Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

Costa vivere, restare su questa terra d'amarezza e d'angoscia. Ma domani... un'ora, e saremo in porto. Che felicità ! Come sarà  bello contemplare Gesù faccia a faccia per tutta l'eternità ! Sempre, sempre più amore, sempre gioie più inebrianti! ... Una felicità  senza nubi. (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 18° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 25

1Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;3le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio;4le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.6A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.8E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.9Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.10Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!12Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

14Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.16Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.20Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.21Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.22Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.23Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.24Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso;25per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.26Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.29Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.30E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

31Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.32E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,33e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.41Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.42Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;43ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.44Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?45Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.46E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".


Esodo 26

1Quanto alla Dimora, la farai con dieci teli di bisso ritorto, di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto. Vi farai figure di cherubini, lavoro d'artista.2Lunghezza di un telo: ventotto cubiti; larghezza: quattro cubiti per un telo; la stessa dimensione per tutti i teli.3Cinque teli saranno uniti l'uno all'altro e anche gli altri cinque saranno uniti l'uno all'altro.4Farai cordoni di porpora viola sull'orlo del primo telo all'estremità della sutura; così farai sull'orlo del telo estremo nella seconda sutura.5Farai cinquanta cordoni al primo telo e farai cinquanta cordoni all'estremità della seconda sutura: i cordoni corrisponderanno l'uno all'altro.6Farai cinquanta fibbie d'oro e unirai i teli l'uno all'altro mediante le fibbie, così il tutto formerà una sola Dimora.7Farai poi teli di pelo di capra per costituire la tenda al di sopra della Dimora. Ne farai undici teli.8Lunghezza di un telo: trenta cubiti; larghezza: quattro cubiti per un telo. La stessa dimensione per gli undici teli.9Unirai insieme cinque teli a parte e sei teli a parte. Piegherai indietro il sesto telo raddoppiandolo sulla parte anteriore della tenda.10Farai cinquanta cordoni sull'orlo del primo telo, che è all'estremità della sutura, e cinquanta cordoni sull'orlo del telo della seconda sutura.11Farai cinquanta fibbie di rame, introdurrai le fibbie nei cordoni e unirai insieme la tenda; così essa formerà un tutto unico.12La parte che pende in eccedenza nei teli della tenda, la metà cioè di un telo che sopravanza, penderà sulla parte posteriore della Dimora.13Il cubito in eccedenza da una parte, come il cubito in eccedenza dall'altra parte, nel senso della lunghezza dei teli della tenda, ricadranno sui due lati della Dimora per coprirla da una parte e dall'altra.14Farai poi per la tenda una copertura di pelli di montone tinte di rosso e al di sopra una copertura di pelli di tasso.
15Poi farai per la Dimora le assi di legno di acacia, da porsi verticali.16Dieci cubiti la lunghezza di un'asse e un cubito e mezzo la larghezza.17Ogni asse avrà due sostegni, congiunti l'uno all'altro da un rinforzo. Così farai per tutte le assi della Dimora.18Farai dunque le assi per la Dimora: venti assi sul lato verso il mezzogiorno, a sud.19Farai anche quaranta basi d'argento sotto le venti assi, due basi sotto un'asse, per i suoi due sostegni e due basi sotto l'altra asse per i suoi sostegni.20Per il secondo lato della Dimora, verso il settentrione, venti assi,21come anche le loro quaranta basi d'argento, due basi sotto un'asse e due basi sotto l'altra asse.22Per la parte posteriore della Dimora, verso occidente, farai sei assi.23Farai inoltre due assi per gli angoli della Dimora sulla parte posteriore.24Esse saranno formate ciascuna da due pezzi uguali abbinati e perfettamente congiunti dal basso fino alla cima, all'altezza del primo anello. Così sarà per ambedue: esse formeranno i due angoli.25Vi saranno dunque otto assi con le loro basi d'argento: sedici basi, due basi sotto un'asse e due basi sotto l'altra asse.26Farai inoltre traverse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato della Dimora27e cinque traverse per le assi dell'altro lato della Dimora e cinque traverse per le assi della parte posteriore, verso occidente.28La traversa mediana, a mezza altezza delle assi, le attraverserà da una estremità all'altra.29Rivestirai d'oro le assi, farai in oro i loro anelli, che serviranno per inserire le traverse, e rivestirai d'oro anche le traverse.30Costruirai la Dimora nel modo che ti è stato mostrato sul monte.
31Farai il velo di porpora viola, di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto. Lo si farà con figure di cherubini, lavoro di disegnatore.32Lo appenderai a quattro colonne di acacia, rivestite d'oro, con uncini d'oro e poggiate su quattro basi d'argento.
33Collocherai il velo sotto le fibbie e là, nell'interno oltre il velo, introdurrai l'arca della Testimonianza. Il velo sarà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei santi.34Porrai il coperchio sull'arca della Testimonianza nel Santo dei santi.
35Collocherai la tavola fuori del velo e il candelabro di fronte alla tavola sul lato meridionale della Dimora; collocherai la tavola sul lato settentrionale.36Poi farai una cortina all'ingresso della tenda, di porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto, lavoro di ricamatore.37Farai per la cortina cinque colonne di acacia e le rivestirai d'oro. I loro uncini saranno d'oro e fonderai per esse cinque basi di rame.


Siracide 13

1Chi maneggia la pece si sporca,
chi frequenta il superbo diviene simile a lui.
2Non portare un peso troppo grave,
non associarti ad uno più forte e più ricco di te.
Come una pentola di coccio farà società con una caldaia?
Questa l'urterà e quella andrà in frantumi.
3Il ricco commette ingiustizia e per di più grida
forte,
il povero riceve ingiustizia e per di più deve scusarsi.
4Se puoi essergli utile, approfitterà di te;
se hai bisogno, ti abbandonerà.
5Se possiedi, vivrà con te;
ti spoglierà e non ne avrà alcuna pena.
6Ha bisogno di te? Ti imbroglierà, ti sorriderà
e ti darà una speranza, ti rivolgerà belle parole
e domanderà: "Di che cosa hai bisogno?".
7Ti farà arrossire con i suoi banchetti,
finché non ti avrà spremuto due o tre volte.
Alla fine ti deriderà; poi vedendoti ti eviterà
e scuoterà il capo davanti a te.
8Sta' attento a non lasciarti imbrogliare
né umiliare per la tua stoltezza.
9Quando un potente ti chiama, allontànati;
egli ti chiamerà sempre di più.
10Non essere invadente per non essere respinto,
ma non allontanarti troppo per non essere dimenticato.
11Non credere di trattare alla pari con lui
e non fidarti delle sue molte parole;
12con la sua molta loquacità ti metterà alla prova
e quasi sorridendo ti esaminerà.
13Spietato chi non mantiene le parole,
non ti risparmierà maltrattamenti e catene.
14Guardati e sta' attento,
perché cammini insieme alla tua rovina.
15Ogni creatura vivente ama il suo simile,
ogni uomo il suo vicino.
16Ogni essere si accoppia secondo la sua specie;
l'uomo si associa a chi gli è simile.
17Che cosa vi può essere in comune tra il lupo e
l'agnello?
Lo stesso accade fra il peccatore e il pio.
18Quale pace può esservi fra la iena e il cane?
Quale intesa tra il ricco e il povero?
19Sono preda dei leoni gli ònagri nel deserto;
così pascolo dei ricchi sono i poveri.
20La condizione umile è in abominio al superbo,
così il povero è in abominio al ricco.
21Se il ricco vacilla, è sostenuto dagli amici;
se il povero cade, anche dagli amici è respinto.
22Se cade il ricco, molti lo aiutano;
dice cose insulse? Eppure lo si felicita.
Se cade il povero, lo si rimprovera;
se dice cose assennate, non ci si bada.
23Parla il ricco, tutti tacciono
ed esaltano fino alle nuvole il suo discorso.
Parla il povero e dicono: "Chi è costui?".
Se inciampa, l'aiutano a cadere.
24La ricchezza è buona, se è senza peccato;
la povertà è cattiva a detta dell'empio.
25Il cuore dell'uomo cambia il suo volto
o in bene o in male.
26Indice di un cuore buono è una faccia gioiosa,
ma la scoperta di proverbi è un lavoro ben faticoso.


