Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Tanti non vogliono e non osano ripensare alle grazie particolari ricevute da Dio per timore di insuperbirsi; ma costoro certamente sbagliano. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 16° settimana del tempo ordinario (San Giacomo)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 14

1Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.2Davanti a lui stava un idropico.3Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: "È lecito o no curare di sabato?".4Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.5Poi disse: "Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?".6E non potevano rispondere nulla a queste parole.

7Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola:8"Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto.10Invece quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".

12Disse poi a colui che l'aveva invitato: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio.13Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi;14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".

15Uno dei commensali, avendo udito ciò, gli disse: "Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio!".16Gesù rispose: "Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti.17All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto.18Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato.19Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato.20Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire.21Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi.22Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto.23Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia.24Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena".

25Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse:26"Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.27Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?29Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo:30Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?32Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace.33Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

34Il sale è buono, ma se anche il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si salerà?35Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via. Chi ha orecchi per intendere, intenda".


Secondo libro di Samuele 2

1Dopo questi fatti, Davide consultò il Signore dicendo: "Devo andare in qualcuna delle città di Giuda?". Il Signore gli rispose: "Va'!". Chiese ancora Davide: "Dove andrò?". Rispose: "A Ebron".2Davide dunque andò là con le sue due mogli, Achinoàm di Izreèl e Abigail, già moglie di Nabal da Carmel.3Davide portò con sé anche i suoi uomini, ognuno con la sua famiglia, e abitarono nella città di Ebron.4Vennero allora gli uomini di Giuda e qui unsero Davide re sulla casa di Giuda.
Come fu noto a Davide che gli uomini di Iabes di Gàlaad avevano sepolto Saul,5Davide inviò messaggeri agli uomini di Iabes di Gàlaad per dir loro: "Benedetti voi dal Signore, perché avete fatto quest'opera di misericordia al vostro Signore, a Saul, e gli avete dato sepoltura.6Vi renda dunque il Signore misericordia e fedeltà. Anch'io farò a voi del bene perché avete compiuto quest'opera.7Ora riprendano coraggio le vostre mani e siate uomini forti. È morto Saul vostro signore, ma quelli della tribù di Giuda hanno unto me come re sopra di loro".
8Intanto Abner figlio di Ner, capo dell'esercito di Saul, prese Is-Bàal, figlio di Saul e lo condusse a Macanàim.9Poi lo costituì re su Gàlaad, sugli Asuriti, su Izreèl, su Èfraim e su Beniamino, cioè su tutto Israele.10Is-Bàal, figlio di Saul, aveva quarant'anni quando fu fatto re di Israele e regnò due anni. Solo la casa di Giuda seguiva Davide.11Il periodo di tempo durante il quale Davide fu re di Ebron fu di sette anni e sei mesi.
12Abner figlio di Ner e i ministri di Is-Bàal, figlio di Saul, si mossero da Macanàim verso Gàbaon.13Anche Ioab, figlio di Zeruià, e i seguaci di Davide si mossero e li incontrarono presso la piscina di Gàbaon. Questi stavano presso la piscina da una parte e quelli dall'altra parte.14Abner gridò a Ioab: "Potrebbero alzarsi i giovani e scontrarsi davanti a noi". Ioab rispose: "Si alzino pure".15Si alzarono e sfilarono in rassegna: dodici dalla parte di Beniamino e di Is-Bàal figlio di Saul e dodici tra i seguaci di Davide.16Ciascuno afferrò la testa dell'avversario e gli cacciò la spada nel fianco: così caddero tutti insieme e quel luogo fu chiamato Campo dei Fianchi, che si trova in Gàbaon.
17La battaglia divenne in quel giorno molto dura e furono sconfitti Abner e gli Israeliti dai seguaci di Davide.18Vi erano là tre figli di Zeruià, Ioab, Abisài e Asaèl. Asaèl era veloce nella corsa come una gazzella selvatica.19Asaèl si era messo ad inseguire Abner e non deviava né a destra né a sinistra nell'inseguire Abner.20Abner si volse indietro e gli gridò: "Tu sei Asaèl?". Rispose: "Sì".21Abner aggiunse: "Volgiti a destra o a sinistra, afferra qualcuno dei giovani e porta via le sue spoglie". Ma Asaèl non volle cessare di inseguirlo.22Abner tornò a dirgli: "Smetti di inseguirmi. Perché vuoi che ti stenda a terra? Come potrò alzare lo sguardo verso Ioab tuo fratello?".23Ma siccome quegli non voleva saperne di ritirarsi, lo colpì con la punta della lancia al basso ventre, così che la lancia gli uscì di dietro ed egli cadde sul posto. Allora quanti arrivarono al luogo dove Asaèl era caduto e morto si fermarono.24Ma Ioab e Abisài inseguirono Abner, finché, al tramonto del sole, essi giunsero alla collina di Ammà, di fronte a Ghiach, sulla strada del deserto di Gàbaon.
25I Beniaminiti si radunarono dietro Abner formando un gruppo compatto e si fermarono in cima ad una collina.26Allora Abner gridò a Ioab: "Dovrà continuare per sempre la spada a divorare? Non sai che alla fine sarà una sventura? Quando finalmente darai ordine alla truppa di cessare l'inseguimento dei loro fratelli?".27Rispose Ioab: "Per la vita di Dio, se tu non avessi parlato così, nessuno della truppa avrebbe cessato fino al mattino di inseguire il proprio fratello".28Allora Ioab fece suonare la tromba e tutta la truppa si fermò e non inseguì più Israele e non combatté più.29Abner e i suoi uomini marciarono per l'Araba tutta quella notte; passarono il Giordano, camminarono tutta la mattinata e arrivarono a Macanàim.30Ioab, tornato dall'inseguimento di Abner, radunò tutta la truppa. Degli uomini di Davide ne mancavano diciannove oltre Asaèl.31Ma i servi di Davide avevano colpito e ucciso trecentosessanta uomini tra i Beniaminiti e la gente di Abner.32Essi presero Asaèl e lo seppellirono nel sepolcro di suo padre, che è in Betlemme. Ioab e i suoi uomini marciarono tutta la notte; spuntava il giorno quando furono in Ebron.


