Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 17° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 1
1Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi,2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola,3così ho deciso anch'io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo,4perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
5Al tempo di Erode, re della Giudea, c'era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta.6Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore.7Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
8Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore nel turno della sua classe,9secondo l'usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l'offerta dell'incenso.10Tutta l'assemblea del popolo pregava fuori nell'ora dell'incenso.11Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso.12Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore.13Ma l'angelo gli disse: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni.14Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita,15poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre16e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio.17Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, 'per ricondurre i cuori dei padri verso i figli' e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto".18Zaccaria disse all'angelo: "Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni".19L'angelo gli rispose: "Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio.20Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo".
21Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio.22Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.
23Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa.24Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva:25"Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini".
26Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret,27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.28Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te".29A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.30L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.31Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.32Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".
34Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo".35Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:37'nulla è impossibile a Dio'".38Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei.
39In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo42ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!43A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?44Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.45E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore".
46Allora Maria disse:
"'L'anima mia' magnifica 'il Signore'
47e il mio spirito 'esulta in Dio, mio salvatore,'
48perché 'ha guardato l'umiltà della' sua 'serva.'
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e 'Santo è il suo nome:'
50'di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.'
51Ha spiegato la potenza del suo 'braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri' del loro cuore;
52'ha rovesciato i potenti' dai troni,
'ha innalzato gli umili;'
53'ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.'
54'Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,'
55come aveva promesso 'ai nostri padri,
ad Abramo e alla' sua 'discendenza,'
per sempre".
56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
57Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.58I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
59All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria.60Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà Giovanni".61Le dissero: "Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome".62Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.63Egli chiese una tavoletta, e scrisse: "Giovanni è il suo nome". Tutti furono meravigliati.64In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.65Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.66Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: "Che sarà mai questo bambino?" si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.
67Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo, e profetò dicendo:
68"'Benedetto il Signore Dio d'Israele,'
perché ha visitato e redento il suo popolo,
69e ha suscitato per noi una salvezza potente
nella casa di Davide, suo servo,
70come aveva promesso
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:
71salvezza 'dai' nostri 'nemici,'
'e dalle mani di quanti ci odiano.'
72'Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri'
'e si è ricordato della sua' santa 'alleanza,'
73'del giuramento fatto ad Abramo', nostro padre,
74di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore,75in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
76E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
perché andrai 'innanzi al Signore a preparargli le strade,'
77per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati,
78grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge
79'per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre'
'e nell'ombra della morte'
e dirigere i nostri passi sulla via della pace".
80Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Secondo libro dei Maccabei 6
1Non molto tempo dopo, il re inviò un vecchio ateniese per costringere i Giudei ad allontanarsi dalle patrie leggi e a non governarsi più secondo le leggi divine,2inoltre per profanare il tempio di Gerusalemme e dedicare questo a Giove Olimpio e quello sul Garizim invece a Giove Ospitale, come si confaceva agli abitanti del luogo.3Grave e intollerabile per tutti era il dilagare del male.4Il tempio infatti fu pieno di dissolutezze e gozzoviglie da parte dei pagani, che gavazzavano con le prostitute ed entro i sacri portici si univano a donne e vi introducevano le cose più sconvenienti.5L'altare era colmo di cose detestabili, vietate dalle leggi.6Non era più possibile né osservare il sabato, né celebrare le feste tradizionali, né fare aperta professione di giudaismo.7Si era trascinati con aspra violenza ogni mese nel giorno natalizio del re ad assistere al sacrificio; quando ricorrevano le feste dionisiache, si era costretti a sfilare coronati di edera in onore di Dioniso.8Fu emanato poi un decreto diretto alle vicine città ellenistiche, per iniziativa dei cittadini di Tolemàide, perché anch'esse seguissero le stesse disposizioni contro i Giudei, li costringessero a mangiare le carni dei sacrifici9e mettessero a morte quanti non accettavano di partecipare alle usanze greche. Si poteva allora capire quale tribolazione incombesse.10Furono denunziate, per esempio, due donne che avevano circonciso i figli: appesero i loro bambini alle loro mammelle e dopo averle condotte in giro pubblicamente per la città, le precipitarono dalle mura.11Altri che si erano raccolti insieme nelle vicine caverne per celebrare il sabato, denunciati a Filippo, vi furono bruciati dentro, perché essi avevano ripugnanza a difendersi per il rispetto a quel giorno santissimo.
12Io prego coloro che avranno in mano questo libro di non turbarsi per queste disgrazie e di considerare che i castighi non vengono per la distruzione ma per la correzione del nostro popolo.13E veramente il fatto che agli empi è data libertà per poco tempo, e subito incappano nei castighi, è segno di grande benevolenza.14Poiché il Signore non si propone di agire con noi come fa con gli altri popoli, attendendo pazientemente il tempo di punirli, quando siano giunti al colmo dei loro peccati;15e questo per non dovere alla fine punirci quando fossimo giunti all'estremo delle nostre colpe.16Perciò egli non ci toglie mai la sua misericordia, ma, correggendoci con le sventure, non abbandona il suo popolo.17Questo sia detto come verità da ricordare. Dopo questa breve parentesi torniamo alla narrazione.
18Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell'aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e ad ingoiare carne suina.19Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s'incamminò volontariamente al supplizio,20sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per brama di sopravvivere.21Coloro che erano incaricati dell'illecito banchetto sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano con quest'uomo, lo tirarono in disparte e lo pregarono di prendere la carne di cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare la porzione delle carni sacrificate imposta dal re,22perché, agendo a questo modo, avrebbe sfuggito la morte e approfittato di questo atto di clemenza in nome dell'antica amicizia che aveva con loro.23Ma egli, facendo un nobile ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia a cui si aggiungeva la veneranda canizie, e della condotta irreprensibile tenuta fin da fanciullo, e degno specialmente delle sante leggi stabilite da Dio, rispose subito dicendo che lo mandassero alla morte.24"Non è affatto degno della nostra età fingere con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant'anni Eleàzaro sia passato agli usi stranieri,25a loro volta, per colpa della mia finzione, durante pochi e brevissimi giorni di vita, si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia.26Infatti anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire né da vivo né da morto alle mani dell'Onnipotente.27Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età28e lascerò ai giovani nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e generosamente per le sante e venerande leggi". Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio.29Quelli che ve lo trascinavano, cambiarono la benevolenza di poco prima in avversione, ritenendo a loro parere che le parole da lui prima pronunziate fossero una pazzia.30Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i gemiti: "Il Signore, cui appartiene la sacra scienza, sa bene che, potendo sfuggire alla morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i flagelli, ma nell'anima sopporto volentieri tutto questo per il timore di lui".31In tal modo egli morì, lasciando non solo ai giovani ma alla grande maggioranza del popolo la sua morte come esempio di generosità e ricordo di fortezza.
Siracide 19
1Un operaio ubriacone non arricchirà;
chi disprezza il poco cadrà presto.
2Vino e donne traviano anche i saggi,
ancor più temerario è chi frequenta prostitute.
3Tarli e vermi lo erediteranno,
il temerario sarà eliminato.
4Chi si fida con troppa facilità è di animo leggero,
chi pecca danneggia se stesso.
5Chi si compiace del male sarà condannato;
6chi odia la loquacità sfugge al male.
7Non riferire mai una diceria
e non ne avrai alcun danno;
8non parlarne né all'amico né al nemico,
e se puoi farlo senza colpa, non svelar nulla.
9Altrimenti chi ti ascolta diffiderà di te
e all'occasione ti avrà in odio.
10Hai udito una parola? Muoia con te!
Sta' sicuro, non ti farà scoppiare.
11Per una parola lo stolto ha i dolori,
come la partoriente per un bambino.
12Una freccia confitta nella carne della coscia:
tale una parola in seno allo stolto.
13Interroga l'amico: forse non ha fatto nulla,
e se qualcosa ha fatto, perché non continui più.