Salmi 12

1'Al maestro del coro. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.'

2Salvami, Signore! Non c'è più un uomo fedele;
è scomparsa la fedeltà tra i figli dell'uomo.
3Si dicono menzogne l'uno all'altro,
labbra bugiarde parlano con cuore doppio.

4Recida il Signore le labbra bugiarde,
la lingua che dice parole arroganti,
5quanti dicono: "Per la nostra lingua siamo forti,
ci difendiamo con le nostre labbra:
chi sarà nostro padrone?".

6"Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri,
io sorgerò - dice il Signore -
metterò in salvo chi è disprezzato".
7I detti del Signore sono puri,
argento raffinato nel crogiuolo,
purificato nel fuoco sette volte.

8Tu, o Signore, ci custodirai,
ci guarderai da questa gente per sempre.
9Mentre gli empi si aggirano intorno,
emergono i peggiori tra gli uomini.


Geremia 22

1Così dice il Signore: "Scendi nella casa del re di Giuda e là proclama questo messaggio.2Tu dirai: Ascolta la parola del Signore, o re di Giuda che siedi sul trono di Davide, tu, i tuoi ministri e il tuo popolo, che entrano per queste porte.3Dice il Signore: Praticate il diritto e la giustizia, liberate l'oppresso dalle mani dell'oppressore, non fate violenza e non opprimete il forestiero, l'orfano e la vedova, e non spargete sangue innocente in questo luogo.4Se osserverete lealmente quest'ordine, entreranno ancora per le porte di questa casa i re che siederanno sul trono di Davide, montati su carri e cavalli, essi, i loro ministri e il loro popolo.5Ma se non ascolterete queste parole, io lo giuro per me stesso - parola del Signore - questa casa diventerà una rovina.

6Poiché così dice il Signore
riguardo alla casa del re di Giuda:
Come Gàlaad eri per me,
come le vette del Libano;
ma io ti ridurrò a deserto, a città disabitata.
7Io preparerò contro di te i distruttori,
ognuno con le armi.
Essi abbatteranno i migliori dei tuoi cedri,
li getteranno nel fuoco.

8Molte genti passeranno su questa città e si diranno l'un l'altro: Perché il Signore ha trattato così questa grande città?9E risponderanno: Perché essi hanno abbandonato l'alleanza del Signore, loro Dio, hanno adorato altri dèi e li hanno serviti".

10Non piangete sul morto e non fate lamenti per lui,
ma piangete amaramente su chi parte,
perché non tornerà più,
non rivedrà il paese natio.

11Poiché dice il Signore riguardo a Sallùm figlio di Giosia, re di Giuda, che regna al posto di Giosia suo padre: "Chi esce da questo luogo non vi farà più ritorno,12ma morirà nel luogo dove lo condurranno prigioniero e non rivedrà più questo paese".

13Guai a chi costruisce la casa senza giustizia
e il piano di sopra senza equità,
che fa lavorare il suo prossimo per nulla,
senza dargli la paga,
14e dice: "Mi costruirò una casa grande
con spazioso piano di sopra"
e vi apre finestre
e la riveste di tavolati di cedro
e la dipinge di rosso.
15Forse tu agisci da re
perché ostenti passione per il cedro?
Forse tuo padre non mangiava e beveva?
Ma egli praticava il diritto e la giustizia
e tutto andava bene.
16Egli tutelava la causa del povero e del misero
e tutto andava bene;
questo non significa infatti conoscermi?
Oracolo del Signore.
17I tuoi occhi e il tuo cuore,
invece, non badano che al tuo interesse,
a spargere sangue innocente,
a commettere violenza e angherie.

18Per questo così dice il Signore su Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda:

"Non faranno il lamento per lui, dicendo:
Ahi, fratello mio! Ahi, sorella!
Non faranno il lamento per lui, dicendo:
Ahi, signore! Ahi, maestà!
19Sarà sepolto come si seppellisce un asino,
lo trascineranno e lo getteranno
al di là delle porte di Gerusalemme".

20Sali sul Libano e grida
e sul Basàn alza la voce;
grida dagli Abarìm,
perché tutti i tuoi amanti sono abbattuti.
21Ti parlai al tempo della tua tranquilla prosperità,
ma tu dicesti: "Io non voglio ascoltare".
Tale è stata la tua condotta fin dalla giovinezza:
non hai ascoltato la mia voce.
22Tutti i tuoi pastori saranno pascolo del vento
e i tuoi amanti andranno schiavi.
Allora ti dovrai vergognare ed essere confusa,
a causa di tutte le tue iniquità.
23Tu che dimori sul Libano,
che ti sei fatta il nido tra i cedri,
come gemerai quando ti coglieranno le doglie,
dolori come di partoriente!

24"Per la mia vita - oracolo del Signore - anche se Conìa figlio di Ioiakìm, re di Giuda, fosse un anello da sigillo nella mia destra, io me lo strapperei.25Ti metterò nelle mani di chi attenta alla tua vita, nelle mani di coloro che tu temi, nelle mani di Nabucodònosor re di Babilonia e nelle mani dei Caldei.26 Sbalzerò te e tua madre che ti ha generato in un paese dove non siete nati e là morirete.27Ma nel paese in cui brameranno tornare, là non torneranno.28È forse questo Conìa un vaso spregevole, rotto, oppure un vaso che non piace più a nessuno? Perché sono dunque scacciati, egli e la sua discendenza, e gettati in un paese che non conoscono?".
29Terra, terra, terra! Ascolta la parola del Signore!30Dice il Signore: "Registrate quest'uomo come uno senza figli, un uomo che non ha successo nella sua vita, perché nessuno della sua stirpe avrà la fortuna di sedere sul trono di Davide né di regnare ancora su Giuda".


Atti degli Apostoli 5

1Un uomo di nome Ananìa con la moglie Saffìra vendette un suo podere2e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l'altra parte deponendola ai piedi degli apostoli.3Ma Pietro gli disse: "Ananìa, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno?4Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest'azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio".5All'udire queste parole, Ananìa cadde a terra e spirò. E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano.6Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono.
7Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell'accaduto.8Pietro le chiese: "Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?". Ed essa: "Sì, a tanto".9Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te".10D'improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito.11E un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose.

12Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone;13degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.14Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore15fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.16Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.

17Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore,18e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica.19Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse:20"Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita".21Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.

Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d'Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione.22Ma gli incaricati, giunti sul posto, non li trovarono nella prigione e tornarono a riferire:23"Abbiamo trovato il carcere scrupolosamente sbarrato e le guardie ai loro posti davanti alla porta, ma, dopo aver aperto, non abbiamo trovato dentro nessuno".24Udite queste parole, il capitano del tempio e i sommi sacerdoti si domandavano perplessi che cosa mai significasse tutto questo,25quando arrivò un tale ad annunziare: "Ecco, gli uomini che avete messo in prigione si trovano nel tempio a insegnare al popolo".
26Allora il capitano uscì con le sue guardie e li condusse via, ma senza violenza, per timore di esser presi a sassate dal popolo.27Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo:28"Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo".29Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.30Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce.31Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati.32E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui".33All'udire queste cose essi si irritarono e volevano metterli a morte.

34Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamalièle, dottore della legge, stimato presso tutto il popolo. Dato ordine di far uscire per un momento gli accusati,35disse: "Uomini di Israele, badate bene a ciò che state per fare contro questi uomini.36Qualche tempo fa venne Tèuda, dicendo di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quanti s'erano lasciati persuadere da lui si dispersero e finirono nel nulla.37Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo, ma anch'egli perì e quanti s'erano lasciati persuadere da lui furono dispersi.38Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta;39ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!".
40Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi li rimisero in libertà.41Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù.42E ogni giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo.


Capitolo XI: Il Corpo di Cristo e la Sacra Scrittura, necessarissimi all’anima devota

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Parola del discepolo

1.  O soave Signore Gesù, quanto è dolce all'anima devota sedere alla tua mensa, al tuo convito, nel quale le viene presentato come cibo nient'altro all'infuori di te, unico suo amato, desiderabile più di ogni desiderio del suo cuore. Anche per me sarebbe cosa soave sciogliermi in pianto, con profonda commozione, dinanzi a te, e, con la Maddalena amorosa, bagnare di lacrime i tuoi piedi. Ma dove è tanto slancio di devozione; dove è una tale profusione di lacrime sante? Eppure, alla tua presenza e alla presenza dei tuoi angeli, dovrei ardere tutto nell'intimo e piangere di gioia; giacché nel Sacramento ti possiedo veramente presente, per quanto nascosto sotto altra apparenza. Infatti i miei occhi non ti potrebbero sostenere, nella tua luce divina; anzi neppure il mondo intero potrebbe sussistere, dinanzi al fulgore della tua maestà. Tu vieni incontro, dunque, alla mia debolezza, nascondendoti sotto il Sacramento. Possiedo veramente ed adoro colui che gli angeli adorano in cielo. Io lo adoro per ora nella fede; gli angeli, invece, faccia a faccia, senza alcun velo. Io devo starmene nel lume della fede, e camminare in essa, finché appaia il giorno dell'eterna luce e venga meno il velo delle figure simboliche (cf. Ct 2,17; 4,6). "Quando poi verrà il compimento di tutte le cose" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei segni sacramentali. Nella gloria del cielo, i beati non hanno bisogno infatti del rimedio dei sacramenti: il loro gaudio non ha termine, essendo essi alla presenza di Dio, vedendo essi, faccia a faccia, la sua gloria. Passano di luce in luce fino agli abissi della divinità, e gustano appieno il verbo di Dio fatto carne, quale fu all'inizio e quale rimane in eterno. Conscio di queste cose meravigliose, trovo molesta persino ogni consolazione spirituale: infatti tutto ciò che vedo e odo quaggiù lo considero un niente, fino a che non veda manifestamente il mio Signore, nella sua gloria. Tu mi sei testimone, o Dio, che non c'è cosa che mi possa dare conforto, non c'è creatura che mi possa dare contentezza, all'infuori di te, che bramo contemplare in eterno. Ma ciò non è possibile mentre sono in questa vita mortale; e perciò occorre che mi rassegni a una grande pazienza e mi sottometta a te in tutti i miei desideri. Anche i tuoi santi, o Signore, che ora esultano in te nel regno dei cieli, aspettarono l'evento della tua gloria, mentre erano in questa vita, con fede e con pazienza grande. Ciò che essi credettero, credo anch'io; ciò che essi sperarono, spero anch'io; dove essi giunsero, confido, per la tua grazia, di giungere anch'io. Frattanto, camminerò nella fede, irrobustito dagli esempi dei santi. Terrò poi, "come conforto" (1Mac 12,9) e specchio di vita, i libri santi; soprattutto terrò, come unico rimedio e come rifugio, il tuo Corpo santissimo.

2. In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me, quaggiù; senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe insopportabile. Trattenuto nel carcere di questo corpo, di due cose riconosco di avere bisogno, cioè di alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi "la tua parola" (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce dell'anima e il tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero queste due cose. Le quali potrebbero essere intese come le "due mense" (Ez 40,40) poste da una parte e dall'altra nel prezioso tempio della santa Chiesa; una, la mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di Cristo; l'altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa dottrina, maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo del tempio, al sancta sanctorum (Eb 6,19s; 9,3).

3. Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di eterna luce, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai preparato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori. Ti siano rese grazie, Creatore e Redentore degli uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo amore, hai preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue, inebriando tutti i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli di letizia al tuo convito: il convito che compendia tutte le delizie del paradiso e nel quale banchettano con noi, e con più dolce soavità, gli angeli santi. Quale grandezza, quale onore, nell'ufficio dei sacerdoti, ai quali è dato di consacrare, con le sacre parole, il Signore altissimo; di benedirlo con le proprie labbra, di tenerlo con le proprie mani; di nutrirsene con la propria bocca e di distribuirlo agli altri. Quanto devono essere pure quelle mani; quanto deve essere pura la bocca, e santo il corpo e immacolato il cuore del sacerdote, nel quale entra tante volte l'autore della purezza. Non una parola, che non sia santa, degna e buona, deve venire dalle labbra del sacerdote, che riceve così spesso il Sacramento; semplici e pudichi devono essere gli occhi di lui, che abitualmente sono fissi alla visione del corpo di Cristo; pure ed elevate al cielo devono essere le mani di lui, che sovente toccano il Creatore del cielo e della terra. E' proprio per i sacerdoti che è detto nella legge: "siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Onnipotente Iddio, venga in nostro soccorso la tua grazia, affinché noi, che abbiamo assunto l'ufficio sacerdotale, sappiamo stare intimamente vicini a te, in modo degno, con devozione, in grande purezza di cuore e con coscienza irreprensibile. Che se non possiamo mantenerci in così piena innocenza di vita, come dovremmo, almeno concedi a noi di piangere sinceramente il male che abbiamo compiuto; concedi a noi di servirti, per l'avvenire, più fervorosamente, in spirito di umiltà e con proposito di buona volontà.


DISCORSO 13 DISCORSO TENUTO NELLA BASILICA DI S. CIPRIANO IL 27 MAGGIO SUL VERSETTO DEL SALMO: "ISTRUITEVI, VOI TUTTI CHE GIUDICATE LA TERRA"

Discorsi - Sant'Agostino

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Che significa "giudicare la terra".