Siracide 22

1Il pigro è simile a una pietra imbrattata,
ognuno fischia in suo disprezzo.
2Il pigro è simile a una palla di sterco,
chi la raccoglie scuote la mano.

3Vergogna per un padre avere un figlio maleducato,
se si tratta di una figlia, è la sua rovina.
4Una figlia prudente sarà un tesoro per il marito,
quella disonorevole un dolore per chi l'ha generata.
5La sfacciata disonora il padre e il marito,
e dall'uno e dall'altro sarà disprezzata.
6Come musica durante il lutto i discorsi fuori tempo,
ma frusta e correzione in ogni tempo sono saggezza.

7Incolla cocci chi ammaestra uno stolto,
sveglia un dormiglione dal sonno profondo.
8Ragiona con un insonnolito chi ragiona con lo stolto;
alla fine egli dirà: "Che cosa c'è?".
9Piangi per un morto, poiché ha perduto la luce;
piangi per uno stolto, poiché ha perduto il senno.
10Piangi meno tristemente per un morto, ché ora riposa,
ma la vita dello stolto è peggiore della morte.
11Il lutto per un morto, sette giorni;
per uno stolto ed empio tutti i giorni della sua vita.
12Con un insensato non prolungare il discorso,
non frequentare l'insipiente;
13guàrdati da lui, per non avere noie
e per non contaminarti al suo contatto.
Allontànati da lui e troverai pace,
non sarai seccato dalla sua insipienza.
14Che c'è di più pesante del piombo?
E qual è il suo nome, se non "lo stolto"?
15Sabbia, sale, palla di ferro
sono più facili a portare che un insensato.
16Una travatura di legno ben connessa in una casa
non si scompagina in un terremoto,
così un cuore deciso dopo matura riflessione
non verrà meno al momento del pericolo.
17Un cuore basato su sagge riflessioni
è come un intonaco su un muro rifinito.
18Una palizzata posta su un'altura
di fronte al vento non resiste,
così un cuore meschino, basato sulle sue fantasie,
di fronte a qualsiasi timore non resiste.

19Chi punge un occhio lo farà lacrimare;
chi punge un cuore ne scopre il sentimento.
20Chi scaglia pietre contro uccelli li mette in fuga,
chi offende un amico rompe l'amicizia.
21Se hai sguainato la spada contro un amico,
non disperare, può esserci un ritorno.
22Se hai aperto la bocca contro un amico,
non temere, può esserci riconciliazione,
tranne il caso di insulto e di arroganza,
di segreti svelati e di un colpo a tradimento;
in questi casi ogni amico scomparirà.
23Conquìstati la fiducia del prossimo nella sua
povertà
per godere con lui nella sua prosperità.
Nel tempo della tribolazione restagli vicino,
per aver parte alla sua eredità.
24Prima del fuoco vapore e fumo nel camino,
così prima dello spargimento del sangue le ingiurie.
25Non mi vergognerò di proteggere un amico,
non mi nasconderò davanti a lui.
26Se mi succederà il male a causa sua,
chiunque lo venga a sapere si guarderà da lui.

27Chi porrà una guardia sulla mia bocca,
sulle mie labbra un sigillo prudente,
perché io non cada per colpa loro
e la mia lingua non sia la mia rovina?


Salmi 148

1Alleluia.

Lodate il Signore dai cieli,
lodatelo nell'alto dei cieli.
2Lodatelo, voi tutti, suoi angeli,
lodatelo, voi tutte, sue schiere.

3Lodatelo, sole e luna,
lodatelo, voi tutte, fulgide stelle.
4Lodatelo, cieli dei cieli,
voi acque al di sopra dei cieli.

5Lodino tutti il nome del Signore,
perché egli disse e furono creati.
6Li ha stabiliti per sempre,
ha posto una legge che non passa.

7Lodate il Signore dalla terra,
mostri marini e voi tutti abissi,
8fuoco e grandine, neve e nebbia,
vento di bufera che obbedisce alla sua parola,
9monti e voi tutte, colline,
alberi da frutto e tutti voi, cedri,
10voi fiere e tutte le bestie,
rettili e uccelli alati.

11I re della terra e i popoli tutti,
i governanti e i giudici della terra,
12i giovani e le fanciulle,
i vecchi insieme ai bambini
13lodino il nome del Signore:
perché solo il suo nome è sublime,
la sua gloria risplende sulla terra e nei cieli.
14Egli ha sollevato la potenza del suo popolo.
È canto di lode per tutti i suoi fedeli,
per i figli di Israele, popolo che egli ama.

Alleluia.


