Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 16° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 19
1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano:3"Salve, re dei Giudei!". E gli davano schiaffi.4Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: "Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa".5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: "Ecco l'uomo!".6Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: "Crocifiggilo, crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa".7Gli risposero i Giudei: "Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio".
8All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura9ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: "Di dove sei?". Ma Gesù non gli diede risposta.10Gli disse allora Pilato: "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?".11Rispose Gesù: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande".
12Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: "Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare".13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà.14Era la Preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: "Ecco il vostro re!".15Ma quelli gridarono: "Via, via, crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Metterò in croce il vostro re?". Risposero i sommi sacerdoti: "Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare".16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
17Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota,18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo.19Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei".20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.21I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: "Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei".22Rispose Pilato: "Ciò che ho scritto, ho scritto".
23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo.24Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:
'Si son divise tra loro le mie vesti
e sulla mia tunica han gettato la sorte.'
E i soldati fecero proprio così.
25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala.26Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!".27Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
28Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: "'Ho sete'".29Vi era lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di 'aceto' in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca.30E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: "Tutto è compiuto!". E, chinato il capo, spirò.
31Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via.32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui.33Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe,34ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.36Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: 'Non gli sarà spezzato alcun osso'.37E un altro passo della Scrittura dice ancora: 'Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto'.
38Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatéa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.39Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre.40Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei.41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto.42Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.
Secondo libro di Samuele 12
1Il Signore mandò il profeta Natan a Davide e Natan andò da lui e gli disse: "Vi erano due uomini nella stessa città, uno ricco e l'altro povero.2Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero;3ma il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprata e allevata; essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia.4Un ospite di passaggio arrivò dall'uomo ricco e questi, risparmiando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso, per preparare una vivanda al viaggiatore che era capitato da lui portò via la pecora di quell'uomo povero e ne preparò una vivanda per l'ospite venuto da lui".5Allora l'ira di Davide si scatenò contro quell'uomo e disse a Natan: "Per la vita del Signore, chi ha fatto questo merita la morte.6Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non aver avuto pietà".7Allora Natan disse a Davide: "Tu sei quell'uomo! Così dice il Signore, Dio d'Israele: Io ti ho unto re d'Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul,8ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa di Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi avrei aggiunto anche altro.9Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Uria l'Hittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti.10Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Uria l'Hittita.11Così dice il Signore: Ecco io sto per suscitare contro di te la sventura dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un tuo parente stretto, che si unirà a loro alla luce di questo sole;12poiché tu l'hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole".
13Allora Davide disse a Natan: "Ho peccato contro il Signore!". Natan rispose a Davide: "Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai.14Tuttavia, poiché in questa cosa tu hai insultato il Signore (l'insulto sia sui nemici suoi), il figlio che ti è nato dovrà morire". Natan tornò a casa.
15Il Signore dunque colpì il bambino che la moglie di Uria aveva partorito a Davide ed esso si ammalò gravemente.16Davide allora fece suppliche a Dio per il bambino e digiunò e rientrando passava la notte coricato per terra.17Gli anziani della sua casa insistevano presso di lui perché si alzasse da terra; ma egli non volle e rifiutò di prendere cibo con loro.18Ora, il settimo giorno il bambino morì e i ministri di Davide temevano di fargli sapere che il bambino era morto, perché dicevano: "Ecco, quando il bambino era ancora vivo, noi gli abbiamo parlato e non ha ascoltato le nostre parole; come faremo ora a dirgli che il bambino è morto? Farà qualche atto insano!".19Ma Davide si accorse che i suoi ministri bisbigliavano fra di loro, comprese che il bambino era morto e disse ai suoi ministri: "È morto il bambino?". Quelli risposero: "È morto".20Allora Davide si alzò da terra, si lavò, si unse e cambiò le vesti; poi andò nella casa del Signore e vi si prostrò. Rientrato in casa, chiese che gli portassero il cibo e mangiò.21I suoi ministri gli dissero: "Che fai? Per il bambino ancora vivo hai digiunato e pianto e, ora che è morto, ti alzi e mangi!".22Egli rispose: "Quando il bambino era ancora vivo, digiunavo e piangevo, perché dicevo: Chi sa? Il Signore avrà forse pietà di me e il bambino resterà vivo.23Ma ora che egli è morto, perché digiunare? Posso io farlo ritornare? Io andrò da lui, ma lui non ritornerà da me!".
24Poi Davide consolò Betsabea sua moglie, entrò da lei e le si unì: essa partorì un figlio, che egli chiamò Salomone.25Il Signore amò Salomone e mandò il profeta Natan, che lo chiamò Iedidià per ordine del Signore.
26Intanto Ioab assalì Rabbà degli Ammoniti, si impadronì della città delle acque27e inviò messaggeri a Davide per dirgli: "Ho assalito Rabbà e mi sono già impadronito della città delle acque.28Ora raduna il resto del popolo, accàmpati contro la città e prendila, altrimenti se la prendo io, porterebbe il mio nome".29Davide radunò tutto il popolo, si mosse verso Rabbà, l'assalì e la prese.30Tolse dalla testa di Milcom la corona, che pesava un talento d'oro e conteneva una pietra preziosa; essa fu posta sulla testa di Davide. Asportò dalla città un bottino molto grande.31Fece uscire gli abitanti che erano nella città e li impiegò nei lavori delle seghe, dei picconi di ferro e delle scuri di ferro e li fece lavorare alle fornaci da mattoni; così fece a tutte le città degli Ammoniti. Poi Davide tornò a Gerusalemme con tutta la sua truppa.
Giobbe 38
1Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:
2Chi è costui che oscura il consiglio
con parole insipienti?
3Cingiti i fianchi come un prode,
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
4Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?
Dillo, se hai tanta intelligenza!
5Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
o chi ha teso su di essa la misura?
6Dove sono fissate le sue basi
o chi ha posto la sua pietra angolare,
7mentre gioivano in coro le stelle del mattino
e plaudivano tutti i figli di Dio?
8Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando erompeva uscendo dal seno materno,
9quando lo circondavo di nubi per veste
e per fasce di caligine folta?
10Poi gli ho fissato un limite
e gli ho messo chiavistello e porte
11e ho detto: "Fin qui giungerai e non oltre
e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde".
12Da quando vivi, hai mai comandato al mattino
e assegnato il posto all'aurora,
13perché essa afferri i lembi della terra
e ne scuota i malvagi?
14Si trasforma come creta da sigillo
e si colora come un vestito.
15È sottratta ai malvagi la loro luce
ed è spezzato il braccio che si alza a colpire.
16Sei mai giunto alle sorgenti del mare
e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato?
17Ti sono state indicate le porte della morte
e hai visto le porte dell'ombra funerea?
18Hai tu considerato le distese della terra?
Dillo, se sai tutto questo!
19Per quale via si va dove abita la luce
e dove hanno dimora le tenebre
20perché tu le conduca al loro dominio
o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa?
21Certo, tu lo sai, perché allora eri nato
e il numero dei tuoi giorni è assai grande!
22Sei mai giunto ai serbatoi della neve,
hai mai visto i serbatoi della grandine,
23che io riserbo per il tempo della sciagura,
per il giorno della guerra e della battaglia?
24Per quali vie si espande la luce,
si diffonde il vento d'oriente sulla terra?
25Chi ha scavato canali agli acquazzoni
e una strada alla nube tonante,
26per far piovere sopra una terra senza uomini,
su un deserto dove non c'è nessuno,
27per dissetare regioni desolate e squallide
e far germogliare erbe nella steppa?
28Ha forse un padre la pioggia?
O chi mette al mondo le gocce della rugiada?
29Dal seno di chi è uscito il ghiaccio
e la brina del cielo chi l'ha generata?
30Come pietra le acque induriscono
e la faccia dell'abisso si raggela.
31Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi
o sciogliere i vincoli di Orione?
32Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino
o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli?
33Conosci tu le leggi del cielo
o ne applichi le norme sulla terra?
34Puoi tu alzare la voce fino alle nubi
e farti coprire da un rovescio di acqua?
35Scagli tu i fulmini e partono
dicendoti: "Eccoci!"?
36Chi ha elargito all'ibis la sapienza
o chi ha dato al gallo intelligenza?
37Chi può con sapienza calcolare le nubi
e chi riversa gli otri del cielo,
38quando si fonde la polvere in una massa
e le zolle si attaccano insieme?
39Vai tu a caccia di preda per la leonessa
e sazi la fame dei leoncini,
40quando sono accovacciati nelle tane
o stanno in agguato fra le macchie?
41Chi prepara al corvo il suo pasto,
quando i suoi nati gridano verso Dio
e vagano qua e là per mancanza di cibo?
Salmi 82
1'Salmo. Di Asaf.'
Dio si alza nell'assemblea divina,
giudica in mezzo agli dèi.
2"Fino a quando giudicherete iniquamente
e sosterrete la parte degli empi?
3Difendete il debole e l'orfano,
al misero e al povero fate giustizia.
4Salvate il debole e l'indigente,
liberatelo dalla mano degli empi".
5Non capiscono, non vogliono intendere,
avanzano nelle tenebre;
vacillano tutte le fondamenta della terra.
6Io ho detto: "Voi siete dèi,
siete tutti figli dell'Altissimo".
7Eppure morirete come ogni uomo,
cadrete come tutti i potenti.
8Sorgi, Dio, a giudicare la terra,
perché a te appartengono tutte le genti.
Geremia 7
1Questa è la parola che fu rivolta dal Signore a Geremia:2"Fermati alla porta del tempio del Signore e là pronunzia questo discorso dicendo: Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che attraversate queste porte per prostrarvi al Signore.3Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e io vi farò abitare in questo luogo.4Pertanto non confidate nelle parole menzognere di coloro che dicono: Tempio del Signore, tempio del Signore, tempio del Signore è questo!
5Poiché, se veramente emenderete la vostra condotta e le vostre azioni, se realmente pronunzierete giuste sentenze fra un uomo e il suo avversario;6se non opprimerete lo straniero, l'orfano e la vedova, se non spargerete il sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia altri dèi,7io vi farò abitare in questo luogo, nel paese che diedi ai vostri padri da lungo tempo e per sempre.8Ma voi confidate in parole false e ciò non vi gioverà:9rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate.10Poi venite e vi presentate alla mia presenza in questo tempio, che prende il nome da me, e dite: Siamo salvi! per poi compiere tutti questi abomini.11Forse è una spelonca di ladri ai vostri occhi questo tempio che prende il nome da me? Anch'io, ecco, vedo tutto questo. Parola del Signore.12Andate, dunque, nella mia dimora che era in Silo, dove avevo da principio posto il mio nome; considerate che cosa io ne ho fatto a causa della malvagità di Israele, mio popolo.13Ora, poiché avete compiuto tutte queste azioni - parola del Signore - e, quando vi ho parlato con premura e sempre, non mi avete ascoltato e, quando vi ho chiamato, non mi avete risposto,14io tratterò questo tempio che porta il mio nome e nel quale confidate e questo luogo che ho concesso a voi e ai vostri padri, come ho trattato Silo.
15Vi scaccerò davanti a me come ho scacciato tutti i vostri fratelli, tutta la discendenza di Èfraim.
16Tu poi, non pregare per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere né insistere presso di me, perché non ti ascolterò.17Non vedi che cosa fanno nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme?18I figli raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco e le donne impastano la farina per preparare focacce alla Regina del cielo; poi si compiono libazioni ad altri dèi per offendermi.19Ma forse costoro offendono me - oracolo del Signore - o non piuttosto se stessi a loro vergogna?".20Pertanto, dice il Signore Dio: "Ecco il mio furore, la mia ira si riversa su questo luogo, sugli uomini e sul bestiame, sugli alberi dei campi e sui frutti della terra e brucerà senza estinguersi".
21Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: "Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne!22In verità io non parlai né diedi comandi sull'olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dal paese d'Egitto.23Ma questo comandai loro: Ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; e camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici.24Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio; anzi procedettero secondo l'ostinazione del loro cuore malvagio e invece di voltarmi la faccia mi han voltato le spalle,25da quando i loro padri uscirono dal paese d'Egitto fino ad oggi. Io inviai a voi tutti i miei servitori, i profeti, con premura e sempre;26eppure essi non li ascoltarono e non prestarono orecchio. Resero dura la loro nuca, divennero peggiori dei loro padri.27Tu dirai loro tutte queste cose, ma essi non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno.28Allora dirai loro: Questo è il popolo che non ascolta la voce del Signore suo Dio né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.
29Taglia la tua chioma e gettala via
e intona sulle alture un canto lugubre,
perché il Signore ha rigettato e abbandonato
la generazione che è oggetto della sua ira.
