Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 18° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 18
1Detto questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cèdron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli.2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli.3Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi.4Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: "Chi cercate?".5Gli risposero: "Gesù, il Nazareno". Disse loro Gesù: "Sono io!". Vi era là con loro anche Giuda, il traditore.6Appena disse "Sono io", indietreggiarono e caddero a terra.7Domandò loro di nuovo: "Chi cercate?". Risposero: "Gesù, il Nazareno".8Gesù replicò: "Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano".9Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto: "'Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato'".10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.11Gesù allora disse a Pietro: "Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?".
12Allora il distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono13e lo condussero prima da Anna: egli era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno.14Caifa poi era quello che aveva consigliato ai Giudei: "È meglio che un uomo solo muoia per il popolo".
15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote;16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro.17E la giovane portinaia disse a Pietro: "Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo?". Egli rispose: "Non lo sono".18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
19Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina.20Gesù gli rispose: "Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto.21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto".22Aveva appena detto questo, che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: "Così rispondi al sommo sacerdote?".23Gli rispose Gesù: "Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?".24Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote.
25Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: "Non sei anche tu dei suoi discepoli?". Egli lo negò e disse: "Non lo sono".26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: "Non ti ho forse visto con lui nel giardino?".27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.
28Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua.29Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: "Che accusa portate contro quest'uomo?".30Gli risposero: "Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato".31Allora Pilato disse loro: "Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!". Gli risposero i Giudei: "A noi non è consentito mettere a morte nessuno".32Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire.
33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: "Tu sei il re dei Giudei?".34Gesù rispose: "Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?".35Pilato rispose: "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?".36Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù".37Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".38Gli dice Pilato: "Che cos'è la verità?". E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: "Io non trovo in lui nessuna colpa.39Vi è tra voi l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua: volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?".40Allora essi gridarono di nuovo: "Non costui, ma Barabba!". Barabba era un brigante.
Giosuè 10
1Quando Adoni-Zedek, re di Gerusalemme, venne a sapere che Giosuè aveva preso Ai e l'aveva votata allo sterminio, e che, come aveva fatto a Gèrico e al suo re, aveva fatto ad Ai e al suo re e che gli abitanti di Gàbaon avevano fatto pace con gli Israeliti e si trovavano ormai in mezzo a loro,2ebbe grande paura, perché Gàbaon, una delle città regali, era più grande di Ai e tutti i suoi uomini erano valorosi.3Allora Adoni-Zedek, re di Gerusalemme, mandò a dire a Oam, re di Ebron, a Piream, re di Iarmut, a Iafia, re di Lachis e a Debir, re di Eglon:4"Venite da me, aiutatemi e assaltiamo Gàbaon, perché ha fatto pace con Giosuè e con gli Israeliti".5Quelli si unirono e i cinque re amorrei, il re di Gerusalemme, il re di Ebron, il re di Iarmut, il re di Lachis ed il re di Eglon, vennero con tutte le loro truppe, si accamparono contro Gàbaon e le diedero battaglia.
6Allora gli uomini di Gàbaon mandarono a dire a Giosuè, all'accampamento di Gàlgala: "Non privare del tuo aiuto i tuoi servi. Vieni presto da noi; salvaci e aiutaci, perché si sono alleati contro di noi tutti i re degli Amorrei, che abitano sulle montagne".
7Giosuè partì da Gàlgala con tutta la gente di guerra e tutti i prodi guerrieri.8Allora il Signore disse a Giosuè: "Non aver paura di loro, perché li metto in tuo potere; nessuno di loro resisterà davanti a te".
9Giosuè piombò su di loro d'improvviso: tutta la notte aveva marciato, partendo da Gàlgala.
10Il Signore mise lo scompiglio in mezzo a loro dinanzi ad Israele, che inflisse loro in Gàbaon una grande disfatta, li inseguì verso la salita di Bet-Coron e li batté fino ad Azeka e fino a Makkeda.11Mentre essi fuggivano dinanzi ad Israele ed erano alla discesa di Bet-Coron, il Signore lanciò dal cielo su di essi come grosse pietre fino ad Azeka e molti morirono. Coloro che morirono per le pietre della grandine furono più di quanti ne uccidessero gli Israeliti con la spada.12Allora, quando il Signore mise gli Amorrei nelle mani degli Israeliti, Giosuè disse al Signore sotto gli occhi di Israele:
"Sole, fèrmati in Gàbaon
e tu, luna, sulla valle di Aialon".
13Si fermò il sole
e la luna rimase immobile
finché il popolo non si vendicò dei nemici.
Non è forse scritto nel libro del Giusto: "Stette fermo il sole in mezzo al cielo e non si affrettò a calare quasi un giorno intero.14Non ci fu giorno come quello, né prima né dopo, perché aveva ascoltato il Signore la voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per Israele"?
15Poi Giosuè con tutto Israele ritornò all'accampamento di Gàlgala.
16Quei cinque re erano fuggiti e si erano nascosti nella grotta in Makkeda.17Fu portata a Giosuè la notizia: "Sono stati trovati i cinque re, nascosti nella grotta in Makkeda".18Disse loro Giosuè: "Rotolate grosse pietre contro l'entrata della grotta e fate restare presso di essa uomini per sorvegliarli.19Voi però non fermatevi, inseguite i vostri nemici, attaccateli nella retroguardia e non permettete loro di entrare nelle loro città, perché il Signore Dio vostro li mette nelle vostre mani".20Quando Giosuè e gli Israeliti ebbero terminato di infliggere loro una strage enorme così da finirli, e i superstiti furono loro sfuggiti ed entrati nelle fortezze,21ritornò tutto il popolo all'accampamento presso Giosuè, in Makkeda, in pace. Nessuno mosse più la lingua contro gli Israeliti.
22Disse allora Giosuè: "Aprite l'ingresso della grotta e fatemi uscire dalla grotta quei cinque re".23Così fecero e condussero a lui fuori dalla grotta quei cinque re, il re di Gerusalemme, il re di Ebron, il re di Iarmut, il re di Lachis e il re di Eglon.24Quando quei cinque re furono fatti uscire dinanzi a Giosuè, egli convocò tutti gli Israeliti e disse ai capi dei guerrieri che avevano marciato con lui: "Accostatevi e ponete i vostri piedi sul collo di questi re!". Quelli s'accostarono e posero i piedi sul loro collo.25Disse loro Giosuè: "Non temete e non spaventatevi! Siate forti e coraggiosi, perché così farà il Signore a tutti i nemici, contro cui dovrete combattere".26Dopo di ciò, Giosuè li colpì e li uccise e li fece impiccare a cinque alberi, ai quali rimasero appesi fino alla sera.27All'ora del tramonto, per ordine di Giosuè, li calarono dagli alberi, li gettarono nella grotta dove si erano nascosti e posero grosse pietre all'ingresso della grotta: vi sono fino ad oggi.
28Giosuè in quel giorno si impadronì di Makkeda, la passò a fil di spada con il suo re, votò allo sterminio loro e ogni essere vivente che era in essa, non lasciò un superstite e trattò il re di Makkeda come aveva trattato il re di Gèrico.
29Giosuè poi, e con lui Israele, passò da Makkeda a Libna e mosse guerra contro Libna.30Il Signore mise anch'essa e il suo re in potere di Israele, che la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa; non vi lasciò alcun superstite e trattò il suo re come aveva trattato il re di Gèrico.
31Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, passò da Libna a Lachis e si accampò contro di essa e le mosse guerra.32Il Signore mise Lachis in potere di Israele, che la prese il secondo giorno e la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa, come aveva fatto a Libna.33Allora, per venire in aiuto a Lachis, era partito Oam, re di Ghezer, e Giosuè batté lui e il suo popolo, fino a non lasciargli alcun superstite.
34Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, passò da Lachis ad Eglon, si accamparono contro di essa e le mossero guerra.35In quel giorno la presero e la passarono a fil di spada e votarono allo sterminio, in quel giorno, ogni essere vivente che era in essa, come aveva fatto a Lachis.36Giosuè poi, e con lui tutto Israele, salì da Eglon ad Ebron e le mossero guerra.37La presero e la passarono a fil di spada con il suo re, tutti i suoi villaggi e ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun superstite; come aveva fatto ad Eglon, la votò allo sterminio con ogni essere vivente che era in essa.
38Poi Giosuè, e con lui tutto Israele, si rivolse a Debir e le mosse guerra.39La prese con il suo re e tutti i suoi villaggi; li passarono a fil di spada e votarono allo sterminio ogni essere vivente che era in essa; non lasciò alcun superstite. Trattò Debir e il suo re come aveva trattato Ebron e come aveva trattato Libna e il suo re.
40Così Giosuè batté tutto il paese: le montagne, il Negheb, il bassopiano, le pendici e tutti i loro re. Non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni essere che respira, come aveva comandato il Signore, Dio di Israele.41Giosuè li colpì da Kades-Barnea fino a Gaza e tutto il paese di Gosen fino a Gàbaon.42Giosuè prese tutti questi re e il loro paese in una sola volta, perché il Signore, Dio di Israele, combatteva per Israele.43Poi Giosuè con tutto Israele tornò all'accampamento di Gàlgala.
Giobbe 12
1Giobbe allora rispose:
2È vero, sì, che voi siete la voce del popolo
e la sapienza morirà con voi!
3Anch'io però ho senno come voi,
e non sono da meno di voi;
chi non sa cose simili?
4Ludibrio del suo amico è diventato
chi grida a Dio perché gli risponda;
ludibrio il giusto, l'integro!
5"Per la sventura, disprezzo", pensa la gente
prosperosa,
"spinte, a colui che ha il piede tremante".
6Le tende dei ladri sono tranquille,
c'è sicurezza per chi provoca Dio,
per chi vuol ridurre Dio in suo potere.
7Ma interroga pure le bestie, perché ti
ammaestrino,
gli uccelli del cielo, perché ti informino,
8o i rettili della terra, perché ti istruiscano
o i pesci del mare perché te lo faccian sapere.
9Chi non sa, fra tutti questi esseri,
che la mano del Signore ha fatto questo?
10Egli ha in mano l'anima di ogni vivente
e il soffio d'ogni carne umana.
11L'orecchio non distingue forse le parole
e il palato non assapora i cibi?
12Nei canuti sta la saggezza
e nella vita lunga la prudenza.
13In lui risiede la sapienza e la forza,
a lui appartiene il consiglio e la prudenza!
14Ecco, se egli demolisce, non si può ricostruire,
se imprigiona uno, non si può liberare.
15Se trattiene le acque, tutto si secca,
se le lascia andare, devastano la terra.
16Da lui viene potenza e sagacia,
a lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore.
17Rende stolti i consiglieri della terra,
priva i giudici di senno;
18scioglie la cintura dei re
e cinge i loro fianchi d'una corda.
19Fa andare scalzi i sacerdoti
e rovescia i potenti.
20Toglie la favella ai più veraci
e priva del senno i vegliardi.
21Sui nobili spande il disprezzo
e allenta la cintura ai forti.
22Strappa dalle tenebre i segreti
e porta alla luce le cose oscure.
23Fa grandi i popoli e li lascia perire,
estende le nazioni e le abbandona.
24Toglie il senno ai capi del paese
e li fa vagare per solitudini senza strade,
25vanno a tastoni per le tenebre, senza luce,
e barcollano come ubriachi.
Salmi 26
1'Di Davide.'
Signore, fammi giustizia:
nell'integrità ho camminato,
confido nel Signore, non potrò vacillare.
2Scrutami, Signore, e mettimi alla prova,
raffinami al fuoco il cuore e la mente.
3La tua bontà è davanti ai miei occhi
e nella tua verità dirigo i miei passi.
4Non siedo con gli uomini mendaci
e non frequento i simulatori.
5Odio l'alleanza dei malvagi,
non mi associo con gli empi.
6Lavo nell'innocenza le mie mani
e giro attorno al tuo altare, Signore,
7per far risuonare voci di lode
e per narrare tutte le tue meraviglie.
8Signore, amo la casa dove dimori
e il luogo dove abita la tua gloria.
9Non travolgermi insieme ai peccatori,
con gli uomini di sangue non perder la mia vita,
10perché nelle loro mani è la perfidia,
la loro destra è piena di regali.
11Integro è invece il mio cammino;
riscattami e abbi misericordia.
12Il mio piede sta su terra piana;
nelle assemblee benedirò il Signore.
Ezechiele 38
1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, volgiti verso Gog nel paese di Magòg, principe capo di Mesech e Tubal, e profetizza contro di lui.
Annunzierai:3Dice il Signore Dio: Eccomi contro di te Gog, principe capo di Mesech e Tubal,4io ti aggirerò, ti metterò ganci alle mascelle e ti farò uscire con tutto il tuo esercito, cavalli e cavalieri tutti ben equipaggiati, truppa immensa con scudi grandi e piccoli, e tutti muniti di spada.5La Persia, l'Etiopia e Put sono con loro, tutti con scudi ed elmi.6Gomer e tutte le sue schiere, la gente di Togarmà, le estreme regioni del settentrione e tutte le loro forze, popoli numerosi sono con te.
7Sta' pronto, fa' i preparativi insieme con tutta la moltitudine che si è radunata intorno a te: sii a mia disposizione.8Dopo molto tempo ti sarà dato l'ordine: sul finire degli anni tu andrai contro una nazione che è sfuggita alla spada, che in mezzo a molti popoli si è radunata sui monti d'Israele, rimasti lungamente deserti. Essa rimpatriò dalle genti e tutti abitano tranquilli.9Tu vi salirai, vi giungerai come un uragano: sarai come un nembo che avvolge la terra, tu con tutte le tue schiere e con i popoli numerosi che sono con te.10Dice il Signore Dio: In quel giorno ti verranno in mente dei pensieri e concepirai progetti malvagi.11Tu dirai: Andrò contro una terra indifesa, assalirò genti tranquille che si tengono sicure, che abitano tutte in luoghi senza mura, che non hanno né sbarre né porte,12per depredare, saccheggiare, metter la mano su rovine ora ripopolate e sopra un popolo che si è riunito dalle nazioni, dedito agli armenti e ai propri affari, che abita al centro della terra.
13Saba, Dedan, i commercianti di Tarsis e tutti i suoi leoncelli ti domanderanno: Vieni per saccheggiare? Hai radunato la tua gente per venir a depredare e portar via argento e oro, per rapire armenti e averi e per fare grosso bottino?14Perciò predici, figlio dell'uomo, e annunzia a Gog: Così dice il Signore Dio: In quel giorno, quando il mio popolo Israele dimorerà del tutto sicuro, tu ti leverai,15verrai dalla tua dimora, dagli estremi confini del settentrione, tu e i popoli numerosi che sono con te, tutti su cavalli, una turba grande, un esercito potente.16Verrai contro il mio popolo Israele, come un nembo per coprire la terra. Sul finire dei giorni io ti manderò sulla mia terra perché le genti mi conoscano quando per mezzo tuo, o Gog, manifesterò la mia santità davanti ai loro occhi.17Così dice il Signore Dio: Non sei tu quegli di cui parlai nei tempi antichi per mezzo dei miei servi, i profeti d'Israele, i quali, in quei tempi e per molti anni, profetizzarono che io ti avrei mandato contro di loro?18Ma, quando Gog giungerà nel paese d'Israele - parola del Signore Dio - divamperà la mia collera.19Nella mia gelosia e nel mio furore ardente io vi dichiaro: In quel giorno ci sarà un gran terremoto nel paese di Israele:20davanti a me tremeranno i pesci del mare, gli uccelli del cielo, gli animali selvatici, tutti i rettili che strisciano sul terreno e ogni uomo che è sulla terra: i monti franeranno, le rocce cadranno e ogni muro rovinerà al suolo.
