eloquenza: Se la giudicassi così, direi che è perfetta; senza timore di presunzione, perché è la verità (Cicerone, in Oratore). Se dunque quel maestro di eloquenza non doveva temere di essere arrogante nel dire la verità, come potrebbe avere questo timore la stessa Verità? Dica il Signore di essere il Signore, dica la Verità di essere la verità: se egli non dicesse ciò che è, io non potrei apprendere quanto mi è utile sapere. Il beatissimo Paolo che non era certo il Figlio unigenito di Dio, ma il servo e l'apostolo del Figlio unigenito di Dio, e che non era la verità ma solamente partecipe di essa, con franchezza e sicurezza dice: Se volessi vantarmi, non sarei insensato perché direi solo la verità (2 Cor 12, 6). Perché non è in se stesso, ma nella verità, a lui superiore, che umilmente e sinceramente si vanta, secondo quanto egli stesso raccomanda: Chi si vanta, si vanti nel Signore (cf. 1 Cor 1, 31). Ora, se un uomo che ama la sapienza, non teme di essere insensato gloriandosi in essa, dovrà forse temere di essere insensata la Sapienza stessa nel manifestare la sua gloria? Se non ebbe timore di essere arrogante colui che disse: Nel Signore si vanterà l'anima mia (Sal 33, 3), dovrà temere di esserlo la potenza del Signore, in cui l'anima del servo si vanta? Voi mi chiamate - dice - Signore e Maestro; e dite bene, perché lo sono. Appunto dite bene, perché lo sono; infatti se io non fossi ciò che voi dite, direste male anche lodandomi. Come può la Verità negare ciò che affermano i discepoli della Verità? Come può negare ciò che hanno appreso proprio da essa? Come può la fonte smentire ciò che proclama chi ad essa beve? Come può la luce nascondere quanto viene manifestando a chi vede?

[Serviamoci vicendevolmente.]

4. Se dunque - egli aggiunge - io, il Signore e il maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi a vicenda. Vi ho dato, infatti, un esempio, affinché anche voi facciate come ho fatto io (Gv 13, 14-15). Questo, o beato Pietro, è ciò che tu non comprendevi, quando non volevi lasciarti lavare i piedi. Egli ti promise che l'avresti compreso dopo, allorché il tuo Signore e Maestro ti spaventò affinché tu gli lasciassi lavare i tuoi piedi. Abbiamo appreso, fratelli, l'umiltà dall'Altissimo; rendiamoci reciprocamente, e con umiltà, il servizio che umilmente ha compiuto l'Altissimo. E' un grande esempio di umiltà, il suo. A questo esempio si ispirano i fratelli che rinnovano anche esternamente questo gesto, quando vicendevolmente si ospitano; è molto diffuso questo esercizio di umiltà che così efficacemente viene espressa in questo gesto. E' per questo che l'Apostolo, presentandoci la vedova ideale, sottolinea questa benemerenza: essa pratica l'ospitalità, lava i piedi ai santi (1 Tim 5, 10). E i fedeli, presso i quali non esiste la consuetudine di lavare i piedi materialmente con le mani, lo fanno spiritualmente, se sono del numero di coloro ai quali nel canto dei tre giovani vien detto: Benedite il Signore, santi e umili di cuore (Dn 3, 87). Però è meglio, e più conforme alla verità, se si segua anche materialmente l'esempio del Signore. Non disdegni il cristiano di fare quanto fece Cristo. Poiché quando il corpo si piega fino ai piedi del fratello, anche nel cuore si accende, o, se già c'era, si alimenta il sentimento di umiltà.

