Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 16° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 18
1In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?".2Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:3"In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.4Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
5E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
6Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
8Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.9E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
10Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.11È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto.
12Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?13Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.14Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.
15Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;16se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché 'ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni'.17Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.18In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
19In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?".22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
23A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.24Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.25Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.26Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.27Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.28Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!29Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.30Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.33Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?34E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.35Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello".
Giosuè 13
1Quando Giosuè fu vecchio e avanti negli anni, il Signore gli disse: "Tu sei diventato vecchio, avanti negli anni e rimane molto territorio da occupare.2Questo è il paese rimasto: tutti i distretti dei Filistei e tutto il territorio dei Ghesuriti,3dal Sicor, che è sulla frontiera dell'Egitto, fino al territorio di Ekron, al nord, che è ritenuto cananeo, i cinque principati dei Filistei: quello di Gaza, di Asdod, di Ascalon, di Gat e di Ekron; gli Avviti4al mezzogiorno; tutto il paese dei Cananei, da Ara che è di quelli di Sidòne, fino ad Afek, sino al confine degli Amorrei;5il paese di quelli di Biblos e tutto il Libano ad oriente, da Baal-Gad sotto il monte Ermon fino all'ingresso di Amat.6Tutti gli abitanti delle montagne dal Libano a Misrefot-Maim, tutti quelli di Sidòne, io li scaccerò davanti agli Israeliti. Però tu assegna questo paese in possesso agli Israeliti, come ti ho comandato.7Ora dividi questo paese a sorte alle nove tribù e a metà della tribù di Manàsse".
8Insieme con l'altra metà di Manàsse, i Rubeniti e i Gaditi avevano ricevuto la loro parte di eredità, che Mosè aveva data loro oltre il Giordano, ad oriente, come aveva concesso loro Mosè, servo del Signore.9Da Aroer, che è sulla riva del fiume Arnon, e dalla città, che è in mezzo alla valle, tutta la pianura di Madaba fino a Dibon;10tutte le città di Sicon, re degli Amorrei, che regnava in Chesbon, sino al confine degli Ammoniti.11Inoltre Gàlaad, il territorio dei Ghesuriti e dei Maacatiti, tutte le montagne dell'Ermon e tutto Basan fino a Salca;12tutto il regno di Og, in Basan, il quale aveva regnato in Astarot e in Edrei ed era l'ultimo superstite dei Refaim, Mosè li aveva debellati e spodestati.13Però gli Israeliti non avevano scacciato i Ghesuriti e i Maacatiti; così Ghesur e Maaca abitano in mezzo ad Israele fino ad oggi.14Soltanto alla tribù di Levi non aveva assegnato eredità: i sacrifici consumati dal fuoco per il Signore, Dio di Israele, sono la sua eredità, secondo quanto gli aveva detto il Signore.
15Mosè aveva dato alla tribù dei figli di Ruben una parte secondo le loro famiglie16ed essi ebbero il territorio da Aroer, che è sulla riva del fiume Arnon, e la città che è a metà della valle e tutta la pianura presso Madaba;17Chesbon e tutte le sue città che sono nella pianura, Dibon, Bamot-Baal, Bet-Baal-Meon,18Iaaz, Kedemot, Mefaat,19Kiriataim, Sibma e Zeret-Sacar sulle montagne che dominano la valle;20Bet-Peor, i declivi del Pisga, Bet-Iesimot,21tutte le città della pianura, tutto il regno di Sicon, re degli Amorrei, che aveva regnato in Chesbon e che Mosè aveva sconfitto insieme con i capi dei Madianiti, Evi, Rekem, Zur, Cur e Reba, vassalli di Sicon, che abitavano nella regione.22Quanto a Balaam, figlio di Beor, l'indovino, gli Israeliti lo uccisero di spada insieme a quelli che avevano trafitto.23Il confine per i figli di Ruben fu dunque il Giordano e il territorio limitrofo. Questa fu l'eredità dei figli di Ruben secondo le loro famiglie: le città con i loro villaggi.