Lamentazioni 3

1Io sono l'uomo che ha provato la miseria
sotto la sferza della sua ira.
2Egli mi ha guidato, mi ha fatto camminare
nelle tenebre e non nella luce.
3Solo contro di me egli ha volto e rivolto
la sua mano tutto il giorno.
4Egli ha consumato la mia carne e la mia pelle,
ha rotto le mie ossa.
5Ha costruito sopra di me, mi ha circondato
di veleno e di affanno.
6Mi ha fatto abitare in luoghi tenebrosi
come i morti da lungo tempo.
7Mi ha costruito un muro tutt'intorno,
perché non potessi più uscire;
ha reso pesanti le mie catene.
8Anche se grido e invoco aiuto,
egli soffoca la mia preghiera.
9Ha sbarrato le mie vie con blocchi di pietra,
ha ostruito i miei sentieri.
10Egli era per me un orso in agguato,
un leone in luoghi nascosti.
11Seminando di spine la mia via, mi ha lacerato,
mi ha reso desolato.
12Ha teso l'arco, mi ha posto
come bersaglio alle sue saette.
13Ha conficcato nei miei fianchi
le frecce della sua faretra.
14Son diventato lo scherno di tutti i popoli,
la loro canzone d'ogni giorno.
15Mi ha saziato con erbe amare,
mi ha dissetato con assenzio.
16Mi ha spezzato con la sabbia i denti,
mi ha steso nella polvere.
17Son rimasto lontano dalla pace,
ho dimenticato il benessere.
18E dico: "È sparita la mia gloria,
la speranza che mi veniva dal Signore".
19Il ricordo della mia miseria e del mio vagare
è come assenzio e veleno.
20Ben se ne ricorda e si accascia
dentro di me la mia anima.
21Questo intendo richiamare alla mia mente,
e per questo voglio riprendere speranza.
22Le misericordie del Signore non sono finite,
non è esaurita la sua compassione;
23esse son rinnovate ogni mattina,
grande è la sua fedeltà.
24"Mia parte è il Signore - io esclamo -
per questo in lui voglio sperare".
25Buono è il Signore con chi spera in lui,
con l'anima che lo cerca.
26È bene aspettare in silenzio
la salvezza del Signore.
27È bene per l'uomo portare
il giogo fin dalla giovinezza.
28Sieda costui solitario e resti in silenzio,
poiché egli glielo ha imposto;
29cacci nella polvere la bocca,
forse c'è ancora speranza;
30porga a chi lo percuote la sua guancia,
si sazi di umiliazioni.
31Poiché il Signore non rigetta mai...
32Ma, se affligge, avrà anche pietà
secondo la sua grande misericordia.
33Poiché contro il suo desiderio egli umilia
e affligge i figli dell'uomo.
34Quando schiacciano sotto i loro piedi
tutti i prigionieri del paese,
35quando falsano i diritti di un uomo
in presenza dell'Altissimo,
36quando fan torto a un altro in una causa,
forse non vede il Signore tutto ciò?
37Chi mai ha parlato e la sua parola si è avverata,
senza che il Signore lo avesse comandato?
38Dalla bocca dell'Altissimo non procedono forse
le sventure e il bene?
39Perché si rammarica un essere vivente,
un uomo, per i castighi dei suoi peccati?
40"Esaminiamo la nostra condotta e scrutiamola,
ritorniamo al Signore.
41Innalziamo i nostri cuori al di sopra delle mani,
verso Dio nei cieli.
42Abbiamo peccato e siamo stati ribelli;
tu non ci hai perdonato.
43Ti sei avvolto nell'ira e ci hai perseguitati,
hai ucciso senza pietà.
44Ti sei avvolto in una nube,
così che la supplica non giungesse fino a te.
45Ci hai ridotti a spazzatura e rifiuto
in mezzo ai popoli.
46Han spalancato la bocca contro di noi
tutti i nostri nemici.
47Terrore e trabocchetto sono la nostra sorte,
desolazione e rovina".
48Rivoli di lacrime scorrono dai miei occhi,
per la rovina della figlia del mio popolo.
49Il mio occhio piange senza sosta
perché non ha pace
50finché non guardi e non veda il Signore dal cielo.
51Il mio occhio mi tormenta
per tutte le figlie della mia città.
52Mi han dato la caccia come a un passero
coloro che mi son nemici senza ragione.
53Mi han chiuso vivo nella fossa
e han gettato pietre su di me.
54Son salite le acque fin sopra il mio capo;
io dissi: "È finita per me".
55Ho invocato il tuo nome, o Signore,
dalla fossa profonda.
56Tu hai udito la mia voce: "Non chiudere
l'orecchio al mio sfogo".
57Tu eri vicino quando ti invocavo,
hai detto: "Non temere!".
58Tu hai difeso, Signore, la mia causa,
hai riscattato la mia vita.
59Hai visto, o Signore, il torto che ho patito,
difendi il mio diritto!
60Hai visto tutte le loro vendette,
tutte le loro trame contro di me.
61Hai udito, Signore, i loro insulti,
tutte le loro trame contro di me,
62i discorsi dei miei oppositori e le loro ostilità
contro di me tutto il giorno.
63Osserva quando siedono e quando si alzano;
io sono la loro beffarda canzone.
64Rendi loro il contraccambio, o Signore,
secondo l'opera delle loro mani.
65Rendili duri di cuore,
la tua maledizione su di loro!
66Perseguitali nell'ira e distruggili
sotto il cielo, Signore.


Lettera agli Ebrei 2

1Proprio per questo bisogna che ci applichiamo con maggiore impegno a quelle cose che abbiamo udito, per non andare fuori strada.2Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione,3come potremo scampare noi se trascuriamo una salvezza così grande? Questa infatti, dopo essere stata promulgata all'inizio dal Signore, è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l'avevano udita,4mentre Dio testimoniava nello stesso tempo con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà.

5Non certo a degli angeli egli ha assoggettato il mondo futuro, del quale parliamo.6Anzi, qualcuno in un passo ha testimoniato:

'Che cos'è l'uomo perché ti ricordi di lui
o il figlio dell'uomo perché tu te ne curi?'
7'Di poco l'hai fatto inferiore agli angeli,
di gloria e di onore l'hai coronato'
8'e hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi'.

Avendogli assoggettato ogni cosa, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Tuttavia al presente non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa.9Però quel Gesù, che 'fu fatto di poco inferiore agli angeli', lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti.
10Ed era ben giusto che colui, per il quale e del quale sono tutte le cose, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto mediante la sofferenza il capo che li ha guidati alla salvezza.11Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli,12dicendo:

'Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi;'

13e ancora:

'Io metterò la mia fiducia in lui;'

e inoltre:

'Eccoci, io e i figli che Dio mi ha dato'.

14Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo,15e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.16Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma 'della stirpe di Abramo si prende cura'.17Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.18Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.


Capitolo XXV: Correggere fervorosamente tutta la nostra vita

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1. Che tu sia attento e preciso, nel servire Iddio; ripensa frequentemente alla ragione per la quale sei venuto qui, lasciando il mondo. Non è stato forse per vivere in Dio e farti tutto spirito? Che tu sia, dunque, fervoroso, giacché in breve tempo sarai ripagato dei tuoi sforzi; né avrai più, sul tuo orizzonte, alcun timore e dolore faticherai qui per un poco, e poi troverai una grande pace, anzi, una gioia perpetua. Se sarai costante nella fede e fervoroso nelle opere, Dio, senza dubbio, sarà giusto e generoso nella ricompensa. Che tu mantenga la santa speranza di giungere alla vittoria, anche se non è bene che tu ne abbia alcuna sicurezza, per non cadere in stato di torpore o di presunzione. Una volta, un tale, dibattuto interiormente tra il timore e la speranza, sfinito dal doloro, si prostrò in chiesa davanti ad un altare dicendo tra sé: "Oh! Se sapessi di poter perseverare!". E subito, di dentro, udì una risposta, che veniva da Dio: "Perché, se tu sapessi di poter perseverare, che cosa vorresti fare? Fallo adesso, quello che vorresti fare, e sarai del tutto tranquillo". Allora, rasserenato e confortato, egli si affidò alla volontà di Dio, e cessò in lui quella angosciosa incertezza; egli non volle più cercar di sapere quel che sarebbe stato di lui in futuro, e si diede piuttosto a cercare "quale fosse la volontà del Signore: volontà di bene e di perfezione", (Rm 12, 2) per intraprendere e portare a compimento ogni opera buona. Dice il profeta: "Spera nel Signore e fa il bene; abita la terra e nutriti delle sue ricchezze" (Sal 36,3).  

2. Una sola cosa è quella che distoglie molta gente dal progresso spirituale e dal fervoroso sforzo di correzione: lo sgomento di fronte agli ostacoli e l'asprezza di questa lotta. Invero avanzano nelle virtù coloro che si sforzano di superare virilmente ciò che è per essi più gravoso, e che più li contrasta; giacché proprio là dove più si vince se stessi, mortificandosi nello spirito, più si guadagna, e maggior grazia si ottiene. Certo che non tutti gli uomini hanno pari forze per vincere se stessi e per mortificarsi. Tuttavia, uno che abbia tenacia e buon volere, anche se le sue passioni sono più violente, riuscirà a progredire più di un altro, pur buono, ma meno fervoroso nel tendere verso le virtù. Due cose giovano particolarmente al raggiungimento di una totale emendazione: il fare violenza a se stessi, distogliendosi dal male, a cui ciascuno è portato per natura; e il chiedere insistentemente il bene spirituale di cui ciascuno ha maggior bisogno. Inoltre tu devi fare in modo di evitare soprattutto ciò che più spesso trovi brutto in altri. Da ogni parte devi saper trarre motivo di profitto spirituale. Così, se ti capita di vedere o di ascoltare dei buoni esempi, devi ardere dal desiderio di imitarli; se, invece, ti pare che qualcosa sia degno di riprovazione, devi guardarti dal fare altrettanto; se talvolta l'hai fatto, procura di emendarti. Come il tuo occhio giudica gli altri, così, a tua volta, sarai giudicato tu dagli altri. Quale gioia e quale dolcezza, vedere dei frati pieni di fervore e di devozione, santi nella vita interiore e nella loro condotta; quale tristezza, invece, e quale dolore, vedere certi frati, che vanno di qua e di là, disordinatamente, tralasciando di praticare proprio ciò per cui sono stati chiamati! Gran danno procura, questo dimenticarsi delle promesse della propria vocazione, volgendo i desideri a cose diverse da quelle che ci vengono ordinate.  

3. Ricordati della decisione che hai presa, e poni dinanzi ai tuoi occhi la figura del crocifisso. Riflettendo alla vita di Gesù Cristo, avrai veramente di che vergognarti, ché non hai ancora cercato di farti più simile a lui, pur essendo stato per molto tempo nella vita di Dio. Il monaco che si addestra con intensa devozione sulla vita santissima e sulla passione del Signore, vi troverà in abbondanza tutto ciò che gli può essere utile e necessario; e non dovrà cercare nulla di meglio, fuor di Gesù. Oh, come saremmo d'un colpo pienamente addottrinati se avessimo nel nostro cuore Gesù crocifisso! Il monaco pieno di fervore sopporta ogni cosa santamente e accetta ciò che gli viene imposto; invece quello negligente e tiepido trova una tribolazione sull'altra ed è angustiato per ogni verso, perché gli manca la consolazione interiore, e quella esterna gli viene preclusa. Il monaco che vive fuori della regola va incontro a piena rovina. Infatti chi tende ad una condizione piuttosto libera ed esente da disciplina sarà sempre nell'incertezza, poiché ora non gli andrà una cosa, ora un'altra. Come fanno gli altri monaci, così numerosi, che vivono ben disciplinati dalla regola del convento? Escono di rado e vivono liberi da ogni cosa; mangiano assai poveramente e vestono panni grossolani; lavorano molto e parlano poco; vegliano fino a tarda ora e si alzano per tempo; pregano a lungo, leggono spesso e si comportano strettamente secondo la regola. Guarda i Certosini, i Cistercensi, e i monaci e le monache di altri Ordini, come si alzano tutte le notti per cantare le lodi di Dio. Ora, sarebbe vergognoso che, in una cosa tanto meritoria, tu ti lasciassi prendere dalla pigrizia, mentre un grandissimo numero di monaci comincia i suoi canti di gioia, in unione con Dio. Oh!, se noi non avessimo altro da fare che lodare il Signore, nostro Dio, con tutto il cuore e con tutta la nostra voce. Oh!, se tu non avessi mai bisogno di mangiare, di bere, di dormire; e potessi invece, lodare di continuo il Signore, e occuparti soltanto delle cose dello spirito. Allora saresti più felice di adesso, che sei al servizio del tuo corpo per varie necessità. E volesse il Cielo che non ci fossero, queste necessità, e ci fossero soltanto i pasti spirituali dell'anima, che purtroppo gustiamo ben di rado.  