5. Ma, a parte questa applicazione morale, ricordiamo di aver particolarmente sottolineato la sublimità di questo gesto del Signore, che, lavando i piedi dei discepoli, i quali già erano puliti e mondi, volle farci riflettere che noi, a causa dei nostri legami e contatti terreni, nonostante tutti i nostri progressi sulla via della giustizia, non siamo esenti dal peccato; dal quale peraltro egli ci purifica intercedendo per noi, quando preghiamo il Padre che è nei cieli che rimetta a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (cf. Mt 6, 12). Vediamo come si concilia questo significato con le parole che egli aggiunge per motivare il suo gesto: Se, dunque, io, il Signore e il maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi a vicenda. Vi ho dato, infatti, un esempio, affinché anche voi facciate come ho fatto io. Dobbiamo forse dire che anche il fratello può purificare il fratello dal contagio del peccato? Certamente; questo sublime gesto del Signore costituisce per noi un grande impegno: quello di confessarci a vicenda le nostre colpe e di pregare gli uni per gli altri, così come Cristo per tutti noi intercede (cf. Rm 8, 34). Ascoltiamo l'apostolo Giacomo, che ci indica questo impegno con molta chiarezza: Confessatevi gli uni agli altri i peccati e pregate gli uni per gli altri (Gc 5, 16). E' questo l'esempio che ci ha dato il Signore. Ora, se colui che non ha, che non ha avuto e non avrà mai alcun peccato, prega per i nostri peccati, non dobbiamo tanto più noi pregare gli uni per gli altri? E se ci rimette i peccati colui che non ha niente da farsi perdonare da noi, non dovremo a maggior ragione rimetterci a vicenda i nostri peccati, noi che non riusciamo a vivere quaggiù senza peccato? Che altro vuol farci intendere il Signore, con un gesto così significativo, quando dice: Vi ho dato un esempio affinché anche voi facciate come ho fatto io, se non quanto l'Apostolo dice in modo esplicito: Perdonatevi a vicenda qualora qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi dell'altro; come il Signore ha perdonato a voi, fate voi pure (Col 3, 13)? Perdoniamoci a vicenda i nostri torti, e preghiamo a vicenda per le nostre colpe, e così, in qualche modo, ci laveremo i piedi a vicenda. E' nostro dovere adempiere, con l'aiuto della sua grazia, questo ministero di carità e di umiltà; sta a lui esaudirci, purificarci da ogni contaminazione di peccato per Cristo e in Cristo, e di sciogliere in cielo ciò che noi sciogliamo in terra, cioè i debiti che noi avremo rimesso ai nostri debitori.


22 - Come sant'Anna adempì nel suo parto alla legge di Mosè e come la bambina Maria procedeva nella sua infanzia

La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda

Leggilo nella Biblioteca

344. Era precetto della legge, nel capitolo dodicesimo del Levitico, che la donna, partorendo una figlia, si considerasse immonda per due settimane e rimanesse poi nella purificazione del parto sessantasei giorni, cioè il doppio del parto di un maschio. Compiuti tutti i giorni della sua purificazione, era stabilito che offrisse un agnello di un anno in olocausto, sia per le figlie che per i figli, e un colombino o una tortorella per il peccato, consegnandoli al sacerdote davanti alla porta del tabernacolo perché li offrisse al Signore e pregasse per lei; con ciò veniva purificata. Il parto della fortunata sant'Anna fu purissimo come conveniva alla sua divina figlia, dalla quale traeva origine la purezza della madre. E sebbene, per questo motivo, non avesse bisogno di altra purificazione, volle, tuttavia, pagare il debito della legge, adempiendola puntualmente e lasciandosi così reputare come immonda, agli occhi degli uomini, quando invece era del tutto libera dalle prescrizioni di purificazione che la legge ordinava.

345. Trascorsi i sessanta giorni della purificazione, sant'Anna salì al tempio, con la mente infiammata d'amore divino, portando nelle sue braccia la sua benedetta bambina. Accompagnata da innumerevoli angeli e avendo con sé le offerte secondo la legge, arrivò alla porta del tabernacolo e parlò con il sommo sacerdote, il santo Simeone. Egli dimorando a lungo nel tempio ebbe il privilegio che la bambina Maria fosse offerta al Signore, in sua presenza e proprio fra le sue braccia. E sebbene, nelle varie occasioni capitategli, Simeone non conoscesse la dignità della divina signora, tuttavia, come diremo in seguito, avvertì, per tutto il tempo, nel suo spirito intense movenze ed impulsi che gli facevano intuire la grandezza di quella bambina agli occhi di Dio.