30Perché i figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno posto i loro abomini nel tempio che prende il nome da me, per contaminarlo.31Hanno costruito l'altare di Tofet, nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le figlie, cosa che io non ho mai comandato e che non mi è mai venuta in mente.32Perciò verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn, ma valle della Strage. Allora si seppellirà in Tofet, perché non ci sarà altro luogo.33I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell'aria e alle bestie selvatiche e nessuno li scaccerà.34Io farò cessare nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme le grida di gioia e la voce dell'allegria, la voce dello sposo e della sposa, poiché il paese sarà ridotto un deserto".
Lettera a Tito 3
1Ricorda loro di esser sottomessi ai magistrati e alle autorità, di obbedire, di essere pronti per ogni opera buona;2di non parlar male di nessuno, di evitare le contese, di esser mansueti, mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini.3Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell'invidia, degni di odio e odiandoci a vicenda.4Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini,5egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo,6effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro,7perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.
8Questa parola è degna di fede e perciò voglio che tu insista in queste cose, perché coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone. Ciò è bello e utile per gli uomini.9Guàrdati invece dalle questioni sciocche, dalle genealogie, dalle questioni e dalle contese intorno alla legge, perché sono cose inutili e vane.10Dopo una o due ammonizioni sta' lontano da chi è fazioso,11ben sapendo che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa.
12Quando ti avrò mandato Àrtema o Tìchico, cerca di venire subito da me a Nicòpoli, perché ho deciso di passare l'inverno colà.13Provvedi con cura al viaggio di Zena, il giureconsulto, e di Apollo, che non manchi loro nulla.14Imparino così anche i nostri a distinguersi nelle opere di bene riguardo ai bisogni urgenti, per non vivere una vita inutile.
15Ti salutano tutti coloro che sono con me. Saluta quelli che ci amano nella fede.
La grazia sia con tutti voi!
Capitolo LV: La corruzione della natura e la potenza della grazia divina
Leggilo nella Biblioteca1. O Signore mio Dio, che mi hai creato a tua immagine e somiglianza, concedimi questa grazia grande, indispensabile per la salvezza, come tu ci hai rivelato; così che io possa superare la mia natura, tanto malvagia, che mi trae al peccato e alla perdizione. Ché, nella mia carne, io sento, contraria alla "legge della mia ragione, la legge del peccato" (Rm 7,23), la quale mi fa schiavo e di frequente mi spinge ad obbedire ai sensi. E io non posso far fronte alle passioni peccaminose, provenienti da questa legge del peccato, se non mi assiste la tua grazia santissima, infusa nel mio cuore, che ne avvampa. Appunto una tua grazia occorre, una grazia grande, per vincere la natura, sempre proclive al male, fin dal principio. Infatti, per colpa del primo uomo Adamo, la natura decadde, corrotta dal peccato; e la triste conseguenza di questa macchia passò in tutti gli uomini, talché quella "natura", da te creata buona e retta, ormai è intesa come "vizio e debolezza della natura corrotta". Così, per la libertà che le è lasciata, la natura trascina verso il male e verso il basso. E quel poco di forza che rimane nella natura è come una scintilla coperta dalla cenere. E' questa la ragione naturale, che, pur se circondata da oscurità, è ancora capace di giudicare il bene ed il male, e di separare il vero dal falso; anche se non riesce a compiere tutto quello che riconosce come buono, anche se non possiede la pienezza del lume della verità e la perfetta purezza dei suoi affetti. E' per questo, o mio Dio, che "nello spirito, mi compiaccio della tua legge" (Rm 7,22), sapendo che il tuo comando è buono, giusto e santo, tale che ci invita a fuggire ogni male e ogni peccato. Invece, nella carne, io mi sottometto alla legge del peccato, obbedendo più ai sensi che alla ragione. E' per questo che "volere il bene mi è facile, ma a compiere il bene non riesco" (Rm 7,18). E' per questo che vado spesso proponendomi molte buone cose; ma mi manca la grazia che mi aiuti nella mia debolezza, e mi ritiro e vengo meno anche per una piccola difficoltà. E' per questo che mi avviene di conoscere la via della perfezione e di vedere con chiarezza quale debba essere la mia condotta; ma poi, schiacciato dal peso della corruzione dell'umanità, non riesco a salire a cose più elevate.
2. La tua grazia, o Signore, mi è davvero massimamente necessaria per cominciare, portare avanti e condurre a compimento il bene: "senza di essa non posso far nulla" (Gv 15,5), "mentre tutto posso in te" che mi dai forza, con la tua grazia (Fil 4,13). Grazia veramente di cielo, questa; mancando la quale i nostri meriti sono un nulla, e un nulla si devono considerare anche i doni naturali. Abilità e ricchezza, bellezza e forza, intelligenza ed eloquenza, nulla valgono presso di te, o Signore, se manca la grazia. Ché i doni di natura li hanno sia i buoni che i cattivi; mentre dono proprio degli eletti è la grazia, cioè l'amore di Dio. Rivestiti di tale grazia, gli eletti sono ritenuti degni della vita eterna. Tutto sovrasta, questa grazia; tanto che né il dono della profezia, né il potere di operare miracoli, né la più alta contemplazione non valgono nulla, senza di essa. Neppure la fede, neppure la speranza, né le altre virtù sono a te accette, senza la carità e la grazia.
3. O grazia beata, che fai ricco di virtù chi è povero nello spirito e fai ricco di molti beni chi è umile di cuore, vieni, discendi in me, colmami, fin dal mattino della tua consolazione, cosicché l'anima mia non venga meno per stanchezza e aridità interiore! Ti scongiuro, o Signore: che io trovi grazia ai tuoi occhi. La tua gloria mi basta (2Cor 12,9), pur se non otterrò tutto quello cui tende la natura umana. Anche se sarò tentato e angustiato da molte tribolazioni, non temerò alcun male, finché la tua grazia sarà con me. Essa mi dà forza, guida ed aiuto; vince tutti i nemici, è più sapiente di tutti i sapienti. Essa è maestra di verità e di vita, luce del cuore, conforto nell'afflizione. Essa mette in fuga la tristezza, toglie il timore, alimenta la pietà, genera le lacrime. Che cosa sono io mai, senza la grazia, se non un legno secco, un ramo inutile, da buttare via? "La tua grazia, dunque, o Signore, mi preceda sempre e mi segua, e mi conceda di essere sempre pronto a operare, per Gesù Cristo, Figlio tuo. Amen. (Messale Romano, oremus della XVI domenica dopo Pentecoste).
DISCORSO 9 TRATTATO DI S. AGOSTINO SUL SALTERIO A DIECI CORDE DISCORSO TENUTO A CHUSA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaDio misericordioso e giusto.
1. Il Signore e Dio nostro, misericordioso e pietoso, longanime, pieno di misericordia e verace, quanto più benevolmente dispensa la misericordia nella vita presente, tanto più severamente minaccia il giudizio nella vita futura. Le parole che ho riferito: Il Signore è misericordioso e pietoso, longanime, pieno di misericordia e verace 1, sono state scritte e sono garantite da autorità divina. Fa molto piacere a tutti i peccatori e a coloro che amano la vita presente sentirsi dire che il Signore è misericordioso e pietoso, che è longanime e pieno di misericordia. Ma se sei contento per il fatto che è tanto misericordioso temi quanto si dice al termine del versetto: E verace. Se avesse detto soltanto: Il Signore è misericordioso e pietoso, longanime e pieno di misericordia, tu ti saresti già sentito sicuro e impunito, e ti saresti dato ai piaceri mondani, alla sfrenatezza dei peccati. Avresti fatto ciò che volevi, avresti usato secondo quanto ti sarebbe stato possibile o fino a quanto ti avrebbe spinto la passione. E se qualcuno con buoni ammonimenti ti avesse rimproverato e incusso timore per farti recedere dalla sfrenata smania di correre dietro alle tue passioni e di abbandonare il tuo Dio, tu avresti interrotto le parole di chi ti rimproverava, a fronte alta, come se avessi ascoltato il parere autentico di Dio, e [gli] avresti letto dal libro sacro: "Perché cerchi di spaventarmi nei riguardi del nostro Dio? Egli è misericordioso e pietoso e pieno di misericordia". Perché gli uomini non dicano così, la Scrittura aggiunge una parola alla fine: e verace. E così fa cadere l'allegrezza di coloro che presumono [della salvezza] in maniera errata e cancella il timore di coloro che sono afflitti. Rallegriamoci della misericordia del Signore, ma temiamo anche il giudizio del Signore. Il Signore perdona, ma non tace. Tace ora, ma non tacerà per sempre 2. Ascoltalo ora che ti parla, affinché non ti manchi il tempo di ascoltarlo quando non tacerà nel giudizio.
Riconciliati ora col tuo avversario.
2. Ora infatti hai la possibilità di dirimere la tua causa. Sistema la tua causa prima del definitivo giudizio del tuo Dio. Non hai possibilità di presumere alcunché quando egli verrà, né potrai addurre falsi testimoni dai quali egli possa essere ingannato, né potrai avere un avvocato dai fraudolenti inganni e dalla verbosa oratoria, né potrai brigare in alcun modo per poter corrompere il giudice. Che cosa perciò puoi fare presso un tale giudice, che non potrai né corrompere né ingannare? E tuttavia qualcosa puoi fare. Lo stesso che allora sarà il giudice della tua causa, ora è testimone della tua vita. Abbiamo gridato e cantato le sue lodi. Definiamo la nostra causa. Il testimone delle vostre azioni è anche il testimone di queste grida. Non siano, queste grida, inutili, si convertano in gemito. È il momento di accordarci prontamente con l'avversario 3. Quanto longanime è Dio nel vedere ogni giorno le iniquità e nel non punirle, tanto il giudizio futuro giungerà istantaneamente. Se paragonato alla vita umana, è molto lungo ciò che per Dio è breve. Ma che consolazione [ti] apporta il fatto che [il tempo concesso] sia al mondo che al genere umano ti sembra lungo? Forse che, anche se l'ultimo giorno di tutto il genere umano fosse lontano, è lontano l'ultimo giorno di ciascun uomo? Voglio dire: da Adamo sono passati molti anni, molti ne sono trascorsi e ancora ne trascorreranno, non certamente così numerosi, ma tuttavia fino alla fine del mondo trascorreranno ancora degli anni, come anche quegli altri sono trascorsi. Sembra lungo il tempo che resta, benché non sarà lungo quanto lo è stato quello passato, e tuttavia, dal fatto che il tempo passato è trascorso, si spera il compimento del tempo rimasto. Ci fu un certo giorno che si chiamò poi oggi. Da allora fino a questo oggi, ciò che era futuro non divenne passato? È come se non ci fosse stato. Così sarà di quello che rimarrà per ultimo. Ma sia anche questo lungo, sia duraturo per quanto puoi crederlo, per quanto puoi esprimere, per quanto puoi pensare, non per quanto si può esprimere con la scrittura ma per quanto lo può immaginare il pensiero; procrastina quanto vuoi il giorno del giudizio; potrai forse protrarre per lungo tempo l'ultimo giorno tuo cioè della tua vita, quando uscirai da questo corpo? Abbi pure una sicura vecchiaia, se si può. Ma a chi è possibile questo? Non comincia forse l'uomo a poter morire nel momento che incomincia a poter vivere? L'inizio della vita genera la possibilità di morire. In questa terra e tra gli uomini non può ancora morire soltanto chi ancora non ha cominciato a vivere. Il giorno incerto lo dobbiamo attendere di giorno in giorno. Se di giorno in giorno dobbiamo attendere il giorno incerto, accordati con l'avversario, mentre è con te per via 4. Per via s'intende questa vita, per la quale tutti passano. E questo avversario non si ritira.
Il tuo avversario è la Parola di Dio.