4. Quando uno sarà giunto a non cercare il proprio conforto in alcuna creatura, allora egli comincerà a gustare perfettamente Dio; allora accetterà di buon grado ogni cosa che possa succedere; allora non si rallegrerà, o rattristerà, per il molto o il poco che possieda. Si rimetterà del tutto e con piena fiducia in Dio: in Dio, che per lui sarà tutto, in ogni circostanza; in Dio, agli occhi del quale nulla muove o va interamente perduto; in Dio, e per il quale ogni cosa vive, servendo senza esitazione al suo comando. Abbi sempre presente che tutto finisce e che il tempo perduto non ritorna. Non giungerai a possedere forza spirituale, se non avrai sollecitudine e diligenza. Se comincerai ad essere spiritualmente malato. Se invece ti darai tutto al fervore, troverai una grande pace, e sentirai più lieve la fatica, per la grazia di Dio e per la forza dell'amore. Tutto può, l'uomo fervido e diligente. Impresa più grande delle sudate fatiche corporali è quella di vincere i vizi e di resistere alle passioni. E colui che non sa evitare le piccole mancanze, cade, a poco a poco, in mancanze maggiori. Sarai sempre felice, la sera, se avrai spesa la giornata fruttuosamente. Vigila su te stesso, scuoti e ammonisci te stesso; checché facciano gli altri, non dimenticare te stesso. Il tuo progresso spirituale sarà pari alla violenza che avrai fatto a te stesso. Amen.


LETTERA 269: Agostino informa il vescovo Nobilio di non potersi recare alla dedicazione d'un nuovo edificio sacro.

Lettere - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca

Scritta probabilmente nell'inverno del 429/430.

Agostino informa il vescovo Nobilio di non potersi recare alla dedicazione d'un nuovo edificio sacro.

AGOSTINO A NOBILIO, BEATISSIMO E VENERATO FRATELLO E COLLEGA DI EPISCOPATO

1. Sì grande è la solennità alla quale cordialmente m'invita la tua Fraternità che il mio debole corpo, sarebbe indotto a venire presso di voi dalla (forza della) volontà, se non mi trattenesse l'infermità. Potrei venire se non fosse inverno; potrei non curarmi dell'inverno, se fossi (ancora) giovane. O infatti il calore dell'età sopporterebbe il rigore della stagione o il freddo proprio dell'età sarebbe mitigato dal calore dell'estate. Attualmente però un viaggio sì lungo d'inverno non posso tollerarlo, con la vecchiaia gelida ch'io porto con me, beatissimo signore, santo e venerato fratello e collega di episcopato. Ti porgo il saluto dovuto ai tuoi meriti, mentre raccomando la mia salute alle tue preghiere e io stesso chiedo al Signore che la dedicazione d'una sì magnifica costruzione, sia accompagnata poi dalla prosperità che apporta la pace.


La lettera da Roma del 1884

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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In questa lettera, molto nota nell'ambiente salesiano, Don Bosco racconta un suo sogno in due puntate, fatto in due notti consecutive. L'argomento è l'Oratorio di Valdocco popolato di ragazzi e il suo clima educativo: anzitutto il clima felice dei primissimi tempi dell'Oratorio, poi quello così cambiato del 1884. Data l'importanza pedagogica del sogno, ne pubblichiamo il testo integrale. Le poche omissioni sono segnate da puntini tra parentesi quadre. I sottotitoli sono nostri.

Roma, 10 maggio 1884

 Miei carissimi figliuoli in G.C.,

vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell'eternità. Questo pensiero, questo desiderio mi risolsero a scrivervi questa lettera. Sento, o cari miei, il peso della mia lontananza da voi, e il non vedervi e il non sentirvi mi cagiona pena, quale voi non potete immaginare. Perciò io avrei desiderato scrivere queste righe una settimana fa, ma le continue occupazioni me lo impedirono. Tuttavia benché pochi giorni manchino al mio ritorno, voglio anticipare la mia venuta tra voi almeno per lettera, non potendolo di persona. Sono le parole di chi vi ama teneramente in G.C. e ha il dovere di parlarvi con la libertà di un padre. E voi me lo permettete, non è vero? E mi presterete attenzione e metterete in pratica ciò che sto per dirvi.

 

L'Oratorio prima del 1870

Ho affermato che voi siete l'unico e il continuo pensiero della mia mente. Or dunque in una delle sere scorse io mi ero ritirato in camera, e mentre mi disponevo per andare a riposo, avevo cominciato a recitare le preghiere che mi insegnò la mia buona mamma. In quel momento, non so bene se preso dal sonno o tratto fuori di me da una distrazione, mi parve che mi si presentassero innanzi due degli antichi giovani dell'Oratorio. Uno di questi due mi si avvicinò e, salutandomi affettuosamente, mi disse:

- O Don Bosco, mi conosce?

- Sì che ti conosco - risposi.

- E si ricorda ancora di me? - soggiunse quell'uomo.

- Di te e di tutti gli altri. Tu sei Valfré ed eri nell'Oratorio prima del 1870.

- Dica - continuò quell'uomo -, vuol vedere i giovani che erano all'Oratorio ai miei tempi?