346. Sant'Anna gli offri l'agnello e la tortora insieme ad altri doni, e con umiltà e tra le lacrime gli chiese di pregare per lei e per sua figlia, affinché il Signore perdonasse loro, se avessero avuto qualche colpa. Dio, però, non ebbe di che perdonare ad una figlia e ad una madre in cui la grazia era così abbondante; ebbe, piuttosto, di che premiare la loro umiltà, essendosi presentate come peccatrici, quando invece erano santissime. Il santo sacerdote ricevette l'oblazione e sentendosi lo spirito infiammato e mosso da uno straordinario giubilo, senza avvertire altra cosa né manifestare quello che sentiva, disse tra sé: «Che novità è questa che sento? Forse per caso queste donne sono parenti del Messia che deve venire?». Restando con questo dubbio e con questa gioia, mostrò loro grande benevolenza. Intanto, la santa madre Anna entrò tenendo in braccio la sua santissima figlia e, con devotissime e tenere lacrime, la offrì al Signore, conoscendo lei sola al mondo il tesoro che le era stato dato in deposito.

347. Rinnovò, allora, sant'Anna il voto, fatto innanzi, di offrire al tempio la sua primogenita, appena fosse giunta all'età conveniente; e subito fu illuminata dall'Altissimo con l'infusione di nuova grazia e nuova luce, sentendo nel suo cuore una voce che le diceva di adempiere il voto portando e offrendo al tempio la sua bambina entro tre anni. Questa voce fu come un'eco di quella della santissima Regina che con la sua preghiera toccò il cuore di Dio, affinché risuonasse in quello di sua madre. In verità, quando la madre e la figlia entrarono nel tempio, la dolce bambina vedendo con i propri occhi la grandezza e la maestosità riservate al culto di Dio, rimase piena di stupore, tanto che avrebbe voluto prostrarsi e baciare il suolo del tempio, per adorare il Signore. E così a quello che non poté fare esternamente supplì l'affetto interiore: adorò e benedisse Dio con un amore così ardente e con una riverenza così profonda che né prima e né dopo la eguagliò altra creatura. Parlando interiormente con il Signore elevò allora questa preghiera:

348. «Altissimo ed ineffabile Dio, re e Signor mio, degno di ogni gloria, di ogni lode e di ogni riverenza; io, umile polvere, ma vostra fattura, vi adoro in questo luogo santo, vostro tempio; vi esalto e vi glorifico per il vostro essere e per le vostre infinite perfezioni. Rendo grazie, per quanto può la mia povertà, alla vostra benignità, perché avete concesso di vedere con i miei occhi questo tempio santo, questa casa di preghiera, dove i vostri Profeti ed i miei antichi Padri vi lodarono e vi benedirono, e dove la vostra generosa misericordia operò per mezzo loro tante meraviglie e tanti misteri. Degnatevi, o Signore, di accogliermi, affinché io possa servirvi nel tempo stabilito dal vostro santo volere».

349. Si offrì così come umile serva del Signore, quella che era Regina di tutto l'universo; e come prova, che l'Altissimo accettava tale offerta, scese dal cielo una luce fulgidissima che rivestì la bambina e la madre, ricolmandole di nuovi splendori di grazia. Sant'Anna tornò a sentire che al terzo anno era, di nuovo, chiamata a presentare sua figlia al tempio, poiché il compiacimento che l'Altissimo avrebbe dovuto ricevere da quell'offerta e l'amore con cui la divina bambina lo desiderava non consentivano un ulteriore ritardo. Gli angeli santi assegnati alla sua custodia e tanti altri presenti a questo atto intonarono dolcissimi canti di lode all'Autore delle meraviglie; ma di quanto successe non ebbero cognizione altre persone, all'infuori della santa bambina e di sua madre Anna che avvertirono, in parte interiormente e in parte all'esterno, ciò che era avvenuto di spirituale ed anche di sensibilmente percettibile. Accanto a loro soltanto il santo Simeone riuscì a vedere qualcosa di quella luce sensibile. Sant'Anna ritornò così a casa sua, ricca del suo tesoro e colma dei nuovi doni dell'Altissimo.