1. Istruitevi, voi tutti che giudicate la terra 1. Giudicare la terra significa domare il corpo. Ascoltiamo l'Apostolo che giudica la terra: Faccio del pugilato - dice - ma non come uno che dà colpi nell'aria: bensì tratto duramente il mio corpo e lo riduco schiavo, affinché dopo aver predicato agli altri, non rimanga io squalificato 2. Pertanto tu, terra, ascolta la terra che giudica, e giudica la terra affinché non sia terra. Se infatti giudicherai la terra, sarai cielo e narrerai la gloria del Signore che si è realizzata in te. I cieli infatti narrano la gloria di Dio 3. Se invece non giudicherai la terra, sarai terra. E se sarai terra, farai parte di colui al quale fu detto: Mangerai la terra 4. Ascoltino pertanto i giudici della terra. Trattino duramente il loro corpo, frenino le passioni, amino la sapienza, vincano la concupiscenza. E si istruiscano perché facciano questo.

Essere lieti nel Signore.

2. Questo è il compendio di tutta l'esortazione: Servite il Signore con timore ed esultate in lui con tremore 5, esultare in lui, non in se stessi: in lui dal quale proviene il fatto che sei, il fatto che sei uomo, il fatto che sei giusto, se giusto lo sei. Se invece credi che da lui proviene il fatto che sei uomo, ma da te il fatto che sei giusto, non servi il Signore con timore né esulti in lui con tremore, ma esulti in te stesso con presunzione. E che cosa ti accadrà se non ciò che segue nel salmo: Che il Signore non si sdegni e vi perdiate dalla retta via 6? Non ha detto: "Che il Signore non si sdegni e non entriate nella retta via", ma: Vi perdiate dalla retta via. Ti sembra di essere giusto per il fatto che non rubi la roba altrui, non commetti adulterio, non commetti omicidi, non testimoni il falso a danno del prossimo, rispetti il padre e la madre, adori l'unico Dio, non servi agli idoli e ai demoni. Ti smarrirai da questa via, se presumi di aggiudicare a te queste cose, se credi che provengano da te stesso. Gli infedeli infatti non entrano affatto nella retta via; i superbi invece deviano dalla retta via. Che cosa dice il salmo? Istruitevi voi che giudicate la terra 7. E perché non attribuiate a voi stessi le forze e la capacità con la quale giudicate la terra, e non crediate che vi provenga da voi stessi, aggiunge: Servite il Signore con timore ed esultate, non in voi con presunzione, ma in lui con tremore: che il Signore non si sdegni e deviate dalla retta via, quando ad un tratto divamperà la sua ira. Che cosa dobbiamo fare per non deviare dalla retta via? Beati coloro che confidano in lui 8. Se sono beati coloro che confidano in lui, sono sventurati coloro che confidano in se stessi. Maledetto infatti è ogni uomo che ripone la sua speranza nell'uomo 9, quindi neanche in te, perché anche tu sei uomo. Se riponi la tua speranza in un altro uomo, sei umile inutilmente. Se invece riponi la tua speranza in te stesso, sei superbo, e ciò con tuo pericolo. Ma che cosa importa? Ambedue i casi sono per te dannosi, nessuno dei due devi scegliere. Chi è umile inutilmente non viene esaltato, chi è a proprio rischio superbo si perde.

Dio nell'operare in noi non ci toglie la libertà.

3. Infine, fratelli, già sapete che le parole: Servite il Signore con timore ed esultate in lui con tremore sono state dette per confutare ed eliminare l'idea che ciascuno possa confidare in se stesso. Ascoltate l'Apostolo che dice queste stesse parole e che spiega perché sia stata detta questa frase. Queste le parole dell'Apostolo: Attendete alla vostra propria salvezza con timore e tremore 10. [Mi potresti obiettare]: In che senso debbo attendere a questa salvezza con timore e tremore, dal momento che è in mia facoltà attendere alla mia salvezza? Vuoi sapere perché devi attendere alla tua salvezza con timore e tremore? È Dio infatti che opera in voi 11, perciò: con timore e tremore. Perché ciò che ottiene l'umile, il superbo lo perde. Se è Dio che opera in voi, perché è stato detto: Attendete alta vostra propria salvezza? Perché Dio opera in noi in maniera però che anche noi dobbiamo operare. Sii il mio aiuto 12: significa che l'uomo deve anche operare, mentre invoca l'aiuto. "Ma la buona volontà - dice - è mia". L'ammetto, è tua. Ma anche se è tua, chi te l'ha data? da chi è spinta? Non ascoltare le mie parole, interroga l'Apostolo: È Dio infatti - dice - che opera in voi il volere, che opera - ripeto - il volere, e l'operare, conforme alla buona volontà 13. Che cosa ti arrogavi allora? Perché andavi superbo, con la conseguenza di perderti? Ritorna al tuo cuore, riconosciti cattivo e invoca colui che è buono perché anche tu diventi buono. In te niente piace a Dio se non quanto proviene da Dio; ciò che proviene da te dispiace a Dio. Se rifletti sulle cose buone che hai, che cos'hai che non l'abbia ricevuto? e se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto? 14. È uno solo colui che non conosce se non il dare. Non può avere un benefattore colui che non ha nessuno migliore di sé. Per cui se tu sei inferiore, anzi proprio perché sei inferiore, rallegrati per il fatto che sei stato creato a sua immagine 15, per ritrovarti in lui, tu che in te ti eri perduto. In te non hai potuto che perderti; non sapresti ritrovarti, se colui che ti ha fatto non ti cercasse.

I giudici abbiano il timor di Dio.

4. Rivolgiamo la parola anche a coloro che, secondo il modo, ovvio e abituale fra la gente, d'intendere la frase, giudicano la terra. Giudicano la terra i re, i capi, i principi, i giudici. Ciascuno secondo l'ufficio che ha assunto nella società umana, giudica la terra. Che cosa significa la frase: " Giudica la terra " se non: "Giudica gli uomini che sono sulla terra"? Infatti se per terra intendi propriamente soltanto quella che calpesti, agli agricoltori sarebbe stato detto: Voi che giudicate la terra 16. Ancora, se i re e quanti, sottomessi ai re, ricevono dagli stessi re il potere, giudicano la terra, vengano istruiti anche costoro, perché è terra che giudica la terra; e la terra che giudica la terra deve temere colui che è in cielo. Giudica infatti un suo pari, un uomo un altro uomo, un mortale un altro mortale, un peccatore un altro peccatore. Se si ponesse avanti quella frase del Signore: Chi è senza peccato le scagli per primo la pietra 17, non succederebbe un terremoto per chiunque giudica la terra? Riflettiamo su quel brano del Vangelo 18. I farisei per mettere alla prova il Signore condussero davanti a lui una donna sorpresa in flagrante adulterio. La pena per tale peccato era stata stabilita dalla legge, dalla legge cioè data tramite Mosè, servo di Dio 19. Con questo dilemma insidioso e fraudolento i farisei si rivolsero al Signore: se egli avesse comandato che la donna accusata venisse lapidata, sarebbe andato contro la misericordia. Se invece avesse comandato quanto la legge proibiva, sarebbe stato accusato di aver mancato alla legge. Alla stessa maniera, quando lo interrogarono sul tributo da pagare a Cesare, li tacitò con la sua parola, interrogandoli a sua volta di chi fosse la moneta che gli era stata presentata, di chi avesse l'effigie e l'iscrizione 20. Coloro che l'avevano interrogato gli risposero che nella moneta c'era l'effigie di Cesare, ed egli riprese a dir loro in base alla loro risposta: Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio 21, per insegnar loro che bisogna rendere a Dio l'immagine di Dio impressa nell'uomo, come bisognava consegnare a Cesare la sua effigie impressa nella moneta. Alla stessa maniera nel caso dell'adultera interrogò i suoi interrogatori, e così giudicò i suoi giudici. "Non proibisco - disse - di lapidare la donna che la legge comanda di lapidare, ma chiedo chi deve lapidarla. Non mi oppongo alla legge, ma cerco un esecutore della legge". Per finire, ascoltate: "Volete lapidarla secondo la legge? Chi è senza peccato, scagli per primo la pietra 22".