21Contro di lui, per tutti i monti d'Israele, chiamerò la spada. Parola del Signore Dio. La spada di ognuno di essi sarà contro il proprio fratello.22Farò giustizia di lui con la peste e con il sangue: farò piovere su di lui e le sue schiere, sopra i popoli numerosi che sono con lui, torrenti di pioggia e grandine, fuoco e zolfo.23Io mostrerò la mia potenza e la mia santità e mi rivelerò davanti a genti numerose e sapranno che io sono il Signore".
Seconda lettera ai Corinzi 5
1Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli.2Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste:3a condizione però di esser trovati già vestiti, non nudi.4In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita.5È Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito.
6Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore,7camminiamo nella fede e non ancora in visione.8Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore.9Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a lui graditi.10Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male.
11Consapevoli dunque del timore del Signore, noi cerchiamo di convincere gli uomini; per quanto invece riguarda Dio, gli siamo ben noti. E spero di esserlo anche davanti alle vostre coscienze.12Non ricominciamo a raccomandarci a voi, ma è solo per darvi occasione di vanto a nostro riguardo, perché abbiate di che rispondere a coloro il cui vanto è esteriore e non nel cuore.13Se infatti siamo stati fuori di senno, era per Dio; se siamo assennati, è per voi.
14Poiché l'amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti.15Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro.16Cosicché ormai noi non conosciamo più nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così.17Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.
18Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione.19È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.20Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.21Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio.
Capitolo LVII: Non ci si deve abbattere eccessivamente quando si cade in qualche mancanza
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, più mi è cara l'umile sopportazione nelle avversità, che la pienezza di devota consolazione del tempo favorevole. Perché ti rattrista una piccolezza che venga detta contro di te? Anche se si trattasse di qualcosa di più, non dovresti turbarti. Lascia andare, invece. Non è cosa strana; non è la prima volta, né sarà l'ultima, se vivrai a lungo. Tu sei molto forte fino a che nulla ti contraria; sai persino dare buoni consigli e fare forza ad altri con le tue parole. Ma non appena si presenta alla tua porta un'improvvisa tribolazione, consiglio e forza ti vengono meno. Guarda alla tua grande fragilità, che hai constatata molto spesso, di fronte a piccole contraddizioni. Pure, è per il tuo bene che accadono simili cose; deponile, dunque, dal tuo cuore, come meglio puoi. E se una cosa ti colpisce, non per questo ti abbatta o ti tenga legato a lungo. Sopporta almeno con pazienza, se non ti riesce con gioia. Anche se una cosa te la senti dire malvolentieri e ne provi indignazione, devi dominarti; non devi permettere che dalla tua bocca esca alcunché di ingiusto, che dia scandalo ai semplici. Ben presto l'eccitazione emotiva si placherà, e l'eterna sofferenza si farà più lieve, con il ritorno della grazia.
2. Ecco, "io vivo - dice il Signore -" (Is 49,18), pronto ad aiutarti più ancora del solito, se a me ti affiderai, devotamente invocandomi. "Tu sii più rassegnato" (Bar 4,30); sii pronto a una maggiore sopportazione. Non è del tutto inutile che tu ti senta tribolato e fortemente tentato: sei un uomo, e non Dio; carne, non spirito angelico. Come potresti mantenerti sempre nel medesimo stato di virtù, quando questo venne meno a un angelo, in cielo, e al primo uomo, nel paradiso? Io sono "colui che solleva e libera quelli che piangono" (Gb 5,11); colui che innalza alla mia condizione divina quelli che riconoscono la loro debolezza. O Signore, benedetta sia la tua parola, dolce al mio orecchio "più del miele di favo" (Sal 18,11). Che farei io mai, in così grandi tribolazioni e nelle mie angustie, se tu non mi confortassi con le tue sante parole? Purché, alla fine, io giunga al porto della salvezza, che importa quali e quanto grandi cose dovrò aver patito? Concedimi un felice concepimento, un felice trapasso da questo mondo. "Ricordati di me , o mio Dio" (2Esd 13,22) e conducimi nel tuo regno, per retto cammino. Amen.
Contro Fausto Manicheo - Libro diciottesimo
Contro Fausto manicheo - Sant'Agostino di Ippona
Leggilo nella BibliotecaAgostino non osserva, di fatto, i precetti della Legge e dei Profeti: come può dirsi cristiano?
1. FAUSTO. Non son venuto per abolire la legge, ma per dare compimento 1. Ma credere a questa frase di Cristo, a meno che non abbia un altro significato, sappi che va contro di te non meno che contro di me. Ciascuno di noi, infatti, è cristiano sulla base di questa opinione: che Cristo sia venuto a distruggere la Legge e i Profeti. E se tu, talvolta, non vuoi ammetterlo a parole, tuttavia lo indichi con le azioni. Ne risulta, infatti, la tua noncuranza dei precetti della Legge e dei Profeti. Da qui l'ammissione di entrambi che Gesù abbia dato origine al Nuovo Testamento, con il quale ammettiamo nient'altro che la distruzione del Vecchio Testamento. Stando così le cose, come possiamo credere che Cristo abbia detto ciò, senza prima aver accusato noi stessi di una stolta opinione in passato e senza correre al pentimento e all'integrale obbedienza alla Legge e ai Profeti ed alla cura di osservare i loro precetti, di qualsiasi natura essi siano? Quando avremo fatto questo allora finalmente potremmo credere veramente che Gesù abbia detto che non venne ad abolire la legge, ma a dare compimento. Ora, invece, è falso, poiché neppure tu credi a ciò di cui accusi me soltanto.
Per continuare ad essere cristiani occorre, dunque, iniziare certe pratiche della legge? Ma Cristo stesso non le osservò!
2. Ammettiamo pure di aver sbagliato in passato. Che fare ora, dunque? Ci piace camminare sotto la legge, se Cristo non l'ha abolita ma portata a compimento? Ci piace essere circoncisi, cioè contrassegnare la vergogna con la vergogna e credere che Dio si compiaccia di tali sacramenti? Ci piace prendere il riposo del sabato e mettere le mani nelle catene di Saturno? Ci piace abbattere con i coltelli ora tori, ora arieti, ora anche capri, (per non dire anche uomini) per l'ingordo demone dei Giudei (poiché non è Dio)? E per il fatto che odiamo vivamente gli idoli ci piace praticarlo con più crudeltà, in obbedienza alla Legge ed ai Profeti? Ci piace, infine, ritenere monde alcune carni animali, considerare altre tra i cibi immondi e contaminati, tra cui la Legge ed i Profeti dichiararono più contaminata quella di maiale? Negherai senz'altro che qualcuna di queste cose vada fatta, se vogliamo continuare ad essere ciò che siamo. Poiché ricordi certamente che Cristo dice che chi è stato circonciso diventa due volte figlio della Geenna 2. Ti accorgi anche che neppure lui osservò il sabato, né ha mai comandato di osservarlo. Riguardo ai cibi parimenti lo senti affermare che l'uomo non è contaminato da nessuna di quelle cose che entrano nella bocca, ma che lo rende impuro piuttosto ciò che esce dalla bocca 3. Circa i sacrifici, ugualmente, il suo discorso frequente è che Dio vuole la misericordia, non il sacrificio 4. Se le cose stanno così, allora, dove si vede che egli non è venuto ad abolire la Legge ed i Profeti, ma a dare compimento? Se lo disse, o lo disse intendendo un altro significato o (lungi dal pensarlo!) mentì o non lo disse affatto. Ma nessuno, in quanto cristiano, potrebbe dire che mentì: e perciò o lo disse con altro significato o non lo disse affatto.