14Interroga il prossimo: forse non ha detto nulla,
e se qualcosa ha detto, perché non lo ripeta.
15Interroga l'amico, perché spesso si tratta di
calunnia;
non credere a ogni parola.
16C'è chi sdrucciola, ma non di proposito;
e chi non ha peccato con la sua lingua?
17Interroga il tuo prossimo, prima di minacciarlo;
fa' intervenire la legge dell'Altissimo.
18Tutta la sapienza è timore di Dio
e in ogni sapienza è la pratica della legge.
19Non c'è sapienza nella conoscenza del male;
non è mai prudenza il consiglio dei peccatori.
20V'è un'abilità che è abominevole,
c'è uno stolto cui manca solo la saggezza.
21Meglio uno di scarsa intelligenza ma timorato,
che uno molto intelligente ma trasgressore della legge.
22Esiste un'abilità scaltra, ma ingiusta;
c'è chi intriga per prevalere in giudizio.
23C'è il malvagio curvo nella sua tristezza,
ma il suo intimo è pieno di inganno;
24abbassa il volto e finge di essere sordo,
ma, quando non è osservato, avrà il sopravvento.
25E se per mancanza di forza gli è impedito di peccare,
all'occasione propizia farà del male.
26Dall'aspetto si conosce l'uomo;
dal volto si conosce l'uomo di senno.
27Il vestito di un uomo, la bocca sorridente
e la sua andatura rivelano quello che è.
Salmi 42
1'Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core.'
2Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
3L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
4Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: "Dov'è il tuo Dio?".
5Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.
6Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
7In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
8Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
9Di giorno il Signore mi dona la sua grazia
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
10Dirò a Dio, mia difesa:
"Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?".
11Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: "Dov'è il tuo Dio?".
12Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
Geremia 2
1Mi fu rivolta questa parola del Signore:
2"Va' e grida agli orecchi di Gerusalamme:
Così dice il Signore:
Mi ricordo di te, dell'affetto della tua giovinezza.
dell'amore al tempo del tuo fidanzamento,
quando mi seguivi nel deserto,
in una terra non seminata.
3Israele era cosa sacra al Signore,
la primizia del suo raccolto;
quanti ne mangiavano dovevano pagarla,
la sventura si abbatteva su di loro.
Oracolo del Signore.
4Udite la parola del Signore, casa di Giacobbe,
voi, famiglie tutte della casa di Israele!
5Così dice il Signore:
Quale ingiustizia trovano in me i vostri padri,
per allontanarsi da me?
Essi seguirono ciò ch'è vano,
diventarono loro stessi vanità
6e non si domandarono: Dov'è il Signore
che ci fece uscire dal paese d'Egitto,
ci guidò nel deserto,
per una terra di steppe e di frane,
per una terra arida e tenebrosa,
per una terra che nessuno attraversava
e dove nessuno dimora?
7Io vi ho condotti in una terra da giardino,
perché ne mangiaste i frutti e i prodotti.
Ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra
e avete reso il mio possesso un abominio.
8Neppure i sacerdoti si domandarono:
Dov'è il Signore?
I detentori della legge non mi hanno conosciuto,
i pastori mi si sono ribellati,
i profeti hanno predetto nel nome di Baal
e hanno seguito esseri inutili.
9Per questo intenterò ancora un processo contro di voi,
- oracolo del Signore -
e farò causa ai vostri nipoti.
10Recatevi nelle isole dei Kittim e osservate,
mandate pure a Kedar e considerate bene;
vedete se là è mai accaduta una cosa simile.
11Ha mai un popolo cambiato dèi?
Eppure quelli non sono dèi!
Ma il mio popolo ha cambiato colui che è la sua gloria
con un essere inutile e vano.
12Stupitene, o cieli;
inorridite come non mai.
Oracolo del Signore.
13Perché il mio popolo ha commesso due iniquità:
essi hanno abbandonato me,
sorgente di acqua viva,
per scavarsi cisterne,
cisterne screpolate,
che non tengono l'acqua.
14Israele è forse uno schiavo
o un servo nato in casa?
Perché allora è diventato una preda?
15Contro di lui ruggiscono i leoni,
fanno udire i loro urli.
La sua terra è ridotta a deserto,
le sue città sono state bruciate e nessuno vi abita.
16Perfino i figli di Menfi e di Tafni
ti hanno raso la testa.
17Tutto ciò forse non ti accade
perché hai abbandonato il Signore tuo Dio?
18E ora perché corri verso l'Egitto
a bere le acque del Nilo?
Perché corri verso l'Assiria
a bere le acque dell'Eufrate?
19La tua stessa malvagità ti castiga
e le tue ribellioni ti puniscono.
Riconosci e vedi quanto è cosa cattiva a amara
l'aver abbandonato il Signore tuo Dio
e il non aver più timore di me.
Oracolo del Signore degli eserciti.
20Poiché già da tempo hai infranto il tuo giogo,
hai spezzato i tuoi legami
e hai detto: Non ti servirò!
Infatti sopra ogni colle elevato
e sotto ogni albero verde ti sei prostituita.
21Io ti avevo piantato come vigna scelta,
tutta di vitigni genuini;
in tralci degeneri di vigna bastarda?
22Anche se ti lavassi con la soda
e usassi molta potassa,
davanti a me resterebbe la macchia della tua iniquità.
Oracolo del Signore.
23Perché osi dire: Non mi sono contaminata,
non ho seguito i Baal?
Considera i tuoi passi là nella valle,
riconosci quello che hai fatto,
giovane cammella leggera e vagabonda,
24asina selvatica abituata al deserto:
nell'ardore del suo desiderio aspira l'aria;
chi può frenare la sua brama?
Quanti la cercano non devono stancarsi:
la troveranno sempre nel suo mese.
25Bada che il tuo piede non resti scalzo
e che la tua gola non si inaridisca!
Ma tu rispondi: No. È inutile,
perché io amo gli stranieri,
voglio seguirli.
26Come si vergogna un ladro preso in flagrante
così restano svergognati quelli della casa d'Israele,
essi, i loro re, i loro capi,
i loro sacerdoti e i loro profeti.
27Dicono a un pezzo di legno: Tu sei mio padre,
e a una pietra: Tu mi hai generato.
A me essi voltan le spalle
e non la fronte;
ma al tempo della sventura invocano:
Alzati, salvaci!
28E dove sono gli dèi che ti sei costruiti?
Si alzino, se posson salvarti
nel tempo della tua sventura;
poiché numerosi come le tue città
sono, o Giuda, i tuoi dèi!
29Perché vi lamentate con me?
Tutti voi mi siete stati infedeli.
Oracolo del Signore.
30Invano ho colpito i vostri figli,
voi non avete imparato la lezione.
La vostra stessa spada ha divorato i vostri profeti
come un leone distruttore.
31O generazione!
Proprio voi badate alla parola del Signore!
Sono forse divenuto un deserto per Israele
o una terra di tenebre densissime?
Perché il mio popolo dice: Ci siamo emancipati,
più non faremo ritorno a te?
32Si dimentica forse una vergine dei suoi ornamenti,
una sposa della sua cintura?
Eppure il mio popolo mi ha dimenticato
per giorni innumerevoli.
33Come sai ben scegliere la tua via
in cerca di amore!
Per questo hai insegnato i tuoi costumi
anche alle donne peggiori.
34Perfino sugli orli delle tue vesti si trova
il sangue di poveri innocenti,
da te non sorpresi nell'atto di scassinare,
ma presso ogni quercia.
35Eppure protesti: Io sono innocente,
la sua ira è già lontana da me.
Eccomi pronto a entrare in giudizio con te,
perché hai detto: Non ho peccato!
36Perché ti sei ridotta così vile
nel cambiare la strada?
Anche dall'Egitto sarai delusa
come fosti delusa dall'Assiria.
37Anche di là tornerai con le mani sul capo,
perché il Signore ha rigettato coloro nei quali confidavi;
da loro non avrai alcun vantaggio.
