Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Ricordalo: è più vicino a Dio il malfattore che ha vergogna di operare il male che l'uomo onesto il quale arrossisce di operare il bene. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 16° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 9

1Passando vide un uomo cieco dalla nascita2e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?".3Rispose Gesù: "né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio.4Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare.5Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo".6Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco7e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: "Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?".9Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!".10Allora gli chiesero: "Come dunque ti furono aperti gli occhi?".11Egli rispose: "Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Va' a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista".12Gli dissero: "Dov'è questo tale?". Rispose: "Non lo so".
13Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco:14era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi.15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo".16Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri dicevano: "Come può un peccatore compiere tali prodigi?". E c'era dissenso tra di loro.17Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!".18Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista.19E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?".20I genitori risposero: "Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco;21come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso".22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga.23Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età, chiedetelo a lui!".
24Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore".25Quegli rispose: "Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo".26Allora gli dissero di nuovo: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?".27Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?".28Allora lo insultarono e gli dissero: "Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè!29Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia".30Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi.31Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta.32Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.33Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla".34Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.
35Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: "Tu credi nel Figlio dell'uomo?".36Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?".37Gli disse Gesù: "Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui".38Ed egli disse: "Io credo, Signore!". E gli si prostrò innanzi.39Gesù allora disse: "Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi".40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo forse ciechi anche noi?".41Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane".


Ester 3

1In seguito, il re Assuero promosse Amàn figlio di Hammedàta, l'Agaghita, alla più alta dignità e pose il suo seggio al di sopra di quelli di tutti i prìncipi che erano con lui.2Tutti i ministri del re, che stavano alla porta del re, piegavano il ginocchio e si prostravano davanti ad Amàn, perché così aveva ordinato il re a suo riguardo. Ma Mardocheo non piegava il ginocchio né si prostrava.3I ministri del re che stavano alla porta del re dissero a Mardocheo: "Perché trasgredisci l'ordine del re?".4Ma, sebbene glielo ripetessero tutti i giorni, egli non dava loro ascolto. Allora quelli riferirono la cosa ad Amàn, per vedere se Mardocheo avrebbe insistito nel suo atteggiamento, perché aveva detto loro che era un Giudeo.5Amàn vide che Mardocheo non s'inginocchiava né si prostrava davanti a lui e ne fu pieno d'ira;6ma disdegnò di metter le mani addosso soltanto a Mardocheo, poiché gli avevano detto a quale popolo Mardocheo apparteneva. Egli si propose di distruggere il popolo di Mardocheo, tutti i Giudei che si trovavano in tutto il regno d'Assuero.
7Il primo mese, cioè il mese di Nisan, il decimosecondo anno del re Assuero, si gettò il 'pur', cioè la sorte, alla presenza di Amàn, per la scelta del giorno e del mese. La sorte cadde sul tredici del decimosecondo mese, chiamato Adàr.8Allora Amàn disse al re Assuero: "Vi è un popolo segregato e anche disseminato fra i popoli di tutte le province del tuo regno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni altro popolo e che non osserva le leggi del re; non conviene quindi che il re lo tolleri.9Se così piace al re, si ordini che esso sia distrutto; io farò passare diecimila talenti d'argento in mano agli amministratori del re, perché siano versati nel tesoro reale".10Allora il re si tolse l'anello di mano e lo diede ad Amàn, l'Agaghita, figlio di Hammedàta e nemico dei Giudei.11Il re disse ad Amàn: "Il denaro sia per te: al popolo fa' pure quello che ti sembra bene".12Il tredici del primo mese furono chiamati i segretari del re e fu scritto, seguendo in tutto gli ordini di Amàn, ai satrapi del re e ai governatori di ogni provincia secondo il loro modo di scrivere e ad ogni popolo nella sua lingua. Lo scritto fu redatto in nome del re Assuero e sigillato con il sigillo reale.13Questi documenti scritti furono spediti per mezzo di corrieri in tutte le province del re, perché si distruggessero, si uccidessero, si sterminassero tutti i Giudei, giovani e vecchi, bambini e donne, in un medesimo giorno, il tredici del decimosecondo mese, cioè il mese di Adàr, e si saccheggiassero i loro beni.
13a(a)Questa è la copia della lettera:
"Il grande re Assuero ai governatori delle centoventisette province dall'India all'Etiopia e ai capidistretto loro subordinati scrive quanto segue:
13b(b)Essendo io alla testa di molte nazioni e avendo l'impero di tutto il mondo, non esaltato dall'orgoglio del potere, ma governando sempre con moderazione e con dolcezza, ho deciso di rendere sempre indisturbata la vita dei sudditi, di assicurare un regno tranquillo e sicuro fino alle frontiere e di far rifiorire la pace sospirata da tutti gli uomini.
13c(c)Avendo io chiesto ai miei consiglieri come tutto questo possa essere attuato, Amàn, distinto presso di noi per prudenza, segnalato per inalterata devozione e sicura fedeltà ed elevato alla seconda dignità del regno,13d(d)ci ha avvertiti che in mezzo a tutte le stirpi che vi sono nel mondo si è mescolato un popolo ostile, diverso nelle sue leggi da ogni altra nazione, che trascura sempre i decreti del re, così da impedire l'assetto dell'impero da noi irreprensibilmente diretto.
13e(e)Considerando dunque che questa nazione è l'unica ad essere in continuo contrasto con ogni essere umano, differenziandosi per uno strano tenore di leggi, e che, malintenzionata contro i nostri interessi, compie le peggiori malvagità e riesce di ostacolo alla stabilità del regno,13f(f)abbiamo ordinato che le persone a voi segnalate nei rapporti scritti da Amàn, incaricato dei nostri interessi e per noi un secondo padre, tutte, con le mogli e i figli, siano radicalmente sterminate per mezzo della spada dei loro avversari, senz'alcuna pietà né perdono, il quattordici del decimosecondo mese, cioè Adàr;13g(g)perché questi nostri oppositori di ieri e di oggi, precipitando violentemente negli inferi in un sol giorno, ci assicurino per l'avvenire un governo completamente stabile e indisturbato".
14Una copia dell'editto, che doveva essere promulgato in ogni provincia, fu resa nota a tutti i popoli, perché si tenessero pronti per quel giorno.15I corrieri partirono in tutta fretta per ordine del re e il decreto fu promulgato subito nella cittadella di Susa. Mentre il re e Amàn stavano a gozzovigliare, la città di Susa era costernata.


Salmi 109

1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'

Dio della mia lode, non tacere,
2poiché contro di me si sono aperte
la bocca dell'empio e dell'uomo di frode;
parlano di me con lingua di menzogna.

3Mi investono con parole di odio,
mi combattono senza motivo.
4In cambio del mio amore mi muovono accuse,
mentre io sono in preghiera.
5Mi rendono male per bene
e odio in cambio di amore.

6Suscita un empio contro di lui
e un accusatore stia alla sua destra.
7Citato in giudizio, risulti colpevole
e il suo appello si risolva in condanna.
8Pochi siano i suoi giorni
e il suo posto l'occupi un altro.
9I suoi figli rimangano orfani
e vedova sua moglie.
10Vadano raminghi i suoi figli, mendicando,
siano espulsi dalle loro case in rovina.

11L'usuraio divori tutti i suoi averi
e gli estranei faccian preda del suo lavoro.
12Nessuno gli usi misericordia,
nessuno abbia pietà dei suoi orfani.
13La sua discendenza sia votata allo sterminio,
nella generazione che segue sia cancellato il suo nome.
14L'iniquità dei suoi padri sia ricordata al Signore,
il peccato di sua madre non sia mai cancellato.
15Siano davanti al Signore sempre
ed egli disperda dalla terra il loro ricordo.

16Perché ha rifiutato di usare misericordia
e ha perseguitato il misero e l'indigente,
per far morire chi è affranto di cuore.
17Ha amato la maledizione: ricada su di lui!
Non ha voluto la benedizione: da lui si allontani!
18Si è avvolto di maledizione come di un mantello:
è penetrata come acqua nel suo intimo
e come olio nelle sue ossa.

19Sia per lui come vestito che lo avvolge,
come cintura che sempre lo cinge.
20Sia questa da parte del Signore
la ricompensa per chi mi accusa,
per chi dice male contro la mia vita.

21Ma tu, Signore Dio,
agisci con me secondo il tuo nome:
salvami, perché buona è la tua grazia.
22Io sono povero e infelice
e il mio cuore è ferito nell'intimo.
23Scompaio come l'ombra che declina,
sono sbattuto come una locusta.
24Le mie ginocchia vacillano per il digiuno,
il mio corpo è scarno e deperisce.
25Sono diventato loro oggetto di scherno,
quando mi vedono scuotono il capo.

26Aiutami, Signore mio Dio,
salvami per il tuo amore.
27Sappiano che qui c'è la tua mano:
tu, Signore, tu hai fatto questo.
28Maledicano essi, ma tu benedicimi;
insorgano quelli e arrossiscano,
ma il tuo servo sia nella gioia.
29Sia coperto di infamia chi mi accusa
e sia avvolto di vergogna come d'un mantello.

30Alta risuoni sulle mie labbra la lode del Signore,
lo esalterò in una grande assemblea;
31poiché si è messo alla destra del povero
per salvare dai giudici la sua vita.


Salmi 51

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2'Quando venne da lui il profeta Natan dopo che aveva peccato con Betsabea.'

3Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
4Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.

5Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
6Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto;
perciò sei giusto quando parli,
retto nel tuo giudizio.

7Ecco, nella colpa sono stato generato,
nel peccato mi ha concepito mia madre.
8Ma tu vuoi la sincerità del cuore
e nell'intimo m'insegni la sapienza.

9Purificami con issopo e sarò mondo;
lavami e sarò più bianco della neve.
10Fammi sentire gioia e letizia,
esulteranno le ossa che hai spezzato.

11Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.

12Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
13Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
14Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.

15Insegnerò agli erranti le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.
16Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza,
la mia lingua esalterà la tua giustizia.
17Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode;
18poiché non gradisci il sacrificio
e, se offro olocausti, non li accetti.
19Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.

20Nel tuo amore fa grazia a Sion,
rialza le mura di Gerusalemme.
21Allora gradirai i sacrifici prescritti,
l'olocausto e l'intera oblazione,
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.