3. Ma chi è questo avversario? Non è il diavolo mai la Scrittura ti esorterebbe a metterti d'accordo con il diavolo. È un altro l'avversario, che l'uomo stesso si rende avversario. Lui, se ti fosse avversario, non sarebbe con te per via; mentre invece proprio per questo è con te per via: per mettersi d'accordo con te. Sa infatti che se non ti metti d'accordo per via, ti porterà davanti al giudice, il giudice ti consegnerà alla guardia, la guardia ti porterà in carcere 5. Questi discorsi son tratti dal Vangelo; insieme con noi se lo ricordano sia quelli che l'hanno letto, sia quelli che l'hanno ascoltato. Chi è dunque l'avversario? La Parola di Dio. La Parola di Dio è il tuo avversario. Perché è avversario? Perché comanda cose contrarie a quelle che fai tu. Ti dice: Unico è il tuo Dio 6, adora l'unico Dio. Tu invece, abbandonato l'unico Dio, che è come il legittimo sposo della tua anima vuoi fornicare con molti demoni e, ciò che è più grave, non lo lasci e non lo ripudi apertamente come fanno gli apostati, ma rimanendo nella casa del tuo sposo, fai entrare gli adulteri. Cioè, come cristiano non abbandoni la Chiesa, ma consulti gli astrologi o gli aruspici o gli indovini o i maghi. Da anima adultera, non abbandoni la casa dello sposo, ma ti dai all'adulterio, pur rimanendo sposata con lui. Ti si dice: Non assumere invano il nome del Signore Dio tuo 7, perché non pensi che sia creatura Cristo, per il fatto che per te ha assunto la creatura. E tu disprezzi lui che è uguale al Padre e una sola cosa con il Padre 8. Ti si dice di rispettare spiritualmente il sabato 9 non come i giudei che osservano il sabato senza far nulla materialmente. Vogliono infatti astenersi dal lavoro per darsi alle frivolezze e alle loro lussurie. Sarebbe molto meglio che il giudeo facesse qualcosa di utile nel suo campo anziché stare turbolento nel teatro, e sarebbe meglio che le loro donne nel giorno di sabato lavorassero la lana anziché danzare impudicamente tutto il giorno sotto i loro porticati. A te è detto di rispettare spiritualmente il sabato, nella speranza del riposo futuro che il Signore ti promette. Chiunque, per quel riposo futuro, agisce nei limiti del possibile, benché sembri faticoso quanto fa, tuttavia se lo riferisce alla fede nel riposo promesso, non ancora possiede il sabato nella realtà, ma lo possiede nella speranza. Tu invece vuoi riposare per affaticarti, mentre dovresti lavorare per poterti poi riposare. Ti si dice: Onora tuo padre e tua madre 10. Rechi ingiuria ai genitori, tu che non vuoi avere pene da parte dei tuoi figli. Ti si dice: Non uccidere 11; tu invece vuoi uccidere il tuo nemico; e forse non metti in pratica questo tuo desiderio perché temi il giudice umano, non perché pensi a Dio. Non sai che egli è testimone anche dei pensieri? Anche se continua a vivere colui che tu vorresti che morisse, Dio ti ritiene omicida nel cuore 12. Ti si dice: Non commettere adulterio 13, cioè non andare con alcun'altra donna all'infuori di tua moglie. Tu invece questo comportamento lo esigi da tua moglie ma non lo vuoi rispettare nei confronti di tua moglie. E mentre dovresti precedere la moglie nella virtù - e la castità è una virtù - tu cadi al primo assalto della libidine. Vuoi che tua moglie ne esca vincitrice, tu rimani vinto. E mentre tu sei capo della tua moglie, lei ti precede nel cammino verso Dio, lei di cui tu sei capo. Vuoi che la tua casa penda con il capo all'in giù? Capo della donna infatti è l'uomo 14. Dove la donna vive più virtuosamente dell'uomo, la casa pende con il capo all'in giù. Se il capo è l'uomo, l'uomo deve vivere più virtuosamente e precedere in tutte le buone azioni la moglie, di modo che costei imiti il marito e segua il suo capo. Come Cristo è capo della Chiesa 15 e alla Chiesa viene comandato di seguire il suo capo e di camminare sulle orme del suo capo 16, così ogni casa ha per capo l'uomo e per corpo la donna. Dove il capo conduce, là deve seguire il corpo. Perché dunque il capo vuole andare dove non vuole che lo segua il corpo? Perché l'uomo vuole andare dove non vuole che lo segua la moglie? Comandando tutte queste cose, la Parola di Dio è avversario. Infatti gli uomini non vogliono fare ciò che vuole la Parola di Dio. E che cosa dirò del fatto che la Parola di Dio è avversario poiché comanda? Temo di essere avversario anch'io di alcuni, perché dico queste cose. Ma a me che importa? Colui che mi atterrisce spingendomi a parlare mi faccia essere tanto coraggioso da non temere le lagnanze degli uomini. Coloro infatti che non vogliono conservarsi fedeli alle loro mogli - e abbondano questi tali - non vorrebbero che dicessi queste cose. Ma, lo vogliano o non lo vogliano, io parlerò. Se non vi esorto a mettervi d'accordo con l'avversario, rimarrò io in lite con lui. Chi comanda a voi di agire, comanda a me di parlare. Come voi, non facendo quanto comanda di fare, siete suoi avversari, così noi rimarremo suoi avversari se non diciamo quanto comanda di dire.
Contro l'adulterio.
4. Nelle altre cose - che sopra ho detto - non mi sono soffermato a lungo. Presupponiamo infatti, nei vostri confronti, che adorate un solo Dio 17. Presupponiamo che siete nella fede cattolica, credendo nel Figlio di Dio uguale al Padre. E che non nominate invano il nome del Signore vostro Dio 18, con il credere che il Figlio di Dio sia una creatura. Poiché ogni creatura è soggetta alla vanità 19. Voi credete che egli è uguale al Padre, Dio da Dio, Verbo presso Dio, Verbo Dio, per il quale sono state fatte tutte le cose 20, luce da luce 21, coeterno a colui che lo generò, una sola cosa con colui che lo generò 22. Credete che questo Verbo assunse la creatura 23, che assunse la natura mortale dalla Vergine Maria, e che patì per noi. Tutte queste cose le troviamo scritte e le crediamo per poterci salvare. Né mi sono soffermato su questo: che tutto quello che fate, lo facciate per la speranza futura. So che la mente di tutti i cristiani è rivolta alla vita futura. Chi non pensa alla vita futura o non è cristiano proprio con lo scopo di ricevere alla fine quanto Dio promette, ancora non è vero cristiano. Né mi sono soffermato su quanto dice la Parola di Dio: Onora tuo padre e tua madre 24. Molti infatti rispettano genitori e raramente troviamo genitori che si lamentano dell'ingratitudine dei figli, anche se ve ne sono; tuttavia siccome avviene raramente, l'ammonimento è stato breve. Né ho voluto soffermarmi sul passo che dice: Non uccidere 25. Non credo che ci sia qui una folla di omicidi. Un altro vizio, [quello dell'adulterio], serpeggia invece più diffusamente e ha assunto dimensioni più vaste. Contro di esso in modo più veemente se la prende quell'avversario [cioè la Parola di Dio], che grida proprio per diventare una buona volta alleato. Le lamentele sono quotidiane, tanto che le stesse donne ormai non osano più lagnarsi dei propri mariti. La consuetudine, penetrata dappertutto, viene osservata come legge, tanto che ormai anche le donne si sono persuase che questo vizio è lecito agli uomini, non è lecito alle donne. Spesso sentono dire di donne che sono state portate in giudizio, accusate di essere state trovate insieme con i servi. Mai sentirono dire che un uomo sia stato portato in giudizio perché trovato insieme alla sua serva, per peccare naturalmente. In pari responsabilità di peccato, non la divina verità ma la perversione umana fa ritenere l'uomo più innocente [della donna]. Forse a qualcuno oggi toccherà sopportare la propria moglie più aspra del solito; la sentirà borbottare più arditamente perché mentre prima credeva che al marito fosse lecito [questo vizio], ora ha ascoltato in chiesa che non è lecito neanche al marito; forse dunque qualcuno dovrà sopportare la propria moglie che si lamenta, come abbiamo detto, più apertamente e che gli dice: "Non puoi fare ciò che fai. L'abbiamo sentito insieme. Siamo cristiani. Dà anche tu a me quanto tu esigi da me. Io ti debbo fedeltà, tu mi devi fedeltà, tutti e due dobbiamo fedeltà a Cristo. E se puoi ingannare me, non puoi ingannare colui al quale apparteniamo, non puoi ingannare colui che ci ha acquistati". Udendo queste cose per lui nuove e dette in tale maniera, non volendo rinsavire in se stesso, diventa furioso contro di me. Si arrabbia, maledice. Forse dirà anche: "Accidenti a quando lui è venuto qui o a quando mia moglie è andata in chiesa!". E credo che queste cose le pensi nella sua mente, non osando manifestarle a voce liberamente, neanche davanti alla sola moglie. Se le manifestasse e parlasse così, la moglie potrebbe rispondergli e dirgli: "Perché maledici chi poco prima hai applaudito? Siamo sposi. Se la tua lingua è doppia, come potrai vivere in concordia con me?". Noi, fratelli, pensiamo ai vostri pericoli, non badiamo a quello che vorreste voi. Anche il medico, se badasse alla volontà del malato, mai lo curerebbe. Ciò che non si deve fare non si faccia. Ciò che Dio proibisce non si faccia. Chi crede in Dio, da lui ascolta quanto diciamo. Certo era meglio, per quelli che non vogliono essere corretti, che o non fossimo venuti qui se dovevamo parlare così o, dal momento che eravamo già venuti, non avessimo parlato di queste cose.
Non temiamo di dire parole amare per il vostro bene.
5. Ricordo di avervi detto l'altro ieri, fratelli, che se fossimo suonatori di cetra o ci esibissimo secondo l'uso popolare in qualcosa di simile per assecondare la vostra smania di frivolezze, che già vi abbiamo pregato di abbandonare, ci avreste trattenuto perché vi dedicassimo un giorno intero, e ciascuno a modo suo ci avrebbe ricompensato. Perché dovremmo camminare allietati da inutili canti che non ci apporteranno alcun vantaggio, dolci al momento presente, amari in futuro? L'animo umano sedotto dalla disonestà di tali canti si snerva, decade dalla virtù e sprofonda nella turpitudine. E a causa delle stesse turpitudini più tardi soffre e con grande amarezza digerisce quanto con effimera dolcezza aveva bevuto. È meglio pertanto che ora vi cantiamo canzoni amare, che possano poi procurarvi dolcezza. Nessuna ricompensa esigiamo all'infuori di quella che facciate quanto diciamo, anzi che non facciate se noi diciamo di non farlo. Se pertanto a tutti parla colui che non teme nessuno e per merito del quale avviene che neanche noi temiamo nessuno, [parlando] nel suo nome e a gloria della sua misericordia, ascoltiamo tutti, facciamo tutti, mettiamoci tutti d'accordo con il nostro avversario.
I primi tre comandamenti riguardanti Dio.
6. Pensate che sia un suonatore di cetra: che cosa potrei cantarvi più a lungo? Ecco, porto il salterio, ha dieci corde. Lo avete cantato qualche momento fa, prima che cominciassi a parlare. Voi foste il mio coro. Non avete cantato qualche momento fa: Dio, ti canterò un canto nuovo ti loderò con il salterio a dieci corde 26? Ora faccio vibrare le dieci corde. Perché è aspro il suono del salterio di Dio? Cantiamo tutti con il salterio a dieci corde. Vi canterò quello che dovrete fare. Il decalogo della legge infatti ha dieci comandamenti. Questi dieci comandamenti sono distribuiti in maniera tale che tre si riferiscono a Dio, sette si riferiscono agli uomini. I tre che riguardano Dio li ho già accennati: Unico è il nostro Dio e non dobbiamo fare nessun simulacro 27 e non dobbiamo darci all'idolatria tradendo Dio che è unico 28, perché Dio Cristo, Figlio di Dio, è una cosa sola con il Padre 29. E pertanto non dobbiamo credere in modo falso 30, ritenendolo creato, cioè una qualunque creatura, per mezzo della quale siano state fatte tutte le cose. Poiché pertanto egli è un unico Dio, è Padre e Figlio e Spirito Santo, ci viene promesso il riposo eterno nello Spirito Santo, cioè nel dono di Dio 31. Ora ne riceviamo la caparra. Così infatti dice l'Apostolo: "Colui che ci ha dato come caparra lo Spirito..." 32. Se abbiamo ricevuto la caparra, cosicché possiamo cominciare ad essere tranquilli nel Signore e nel nostro Dio, ad essere miti nel nostro Dio, ad essere pazienti in Dio, saremo anche gioiosi per sempre in colui dal quale abbiamo ricevuto la caparra. Questo sarà il sabato dei sabati per quel riposo che appartiene al dono dello Spirito Santo. Perciò il terzo comandamento riguardante il sabato, mentre i giudei lo osservano materialmente, noi lo dobbiamo osservare spiritualmente. Poiché lo Spirito è chiamato Santo, per questo Dio ha santificato il settimo giorno, quando compì tutte le sue opere, come troviamo scritto nella Genesi 33. Non trovi nominata la santificazione se non in quel [settimo] giorno nel quale si dice: Riposò Dio dalle sue opere 34. Non si era stancato il Signore, anche se si dice: Riposò Dio dalle sue opere, ma in quella frase ha promesso il riposo a te che ti saresti stancato. E poiché tutte le opere le fece molto buone 35, si dice: Riposò Dio anche per farti capire che anche tu dopo aver compiuto le opere buone ti saresti riposato e senza fine. Infatti tutte le opere precedentemente nominate, cioè i primi sei giorni, hanno la sera. Questo settimo giorno invece, quando Dio santificò il riposo, non ha sera. Vi si dice: Divenne mattina, perché il giorno avesse inizio; mentre non è stato detto: Divenne sera, perché il giorno terminasse, ma è stato detto: Divenne mattina, perché iniziasse il giorno senza termine. Così il nostro riposo comincia, come comincia la mattina, ma non termina, perché vivremo in eterno. Se, qualunque cosa facciamo, la facciamo con questa speranza, osserviamo il sabato. È questa la terza corda di questo decalogo, cioè del salterio a dieci corde: nelle prime tre corde [son rappresentati] i comandamenti che riguardano Dio.