Lettera ai Romani 15
1Noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l'infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi.2Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo.3Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma come sta scritto: 'gli insulti di coloro che ti insultano sono caduti sopra di me'.4Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza.5E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù,6perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.
7Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio.8Dico infatti che Cristo si è fatto servitore dei circoncisi in favore della veracità di Dio, per compiere le promesse dei padri;9le nazioni pagane invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto:
'Per questo ti celebrerò tra le nazioni pagane,
e canterò inni al tuo nome'.
10E ancora:
'Rallegratevi, o nazioni, insieme al suo popolo.'
11E di nuovo:
'Lodate, nazioni tutte, il Signore;
i popoli tutti lo esaltino'.
12E a sua volta Isaia dice:
'Spunterà il rampollo di Iesse,
colui che sorgerà a giudicare le nazioni:
in lui le nazioni spereranno'.
13Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo.
14Fratelli miei, sono anch'io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l'un l'altro.15Tuttavia vi ho scritto con un po' di audacia, in qualche parte, come per ricordarvi quello che già sapete, a causa della grazia che mi è stata concessa da parte di Dio16di essere un ministro di Gesù Cristo tra i pagani, esercitando l'ufficio sacro del vangelo di Dio perché i pagani divengano una oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo.17Questo è in realtà il mio vanto in Gesù Cristo di fronte a Dio;18non oserei infatti parlare di ciò che Cristo non avesse operato per mezzo mio per condurre i pagani all'obbedienza, con parole e opere,19con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito. Così da Gerusalemme e dintorni fino all'Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo.20Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui,21ma come sta scritto:
'Lo vedranno coloro ai quali non era stato annunziato
e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno'.
22Per questo appunto fui impedito più volte di venire da voi.23Ora però, non trovando più un campo d'azione in queste regioni e avendo già da parecchi anni un vivo desiderio di venire da voi,24quando andrò in Spagna spero, passando, di vedervi, e di esser da voi aiutato per recarmi in quella regione, dopo avere goduto un poco della vostra presenza.
25Per il momento vado a Gerusalemme, a rendere un servizio a quella comunità;26la Macedonia e l'Acaia infatti hanno voluto fare una colletta a favore dei poveri che sono nella comunità di Gerusalemme.27L'hanno voluto perché sono ad essi debitori: infatti, avendo i pagani partecipato ai loro beni spirituali, sono in debito di rendere un servizio sacro nelle loro necessità materiali.28Fatto questo e presentato ufficialmente ad essi questo frutto, andrò in Spagna passando da voi.29E so che, giungendo presso di voi, verrò con la pienezza della benedizione di Cristo.30Vi esorto perciò, fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristo e l'amore dello Spirito, a lottare con me nelle preghiere che rivolgete per me a Dio,31perché io sia liberato dagli infedeli della Giudea e il mio servizio a Gerusalemme torni gradito a quella comunità,32sicché io possa venire da voi nella gioia, se così vuole Dio, e riposarmi in mezzo a voi. Il Dio della pace sia con tutti voi. Amen.
Capitolo XVII: Affidare stabilmente in Dio ogni cura di noi stessi
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, lascia che io faccia con te quello che voglio: io so quello che ti è necessario. Tu hai pensieri umani e i tuoi sentimenti seguono spesso suggestioni umane. Signore, è ben vero quanto dici. La tua sollecitudine per me è più grande di ogni premura che io possa avere per me stesso. In verità, chi non rimette in te tutte le sue preoccupazioni si affida proprio al caso. Signore, purché la mia volontà sia continuamente retta e ferma in te, fai di me quello che ti piace. Giacché, qualunque cosa avrai fatto di me non può essere che per il bene. Se mi vuoi nelle tenebre, che tu sia benedetto; e se mi vuoi nella luce, che tu sia ancora benedetto. Se ti degni di darmi consolazione, che tu sia benedetto; e se mi vuoi nelle tribolazione, che tu sia egualmente benedetto.
2. Figlio, se vuoi camminare con me, questo deve essere il tuo atteggiamento. Devi essere pronto a patire, come pronto a godere; devi lietamente essere privo di tutto e povero, come sovrabbondante e ricco. Signore, qualunque cosa vorrai che mi succeda, la sopporterò di buon grado per tuo amore. Con lo stesso animo voglio accettare dalla tua mano bene e male, dolcezza e amarezza, gioia e tristezza; e voglio renderti grazie per ogni cosa che mi accada. Preservami da tutti i peccati, e non temerò né la morte né l'inferno. Purché tu non mi respinga per sempre cancellandomi dal libro della vita, qualunque tribolazione mi piombi addosso non mi farà alcun male.
DISCORSO 279 SU PAOLO APOSTOLO NELLA SOLENNITÀ DELLA SUA CONVERSIONE
Discorsi - Sant'Agostino
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Nella conversione di Paolo si compie la profezia di Giacobbe su Beniamino.
1. Abbiamo ascoltato le parole dell'Apostolo, anzi, attraverso l'Apostolo, le parole di Cristo che parla in lui, e da persecutore ne fa un predicatore; colpendo e risanando, facendo morire e richiamando alla vita; dopo che l'Agnello é stato ucciso dai lupi, ha trasformato i lupi in agnelli. Era stato predetto nella ben nota profezia, quando il santo patriarca Giacobbe benediceva i suoi figli, imponendo le mani a quanti erano presenti, guardando all'avvenire; era stato predetto allora quello che si verificò in Paolo. Infatti Paolo, come attesta egli stesso, apparteneva alla tribù di Beniamino 1. Quando poi Giacobbe, nel benedire i suoi figli, si volse a Beniamino a benedirlo, disse di lui: Beniamino, lupo rapace! Che vuol dire dunque? Se lupo rapace, dovrà essere sempre rapace? Non sia mai! Ed allora? Sarà rapace al mattino, ed a sera dividerà la preda 2. Questo si è adempiuto nell'apostolo Paolo perché la profezia riguardava lui. Ora, se si vuole, osserviamolo mentre, al mattino, cerca la preda e mentre, a sera, divide le spoglie. A mattino e sera viene dato un altro significato, come a dire "prima" e "dopo". Quindi consideriamolo in questo senso: Prima sarà rapace, poi dividerà le spoglie. Fate attenzione a lui rapitore: Saulo, dice (come attestano gli Atti degli Apostoli), ricevute le lettere di presentazione dai principi dei sacerdoti per catturare e far prigionieri i seguaci della via di Dio ovunque li potesse trovare, da punire inesorabilmente, andava ribollendo e minacciando strage 3. Ed eccolo, di mattina, il rapitore. Infatti anche quando venne lapidato Stefano, il primo martire per il nome di Cristo, era presente, in prima fila, anche Saulo e s'immedesimava tanto nelle persone dei lapidatori, che non si sarebbe saziato neppure colpendolo con le sue proprie mani. Per trovarsi infatti nelle mani di tutti i lapidatori, aveva cura delle vesti di tutti, portando loro aiuto, e si faceva più accanito che non gettando pietre personalmente. Abbiamo compreso: Al mattino sarà rapace; ora badiamo a: Di sera dividerà le spoglie. Fu gettato a terra dalla voce di Cristo che veniva dal cielo e, nel ricevere il divieto di perseguitare, cadde sulla sua faccia; si doveva prima prostrare e poi risollevarsi; prima degno di castigo, poi di salvezza. Cristo infatti poteva vivere in lui solo dopo che fosse stato abbattuto quel male che era stato tutta la sua vita. Dunque, una volta atterrato, che cosa ascoltò? Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? È duro per te recalcitrare al pungolo. E Saulo: Chi sei, Signore? E la voce dall'alto: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti. Trovandosi le membra ancora sulla terra, il Capo faceva risuonare dal cielo la sua voce, e non per dire: Perché perseguiti i miei servi? bensì: Perché mi perseguiti? E Saulo: Che vuoi che io faccia? 4. È già disposto ad obbedire, chi prima infieriva a perseguitare. È già trasformato da persecutore ad annunziatore, da lupo ad agnello, da nemico a soldato fedele. Fu attento a ciò che era tenuto a fare. Divenne affatto cieco: perché il suo cuore potesse essere illuminato dalla luce interiore, gli fu tolta al momento la luce esteriore; fu sottratta al persecutore per renderla al predicatore. Nondimeno, proprio quando tutto il resto gli era invisibile, egli vedeva Gesù. In tal modo, e precisamente in quella sua cecità, si configurava il mistero dei credenti; infatti chi pone la sua fede in Cristo deve fissarsi in lui come se le altre cose non avessero esistenza, sì che la creatura perda valore e il Creatore invada l'intimo di dolcezza.