24Mosè poi aveva dato una parte alla tribù di Gad, ai figli di Gad secondo le loro famiglie25ed essi ebbero il territorio di Iazer e tutte le città di Gàlaad e metà del paese degli Ammoniti fino ad Aroer, che è di fronte a Rabba,26e da Chesbon fino a Ramat-Mizpe e Betonim e da Macanaim fino al territorio di Lodebar;27nella valle: Bet-Aram e Bet-Nimra, Succot e Zafon, il resto del regno di Sicon, re di Chesbon. Il Giordano era il confine sino all'estremità del mare di Genèsaret oltre il Giordano, ad oriente.28Questa è l'eredità dei figli di Gad secondo le loro famiglie: le città con i loro villaggi.
29Mosè aveva dato una parte a metà della tribù dei figli di Manàsse, secondo le loro famiglie30ed essi ebbero il territorio da Macanaim, tutto il Basan, tutto il regno di Og, re di Basan, e tutti gli attendamenti di Iair, che sono in Basan: sessanta città.31La metà di Gàlaad, Astarot e Edrei, città del regno di Og in Basan furono dati ai figli di Machir, figlio di Manàsse, anzi alla metà dei figli di Machir, secondo le loro famiglie.
32Questo distribuì Mosè nelle steppe di Moab, oltre il Giordano di Gèrico, ad oriente.33Alla tribù di Levi però Mosè non aveva assegnato alcuna eredità: il Signore, Dio di Israele, è la loro eredità, come aveva loro detto.
Salmi 107
1Alleluia.
Celebrate il Signore perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Lo dicano i riscattati del Signore,
che egli liberò dalla mano del nemico
3e radunò da tutti i paesi,
dall'oriente e dall'occidente,
dal settentrione e dal mezzogiorno.
4Vagavano nel deserto, nella steppa,
non trovavano il cammino per una città dove abitare.
5Erano affamati e assetati,
veniva meno la loro vita.
6Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
7Li condusse sulla via retta,
perché camminassero verso una città dove abitare.
8Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
9poiché saziò il desiderio dell'assetato,
e l'affamato ricolmò di beni.
10Abitavano nelle tenebre e nell'ombra di morte,
prigionieri della miseria e dei ceppi,
11perché si erano ribellati alla parola di Dio
e avevano disprezzato il disegno dell'Altissimo.
12Egli piegò il loro cuore sotto le sventure;
cadevano e nessuno li aiutava.
13Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
14Li fece uscire dalle tenebre e dall'ombra di morte
e spezzò le loro catene.
15Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
16perché ha infranto le porte di bronzo
e ha spezzato le barre di ferro.
17Stolti per la loro iniqua condotta,
soffrivano per i loro misfatti;
18rifiutavano ogni nutrimento
e già toccavano le soglie della morte.
19Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
20Mandò la sua parola e li fece guarire,
li salvò dalla distruzione.
21Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
22Offrano a lui sacrifici di lode,
narrino con giubilo le sue opere.
23Coloro che solcavano il mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
24videro le opere del Signore,
i suoi prodigi nel mare profondo.
25Egli parlò e fece levare
un vento burrascoso che sollevò i suoi flutti.
26Salivano fino al cielo,
scendevano negli abissi;
la loro anima languiva nell'affanno.
27Ondeggiavano e barcollavano come ubriachi,
tutta la loro perizia era svanita.
28Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
29Ridusse la tempesta alla calma,
tacquero i flutti del mare.
30Si rallegrarono nel vedere la bonaccia
ed egli li condusse al porto sospirato.
31Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
32Lo esaltino nell'assemblea del popolo,
lo lodino nel consesso degli anziani.
33Ridusse i fiumi a deserto,
a luoghi aridi le fonti d'acqua
34e la terra fertile a palude
per la malizia dei suoi abitanti.
35Ma poi cambiò il deserto in lago,
e la terra arida in sorgenti d'acqua.
36Là fece dimorare gli affamati
ed essi fondarono una città dove abitare.
37Seminarono campi e piantarono vigne,
e ne raccolsero frutti abbondanti.