Gli altri sette comandamenti riguardanti il prossimo.
7. Se ci si dicesse: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e tutta la tua anima e tutta la tua mente 36, ma non ci si dicesse niente nei riguardi del nostro prossimo, non si tratterebbe di un'arpa a dieci corde, ma a tre corde. Poiché però il Signore aggiunse: E amerai il tuo prossimo come te stesso 37 e concluse dicendo: In questi due comandamenti è contenuta tutta la Legge e i Profeti 38, tutta la Legge è racchiusa nei due comandamenti dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo. Il decalogo riguarda perciò i due comandamenti, cioè l'amore di Dio e l'amore del prossimo. Tre corde si riferiscono al primo comandamento, perché Dio è Trinità. Al secondo comandamento, cioè all'amore del prossimo, si riferiscono le altre sette corde: come cioè si debba vivere in mezzo agli uomini. Il numero settenario, cioè le sette corde, inizia dal rispetto verso i genitori: Onora tuo padre e tua madre 39. Ai propri genitori infatti l'uomo apre per primo gli occhi, e la vita presente trae origine dal loro amore. Chi non porta rispetto ai propri genitori, chi potrà rispettare? Onora tuo padre e tua madre. E dice l'Apostolo: Onora il padre e la madre: è il primo precetto 40. In che senso è primo, mentre è il quarto comandamento, se non perché è la prima delle sette corde? È il primo nella seconda tavola, che riguarda l'amore del prossimo. Per questo sono state date due tavole della Legge. Dio al suo servo Mosè diede sul monte due tavole 41; in queste due tavole di pietra erano scritti i dieci comandamenti della Legge - cioè il salterio a dieci corde -, tre in una tavola concernenti Dio e sette nell'altra tavola riguardanti il prossimo. Nella seconda tavola perciò il primo comandamento è: Onora tuo padre e tua madre; il secondo: Non commettere adulterio; il terzo: Non uccidere; il quarto: Non rubare; il quinto: Non dire falsa testimonianza; il sesto: Non desiderare la moglie del tuo prossimo; il settimo: Non desiderare la roba del tuo prossimo. Aggiungiamo questi comandamenti ai tre che riguardano l'amore di Dio, se vogliamo cantare un canto nuovo nel salterio a dieci corde.
Vecchio e nuovo uomo, vecchio e nuovo cantico.
8. Faccia attenzione la vostra Carità, perché dica solamente ciò che suggerisce il Signore. Il popolo giudeo ricevette la Legge, ma non osservò le cose scritte nel decalogo 42; e chi obbediva, lo faceva per timore del castigo, non per amore della giustizia. Portava il salterio ma non cantava. [Portare il salterio] per chi canta è un piacere, per chi teme è un peso. Perciò il vecchio uomo o non l'osserva o l'osserva per timore, non per amore della santità, non per il piacere della castità, non per la temperanza della carità, ma per timore. È uomo vecchio e l'uomo vecchio può cantare il canto vecchio, non il nuovo. Perché abbia la possibilità di cantare un canto nuovo, divenga uomo nuovo. Come possa divenire uomo nuovo, ascolta non me ma l'Apostolo che dice: Spogliatevi del vecchio uomo e rivestitevi del nuovo 43. E perché nessuno pensi che dicendo: Spogliatevi del vecchio uomo e rivestitevi del nuovo bisogna deporre qualcosa e prenderne qualcun'altra, quando comanda di cambiare uomo, soggiunge dicendo: Perciò deponendo la menzogna, dite la verità 44. Questo significa: Spogliatevi dell'uomo vecchio e rivestitevi del nuovo. Questo voleva dire: Cambiate il comportamento. Prima amavate il mondo, ora amate Dio. Amavate le frivolezze del peccato, i piaceri temporali, ora amate il prossimo. Se lo fate con amore, cantate il canto nuovo. Se lo fate con timore, ma lo fate, portate sì il salterio, ma ancora non cantate. Se invece non lo fate, gettate via il salterio. È certo meglio anche soltanto il portarlo che il gettarlo via. Ma è ancora meglio cantare con gioia che portarlo con peso. Non si perviene al canto nuovo se già non si canta con gioia. Chi lo porta con timore è ancora nel vecchio canto. Fate attenzione, fratelli, al significato di quanto dico. Non si è messo d'accordo con il suo avversario 45 chi ancora agisce con timore. Teme infatti che Dio venga e lo condanni. Non lo delizia ancora la castità, non lo delizia ancora la giustizia, ma comunque, temendo il giudizio di Dio, si astiene dalle cattive azioni. Non disprezza proprio la concupiscenza che infuria in lui. Non lo delizia ancora ciò che è bene. Non ha ancora la delicatezza per cantare il canto nuovo ma, da vecchio uomo, teme il castigo. Non ancora si è messo d'accordo con l'avversario.
Ama Dio come è, non come vorresti che fosse.
9. Tali uomini vengono per lo più ingannati da un modo di ragionare simile a questo: "Per quanto possibile, Dio non ci dovrebbe minacciare, non dovrebbe venire a dare a tutti il perdono, a condonare tutti, e poi, venendo, non mandare nessuno alla geenna!". Perché egli è iniquo, vuole un Dio iniquo. Dio vuole che tu diventi come lui, e tu vorresti farti un Dio simile a te. Accetta Dio come è, non come vuoi che sia. Sei perverso e vuoi un Dio come sei tu, non come è lui. Se lo accettassi come è, ti correggeresti e adatteresti il tuo cuore a quella misura, allontanandoti dalla quale sei diventato tortuoso. Accetta Dio come è, amalo come è. Egli non ti ama come sei, anzi ti odia come sei. Perciò ha pietà di te, perché ti odia come sei per farti come ancora non sei. Perché ti faccia, ho detto, come ancora non sei. Infatti non ti ha promesso di farti come è lui. Sarai come è lui, ma in un certo modo, cioè simile a Dio come una sua immagine, ma non alla stessa maniera in cui è sua immagine il Figlio. Infatti anche tra gli uomini le immagini sono diverse. Il figlio di un uomo reca l'immagine del padre suo, ed è la stessa cosa che il padre suo, perché è uomo come il padre suo. Nello specchio invece la tua immagine non è la stessa cosa che te. Altra infatti è la tua immagine nel figlio, altra nello specchio. Nel figlio c'è la tua immagine secondo l'uguaglianza della sostanza, nello specchio invece quanta differenza c'è con la tua sostanza! E tuttavia c'è una certa immagine tua, benché non tale quale c'è nel figlio tuo secondo la sostanza. Così nella creatura l'immagine di Dio non è come quella che è nel Figlio che è uguale al Padre, cioè Dio, Verbo di Dio, per il quale sono state fatte tutte le cose 46. Riprendi perciò la somiglianza con Dio che hai perduto con le cattive azioni. Come l'immagine dell'imperatore in un senso è nella moneta, in un altro è nel figlio - tutte e due sono immagini, ma in un senso diverso è impressa nella moneta: in un senso si ha l'immagine dell'imperatore nel figlio, in un senso in una moneta d'oro - così anche tu sei moneta di Dio; ma migliore di quella perché, avendo l'intelletto e una forma di vita, sei moneta di Dio in maniera tale che sai anche di chi porti l'immagine e ad immagine di chi sei stato fatto, mentre la moneta non si rende conto di portare l'immagine del re. Perciò, come avevo cominciato a dire, Dio ti odia come sei, ma ti ama come vuole che tu sia e perciò ti esorta a cambiare. Mettiti d'accordo con lui e comincia anzitutto a volere il bene e ad odiarti per come sei. Questo sia per te l'inizio dell'accordo con la Parola di Dio: cominciare anzitutto ad odiarti per come sei. Quando avrai cominciato anche tu ad odiarti per come sei, come Dio ti odia per come sei, già cominci ad amare Dio per come egli è.
Il malato e il medico.
10. Guardate il malato. Il malato si odia in quanto malato; da qui inizia a mettersi d'accordo con il medico. Perché anche il medico lo odia per come è. Per questo vuole che diventi sano, perché lo odia febbricitante, e il medico è accanito avversario della febbre per liberare l'uomo. Così l'avarizia, la libidine, l'odio, la passione, la lussuria, le frivolezze degli spettacoli, sono le febbri della tua anima. Le devi odiare come le odia il medico. Con questo ti metti d'accordo con il medico, ti fidi del medico e ascolti volentieri i comandi del medico, fai volentieri quanto comanda il medico, e con l'inizio della sanità cominciano a piacerti anche i suoi comandi. Quanto è odioso il cibo per i malati quando vengono nutriti? I malati ritengono più penoso il momento della nutrizione di quello di un attacco di febbre. E tuttavia, d'accordo con il medico, si fanno forza e, benché contro voglia e con sforzo, si vincono e prendono qualcosa. Con quanta avidità, una volta che staranno bene, mangeranno molto più cibo, mentre ora che sono malati prendono appena qualcosa? Ma perché questo? Perché odiavano la febbre che avevano e si erano messi d'accordo con il medico e il medico e il malato combattevano insieme la febbre. Quando perciò anche noi diciamo queste cose, non odiamo se non le vostre febbri, anzi la stessa Parola di Dio odia in voi le vostre febbri; perciò dovete mettervi d'accordo con essa. Che cosa siamo noi se non persone che debbono essere liberate al pari di voi, che debbono essere sanate al pari di voi?.
Non fornicare.
11. Ora fate attenzione non a me, ma alla Parola di Dio. Non adiratevi contro la vostra medicina: non ho trovato altra via per cui passare. Sono arrivato alla quinta corda, io che sto pizzicando il salterio a dieci corde. Dovevo forse saltare la quinta corda? Anzi la farò vibrare più intensamente. In essa infatti vedo caduta quasi tutta l'umanità, in essa soprattutto la vedo dibattersi. Pizzicando quella corda che cosa dico? Non commettete adulterio tradendo le mogli, allo stesso modo che voi non volete che le vostre mogli commettano adulterio tradendo voi. Non andate voi dove non volete che esse vi seguano. Capziosamente cercate di scusarvi dicendo: "Vado forse dalla moglie di qualcuno? Io vado dalla mia serva". Vuoi che tua moglie ti dica: "Vado forse dal marito di qualcuna? Io vado dal mio servo"? Tu dici: "Non è moglie di nessuno la donna da cui vado". Vuoi forse che ti si dica: "Non è marito di nessuna l'uomo da cui vado"? Non sia mai che tua moglie dica così. È meglio che si rattristi per te anziché ti imiti. Lei è casta e santa donna e veramente cristiana; si affligge per il fatto di avere un marito adultero, e non si affligge per motivi carnali, ma perché è animata da carità; se vuole che tu non faccia queste cose, non lo vuole perché lei non le fa, ma perché non ti sono di giovamento. Infatti se lei non le fa perché non le faccia neanche tu, dal momento che tu le fai, le farebbe anche lei. Se deve a Dio, se deve a Cristo il debito di fedeltà che tu esigi e rimane fedele perché a lei lo comanda il Signore, anche se il marito è adultero, lei offre ugualmente a Dio la sua castità. Cristo infatti parla nel cuore delle sante donne, parla interiormente ove il marito non può ascoltare, perché non ne è degno se è in quella situazione. Parla dunque Cristo interiormente e dice e consola la sua figlia con queste o simili parole: "Ti affliggi per le ingiurie che ti reca il tuo marito, per quello che ti ha fatto? Rammaricati, ma non imitarlo, così da comportarti male anche tu, anzi sia lui ad imitarti nel bene. In quelle cose in cui si comporta male, non ritenere lui tuo capo, ma me". Infatti se il marito fosse il suo capo anche nel cattivo comportamento, il corpo dovrebbe seguire il suo capo e ambedue cadrebbero nel precipizio. Per non seguire il suo cattivo capo si volga al capo della Chiesa, Cristo. Offrendo a lui la sua castità, affidando a lui il suo onore, sia il marito assente sia presente, lei non pecca, perché mai è assente colui verso il quale ha l'obbligo di non peccare.