Paolo ad Anania; il lupo è condotto prigioniero alla pecora.
2. Riflettiamo, dunque. Venne condotto ad Anania e Anania sta a significare "pecora". Ecco il lupo rapace viene condotto alla pecora perché la segua, non la rapisca. Ma perché l'improvviso apparire del lupo non atterrisse la pecora, il Pastore in persona, dal cielo, egli che tutto questo operava, avvertì la pecora dell'arrivo del lupo, però intenzionalmente innocuo. Pur tuttavia una fama tremenda aveva preceduto il lupo, così che la pecora non aveva potuto non turbarsi all'udirne il nome. Quando infatti il Signore annunziò direttamente ad Anania che ormai Paolo sarebbe andato per diventare credente, e si sarebbe recato proprio da lui, Anania, questi obiettò: Signore, ho sentito parlare di quest'uomo, dei molti mali che ha procurato ai tuoi santi; attualmente ha ricevuto lettere di presentazione dai principi dei sacerdoti allo scopo di far prigionieri i seguaci del tuo nome ovunque li trovasse 5. E il Signore a lui: Lascia fare, ed io gli mostrerò quel che dovrà soffrire per il mio nome 6. Si verifica un fatto mirabile e grande. Al lupo viene proibita la ferocia, il lupo viene condotto prigioniero alla pecora. D'altra parte era tale la fama precedente del lupo rapace che la pecora, benché sotto la protezione del Pastore, provava timore al solo udirne il nome. Viene rassicurata, perché non abbia più a ritenerlo feroce, a temerlo aggressivo. Dall'agnello, sacrificatosi per le pecore, la pecora riceve sicurezza di fronte al lupo.
In che modo Cristo può non tacere e non essere indulgente.
3. Pertanto, Colui al quale nella domenica precedente abbiamo cantato: Chi è simile a te, Signore? Non tacere, non essere indulgente, o Dio 7, è pure Colui che dice: Venite a me e imparate da me che sono mite ed umile di cuore 8. Vediamo in che modo mostri l'uno e l'altro atteggiamento e riveli in sé come sia coerente il suo dire. Egli è mite ed umile di cuore perché come una pecora venne condotto alla morte e, muto come un agnello che si tosa, così non aprì la sua bocca 9. Appeso al legno tollerò le indegne vampate degli odii, sopportò le malignità delle lingue più infami, rivelatrici di cuore depravato; con quelle lingue essi hanno percosso l'innocente, hanno crocifisso il giusto. Delle loro lingue è stato predetto: I figli degli uomini hanno i loro denti quasi lance e frecce, e la loro lingua una spada affilata 10. E che cosa ha fatto la lingua? La spada affilata che ha fatto? Ha ucciso. Cosa ha fatto morire? La morte ha fatto morire la Vita, affinché dalla Vita venisse eliminata la morte. Che cosa, dunque, ha fatto la loro spada affilata? Ascolta che cosa ha fatto, bada a quel che segue. Innalzati al di sopra dei cieli, o Dio, su tutta la terra la tua gloria 11. Ecco che cosa ha fatto la spada affilata. Abbiamo saputo che il Signore è stato innalzato al di sopra dei cieli non perché vediamo, ma perché crediamo. Su tutta la terra la sua gloria, leggendo, credendo, vedendo. Considera dunque come il mite ed umile di cuore sollevi a tale gloria il trofeo della carne santificata. Guardalo, il mite! Crocifisso diceva: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno 12; e: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore 13. Impariamo da te che sei mite ed umile di cuore. Dove poté meglio rivelarsi o più degnamente risaltare che sulla croce stessa? Mentre le membra pendevano sulla croce, le mani e i piedi inchiodati, mentre ancora inveivano con insulti contro di lui, lontani dall'essere paghi del sangue effuso, mentre erano presi da infermità e non riconoscevano il medico, Padre - disse - perdona loro perché non sanno quello che fanno. Quasi a dire: Io sono venuto a curare i malati: se non mi riconoscono dipende da delirio febbrile. Perciò il mite ed umile di cuore dice: Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno.
Verso Paolo dimostra l'uno e l'altro atteggiamento, e non tace e non usa indulgenza. A motivo della speranza della gloria futura le sofferenze presenti sono da considerarsi di poco conto.
4. Che vuol dire, dunque: Non tacere, non essere indulgente, o Dio? 14 Che deve compiere anche questo. Ecco che non tacque: gridò dal cielo Saulo, Saulo perché mi perseguiti? 15 Ha adempiuto il: Non tacere; deve dar prova del: Non essere indulgente. Perché prima di tutto non lasciò impunito l'errore di lui, perché non gli scusò la crudeltà, perché lo atterrò con la voce mentre era ansioso di strage, lo privò della vista in quello stato di furore, lo condusse quale prigioniero ad Anania cui era diretto da persecutore. Ecco che non è mite, ecco che si fa duro non contro l'uomo, ma contro l'errore. Questo è poco. Ancora deve non tacere' ancora deve non essere indulgente. Ad Anania che temeva e tremava per aver udito il nome di quel ben noto lupo, disse: Io gli mostrerò 16. Io gli mostrerò. Bada che va minacciando, bada che è ancora furente di strage: Io gli mostrerò. Non tacere, non essere indulgente, o Dio. Da' prova al persecutore non solo della tua bontà, ma anche della tua severità. Fa' che l'intenda, patisca di quel che fece, faccia esperienza di quel che faceva soffrire, provi a sua volta quel che egli arrecava agli altri. Io - disse - gli mostrerò quanto dovrà soffrire. Ma parla come chi minaccia e adempie quel che è stato detto: Non tacere, non essere indulgente, o Dio. Senza doversi discostare dall'Imparate da me che sono mite ed umile di cuore 17. Io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome 18. Lo hai atterrito, soccorri perché non sia nella disperazione e perisca chi hai creato, chi hai ritrovato. È minaccioso, non tace, non si mostra indulgente, prende di mira. Io gli mostrerò quanto dovrà patire per il mio nome. Dove il terrore ivi la salvezza. Chi agiva contro il nome, patisca per il nome. O crudeltà misericordiosa! Lo vedi apprestare l'arma da taglio: intende tagliare, non sopprimere; vuole curare, non uccidere. Cristo diceva: Io gli mostrerò quanto dovrà patire per il mio nome. Ma a quale scopo? Sta' a sentire proprio colui che pativa: Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili 19. Lo dice proprio lui che pativa e che sapeva a nome di chi soffriva e con quale guadagno. Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi 20. Si dia alla violenza il mondo, si ribelli il mondo, divulghi diffamazioni, faccia balenare le armi, faccia pure tutto quello che gli riesce di fare; riguardo a ciò che attendiamo di ricevere che farà? Io do peso a ciò che soffro in rapporto a ciò che spero. Di quello ho esperienza, quello vive credo. E tuttavia l'altro lo credo. Vale di più quello che credo di quel che sento. Ciò che c'è da soffrire per il nome di Cristo è tollerabile, se può essere superato: se non può esserlo, ha come effetto la partenza da questo mondo. Non annienta, ma affretta. Che cosa affretta? Proprio il premio, proprio la consolazione che, quando sarà venuta, sarà senza fine. L'opera ha un termine, il premio non ha fine.