Lamentazioni 1

1Ah! come sta solitaria
la città un tempo ricca di popolo!
È divenuta come una vedova,
la grande fra le nazioni;un tempo signora tra le province
è sottoposta a tributo.
2Essa piange amaramente nella notte,
le sue lacrime scendono sulle guance;
nessuno le reca conforto,
fra tutti i suoi amanti;
tutti i suoi amici l'hanno tradita,
le sono divenuti nemici.
3Giuda è emigrato
per la miseria e la dura schiavitù.
Egli abita in mezzo alle nazioni,
senza trovare riposo;
tutti i suoi persecutori l'hanno raggiunto
fra le angosce.
4Le strade di Sion sono in lutto,
nessuno si reca più alle sue feste;
tutte le sue porte sono deserte,
i suoi sacerdoti sospirano,
le sue vergini sono afflitte
ed essa è nell'amarezza.
5I suoi avversari sono i suoi padroni,
i suoi nemici sono felici,
perché il Signore l'ha afflitta
per i suoi misfatti senza numero;
i suoi bambini sono stati condotti in schiavitù,
sospinti dal nemico.
6Dalla figlia di Sion
è scomparso ogni splendore;
i suoi capi sono diventati come cervi
che non trovano pascolo;
camminano senza forze
davanti agli inseguitori.
7Gerusalemme ricorda
i giorni della sua miseria e del suo vagare,
tutti i suoi beni preziosi dal tempo antico;
ricorda quando il suo popolo cadeva
per mano del nemico
e nessuno le porgeva aiuto.
I suoi nemici la guardavano
e ridevano della sua rovina.
8Gerusalemme ha peccato gravemente,
per questo è divenuta un panno immondo;
quanti la onoravano la disprezzano,
perché hanno visto la sua nudità;
anch'essa sospira
e si volge indietro.
9La sua sozzura è nei lembi della sua veste,
non pensava alla sua fine;
essa è caduta in modo sorprendente
e ora nessuno la consola.
"Guarda, Signore, la mia miseria,
perché il nemico ne trionfa".
10L'avversario ha steso la mano
su tutte le sue cose più preziose;
essa infatti ha visto i pagani
penetrare nel suo santuario,
coloro ai quali avevi proibito
di entrare nella tua assemblea.
11Tutto il suo popolo sospira in cerca di pane;
danno gli oggetti più preziosi in cambio di cibo,
per sostenersi in vita.
"Osserva, Signore, e considera
come sono disprezzata!
12Voi tutti che passate per la via,
considerate e osservate
se c'è un dolore simile al mio dolore,
al dolore che ora mi tormenta,
e con cui il Signore mi ha punito
nel giorno della sua ira ardente.
13Dall'alto egli ha scagliato un fuoco
e nelle mie ossa lo ha fatto penetrare;
ha teso una rete ai miei piedi,
mi ha fatto cadere all'indietro;
mi ha reso desolata,
affranta da languore per sempre.
14S'è aggravato il giogo delle mie colpe,
nella sua mano esse sono annodate;
il loro giogo è sul mio collo
ed ha fiaccato la mia forza;
il Signore mi ha messo nelle loro mani,
non posso rialzarmi.
15Ha ripudiato tutti i miei prodi
il Signore in mezzo a me.
Egli ha chiamato a raccolta contro di me
per fiaccare i miei giovani;
il Signore ha pigiato come uva nel tino
la vergine figlia di Giuda.
16Per tali cose io piango,
dal mio occhio scorrono lacrime,
perché lontano da me è chi consola,
chi potrebbe ridarmi la vita;
i miei figli sono desolati,
perché il nemico ha prevalso".
17Sion protende le mani,
nessuno la consola.
Il Signore ha inviato contro Giacobbe
i suoi nemici da tutte le parti.
Gerusalemme è divenuta
come panno immondo in mezzo a loro.
18"Giusto è il Signore,
poiché mi sono ribellata alla sua parola.
Ascoltate, vi prego, popoli tutti,
e osservate il mio dolore!
Le mie vergini e i miei giovani
sono andati in schiavitù.
19Ho chiamato i miei amanti,
ma essi mi hanno tradita;
i miei sacerdoti e i miei anziani
nella città sono spirati
mentre cercavano cibo
per sostenersi in vita.
20Guarda, Signore, quanto sono in angoscia;
le mie viscere si agitano,
il mio cuore è sconvolto dentro di me,
poiché sono stata veramente ribelle.
Di fuori la spada mi priva dei figli,
dentro c'è la morte.
21Senti come sospiro,
nessuno mi consola.
Tutti i miei nemici han saputo della mia sventura,
ne hanno gioito, perché tu hai fatto ciò.
Manda il giorno che hai decretato
ed essi siano simili a me!
22Ti sia presente tutta la loro malvagità
e trattali duramente come hai trattato me,
a causa di tutte le mie prevaricazioni.
Molti sono infatti i miei sospiri
e il mio cuore si consuma".


Prima lettera ai Corinzi 9

1Non sono forse libero, io? Non sono un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore?2Anche se per altri non sono apostolo, per voi almeno lo sono; voi siete il sigillo del mio apostolato nel Signore.3Questa è la mia difesa contro quelli che mi accusano.4Non abbiamo forse noi il diritto di mangiare e di bere?5Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?6Ovvero solo io e Bàrnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?
7E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? O chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge?8Io non dico questo da un punto di vista umano; è la Legge che dice così.9Sta scritto infatti nella legge di Mosè: 'Non metterai la museruola al bue che trebbia'. Forse Dio si dà pensiero dei buoi?10Oppure lo dice proprio per noi? Certamente fu scritto per noi. Poiché colui che ara deve arare nella speranza di avere la sua parte, come il trebbiatore trebbiare nella stessa speranza.11Se noi abbiamo seminato in voi le cose spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali?12Se gli altri hanno tale diritto su di voi, non l'avremmo noi di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto, ma tutto sopportiamo per non recare intralcio al vangelo di Cristo.13Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto, e coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare?14Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo.
15Ma io non mi sono avvalso di nessuno di questi diritti, né ve ne scrivo perché ci si regoli in tal modo con me; preferirei piuttosto morire. Nessuno mi toglierà questo vanto!16Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!17Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato.18Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo.
19Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero:20mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge.21Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge.22Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno.23Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro.
24Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!25Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile.26Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria,27anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato.


Capitolo XII: Colui che si appresta a comunicarsi con Cristo vi si deve preparare con scrupolosa diligenza

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Voce del Diletto

1. Io sono colui che ama la purezza; io sono colui che dona ogni santità. Io cerco un cuore puro: là è il luogo del mio so. Allestisci e "apparecchia per me un'ampia sala ove cenare (Mc 14,15; Lc 22,12), e farò la Pasqua presso di te con i miei discepoli". Se vuoi che venga a te e rimanga presso di te, espelli "il vecchio fermento" (1Cor 5,7) e purifica la dimora del tuo cuore. Caccia fuori tutto il mondo e tutto il disordine delle passioni; sta "come il passero solitario sul tetto" (Sal 101,8) e ripensa, con amarezza di cuore, ai tuoi peccati. Invero, colui che ama prepara al suo caro, da cui è amato, il luogo migliore e più bello: di qui si conosce l'amorosa disposizione di chi riceve il suo diletto. Sappi tuttavia che, per questa preparazione - anche se essa durasse un intero anno e tu non avessi altro in mente - non potresti mai fare abbastanza con le tue sole forze. E' soltanto per mia benevolenza e per mia grazia, che ti viene concesso di accostarti alla mensa: come se un poveretto fosse chiamato al banchetto di un ricco e non avesse altro modo per ripagare quel beneficio che farsi piccolo e rendere grazie. Fa' dunque tutto quello che sta in te; fallo con tutta attenzione, non per abitudine, non per costrizione. Il corpo del tuo Diletto Signore Dio, che si degna di venire a te, accoglilo con timore, con venerazione, con amore. Sono io ad averti chiamato; sono io ad aver comandato che così fosse fatto; sarò io a supplire a quel che ti manca. Vieni ed accoglimi. Se ti concedo la grazia della devozione, che tu ne sia grato al tuo Dio; te la concedo, non già per il fatto che tu ne sia degno, ma perché ho avuto misericordia di te. Se non hai questa devozione, e ti senti piuttosto arido, insisti nella preghiera, piangi e bussa, senza smettere finché non avrai meritato di ricevere almeno una briciola o una goccia della grazia di salvezza. Sei tu che hai bisogno di me, non io di te. Sono io che vengo a santificare te e a farti migliore, non sei tu che vieni a dare santità a me. Tu vieni per ricevere da me la santità, nell'unione con me; per ricevere nuova grazia, nel rinnovato, ardente desiderio di purificazione. "Non disprezzare questa grazia" (1Tm 4,14); prepara invece il tuo cuore con ogni cura e fa' entrare in te il tuo diletto.

2. Ancora, occorre, non solo che tu ti disponga a pietà, avanti la Comunione, ma anche che tu ti conservi in essa, con ogni cura, dopo aver ricevuto il Sacramento. La vigilanza di poi non deve essere inferiore alla devota preparazione di prima; ché tale attenta vigilanza è a sua volta la migliore preparazione per ottenere una grazia più grande. Taluno diventa assai mal disposto, proprio per essersi subito abbandonato a consolazioni esteriori. Guardati dal molto parlare; tieniti appartato, a godere del tuo Dio. E' lui che tu possiedi; neppure il mondo intero te lo potrà togliere. Io sono colui al quale devi darti interamente, così che tu non viva più in te, ma in me, fuori da ogni affanno.


DISCORSO 137 DAL VANGELO DI GIOVANNI (10, 1-16): SUL PASTORE, IL MERCENARIO, IL LADRO.

Discorsi - Sant'Agostino

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La sanità delle membra nell'unità e nella carità.

1. 1. La vostra fede, carissimi, non ignora - e sappiamo che così avete appreso dal Maestro che istruisce dal Cielo, nel quale avete riposto la vostra speranza - che il Signore nostro Gesù Cristo, il quale per noi patì e risuscitò, è il Capo della Chiesa e che la Chiesa è il suo corpo e, nel suo corpo, l'unità delle membra e la compagine della carità è lo stato di perfetta salute. Chiunque, invece, sia giunto a raffreddarsi nella carità è un membro malato nel corpo di Cristo. Ma colui che ha già esaltato il nostro Capo ha il potere di rendere la salute alle membra inferme, a condizione, però, che non siano recise da sfrenata empietà, ma si mantengano unite al corpo tanto da ricevere la salute. Infatti, di un qualsiasi membro che continua ad essere unito al corpo non è perduta la speranza di guarigione; invece quel membro che sia stato reciso né si può curare né si può guarire. Di conseguenza, poiché egli è il Capo della Chiesa, e la Chiesa è il suo corpo, il Cristo intero è il Capo e il Corpo. Egli è già risorto. Abbiamo, quindi, il Capo in cielo. Il nostro Capo intercede per noi. Il nostro Capo, immune dal peccato e dalla morte, dispone Dio al perdono dei nostri peccati; così che anche noi, risorgendo alla fine dei tempi e trasfigurati per la gloria del cielo, possiamo seguire il nostro Capo.