La misericordia di Gesù verso l'adultera.

5. Mentre ascoltava le loro parole, scriveva con il dito per terra 23 per ammaestrare la terra. Nel dire invece quelle cose ai farisei, alzò gli occhi, mirò la terra e la fece tremare. Quindi, dopo aver parlato, ritornò a scrivere per terra 24. Ma quelli, confusi e tremanti, se ne andarono uno dopo l'altro 25. O terremoto, ove la terra si è talmente mossa da cambiare anche luogo! Partiti costoro rimase la peccatrice con il Salvatore. Rimase l'ammalata con il medico. Rimase la misera con la misericordia. E fissando la donna le disse: Nessuno ti ha condannata? 26. E quella: Nessuno, Signore 27. Ma ancora era sconvolta. I peccatori non hanno osato condannarla, non hanno osato lapidare la peccatrice perché, esaminandosi, si ritrovarono simili a lei. Ma la donna ancora era in grave pericolo perché le era rimasto quel giudice che era senza peccato 28. Nessuno - disse - ti ha condannata? E lei: Nessuno, Signore: se neanche tu mi condanni, sono salva. A questa silenziosa angoscia il Signore rispose forte: Neanche io ti condanno 29. Neanche io, benché sia senza peccato, neanche io ti condanno. La coscienza ha trattenuto quelli dalla vendetta, la misericordia spinge me a venirti in aiuto.

Agire sempre rettamente.

6. Fate attenzione a queste cose e istruitevi, voi tutti che giudicate la terra 30. Tutti, perché così bisogna intendere anche di coloro dei quali l'Apostolo dice: Ognuno sia soggetto alle autorità superiori; poiché non c'è autorità che non venga da Dio, e quelle che esistono sono costituite da Dio. Perciò chi si oppone all'autorità resiste all'ordine stabilito da Dio 31. I magistrati non sono di timore per le buone azioni, ma per le cattive. Vuoi tu non aver timore dell'autorità? Diportati bene e riceverai l'approvazione da parte sua 32. Anche se non da essa, tuttavia sempre da parte sua. O infatti agisci rettamente e l'autorità, se è giusta, ti loderà; oppure, se hai agito rettamente, anche se l'autorità, ingiusta, ti condannasse, Dio giusto ti premierà. E per questo tu mantieniti giusto, per questo tu vivi rettamente; sia che l'autorità ti condanni, sia che ti assolva, avrai approvazione da parte sua. Il beato che ha effuso proprio in questo luogo il suo sangue non ricavò la gloria dalla stessa autorità, ancor prima che sembrasse venir da essa giudicato? Confessò, perseverò nella fede, non temette la morte, versò il sangue, vinse il diavolo.

Il giudice prima di giudicare gli altri giudichi se stesso.

7. Perché non facciate parte dell'autorità ingiusta, voi tutti uomini che volete avere sotto il vostro potere altri uomini, istruitevi per non giudicare male e così vi perdiate nella vostra anima prima ancora di condannare qualcuno nel corpo. Se vuoi essere giudice, non puoi diventarlo con ricompense o con denaro. Non ancora però ti rimprovero. Forse desideri essere utile agli altri nelle varie situazioni umane e compri per essere utile. Per servire la giustizia non lesini il denaro. Prima sii giudice dentro di te a tuo favore. Prima giudica te stesso perché, tranquillo nel segreto della coscienza, possa occuparti dell'altro. Ritorna in te stesso, bada a te, esaminati, ascoltati. Lì voglio trovarti giudice giusto, dove non cerchi testimoni. Vuoi procedere con autorità perché uno ti dica nei confronti di un altro quanto tu non sai. Prima giudica il tuo intimo. Non ti ha detto niente la tua coscienza nei tuoi confronti? Se non vuoi negarlo, ha detto, sì, qualcosa. Non voglio sapere ciò che ha detto, giudica tu stesso che hai ascoltato. Ti ha detto nei tuoi confronti ciò che hai fatto, ciò che hai ricevuto, ciò in cui hai peccato. Vorrei conoscere quale sentenza hai emesso. Se hai ascoltato bene, se hai ascoltato rettamente, se nell'ascoltarti sei stato giusto, se sei salito al tribunale della tua coscienza, se davanti a te stesso ti sei sospeso al cavalletto del cuore, se ti sei servito dei severi carnefici del timore: hai ascoltato bene se così hai ascoltato, e senza dubbio hai punito il peccato pentendoti. Ecco: hai discusso la causa, hai ascoltato, hai condannato. E tuttavia ti sei risparmiato. Alla stessa maniera ascolta anche il tuo prossimo, se ti istruisci come raccomanda il salmo: Istruitevi, voi che giudicate la terra 33.

Fatti temere ma ama.

8. Se ascolti il tuo prossimo come ascolti te stesso, perseguiterai i peccati, risparmiando il peccatore. E se qualcuno, non curandosi del timore di Dio, fosse insensibile nel correggersi dai peccati, tu questo [atteggiamento] perseguiterai, questo tenterai di correggere, questo con ogni sforzo vorrai distruggere ed eliminare affinché, condannato il peccato, l'uomo si salvi. Sono due nomi: uomo e peccatore. L'uomo l'ha fatto Dio, peccatore si è fatto l'uomo stesso. Venga distrutto ciò che ha fatto l'uomo, venga liberato ciò che ha fatto Dio. [Nel condannare] non arrivare fino alla morte, perché mentre punisci il peccato, non faccia perire anche l'uomo. Non arrivare fino alla morte perché, se qualcuno si pentisse, non venga ucciso l'uomo perché ci sia chi si penta; non venga ucciso l'uomo perché ci sia chi si corregga. Sii giudice della terra ritenendo però nel cuore, tu uomo, questo amore per gli uomini. Compiaciti di spaventare, ma ama. Se vuoi mostrarti severo, siilo verso i peccati, non verso l'uomo. Inserisci in ciò che anche in te ti dispiace, non infierire nell'uomo che è stato fatto come te. Provenite da un'unica fabbrica, avete avuto un unico artefice, lo stesso fango è la vostra materia prima. Che cosa perdi non amando colui che giudichi? In effetti perdi la giustizia non amando colui che giudichi. Certo, vengano inflitte le pene. Non lo respingo, non lo proibisco; però con la disposizione di uno che ama, con la disposizione di uno che vuol bene, con la disposizione di uno che corregge.

Chi corregge è misericordioso.