Saulo deriva da Saul. Paolo modesto e umile.
5. Questo, dunque, fratelli, questo vaso di elezione, in un primo momento fu Saulo da Saul. Ricordate, infatti, voi che avete conosciuto le Lettere di Dio, chi era Saul. Re pessimo, persecutore del santo servo di Dio David; anch'egli, se lo rammentate, della tribù di Beniamino. Apparteneva ad essa questo Saulo che si era immesso sulla via della crudeltà, ma che non avrebbe durato ad infierire. Allora, se Saulo deriva da Saul, da che viene Paolo? Saulo da re Saul quando era superbo, quando infieriva, quando era assetato di strage, ma da che deriva Paolo? Paolo, in quanto modesto. Paolo è nome di umiltà. Diventò Paolo dopo che venne guidato dal Maestro il quale afferma: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore 21. Di qui Paolo. Fate attenzione all'uso del termine latino: infatti "un poco" è detto "un po'". Ti vedrò fra poco, aspetta qui un poco; cioè: Ti vedrò fra un po', aspetta qui un po'. Dunque, ascolta Paolo: Io sono - dice - l'infimo degli Apostoli 22. Precisamente, io sono il più piccolo degli Apostoli; e altrove: Io sono l'ultimo degli Apostoli 23.
Dio esalta gli umili.
6. E il più piccolo e l'ultimo, quasi la frangia della veste del Signore. Che c'è di tanto insignificante, di così ultimo della frangia? Tuttavia, appena toccata questa, una donna fu sanata dal flusso di sangue 24. In questo poco c'era il tanto, nel più piccolo dimorava il grande e, quanto più era piccolo, tanto meno escludeva da sé il grande. Di che ci meravigliamo se il grande dimora in quel che è assai limitato? Ancor più dimora nei più piccoli di tutti. Sta' a sentire colui che dice: Su chi si poserà il mio spirito? sull'umile e sul mite, su chi teme le mie parole 25. Perciò, colui che è sublime dimora in chi é umile, per innalzare l'umile. Eccelso infatti è il Signore e guarda verso l'umile, ma al superbo volge lo sguardo da lontano 26. Sii umile ed egli si avvicinerà a te; insuperbisci ed egli ti abbandonerà.
Non c'è da arrossire del Cristo crocifisso.
7. Dunque, che dice questi che è il più piccolo? Ciò che abbiamo ascoltato oggi: Con il cuore si crede per ottenere la giustizia, ma con la bocca si fa la confessione di fede per avere la salvezza 27. Molti credono con il cuore ma arrossiscono di fare la confessione di fede con la bocca. Sappiate, fratelli, che già non c'è quasi alcuno dei Pagani che non provi stupore interiormente e che non avverta come si vadano realizzando le profezie riguardo a Cristo esaltato al di sopra dei cieli, infatti, su tutta la terra vedono la sua gloria. Ma quando temono l'uno dell'altro, si vergognano reciprocamente di se stessi, tengono lontana da loro la salvezza. Con la bocca si fa la confessione di fede per la salvezza. Che giova aver creduto con il cuore per ottenere la giustizia se la bocca esita a manifestare la convinzione interiore? Dio vede la fede nell'intimo: ma è poco. Per il fatto che non ti riconosci umile, temi i superbi e preferisci i superbi a colui che per te subì l'avversione dei superbi. Hai paura di riconoscere il Figlio di Dio in quanto umile. Di riconoscere il Verbo grande di Dio, la potenza di Dio, la sapienza di Dio non ti vergogni; di lui nato, crocifisso, morto, arrossisci. Sublime, eccelso, uguale al Padre per il quale tutte le cose sono state create, per il quale anche tu sei stato creato, e che si fece quale tu sei; per te si fece uomo, per te nacque, per te morì. Tu che sei infermo e ti vergogni del rimedio che fa per te, come guarirai? Scegli il momento opportuno. È questo il momento propizio: più tardi, colui già disprezzato verrà tale da suscitare ammirazione, egli, già sottoposto a giudizio, verrà come giudice, egli, già messo a morte, verrà a far risorgere, egli, già disonorato, verrà a ricevere onore. Adesso e più tardi: ora la realtà è nella fede, più tardi sarà nella rivelazione. Scegli al presente la parte che vuoi avere in futuro. Ti vergogni del nome di Cristo? Per il fatto che ora arrossisci davanti agli uomini, hai di che arrossire quando sarà venuto nella sua gloria a rendere ai buoni quel che ha promesso, ed ai cattivi quello che ha minacciato. Tu dove sarai? Che farai nel caso si rivolga a te l'Eccelso e ti dica: Hai arrossito della mia umiliazione, non sarai nella mia gloria? Via, dunque, il pudore maligno; si faccia avanti una salutare sfacciataggine, se va chiamata sfacciataggine; ma tuttavia, fratelli, mi son fatto violenza dovendo usare questo termine proprio per non avere timore.
Perché non si deve arrossire della morte di Cristo. Egli ha preso su di sé i due nostri mali per darci in cambio due suoi doni.
8. Non vogliamo arrossire infatti del nome di Cristo. Si rechi pure insulto a noi che crediamo nel Crocifisso, nell'ucciso. Addirittura nell'ucciso; ma senza l'effusione del suo sangue sarebbe tuttora obbligante il debito dei nostri peccati. Proprio nell'ucciso ho creduto, ma in lui fu ucciso quello che assunse da me, non quello per cui mi ha creato. Proprio nell'ucciso io credo, ma in quale ucciso? In colui che venne come qualcuno e assunse qualcosa. Chi venne? Colui che essendo di natura divina non considerò un'appropriazione indebita l'essere uguale a Dio 28. Ecco chi venne: che cosa assunse? Ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini 29. Egli il Fattore fatto, egli il Creatore creato. Ma secondo che cosa fatto e creato? Nella condizione di servo, ricevendo la natura di servo, non perdendo la natura di Dio. Perciò, in questa natura di servo, in ciò che da noi per noi assunse, e nacque, e patì, e risuscitò e ascese al cielo. Ho parlato di quattro eventi. Nacque, morì, risuscitò, ascese al cielo. Due primi e due ultimi: nacque e morì i due primi, risuscitò e ascese al cielo i due ultimi. Nei primi due ti ha mostrato la tua condizione: nei due ultimi ti offrì un esemplare del premio. Avevi fatto esperienza del nascere e del morire: di questi due eventi è piena la regione propria degli uomini mortali. Che cosa si verifica con grande frequenza quaggiù, in ogni essere corporeo, se non il nascere e il morire? L'uomo ha questo in comune con l'animale: quindi, abbiamo in comune con gli animali questa vita. Siamo nati, moriremo. Non ti era ancora noto questo: risorgere e ascendere al cielo. Due eventi avevi conosciuto, due ti erano ignoti: prese su di sé quanto ti era noto, ti fece conoscere ciò di cui non avevi esperienza: tollera ciò che ha assunto, spera ciò che ha rivelato.
Non si deve temere la morte temporale, ma la morte eterna.