L'unità di Cristo e delle membra.

2. 2. Considerate, perciò, fratelli, l'amore dello stesso nostro Capo. E' già in cielo e si dà pensiero di qui fino a che la Chiesa è quaggiù nella fatica. Qui Cristo soffre la fame, qui è assetato, qui è nudo, è forestiero, è malato, è in carcere. Disse che sua è la sofferenza di tutto ciò che travaglia il suo corpo sulla terra; ed alla fine, separando lo stesso suo corpo alla destra e separando alla sinistra gli altri, dai quali al presente viene disprezzato, dirà a quelli che sono alla destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno che è stato preparato per voi dall'origine del mondo. Con quali meriti? In verità, ho avuto fame e mi avete dato da mangiare e, quanto alle altre opere, si esprime in particolare così come se avesse ricevuto personalmente; al punto che quelli, non comprendendo, devono dire in risposta: Signore, quando ti abbiamo visto affamato, forestiero e in carcere? Ed egli a loro: Quando lo avete fatto ad uno solo dei miei più piccoli, lo avete fatto a me. Anche nel nostro corpo, ugualmente, il capo è in alto, i piedi sono sulla terra; tuttavia, in una ressa, in mezzo alla folla, capita che qualcuno ti pesti il piede; non dice forse il capo: Mi calpesti? Nessuno ha calpestato il tuo capo né la tua lingua; è in alto, è al sicuro, non gli è capitato nulla di male; e tuttavia, poiché per il vincolo operato dalla carità è una unità dal capo ai piedi, la lingua non si è distinta da essi, ma ha detto: Tu mi calpesti, sebbene nessuno l'abbia toccata. Perciò, come la lingua che nessuno tocca dice: Tu mi calpesti, allo stesso modo Cristo capo, che nessuno calpesta, ha detto: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Ed a quelli che non lo hanno fatto ha detto: Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare. E come ha conluso? Così: Quelli andranno nel fuoco eterno, i giusti, invece, nella vita eterna 1.

Cristo la porta. Pietro, nella sua debolezza, è sconosciuto a se stesso.

3. 3. Perciò, parlando ora il Signore, ha detto di essere il pastore, ha detto di essere la porta. Là trovi l'una e l'altra cosa; sia: Io sono la porta, sia: Io sono il pastore 2. La porta è nel capo, il pastore nel corpo. Dice infatti a Pietro, sul quale unicamente stabilisce la Chiesa: Pietro, mi ami? Risponde questi: Signore, ti amo. Pasci le mie pecore. E una terza volta: Pietro, mi ami? Pietro si rattristò perché tre volte [il Signore] gli rivolse la [stessa] domanda 3, quasi che il Signore, che aveva veduto la coscienza del rinnegatore, non vedesse la fede del confessore. Lo aveva sempre conosciuto e lo conosceva anche quando Pietro non conosceva se stesso. Non si conosceva davvero allora che disse: Ti seguirò fino a morire 4, e non sapeva quanto fosse debole. Come in realtà capita per lo più anche agli infermi: il malato ignora che abbia, ma lo sa il medico; sebbene egli sia a soffrire quella malattia e il medico ne sia esente. Il medico comunica quello che è nell'altro meglio di come sa rendere il malato quello che ha in se stesso. Mentre il Signore era il medico, Pietro era allora l'infermo. Costui affermava di possedere forze che non aveva: il Signore invece, tastandogli la vena del cuore, diceva che lo avrebbe rinnegato tre volte. E avvenne così come aveva predetto il medico, non secondo la presunzione del malato 5. Pertanto, dopo la sua risurrezione, il Signore lo interrogò, non in quanto ignorava con quale dedizione dichiarasse di amare Cristo, ma perché una triplice attestazione di amore cancellasse la triplice negazione del timore.

Che si esige da Pietro: entrare nell'ovile attraverso la porta.

4. 4. Di conseguenza, il Signore esige questo da Pietro: Pietro, mi ami? 6 Quasi a dire: Che mi offrirai quale prova che mi ami? In che modo Pietro lo avrebbe dimostrato al Signore che, risuscitato, sale in cielo a sedere alla destra del Padre? Come a dire: Questo mi darai, questa prova mi offrirai se mi ami: che tu provveda a pascere le mie pecore; che tu entri nell'ovile attraverso la porta, non vi salga da un'altra parte. Avete ascoltato durante la lettura del Vangelo: Chi entra per la porta è il pastore; ma chi vi sale da un'altra parte è un ladro e un brigante, vuole uccidere e disperdere e rubare 7. Chi è che entra per la porta? Colui che entra attraverso Cristo. Chi è costui? Chi imita la passione di Cristo, chi conosce l'umiltà di Cristo; e poiché Dio si è fatto uomo per noi, l'uomo riconosca di non essere Dio ma uomo. Infatti chi vuol farsi passare per Dio, mentre è uomo, non imita lui, il quale, pur essendo Dio, si fece uomo. A te, però, non viene detto: Sii qualcosa di meno di quello che sei; riconosciti debole, riconosciti uomo, riconosciti peccatore; riconosci che egli giustifica, riconosci che sei macchiato. Si riveli nella tua confessione la macchia del tuo cuore e farai parte del gregge di Cristo. Perché la confessione del peccato invita il medico a risanare; come chi, nella malattia, dice: Sono sano, non chiama il medico. Non era salito al tempio quel Fariseo come pure il Publicano? Quello si vantava della sua salute, costui mostrava al medico le sue ferite. Diceva infatti quello: O Dio, ti ringrazio perché non sono come questo Publicano. Si sentiva superiore all'altro. Quindi, se quel Publicano fosse immune da colpa, il Fariseo lo guarderebbe di mal'occhio, perché non avrebbe su chi elevarsi. Come, allora, si era recato al tempio uno così invidioso? Non era certamente senza colpa e, pur dicendosi irreprensibile, non si allontanò risanato. L'altro, invece, ad occhi bassi, non osando sollevarli al cielo, si batteva il petto, dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. E che dice il Signore? In verità vi dico che il Publicano si allontanò dal tempio giustificato, a differenza del Fariseo; perché chiunque si esalta sarà umiliato; e chi si umilia sarà esaltato 8. Perciò chi si esalta vuol salire all'ovile da un'altra parte; chi invece si umilia entra nell'ovile per la porta. Per questo ha detto di lui: entra; dell'altro: sale. Chi sale, voi vedete, è chi aspira alle altezze, non entra, ma cade. Colui che si abbassa per entrare attraverso la porta, non cade, ma è il pastore.

Tra le persone che si recano all'ovile: il pastore, il ladro, il mercenario.

5. 5. Di tre persone ha parlato il Signore, e le dobbiamo rintracciare nel Vangelo: il pastore, il mercenario e il ladro. Credo che durante la lettura abbiate notate che ha presentato l'identità del pastore, l'identità del mercenario, l'identità del ladro. Ha detto che il pastore dà la sua vita per le pecore ed entra per la porta. Ha detto che il ladro e il brigante salgono da un'altra parte. Ha detto che il mercenario fugge nel caso veda il lupo o anche il ladro, perché non gli importa delle pecore; è mercenario infatti, non pastore. L'uno sale da un'altra parte, perché è ladro; l'altro, nel vedere che vogliono portare via le pecore, ha paura e fugge, perché è mercenario, perché non gli importa delle pecore; è infatti mercenario. Se abbiamo individuato queste tre persone, la Santità vostra scopre e chi amare, e chi tollerare, e chi evitare. Il pastore va amato, il mercenario va tollerato, il ladro va evitato. Nella Chiesa vi sono alcuni - ne parla l'Apostolo - i quali predicano il Vangelo all'occasione, ricercando dagli uomini vantaggi personali 9, sia in denaro, sia in onori, e persino la lode umana. Volendo in qualunque modo ricevere ricompensa, evangelizzano e non tanto in vista di colui al quale annunziano il Vangelo, quanto del loro proprio interesse. Ma chi viene a conoscere la salvezza da uno che non la possiede, se avrà creduto a colui che quello annunzia, e non avrà riposta la speranza in quello per mezzo del quale gli viene annunziata la salvezza, chi annunzia ne subirà danno, chi riceve l'annunzio darà un guadagno.

L'asserzione di Cristo contro i Farisei è rivolta anche contro i cattivi pastori da parte della Chiesa. L'unità della Chiesa dall'insieme di Giudei e Gentili.

6. 6. Hai presente il Signore che dice ai Farisei: Siedono sulla cattedra di Mosè 10. Non indicava soltanto loro il Signore; quasi a rinviare veramente i credenti in Cristo alla scuola dei Giudei, perché apprendessero come si possa raggiungere il regno dei cieli. Non è venuto per questo il Signore: al fine di istituire la Chiesa, e separare come grani dalla paglia gli stessi Giudei nella rettitudine della fede, della speranza e dell'amore, e di fare dei circoncisi un muro al quale si congiungesse un altro muro, di Gentili, e di se stesso la pietra angolare alla convergenza dei due muri correnti in direzioni contrarie? Perciò non ha detto pure il Signore che di questi due popoli se ne sarebbe formato uno solo? Ed ho anche altre pecore che non sono di questo ovile? Ma si riferiva ai Giudei: Anche queste - dice - io devo condurre perché si faccia un solo ovile ed un solo pastore 11. Per questo due erano le barche da dove aveva chiamato i discepoli. Stavano pure a significare i due popoli quando gettarono le reti e tirarono su un gran peso e tale quantità di pesci che le reti quasi si rompevano: E riempirono - dice - tutte e due le barche 12. Le due barche erano figura dell'unica Chiesa, costituita, però, dai due popoli, unita in Cristo, sebbene derivante da direzioni opposte. Hanno tale significato anche le due mogli, che ebbero in Giacobbe un solo marito, Lia e Rachele 13. Anche i due ciechi che sedevano sul ciglio della strada, ai quali il Signore rese la vista, significano queste due barche 14. E se volgerete l'attenzione alle Scritture, troverete l'allusione a due Chiese che non sono due, ma una. Ha questo potere infatti la pietra angolare: fare delle due una Chiesa. Ha questo potere quel pastore: fare dei due greggi un solo gregge. Pertanto il Signore sarà il maestro della Chiesa, avrà la sua scuola indipendentemente dai Giudei, come già vediamo; doveva forse mandare dai Giudei a istruirsi quanti credevano in lui? Ma con il nome di Farisei e di Scribi prefigurò alcuni che sarebbero stati nella sua Chiesa, i quali direbbero e non farebbero; quanto a sé, invece, era figurato nella persona di Mosè. Giacché Mosè rappresentava la persona di lui, per questo si poneva davanti un velo quando parlava al popolo; poiché, per tutti il tempo che quelli, nella legge, si abbandonavano ai godimenti carnali ed ai piaceri e desideravano un regno terreno, sul loro volto era posto un velo perché nelle Scritture non vedessero il Cristo. Lacerato infatti il velo dopo che il Signore subì la passione, si rivelarono i segreti del tempio. Per questo, mentre pendeva dalla croce, si squarciò il velo del tempio dall'alto in basso 15; e infatti dice chiaramente l'apostolo Paolo: Ma quando ti sarai convertito a Cristo, il velo sarà tolto. Chi, invece, non si sarà convertito a Cristo, sebbene legga Mosè, un velo è posto sul cuore di lui 16, come dice l'Apostolo. Volendo poi lasciare prevedere che ce ne sarebbero stati di tali nella sua Chiesa, che affermò il Signore? Sulla cattedra di Mosè siedono gli scribi e i Farisei; quello che dicono, fatelo, ma quello che fanno, non fatelo 17.