- Sì, fammeli vedere - io risposi -; ciò mi cagionerà molto piacere.

Allora Valfré mi mostrò i giovani, tutti con le stesse sembianze e con la statura e nell'età di quel tempo.

Mi pareva di essere nell'antico Oratorio nell'ora della ricreazione. Era una scena tutta vita, tutto moto, tutta allegria. Chi correva, chi saltava, chi faceva giocare. Qui si gioca alla rana, là a barrarotta e al pallone. In un luogo era radunato un crocchio di giovani che pendeva dal labbro di un prete, il quale narrava una storiella. In un altro luogo un chierico, che in mezzo ad altri giovanetti giocava all'asino vola e ai mestieri. Si cantava, si rideva da tutte le parti e dovunque chierici e preti, e intorno ad essi i giovani che schiamazzavano allegramente. Si vedeva che tra i giovani e i superiori regnava la più grande cordialità e confidenza. lo ero incantato a quello spettacolo e Valfré mi disse:

- Veda, la familiarità porta affetto e l'affetto porta confidenza. È ciò che apre i cuori, e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli assistenti e ai superiori. Diventano schietti in confessione e fuori di confessione e si prestano docili a tutto ciò che vuoI comandare colui dal quale sono certi di essere amati.

L'Oratorio nel 1884

In quell'istante mi si avvicinò l'altro mio antico allievo, che aveva

la barba tutta bianca, e mi disse:

- Don Bosco, adesso vuoI conoscere e vedere i giovani che attualmente sono nell'Oratorio?

Costui era Buzzetti Giuseppe.

- Sì - risposi io -, perché è già un mese che non li vedo.

E me li additò: vidi l'Oratorio e tutti voi che facevate ricreazione. Ma non udivo più grida di gioia e cantici, non vedevo più quel moto, quella vita come nella prima scena. Negli atti e nel viso di molti giovani si leggeva una noia, una spossatezza, una musoneria, una diffidenza che faceva pena al mio cuore. [...]

- Ha visto i suoi giovani? - mi disse quell'antico allievo. - Li vedo - risposi sospirando.

- Quanto sono differenti da quello che eravamo noi una volta! - esclamò quell'antico allievo.

- Purtroppo! Quanta svogliatezza in quella ricreazione! [...]

Ci manca il meglio

- Ma come si possono rianimare questi miei cari giovani, affinché riprendano l'antica vivacità, allegrezza ed espansione? - Con la carità.

- Con la carità? Ma i miei giovani non sono amati abbastanza? Tu lo sai se io li amo. Tu sai quanto per essi ho sofferto e tollerato nel corso di ben 40 anni, e quanto tollero e soffro ancora adesso. Quanti stenti, quante umiliazioni, quante opposizioni, quante persecuzioni per dare a essi pane, casa, maestri e specialmente per procurare la salute alle loro anime. Ho fatto quanto ho potuto e saputo per coloro che formano l'affetto di tutta la mia vita. - Non parlo di lei.

- Di chi dunque? Di coloro che fanno le mie veci? Dei direttori, prefetti, maestri, assistenti? Non vedi come sono martiri dello studio e del lavoro? Come consumano i loro anni giovanili per coloro che ad essi affidò la Divina Provvidenza ?

- Vedo, conosco; ma ciò non basta: ci manca il meglio. - Che cosa manca adunque?

- Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati.

- Ma non hanno gli occhi in fronte? Non hanno il lume dell'intelligenza? Non vedono che quanto si fa per essi è tutto per loro amore?

- No, lo ripeto, ciò non basta.

- Che cosa ci vuole adunque?

- Che essendo amati in quelle cose che loro piacciono col partecipare alle loro inclinazioni infantili, imparino a vedere l'amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco, quali sono la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi; e queste cose imparino a fare con slancio e amore.

  Il Salesiano « anima della ricreazione»

- Spiegati meglio!

- Osservi i giovani in ricreazione.

Osservai e quindi replicai:

- E che cosa c'è di speciale da vedere?

- Sono tanti anni che va educando giovani e non capisce? Guardi meglio. Dove sono i nostri Salesiani?

Osservai e vidi che ben pochi preti e chierici si mescolavano tra i giovani, e ancor più pochi prendevano parte ai loro divertimenti. I superiori non erano più l'anima della ricreazione. La maggior parte di essi passeggiavano parlando tra loro, senza badare che cosa facessero gli allievi; altri guardavano la ricreazione non dandosi nessun pensiero dei giovani; altri sorvegliavano così alla lontana senza avvertire chi commettesse qualche mancanza; qualcuno poi avvertiva, ma in atto minaccioso, e ciò raramente. Vi era qualche Salesiano che avrebbe desiderato di intromettersi in qualche gruppo di giovani, ma vidi che questi giovani cercavano studiosamente di allontanarsi dai maestri e dai superiori. Allora quell'amico ripigliò: .

- Negli antichi tempi dell'Oratorio lei non stava sempre in mezzo ai giovani e specialmente in tempo di ricreazione? Si ricorda quei begli anni? Era un tripudio di paradiso, un'epoca che ricordiamo sempre con amore, perché l'affetto era quello che ci serviva di regola, e noi per lei non avevamo segreti.

- Certamente! E allora tutto era gioia per me, e nei giovani uno slancio per avvicinarsi a me, per volermi parlare, e una viva ansia di udire i miei consigli e di metterli in pratica. Ora però vedi come le udienze continue e gli affari moltiplicati e la mia sanità me lo impediscono.

- Va bene. Ma se lei non può, perché i Salesiani non si fanno suoi imitatori? Perché non insiste, non esige che trattino i giovani come li trattava lei?

- lo parlo, mi spolmono, ma purtroppo molti non si sentono più di fare le fatiche di una volta.