9. Che, dunque, se non vuoi morire non morirai? Perché temi quel che non puoi evitare? Tu temi quel che avverrà anche contro il tuo volere; non temi quel che non sarà, benché tu non lo voglia. Che significa ciò che ho detto? Dio ha voluto la morte per tutti gli uomini venuti al mondo, per cui debbono partire da questa vita. Sarai esonerato dalla morte se non avrai fatto parte del genere umano. Che fai? Forse che ora ti si dice: Scegli se vuoi essere uomo? Lo sei già, sei venuto al mondo. Considera come tu debba uscirne: sei nato, morirai. Fuggi, va' cauto, respingi, procura: puoi differire non eliminare la morte. Pure se non vuoi, verrà: quando verrà, non sai. Perché temi allora, dal momento che sarà anche se non avrai voluto? Sii piuttosto nel timore per quanto non si verificherà se tu non avrai voluto. Che cos'è questo? Dio ha minacciato i fuochi della Geenna rovente, le fiamme eterne agli empi, agli infedeli, ai bestemmiatori, agli spergiuri, agli iniqui ed a tutti i cattivi. Anzitutto confronta queste due cose: la morte per la durata del tempo, e le pene per l'eternità. Tu temi la morte nel tempo, verrà, anche se non vuoi: vedi di temere le pene di durata eterna, che non verranno se tu non avrai voluto. È molto più importante ciò che devi temere e ti é possibile evitare che ti sopraggiunga; si, é più importante, di gran lunga e incomparabilmente più importante ciò che devi temere e ti è possibile far sì che non sopraggiunga. In realtà, se sarai vissuto bene o se sarai vissuto male, morirai: non scampi dal morire sia vivendo bene, sia vivendo male. Ma, intanto, se avrai scelto di vivere bene quaggiù, non sarai condannato alle pene eterne. Poiché è vero che non puoi scegliere di non morire quaggiù, mentre sei in vita scegli di evitare la morte eterna. Questa è la fede, questo ha rivelato Cristo attraverso la sua morte e risurrezione. Morendo, ha mostrato quello che tu, voglia o non voglia, subirai: risorgendo, ha mostrato quello che riceverai se sarai vissuto bene. Quaggiù con il cuore si crede per ottenere la giustizia, ma con la bocca si fa la confessione per la salvezza 30. Ma tu hai paura di fare la confessione per evitare gli insulti degli uomini, non di coloro che non credettero - credono anch'essi nell'intimo - ma per non venire insultati da coloro che si vergognano di confessare. Sta' a sentire quel che segue: Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso 31. Medita queste cose, fermati in esse: esse sono cibo non del corpo ma dello spirito. Colui che al mattino saccheggiava, a sera divideva la preda.
Per noi le cose rivelate, per Dio le cose occulte.
10. Poiché il signore e padre (il vescovo Aurelio) vuole che io vi parli anche di questo, ascoltate con un po' più di attenzione. Per la misericordia e l'opera del supremo Pastore, una preda è stata strappata dalle fauci del lupo; ve ne diamo l'annunzio e la scorgete con i vostri occhi. Il Pastore ha condotto colui al cui indirizzo ha gridato il gregge. Il Signore non ha trascurato l'intima pena dei suoi servi, ma vuole farci apprezzare la dolcezza della sua misericordia, mostrando - come è scritto - le meraviglie del suo amore 32, per cui la tribolazione precede le gioie che seguiranno. A gran voce si è affermato come da nemico della fede cristiana ne sia diventato seguace. Abbiamo potuto dire anche noi quel che Anania e forse altri dissero, ed è probabile che lo dicano alcuni. Chi? Quello cristiano? Quello che ha abbracciato la fede? Noi non possiamo né scrutare né mostrare il cuore dell'uomo. Dio dice: Le cose rivelate sono per voi, le cose occulte sono per me 33. Dice l'apostolo Paolo: Fratelli, non vogliate giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore; egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la lode da Dio 34. Non puoi scrutare il cuore del novello cristiano. Perché? E che ti è possibile per uno che è da tempo cristiano? Voi direte: Ma è diventato credente in forza della necessità. Potrebbe dirsi anche di colui del quale parlavamo poco fa, di chi in un primo tempo fu bestemmiatore, e persecutore, e offensore 35. Infatti anche a lui piombò addosso qualcosa di inevitabile. Fu atterrato da una voce che veniva dal cielo: perché vedesse, perdette la vista. Minaccia quel che ti pare ed offri quanto vuoi a qualsiasi uomo: che di più gradito di questa luce? Eppure se Paolo non l'avesse perduta non avrebbe ricevuto quella eterna. Di necessità ha creduto. Di che ha avuto timore - mi si dica - di che ha avuto timore? Delle grida delle pecore? Le pecore possono gridare, non possono mordere. Proprio nello stesso gridare delle pecore di Dio poté percepire la potenza di Dio ed aver timore del giudizio di Dio. Costui è stato ridestato come da un sonno a considerare che le cose predette sul conto di Cristo si sono veramente compiute in lui. Nel suo intimo ha potuto dire che in sé erano stati vinti i suoi dèi, che si era liberato dei suoi dèi; che ha tanto potere il nome di Cristo che la gloria di Cristo prevale assai. A conclusione, dico in breve alla vostra Carità, è alla Chiesa di Dio che mi rivolgo, è al popolo di Dio che mi rivolgo: Se ha creduto, sei tu che hai trovato; se ha temuto sei tu che hai vinto.
Amate l'uomo più di quanto avete detestato l'errore. Dio si vendica dei suoi nemici inducendoli a convertirsi.
11. Intanto, fratelli, limitiamoci a quel che è alla portata degli uomini, non presumiamo oltre, di quel che non è concesso. Dice l'Apostolo: Accogliete chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni 36, non cediamo alla presunzione di giudicare il modo di pensare altrui; presentiamo, invece, le nostre preghiere a Dio anche per coloro riguardo ai quali abbiamo forse qualche dubbio. Forse è la novità del suo stato a procurargli qualche esitazione: amate con maggior effusione chi vedete esitante, con il vostro affetto cacciate via il dubbio dal cuore malsicuro. Intanto, volgete l'attenzione al suo aspetto esterno di cui vi potete rallegrare e affidate a Dio il cuore di colui per il quale potete pregare. Sappiate che è stato abbandonato dai cattivi e da voi deve essere accolto. Amate l'uomo più di quanto avevate detestato l'errore; infatti proprio allora che gridavate contro di lui, era appunto lui che volevate guadagnare. Non pensate di aver gridato a vuoto, ma rallegratevi che è stato ritrovato chi cercavate. Chi ha fatto quello? E chi quell'altra cosa? Faustino. Chi quello e quello? Faustino. Chi contrario a Cristo? Faustino. Chi ha temuto Cristo? Faustino. Cristo è venuto appunto per questo: a sanare i malati, secondo come abbiamo ascoltato nel Vangelo: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati 37. E: qual è l'uomo che avendo smarrito una pecora non lascia le novantanove sui monti e va in cerca di quella perduta? E quando l'avrà trovata si rallegrerà per quella. Così il Padre mio si rallegrerà più di un peccatore convertito che di novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione 38. Proprio perché Cristo è venuto a risanare i malati, in tal modo egli sa vendicarsi dei suoi nemici. Forse si ritengono offesi coloro con i quali ha condiviso l'errore; per il momento si adirano, in seguito, probabilmente lo imiteranno. Pertanto, fratelli, lo affidiamo e alle vostre preghiere e alla vostra affezione, e alla vostra fedelissima amicizia e comprensione della sua debolezza. Come lo precedete, così vi segue: mostrate la retta via e la trovi retta in voi. Diventato ormai cristiano, abbia la possibilità di distinguere la differenza tra ciò che ha lasciato e ciò che ha trovato. L'avvenire darà la prova della sua vita e del suo attaccamento alla fede di Cristo.
Era stato gridato: Non si dia importanza ai pagani! Affermazione di Faustino: Non voglio primato, ma essere cristiano!.