9. Tu infatti istruisci tuo figlio. E anzitutto fai in modo che, per quanto è possibile, venga istruito nel sentimento del pudore e nella nobiltà d'animo, si vergogni di offendere il padre, ma non lo tema come un giudice severo. E desideri di avere un tale figlio. Ma se per caso disprezzasse queste cose, usi anche i colpi di frusta, dai la punizione, imponi il dolore, ma persegui la sua salvezza. Molti sono stati condotti sulla retta via con l'amore, molti con il timore, ma attraverso la paura del timore pervennero all'amore. Istruitevi, voi che giudicate la terra 34. Amate e giudicate. L'innocenza non va cercata a scapito della correzione. Sta scritto: Chi disprezza la correzione è infelice 35. Si può rettamente aggiungere a questa massima: come chi disprezza la correzione è infelice, così chi ricusa di dare la correzione è crudele. Ho osato dire qualcosa, fratelli miei, che però sono costretto ad esporvi in maniera alquanto più completa, perché l'argomento è poco chiaro. Ripeto quanto ho detto: Chi disprezza la correzione è infelice. Questo è chiaro. Chi ricusa di dare la correzione è crudele. Sono convinto senz'altro, sono convinto, e lo dimostro, che chi ferisce è misericordioso, chi risparmia è crudele. Vi pongo un esempio dinanzi agli occhi. Come provo che è misericordioso chi ferisce? Mi riferisco all'esempio di un padre e del [suo] figlio, non ad altri. Il padre anche quando ferisce ama. E non vuole che il figlio perisca. Non bada al suo sentimento paterno, pensa a ciò che è utile [al figlio]. Perché? Perché è padre, perché prepara l'erede, perché educa il suo successore. Ecco: colpendo, il padre si mostra buono, colpendo si mostra misericordioso. Portami l'esempio di un uomo che risparmiando è crudele. Non mi allontano da quelle persone, vi pongo le stesse davanti agli occhi. Se il figlio, che è inesperto e non viene corretto, vive in maniera da perire, e se il padre fa finta di niente, se il padre lascia correre, se il padre teme di urtare il figlio traviato con la severità della correzione, risparmiandolo non si mostra crudele? Istruitevi dunque voi che giudicate la terra 36 e, giudicando rettamente, aspettate il premio non dalla terra, ma da colui che ha fatto il cielo e la terra.

 

1 - Sal 2, 10.

2 - 1 Cor 9, 26-27.

3 - Sal 18, 2.

4 - Gn 3, 14.

5 - Sal 2, 11.

6 - Sal 2, 12.

7 - Sal 2, 10.

8 - Sal 2, 13.

9 - Ger 17, 5.

10 - Fil 2, 12.

11 - Fil 2, 13.

12 - Sal 26, 9.

13 - Fil 2, 13.

14 - 1 Cor 4, 7.

15 - Cf. Gn 1, 26-27.

16 - Sal 2, 10.

17 - Gv 8, 7.

18 - Cf . Gv 8, 3-11.

19 - Cf. Lv 20, 10.

20 - Cf. Lc 20, 20-26.

21 - Lc 20, 25.

22 - Gv 8,7.

23 - Gv 8, 6.

24 - Cf. Gv 8, 8.

25 - Cf. Gv 8, 9.

26 - Gv 8, 10.

27 - Gv 8, 11.

28 - Cf 1 Pt 2, 22.

29 - Gv 8, 11.

30 - Sal 2, 10.

31 - Rm 13, 1-2.

32 - Rm 13, 3.

33 - Sal 2, 10.

34 - Sal 2, 10.

35 - Sap 3, 11.

36 - Sal 2, 10.


23 - I segni con cui i santi angeli custodi di Maria santissima le si manifestavano.

La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda

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360. Ho già detto che gli angeli custodi di Maria erano mille, e non uno solo come capita per ogni comune mortale. E in considerazione della sua dignità, i mille angeli custodivano e assistevano Maria con una vigilanza superiore a quella di qualsiasi altro angelo verso l'anima a lui raccomandata. Oltre questi mille, che erano suoi custodi assidui ed ordinari, la servivano, nelle diverse occasioni che si presentavano, molti altri angeli, specialmente dopo il concepimento del Verbo divino incarnato. Dissi anche, come sopra, che la scelta e la nomina di questi mille angeli furono fatte da Dio al tempo della creazione, della giustificazione dei buoni e della cadutà dei cattivi. Dopo che fu loro proposto, come a viatori, l'oggetto della divinità, venne anche manifestata la santissima umanità che avrebbe assunto il Verbo, nonché raffigurata la sua purissima Madre, affinché li potessero riconoscere come loro superiori.

361. Quindi, gli angeli apostati furono castigati, mentre furono premiati quelli ubbidienti, secondo la proporzione che il Signore nella sua giustissima equità volle osservare. Or dunque, per quanto concerne il premio accidentale elargito agli angeli, come ho già avuto modo di dire, esso non fu dato in egual misura: la diversità dipendeva dai differenti sentimenti di affetto che provavano verso i misteri del Verbo incarnato e della sua purissima Madre; misteri che, per ordine, andarono conoscendo prima e dopo la caduta degli angeli cattivi. Proprio a questo premio accidentale si riferiscono l'essere stati eletti per assistere e servire Maria santissima e il Verbo incarnato, come anche il modo e la forma che prendevano, nell'apparire visibilmente alla regina. Questo è quello che intendo spiegare in questo capitolo, confessando, tuttavia, la mia incapacità: è molto difficile, infatti, racchiudere in un semplice discorso, fatto di parole e di termini materiali, le perfezioni e le operazioni di questi spiriti puri ed eccelsi. Se io passassi sotto silenzio questo punto, tralascerei nella storia una gran parte delle sublimi occupazioni che tenevano impegnata la Regina del cielo, quando era pellegrina sulla terra. Dopo aver esercitato le opere con il Signore, la sua occupazione principale era quella di trattare con i suoi ministri, gli spiriti angelici; e pertanto senza questa illustre parte, il racconto della sua santissima vita sarebbe rimasto incompleto.

362. Presupponendo, dunque, quanto finora ho detto degli ordini, delle gerarchie e delle differenze di questi mille angeli, aggiungerò qui la descrizione della forma con la quale apparivano corporalmente alla Regina e signora, rimandando ad altri capitoli il racconto delle apparizioni puramente spirituali e soprannaturali, e dei vari generi di visioni che aveva la regina. I novecento angeli eletti dai nove cori, cento cioè da ciascuno, furono scelti tra quelli che nutrivano maggiore stima, affetto e rispetto per Maria santissima. Quando, poi, le apparivano visibili, davanti agli occhi, avevano l'aspetto di ragazzetti, ma di estrema bellezza e grazia. Il corpo mostrava poco di terreno, perché era purissimo, quasi un cristallo animato e sfavillante di gloria, simile a corpi gloriosi e rifulgenti. Alla bellezza univano dignità e compostezza nel portamento, unitamente ad un'amabile severità. Il vestito era talare, ma sembrava formato di una luce raggiante, simile ad oro brillante e fulgidissimo, tramezzato da assortimenti di finissimi colori, che apparivano alla vista come un'ammirabile e bellissima varietà. Ci si accorgeva, però, facilmente, che quell'ornamento e quella forma visibili non erano qualcosa di percepibile al tatto materiale né si sarebbero potuti toccare con la mano, sebbene si lasciassero distinguere, come avviene per il raggio del sole che, facendo apparire le particelle lucenti, entra per le fessure di una finestra. La radiosità di questi angeli era, tuttavia, incomparabilmente più viva e più bella dello splendore del sole.