- E quindi trascurando il meno, perdono il più; e questo più sono le loro fatiche. Amino ciò che piace ai giovani e i giovani ameranno ciò che piace ai superiori. E a questo modo sarà facile la loro fatica. La causa del presente cambiamento nell'Oratorio è che un numero di giovani non ha confidenza nei superiori. Anticamente i cuori erano tutti aperti ai superiori, che i giovani amavano e obbedivano prontamente. Ma ora i superiori sono considerati come superiori, e non più come padri, fratelli e amici; quindi sono temuti e poco amati; perciò se si vuol fare un cuor solo e un'anima sola, per amore di Gesù bisogna che si rompa quella fatale barriera della diffidenza e sottentri a questa la confidenza cordiale. Quindi l'obbedienza guidi l'allievo come la madre guida il fanciullino; allora regnerà nell'Oratorio la pace e l'allegrezza antica.

- Come dunque fare per rompere questa barriera?

- Familiarità con i giovani specie in ricreazione. Senza familiarità non si dimostra l'affetto, e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo con i piccoli e portò la nostra infermità. Ecco il Maestro della familiarità. Il maestro visto solo in cattedra è maestro e non più, ma se va in ricreazione con i giovani, diventa come fratello.

Se uno è visto solo predicare dal pulpito, si dirà che fa né più né meno che il proprio dovere; ma se dice una parola in ricreazione, è la parola di uno che ama. Quante conversioni non cagionarono alcune sue parole fatte risonare all'improvviso all'orecchio di un giovane nel mentre che si divertiva!

Amorevolezza e sorveglianza

Chi sa di essere amato, ama; e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani. Questa confidenza mette una corrente elettrica tra i giovani e i superiori. I cuori si aprono e fanno conoscere i

loro bisogni e palesano i loro difetti. Questo amore fa sopportare ai superiori le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi, le mancanze, le negligenze dei giovanetti. Gesù Cristo non spezzò la canna già fessa né spense il lucignolo che fumigava. Ecco il vostro modello. Allora non si vedrà più chi lavorerà per fini di vanagloria; chi si ritirerà dal campo della sorveglianza per gelosia di una temuta preponderanza altrui; chi mormorerà degli altri volendo essere amato e stimato dai giovani, esclusi tutti gli altri superiori, guadagnando null'altro che disprezzo e ipocrite moine; chi si lasci rubare il cuore da una creatura, e per fare la corte a questa trascuri tutti gli altri giovanetti; chi per amore dei propri comodi tenga in non cale il dovere strettissimo della sorveglianza; chi per un vano rispetto umano si astenga dall'ammonire chi deve essere ammonito. Se ci sarà questo vero amore, non si cercherà altro che la gloria di Dio e la salute delle anime. Quando illanguidisce questo amore, allora è che le cose non vanno più bene.

Perché si vuole sostituire alla carità la freddezza di un regolamento? Perché i superiori si allontanano dall'osservanza di quelle regole di educazione che Don Bosco ha loro dettate?

Perché al sistema di prevenire con la vigilanza e l'amorevolezza i disordini, si va sostituendo a poco a poco il sistema, meno pesante e più spiccio per chi comanda, di bandir leggi che se si sostengono con i castighi, accendono odii e fruttano dispiaceri; se si trascura di farle osservare, fruttano disprezzo per i superiori a causa di disordini gravissimi?

L'educatore sia tutto a tutti

E ciò accade necessariamente se manca la familiarità. Se adunque si vuole che l'Oratorio ritorni all'antica felicità, si rimetta in vigore l'antico sistema: il superiore sia tutto a tutti, pronto ad ascoltare sempre ogni dubbio o lamentanza dei giovani, tutto occhio per sorvegliare paternamente la loro condotta, tutto cuore per cercare il bene spirituale e temporale di coloro che la Provvidenza gli ha affidato.

Allora i cuori non saranno più chiusi e non regneranno più certi segretumi che uccidono. Solo in caso di immoralità i superiori siano inesorabili. È meglio correre pericolo di scacciare dalla casa un innocente, che ritenere uno scandaloso. Gli assistenti si facciano uno strettissimo dovere di coscienza di riferire ai superiori tutte quelle cose che conoscano essere in qualunque modo offesa di Dio.

Allora io interrogai:

- E qual è il mezzo precipuo perché trionfi simile familiarità e simile amore e confidenza?

- L'osservanza esatta delle regole della casa.

- E null'altro?

- Il piatto migliore in un pranzo è quello della buona cera.

[Il dispiacere di quanto va considerando procura a Don Bosco tanta oppressione che si sveglia tutto spossato. Ma la sera seguente, appena a letto, il sogno interrotto riprende].

Avevo dinanzi il cortile, i giovani che ora sono all'Oratorio, e lo stesso antico allievo dell'Oratorio. lo presi a interrogarlo.

- Ciò che mi dicesti io lo farò sapere ai miei Salesiani; ma ai giovani dell'Oratorio che cosa debbo dire?

Mi rispose:

- Che essi riconoscano quanto i superiori, i maestri, gli assistenti fatichino e studino per loro amore, poiché se non fosse per loro bene non si assoggetterebbero a tanti sacrifici; che si ricordino essere l'umiltà la fonte di ogni tranquillità; che sappiano sopportare i difetti degli altri, poiché al mondo non si trova la perfezione, ma questa è solo in paradiso; che cessino dalle mormorazioni, poiché queste raffreddano i cuori; e soprattutto procurino di vivere nella santa grazia di Dio. Chi non ha pace con Dio, non ha pace con sé, e non ha pace con gli altri.

- E tu mi dici adunque che vi sono fra i miei giovani di quelli che non hanno la pace con Dio?