Fausto difende la sua fede, che lo ha reso accorto nel discernere il seme buono dalla zizzania nella Scritture.
3. E tuttavia la fede manichea mi ha reso protetto di fronte al vincolo di questo versetto: essa, fin dal principio, mi ha indotto a non credere a tutte quelle cose che si leggono dappertutto come scritte a nome del Salvatore, ma a verificare se sono vere, valide, non corrotte. C'è infatti molta zizzania che un seminatore che vaga di notte ha sparso in quasi tutte le Scritture contagiando il seme buono 5. Perciò non mi allarmano queste parole, nonostante presentino il titolo di un nome venerando, perché ancora posso intenzionalmente verificare se queste non siano di un seminatore diurno e buono o di uno notturno e malvagio. Tu, invece, che credi ogni cosa senza esaminarla, che condanni fra gli uomini la ragione, beneficio della natura, che si fa scrupolo di distinguere il vero e il falso, e ha non meno paura di separare il bene dal suo contrario di quanta ne abbiano i bambini dei fantasmi, che cosa farai quando la necessità ti costringerà nell'angustia di questo versetto? Cosa farai, poi, quando un Giudeo o qualcun altro che conosce questo discorso ti interpellerà sul motivo per cui non osservi i precetti della Legge e dei Profeti, dal momento che Cristo dice di non essere venuto ad abolirli ma a dare ad essi compimento? Sicuramente sarai costretto o a cedere ad una vana superstizione o a riconoscere la falsità di questo versetto o a negare di essere discepolo di Cristo.
Il contenuto simbolico della Legge e dei Profeti, una volta rivelato, non deve più essere osservato alla lettera.
4. AGOSTINO. Poiché ripeti discorsi già tante volte respinti e confutati, anche a noi non dispiacerà ripetere la confutazione. Le cose che i Cristiani non fanno secondo la Legge ed i Profeti sono simbolo di queste che fanno. Quelle erano figura di quelle future ed era inevitabile che venissero superate proprio dalle cose rivelate e mostrate per mezzo di Cristo, cosicché, anche per il fatto stesso che esse sono state superate, la Legge ed i Profeti hanno compimento. Infatti lì è scritto questo: che Dio avrebbe concluso un nuovo Testamento, non come quello che ho concluso con i loro padri 6, dice. Infatti quel popolo, in ragione del suo cuore di pietra, aveva ricevuto molti precetti a lui più conformi che buoni, con i quali, tuttavia, erano prefigurate e profetizzate le cose future: ma allora venivano messi in pratica da persone che non li comprendevano. Una volta avvenute e manifestatesi le cose che da quelli erano simboleggiate, non c'è più l'obbligo di farle ma si leggono per capirne il significato. Così, ancora, lì si dice, riguardo a una cosa futura: Toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne 7, cioè non un cuore insensibile, ma sensibile. Di qui le parole dell'Apostolo: non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori 8. Cos'altro disse se non cuore di carne? Poiché dunque anche questo era stato predetto, piuttosto non avrebbero avuto compimento la Legge ed i Profeti se queste cose non fossero state allontanate dalla nostra considerazione; perché non sarebbe accaduto ciò che avevano predetto; quando però questo avviene, si comprende che la Legge e i Profeti hanno compimento lì dove vi sembra che non ne abbiano.
Sul riposo del sabato: polemica con i Manichei sui nomi dei giorni e dei mesi.
5. E non ci spaventa il tuo insulto sul riposo del sabato, che chiami " catene di Saturno ". È senza senso e inopportuno, e non ti sarebbe venuto in mente di esprimerlo se non perché voi venerate il sole nel giorno chiamato " del Sole ". Invece, come noi chiamiamo quel giorno " del Signore ", e in esso rendiamo culto non a questo sole ma alla resurrezione del Signore, così i padri osservarono il riposo del sabato non perché venerassero Saturno, ma perché era necessario osservarlo in questo modo, essendo ombra delle cose future, come attesta l'Apostolo 9. A quei giorni, il cui numero sette ritorna ciclicamente, i Gentili imposero i nomi dei loro dèi. Di loro dice l'Apostolo: hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore 10. In questo aspetto li imitate anche voi, tranne nel fatto che voi adorate i due astri più luminosi, ma non le altre stelle, come invece fanno loro. Ma anche ai mesi imposero i nomi dei loro dèi. In onore di Romolo, che credettero figlio di Marte, dedicarono il primo mese a Marte e lo chiamarono Marzo. E poi Aprile, che non deriva da qualche nome di divinità ma dal fatto stesso dell'" apertura ", poiché in questo mese moltissimi germogli si schiudono e diventano fiore. Il terzo mese è chiamato Maggio, in onore della dea Maia, madre di Mercurio. Il quarto è chiamato Giugno da Giunone. Gli altri mesi fino a Dicembre sono nominati a partire dai numeri. Ma il quinto ed il sesto furono chiamati con i nomi degli uomini ai quali avevano decretato onori divini, Giulio e Augusto; infatti il settimo, Settembre, e gli altri, come dissi, fino a Dicembre sono chiamati con il nome del loro numero. A sua volta Gennaio riceve il nome da Giano, Febbraio dai sacri Februa dei Luperci. Volete dunque che si dica che anche voi nel mese di Marzo venerate Marte? In quel mese, infatti, festeggiate con gran pompa il vostro Bema. Se però pensate che vi è lecito nel mese di Marzo considerare un'altra divinità, non Marte, perché a partire dal settimo giorno, che è chiamato sabato perché significa " riposo ", cercate di introdurre Saturno nelle divine Scritture, per il fatto che i Gentili lo chiamarono giorno di Saturno? Così dunque vedete con quanta empietà delirate!
Il senso figurato degli animali sacrificati secondo la legge.
6. Riguardo ai sacrifici degli animali, chi di noi non sa che furono imposti conformemente alla perversità del popolo piuttosto che offerti ad un Dio che li desiderasse? Ma tuttavia anche in essi ci sono allusioni a noi: perché non possono esserci la nostra purificazione e la propiziazione di Dio per noi senza sangue. La verità di quelle figure è Cristo, dal cui sangue siamo stati redenti e purificati. Infatti nelle figure delle divine Scritture il toro rappresenta Cristo per il potere della croce, poiché con le sue corna disperse gli empi; l'ariete per il grado supremo di innocenza; e il capro per la sua somiglianza con la carne del peccato, affinché dal peccato condannasse il peccato 11. E se richiamerai alla memoria più precisamente qualche altro genere di sacrificio, ti mostrerò che anche in esso fu profetizzato Cristo. Di conseguenza sia la circoncisione, sia il sabato, sia la distinzione fra i cibi, sia i sacrifici immolati furono figure e profezie per noi; Cristo non venne ad abolirle ma a dare compimento, quando compì ciò che esse preannunciavano. Bada a chi contraddici: l'Apostolo, dal quale traggo queste parole: Ora ciò avvenne come esempio per noi 12.
Conclusioni: differenze sostanziali tra Cristiani e Manichei.