350. Alla vista di tali opere l'antico serpente anelava a conoscere ogni cosa, ma il Signore gli occultava ciò che non doveva sapere e gli lasciava intravedere quanto conveniva perché, opponendosi a tutto ciò che egli cercava di distruggere, venisse a servire come strumento dell'esecuzione dei giudizi misteriosi di Dio. Questo nemico faceva molte congetture circa le singolari ed eccezionali cose che scopriva nella madre e nella figlia. Quando vide, tuttavia, che portavano le offerte al tempio e come peccatrici osservavano quello che la legge comandava, chiedendo per di più al sacerdote che pregasse per loro perché fossero perdonate, rimase accecato ed il suo furore si acquietò, credendo che quella madre e quella figlia fossero allo stesso livello di altre donne comuni, e di uguale condizione, benché più perfette e sante delle altre.

351. La sovrana bambina veniva, intanto, trattata come gli altri bambini della sua età. Il suo cibo era quello comune e assai parco nella quantità; lo stesso valeva per il sonno, sebbene venisse coricata per dormire. Non importunava né infastidiva, come gli altri bambini, con i soliti vagiti, ma si rivelava gentile e dolce. Dissimulava, però, spesso questa singolarità - benché già si mostrasse Regina e signora - piangendo e singhiozzando più volte per i peccati del mondo e per ottenerne il rimedio con la venuta del Redentore degli uomini. In questa tenera età, infatti, l'espressione del suo viso era si gioiosa, ma velata da una certa severità e da una straordinaria autorevolezza e, pur accogliendo alcune carezze, non ammetteva vezzi puerili. Delle carezze, però, che non erano date da sua madre e che quindi erano meno misuràte ed imperfette, limitava il numero con speciale virtù e con la serietà che mostrava già da piccolina. La prudente sant'Anna trattava la bambina con incomparabile cura, diligenza e delicatezza. Anche suo padre Gioacchino l'amava come padre e come santo, benché allora ne ignorasse il mistero; e la bambina si mostrava con lui affettuosa, dal momento che lo riconosceva come padre e pertanto caro a Dio. Nonostante da lui accettasse di essere accarezzata più che dagli altri, tuttavia Dio fin d'allora infuse sia nel padre sia negli altri uno straordinario rispetto e riverenza verso colei che si era eletta per madre, tanto che il puro amore del padre nelle espressioni sensibili era sempre misurato e moderato.

352. La bambina Regina era in tutto amabile, ammirabile e perfettissima, e se nell'infanzia fu sottomessa alle comuni leggi della natura, queste tuttavia non furono di ostacolo alla grazia. Quando dormiva vigilava con il cuore: non tralasciava né interrompeva gli atti interni d'amore o altre mozioni affettuose che non dipendono dai sensi esterni.

Essendo ciò possibile anche ad altre anime, cui la potenza divina voglia concederlo, è certo che Dio non tralasciò di operarlo in colei che elesse per Madre sua e per regina di tutto il creato, largheggiando con lei in ogni genere di grazie più che con tutte le altre creature ed oltre la loro stessa immaginazione. Dio, nel sonno naturale, parlò a Samuele nonché ad altri Santi e Profeti, ed a molti mandò sogni misteriosi o visioni, poiché per illuminare l'intelletto poco importa alla sua potenza che i sensi esterni dor-mano nel sonno naturale o siano sospesi dalla forza che li rapisce in estasi. Nell'uno e nell'altro caso l'attività dei sensi cessa: eppure anche senza di essi lo spirito ode, ascolta e parla con gli oggetti con cui è in relazione. Per la celeste Regina fu questa una legge perenne, dalla sua concezione e per tutta l'eternità; e mentre era pellegrina sulla terra godette di queste grazie non ad intervalli, come le altre creature, ma incessantemente. Quando era sola o l'adagiavano per dormire, benché il suo sonno fosse breve, conversava con i suoi angeli dei misteri e delle lodi dell'Altissimo e godeva di visioni divine e del colloquio con il sommo re. Essendo stato tanto frequente il suo trattare con gli angeli, nel capitolo seguente spiegherò anche i modi in cui le si manifestavano e qualcosa delle loro straordinarie virtù.