La castità che si richiede alla donna la può osservare anche l'uomo.
12. Comportatevi così, fratelli, affinché possiate accordarvi con l'avversario. Non sono amare le cose che dico o, se sono amare, portano alla guarigione. Anche se è amara questa medicina, venga presa. Poiché le viscere sono in pericolo, venga bevuta, ancorché amara. È preferibile una passeggera amarezza in bocca ad un eterno tormento nelle viscere. Cambiate perciò. Chiunque di voi non osservava questo bene della castità, ora l'osservi. Non dite: "Non si può osservare". È vergognoso, fratelli, è turpe che l'uomo dica di non poter osservare ciò che la donna può osservare. È un delitto che l'uomo dica: "Non posso". Ciò che può la donna non può l'uomo? E che, non è anche lei fatta di carne? Per prima è stata ingannata dal serpente. La castità delle vostre mogli vi dimostra che è possibile fare ciò che voi non volete fare e dite che non è possibile fare. Ma forse dirai che lei lo può fare più facilmente perché ha molte più difese: il comando della legge, la vigilanza del marito, la stessa paura delle leggi civili. Una grande protezione è costituita anche dal suo senso di riservatezza e di pudore. I molti mezzi di difesa fanno una donna più casta; la virilità faccia l'uomo più casto. La donna ha bisogno di maggiori mezzi di difesa perché è più debole. Essa si vergogna in vista del marito, tu non ti vergogni per motivo di Cristo? Tu sei più libero perché sei più forte. Poiché vinci facilmente, sei affidato a te stesso. Sulla donna influiscono la vigilanza del marito, il timore delle leggi, la consuetudine dei costumi, un maggior senso di riservatezza. Su di te Dio, soltanto Dio. Trovi infatti facilmente uomini simili a te, davanti a cui non temi di arrossire, perché molti si comportano così. E l'umanità è tanto perversa che qualche volta c'è da temere che un uomo casto debba arrossire tra tutti gli altri impudichi. Pertanto non cesso di pizzicare questa quinta corda per la perversa consuetudine che appesta, come ho detto, tutto il genere umano. Se qualcuno tra voi commettesse un omicidio, che Dio non lo permetta, voi lo vorreste cacciare via dalla patria e, se possibile, allontanarlo immediatamente. Se qualcuno commettesse un furto lo odiereste e non vorreste neanche vederlo. Se qualcuno testimoniasse il falso lo disprezzereste e non lo considerereste neanche più un uomo. Se qualcuno bramasse le cose altrui sarebbe tacciato da rapinatore e disonesto. Se qualcuno invece si è divertito turpemente con le sue serve, viene rispettato, bene accolto, la colpa che ne ferisce l'anima passa per gioco. Ecco al contrario, un tale che dice di essere casto, di non commettere adulterio, e si è certi che non lo fa: si vergogna perfino di accostarsi a quelli che non si comportano come lui, perché lo insultano, lo deridono, gli dicono che non è un uomo. Fino a questo punto è arrivata la perversità umana, che chi è vinto dalla libidine è ritenuto uomo, mentre non sarebbe uomo chi è vincitore della libidine. Esultano per essere trionfatori, e non sono uomini; giacciono abbattuti, e sono uomini! Se assistessi ad uno spettacolo nell'anfiteatro, chi ti sembrerà più forte, chi rimane steso sotto la belva o chi uccide la belva?.
La lotta interiore dell'uomo.
13. Ma per il fatto che trascurate la lotta interiore - mentre al contrario le lotte esteriori vi entusiasmano - non volete appartenere al canto nuovo, ove si dice: Chi addestra le mie mani alla battaglia e le mie dita alla guerra 47. C'è una guerra che l'uomo fa con se stesso, quando lotta contro le cattive concupiscenze, frena l'avarizia, elimina la superbia, soffoca l'ambizione, spegne la libidine. Se nell'intimo intraprenderai queste lotte, non sarai vinto esternamente. Per questo le vostre mani vengano addestrate alla battaglia e le vostre dita alla guerra. Non è la stessa cosa nei vostri spettacoli. Negli spettacoli dell'anfiteatro il gladiatore è diverso da chi suona la cetra; una cosa fa il gladiatore, un'altra chi suona la cetra. Nello spettacolo di Dio unica è la persona. Tocca le dieci corde e ucciderai le belve: fai insieme tutte e due le cose. Tocchi la prima corda, con la quale si comanda di adorare un solo Dio 48, cade la bestia della superstizione. Tocchi la seconda corda con la quale non pronunci erroneamente il nome del Signore tuo Dio 49, cade la bestia dell'errore delle nefande eresie che hanno creduto falsamente. Tocchi la terza corda, per cui qualunque cosa fai la fai nella speranza del riposo futuro 50, viene uccisa la bestia, più crudele delle altre, dell'attaccamento a questo mondo. Per amore di questo mondo infatti gli uomini si affaticano in tutti i loro affari. Tu invece impegnati in ogni tua opera buona, non per amore di questo mondo, ma per il riposo eterno che ti promette Dio. Vedi come contemporaneamente fai ambedue le cose: suoni le corde e uccidi le bestie; cioè sei insieme suonatore di cetra e gladiatore. Non vi dilettano tali spettacoli, dove ci conquistiamo l'attenzione, non di un organizzatore di spettacoli, ma quella del Redentore? Onora tuo padre e tua madre 51: tocchi la quarta corda riguardante il rispetto verso i genitori; cade la bestia dell'empietà. Non commettere adulterio 52: tocchi la quinta corda, cade la bestia della libidine. Non uccidere 53: tocchi la sesta corda, cade la bestia della crudeltà. Non rubare 54: tocchi la settima corda, cade la bestia della rapacità. Non testimoniare il falso 55: tocchi l'ottava corda, cade la bestia della falsità. Non desiderare la moglie del tuo prossimo 56: tocchi la nona corda, cade la bestia del desiderio dell'adulterio. Altro infatti è non fare qualcosa di tal genere con altra donna all'infuori della propria moglie, altro è non desiderare la moglie di un'altra persona. Perciò sono due precetti diversi: Non commettere adulterio 57 e: Non desiderare la moglie del tuo prossimo 58. Non desiderare la roba del tuo prossimo 59: tocchi la decima corda, cade la bestia della cupidigia. Cadute tutte le bestie, ti trovi sicuro e innocente nell'amore di Dio e in mezzo alla società umana. Quante bestie uccidi toccando le dieci corde! Molti capi infatti si nascondono sotto questi vizi capitali. Nelle singole corde non uccidi singole bestie, ma greggi di bestie. Facendo in questo modo canterai il canto nuovo con amore, non con timore.
Non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te.
14. Non dire fra te e te, quando avresti voglia di piaceri sensuali: "Non ho moglie; faccio ciò che voglio; non pecco mica tradendo mia moglie!". Conosci già quanto costi, conosci già a che cosa ti accosti, che cosa mangi, che cosa bevi, anzi chi mangi, chi bevi. Astieniti dalle fornicazioni 60. Non dirmi: "Ma io vado in un bordello, da una meretrice, da una prostituta, e perciò non violo il precetto che dice: Non commettere adulterio 61, perché ancora non ho moglie e perciò non la tradisco; né violo l'altro precetto: Non desiderare la moglie del tuo prossimo 62. Io vado in un luogo aperto a tutti, in quale comandamento incorro?". Non troveremo una corda da toccare? Non troveremo una corda con cui legare questo fuggitivo? Non fugga, ha anche lui qualcosa da cui essere legato. Ma ami, e il legame diventerà ornamento. Lo troviamo nelle stesse dieci corde. I dieci comandamenti infatti, come abbiamo già sentito, si riducono ai due del l'amore di Dio e del prossimo 63, e questi due ad uno solo. E quest'uno è: Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri 64. In questa frase sono racchiusi i dieci comandamenti, sono racchiusi i due precetti.
Sei tempio di Dio.
15. Ma obietti: "Se rubo, faccio ciò che non voglio sia fatto a me; se uccido, faccio ciò che non voglio mi sia fatto da un altro; se non rispetto i miei genitori, mentre voglio che i miei figli mi rispettino, faccio ciò che non voglio mi si faccia; se sono adultero e faccio qualcosa di tal genere, faccio ciò che non voglio venga fatto a me - infatti se lo si chiede a chiunque, risponderà: Non voglio che mia moglie faccia qualcosa di simile -; se desidero la moglie del mio prossimo, non voglio però che qualcuno desideri la mia, faccio quindi ciò che non voglio mi si faccia; se desidero la roba del mio prossimo, non voglio che mi venga tolta la mia, perciò faccio ciò che non voglio mi si faccia. Quando invece vado da una meretrice, a chi faccio il danno, che non voglio venga fatto a me?". Lo fai allo stesso Dio, e ciò è più grave. Cercate di capire, fratelli. Il comando: Ciò che non vuoi venga fatto a te non lo fare ad un altro 65 si riferisce ai due precetti. In che modo si riferisce ai due precetti? Se non fai ad un uomo ciò che non vuoi ti venga fatto da un altro uomo, questo riguarda il precetto del prossimo, l'amore verso il prossimo, le sette corde. Se invece ciò che non vuoi ti venga fatto da un uomo tu lo vuoi fare allo stesso Dio, che significa questo? Non fai ad un altro ciò che non vuoi venga fatto a te? Ti preoccupi più dell'uomo che di Dio? "Ma in che modo - mi risponderà - ciò che faccio lo faccio allo stesso Dio?". Corrompi te stesso. "E in che modo faccio ingiuria a Dio corrompendo me stesso?". Allo stesso modo con cui ti offende chi volesse prendere a sassate una tua pittura, nella quale è impressa la tua immagine e che tieni per vanità in casa tua per un tuo onore fatuo: una pittura che non sente né parla né vede. Se qualcuno la prendesse a sassate, non offenderebbe te? Quando però, con fornicazioni e l'avvilente libidine, corrompi in te l'immagine di Dio che sei tu stesso, ti metti a considerare che non vai dalla moglie di alcuno, che non tradisci tua moglie, tu che non sei sposato! E non fai attenzione a colui con cui hai profanato l'immagine con le illecite voglie della fornicazione? Insomma Dio che sa ciò che ti è utile, che veramente si prende cura dei suoi servi per il loro interesse, non per il proprio - egli non ha bisogno dell'aiuto dei suoi servi, tu piuttosto hai bisogno dell'aiuto del tuo Signore - lo stesso Signore dunque che sa ciò che ti è utile, ti ha concesso una moglie, nulla più. Questo ha comandato, così ha stabilito, perché tu, che hai cominciato ad essere suo tempio, non andassi in rovina per le illecite voglie. Queste affermazioni sono forse mie? Ascoltate l'Apostolo: Non sapete che siete tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi? 66. Queste parole le rivolge ai cristiani, queste parole le rivolge ai fedeli: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Che se uno manda in rovina il tempio di Dio, Dio manda in rovina lui? 67. Vedete che cosa viene minacciato? Non vuoi che vada in rovina la tua casa: perché mandi in rovina la casa di Dio? Facendo così, non fai a qualcuno ciò che non vuoi si faccia a te? Non ha via di scampo; è legato, lui che credeva di non poter essere legato! Tutti i peccati degli uomini consistono o in depravate azioni disoneste o in azioni nocive. Poiché non puoi danneggiare Dio con le azioni, lo offendi con azioni disoneste, lo offendi con le depravazioni, lo ingiuri nella tua persona. Rechi ingiuria infatti alla sua grazia, al suo dono 68.
Abbi verso Dio la fedeltà che pretendi dal tuo servo.