363. Tutti gli angeli portavano sulle loro teste delle corone di vivacissimi e finissimi fiori che olezzavano una fragranza soavissima, celeste, mai odorata sulla terra. In mano portavano delle palme tessute e variopinte, significanti le virtù che Maria santissima doveva esercitare santamente e le corone di gloria che doveva conseguire. Tutto questo le veniva manifestato anticipatamente e con dissimulazione, e produceva in lei effetti di gaudio e di giubilo. Sul petto portavano un distintivo simile, in qualche modo, a quelli tessuti sugli abiti degli ordini militari. Era una scritta che diceva: Maria madre di Dio, e costituiva per questi santi principi un segno di gloria, ornamento e bellezza; ma alla regina Maria ne venne tenuto nascosto il significato, finché non ebbe concepito il Verbo incarnato.

364. Questo distintivo con la scritta colpiva l'occhio per lo straordinario splendore che emanava, risaltando e rilucendo in mezzo al fulgido ornamento degli angeli. Essi, inoltre, variavano le loro comparse e i colori per dare significato e senso alla diversità dei misteri e delle molteplici prerogative racchiusi nella santa Città di Dio. La scritta Maria madre di Dio conteneva il più alto titolo onorifico e la più elevata dignità che si potessero avverare in una semplice creatura; con questo titolo essi onoravano la loro e nostra regina, restandone a loro volta onorati... In verità, ricevettero questo sigillo come segno d'appartenenza e premio, per essersi distinti nella devozione e nella venerazione di colei ritenuta la più degna di onore da tutte le creature. Mille volte felici quelli che meritarono la singolare corrispondenza dell'amore di Maria e del suo santissimo Figlio!

365. Gli effetti che questi santi principi con il loro abbigliamento suscitarono nell'animo di Maria, nessuno, al di fuori di lei, potrebbe spiegarli. Le manifestavano metaforicamente il mistero della grandezza di Dio e la perfezione dei suoi attributi: i benefici che le aveva reso e le rendeva, quando l'aveva creata, eletta, arricchita e favorita di tanti doni celesti e tesori divini. Il suo cuore, mediante questi, s'infiammava in grandi incendi d'amore e di lode a Dio, mentre gli effetti crescevano in lei con l'età e il succedersi degli avvenimenti. Quando, poi, si compì l'incarnazione del Verbo, gli angeli le svelarono i misteri, e spiegarono la misteriosa scritta che portavano sul petto, fino allora rimasta a lei nascosta. Dinanzi alla spiegazione del contenuto di quella incantevole scritta ed a quello che le venne fatto comprendere circa la sua dignità al cospetto di Dio, tanto furono il fuoco d'amore, la profonda umiltà, il tenero affetto che si risvegliarono nel candido cuore di Maria - pur riconoscendosi ella incapace e indegna di una elezione così ineffabile e di un mistero così immenso - che non ci sono parole adeguate a spiegarlo.

366. I settanta serafini, piu vicini al trono di Dio, scelti per assistere la Regina, furono quelli che più si distinsero nella venerazione e nell'ammirazione del mistero dell'unione ipostatica delle due nature, divina e umana, nella persona del Verbo. Dal momento che erano più intimamente uniti a Dio per la conoscenza intellettuale e l'amore, desiderarono più degli altri che questo mistero si operasse nel seno di una donna; a questa singolare e speciale inclinazione corrispose il premio, sia quello che concerne la gloria essenziale, sia quello che concerne la gloria accidentale. A quest'ultima - di cui sto parlando - si riferiscono l'onore di assistere Maria santissima e l'essere testimoni dei misteri che in lei si operano.

367. Quando i settanta serafini le apparivano visibilmente, la Regina li contemplava nella stessa forma in cui li vide nell'immaginazione il profeta Isaia e cioè con sei ali. Con due si coprivano il capo, per significare, con questo umile atteggiamento, la debolezza del loro intelletto a penetrare il mistero al cui servizio erano chiamati: prostrati dinanzi alla maestà del loro autore, credevano in questi misteri e li distinguevano attraverso il velo dell'oscura conoscenza che veniva loro data e per la quale esaltavano con eterna lode i santi ed imperscrutabili giudizi dell'Altissimo. Con le altre due ali si coprivano i piedi, la parte inferiore del corpo, e con ciò volevano alludere alla stessa Regina e signora del cielo e alla sua natura umana e terrena. Coprivano i piedi in segno di venerazione, perché reputavano Maria la suprema tra tutte le creature: per la sua incomprensibile dignità e per la sua incommensurabile grandezza la più vicina a Dio stesso e superiore ad ogni intelletto umano creato. E li coprivano, anche, per indicare che, per quanto fossero sublimi serafini, non potevano paragonare i loro passi con quelli di Maria, per la sua eccelsa dignità e nobiltà.

368. Con le due ali del petto volavano, oppure le dispiegavano, per dare ad intendere similmente due cose:

una, l'incessante movimento e volo di amore verso Dio, nonché la lode e la profonda riverenza che gli tributavano; l'altra, la rivelazione che facevano, a Maria santissima, della parte più interna del loro petto, dove nell'essere e nell'operare riverberavano, come in un limpidissimo specchio, i raggi della Divinità. Non era perciò necessario né opportuno che questa si manifestasse continuamente a Maria, mentre era ancora pellegrina sulla terra. La santissima Trinità dispose che la figlia e sposa avesse per ministri i serafini, che sono le creature più intimamente unite e vicine alla Divinità, affinché in essi, questa grande Regina vedesse ritratto, come in un'immagine viva colui che non poteva guardare sempre nella sua forma originale.

369. In questa maniera, la divina sposa godeva del ntratto del suo amato, mentre ne era lontana come viatrice e pellegrina sulla terra; la visione di questi infiammati, sublimi principi del cielo e le conversazioni con essi accendevano il suo cuore con il fuoco ardente dell'amore divino. Il genere e il modo poi di comunicare con gli angeli, indipendentemente dai sensi, erano gli stessi di quelli che osservavano tra loro: gli angeli superiori di un coro illuminano gli inferiori, come ho già detto altre volte. Sebbene la Regina del cielo fosse in dignità e grazia superiore a tutti, tuttavia nella natura, come dice Davide, l'uomo fu fatto inferiore agli angeli. Pertanto, l'ordine, in cui si comunicano le illuminazioni e si ricevono le influenze divine, segue la natura e non la grazia.

370. Gli altri dodici angeli che, come dissi sopra, sono quelli delle dodici porte, di cui san Giovanni parla nel capitolo ventunesimo dell'Apocalisse, si distinsero nell'amore e nella lode a Dio, poiché erano a conoscenza che egli voleva farsi uomo, essere maestro degli uomini, conversare familiarmente con loro e quindi redimerli e, con i suoi meriti, aprire loro le porte del cielo, assumendo come sua coadiutrice, in questo mirabile mistero, la sua santissima Madre. Questi angeli posero un'attenzione speciale alle meravigliose opere della redenzione ed alle vie che Dio avrebbe insegnato, perché gli uomini s'incamminassero verso la vita eterna; vie simboleggiate dalle dodici porte, che corrispondono alle dodici tribù. La ricompensa di questa singolare devozione fu di destinare, come Dio fece, questi angeli ad essere testimoni e segretari dei misteri della redenzione e cooperatori della stessa Regina del cielo nel pnvilegio e servizio di essere madre di misericordia e mediatrice di salvezza per tutti coloro che fossero ricorsi a lei. Perciò, dissi sopra che la regina Maria si serve particolarmente di questi dodici angeli per proteggere, difendere ed aiutare i suoi devoti nelle loro necessità e bisogni, e soprattutto per liberarli dal peccato, ogni volta che questi si rivolgono a lei ed agli angeli nella supplica ed invocazione.