7. Infatti come Manicheo ti ha insegnato l'empia perversità di accogliere del Vangelo ciò che non è di impedimento alla tua eresia, e di non accogliere, invece, ciò che lo è, così l'Apostolo ci ha insegnato la pia cautela di chiamare anàtema chiunque ci abbia annunziato altro da quello che abbiamo ricevuto 13. Di conseguenza i Cristiani cattolici vi annoverano tra la zizzania, perché il Signore ha spiegato che cosa sia la zizzania: non alcune falsità introdotte nelle vere Scritture, come tu hai interpretato, ma gli uomini figli del maligno, cioè imitatori della falsità del diavolo 14. E non è vero che tali cristiani credono a tutto indistintamente: non credono assolutamente, peraltro, a Manicheo ed agli altri eretici. E non condannano l'uso della ragione da parte degli uomini, ma ciò che chiamate ragionamento essi dimostrano che è errore. E non ritengono empio distinguere il vero dal falso: perciò distinguono la falsità della vostra setta e la verità della fede cattolica. E non temono di separare il bene dal male, ma riconoscono che il male non è naturale, perché è contro natura. Non è una certa stirpe delle tenebre, che nasce da un suo stesso principio, ribelle e in opposizione al regno di Dio, la quale ha veramente destato nel vostro dio una paura più grande dei fantasmi per i bambini. Dite che egli si è coperto con un velo per non vedere le sue membra prese e devastate dall'assalto del nemico. Perciò i Cristiani cattolici non soffrono di angustia per questo versetto, quasi che non osservino i precetti della Legge e dei Profeti: poiché in virtù della grazia di Cristo hanno una carità perfetta verso Dio e il prossimo; e da questi due precetti dipendono tutta la Legge ed i Profeti 15. E qualunque profezia vi sia allusivamente contenuta o sotto forma di azioni, o di celebrazioni di sacramenti, o modi di esprimersi, ne riconoscono il compimento in Cristo e nella Chiesa. Così non cediamo alla vana superstizione, né diciamo che quel versetto evangelico è falso, né neghiamo di essere discepoli di Cristo: poiché con quel rispetto della verità, che conformemente alle mie forze ho tante volte esposto, Cristo venne non ad abolire, ma a dare compimento, non ad un'altra legge né ad altri profeti che a quelli cui l'autorità cattolica si mantiene fedele.
Note:
1 - Mt 5, 17.
2 - Mt 23, 15.
3 - Cf. Mt 15, 11.
4 - Cf. Mt 9, 13; 12, 7.
5 - Cf. Mt 13, 25.
6 - Cf. Ger 31, 32.
7 - Ez 11, 19.
8 - 2 Cor 3, 3.
9 - Cf. Col 2, 17.
10 - Rm 1, 25.
11 - Cf. Rm 8, 3.
12 - 1 Cor 10, 6.
13 - Cf. Gal 1, 8-9.
14 - Cf. Mt 13, 39.
15 - Cf. Mt 22, 40.
Primo Venerdì - IL FIGLIUOL PRODIGO
I nove primi venerdì del mese - AA.VV.
Leggilo nella BibliotecaLa parabola del Figliuol Prodigo (Lc. 15:11-32) ci viene narrata
da Gesù per rivelarci la fiamma del suo immenso amore
misericordioso verso i peccatori.
Un uomo aveva due figli. Il più
giovane, stanco della vita che faceva a casa sua, desideroso di
libertà e attirato dalla vita di avventura all’estero,
chiede al padre la sua parte di eredità. Secondo la legge
ebraica il più giovane di due figli, quando diventava
maggiorenne, aveva diritto a un terzo dell’eredità.
Il
padre, che amava tanto suo figlio, cercò di dissuaderlo, ma
dinnanzi all’ostinata decisione del giovane fece la
divisione.
In pochi giorni il figlio vendette terre e immobili
della sua eredità, ne realizzò una grossa somma e partì
lasciando il padre con un gran dolore nel cuore.
All’estero
sperperò il suo denaro in divertimenti e sfrenatezze con
compagnie dissolute. Rimasto senza denaro e abbandonato da tutti,
cominciò a soffrire la fame. Per colmo di sventura s'abbatté
sul paese una terribile carestia tanto che il giovane si venne a
trovare in estrema miseria. Che fare? Fu costretto a mettersi a
servizio di un uomo del paese, un allevatore di porci, il quale lo
mandò a custodire il gregge dietro compenso di una misera paga
giornaliera. Per un ebreo nulla era tanto umiliante quanto custodire
i maiali.
A stomaco vuoto il giovane divorava con gli occhi le
carrube mangiate dalle bestie, perché il padrone, a cui
interessava l’ingrassamento dei maiali più che il giusto
nutrimento dei servi, non gliene dava.
Il figliuol prodigo,
abbattuto dalla miseria, vinto dalla sventura, tradito dagli amici,
riflette sul male fatto, sul dolore recato al padre suo, sullo stato
miserevole in cui si trova. Pentito sinceramente e risoluto a
riparare, decide di ritornare a casa sua, confidando nella bontà
di suo padre, il quale, nonostante le amarezze ricevute da suo
figlio, non aveva cessato di amarlo e di sospirarne il ritorno. Ogni
giorno al sorgere del sole egli si portava alla vicina collina per
scrutare l’orizzonte, e lì senza mai stancarsi cerca
avidamente con gli occhi e con il cuore suo figlio, il figlio perduto
ma sempre teneramente amato.
Finalmente un giorno scorge sulla
lontana strada l’incedere stanco di un giovane. E' lui. In quel
giovane ricoperto di stracci, con i capelli in disordine, senza
mantello e senza sandali, riconosce il figlio ingrato partito da
tanto tempo con gran baldanza. Il cuore di un padre non s’inganna.
Ed ecco che con passo sollecito corre incontro al figlio, se lo
stringe al cuore e senza badare al volto sudicio e polveroso, lo
ricopre di baci. Incontro commovente! Spettacolo di umiltà, di
pentimento e di confidenza da parte del figlio e di immensa
misericordia da parte del padre!
Il figlio, umiliato e
contrito, gli chiede perdono:
Padre, ho peccato contro il cielo e
contro di te, non Sono più degno di essere chiamato tuo
figlio.
In presenza del figlio ritrovato il padre è ricolmo
da gioia per il suo ritorno. Un solo sentimento lo domina: l’amore
in tutto il suo fervore, la tenerezza più squisita, la
misericordia più commovente!... Non l’interroga, non lo
rimprovera ma l’abbraccia e lo bacia, ed il figlio, piangendo
di pentimento e di gioia, nasconde la sua testa sul petto del padre
che l’ama tanto.
Sulla bocca di quel tenero padre risuona
una sola parola: Mio figlio! Mio figlio era morto ed è
risuscitato! Per mio figlio subito la veste più bella, un
anello prezioso, sandali nuovi, un banchetto splendido, una grande
festa.
Riflettiamo: la bontà misericordiosa di quel
padre è una pallida immagine dell’infinito e
meraviglioso amore del Cuore di Gesù verso colui che si pente
dei suoi peccati, confida nella sua bontà e gli domanda
perdono mediante il Sacramento della Confessione. Si realizza così
quanto il profeta Geremia aveva predetto circa 600 anni prima:
«Ritorna, Israele ribelle, dice il Signore. Io non ti mostrerò
la faccia sdegnata, perché io sono pietoso, dice il Signore.
Non conserverò rancore per sempre. Ma tu riconosci la tua
colpa, perché sei stato infedele al Signore tuo Dio»
(Ger. 3:12-13).
Nella vita di Suor Benigna leggiamo che Gesù
diceva a quest’anima privilegiata:
«L’anima non
abbia mai paura di Dio perché Egli è sempre pronto a
usarle misericordia, e il più grande piacere che possa avere
il Cuore di Gesù è quello di condurre al suo Padre il
maggior numero possibile di peccatori. Io li amo tanto i peccatori!