I cattivi chierici sono intenti a contraffare la verità del Vangelo, e con il loro esempio inducono i laici a peccare.

7. 7. Quando i cattivi chierici ascoltano quell'asserzione diretta contro di loro, hanno intenzione di alterarne il senso; giacché ho saputo che alcuni vogliono dare tutt'altra interpretazione a questo avvertimento. Forse che - se fosse loro concesso - non la cancellerebbero dal Vangelo? Poiché, in verità, non la possono cancellare, si danno da fare a distorcerla. Ma interviene la grazia e la misericordia del Signore a impedirli; infatti con la sua verità ha cinto a difesa tutte le sue affermazioni e ne ha regolato il peso; in modo che se uno qualunque abbia intenzione di mutilare il testo di qualche parte o di persuadere, deviando con la lettura o l'interpretazione, colui che ha buon senso, congiunga alla Scrittura ciò che è stato tolto dalla Scrittura, quindi legga quel che precede o quel che segue e troverà il senso di ciò che quello voleva si intendesse falsamente. Allora, che ritenete che dicano costoro dei quali si dice: Quello che dicono, fatelo? E' fuor di dubbio infatti che si parla ai laici. Infatti, il laico che vuole vivere rettamente, quando avrà osservato un chierico degenere, che dice a se stesso? Il Signore ha detto: Quello che essi dicono, fatelo; ma non fate quello che essi fanno 18. Voglio battere la via del Signore, non imitare la cattiva condotta di costui. Da lui ascolterò non le sue stesse parole, ma quelle di Dio. Voglio obbedire a Dio, quello assecondi pure la sua avidità. Perché, se avrò voluto difendermi presso Dio, così da dire: Signore, ho notato quel tuo chierico di cattiva condotta, e, per questo, sono vissuto male, non mi è stato detto forse: Servo malvagio, non avevi udito da me: Quello che essi dicono, fatelo; ma non fate quello che essi fanno? Ma il laico degenere, infedele, che non fa parte del gregge di Cristo, che è tollerato come la paglia sull'aia, che dirà a se stesso quando la parola di Dio si farà sentire a convincerlo di colpa? Via di qui: che mi vai dicendo? Gli stessi vescovi, gli stessi chierici non lo fanno ed esigi che lo faccia io? Va cercandosi non un avvocato per una causa ingiusta, ma un compagno per la pena. Chiunque sia il degenere, che avrà voluto imitare, non lo avrà difensore nel giorno del giudizio. Così come il diavolo in tutti quelli che trae a sé non seduce coloro con i quali regnare, ma coloro con i quali essere condannato; parimenti tutti coloro che seguono l'esempio dei cattivi, si procurano compagni per l'inferno, non difensori per il regno dei cieli.

Distorta interpretazione del Vangelo.

8. 8. In che modo allora costoro deformano questa asserzione quando si dice a quelli di cattiva condotta: Giustamente è stato detto dal Signore: Quello che dicono, fatelo; ma non fate quello che essi fanno. Rispondono: E' stato detto giustamente. Vi è stato detto infatti di fare quello che noi diciamo, ma di non fare quello che noi facciamo. Noi infatti abbiamo il sacrificio, a voi non è concesso. Notate la malizia degli uomini: che posso dire? Dei mercenari. In verità, se fossero pastori, non direbbero di tali cose. Pertanto il Signore, per chiudere loro la bocca, ha proseguito dicendo: Sulla cattedra di Mosè siedono gli scribi e i farisei; quello che dicono, fatelo; ma non fate quello che essi fanno: dicono infatti e non fanno. Che se ne deduce quindi, fratelli? Se [il Signore] parlasse dell'offerta del sacrificio, direbbe: dicono e non fanno? Lo fanno realmente il sacrificio, fanno l'offerta a Dio. Cos'è che dicono e non fanno? Ascolta quel che segue: Legano infatti pesanti e intollerabili fardelli e l'impongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono toccarli neppure con un dito 19. In modo esplicito ha biasimato, ha descritto, ha reso di pubblica ragione. Ma quelli, nella volontà di contraffare in tal modo l'asserzione, rivelano che nella Chiesa non hanno altre finalità che i vantaggi personali; neppure il Vangelo hanno letto; infatti, ammesso che solo questa pagina non fosse da loro conosciuta, ma avessero letto per intero il Vangelo, non avrebbero mai l'ardire di parlare così.

Nella Chiesa i cattivi pastori sono simili ai Farisei. Il pastore: chi mercenario, chi fedele.

8. 9. Ma tendete a maggior chiarezza nell'osservare perché la Chiesa ha di questi tali. Che nessuno ci dica: Ha parlato propriamente dei Farisei, ha parlato degli scribi, ha parlato dei Giudei, giacché non ne ha tali la Chiesa. Chi sono allora tutti quelli dei quali dice il Signore: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli? Ed ha aggiunto: Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome; nel tuo nome non abbiamo mangiato e bevuto? E' forse nel nome di Cristo che i Giudei fanno di queste cose? E' certamente chiaro per tutti che si riferisce a coloro che sono chiamati Cristiani. Ma che segue? Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti che commettete ingiustizie 20. Ascolta l'Apostolo che si lamenta di questi tali. Dice che alcuni annunziano il Vangelo per amore, altri per opportunità; di questi dice: Annunziano il Vangelo per fini non retti 21. L'opera in sé è giusta, ma gli operatori mancano di rettitudine. Ciò che annunziano è conforme al vero, ma gli annunziatori non sono onesti. Per quale ragione chi annunzia può non essere retto? Perché nella Chiesa ricerca altro che non è Dio. Se cercasse Dio, sarebbe fedele, perché l'anima ha in Dio il marito legittimo. Chiunque chiede a Dio altro da Dio, non ricerca Dio in castità. Fate attenzione, fratelli, se una moglie ama il marito perché è ricco, non è casta. Non ama infatti il marito, ma l'oro del marito. Invece, se ama il marito, lo ama anche nudo, anche povero lo ama. Così, se lo ama per il fatto che è ricco, che sarà se (date le vicende umane) viene proscritto e, d'un tratto, debba restare indigente? Probabilmente lo abbandona, perché ciò che amava non era il marito, ma i beni di lui. Se invece ama sinceramente il marito, da povero, lo ama ancora di più, perché all'amore si unisce la compassione.

Dio va ricercato fedelmente.

9. 10. Eppure, fratelli, il nostro Dio non può essere mai povero. E' ricco, egli ha fatto tutte le cose, il cielo e la terra, il mare e gli angeli. Egli ha fatto tutto ciò che vediamo; nel cielo, tutto ciò che non vediamo. Pur tuttavia non dobbiamo amare le ricchezze, ma lui che le ha fatte. Infatti, egli non ha promesso altro che sé. Ho trovato qualcosa di assai prezioso; anche questo ti darà. E' bella la terra, il cielo e gli angeli, ma è più bello colui che ha fatto queste cose. Perciò coloro che annunziano Dio sono gli amanti di Dio, quelli che annunziano Dio per Dio attendono a pascolare le pecore, ma non sono mercenari. Tale purezza esigeva dall'anima il Signore nostro Gesù Cristo, quando diceva a Pietro: Pietro, mi ami? Che vuol dire: mi ami? Sei puro? Non è adultero il tuo cuore? Nella Chiesa non cerchi i tuoi interessi, ma i miei? Perciò, se tale sei e mi ami, pasci le mie pecore 22. Infatti non sarai mercenario, ma pastore.

In che modo sono utili i mercenari. Pochi i pastori, molti i mercenari.

9. 11. Al contrario, quelli di cui si lamenta l'Apostolo non recavano l'annnunzio con purezza. Ma che dice? Che infatti? Purché in ogni maniera, sia per ipocrisia, sia con sincerità, Cristo venga annunziato 23. Ha permesso che ci siano dei mercenari. Il pastore annunzia Cristo sinceramente, il mercenario annunzia Cristo per ipocrisia, ricercando altro. Tuttavia, e quello annunzia Cristo e l'altro annunzia Cristo. Ascolta la voce di Paolo pastore: Sia per ipocrisia, sia con sincerità, Cristo venga annunziato. Egli stesso pastore ha voluto avere il mercenario. Operano infatti dove possono, sono utili per quanto possono. Ma quando l'Apostolo, affinché i deboli seguissero le sue vie, aveva bisogno di incaricare per altre esigenze: Vi ho mandato - dice - Timoteo, egli vi richiamerà alla memoria le mie vie 24. E che intese dire? Vi ho mandato come pastore uno che vi richiamasse alla memoria le mie vie; cioè, proprio colui che si adegua al mio modo di procedere. E, nell'inviare il pastore, che affermò? Infatti non ho nessuno di uguale sentire che con sincera affezione sia sollecito del vostro bene. Non aveva molti altri con lui? Ma che cosa segue? Tutti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo 25; cioè: Io ho voluto mandarvi un pastore. I mercenari sono veramente molti: ma non era opportuno che inviasse un mercenario. E trovò appena un pastore tra i molti mercenari, perché i pastori sono pochi, i mercenari molti. Ma che è detto dei mercenari? In verità vi dico che hanno già ricevuto la loro ricompensa 26. Del pastore, invece, che afferma l'Apostolo? Chiunque invece si manterrà puro da cose di tal genere, sarà un vaso destinato ad uso nobile ed utile al Signore, sempre disponibile per ogni opera buona 27. Non, disponibile per alcune opere e non disponibile per altre; ma disponibile per ogni opera buona. Dei pastori ho detto queste cose.