371. Questi dodici angeli le apparivano in forma corporea, come quelli a cui accennai precedentemente, salvo che portavano numerose corone e palme, come segno dei premi riservati ai suoi devoti. Il loro servizio consisteva nel farle conoscere, in modo singolare, l'ineffabile pietà del Signore verso il genere umano, e nel sollecitarla perché ella lo lodasse e ne chiedesse l'esecuzione per gli uomini. A tale scopo, sua Altezza inviava questi angeli, con tali richieste, al trono dell'eterno Padre, come pure li mandava ad illuminare e soccorrere i devoti che la invocavano o quelli che ella voleva aiutare e proteggere. Ciò avvenne frequentemente al tempo della Chiesa primitiva, quando attraverso il ministero degli angeli aiutò gli Apostoli che si trovavano in mezzo alle tribolazioni ed ai travagli. Tuttora dal cielo questi dodici angeli esercitano il medesimo ufficio, assistendo i devoti della loro e nostra Regina.

372. Gli altri diciotto angeli, che restano a formare il numero di mille, furono quelli che si distinsero per l'amorevole dedizione ai misteri dolorosi del Verbo incarnato; per questo fu molto grande la gloria che ne ebbero in premio. Apparivano a Maria santissima in una forma oltre-modo bella: come ornamento portavano diversi segni della passione di Cristo e di altri misteri della redenzione; in particolare avevano una croce sul cuore e una sul braccio, entrambe di singolare bellezza e rifulgenti di una vivissima luce. La vista di un abito così singolare risvegliò nella Regina una grande ammirazione nonché la memoria, colma di tenerezza e compassione, di ciò che avrebbe dovuto patire il Redentore del mondo; suscitò anche fervorosi atti di riconoscenza e rendimento di grazie per i benefici che gli uomini avrebbero ricevuto attraverso la redenzione e il riscatto dal peccato. La nostra amata Signora si serviva, spesso, di questi angeli e li inviava al suo santissimo Figlio con diversi messaggi e suppliche per il bene e la salvezza delle anime.

373. Nel descrivere le forme ed i segni, ho detto anche qualcosa sulle perfezioni di questi spiriti celesti e sui servizi che prestavano, ma molto limitatamente in confronto a quello che in realtà sono. Si tratta di invisibili raggi della Divinità, velocissimi nei movimenti e nelle operazioni, potentissimi nella forza, perfettissimi nella capacità di intendere, senza cadere nel pericolo dell'inganno, ed immutabili nella natura e nella volontà. Inoltre, quello che apprendono una volta non lo dimenticano più né lo perdono più di vista. Sono pieni di grazia e di gloria e non corrono il rischio di perderie; essendo incorporei ed invisibili, quando l'Altissimo permette agli uomini di vederli, assumono un corpo apparente, percettibile ai sensi e conforme allo scopo. Tutti questi mille angeli della regina Maria erano, nella schiera dei loro cori, superiori e tale rango di superiorità riguardava la grazia e la gloria. Essi provvidero alla custodia della nostra amata Signora, incessantemente e per tutta la vita. Adesso in cielo godono della sua vista e della sua compagnia in modo del tutto speciale e gratuito. Ve ne sono alcuni tra loro che lei invia di preferenza ed ordinariamente; però, tutti e mille in alcune occasioni servono per questo ministero, secondo il volere di Dio.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

374. Figlia mia, voglio condensare la dottrina di questo capitolo in tre ammonizioni. La prima è che ti mostri grata con eterna lode e riconoscenza al beneficio che Dio ti elargì nel donarti gli angeli a che ti assistano, ti ammaestrino e ti indirizzino nelle tue tribolazioni e fatiche. Questo è un beneficio che i mortali ordinariamente dimenticano con biasimevole ingratitudine e grave villania, non considerando quanto siano grandi la misericordia e la benignità divina nell'ordinare a questi santi principi - che sono di una natura superiore, spirituale, e pieni di gloria, dignità e bellezza - di assistere, custodire e difendere le creature terrene, così piene, invece, di miserie e di colpe. Per questo oblio, gli uomini ingrati si privano di molti favori da parte degli stessi angeli e suscitano lo sdegno e la collera del Signore. Tu, perciò, o carissima, riconosci il dono che hai ricevuto e cerca con tutte le tue forze di corrispondervi.

375. La seconda ammonizione è che tu, sempre ed in ogni luogo, porti riverenza ed amore a questi spiriti divini, come se li vedessi con gli occhi del corpo. Sii, dunque, attenta ed accorta, come chi sta alla continua presenza dei cortigiani del cielo e non ardire di fare in presenza loro ciò che in pubblico non faresti; né osa tralasciare di operare per il servizio del Signore ciò che essi fanno o che vogliono da te. Considera bene, anche, che essi contemplano sempre il volto di Dio, quali beati; per cui non è giusto che, se volgono contemporaneamente lo sguardo su di te, vedano qualcosa di indecente. Mostrati dunque grata della loro vigilanza, difesa e protezione.

376. La terza ammonizione è che tu stia attenta alle ispirazioni, chiamate ed ammonizioni con cui ti sollecitano ed illuminano in modo da orientare la tua mente e il tuo cuore a vivere nella memoria ed alla presenza di Dio, e all'esercizio di tutte le virtù. Pondera bene: tu spesso li chiami ed essi ti rispondono; tu li cerchi e li trovi; quanto spesso hai chiesto loro notizie sugli attributi e le qualità del tuo diletto ed essi te li hanno elencati; quante altre volte ti hanno spronato ad amare il tuo sposo, e ripreso dolcemente a causa delle tue trascuratezze e tiepidezze. E quando per le tue tentazioni e la tua debolezza hai perduto l'orientamento della luce, essi ti hanno aspettato, sopportato pazientemente e aperto gli occhi, riconducendoti sul diritto cammino della giustificazione e della testimonianza del Signore. Non dimenticare, dunque, o anima, il tanto che tu, a preferenza di molte nazioni e generazioni, devi a Dio, per i benefici di questi angeli; e sforzati di essere grata al Signore e agli stessi angeli, suoi ministri.


Un ammonimento alla padrona

Laus

Tutti vogliono vedere e sentire Benedetta: essa parla a tutti di ciò che la riempie di gioia, anche se non sa ancora chi sia la bella Signora. "Che sia la Vergine quella che vede?" dice la gente. Ma Benedetta non lo suppone né cerca di saperlo: vede, ama, è felice, questo le basta. La sua padrona, stupita, vuole rendersi conto di ciò che succede alla valle dei Forni e un giorno esce di casa di nascosto raggiungendo la grotta prima di Benedetta. Quando questa arriva, la Signora le dice che la padrona è nascosta dietro una roccia. “E’ qui. Avvertila di non bestemmiare più perché se continua così non ci sarà il Paradiso per lei: la sua coscienza è in cattivissimo stato, faccia penitenza, distribuisca ai poveri il cibo e il vino che prenderebbe nei giorni di Pasqua, di Pentecoste e di Natale ed essa non si cibi che di pane e acqua in quelle tre festività".