353. Regina e signora del cielo, se come madre pietosa e mia maestra vorrete ascoltare, senza offendervi, le mie ignoranti parole, vi esporrò alcuni dubbi che in questo capitolo mi sono affiorati alla mente. E qualora, per la mia ignoranza e il mio ardire, cadessi in errore invece di rispondermi, o Signora, correggetemi con la vostra materna pietà. Il mio dubbio è questo: «Sentivate, voi, durante l'infanzia, l'abbandono e la fame che provano naturalmente gli altri bambini? E se così era, in che modo chiedevate gli alimenti e gli aiuti necessari, essendo tanto ammirabile la vostra pazienza da non usare il pianto come voce e come parola, a differenza degli altri bambini?». Inoltre ignoro se alla vostra Maestà fossero penosi i bisogni di quell'età, come l'essere ora fasciata ora sfasciata, essere nutrita con il cibo dei bambini e ricevere quello che gli altri accolgono senza riflettervi, perché privi dell'uso della ragione; mentre a voi, o Signora, niente passava inosservato. Infatti, mi sembra quasi impossibile che non dovesse esservi esagerazione o difetto riguardo alla misura, al tempo o alla quantità o a simili condizioni: voi ne avevate la piena consapevolezza, perché pur bambina per l'età, eravate grande per cognizione, conferendo così il giusto peso ad ogni cosa. D'altra parte, per divina prudenza, voi conservavate la serietà e la dovuta compostezza, mentre la vostra età e le leggi di natura richiedevano il necessario. Intanto, non lo chiedevate piangendo come i bambini, né parlando come gli adulti. Il vostro pensiero non era manifesto, né eravate trattata come una persona avente già l'uso della ragione; tantomeno vostra madre poteva conoscere quello di cui avevate bisogno - se, come e quando - per provvedere e servire vostra Maestà convenientemente ed in tutto. Questo mi causa stupore e suscita in me il desiderio di conoscere i misteri che vi si celano.

 

Risposta ed insegnamento della Regina del cielo

 

354. Figlia mia, volentieri rispondo a ciò che ti meraviglia. È' vero che io ebbi la grazia e l'uso perfetto della ragione fin dal primo istante del mio concepimento come tante volte ti illustrai. Inoltre come gli altri bambini, provai i bisogni dell'infanzia e fui allevata secondo l'uso comune a tutti. Sentii fame, sete, sonno e disagi corporali, andando incontro a questi inconvenienti, come una figlia naturale di Adamo. D'altra parte era giusto che io imitassi il mio santissimo Figlio, che doveva accettare tali difetti e tali pene; e ciò al fine di riportarne merito ed essere anch'io esempio di imitazione per gli altri mortali. Essendo, tuttavia, governata dalla grazia divina, io facevo uso del cibo e del sonno con peso e misura, pigliandone meno degli altri e solo quello che era di stretta necessità per la crescita naturale e per preservare la vita e la salute. Il disordine in queste cose, infatti, non solo è contro la virtù, ma anche contro la stessa natura, perché ne viene alterata e corrotta. Per l'equilibrio della mia persona, nella perfetta armonia delle sue parti e componenti, certo io sentivo la fame e la sete più degli altri bambini ed in me questa mancanza di cibo era ancor più pericolosa. Tuttavia, se non me lo davano nel tempo prescritto, sopportavo con pazienza ed aspettavo il momento opportuno per chiederlo. Invece, sentivo meno la mancanza del sonno perché rimanendo sola avevo la libertà di vedere gli angeli e conversare con loro sui misteri divini.

355. Lo stare coperta e avvolta con fasce non mi arrecava grande fastidio, ma viva allegrezza, conoscendo per luce divina che il Verbo incarnato doveva patire una morte ignominiosa e doveva essere legato in modo obbrobrioso. Quando ero sola mi ponevo perciò a forma di croce, pregando come lui, perché sapevo che il mio diletto doveva morire proprio su quella, sebbene ignorassi, allora, che il crocifisso doveva essere mio figlio. In tutti i disagi che patii dopo essere venuta al mondo, però, conservai sempre l'equilibrio e la gioia, tanto che non si dipartì mai dal mio cuore una considerazione che voglio che tu tenga presente continuamente, ed è questa: di ponderare sempre nella mente e nel cuore le verità eterne ed infallibili, per discernere tutte le altre cose rettamente, senza sbagliare, dando così a ciascuna il peso e il valore che si merita. Comunemente, infatti, è qui che cadono in errore e si accecano i figli di Adamo; ed io non voglio, figlia mia, che questo capiti pure a te.