... Quando un’anima si pente delle sue colpe e le deplora con
tutto il cuore, credi tu che io sia così duro da non
riceverla? Se pensi così è segno che tu non conosci il
mio Cuore... Non si conosce il torto se si fa a Dio dubitando della
sua bontà! I peccati possono essere enormi e numerosi, ma
purché pentiti e umiliati si ritorni a me, sono sempre pronto
a perdonare tutto, a tutto dimenticare! Il mio Cuore non solo
compatisce, ma tanto più gioisce quanto più vi ha da
riparare, purché non vi sia malizia..., anche le colpe più
gravi e vergo gnose diventano per l’anima pentita la pietra
fondamentale della sua perfezione».
Diceva Padre Matteo
Crawley: « Amate Gesù, amatelo davvero e semplicemente.
Siate persuasi del suo amore misericordioso. Quest’amore tutto
di misericordia l’ha fatto discendere a Betlemme per rendersi
responsabile dei nostri peccati e morire espiando per noi...; questo
amore di misericordia va in Gesù fino all’eccesso..,
fino alla follia..., ma dunque amiamolo noi pure sino alla follia,
viviamo amando. Oh come si respira bene sul Cuore di Gesù!
Alcuni dicono che il salvarsi è cosa difficile, io direi
piuttosto che non è cosa facile dannarsi, perché
bisogna svincolarsi dalle braccia di Gesù. Non vivete di
timore, la legge del timore fu spezzata sul Calvario: vivete di amore
e comunicate ad altri la dottrina della misericordia. Se ne ha tanto
bisogno!
Un giorno in Spagna un Sacerdote, avendomi inteso
predicare sulla misericordia del Cuore di Gesù, venne a
trovarmi e mi disse: «Padre bisogna anche parlare della
giustizia di Dio; i grandi peccatori hanno bisogno di pensarci,
specialmente ai nostri tempi...
— Ella è Sacerdote,
risposi, ed io pure: orbene mi dica tale grazia non la dobbiamo forse
alla misericordia del Signore?
— Oh, sì certamente.
—
E nell’ora della morte nostra di che avremo bisogno, di che
desidera ella che si parli se non della misericordia?
— Oh
sì, verissimo.
— E la misericordia non è forse
fatta per i più miserabili, per i più grandi
peccatori?... Predico la misericordia perché ho bisogno di
misericordia e sento di dover dare alle anime ciò di cui ho
maggior bisogno io stesso. Sì, anche ai grandi peccatori
conviene parlare di amore e misericordia poiché ne abbiamo
tanto bisogno. Osservi che le conversioni ottenute dal timore non
sono stabilì. Il Vangelo del Salvatore è Vangelo di
amore. Come apostolo ella ha bisogno della misericordia per rialzare
tante anime».
Un giorno Gesù, facendo vedere
l’inferno a Suor Benigna, le disse: «Vedi, Benigna, quel
fuoco!... Sopra a quell’abisso io ho steso, come un reticolato,
i fili della mia misericordia, perché le anime non vi
cadessero dentro, però quelli che si vogliono dannare vanno lì
per aprire con le proprie mani quei fili e cadere dentro, ed una
volta che vi sono dentro neppure la mia bontà li può
salvare. Queste anime sono inseguite dalla mia misericordia più
che non sia inseguito un malfattore dalla polizia, ma esse sfuggono
alla mia misericordia! La porta della mia misericordia non è
chiusa a chiave, ma è solo socchiusa; per poco che la si
tocchi, la sì apre. Anche un bambìno la può
aprire, anche un vecchio che non ha più forza. La porta della
mia giustizia invece è chiusa e l’apro solo a chi mi
costringe ad aprirla, ma io spontaneamente non l’aprirei mai».
Fratello carissimo, che hai deciso di fare i Nove Primi
Venerdì per assicurarti il Paradiso, sai cos’è
questo Paradiso? Purtroppo su questa terra non possiamo capirlo, non
possiamo immaginarlo tanto è al di sopra di ogni nostra
aspettativa. Ebbene per dartene qualche pallida idea e per
invogliarti a far bene i primi venerdì ti riporto una visione
avuta da S. Giovanni Bosco, il Fondatore dei Salesiani.
«Mi
trovavo — così narrava il Santo ai suoi giovani e ai
superiori — a Lanzo ed ero nella mia camera. Ad un tratto mi
vidi sopra una collina. Lo sguardo si perdeva nell’immensità.
La pianura che mi stava dinnanzi era cerulea come il mare, ma quello
che vedevo non era il mare. Quella pianura era divisa da larghi viali
in vastissimi giardini; gli alberi, i frutti erano bellissimi; le
foglie erano d’oro, i tronchi e i rami erano di diamante ed il
resto corrispondeva a tanta ricchezza.
Mentre contemplavo questa
bellezza, ecco diffondersi una musica soavissima. Erano centomila
strumenti e tutti davano un suono differente l’uno dall’altro;
a questi si univano i cori dei cantori. Mentre estatico ascoltavo la
celeste armonia, ecco apparire una quantità immensa di
giovani. La sterminata folla veniva verso di me. Alla testa di tutti
avanzava Domenico Savio. Tutti si fermarono davanti a me alla
distanza di otto-dieci passi... Allora brillò un lampo di
luce, cessò la musica e si fece un profondo silenzio.
Domenico
Savio si avanzò solo di qualche passo ancora e si fermò
vicino a me. Taceva e mi guardava sorridente. Come era bello! Le sue
vesti erano singolari: la tunica bianchissima, che gli scendeva fino
ai piedi, era trapunta di diamanti ed era intessuta d’oro.
Un’ampia fascia rossa cingeva i suoi fianchi, ricamata così
di gemme preziose che una toccava quasi l’altra. Dal collo gli
pendeva una collana dì fiori mai visti,
sembrava che
fossero di diamanti uniti. Questi fiori risplendevano di luce. Il
capo era cinto di una corona di rose. La capigliatura gli scendeva
ondeggiamente giù per le spalle e gli dava un aspetto così
bello, così affettuoso, così attraente che sembrava..,
sembrava un Angelo. — Io ero muto e tremante. Allora Domenico
Savio disse: Perché te ne stai muto ed annientato?
Non so
cosa dire, risposi. Tu dunque sei Domenico Savio ?
— Sono
io! Non mi riconosci più?
— (Bosco) E come va che ti
trovi qui?
— (Savio) Son venuto per parlarti! Perché
dunque sei così smarrito, sgomentato? Fammi qualche
interrogazione.
— (Bosco) Io tremo perché non so dove
sia!
— (Savio) Sei nel luogo della felicità, dove si
godono tutte le gioie e le delizie! — (Felicità
secondaria, che consiste nel godimento della natura materiale
rinnovata dopo la fine del mondo, come ci dice la parola di Dio: «Ma
noi attendiamo, secondo la sua promessa «cieli nuovi e terra
nuova», in cui abiterà la giustizia». (2 Pt. 3:13)
— «Ecco Io faccio nuove tutte le cose» (Apoc.
21:5).
— (Bosco) E questo dunque il premio dei giusti?
—
(Savio) No, no! Qui siamo in un luogo ove non si godono i beni eterni
(cioè le incantevoli bellezze che tu ora stai vedendo non sono
la felicità primaria, essenziale, che consiste nel possesso e
nel godimento di Dio).
— (Bosco) Sono naturali tutte queste
cose?
— (Savio) Sì, abbellite però dalla
potenza di Dio.
— (Bosco) A me sembrava che questo fosse il
Paradiso!
— (Savio) No, no, no! Nessun occhio mortale può
vedere le bellezze eterne! (della felicità primaria).
—
(Bosco) E voi dunque cosa godete in Paradiso?
— (Savio)
Dirtelo è impossibile. Quello che si gode in Paradiso non vi è
uomo mortale che possa saperlo finché non sia uscito di vita e
riunito al suo Creatore.