Mercenario chi fugge. Lupi e briganti i Donatisti.

10. 12. Ma abbiamo già parlato dei mercenari: Il mercenario, quando vede che il lupo aggredisce le pecore, fugge 28. Questo ha detto il Signore. Perché fugge? Perché non gli importa delle pecore. Perciò il mercenario è utile finché non vede il lupo, fino a quando non vede il ladro o il brigante, ma, appena vedutili, fugge. E chi è dei mercenari che fugge dalla Chiesa quando vede il lupo e il brigante? Ce ne sono in abbondanza di lupi, sono assai numerosi i briganti. Proprio quelli che salgono da un'altra parte. Non entrano per Cristo, perché non sono umili. Essendo superbi, salgono, cioè si esaltano e vogliono portar via le pecore. In che modo salgono, notatelo. Noi - essi dicono - partecipiamo la santità, noi giustifichiamo, noi facciamo i giusti. Ecco come salgono. Ma chi si esalta sarà umiliato 29. Il Signore Dio nostro ha il potere di umiliarli. Il lupo, invece, è il diavolo; sta in agguato per trarre in errore, come lo sono quelli che lo seguono; giacché è stato detto che, rivestiti appunto di pelli di pecore, dentro, invece, sono lupi rapaci 30. Se un mercenario avrà notato errori nel discorso di alcuno, oppure che quello ha un modo di pensare a rovina della propria anima, o anche che commette qualcosa d'infame e di turpe e, nondimeno, perché gli sembra una persona di una certa importanza nella Chiesa, ne spera vantaggi, è mercenario. E quando vede l'uomo perire nel peccato, lo vede seguire il lupo, lo vede addentato alla gola, trascinato alla morte, non gli dice: Tu commetti peccato; non lo ammonisce per non perdere i propri vantaggi. Questo, dunque, vuol dire: Quando avrà veduto il lupo, fuggirà; non gli dice: Tu ti comporti da scellerato. Questa non è una fuga del corpo, ma dell'anima. Quello che vedi immobile nel corpo, fugge con l'animo quando vede il peccatore e non gli dice: Tu commetti peccato, quando non gli è pure complice.

Come si coglie uva dalle spine.

11. 13. Fratelli miei, forse non capita a volte che salga un sacerdote o un vescovo e, da un luogo più alto, altro non dica ma solo che non si rubino le cose altrui, non si facciano frodi, non si commettano delitti? Non possono parlare diversamente quelli che siedono sulla cattedra di Mosè ed è la cattedra medesima che parla di quelle cose, non essi. Che vuol dire allora: Si raccolgono forse uva dalle spine o fichi dai rovi? e: Ogni albero si riconosce dai frutti 31? Il Fariseo può dire cose buone? Il Fariseo è spina; come colgo uva dalla spina? Perché tu, Signore, hai detto: Quello che essi dicono, fatelo; ma quello che essi fanno, non fatelo. Mi comandi di spiccare uva dalle spine mentre avevi detto: Colgono uva dalle spine? Ti risponde il Signore: Non ti ho comandato di cogliere uva dalle spine; ma guarda, osserva bene se, per caso, com'è solito accadere, la vite, diramandosi sul terreno all'intorno, non sia rimasta impigliata nelle spine. Giacché una volta l'abbiamo scoperto, fratelli miei; una vite è appoggiata ad un roveto. Trovandovi una siepe spinosa allunga i suoi tralci inserendoli tra gli spini e, tra le spine, pende un grappolo; ma chi vede il grappolo, lo coglie, non però dalle spine, ma dalla vite che è avviluppata dalle spine. Similmente, quindi, quelli sono irti di spine, ma sedendo sulla cattedra di Mosè, li avvolge la vite e, verso di loro, pendono i grappoli, cioè le parole buone, i buoni precetti. Quanto a te, cogli l'uva, non ti punge la spina quando cogli: Quello che vi dicono, fatelo; ma quello che essi fanno, non fatelo. Perciò, perché tu colga l'uva e non resti attaccato alle spine: Quello che essi dicono, fatelo; ma quello che essi fanno, non fatelo. Le opere loro sono le spine, le loro parole l'uva, ma dalla vite, cioè dalla cattedra di Mosè.

I mercenari che fuggono favoreggiano i malvagi. Ag. non è mercenario.

11. 14. Fuggono perciò questi quando vedono il lupo, quando vedono il brigante. Ma avevo già preso a spiegare; costoro, dalla cattedra, altro non possono dire che: Operate il bene, non giurate il falso, non frodate, non ingannate alcuno. A volte, invece, hanno una condotta tale da giungere a consultare il vescovo sul modo d'impadronirsi di una villa che altri ha in proprietà, e pretendono da lui stesso un suggerimento. Talora tocca a noi, lo diciamo per esperienza; non lo crederemmo infatti. Molti pretendono da noi consigli perversi, suggerimenti a mentire, a raggirare; ritenendo che ne abbiamo piacere. Ma nel nome di Cristo, se il Signore ci permette di parlarne, nessuno di tal fatta ci ha guadagnati a sé ed ha ottenuto da noi quello che voleva. Perché, se lo vuole colui che ci ha chiamati, siamo pastori, non mercenari. Ma che afferma l'Apostolo? A me poco importa di venir giudicato da voi o da un tribunale umano, anzi, io neppure giudico me stesso. Non sono infatti consapevole di colpa alcuna; però non per questo sono giustificato. Ma chi mi giudica è il Signore 32. Non per il fatto che voi la lodate, la mia coscienza è buona. Che lodate, infatti, ciò che non vedete? Sia a lodare colui che vede: egli corregga pure, se vede in essa qualcosa che dispiace ai suoi occhi. Certo anche noi non diciamo di essere di rettitudine perfetta; ma ci battiamo il petto, e diciamo a Dio: Soccorrimi perché non cada in peccato. Tuttavia ritengo - parlo infatti alla sua presenza - che cerco da voi niente altro che la vostra salvezza; e stiamo di solito a gemere in mezzo ai peccati dei vostri fratelli, e mi faccio violenza e mi tormento interiormente, e talora li tratteniamo con parole di biasimo, anzi, non è mai che evitiamo di correggerli. Sono testimoni tutti quelli che ricordano ciò che dico: quante volte sono da noi rimproverati i fratelli che cadono in peccato e con quanta severità essi sono corretti.

Quale rendiconto delle pecore deve dare il pastore.

12. 15. Ora tratto il nostro rendiconto con la Santità vostra. Nel nome di Cristo siete il popolo di Dio, siete il popolo cattolico, siete le membra di Cristo; non siete separati dall'unità. Siete in comunione con le membra degli Apostoli, siete in comunione con le memorie dei santi martiri diffusi per tutta la terra e siete riservati alla nostra cura perché diamo un rendiconto buono di voi. Ma voi conoscete qual è tutta la nostra condotta. Signore, tu sai perché ho parlato, tu sai che non ho taciuto, tu sai con quale disposizione di animo ho parlato, tu sai perché ho pianto davanti a te quando parlavo e non ero ascoltato. Questa è la nostra relazione che ritengo completa. Ce ne ha dato la certezza lo Spirito Santo per mezzo del profeta Ezechiele. Voi conoscete appunto la lettura che tratta della sentinella: Figlio dell'uomo - afferma - io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti; se io dico all'empio: Empio, tu morirai, e tu non avrai parlato; vale a dire, per questo infatti mi rivolgo a te, perché tu parli, se tu non avrai avvertito, verrà la spada e lo porterà via, quello cioè di cui ho minacciato il peccatore; egli, l'empio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte chiederò conto alla sentinella. Perché? Perché non ha parlato. Se invece la sentinella avrà veduto giungere la spada e avrà suonato la tromba perché si metta in salvo; e l'empio non vi avrà badato; cioè non si sarà convertito per non incorrere nella condanna che Dio minaccia: Giungerà la spada e porterà via qualcuno; egli, l'empio, è morto per la sua iniquità; tu, invece - afferma - hai svincolato dalla responsabilità l'anima tua 33. Ed in quel passo del Vangelo che altro dice al servo? Quello infatti diceva: Signore, sapevo che tu sei un uomo severo e duro, che mieti dove non hai seminato, e raccogli dove non hai sparso; e nel timore andai, e nascosi il tuo talento sotterra; ecco, prendi ciò che è tuo. E quello disse: Servo malvagio e infingardo, ancor più perché sapevi che io sono severo e duro, che mieto dove non ho seminato, e raccolgo dove non ho sparso, proprio questa mia avarizia ti doveva rendere avvertito che io cerco il profitto del mio denaro. Da parte tua bisognava dare il mio denaro ai banchieri ed io, al ritorno, avrei riscosso con gli interessi ciò che è mio 34. Ha detto forse: Dovevi dare e dovevi riscuotere? Consegue, fratelli, che noi diamo; verrà colui che deve riscuotere. Pregate perché ci trovi pronti.

 

1 - Mt 25, 31-46.

2 - Gv 10, 9-10.

3 - Gv 21, 15-17.

4 - Gv 21, 22.

5 - Cf. Lc 22, 33-34. 55-61.

6 - Gv 21, 15.

7 - Gv 10, 1.

8 - Lc 18,

9 - Fil 1, 21.

10 - Mt 23, 2.

11 - Lc 5,

12 - Lc 5,

13 - Cf. Gn 29.

14 - Cf. Mt 20, 30-34.

15 - Mt 27, 51.

16 - 2 Cor 3, 16.

17 - 2 Cor 3, 15.

18 - Ibidem.

19 - Mt 23, 2-4.

20 - Mt 7, 21-23.

21 - Fil 1, 17.

22 - Gv 21, 15.

23 - Fil 1, 18.

24 - 1 Cor 4, 17.

25 - Fil 2, 20-21.

26 - Mt 6, 2.

27 - 2 Tm 2, 21.

28 - Gv 10, 12.

29 - Cf. Lc 14, 11.

30 - Cf. Mt 7, 15.

31 - Mt 7, 16.

32 - 1 Cor 4, 3-4.

33 - Ez 33, 7-9.