356. Appena venni al mondo e vidi la luce che mi illuminava, sentendo gli effetti degli elementi, gli influssi dei pianeti e degli astri, la terra che mi accoglieva, il cibo che mi nutriva, io resi subito grazie all'Autore della vita, e riconobbi le sue opere non come un debito che egli avesse verso di me, ma come un beneficio. In seguito perciò quando mi mancava qualcosa di cui avevo bisogno, sopportavo senza inquietarmi, anzi con gioia ammettevo che si faceva con me quanto era nella ragione, poiché essendomi tutto elargito per grazia e senza merito, era giusto che io ne fossi priva. Dimmi dunque, o anima: se io penso e confesso una verità che la ragione umana non può né ignorare né negare, dove hanno il senno gli uomini e quale senso di giudizio mostrano, quando mancando loro qualcosa che bramano e, forse, per niente utile, si rattristano e s'infuriano gli uni contro gli altri e perfino si irritano con Dio stesso, come se ricevessero da lui qualche torto? Si interroghino: quali tesori, quali ricchezze possedevano prima di ricevere la vita? Quali servizi fecero al Creatore perché donasse loro l'esistenza? Se il niente non può altro guadagnare che il niente né meritare l'essere che dal niente gli fu dato, quale obbligo ha Dio di conservare per giustizia ciò che gli fu elargito per grazia? Quando Dio crea e chiama all'esistenza, non è un beneficio che prodiga a se stesso, bensì alla creatura ed è così grande come lo sono la vita ed il suo fine. Se l'uomo con il dono della vita ha contratto un debito di riconoscenza che non riuscirà mai a pagare - dica - quale diritto rivendica ora perché avendogli dato Dio l'essere, senza che lo meritasse, debba conservarglielo, nonostante i reiterati e frequenti demeriti? E dove tiene la garanzia o la carta di assicurazione in cui si attesti che niente debba mancargli?

357. Se inoltre il primo movimento e la prima opera furono una nuova concessione e quindi un nuovo debito contratto, come può chiederne un secondo con impazienza? E se la somma bontà del Creatore gratuitamente provvede all'uomo il necessario, perché egli si turba quando gli manca il superfluo? Oh, figlia mia, che colpa esecrabile e che cecità abominevole è questa degli uomini! Ciò che il Signore dà loro per grazia non lo gradiscono, né si mostrano riconoscenti, e per quello che nega loro, per giustizia e talvolta per somma misericordia, si inquietano e si insuperbiscono e se lo procurano con mezzi ingiusti ed illeciti attirandosi le conseguenze dell'errore. Già con il primo peccato che l'uomo commette, perde Dio e insieme perde l'amicizia di tutte le creature, che - se non fosse Dio stesso a trattenerle - si rivolterebbero a vendicare l'ingiuria fatta al creatore e negherebbero all'uomo la possibilità di servirsi dei beni come sostentamento e vita. Il cielo lo priverebbe della sua luce e dei suoi influssi, il fuoco del suo calore; l'aria gli negherebbe il respiro e tutte le altre cose a loro modo farebbero lo stesso, per giustizia. Poi, quando la terra non darà più i suoi frutti e gli elementi negheranno il loro contributo e le altre creature si armeranno per vendicare le irriverenze fatte contro il creatore, allora l'uomo ingrato e vile si umilii e non accumuli su di sé l'ira del Signore nel giorno stabilito per il rendiconto, in cui gli verrà fatta questa accusa così terribile.