— (Bosco) Orbene, mio caro Savio,
dimmi quale cosa ti consolò di più in punto di
morte?
Forse l’avere conservata la bella virtù della
purezza?... L’aver la coscienza tranquilla?... Aver fatto opere
buone?...
— (Savio) Ciò che mi confortò di più
in punto di morte fu l’assistenza della potente ed amabile
Madre del Salvatore, Maria Santissima. E questo dillo ai tuoi
giovani! Che non dimentichino di pregarla finché sono in
vita!».
Se le meraviglie naturali, abbellite dalla potenza
di Dio, avevano talmente incantato S. Giovanni Bosco da fargli
credere essere quello il Paradiso, quali saranno le meraviglie
soprannaturali? Balbettiamo qualche parola.
«Tutti quelli
che andranno in Paradiso saranno di una bellezza e bontà
indicibili. Ivi si troveranno soltanto persone belle e affascinanti,
pure e sante, nobili e grandi, caritatevoli e generose, gentili e
affabili, simpatiche e cortesi come nessuno sulla terra. Persone
fornite di tutte le doti di mente e di cuore e dalle qualità
umane più complete e più perfette immuni da qualsiasi
difetto fisico e morale che possa annebbiare minimamente la serenità
perenne della festa del Cielo.
Un giorno apparve a S Teresa d
Avila una perso bella e affascinante che la Santa cadde in ginocchio
credendo di trovarsi dinnanzi a Dio. Il suo Angelo custode le disse:
«Alzati, Teresa, non sei davanti a Dio, ma dinnanzi a un’anima
in grazia di Dio».
Se questo è accaduto su questa
terra, che sarà in Paradiso nella pienezza della gloria?
Inoltre se noi paragoniamo la bellezza alla luce, in Paradiso un
Santo è rispetto a un semplice beato come il sole rispetto
alla luna.
Della bellezza della Santissima Vergine Maria, della
gioia di vederla, amarla ed essere amati da Lei, ce ne danno un
esempio S. Bernadetta di Lourdes e Lucia di Fatima.
Bernadetta,
giunta sul punto di morire, non voleva ricevere i Sacramenti. La sua
Superiora sbalordita le chiese il perché. La Santa rispose:
—
Perché sono state già due volte che ho ricevuto il
Viatico e l’Estrema Unzione e sono guarita.
— E con
ciò cosa vuoi dire? riprese la Superiora.
— Voi non
sapete quanto è bella la Madonna e non potete desiderarla. Io
che l’ho vista non vedo l’ora di morire per andare da Lei
e stare sempre con Lei.
— Ebbene ricevete i Sacramenti e
questa volta vi assicuro che morirete. Tutte le suore pregheremo a
questo scopo.
A questa assicurazione la Santa ricevette i
Sacramenti e dopo morì col sorriso sulle labbra.
Lucia di
Fatima vive col desiderio continuo di morire per andare dalla Madonna
e si lamenta di questo:
«Di tutto mi ascolta la Madonna,
solo di una cosa non mi accontenta: di morire».
Quale
felicità darà la visione e l’amore di Gesù?
Ce lo dice S. Gertrude. Dopo aver visto una volta Gesù
perdette i sensi per lungo tempo. Riavutasi disse:
«Allo
sguardo dolcissimo di Gesù fui ripiena ditale felicità
che per la grande gioia mi sentii sciogliere i nervi e le ossa come
cera al fuoco».
Della bellezza e dell’amore di
Gesù possiamo farcene qualche pallida idea concentrando in
un’unica persona tutta la bellezza e tutto l’amore di
tutte le creature umane. Ma della bellezza e dell’amore della
Divinità, della felicità di contemplare e possedere la
Santissima Trinità non possiamo farcene alcuna idea perché
non abbiamo e non possiamo avere nessun termine di paragone. Immagina
l’incanto di tutte le melodie e di tutte le armonie più
belle di tutti i musicisti della terra. Riunisci in uno l’incanto
di tutte le aurore di tutti i tramonti, di tutti i panorami, di tutte
le galassie. Immagina la bellezza e la bontà di tutte le donne
e di tutti gli uomini più belli e più buoni. Concentra
in uno tutte le dolcezze provate da tutte le creature umane con i
loro sensi sulla terra. Ebbene tutto questo è troppo poco per
poter immaginare l’amore, la bellezza, l’armonia, la
dolcezza di Dio. La Beata Angela da Foligno, convertitasi a 26 anni,
dopo la morte del marito, e consacratosi a Dio, fece da allora una
Vita santissima di preghiere, di penitenze e di opere sante. Fu
favorita da Dio da meravigliose visioni che il suo Confessore
trascrisse sotto dettatura di lei nel Libro delle mirabili visioni»
Ebbe la fortuna rarissima di vedere ancora in terra Dio a faccia a
faccia.
Dopo una di tale visioni disse: «Concentrate in uno
tutte le gioie e tutti i piaceri che hanno goduto, godono e godranno
sia lecitamente che illecitamente tutti gli uomini e le donne della
terra dall’inizio alla fine del mondo, ebbene io in un solo
istante della Visione di Dio ho goduto immensamente di più».
Il
25 gennaio 1558, festa della conversione di S. Paolo, Santa Teresa di
Gesù ebbe una delle più alte visioni della sua vita:
«Mi apparve — dice la Santa — intera l’Umanità
Santissima di Gesù Cristo mentre assistevo alla S. Messa. Era
in quella forma in cui sono soliti dipingerlo risuscitato, ma di una
bellezza e maestà incomparabili. Se in Cielo vi fosse soltanto
l’eccelsa bellezza dei corpi gloriosi e quella in particolare
dell’Umanità di Nostro Signore, il piacere che se ne
proverebbe sarebbe veramente immenso». Per questo S. Paolo,
dopo essere stato rapito al terzo cielo, disse:
«Occhio
umano non ha visto, orecchio umano non ha udito, né è
entrato nel cuore dell’uomo quello che Dio ha preparato per
coloro che lo amano» (I Cor. 2:9).
Esempio
Il Padre Parnisetti S.J. che pubblicò nell’opuscolo
La Grande Promessa - ed. L.I.C.E. - Torino» la relazione
datagli dal Sacerdote di cui il Sacro Cuore si servì per la
conversione del suo antico compagno di collegio, tace per doverosi
riguardi il nome del protagonista e la città dove
avvenne.
N.N. da giovanetto aveva compiuto in collegio con Sincera
pietà la pratica dei nove Primi Venerdì, ma poi traviò
e si diede ad una vita scandalosa.
Ottenuto un impiego in una
Banca, ben presto venne licenziato perché spendeva assai più
denaro di poteva provenire delle sue entrate. Andò in
Inghilterra dove per poter vivere fece il cameriere ma dopo un anno
di peripezie lo ritroviamo nella sua natale irrimediabilmente
consumato a 23 anni della tisi, conseguenza dei suoi disordini. La
morte si avvicinava a grandi passi, il corpo si ma l’anima
indurita non si- commuoveva e resisteva ai ripetuti inviti della
divina Misericordia. Il moribondo non voleva saperne di
riconciliazione con Dio, respingendo alcune pie persone che
s’industria- vano per farlo confessare.
Ma il Cuore di Gesù
vegliava su quel povero peccatore e con amorosa provvidenza ispirò
un pio Sacerdote, già compagno di collegio del moribondo, ad
andarlo a visitare. L’ammalato riceve il Sacerdote soltanto
come amico. Appena questi accenna alla confessione l’infermo
scatta a dire:
— Se non hai altro da dirmi puoi
andartene...: ti ricevo come amico e non come prete. Vai via, non
voglio preti. Inutilmente il Sacerdote cercò di soggiungere
qualche buona parola per calmano.