12. D'altra parte, ora, fratelli miei, non è stato necessario - e non lo ha ritenuto la prudenza dei pastori - respingere quello che picchiava, rimandare ad altro tempo quello che mostrava il suo desiderio; neppure da parte nostra c'è stato il parere, né la decisione di voler giudicare sui segreti del cuore e di non accettare la richiesta esplicita. Sappiamo infatti quali minacce avanzi quella misericordiosa avarizia del Padrone che da chiunque pretende i frutti del suo denaro e che al servo pigro - pronto a giudicare ciò che non vedeva e a non curarsi dei profitti del padrone - dice: Servo malvagio, dalle tue stesse parole ti giudico. Hai detto di me che sono uomo severo, che mieto dove non ho seminato, prendo dove non ho deposto. Dunque, conoscevi la mia avarizia. Avresti dovuto consegnare il mio denaro ai banchieri e al mio ritorno avrei avuto diritto agli interessi 39. Quanto a noi, non abbiamo potuto fare a meno di affidare il denaro del Signore: a lui dovrà rendere conto non solo costui, ma tutti noi. Adempiamo perciò l'ufficio di chi anticipa, non mettiamoci abusivamente al posto dell'esattore. Fratelli, quest'opera realizzata innanzi ai vostri occhi non è nostra, ma di Dio. Quel che è avvenuto non è stato stabilito da noi, perché non lo speravamo: ben altra era l'intenzione e vostra e nostra. Sapete che cosa qui si è gridato, lo sapete: Non si dia tanta importanza ai pagani, perché essi non abbiano superiorità sui cristiani. Di queste cose sono state dette; e, poiché tale nome era odioso, molte proteste sono state levate contro questo nome per lo zelo della casa di Dio da parte dei cristiani. L'intenzione, però, si riduceva a non volere che un pagano avesse superiorità sui cristiani. Che poi diventasse cristiano l'uomo al cui indirizzo si gridava non era nell'intenzione dei cristiani, ma era disposto da Cristo. In verità, si è adempiuto quanto è stato scritto: Sono molte le idee nella mente dell'uomo, ma il disegno del Signore è immutabile per l'eternità 40. Non si conosceva un tale disegno, era nascosto, ma era imminente. Gli uomini si sono impegnati per quel che potevano, ma Faustino, il banchiere, dalla fabbrica di Cristo è venuto fuori nuovo. Pertanto, fratelli, compiacetevi dell'opera di Dio. Un altro era il vostro desiderio, un altro il vostro disegno, un altro ne avete trovato. Quali servi, noi affidiamo ai nostri compagni di servizio l'opera del Signore nostro. Ci è più cara in lui l'opera che ha compiuto il Signore nostro che non quanto era nella nostra volontà: sono infatti migliori le sue opere. E lo abbiamo ascoltato affermare a voce alta e devota: Non voglio primato, voglio essere cristiano. Siate lieti, rallegratevi, amate con più slancio di come avevate detestato. Raccomandate la sua opera a Cristo nelle preghiere. Dimostrate un animo sincero, devoto, amico nei confronti dell'anziano alle prime prove. Che importa se chi è davanti a voi è già di età matura? È venuto nella vigna all'ora nona e riceverà uguale ricompensa.
Anche i pagani vogliono celebrare la nascita di S. Giovanni.
13. Ricordiamo alla Carità vostra il giorno celebrativo per i cristiani, sebbene debba essere impossibile che, per dimenticanza, si sia cancellato dalle vostre menti. Ma facciamo questa raccomandazione perché i pagani e gli empi celebrano la solennità cristiana col pretesto di varie loro motivazioni che rendono invalse col tempo; quindi anche i pagani vogliono questo giorno. Male, indegnamente, a sproposito: ma avete sotto gli occhi quanti sarebbero contenti di liberarsene. Tali cose invecchieranno: non aiutatele, distinguetevi da essi, cercate le cose di Dio. Celebreremo la nascita di Giovanni Battista, il precursore del Signore, l'amico dello Sposo, con assoluta pudicizia, con autentica sobrietà. Costoro, sorpresi nel trovarvi estranei al loro modo di far festa, cominciano gradualmente ad imitarvi; così, cadendo in disuso, tutte quelle abitudini finiranno. Ascoltate il Profeta e notate che si realizza, badate che si compie quello che fu predetto: Ascoltatemi, esperti della giustizia. Il Profeta è Isaia, e Dio per mezzo di lui: Ascoltatemi, esperti della giustizia, popolo che porti nel cuore la mia legge. Non temete l'insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni, non date importanza al fatto che vi disprezzano. Come avviene infatti per una veste, saranno consumati dal tempo e la tignola li roderà come lana, ma la mia giustizia durerà per sempre 41. Siatene certi, fratelli, siatene certi. Invecchiano, diminuiscono, scompariranno diventando credenti o con la morte. Per quanti schiamazzi facciano, per quanto si abbandonino al piacere carnale, per quanto si lascino sfuggire turpitudini con grida e danze contro i cantici sacri di Cristo, oggi sono più pochi di ieri. Pertanto, fratelli, come ho detto, domani celebreremo, nel nome del Signore, la nascita di S. Giovanni Battista. Fra una settimana, cioè sabato, celebreremo anche il natale dei santi martiri Pietro e Paolo.
1 - Cf. Fil 3, 5.
2 - Gn 49, 27.
3 - At 9, 1-2.
4 - At 9, 4-6.
5 - At 9, 13-14.
6 - At 9, 16.
7 - Sal 82, 2.
8 - Mt 11, 28-29.
9 - Is 53, 7.
10 - Sal 56, 5.
11 - Sal 56, 6.
12 - Lc 23, 34.
13 - Mt 11, 29.
14 - Sal 82, 2.
15 - At 9, 4.
16 - At 9, 16.
17 - Mt 11, 29.
18 - At 9, 16.
19 - Rm 8, 18.
20 - Rm 8, 18.
21 - Mt 11, 29.
22 - 1 Cor 15, 9.
23 - 1 Cor 4, 9.
24 - Cf. Mt 9, 20-22.
25 - Is 66, 2.
26 - Sal 137, 6.
27 - Rm 10, 10.
28 - Fil 2, 6.
29 - Fil 2, 7.
30 - Rm 10, 10.
31 - Rm 10, 11.
32 - Sal 16, 7.
33 - Dt 29, 29.
34 - 1 Cor 4, 5.
35 - 1 Tm 1, 13.
36 - Rm 14, 1.
37 - Mt 9, 12.
38 - Mt 18, 12-14.
39 - Lc 19, 22-23.
40 - Prv 19, 21.
41 - Is 51, 7-8.
Capitolo LIV: Gli opposti impulsi della natura e della grazia
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. Figlio, considera attentamente gli impulsi della natura e quelli della grazia; come si muovono in modo nettamente contrario, ma così sottilmente che soltanto, e a fatica, li distingue uno che sia illuminato da interiore spiritualità. Tutti, invero, desiderano il bene e, con le loro parole e le loro azioni, tendono a qualcosa di buono; ma, appunto per una falsa apparenza del bene, molti sono ingannati. La natura è scaltra, trascina molta gente, seduce, inganna e mira sempre a se stessa. La grazia, invece, cammina schietta, evita il male, sotto qualunque aspetto esso appaia; non prepara intrighi; tutto fa soltanto per amore di Dio, nel quale, alla fine, trova la sua quiete. La natura non vuole morire, non vuole essere soffocata e vinta, non vuole essere schiacciata, sopraffatta o sottomessa, né mettersi da sé sotto il giogo. La grazia, invece, tende alla mortificazione di sé e resiste alla sensualità, desidera e cerca di essere sottomessa e vinta; non vuole avere una sua libertà, preferisce essere tenuta sotto disciplina; non vuole prevalere su alcuno, ma vuole sempre vivere restando sottoposta a Dio; è pronta a cedere umilmente a ogni creatura umana, per amore di Dio. La natura s'affanna per il suo vantaggio, e bada all'utile che le possa venire da altri. La grazia, invece, tiene conto di ciò che giova agli altri, non del profitto e dell'interesse propri. La natura gradisce onori e omaggi. La grazia, invece, ogni onore e ogni lode li attribuisce a Dio. La natura rifugge dalla vergogna e dal disprezzo. La grazia, invece, si rallegra "di patire oltraggi nel nome di Gesù" (At 5,41). La natura inclina all'ozio e alla tranquillità materiale. La grazia, invece, non può stare oziosa e accetta con piacere la fatica. La natura mira a possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle spregevoli e grossolane. La grazia, invece, si compiace di ciò che è semplice e modesto; non disprezza le cose rozze, né rifugge dal vestire logori panni.