34 - Lc 19, 20-23.


5 - Maria santissima e Giuseppe dopo tre giorni ritrovano Gesù nel tempio fra i dottori.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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758. Nel capitolo precedente si è data solo in parte una risposta al dubbio che alcuni potevano avere: come la nostra Regina, sempre attenta e diligente nell'accompagnare e servire il suo Figlio santissimo, avesse potuto perderlo di vista, in modo tale che egli rimanesse a Gerusalemme. Benché sia sufficiente rispondere che fu disposizione dell'Altissimo, dirò ugualmente qualche altra cosa riguardo alle modalità di ciò che accadde senza disattenzione o negligenza volontarie da parte della Madre amorosa. Il fanciullo, oltre ad avvalersi della ressa di gente, si servì anche di un mezzo soprannaturale necessario per distogliere l'attenzione della sua sollecita Madre e compagna. Senza tale mezzo ella non si sarebbe accorta che si allontanava da lei il sole, la guida in tutte le sue vie. Accadde dunque che al separarsi degli uomini dalle donne, come si è detto, l'onnipotente Signore infuse in sua Madre una visione intellettuale della Divinità la cui forza la fece concentrare in se stessa. In questa estasi che la infiammò ebbe l'uso dei sensi solo per proseguire il cammino, rimanendo inebriata nella soavità della consolazione e della vista del Signore. Anche san Giuseppe fu rapito in estasi mediante l'esperienza di una interiore e sublime contemplazione, che lo ingannò tanto da fargli credere che il fanciullo fosse con la Madre. In questo modo Gesù si allontanò da tutti e due restando a Gerusalemme. Quando dopo lungo tempo la visione ebbe fine, la Regina si ritrovò sola e senza il suo amatissimo Figlio e le venne in mente che forse avrebbe potuto essere con il padre putativo.

759. Ciò accadde molto vicino alle porte della città. Il fanciullo Dio, percorrendo le strade, rimirò con gli occhi della sua scienza divina tutto quanto gli doveva succedere e lo offrì all'eterno Padre per la salvezza delle anime. In quei tre giorni chiese l'elemosina per onorare questa umile pratica come prima figlia della santa povertà. Visitò gli ospizi dei poveri e consolando tutti divise con loro le elemosine ricevute; diede in segreto ad alcuni infermi la salute del corpo e a molti altri quella dell'anima, illuminandoli interiormente e riconducendoli sulla via della vita eterna. Con alcuni benefattori che gli diedero l'elemosina operò più abbondantemente meraviglie di grazia e di luce, cominciando così ad adempiere la promessa che avrebbe fatto in seguito alla sua Chiesa: Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.

760. Dopo aver compiuto queste ed altre opere secondo la volontà dell'eterno Padre, Gesù si recò al tempio. In quel giorno, come riferisce l'evangelista san Luca, si radunavano i rabbini, che erano i sapienti e i maestri della legge, per studiare le profezie delle Scritture. La disputa riguardava la venuta del Messia. Dalla nascita di Giovanni Battista all'adorazione dei re Magi erano accadute cose straordinarie e meravigliose e tra i giudei non si parlava d'altro, se non che del fatto che il tempo era ormai compiuto e che il Messia era venuto nel mondo, benché non lo si conoscesse ancora. I rabbini erano seduti ai loro posti con l'autorevolezza solita dei maestri e di coloro che si stimano sapienti. Il fanciullo Gesù, il Re dei re e il Signore dei signori, egli che è la sapienza infinita che corregge i saggi, si avvicinò a loro come un umile discepolo che intendesse ascoltare quanto argomentavano e apprendere ciò di cui si trattava. La materia riguardava il Messia promesso, se fosse già venuto o se fosse giunto il tempo in cui sarebbe dovuto venire nel mondo.

761. Le opinioni dei dottori, su questo argomento, erano molto diverse: alcuni sostenevano la prima ipotesi, altri la negavano. Questi ultimi prendevano in considerazione varie testimonianze della Scrittura e delle profezie, prese in quel senso grossolano di cui parla l'Apostolo, allorché dice che la lettera intesa senza lo Spirito uccide. Essi affermavano che il Messia doveva venire con potenza e grandezza di re, dando la libertà al suo popolo e, con la forza del suo potere, riscattandolo dalla schiavitù dei pagani. Di questa potenza e libertà non vi erano indizi nella condizione in cui gli ebrei si trovavano, impossibilitati a rimuovere il giogo dei romani e del loro impero. Questa ipotesi fece grande presa sul popolo cieco e materiale, perché intendevano unicamente per loro la maestà e la grandezza del Messia promesso e la redenzione che avrebbe operato, come se si trattasse di una salvezza temporale e terrena. Ancora oggi è aspettata dai giudei insensibili e accecati da un velo che oscura i loro cuori. Non riconoscono la gloria, la maestà e il potere del nostro Redentore, come non riconoscono che la libertà che egli è venuto a portare al mondo non è terrena, temporale e destinata a perire. Essa è invece celeste, spirituale ed eterna, non solo per i giudei ai quali fu offerta per primi, ma per tutta la discendenza di Adamo, senza eccezioni.

762. Gesù, maestro di verità, sapeva che la disputa sarebbe andata a finire in questo errore. Anche se alcuni optavano per la ragione contraria, erano, però, pochi e comunque oppressi dall'autorità e dalle ragioni degli altri. Dal momento che Gesù era venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità, che era egli stesso, non voleva permettere in questa occasione - in cui era tanto importante manifestarla - che per l'autorità dei sapienti prendessero forza l'errore e l'inganno. Il suo amore non sopportò di vedere, riguardo alle sue opere e all'altissimo fine per cui era venuto, quanta ignoranza si trovasse nei maestri che avrebbero dovuto essere idonei ministri della vera dottrina per insegnare al popolo il cammino della vita e l'autore di essa, il Signore nostro redentore. Il fanciullo Dio si avvicinò ai dottori per manifestare la grazia diffusa sulle sue labbra. Entrò in mezzo a loro con maestà e bellezza, come chi desideri domandare qualche chiarificazione. In questo modo rese disponibili i saggi ad ascoltarlo con attenzione.

763. Gesù disse: «Ho compreso appieno il vostro dubbio circa la venuta del Messia e anche come l'avete risolto. Intendo proporvi la mia obiezione riguardo alla vostra risoluzione. Per i profeti la venuta del Messia avverrà con potenza e maestà. A questo proposito Isaia dice che sarà nostro legislatore, nostro re e salverà il suo popolo; e in un altro passo afferma che verrà da lontano, ardente sarà la sua ira e gravoso il suo divampare. Anche Davide assicura che egli brucerà tutti i suoi nemici. Daniele afferma che tutti i popoli e le nazioni lo serviranno. Nel libro del Siracide si legge che con lui verrà una grande moltitudine di santi. I profeti e le Scritture ci indicano simili promesse per manifestare la sua venuta con segni chiari e visibili se si meditano con attenzione. Il dubbio si fonda su questi e altri passi, che devono essere ugualmente veri, anche se in apparenza sembrano contrari. Dando a ciascuna profezia il vero senso si trova il punto d'unione in cui ciascuna concorda con l'altra. Come intenderemo ora ciò che dice lo stesso profeta riguardo al Messia, e cioè che sarà disprezzato e reietto dagli uomini e nessuno racconterà di lui nella generazione futura? Che sarà maltrattato e come un agnello sarà condotto al macello senza aprire la sua bocca? Geremia afferma che i nemici del Messia si uniranno per perseguitarlo, avvelenare il suo pane e cancellare il suo nome dalla terra, ma non prevarranno contro di lui. Davide dice che sarà l'infamia degli uomini, rifiuto del suo popolo e come verme calpestato e disprezzato. Zaccaria invece riferisce che umile cavalca un asino, un puledro figlio d'asina. Tutti i profeti descrivono allo stesso modo il Messia promesso».

764. Il fanciullo Gesù proseguì dicendo: «Ora, come possono accordarsi queste profezie se si ammette che il Messia debba venire con la potenza e la maestà delle armi, per vincere tutti i re e monarchi con la violenza e lo spargimento di sangue altrui? Innanzitutto non si può negare che egli debba venire due volte: la prima per redimere il mondo, la seconda per giudicarlo. Le profezie vanno attribuite a queste due venute, dando a ciascuna il valore che merita. Il fine di esse è diverso, e diverse sono anche le condizioni, e perciò la missione del Messia sarà in esse assai differente. Nella prima venuta il Redentore deve vincere il demonio per sottrargli l'impero che ha acquistato sulle anime con il peccato originale. In primo luogo il Messia deve dare soddisfazione a Dio in nome di tutto il genere umano. Deve poi insegnare agli uomini con le parole e con l'esempio il cammino per giungere alla vita eterna: come essi debbono vincere i nemici, servire e adorare il loro Creatore e redentore e come corrispondere ai doni e benefici ricevuti dalla sua mano usandoli bene. Questo è il fine a cui si deve conformare la sua vita e la sua dottrina nella prima venuta. La seconda riguarda il giudizio universale per dare il compenso o la punizione a seconda delle opere buone o cattive che ciascuno ha compiuto e per dare ai suoi nemici, con furore e sdegno, il castigo meritato. Questo è quanto dicono i profeti riguardo alla seconda venuta.

765. Se vogliamo intendere che la prima venuta sarà con potenza e grandezza e che il Messia, come dice Davide, dominerà da mare a mare e che il suo regno sarà glorioso, secondo quanto affermano i profeti, tutto ciò non riguarda il regno temporale, ma il nuovo regno spirituale che avrà le sue fondamenta in una nuova Chiesa, la quale si dilaterà su tutta la terra con maestà, potenza e ricchezza di grazia e di virtù per combattere il demonio. Così si accordano tra loro tutte le Scritture e non vi è altro significato. Il fatto che il popolo di Dio si trovi ora sotto l'impero romano, senza ristabilirsi nel proprio, non è segno che il Messia non sia ancora venuto, ma anzi è l'infallibile testimonianza che egli è già presente tra di noi. Il nostro patriarca Giacobbe ci lasciò questo segno affinché i suoi discendenti ne venissero a conoscenza guardando la tribù di Giuda senza scettro e governo di Israele. Ora voi dite che né questa né altra tribù nutre alcuna speranza di averlo o recuperarlo. Lo provano anche le sette settimane di cui parla il profeta Daniele, le quali evidentemente sono già compiute. Chi ha memoria si ricorderà di ciò che udì pochi anni fa: a Betlemme, a metà della notte, fu vista una grande luce e ad alcuni poveri pastori fu annunziata la nascita del Redentor. Alcuni Magi giunsero dall'oriente guidati da una stella per adorare il re dei giudei. Le profezie lo avevano preannunciato. Il re Erode, padre di Archelao, credendo imbattibile questo bambino, uccise tutti gli infanti di Betlemme dai due anni in giù per paura che gli succedesse nel regno di Israele.