— Finiscila, ti ripeto, io
non voglio preti.. te ne vai sì o no?
Ebbene, continua il
Sacerdote, se proprio vuoi che me ne vada, addio mio povero amico!...
e si avvia per uscire rivolgendo un ultimo sguardo di compassione al
morente ed esclamando: Questa è la prima volta che non si
vedrà mantenuta la Grande Promessa del Sacro Cuore!...
—
Che cosa dici? — replicò con un fu di voce il
moribondo.
Il Sacerdote ritornato presso il letto: — Dico
che sarebbe la prima volta che non si vedrebbe realizzata la Grande
Promessa fatta dal Cuore di Gesù di concedere una buona morte
a quelli che avranno fatto le nove Comunioni nei primi venerdì
del mese.
— E che c’entro io con questo?
Altro che
c’entri! Non ricordi, caro amico, che in collegio abbiamo fatto
insieme queste Comunioni dei primi Venerdì? Tu le hai fatte
con sincera devozione perché allora amavi il Cuore di Gesù,
e vorresti ora resistere alla sua grazia con cui t’invita al
perdono con misericordia infinita?
Mentre così parlava,
l’ammalato si era calmato, lacrime di dolore gli rigavano il
volto e singhiozzando disse:
— Amico, aiutami! Aiutami tu,
non abbandonare questo povero disgraziato!... Va subito a chiamare
uno dei Padri Cappuccini della chiesetta qui vicina...
Ricevette
gli ultimi Sacramenti con edificante pietà e benedicendo
l’eccesso di misericordia usata a lui dal Cuore di Gesù,
moriva con segni consolantissimi della sua eterna salvezza.
15 luglio 1943
Maria Valtorta
Dice Gesù:
«Eccomi a medicarti tutta. Ma, povera Maria, certe ferite sono necessarie e rientrano nel lavoro che un’anima deve subire per formarsi nella forma che l’Artefice divino le vuole dare. Il blocco di marmo già sbozzato dice a se stesso: “Mi pare che basti di essere martellato, scalfito, scalpellato. Sono bello abbastanza e rendo l’idea dello scultore”. Ma lo scultore non la vede così, e picchia, e scalpella ancora finché l’opera è perfetta. Lo stesso, Io con le anime; e quanto più ho disegni speciali su un’anima, tanto più la lavoro.
Dunque senti. Tu sei immersa da qualche mese nella pace e nella gioia mistica. Ma non ti devi dimenticare che molti non lo sono e che tu ci sei unicamente per grazia mia. Ora, ecco, la bufera di ieri ha servito proprio a ricordarti queste due cose.
La prima è che tu sei una povera, povera creatura piena di manchevolezze e hai un grande bisogno di aiuto da tutti per non mancare, hai soprattutto bisogno della amabilità del tuo Gesù. Se Egli ti posa a terra per un attimo, fai come un bambino di pochi mesi: cadi subito, ti sporchi e ti fai del male.
La seconda è che l’anima vittima è in continuo servizio per i suoi fratelli. Guarda, Maria, quanti, quanti, quanti sono portati alla desolazione e alla disperazione da un complesso di circostanze. Il vivere e il convivere, soprattutto, sono tante trappole per attanagliare le povere creature e portarle a dubitare di se stesse, degli altri, di Dio. Non tutti, o Maria, hanno Me nel modo come tu mi hai. E se tu, avendo Me, soffri così della altrui maniera d’agire, pensa cosa devono soffrire gli altri che non hanno il mio petto per piangervi sopra.
Tu mi hai sempre avuto, anche quando ti credevi sola e non venivi a Me. Non venivi, ma venivo Io. La mia vicinanza non vista è bastata a metter pace nelle tempeste del tuo cuore. Una pace relativa poiché tu, allora, non mi aiutavi. Ma era sempre tanta da impedire il tuo naufragio. Ma gli altri!... Gli altri che mi sono nemici, gli altri che hanno talmente intiepidita la fede da non essere più fede!... Essi, nella tempesta, non hanno il Maestro.
Se mi stessi attenta quando ti parlo! Te ne ho parlato in questi giorni[147] sul come devi trattare tua madre e sulla necessità, per le vittime, di bere al mio posto il fiele e l’aceto. Perciò sta’ calma. Lo hai bevuto, non troppo lietamente, in verità. Ma lo hai bevuto. Non è stato senza scopo. Offri il tuo dolore, il tuo avvilimento per non essere stata più brava. Offri tutto per i fratelli.
E non dubitare di Me. Il tuo Maestro capisce meglio di tutti. Se tu avessi avuto rancore o se avessi inveito contro Me, mi avresti ferito. Ma la tua umiliazione verso tua madre e il tuo rifugiarti in Me per aiuto hanno annullato quel che è dato dallo squilibrio del tuo dominio.
Sei una bimba che ha fatto le bizze. I bimbi sono perdonati, specie quando sono malati e quando si pentono d’esser stati bizzosi. E Gesù ti perdona. Vedrai che anche il Padre, che parla in mio Nome e per mia ispirazione, ti dice lo stesso. Vuoi farne la prova? Non gli dare questo quaderno prima della confessione e confèssati. Vedrai.
Sii buona e fiduciosa. Amami e soffri. Pensa che solo Io ti amo come ti occorre essere amata, che solo Io ti comprendo alla perfezione, che solo Io ti posso consolare veramente. Soffri… Ce ne è un bisogno infinito in questi giorni: per tutti e specie per voi italiani.
Ti ho detto[148] d’essere cisterna di carità per dare a tutti le dolci acque dell’amore. Ma ti dico che devi, per una operazione dolorosissima, depurare anche le acque amarissime dell’odio allo scopo di dissetare sempre più i fratelli morenti di tante seti.
I bisogni crescono, bisogna cresca la cisterna. E dato che sarebbe sacrilego e stolto unire l’amore all’odio e corrompere la dolcezza dell’acqua d’amore con l’amarezza dell’acqua dell’odio, a costo del tuo dolore devi metterti come un filtro soprannaturale: assorbire tu tutto l’amaro, lasciar filtrare l’acqua depurata onde cresca l’onda nella cisterna della carità.
Chi ha dato un bicchiere d’acqua in mio Nome sarà benedetto[149]. Ma chi quel bicchiere se lo spreme dal cuore, che avrà? Pensalo tu e sali.»
Ieri mi sono proprio lasciata prendere il sopravvento dall’umano. Non porto a mia scusante né il dolore talmente spasmodico da farmi pensare con desiderio alla morfina, né i crucci di questi giorni, né l’altrui mancanza di prudenza e carità. Non invoco nulla a mia discolpa. Dico che ho lasciato che l’umano mi soverchiasse e... ho straripato.
Dopo... mentre ancora straripavo, mi sono attaccata al mio Gesù perché sentivo la pazzia nel cranio e la tentazione in cuore. Secondo atto di rinsavimento, dopo l’invocazione a Gesù, quello di chiedere scusa a mamma. Terzo atto, una enorme paura di avere demeritato la parola di Gesù. Ho fatto più atti di contrizione ieri sera che in un anno. Perché io non posso pensare di avere addolorato Gesù. È di Lui che mi spiace! Però mi pareva che Gesù mi sorridesse perdonandomi.
La paura m’è durata sino alle 8 di stamane, quando il Buonissimo mi ha parlato con la sua cara Voce che è un vero balsamo sul cuore crucciato. Ora sono ansiosa di sentire cosa mi dice lei, per avere una nuova prova che quanto odo viene proprio da Gesù.
[147] in questi giorni, il 10 e il 13 luglio.
[148] Ti ho detto il 21 giugno.
[149] sarà benedetto, come già ricordato l’8 luglio.