2. La natura guarda alle cose di questo tempo; gioisce dei guadagni e si rattrista delle perdite di quaggiù; si adira per una piccola parola offensiva. La grazia, invece, non sta attaccata all'oggi, ma guarda all'eternità; non si agita per la perdita di cose materiali; non si inasprisce per una parola un po' brusca, perché il suo tesoro e la sua gioia li pone nel cielo dove nulla perisce. La natura è avida, preferisce prendere che donare, ha caro ciò che è proprio e personale. La grazia, invece, è caritatevole e aperta agli altri; rifugge dalle cose personali, si contenta del poco, ritiene "più bello dare che ricevere" (At 20,35). La natura tende alle creature e al proprio corpo, alla vanità e alle chiacchiere. La grazia, invece, si volge a Dio e alle virtù; rinuncia alle creature, fugge il mondo, ha in orrore i desideri della carne, frena il desiderio di andare di qua e di là, si vergogna di comparire in pubblico. La natura gode volentieri di qualche svago esteriore, nel quale trovino piacere i sensi. La grazia, invece, cerca consolazione soltanto in Dio, e, al di sopra di ogni cosa di questo mondo, mira a godere del sommo bene. La natura tutto fa per il proprio guadagno e il proprio vantaggio; non può fare nulla senza ricevere nulla; per ogni favore spera di conseguirne uno uguale o più grande, oppure di riceverne lodi e approvazioni; desidera ardentemente che i suoi gesti e i suoi doni siano molto apprezzati. La grazia, invece, non cerca nulla che sia passeggero e non chiede, come ricompensa, altro premio che Dio soltanto; delle cose necessarie in questa vita non vuole avere più di quanto le possa essere utile a conseguire le cose eterne.
3. La natura si compiace di annoverare molte amicizie e parentele; si vanta della provenienza da un luogo celebre o della discendenza da nobile stirpe; sorride ai potenti, corteggia i ricchi ed applaude coloro che sono come lei. La grazia, invece, ama anche i nemici; non si esalta per la quantità degli amici; non dà importanza al luogo di origine o alla famiglia da cui discende, a meno che in essa vi sia una virtù superiore; è ben disposta verso il povero, più che verso il ricco; simpatizza maggiormente con la povera gente che con i potenti; sta volentieri con le persone sincere, non già con gli ipocriti; esorta sempre le anime buone ad ambire a "doni spirituali sempre più grandi" (1Cor 12,31), così da assomigliare, per le loro virtù, al Figlio di Dio. La natura, di qualcosa che manchi o che dia noia, subito si lamenta. La grazia sopporta con fermezza ogni privazione. La natura riferisce tutto a sé; lotta per sé, discute per sé. La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, da cui provengono come dalla loro origine; nulla di buono attribuisce a se stessa, non presume di sé con superbia; non contende, non pone l'opinione propria avanti alle altre; anzi si sottomette, in ogni suo sentimento e in ogni suo pensiero, all'eterna sapienza e al giudizio di Dio. La natura è avida di conoscere cose segrete e vuol sapere ogni novità; ama uscir fuori, per fare molte esperienze; desidera distinguersi e darsi da fare in modo che ad essa possa venirne lode e ammirazione. La grazia, invece, non si preoccupa di apprendere novità e curiosità, perché tutto il nuovo nasce da una trasformazione del vecchio, non essendoci mai, su questa terra, nulla che sia nuovo e duraturo. La grazia insegna, dunque, a tenere a freno i sensi, a evitare la vana compiacenza e l'ostentazione, a tener umilmente nascosto ciò che sarebbe degno di lode e di ammirazione, infine a tendere, in tutte le nostre azioni e i nostri studi, al vero profitto, alla lode e alla gloria di Dio. Non vuol far parlare di sé e delle cose sue, desiderando, invece, che, in tutti i suoi doni, sia lodato Iddio, che tutto elargisce per puro amore.
4. E', codesta grazia, una luce sovrannaturale, propriamente un dono particolare di Dio, un segno distintivo degli eletti, una garanzia della salvezza eterna. La grazia innalza l'uomo dalle cose terrestri all'amore del cielo e lo trasforma da carnale in spirituale. Adunque, quanto più si tiene in freno e si vince la natura, tanto maggior grazia viene infusa in noi; così, per mezzo di continue e nuove manifestazioni divine, l'uomo interiore si trasforma secondo l'immagine di Dio.
8-21 Gennaio 23, 1908 Gesù mai va all’anima inutilmente. Il temporeggiare dà tempo e luogo ai nemici di muovere battaglia.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Avendo venuto M., mi ha detto che in queste venute di Nostro Signore io non meritavo niente, e che solo meritavo quando praticavo le virtù; ed insieme che pregassi per certi suoi bisogni. Onde nel corso del giorno sono restata impensierita di ciò che avevo sentito, e per sbrigarmi dicevo tra me:
(2) “Adorabile mio bene, Tu sai che non ci ho badato mai ai meriti, ma solo ad amarti, mi pare che mi vogliono fare serva nella tua casa se badassi ad acquisti; no, non serva voglio essere, ma figlia, anzi Tu il mio amato ed io la tua”.
(3) Ma con tutto ciò il pensiero ritornava spesso spesso. Ora, trovandomi nel solito mio stato, il mio benedetto Gesù è venuto e mi ha detto:
(4) “Figlia mia, M. non ti ha detto la verità, perché quando vado ad un’anima, non ci vado mai inutilmente, ma sempre le porto qualche utile, ora le parlo delle virtù, ora la correggo, ora le comunico la mia bellezza, in modo che tutte le altre cose le compariscono brutte, e tante altre cose, ed ancorché non dicessi niente, è certo che l’amore si svolge di più nell’anima, e quanto più mi ama, più Io vengo a riamarla, ed i meriti dell’amore sono tanto grandi, nobili e divini, che paragonati agli altri meriti, si potrebbe dire: quelli piombo, e questi oro puro. E poi è venuto lui, e certo che non è venuto come statua, ha cercato di dire qualche parola, di farti qualche utile, eppure come creatura, ed Io, poi, che sono Creatore, farò delle cose inutili?”
(5) In questo mi sono ricordata dei bisogni che mi ha detto M., e pregavo Nostro Signore che lo esaudisse. In questo mentre mi pareva di vederlo con una veste colore argentino, e dalla testa scendeva un velo nero che gli copriva parte degli occhi, e questo velo pareva che si comunicava ad un’altra persona che gli stava di dietro. Io non capivo niente di ciò, ed il benedetto Gesù mi ha detto:
(6) “La veste colore argentino che gli vedi è la sua purità nell’operare, ed il velo nero è che vi mescola dell’umano, e questo umano che vi mescola è come velo, che coprendogli la luce della verità che gli risplende nella mente, lo fa agire qualche volta con timore, oppure per contentare qualche altro, e non secondo la verità che la mia Grazia gli fa risplendere nella sua mente”.
(7) Ed io: “Signore, esauditelo in quello che mi ha detto, che è cosa che riguarda tanto la Gloria vostra”.
(8) E Lui: “Il temporeggiare, ad un’anima irrisoluta, dà tempo e luogo ai nemici di muovere battaglia, mentre non dando tempo e mostrandosi risoluto ed irremovibile si chiudono le porte ai nemici, e si ha il bene di non esporsi neppure alla zuffa, quindi, se vuol giungere presto a fine, questi sono i mezzi, ed Io sarò con lui e vi riuscirà vittorioso; e dopo, quegli stessi che gli sono più contrari, gli saranno più favorevoli e lo ammireranno di più, vedendolo di aver disfatto le loro vedute umane”.