- Questa è la prima causa del malumore; [...] se il cuore non ha la pace con Dio, rimane angosciato, inquieto, insofferente di obbedienza, si irrita per nulla, gli sembra che ogni cosa vada male, e perché esso non ha amore, giudica che i superiori non lo amino.

- Eppure, mio caro, non vedi quanta frequenza di Confessioni e di Comunioni vi è nell'Oratorio?

- È vero che grande è la frequenza delle Confessioni, ma ciò che manca radicalmente in tanti giovani che si confessano è la stabilità nei proponimenti. Si confessano, ma sempre le stesse mancanze, le stesse occasioni prossime, le stesse abitudini cattive, le stesse disobbedienze, le stesse trascuranze nei doveri. Così si va avanti per mesi e mesi, e anche per anni. [...]

Sono confessioni che valgono poco o nulla, quindi non recano pace, e se un giovi netto fosse chiamato in quello stato al tribunale di Dio, sarebbe un affare ben serio.[... ]

[Qui Don Bosco dice di aver visto di alcuni cose che lo hanno amareggiato, e si propone di avvisarli al suo ritorno da Roma. Intanto esorta tutti alla santità].

Qui vi dirò che è tempo di pregare e di prendere ferme risoluzioni; proporre non con le parole ma con i fatti, e far credere che i Comollo, i Domenico Savio, i Besucco e i Siccardi vivono ancora tra noi.

In ultimo domandai a quel mio amico: - Hai null'altro da dirmi?

- Predichi a tutti, grandi e piccoli, che si ricordino sempre di Maria SS. Ausiliatrice. Che Essa li ha qui radunati per condurli via dai pericoli del mondo, perché si amassero come fratelli, e perché dessero gloria a Dio e a Lei con la loro buona condotta; che è la Madonna quella che provvede loro pane e mezzi per studiare con infinite grazie e portenti. Si ricordino che sono alla vigilia della festa della loro SS. Madre e che con l'aiuto suo deve cadere quella barriera di diffidenza che il demonio ha saputo innalzare tra i giovani e i superiori, e della quale sa giovarsi per la rovina di certe anime.

- E ci riusciremo a togliere questa barriera?

- Sì certamente, purché grandi e piccoli siano pronti a soffrire qualche mortificazione per amore di Maria e mettano in pratica ciò che io ho detto.

Intanto io continuavo a guardare i miei giovanetti, e allo spettacolo di quelli che io vedevo avviati verso l'eterna perdizione, sentii tale stretta al cuore che mi svegliai. Molte cose importantissime che io vidi desidererei ancora narrarvi, ma il tempo e le convenienze non me lo permettono.

Ritornino i giorni dell'affetto e della confidenza

Concludo: sapete che cosa desidera da voi questo povero vecchio, che per i suoi cari giovani ha consumato tutta la vita? Niente altro fuorché, fatte le debite proporzioni, ritornino i giorni felici dell'Oratorio primitivo. I giorni dell'affetto e della confidenza cristiana tra i giovani e i superiori; i giorni dello spirito di condiscendenza e di sopportazione, per amore di G. Cr. degli uni verso gli altri; i giorni dei cuori aperti con tutta semplicità e candore; i giorni della carità e della vera allegrezza per tutti. Ho bisogno che mi consoliate dandomi la speranza e la promessa che voi farete tutto ciò che desidero per il bene delle anime vostre.

Voi non conoscete abbastanza quale fortuna sia la vostra di essere stati ricoverati nell'Oratorio. Innanzi a Dio vi protesto: basta che un giovane entri in una casa salesiana, perché la Vergine SS. lo prenda subito sotto la sua protezione speciale. Mettiamoci adunque tutti d'accordo. La carità di quelli che comandano, la carità di quelli che debbono ubbidire faccia regnare tra di noi lo spirito di San Francesco di Sales.

O miei cari figliuoli, si avvicina il tempo nel quale dovrò staccarmi da voi e partire per la mia eternità. [Nota del segretario: A questo punto Don Bosco sospese di dettare, i suoi occhi si riempirono di lacrime, non per rincrescimento ma per ineffabile tenerezza che trapelava dal suo sguardo e dal suono della sua voce: dopo qualche istante continuò]. Quindi io bramo di lasciare voi, o preti, o chierici, o giovani carissimi, per quella via del Signore nella quale Egli stesso vi desidera.

A questo fine il Santo Padre, che io ho visto il9 maggio, vi manda di tutto cuore la sua benedizione. Il giorno della festa di Maria Ausiliatrice mi troverò con voi innanzi all'effigie della nostra amorosissima Madre.

Voglio che questa gran festa si celebri con ogni solennità; e Don Lazzero e Don Marchisio pensino a far sì che stiate allegri anche in refettorio. La festa di Maria Ausiliatrice deve essere il preludio della festa eterna che dobbiamo celebrare tutti insieme uniti un giorno in Paradiso.

Vostro aff.mo in G.C.

Sac. Giov. Bosco

« Questo scritto è un tesoro, che con il trattatello sul sistema preventivo e con il Regolamento delle case forma la trilogia pedagogica lasciata da Don Bosco ai suoi figli. Pedagogia umile e alta che, dove sia bene intesa e bene attuata, può fare degli istituti di educazione soggiorni di letizia, asili d'innocenza, focolai di virtù, palestre di studio, vivai insomma di ottimi cristiani, di bravi cittadini e di degni ecclesiastici. Ma è d'uopo di buona volontà e di sacrificio» (Eugenio Ceria ).


Settembre 1941

Beata Edvige Carboni

Mi comprai un quadro delle Vergine dell'Ausilio. Mentre la portavo in mano, la Vergine si animò, e mi disse: Portami da Vitalia.

Voglio andare dai parenti di Vitalia che son cattivi, che non mi amano; ed io mi voglio in casa loro, per prendere possesso in quella famiglia che sta andando in rovina.

Portami subito.