16. Se tu avessi un servo, pretenderesti che il tuo servo ti servisse. Tu allora servi al tuo Dio, che è un padrone migliore di te. Il tuo servo non l'hai fatto tu, lui ha fatto sia te che il tuo servo. Vuoi che ti serva uno che è stato fatto insieme a te e non vuoi servire a colui dal quale sei stato fatto? Mentre tu vuoi che ti serva il tuo servo, che è un uomo, e non vuoi servire al tuo Signore, fai a Dio ciò che tu non vuoi ti si faccia 69. Perciò quest'unico comandamento comprende i due, i due comprendono i dieci, i dieci comprendono ogni cosa. Cantate perciò nel salterio a dieci corde il canto nuovo 70. Perché possiate cantare il canto nuovo, siate uomini nuovi. Amate la giustizia: ha una sua propria bellezza. Non la volete vedere perché amate qualche altra cosa. Se non amaste qualche altra cosa, certamente la vedreste. Perché riuscite a vederla quando la esigete? Perché lodi la fedeltà quando la esigi dal tuo servo? Quanto è bella la fedeltà! Ma allora è bella, quando si esige dal servo; allora si vede, quando la si richiede in un altro. Quando invece si esige da te, non si vede. Vedi l'oro, non vedi la fedeltà. Come l'oro riluce agli occhi del corpo, così la fedeltà riluce agli occhi del cuore. Tu apri ad essa gli occhi del cuore, quando vuoi che il tuo servo te la mostri. E se te la mostra, tu lodi il servo e lo magnifichi e dici: "Ho un ottimo servo, ho un grande servo, ho un servo fedele". Ciò che lodi nel servo non lo dimostri al Signore e questa è cosa empia perché tu vuoi avere un servo migliore di quanto tu non sia nei confronti di Dio. Dio comanda al tuo servo di comportarsi bene nei tuoi confronti. Come comanda alla tua moglie di non essere adultera, anche se tu sei adultero, così comanda al tuo servo di servirti, anche se tu non servi al tuo Dio. Ma rifletti a tutto questo in maniera che torni a tuo ammonimento, non a tua rovina. Infatti quel servo deve a Dio, non a te, il fatto che giustamente ti serve, mentre tu non lo meriteresti, il fatto cioè che ti serve bene anche se non ne sei degno e ti serve fedelmente e onestamente ti ama. È giusto pertanto che anche tu rifletta che dipendi dal Signore; per grazia del quale anche il tuo servo pensa che deve servirti. Adempi dunque quanto è stato detto: Ciò che non vuoi venga fatto a te, non farlo ad altri 71. Quando dici "altri" pensa a tutti e due, sia al prossimo che a Dio. Canta nel salterio a dieci corde, canta il canto nuovo, accordati con la Parola di Dio mentre è con te per la via. Mettiti d'accordo presto con il tuo avversario 72, per non arrivare in disaccordo davanti al giudice. Se fai quanto hai ascoltato, ti sei messo d'accordo con lui. Se non lo fai, ancora sei in lite con lui e non hai ancora fissato con lui fino a quando vorrai farlo.
Guardarsi dai peccati lievi.
17. Perché possiate mettervi d'accordo, rifuggite dalle abominevoli depravazioni, dalle detestabili inchieste giudiziarie, dagli astrologi, dagli aruspici, dagli indovini, dagli àuguri, dai culti sacrileghi; rifuggite, per quanto potete, dagli spettacoli frivoli. Se delle seduzioni mondane cercano di insinuarsi nella vostra anima, applicatevi alle opere di misericordia, attendete all'elemosina, al digiuno, alla preghiera. Con questi mezzi infatti vengono rimessi i peccati quotidiani, che non possono non insinuarsi nell'anima, a causa della fragilità umana. Non trascurarli perché sono meno gravi, ma temi per il fatto che sono molti. Fate attenzione, fratelli miei. Sono lievi, non sono gravi. Non è una bestia grande come un leone, che possa scannarti con un solo morso. Ma la maggior parte delle volte anche gli animaletti piccoli, se molti, possono uccidere. Se uno viene gettato in un luogo pieno di pulci, non vi muore forse? Non sono grandi, ma la natura umana è debole e può essere uccisa anche da animali minutissimi. Così anche i piccoli peccati; voi fate osservare che sono piccoli: state attenti, però, perché sono molti. Quanto sono fini i granelli di sabbia! Ma se in una nave ce se ne mettono troppi la sommergono fino a farla colare a picco. Quanto sono minute le gocce della pioggia! Tuttavia non fanno straripare i fiumi e crollare gli edifici? Perciò non trascurate questi piccoli peccati. Ma direte: "E chi può essere senza di essi?". Perché tu non dicessi questo - poiché veramente nessuno potrebbe - Dio misericordioso, vedendo la nostra fragilità, pose contro di essi dei rimedi. Quali sono i rimedi? Le elemosine, i digiuni, le preghiere: sono questi tre. Perché tu possa pregare con sincerità, bisogna fare elemosine perfette. Quali sono le elemosine perfette? Queste: che quanto ti abbonda lo dia a chi non l'ha, e quando qualcuno ti offende, lo perdoni.
I peccati lievi vengono cancellati dalle elemosine.
18. Non crediate però, fratelli, che si possano commettere ogni giorno adulterii, da potersi poi rimettere con elemosine quotidiane. Per rimettere i peccati più gravi non bastano le elemosine quotidiane. Una cosa è quando devi cambiare vita, un'altra è quando la devi perfezionare. La prima occorre cambiarla, così che se eri adultero, ora devi volere non esserlo più; se fornicavi, devi non fornicare più; se eri omicida, devi non essere più omicida; se andavi dall'astrologo o commettevi simili pratiche pestilenziali, ora devi smetterla. O credi forse che questi peccati, se non si smette di farli, possono essere cancellati dalle quotidiane elemosine? Io intendo per peccati giornalieri quelli che vengono commessi facilmente con la lingua, come è una parola aspra, oppure quando qualcuno cade in un riso smoderato o in qualche frivolezza quotidiana di questo genere. Si commettono peccati anche nelle cose lecite. Se si eccede nel modo di unirsi alla propria moglie, necessario per la procreazione dei figli, già è peccato. Per questo infatti si prende moglie; ciò è indicato anche dalle tavolette, dove è scritto: per procreare figli. Quando tu vuoi possedere tua moglie più di quanto lo richieda la necessità di procreare figli, è già peccato. Ma anche questi tali peccati vengono rimessi dalle quotidiane elemosine. Negli stessi cibi, che senza dubbio sono permessi, se eccedi nel modo e ne prendi più di quanto è necessario, pecchi. Questi peccati di cui parlo sono quotidiani, ma tuttavia sono peccati, e non sono senza importanza, per il fatto che sono numerosi. Poiché sono quotidiani e numerosi, occorre temere il danno derivante dal fatto che sono numerosi, anche se non quello derivante dal fatto che sono gravi. Diciamo, fratelli, che questi peccati possono essere cancellati dalle quotidiane elemosine. Fate, elemosine, e non vogliate trascurarle. Guardate la vostra vita quotidiana formicolante di questi peccati, di quelli leggeri dico.
Le tue elemosine siano generose.
19. Quando fai l'elemosina, non farla con superbia e non pregare come il fariseo nel Vangelo. Che cosa diceva costui? Digiuno due volte la settimana, pago la decima di tutto quanto possiedo 73. Ma ancora non era stato sparso il sangue del Signore! È stato sborsato per noi un così caro prezzo 74; eppure non diamo neppure quanto dava il fariseo. In un altro passo il Signore dice apertamente: Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli 75. Quelli danno la decima parte; tu, se dai una centesima parte, ti glori di aver fatto qualcosa di grande. Prendi nota di quanto l'altro non fa e non di quanto Dio ti comanda di fare. Fissi i limiti del tuo agire paragonandoti con chi è peggiore di te, non in base a quanto ti ha comandato colui che è migliore di te. Non per il fatto che il peggiore di te non fa nulla, tu per questo fai qualcosa di grande. Ma poiché ci si congratula per una qualunque pur minima vostra opera di bene - poiché tanta è la vostra sterilità nel fare il bene, che si gode anche di quel poco che fate - tranquillamente voi vi lusingate per i piccolissimi granelli delle vostre elemosine, e dimenticate i mucchi dei vostri peccati. Hai tirato fuori forse un non so che di piccolo che l'altro o non aveva o non ha mostrato anche se l'aveva. Non guardare dietro a te, a chi non lo fa, ma guarda che cosa Dio ti comanda di fare. Insomma, perché nell'aspirare alle cose di questo mondo non vi basta guardare coloro che avete superato, ma volete essere ricchi, uguali a quelli più ricchi di voi? Non guardate quanti più poveri di voi avete scavalcato: volete superare i più ricchi di voi. Nelle elemosine però si mette un limite. In questo caso si dice: "Fin dove arrivo?", mentre nell'altro non si dice: "Di quanti ricchi sono più ricco?". Non si guarda alle necessità degli innumerevoli mendicanti, non si fa caso alla moltitudine dei poveri che stanno peggio, ma si pongono davanti agli occhi i pochi ricchi che sono avanti. Perché nel fare l'opera buona non si guarda a Zaccheo, che diede metà dei suoi beni ai poveri 76? Ma si è costretti ad augurarsi che almeno si guardi all'esempio del fariseo, che dava la decima parte di tutto quanto possedeva.
Pretesti per non fare elemosine.
20. Non aver riguardo ai tesori effimeri, ai tesori evanescenti. Non voler accrescere il denaro con il pretesto della pietà: "Li conservo per i miei figli". Astuto pretesto! Li conserva per i suoi figli. Vediamo. Tuo padre li conserva per te, tu li conservi per i tuoi figli, i tuoi figli per i loro figli, e così per tutte le altre generazioni; ma nessuno osserverà i comandi di Dio. Perché non affidi piuttosto tutte le tue cose a colui che ti ha tratto dal nulla? Chi ti ha creato, egli stesso ti mantiene con le cose che ha fatto, egli manterrà anche i tuoi figli. Non affidi i tuoi figli al tuo patrimonio con maggior sicurezza che al tuo Creatore. E gli uomini mentiscono anche: dannosa è l'avarizia. Gli uomini vogliono ammantarsi del pretesto della pietà e mostrarsi innocenti, cosicché appaia che conservano per i figli ciò che invece conservano per avarizia. Sapete infatti che normalmente succede così: si dice di qualcuno: "Perché non fa l'elemosina? Perché conserva i suoi beni per i suoi figli". Poniamo il caso che perda un figlio. Se conservava i beni per i figli, gli faccia portare dietro la sua parte. Perché invece se la tiene nel sacchetto, mentre allontana il figlio dal cuore? Dagli ciò che è suo, dagli ciò che conservavi per lui. "È morto" risponderà. Ma si è presentato a Dio, la sua parte spetta ai poveri. Spetta a colui davanti al quale si è presentato. Spetta a Cristo: a lui difatti si è presentato. E Cristo ha detto: Chi ha fatto qualcosa ad uno di questi più piccoli, l'ha fatta a me e chi non ha fatto qualcosa ad uno di questi più piccoli, non l'ha fatta a me 77. Che cosa dici ora? "Conservo la sua parte per i suoi fratelli". Se lui vivesse non l'avrebbe divisa con i suoi fratelli. O fede morta! 78. È morto il tuo figlio. Qualunque scusa porti, devi dare al morto quanto conservavi per lui vivo. "Mio figlio è morto, tuttavia la parte spettante al mio figlio la conservo per i suoi fratelli". Così, credi che è morto? Se per lui Cristo non fosse morto, allora sì che tuo figlio sarebbe veramente morto. Ma se hai la fede, il tuo figlio vive. Sì che vive; non è morto, ma ti ha preceduto. Con quale faccia ti presenterai al tuo figlio che ti ha preceduto, se a lui che ti ha preceduto non mandi in cielo la sua parte? O forse non la si potrà mandare in cielo? Sì che la si può. Ascolta il Signore che dice: Fatevi tesori in cielo 79. Se perciò quel tesoro viene custodito con maggior sicurezza in cielo, non bisognerà allora mandarlo al figlio, per il fatto che, se mandato, non andrà perduto? Lo si tiene qui dove può perire e non lo si manda là dove Cristo ne è il custode? I beni che tieni qui e che non vuoi mandare dove è tuo figlio a chi li affidi? Ai tuoi amministratori e procuratori. Affidi ai tuoi amministratori la parte del tuo figlio che ti ha preceduto e non l'affidi a Cristo davanti al quale ti ha preceduto? O forse per te il tuo amministratore è più capace e Cristo meno capace?.