358. E tu, anima mia, fuggi da un'ingratitudine tanto perniciosa e riconosci umilmente che per grazia ricevesti l'essere e la vita, e questa il suo Autore ti conserva per grazia. Riconosci che senza meriti ricevi gratuitamente tutti gli altri benefici e che ricevendo molto e restituendo poco, ti rendi, ogni giorno, meno degna: cresce pertanto verso di te la generosità dell'Altissimo e così anche il tuo debito verso di lui. Voglio che questa considerazione ti accompagni sempre, per risvegliarti e spingerti a compiere molti atti virtuosi. Se poi ti mancherà l'apporto delle creature irrazionali, possa tu rallegrarti nel Signore, rendendo a lui grazie e a loro benedizioni, perché obbediscono al creatore. Parimenti, se le creature razionali ti perseguiteranno, tu amale con tutto il cuore e considerale come strumenti della giustizia divina, perché in qualche modo la tua colpa venga gradualmente estinta. Abbraccia i travagli, le avversità e le afflizioni e cerca in essi consolazione, perché, oltre a divenire il mezzo per scontare le colpe che hai commesso, sono l'ornamento della tua anima e le gioie più ricche agli occhi dello sposo.

359. Questa sia la risposta al tuo dubbio. Ora, desidero darti l'insegnamento che ti ho promesso per ogni capitolo. O anima rifletti, dunque, sulla puntuale sollecitudine che la mia santa madre Anna mostrò nell'adempiere, con il massimo compiacimento del Signore, il precetto della legge divina. Ti esorto, allora, ad imitarla, osservando inviolabilmente ed indistintamente tutti i precetti della tua Regola e delle Costituzioni, perché Dio premia largamente questa fedeltà, mentre, invece, si offende della negligenza. Io, sin dalla concezione, fui senza peccato e quindi non sembrava necessario presentarmi al sacerdote, perché il Signore mi purificasse. Nemmeno mia madre aveva peccato, perché era molto santa, tuttavia ubbidimmo con umiltà alla legge e perciò meritammo di crescere grandemente in virtù e grazia. Il disprezzo delle leggi giuste e ben ordinate ed anche la dispensa da esse, per ogni piccola cosa, scompaginano il culto e il timor di Dio, e confondono e sconvolgono il sistema delle regole umane. Negli obblighi del tuo Ordine guardati bene, perciò, dall'elargire facili dispense sia per te sia per le altre. Quando l'infermità o qualche giusta causa lo permetterà, fallo con misura e con il consiglio del tuo confessore, giustificando la tua azione davanti a Dio e agli uomini mediante l'approvazione dell'obbedienza. Se ti troverai stanca e spossata non tornare indietro dal tuo rigore, poiché Dio ti darà forza secondo la tua fede. Non dispensare mai per motivi di occupazioni: serva ciò che vale di meno a ciò che vale di più, e lo segua, come la creatura il Creatore. Inoltre, bada che nell'esercitare l'ufficio di superiora sarai meno discolpata, poiché per dare esempio devi essere la prima nell'osservanza delle leggi; e giammai tu possa trovare motivi o giustificazioni umane che ti dispensino da essa, anche se, talvolta e per la stessa ragione, tu debba trovarti nella condizione di farlo per le tue sorelle e suddite. Considera, o carissima, che ti do questo insegnamento per il fatto che da te esigo il meglio e la perfezione: necessario si rivela questo rigore, essendo l'osservanza dei precetti un debito verso Dio e verso gli uomini. Nessuno si lusinghi pensando che basti soddisfare il Signore, senza pagare il debito che si ha con il prossimo: dare il buon esempio e non essere occasione di scandalo. Regina e signora di tutto il creato, io vorrei raggiungere la purezza e la virtù degli spiriti celesti, perché il corpo corruttibile, che appesantisce l'anima, sia sollecito nell'adempire questo divino insegnamento. Sono diventata di peso a me stessa; ma con l'aiuto della vostra intercessione e col favore della grazia cercherò, o Signora, di ubbidire alla volontà vostra e di Dio con prontezza ed affetto di cuore. Non mi venga mai meno la vostra intercessione e la vostra protezione né l'insegnamento della vostra santa ed altissima dottrina.