766. Questa e altre ragioni espresse il bambino Gesù con il potere di chi, domandando, parlava con autorità. Gli scribi e i dottori ammutolirono e stupefatti s'interrogavano tra loro dicendo: «Che meraviglia è questa? Che bambino prodigioso! Da dove è venuto e di chi è figlio questo fanciullo?». Pur rimanendo ammirati, non sapevano né sospettavano chi fosse colui che li ammaestrava e illuminava su una verità così importante. Prima che Gesù avesse terminato il suo discorso, giunsero Maria santissima e il suo castissimo sposo san Giuseppe. Alle sue ultime parole i maestri della legge stupefatti si alzarono in piedi. La divina Madre, piena di grande gioia, si avvicinò al suo amatissimo Figlio e in presenza di tutti disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. La Madre pronunciò tale rimprovero con riverenza ed affetto, adorando il suo figlio Gesù come Dio e manifestandogli la sua afflizione come a figlio. Rispose Gesù: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».

767. L 'evangelista san Luca riferisce che essi non compresero le sue parole, perché il mistero era ancora a loro nascosto, per due motivi. Il primo era la gioia interiore provata, dopo tanto dolore, per il ricco tesoro ritrovato; il secondo era l'impossibilità di capire ciò di cui si discuteva perché non erano giunti in tempo. A queste due motivazioni se ne aggiunse una terza che riguardava la nostra Regina: l'intimo del suo santissimo Figlio nel quale ella avrebbe potuto conoscere tutto le era stato nascosto da un velo. I dottori uscirono dal tempio comunicandosi lo stupore destato in loro dall'ascolto di una tale sapienza. La beatissima Madre restando sola con il suo Figlio santissimo gli disse stendendo verso di lui le braccia: «Permettete, Figlio mio, che il mio cuore manifesti il dolore e la pena. Non si consumi la mia vita in questa sofferenza, se vi posso ancora servire. Non allontanatemi dal vostro sguardo, accettatemi come vostra serva. Se vi ho perso di vista per mia negligenza, perdonatemi e rendetemi degna di voi; non castigatemi allontanandovi da me». Il fanciullo Dio l'accolse con tenerezza e le si offrì come maestro e compagno sino al tempo stabilito. Il cuore della gran Signora, confortato da queste parole, trovò pace e insieme si incamminarono verso Nazaret.

768. Quando furono lontani da Gerusalemme e ormai soli, la Madre si prostrò a terra per adorare il suo Figlio santissimo e chiedere la benedizione, perché non aveva potuto fare questo nel tempio, fra la gente, al momento del ritrovamento. Attenta ed accorta non voleva perdere occasione di compiere ogni cosa con la pienezza della sua santità. Il fanciullo Gesù l'alzò da terra e le si rivolse con tenerezza e dolci parole. Subito tolse il velo e alla Madre si manifestò nuovamente l'anima santissima del suo Figlio, con maggiore chiarezza e profondità di prima. La divina Signora conobbe gli intimi misteri e le opere che il suo Figlio aveva compiuto nei tre giorni di assenza. Comprese anche tutto quanto era avvenuto nel tempio con i dottori della legge, ciò che Gesù aveva detto loro e le ragioni per le quali non si era manifestato chiaramente come Messia. Il Signore rivelò molti altri segreti e misteri nascosti alla sua Madre vergine, come scrigno nel quale si depositavano tutti i tesori del Verbo incarnato, affinché ella, per tutti e in tutti, glorificasse e lodasse l'autore di tante meraviglie. La Madre eseguì tutto questo con la compiacenza e l'approvazione dello stesso Signore. Disse poi al fanciullo di riposarsi un poco nella campagna in cui si trovavano e di prendere del cibo. Egli accettò quanto gli veniva offerto dalla mano della gran Signora che, come madre della stessa sapienza, pensava a tutto.

769. Proseguendo il cammino Maria santissima trattò con il suo dolcissimo Figlio i misteri che egli stesso le aveva rivelato interiormente riguardo alla questione discussa con i dottori. Il celeste Maestro le confidò che i dottori e gli scribi non avevano riconosciuto in lui il Messia, per la presunzione e l'arroganza della loro scienza. Infatti le tenebre della superbia oscuravano la loro intelligenza incapace di intuire la luce divina benché fosse immensa quella che il fanciullo aveva offerto loro. Se avessero umilmente disposto la volontà e il desiderio alla verità, le ragioni che egli aveva portato sarebbero state sufficienti per convincerli, ma l'impedimento che avevano frapposto non aveva permesso che ciò accadesse, nonostante la verità fosse così chiara ai loro occhi. In questo viaggio di ritorno il nostro Redentore convertì molte anime alla salvezza facendo della sua Madre santissima uno strumento di queste meraviglie e illuminando attraverso le sue prudenti parole e sante ammonizioni i cuori di coloro ai quali ella parlava. Sanarono molti infermi, consolarono gli afflitti e gli oppressi spargendo ovunque grazie e misericordie ad ogni occasione opportuna. Poiché in altri viaggi compirono opere simili a queste, non mi soffermo ora a riferirne altre; molti capitoli e tanto tempo sarebbero necessari per raccontarle tutte, ma ci sono cose più utili da scrivere in questa Storia.

770. Giunsero a Nazaret e delle loro occupazioni riferirò in seguito. San Luca riassume in sintesi i misteri del suo Vangelo dicendo che il fanciullo Gesù stava sottomesso a Maria santissima e a san Giuseppe e che sua Madre serbava tutte queste cose nel suo cuore, mentre egli cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Più avanti dirò ciò che avrò compreso. Ora voglio riferire che l'umiltà e l'obbedienza del nostro Dio e maestro verso sua Madre e suo padre meravigliarono nuovamente gli angeli. Furono stupiti anche per la sublime dignità del la Regina santissima, la quale, degna di essere la Madre del Verbo incarnato, con l'aiuto di san Giuseppe lo accudiva e ne disponeva come di cosa sua. Benché questa attenzione e obbedienza siano conseguenti alla maternità naturale, per fare uso del diritto di madre nel governo di lui le fu necessaria una grazia diversa da quella ricevuta per concepirlo e partorirlo. Per poter svolgere tali ministeri e servizi furono date a Maria santissima grazie confacenti e adeguate. Ella ricevette questa seconda grazia così colma di benefici che riversava parte della sua pienezza nel suo felicissimo sposo san Giuseppe, affinché fosse degno padre putativo di Gesù e capo della famiglia.

771. All'obbedienza del Figlio santissimo verso la Ma dre, ella corrispondeva con azioni eroiche. Fra le altre virtù spiccavano in lei una quasi incomprensibile umiltà e devotissima riconoscenza, perché sua Maestà si era degnato di stare in sua compagnia e di ritornare a lei. Questo beneficio, giudicato nuovo dalla divina Regina perché si reputava indegna, fece sì che nel suo fedelissimo cuore crescessero l'amore e la sollecitudine di servire il suo figlio Dio. Non cessava mai di essere a lui grata, così puntuale, attenta, premurosa nel servirlo sempre inginocchiata nella polvere che destava meraviglia ai serafini più eccelsi. Era inoltre diligente nell'imitarlo in tutte le sue azioni avendo cura e attenzione di copiarle e compierle. Con questa pienezza di santità rapiva il cuore di Cristo nostro Signore. A mio modo d'intendere lo teneva prigioniero con vincoli d'invincibile amore. Poiché egli era strettamente legato a lei come vero Dio e vero figlio, c'era tra loro una reciproca comunicazione e una divina circolazione di amore e di opere, che superava ogni intelletto creato. Nell'oceano di Maria entravano tutte le ricche correnti della grazia e dei benefici del Verbo incarnato senza traboccare mai, perché era sufficientemente capace di riceverle. Queste correnti, però, ritornavano alla loro origine, dato che la felice Madre della sapienza le rimandava a lui perché potessero scorrere un'altra volta, così che questi flussi e riflussi della Divinità andassero e venissero tra il figlio Dio e la sua Madre sola. Questo è il mistero per cui sono ripetute le umili osservazioni della sposa nel Cantico dei Cantici: Il mio diletto è per me e io per lui. Egli pascola il gregge tra i gigli. Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre. E ancora: Io sono per il mio diletto e il mo diletto è per me.

772. Era necessario che il fuoco dell'amore divino, che ardeva nel petto del nostro Redentore che era venuto ad accenderlo sulla terra, ritrovando materia prossima e disposta quale era il cuore purissimo di sua Madre, compisse ed operasse in sommo grado effetti così illimitati, che solo lo stesso Signore poté conoscere, perché egli solo li poté operare. Soltanto una cosa, di cui mi è stata data intelligenza, si deve notare e cioè che il Verbo incarnato, nelle sue dimostrazioni di amore verso la sua Madre santissima, teneva conto delle azioni e dei gesti non per l'affetto e l'inclinazione naturale di figlio, ma per lo stato che la gran Regina meritava di avere quale viatrice. Sua Maestà sapeva che, se in queste dimostrazioni e favori l'avesse gratificata nella misura del suo amore, le avrebbe un po' impedito, con le continue soddisfazioni delle delizie dell'amato, di meritare tutto ciò che era conveniente. Il Signore, perciò, trattenne in parte questa naturale forza della sua umanità, permettendo che la sua divina Madre, benché fosse così santa, agisse, meritasse e soffrisse, senza ricevere il continuo e dolce premio che avrebbe potuto conseguire con i benefici visibili del suo Figlio santissimo. Per questa ragione ordinariamente il fanciullo Dio aveva maggiore ritegno e serietà. Benché la diligente Signora fosse così sollecita nel servire, provvedere e preparare quanto gli era necessario con incomparabile riguardo, il Figlio santissimo non le rivolgeva tante dimostrazioni di affetto quante ne avrebbe meritate da lui la sollecitudine della Madre.