Non è sufficiente essere cristiani di nome
21. Vedete bene, quindi, fratelli, che è una bugia quanto dicono alcuni: "Li conservo per i miei figli". È una bugia, fratelli miei, è una bugia. La verità è che sono avari. Almeno in questa maniera vengano costretti a confessare ciò che non vogliono fare, mentre si vergognano di tacere quello che sono. Tirino fuori [il male], vomitino nella confessione quanto portano dentro. Hanno lo stomaco gonfio, ubriachi d'iniquità. La confessione la vomita fuori, ma si stia attenti a non ritornare al vomito, come i cani 80. Siate cristiani, perché è troppo poco chiamarsi cristiani. Quanto spendete per gli istrioni? Quanto per i gladiatori? Quanto per le maschere oscene? Voi date a coloro che vi uccidono; con l'esibizione di quegli spettacoli infatti uccidono le vostre anime. E dissennatamente gareggiate a chi più spende. Se aveste la mania di gareggiare a chi più ammucchia, non dovreste essere scusati. Gareggiare a chi più ammucchia è segno di avarizia; gareggiare a chi più spende è segno di prodigalità. Dio non ti vuole né avaro né scialacquatore. Vuole che assicuri quanto hai, non che lo getti via. Gareggiate a chi vince nel male, non vi date da fare per essere il migliore. E fosse vero che non vi diate da fare per essere il peggiore! E dite: "Siamo cristiani". Sprecate le vostre sostanze per ingraziarvi la gente e ve le tenete [mentre dovreste darle in elemosina], contrariamente ai dettami [cristiani]. Cristo non comanda, Cristo chiede, Cristo ha bisogno. Ho avuto fame, dice Cristo, e non mi avete dato da mangiare 81. Ha voluto aver bisogno per te, perché tu avessi dove seminare i beni terreni 82 che ti ha dato e potessi raccogliere la vita eterna. Non vogliate essere pigri e tranquilli a vostro danno. Correggete il vostro comportamento, riscattate i peccati. Se già vi comportate così, ringraziatene Dio 83, dal quale avete ricevuto la grazia di vivere rettamente. E il vostro rendere grazie a Dio non sia offesa per coloro che ancora non vivono rettamente 84, ma incoraggiamento, attraverso il vostro modo di comportarvi. Facendo così avrete la giustizia perfetta, per quanto è possibile in questa vita. Applicandovi alle opere buone, alle preghiere, ai digiuni, alle elemosine per i peccati lievi e astenendovi da quelli gravi, siete in accordo con l'avversario e potete dire tranquillamente nella preghiera: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori 85. Avete infatti bisogno di essere giornalmente perdonati, come avete l'occasione di perdonare giornalmente. Così, camminando sereni per la via, non temerete le rapine del diavolo, perché Cristo ha fatto di se stesso via 86 e comoda strada lastricata, che conduce alla patria. Lassù ci sarà somma sicurezza, massima quiete; le stesse opere di misericordia cesseranno, perché non esisterà più la miseria della gente povera. Sarà quello il sabato dei sabati e quanto qui desideriamo, lì troveremo. Amen.
1 - Sal 85, 15.
2 - Cf. Is 42, 14.
3 - Cf. Mt 5, 25.
4 - Cf. Mt 5, 25.
5 - Cf. Mt 5, 25.
6 - Dt 6, 4; cf. Es 20, 2-3.
7 - Es 20, 7.
8 - Cf. Gv 10, 30.
9 - Cf. Es 20, 8.
10 - Es 20, 12.
11 - Es 20, 13.
12 - Cf. 1 Gv 3, 15.
13 - Es 20, 14.
14 - Ef 5, 23.
15 - Cf. Ef 5, 23.
16 - Cf. 1 Pt 2, 21.
17 - Cf. Es 20, 2-3.
18 - Cf. Es 20, 7.
19 - Rm 8, 20.
20 - Cf. Gv 1, 1-3.
21 - Cf. Gv 1, 4-5.
22 - Cf. Gv 10, 30.
23 - Cf. Gv 1, 14.
24 - Es 20, 12.
25 - Es 20, 13.
26 - Sal 143, 9.
27 - Cf. Es 20, 24; Dt 6, 4.
28 - Cf. Dt 31, 16.
29 - Cf. Gv 10, 30.
30 - Cf Es 20,7.
31 - Cf. At 2, 38; 8, 20.
32 - 2 Cor 1, 22.
33 - Cf. Gn 2, 3.
34 - Gn 2, 2.
35 - Gn 1, 31.
36 - Mt 22, 37; Dt 6, 5.
37 - Mt 22, 39.
38 - Mt 22, 40.
39 - Es 20, 12.
40 - Ef 6, 2.
41 - Cf. Es 31, 18.
42 - Cf Rm 2, 17-24.
43 - Ef 4, 22. 24; cf. Col 3, 9-10.
44 - Ef 4, 25.
45 - Cf. Mt 5, 25.
46 - Cf. Gv 1, 1-3.
47 - Sal 143, 1.
48 - Cf. Es 20, 2-5.
49 - Cf. Es 20, 7.
50 - Cf. Es 20, 8.
51 - Es 20, 12.
52 - Es 20, 14.
53 - Es 20, 13.
54 - Es 20, 15.
55 - Es 20, 16.
56 - Es 20, 17.
57 - Es 20, 14.
58 - Es 20, 17.
59 - Es 20, 17.
60 - Cf. 1 Ts 4, 3.
61 - Es 20, 14.
62 - Es 20, 17.
63 - Cf. Lc 10, 27.
64 - Tb 4, 16; cf. Mt 7, 12; Lc 6, 31.
65 - Tb 4, 16.
66 - 1 Cor 3, 16.
67 - 1 Cor 3, 17.
68 - Cf. 2 Cor 1, 22.
69 - Cf. Tb 4, 1-6.
70 - Sal 32, 2-3; cf. Sal 143, 9.
71 - Tb 4, 16.
72 - Mt 5, 25; Lc 12, 58.
73 - Lc 18, 12.
74 - Cf. 1 Cor 6, 20.
75 - Mt 5, 20.
76 - Cf. Lc 19, 8.
77 - Mt 25, 40. 45.
78 - Cf. Gc 2, 17.
79 - Mt 6, 20.
80 - Cf. Prv 26, 11; 2 Pt 2, 22.
81 - Mt 25, 42.
82 - Cf. 2 Cor 8, 9.
83 - Cf. 1 Ts 5, 18.
84 - Cf Lc 18, 11.
85 - Mt 6, 12.
86 - Cf. Gv 14, 6.
Capitolo dieci - O dolce Vergine Maria
Le glorie di Maria - Sant'Alfonso Maria de Liguori
Leggilo nella BibliotecaQuanto è dolce in vita e in morte il nome di Maria
Il nome augusto di Maria dato alla divina Madre non fu trovato sulla terra né inventato dalla mente o dalla fantasia degli uomini, come avviene per tutti gli altri nomi, ma scese dal cielo e fu imposto per ordine divino, come attestano san Girolamo, sant'Epifanio, sant'Antonino e altri. « Il nome di Maria, dice Riccardo di san Lorenzo, è stato tratto dal tesoro della Divinità ». « O Maria, tutta la Trinità ti diede tale nome, superiore a ogni nome dopo quello del Figlio tuo » e lo arricchì di tanta maestà e potenza che « al proferirsi del tuo nome volle che tutti prostrati lo venerassero, il cielo, la terra e l'inferno ». Tra gli altri pregi che il Signore ha dato al nome di Maria, vediamo ora quanto lo ha reso dolce ai servi di questa santa Regina, così in vita come in morte. Anzitutto, parlando del tempo della vita, il santo anacoreta Onorio diceva che il nome di Maria è pieno di ogni dolcezza divina. Sant'Antonio da Padova trovava nel nome di Maria le stesse dolcezze che san Bernardo trovava nel nome di Gesù. « Il nome di Gesù », diceva san Bernardo; « Il nome di Maria », riprendeva sant'Antonio, « è gioia per il cuore, miele per la bocca, melodia per l'orecchio » dei suoi devoti. Il venerabile Giovenale Ancina, vescovo di Saluzzo, come è scritto nella sua Vita, nel nominare Maria gustava una dolcezza sensibile così grande, che « si lambiva le labbra ». Allo stesso modo, leggiamo che una donna di Colonia disse al vescovo Marsilio che ogni volta che pronunziava il nome di Maria sentiva nella bocca un sapore più dolce del miele. Marsilio seguì la stessa pratica e provò anch'egli quella dolcezza. Il Cantico dei cantici fa pensare che al momento dell'assunzione della Vergine gli angeli chiesero tre volte il suo nome: « Chi è costei che sale dal deserto, come colonna di fumo? » (Ct 3,6). « Chi è costei che spunta come aurora? » (Ct 6,9). « Chi è costei che sale dal deserto, ricolma di delizie?» (Ct 8,5 Volg.). Riccardo di san Lorenzo domanda: perché gli angeli chiedono tante volte il nome di questa Regina? E risponde che anche per gli angeli era così dolce sentir risuonare il nome di Maria e che perciò fanno tante domande. Ma io non parlo qui della dolcezza sensibile, che non è concessa comunemente a tutti. Parlo della salutare dolcezza di conforto, di amore, di letizia, di fiducia e di forza che il nome di Maria dà comunemente a quelli che lo pronunziano con devozione. Dice l'abate Francone: « Dopo il nome di Gesù, il nome di Maria è così ricco di beni, che sulla terra e nel cielo non risuona altro nome da cui le anime devote ricevano tanta grazia, tanta speranza, tanta dolcezza. Infatti il nome di Maria racchiude in sé un certo che di ammirabile, di dolce e di divino che quando risuona nei cuori amici, esala in essi un odore di santa soavità. E la meraviglia di questo nome è che, udito mille volte dai devoti di Maria, si ascolta sempre come nuovo » perché essi provano sempre la stessa dolcezza nel sentirlo. Parlando anch'egli di questa dolcezza, il beato Enrico Suso diceva che nel nominare Maria si sentiva talmente riempito di fiducia e così gioiosamente acceso d'amore, che tra la gioia e le lacrime fra cui pronunziava l'amato nome, desiderava che il cuore gli balzasse dal petto fuori della bocca e affermava che quel dolce nome si liquefaceva come un favo di miele nel fondo della sua anima. Perciò esclamava: « O nome tanto soave! Quale sarai tu stessa, Maria, se il tuo solo nome è così amabile e pieno di grazia? ». Rivolto alla sua buona Madre, san Bernardo con amore e tenerezza le dice: « O grande, o pia, degna di ogni lode, santa Vergine Maria, il tuo nome è così dolce e amabile che non può essere pronunziato da nessuno senza infiammarlo d'amore verso di te e verso Dio. Anzi, basta che si presenti al pensiero di quelli che ti amano per consolarli e accenderli sempre più del tuo amore ». Se le ricchezze consolano i poveri alleviando le loro miserie, « molto meglio delle ricchezze il nome di Maria ci solleva dalle angustie della vita presente », dice Riccardo di san Lorenzo. Insomma « il tuo nome, o Madre di Dio, è tutto pieno di grazie e di benedizioni divine », esclama san Metodio. Di conseguenza, attesta san Bonaventura, « il tuo nome non può essere pronunziato senza che apporti qualche grazia a chi devotamente lo nomina ». « O dolce Vergine Maria, dice l'Idiota, la virtù del tuo nome è tale, che se viene pronunziato anche dal cuore più indurito, più disperato, mirabilmente scioglierà la sua durezza. Tu conforti i peccatori con la speranza del perdono e della grazia ». « Maria, esclama sant'Ambrogio, il tuo nome è un unguento odoroso che diffonde il profumo della grazia divina. Discenda nell'intimo delle anime nostre questo unguento di salvezza». Signora, vuol dire il santo, fa' che noi ci ricordiamo spesso di pronunziare il tuo nome con amore e fiducia, perché è questo il segno che si possiede già la grazia divina oppure è caparra di poter presto ricuperarla. Sì, poiché « il ricordarsi del tuo nome, o Maria, consola gli afflitti, rimette sulla via della salvezza gli erranti e conforta i peccatori perché non si abbandonino alla disperazione », dice Landolfo di Sassonia. Il padre Pelbarto aggiunge: « Come Gesù Cristo con le sue cinque piaghe ha apportato al mondo il rimedio dei suoi mali, così Maria con il suo solo nome, che è composto di cinque lettere, concede ogni giorno il perdono ai peccatori ». Perciò nel Cantico dei cantici il nome di Maria è paragonato all'olio: « Olio versato è il tuo nome » (Ct 1,2). Il beato Alano commenta: « Come l'olio guarisce gli infermi, sparge odore e accende la fiamma, così il nome di Maria guarisce i peccatori, ricrea i cuori e li infiamma di amore divino ». Riccardo di san Lorenzo esorta quindi i peccatori a ricorrere a questo augusto nome che basterà da solo a guarirli da tutti i loro mali, dicendo che non vi è infermità, per quanto grave, che non ceda subito alla forza del nome di Maria. Al contrario i demoni, afferma Tommaso da Kempis, temono a tal punto la Regina del cielo, che appena udito il suo nome, fuggono come dal fuoco che brucia. La beata Vergine stessa rivelò a santa Brigida: «Non vi è in questa vita nessun peccatore così freddo nell'amore di Dio, che se invocherà il mio nome con il proposito di convertirsi, il demonio non si allontani subito da lui». E un'altra volta le disse: « Tutti i demoni venerano e temono talmente questo nome, che, appena lo odono, subito liberano l'anima dalle unghie con cui la tenevano prigioniera ». Come gli angeli ribelli si allontanano dai peccatori che invocano il nome di Maria, così gli angeli buoni si avvicinano maggiormente alle anime giuste che lo pronunziano devotamente. E quel che la Vergine rivelò a santa Brigida. San Germano afferma che come il respiro è segno di vita, così il nominare spesso il nome di Maria è