SIATE PAZIENTI; NON CERCATE DI ESSERE RIVERITI PC-11 21 maggio 1996

Catalina Rivas

Il Signore
Amore dei Miei dolori, voglio parlarti della pazienza. Figli miei, voglio che lavoriate molto per sopportare con pazienza le vostre afflizioni. Tollerate le offese che vi fanno per amor Mio, per amore verso i vostri fratelli e per amore verso voi stessi, perché tutto il bene ed il male che fate, lo fate per voi o contro voi stessi.

Abbiate pena per quelli che vi fanno del male, abbiate compassione per i loro peccati; se il loro comportamento è buono, offritelo a Me, se operano male, pregate per loro e cercate di aiutarli. Quando qualcuno entra in competizione con voi, se volete vincere, allora perdete. La via della salvezza è la via che vi porta, in questa vita, a perdere. Se siete a conoscenza che qualcuno ha parlato male di voi, sopportatelo con pazienza e aiutatelo parlando bene di lui. Se qualcuno vi offende, tolleratelo con pazienza, per amor Mio e in remissione dei vostri peccati. Non offendete nessuno più, sopportate pazientemente senza lamentarvi!

Voi che siete benedetti, non aspettatevi ricompense sulla terra. Beati coloro che non cercano consolazione dagli uomini! Ricordate che i santi fanno il bene e sopportano il male. È molto meglio soffrire e sopportare con pazienza un’offesa, piuttosto che digiunare e mortificarsi. Che merito ci sarebbe a digiunare, e poi chiedere giustizia per un’offesa, vera o falsa che sia?

Coloro che sopportano le proprie pene con pazienza, mantengono sempre davanti ai loro occhi i propri peccati e proprio per questo, costoro non si abbattono. Sappiate che vincere se stessi, è una grande virtù. Esaminate voi stessi, e lavorate continuamente dentro di voi, su di voi e per voi, cercando le consolazioni spirituali. Se supererete tutto questo, potrete vincere i vostri nemici. Così come il bene può essere convertito in male, nello stesso modo, il male può essere convertito in qualcosa di buono. Tutto sta in voi; avete in voi stessi tanto il bene quanto il male e godete del libero arbitrio.

Allora, non reclamate giustizia o ricompensa, quando qualcuno ha commesso una ingiustizia o una offesa verso di voi. Quel qualcuno ha peccato, ma ha il diritto di essere purificato. Più presto diventerete pazienti meno soffrirete, e sarete salvi. Non cercate ricompensa, né consolazione da nessuno sotto il Cielo. I nemici dell’anima cercano in ogni modo di contrariarvi quando sopportate con pazienza, oppure quando rispondete agli insulti reagendo con bontà. Voi siete sulla strada della vostra salvezza, ma essi desiderano vedervi vivere delle loro stesse controversie. Qualsiasi cosa gli uomini vi facciano, lo fanno a se stessi. Di conseguenza, abbiate compassione per queste persone.

Se guardate i vostri peccati, voi vedrete la vostra miseria anziché reclamare giustizia o comprensione. Io amo insegnarvelo, voi non amate incondizionatamente e non capite il mistero del Mio amore. Voi desiderate essere benedetti e salvati, senza passare attraverso la purificazione e la mortificazione. Non volete lavorare su voi stessi, ma volete essere venerati. Il Padre Mio non accorda le sue grazie all’orgoglioso, ma a colui che è umile! Per essere venerati, dovrete riconoscere i vostri torti e dovrete dapprima giungere all’umiltà, che distrugge la cattiveria ed è nemica del peccato.

La pazienza, figli Miei, è la virtù che sopprime le ferite che voi vi infliggete, cedendo alle tentazioni, e addolcisce le offese degli altri. Pregate, sopportate, lottate contro i vizi; fate uno sforzo deliberato per non cercare scuse a vostro favore. Guardate verso il cielo, perché Io vi difenda con l’esempio della Mia umiltà. La preghiera è l’inizio e la perfezione della bontà.

Figlia Mia, sii riconoscente. Io Mi umilio in permanenza davanti al Padre Mio per insegnarti la verità! Talvolta le Mie parole possono sembrarti dure, ma ricordati che la Mia vita è il tuo cammino. Sono Io la tua corona, ed è unicamente per mezzo della pazienza che tu puoi camminare verso di Me...