 

Insegnamento della Regina del cielo

773. Figlia mia, tutte le opere del mio Figlio santissimo e mie sono colme di insegnamenti e istruzioni per gli uomini che le considerano con attenta stima. Sua Maestà si allontanò da me affinché cercandolo con dolore e lacrime lo ritrovassi poi con gioia a mio vantaggio spirituale. Anche tu devi cercare il Signore con amaro dolore, affinché questo dolore ti procuri un'incessante sollecitudine, senza riposare su cosa alcuna per tutto il tempo della tua vita, sino a quando tu non arrivi a possederlo e non lo lasci più. Perché tu comprenda meglio il mistero del Signore, sappi che la sua sapienza infinita plasma le creature capaci della sua eterna felicità ponendole sì sul cammino che conduce ad essa, ma allo stesso tempo così lontane e non sicure di arrivarvi. Fintanto che non siano giunte a possedere l'eterna felicità, vivano sempre pronte e nel dolore, affinché la sollecitudine generi in esse un continuo timore e orrore per il peccato, il quale fa perdere la beatitudine. Anche nel tumulto della conversazione umana la creatura non si lasci legare né avviluppare dalle cose visibili e terrene. Il Creatore aiuta in questa sollecitudine, aggiungendo alla ragione naturale le virtù della fede e della speranza, le quali stimolano l'amore con cui cercare e trovare il fine ultimo. Oltre a queste virtù e ad altre infuse con il battesimo, manda ispirazioni e aiuti per ridestare e rimuovere l'anima lontana dallo stesso Signore, affinché non lo dimentichi né si scordi di se stessa mentre è priva della sua amabile presenza. Anzi continui la sua strada sino a giungere al bene desiderato, dove troverà la pienezza del suo amore e dei suoi desideri.

774. Potrai, dunque, capire quanto grande sia la cecità dei mortali e quanto scarso il numero di coloro che si concedono il tempo di considerare attentamente l'ordine meraviglioso della loro creazione e giustificazione e le opere che l'Altissimo ha compiuto per così alto fine. A questa dimenticanza fanno seguito tanti mali, quanti ne soffrono le creature attaccandosi al possesso dei beni terreni e dei piaceri ingannevoli, come se questi fossero la loro felicità e il fine ultimo: è cattiveria grande rivolta contro la volontà del Signore. I mortali vogliono in questa breve e transitoria vita dilettarsi di ciò che è visibile, come se fosse il loro ultimo fine, mentre dovrebbero usare le creature come mezzo per raggiungere il sommo Bene e non per perderlo. Avverti, dunque, o carissima, questo rischio della stoltezza umana. Tutto ciò che è dilettevole, piacevole e poco serio giudicalo un errore; di' all'appagamento dei sensi che si lascia ingannare invano e che è madre della stoltezza, rende il cuore ubriaco, impedisce e distrugge tutta la vera sapienza. Vivi sempre con il santo timore di perdere la vita eterna e sino a quando non l'avrai raggiunta non ti rallegrare in altre cose se non nel Signore. Fuggi dalle conversazioni umane e temine i pericoli. Se per obbedienza o a gloria sua Dio ti porrà in mezzo ad essi, devi confidare nella sua protezione, e tuttavia con la necessaria prudenza non devi essere né svogliata né negligente. Non ti affidare all'amicizia e alla relazione con le creature, perché vi è riposto il tuo pericolo più grande. Il Signore ti ha dato un animo grato e un'indole dolce, affinché tu sia incline a non resistergli nelle sue opere, usando per suo amore i benefici che ti ha concesso. Se permetterai che in te entri l'amore delle creature, queste sicuramente ti trasporteranno, allontanandoti dal sommo Bene. Altererai, così, l'ordine e le opere della sua sapienza infinita. È cosa molto indegna utilizzare il più grande beneficio della natura con un oggetto che non sia il più nobile di tutta la natura stessa. Sublima le azioni delle tue facoltà e rappresenta ad esse l'oggetto nobilissimo dell'essere di Dio e del suo Figlio diletto tuo sposo, il più bello tra i figli dell'uomo, e amalo con tutto il tuo cuore, la tua anima e la tua mente.


Brasilia (Brasile), 26 febbraio 1991. Esercizi spirituali, sotto forma di Cenacolo, con Vescovi e Sacerdoti del M.S.M. di tutto il Brasile. Non di solo pane.

Don Stefano Gobbi

«In questi giorni il mio Cuore Immacolato è consolato nel vedervi così numerosi a questo continuo Cenacolo di preghiera e di fraternità. Siete venuti da tutto il Brasile, questa terra da Me tanto amata e dal mio Avversario sempre più insidiata. Oggi accolgo, nel giardino del mio Cuore Immacolato, la Chiesa che qui vive e soffre, e la vostra Patria che attraversa ancora momenti di grandi difficoltà e di pericolo.

Invito tutti i miei figli a consacrarsi al mio Cuore Immacolato, ad entrare al più presto nel rifugio sicuro che Io vi ho preparato per questi tempi della purificazione e della grande tribolazione. Sono Mamma tenera e comprensiva per tutti voi. Voglio condurvi sulla via della pace, della preghiera, della santità, di una vostra più profonda unione con Gesù, nostro Redentore e nostro Salvatore. Io vedo il vostro zelo nell'apostolato; conosco le vostre grandi difficoltà; porto con voi il peso delle vostre quotidiane sofferenze. Soprattutto guardo con amore al vostro impegno verso i più poveri, gli emarginati, gli ultimi, nello sforzo di liberarli dalla schiavitù della povertà e della miseria.

Ma, come vostra Mamma, vi prendo per mano e vi conduco alla comprensione della verità tutta intera. Non di solo pane vive l'uomo. L'uomo vive anche di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio per nutrire la fame della sua mente. Oltre alla povertà di beni materiali, esiste una più grande povertà di beni spirituali. Quanti sono i miei figli che vivono sotto il giogo di questa spirituale schiavitù! Sono coloro che diventano vittime delle false ideologie, fondate sulla negazione di Dio. Come dilaga l'errore dell'ateismo teorico e pratico, che porta molti a vivere facendo a meno di Dio. Sono quelli che si allontanano dalla Chiesa per aderire alle varie sette, che qui si diffondono sempre di più. Questo avviene perché le menti affamate di tanti miei figli non sono più nutrite col pane della Parola di Dio.

Vi domando di donare con abbondanza questo cibo spirituale e soprattutto, a voi miei prediletti e figli a Me consacrati, chiedo che diventi ancora più grande lo sforzo di comunicare a tutti la Luce del Vangelo. Predicate il Vangelo con coraggio e senza paura; donatelo nella chiarezza della sua integrità; annunciatelo con la stessa forza con cui mio figlio Gesù ve lo ha predicato. Così aiutate tutti a camminare sulla via della vera fede, nella più grande ubbidienza al Magistero del Papa e dei Vescovi uniti con Lui. Non di solo pane vive l'uomo. L'uomo vive anche della Grazia divina, che Gesù gli ha donato, per nutrire la fame della sua anima. Oltre alla povertà di beni materiali, esiste una più grande e pericolosa povertà morale, costituita dal pesante giogo che rende tanti miei figli schiavi del male e del peccato, delle passioni disordinate, specialmente dell'impurità. Quanto è grande questa piaga fra voi! Come è subdola l'insidia del mio Avversario, che spesso vi conduce a porre tutto il vostro impegno sacerdotale nel guarire le ferite dei poveri e degli sfruttati, per farvi così dimenticare di guardare soprattutto alle piaghe profonde dei peccatori e dei cattivi. Donate il cibo della Grazia di Dio a queste anime che muoiono di fame.

Per questo dovete aiutare i peccatori a tornare alla fonte della divina Misericordia, col mettervi a loro disposizione nel Sacramento della Riconciliazione. Questo è il tempo favorevole per voi. Questo è il tempo della conversione e del ritorno al Signore. Figli prediletti, diventate voi stessi i ministri solleciti della riconciliazione, per la salvezza di tante anime, che corrono il pericolo di perdersi. Non di solo pane vive l'uomo. L'uomo vive anche del Pane vivo disceso dal cielo per nutrire la fame del suo cuore. Quanti vivono oggi sotto la terribile schiavitù dell'orgoglio, dell'egoismo sfrenato, dell'avarizia, dell'odio, della violenza, di una grande incapacità di amare. La strada che vi conduce alla salvezza è solo quella della comunione e dell'amore. Per questo Gesù vi ha fatto l'inestimabile dono della Santissima Eucarestia. Gesù si fa presente nell'Eucarestia per essere il cibo della vostra vita spirituale e per formarvi ad una vera capacità di amore. Gesù si dona a voi nell'Eucarestia per amare in voi, con voi e per mezzo di voi.

- Gesù Eucaristico è il Pane vivo disceso dal cielo, il cibo da mangiare per non avere più fame, l'acqua da bere per non avere più sete.

- Gesù Eucaristico vuole diventare oggi il Buon Samaritano per la vostra Chiesa tanto divisa e sofferente e per la vostra Patria tanto ammalata e minacciata.

- Gesù Eucaristico vuole condurvi tutti sulla strada dell'amore, della riconciliazione, della comunione, della pace, della misericordia e della salvezza. Imparate da Lui che è mite ed umile di cuore e troverete riposo per le vostre anime.

Quest'anno il Brasile celebra il suo Congresso Eucaristico Nazionale. Che la vostra Chiesa e la vostra Patria si prostrino in atto di profonda adorazione a Gesù Eucaristico. Oggi Io domando a tutti di spalancare le porte a Gesù Cristo che viene. Sono la Madre del secondo Avvento e la porta che si apre sulla nuova era. Questa nuova era coinciderà con il più grande trionfo del Regno Eucaristico di Gesù. Per questo vi invito, in questo anno straordinario, a fare rifiorire ovunque il culto di adorazione, di riparazione e di amore alla Santissima Eucarestia. Nelle vostre Chiese tornate ad esporre il Santissimo Sacramento per le solenni ore di adorazione pubblica.

Diventi l'Eucarestia il centro della vostra preghiera, della vostra vita, del vostro culto e delle vostre riunioni ecclesiali. Così, ancora oggi, Gesù Eucaristico, con la sua Parola, nutrirà la fame delle menti; con la sua Grazia, nutrirà la fame delle anime; con il suo Amore, nutrirà la fame dei vostri cuori. E sarà Gesù Eucaristico a darvi finalmente il grande dono della vera liberazione da ogni forma di schiavitù fisica, spirituale e morale. Allora in tutti voi risplenderà la grande dignità di figli di Dio, da Lui creati, amati, redenti, santificati e salvati. Uscite ora da questo vostro Cenacolo e diventate gli apostoli di questa nuova Evangelizzazione in tutto il Brasile. Io vi accompagno col mio amore immacolato e vi sostengo con la mia materna benedizione».