segno o che già si vive nella grazia divina o che presto verrà la vita, poiché questo nome potente ha la virtù di ottenere l'aiuto e la vita a chi devotamente l'invoca. Insomma, aggiunge Riccardo di san Lorenzo, « il nome di Maria è come una torre fortissima. Il peccatore che vi si rifugia sarà liberato dalla morte. Questa torre celeste difende e salva tutti i peccatori, anche i più perduti ». Torre di fortezza che non solo libera i peccatori dal castigo, ma difende anche i giusti dagli assalti dell'inferno. « Dopo il nome di Gesù, continua Riccardo, non vi è altro nome in cui si trovi tanto aiuto, da cui venga concessa tanta salvezza agli uomini, quanto dal nome di Maria ». Tutti sanno e i devoti di Maria sperimentano ogni giorno che il suo nome augusto dà la forza specialmente di vincere le tentazioni contro la castità. « Il nome della vergine era Maria » (Lc 1,27). Riflettendo su queste parole di san Luca, Riccardo di san Lorenzo osserva che i due nomi: Maria e Vergine sono accostati dall'evangelista affinché comprendiamo che il nome di questa purissima Vergine non deve mai essere separato dalla castità. Perciò san Pier Crisologo afferma che « il nome di Maria è indizio di castità », volendo dire che chi nel dubbio di aver peccato si ricorda di aver invocato il nome di Maria, ha una prova certa di non aver offeso la castità. Quindi seguiamo sempre il bel consiglio di san Bernardo: « Nei pericoli, nelle angosce, nei dubbi, pensa a Maria, invoca Maria. Non si allontani dalle tue labbra, non si allontani dal tuo cuore »; in tutti i pericoli di perdere la grazia divina, pensiamo a Maria, invochiamo Maria insieme al nome di Gesù, poiché questi due nomi sono sempre uniti. Che questi due nomi tanto dolci e potenti non si allontanino mai né dal nostro cuore né dalle nostre labbra, poiché ci daranno la forza per non cedere e per vincere sempre tutte le tentazioni. Quanto sono belle le grazie che Gesù Cristo ha promesso ai devoti del nome di Maria! Egli stesso lo fece comprendere a santa Brigida parlando con la sua santa Madre: « Chiunque invocherà il tuo nome con fiducia e con il proposito di convertirsi, riceverà tre grazie singolari: un perfetto dolore dei suoi peccati, la loro soddisfazione, la forza per giungere alla perfezione e per di più la gloria del paradiso. Perché le tue parole sono per me così dolci e così care, che non posso negarti quel che tu mi chiedi ». Sant'Efrem arriva a dire che « il nome di Maria è la chiave della porta del cielo » e perciò san Bonaventura ha ragione di chiamare Maria: « Salvezza di tutti quelli che ti invocano », come se invocare il nome di Maria e ottenere la salvezza eterna fosse la stessa cosa. L'Idiota afferma che la devota invocazione di questo santo e dolce nome conduce ad ottenere una grazia sovrabbondante in questa vita e una gloria sublime nella vita futura. Tommaso da Kempis conclude: « Se cercate, fratelli, di essere consolati in ogni tribolazione, ricorrete a Maria, invocate Maria, onorate Maria, raccomandatevi a Maria. Con Maria godete, con Maria piangete, con Maria pregate, con Maria camminate, con Maria cercate Gesù; desiderate di vivere e di morire con Gesù e Maria. Così facendo, fratelli, andrete sempre avanti nella via del Signore. Maria pregherà volentieri per voi e il Figlio certamente esaudirà sua Madre». Quanto è dolce in vita il santo nome di Maria ai suoi devoti per le grazie mirabili che ottiene loro! Ma più dolce ancora sarà al momento supremo procurando loro una dolce e santa morte. Il padre Sertorio Caputo della Compagnia di Gesù esortava tutti quelli che si trovassero ad assistere un moribondo a ripetergli spesso il nome di Maria, poiché questo nome di vita e di speranza, pronunziato in punto di morte, basta da solo a disperdere i nemici e a confortare i moribondi in tutte le loro angosce. Anche san Camillo de Lellis raccomandava vivamente ai suoi religiosi di ricordare spesso ai moribondi d'invocare il nome di Maria e di Gesù. Egli lo faceva sempre con gli altri e, come leggiamo nella sua Vita, al momento della propria morte ripeteva gli amati nomi di Gesù e di Maria con tanta tenerezza che ne infiammava d'amore anche chi l'ascoltava. Alla fine, con gli occhi fissi sulle loro immagini adorate e con le braccia in croce, il santo spirò con un'espressione di pace paradisiaca, pronunziando come sue ultime parole i dolci nomi di Gesù e di Maria. « Questa breve invocazione: Gesù e Maria! è facile da ricordare, dolce da meditare, potente a proteggere » contro tutti i nemici della nostra salvezza, dice Tommaso da Kempis. « Beato colui che ama il tuo nome, Maria! » esclama san Bonaventura. « Il tuo nome è così glorioso e mirabile che tutti quelli che lo invocano in punto di morte non temono gli assalti dei nemici ». Felice colui che avesse la sorte di morire come il padre cappuccino Fulgenzio d'Ascoli, il quale spirò cantando: «O Maria, o Maria, la più bella che ci sia, voglio andarmene in tua compagnia». Oppure come morì il beato Alberico cistercense, di cui si narra negli Annali dell'Ordine che spirò pronunziando il dolce nome di Maria. Preghiamo dunque, mio devoto lettore, preghiamo Dio che ci conceda la grazia che l'ultima parola sulle nostre labbra sia il nome di Maria, come appunto desiderava e pregava san Germano. O dolce morte, morte sicura quella accompagnata e protetta da questo nome di salvezza, che Dio concede d'invocare nel momento supremo soltanto a quelli che vuole salvi! Mia dolce Signora e Madre, io ti amo tanto e poiché ti amo, amo anche il tuo santo nome. Propongo e spero con il tuo aiuto d'invocarlo sempre in vita e in morte. Concludiamo dunque con la toccante preghiera di san Bonaventura: « Per la gloria del tuo nome, quando l'anima mia uscirà da questo mondo, vienile incontro, Vergine benedetta, e prendila fra le tue braccia. Non disdegnare allora, o Maria, di venire a consolarla con la tua dolce presenza. Sii tu la sua scala e la sua via per il paradiso. Ottienile la grazia del perdono e l'eterno riposo. O Maria, avvocata nostra, tocca a te difendere i tuoi devoti e prendere a tuo conto le loro cause davanti al tribunale di Gesù Cristo ».
Esempio
Il padre Rho e il padre Lireo raccontano che nella Gheidria, verso l'anno 1645, una ragazza chiamata Maria fu mandata un giorno da suo zio al mercato di Nimega per comperare alcune cose, con l'ordine di restare la sera in casa di una zia che abitava in quella città. La fanciulla ubbidì, ma quando la sera andò a trovare la zia, fu rozzamente cacciata. Si rimise dunque in cammino per ritornare a casa, ma essendosi fatta notte, incollerita, chiamò il demonio ad alta voce. Questi le apparve subito in forma di uomo e le promise di aiutarla, purché facesse una cosa. - Farò tutto - rispose la disgraziata. - Non voglio altro che da oggi in poi tu non ti faccia più il segno della croce e che cambi il tuo nome. La ragazza rispose: - Non mi farò più il segno della croce, ma il nome di Maria mi è troppo caro e non voglio cambiarlo. - E io non ti aiuto - disse il demonio. Finalmente dopo molte discussioni decisero di comune accordo che la fanciulla si chiamasse con la prima lettera del nome di Maria, cioè Emme. Poi andarono ad Anversa e per sei anni la poveretta rimase con quel pessimo compagno, vivendo una vita così scellerata che era lo scandalo di tutti. Un giorno disse che desiderava rivedere la patria e alla fine il demonio, malgrado fosse contrario, fu costretto ad acconsentire. Arrivando nella città di Nimega, trovarono che vi si rappresentava un'opera sulla vita della santa Vergine. Allora la povera Emme, per quel po' di devozione che aveva conservato verso la Madre di Dio, cominciò a piangere. « Che facciamo, disse il compagno, vogliamo fare noi un'altra commedia? ». Tentò di allontanarla da lì, ma poiché la giovane resisteva, vedendo che ormai la perdeva, adirato la lanciò per aria e la fece cadere in mezzo al teatro. Allora la poveretta, dopo aver raccontato la sua storia, andò per confessarsi dal parroco, ma questi la mandò dal vescovo di Colonia e il vescovo dal papa il quale, udita la sua confessione, le impose per penitenza di portare continuamente tre cerchi di ferro: uno al collo e due alle braccia. La penitente ubbidì e giunta a Maastricht, si rinchiuse in un monastero di pentite, dove visse quattordici anni in aspre penitenze. Una mattina, alzandosi dal letto, trovò che i tre cerchi si erano rotti da soli. Due anni dopo morì in fama di santità e volle essere sepolta con quegli stessi tre cerchi, che da schiava dell'inferno l'avevano resa felice schiava della sua liberatrice.
Preghiera
Maria, gran Madre di Dio e madre mia, è vero che io non sono degno di nominarti; ma tu che mi ami e desideri la mia salvezza, tu mi devi concedere, benché la mia lingua sia impura, che io possa sempre invocare in mio soccorso il tuo nome santo e potente, che è l'aiuto di chi vive e la salvezza di chi muore. Maria, così pura e così dolce, fa' che il tuo nome sia da oggi in poi il respiro della mia vita. Mia Signora, non tardare a soccorrermi quando ti invoco. In tutte le tentazioni contro cui dovrò lottare, in tutte le prove che mi si presenteranno, non voglio cessare mai d'invocarti, ripetendo sempre: Maria, Maria. Così spero di fare in vita, così spero di fare particolarmente al momento della morte, per venire poi a lodare eternamente in cielo il tuo amato nome: O ctemens, o pia, o dulcis Virgo Maria. Maria, Maria tanto amabile, quale conforto, quale dolcezza, quale fiducia, quale tenerezza sente l'anima mia solo nel nominarti, solo nel pensare a te! Ringrazio il mio Dio e Signore, che ti ha dato per il mio bene questo nome così dolce, così amabile e così potente. Ma non mi basta soltanto pronunziare il tuo nome, voglio pronunziarlo più spesso per amore; voglio che l'amore mi spinga ad invocarti a ogni momento, cosicché anch'io possa esclamare con sant'Anselmo: « O nome della Madre di Dio, sei tu il mio amore ». Maria, madre mia, mio amato Gesù, vivano dunque sempre nel mio e in tutti i cuori i vostri dolcissimi nomi. Si scordi la mia mente di tutti gli altri nomi, per ricordarsi solo e per invocare sempre i vostri nomi adorati. Gesù, mio redentore, Maria, madre mia, quando sarà giunto il momento della mia morte e la mia anima dovrà uscire da questa vita, concedetemi allora per i vostri meriti la grazia di dire e di ripetere come mie ultime parole: « Gesù e Maria, vi amo; Gesù e Maria, vi dono il cuore e l'anima mia ».
3-41 Febbraio 21, 1900 Il dono della purità è grazia conseguita, e questa s’ottiene con la mortificazione.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Questa mattina il mio amabile Gesù ha incominciato a fare i suoi soliti indugi. Sia sempre benedetto, che comincia sempre da capo. Davvero che ci vuole una pazienza di santo a sopportarlo, e bisogna aver che fare con Gesù per vedere che pazienza ci vuole. Chi non lo prova non può crederlo, ed è quasi impossibile non avere qualche piccolo cruccio con Lui. Onde, dopo aver pazientato ad aspettarlo e riaspettarlo, finalmente è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, il dono della purità non è dono naturale, ma è grazia conseguita, e questa si ottiene col rendersi simpatico, e l’anima si rende tale con la mortificazione e coi patimenti. Oh! come si rende simpatica l’anima mortificata e sofferente! Oh! come è speciosa! Ed io vi prendo tale simpatia da impazzire per essa e tutto ciò che vuole le dono. Tu, quando sei priva di Me soffri la mia privazione, che è la pena più dolorosa per te, per amor mio, ed Io vi prenderò più simpatia di prima e ti concederò nuovi doni”.