38Li benedisse e si moltiplicarono,
non lasciò diminuire il loro bestiame.
39Ma poi, ridotti a pochi, furono abbattuti,
perché oppressi dalle sventure e dal dolore.
40Colui che getta il disprezzo sui potenti,
li fece vagare in un deserto senza strade.
41Ma risollevò il povero dalla miseria
e rese le famiglie numerose come greggi.
42Vedono i giusti e ne gioiscono
e ogni iniquo chiude la sua bocca.
43Chi è saggio osservi queste cose
e comprenderà la bontà del Signore.
Salmi 42
1'Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core.'
2Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
3L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
4Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: "Dov'è il tuo Dio?".
5Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.
6Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
7In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
8Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
9Di giorno il Signore mi dona la sua grazia
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
10Dirò a Dio, mia difesa:
"Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?".
11Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: "Dov'è il tuo Dio?".
12Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
Isaia 33
1Guai a te, che devasti e non sei stato devastato,
che saccheggi e non sei stato saccheggiato:
sarai devastato, quando avrai finito di devastare,
ti saccheggeranno, quando avrai finito di saccheggiare.
2Signore, pietà di noi, in te speriamo;
sii il nostro braccio ogni mattina,
nostra salvezza nel tempo dell'angoscia.
3Al rumore della tua minaccia fuggono i popoli,
quando ti levi si disperdono le nazioni.
4Si ammucchia la preda come si ammucchiano le cavallette
vi si precipita sopra come vi si precipitano le locuste.
5Eccelso è il Signore poiché dimora lassù;
egli riempie Sion di diritto e di giustizia.
6C'è sicurezza nelle sue leggi,
ricchezze salutari sono sapienza e scienza;
il timore di Dio è il suo tesoro.
7Ecco gli araldi gridano di fuori,
i messaggeri di pace piangono amaramente.
8Sono deserte le strade,
non c'è chi passi per la via.
Egli ha violato l'alleanza,
ha respinto i testimoni,
non si è curato di alcuno.
9La terra è in lutto e piena di squallore,
si scolora il Libano e intristisce;
la pianura di Saron è simile a una steppa,
brulli sono il Basan e il Carmelo.
10"Ora mi alzerò", dice il Signore,
"ora mi innalzerò, ora mi esalterò.
11Avete concepito fieno, partorirete paglia;
il mio soffio vi divorerà come fuoco.
12I popoli saranno fornaci per calce,
spini tagliati da bruciare nel fuoco.
13Sentiranno i lontani quanto ho fatto,
sapranno i vicini qual è la mia forza".
14Hanno paura in Sion i peccatori,
lo spavento si è impadronito degli empi.
"Chi di noi può abitare presso un fuoco divorante?
Chi di noi può abitare tra fiamme perenni?".
15Chi cammina nella giustizia e parla con lealtà,
chi rigetta un guadagno frutto di angherie,
scuote le mani per non accettare regali,
si tura gli orecchi per non udire fatti di sangue
e chiude gli occhi per non vedere il male:
16costui abiterà in alto,
fortezze sulle rocce saranno il suo rifugio,
gli sarà dato il pane, avrà l'acqua assicurata.
17I tuoi occhi vedranno un re nel suo splendore,
contempleranno un paese sconfinato.
18Il tuo cuore si chiederà nei suoi terrori:
"Dov'è colui che registra?
Dov'è colui che pesa il denaro?
Dov'è colui che ispeziona le torri?".
19Non vedrai più quel popolo straniero,
popolo dal linguaggio oscuro, incomprensibile,
dalla lingua barbara che non si capisce.
20Guarda Sion,
la città delle nostre feste!
I tuoi occhi vedranno Gerusalemme,
dimora tranquilla, tenda che non sarà più rimossa,
i suoi paletti non saranno divelti,
nessuna delle sue cordicelle sarà strappata.
21Poiché se là c'è un potente,
noi abbiamo il Signore,
al posto di fiumi e larghi canali;
non ci passerà nave a remi
né l'attraverserà naviglio più grosso.
22Poiché il Signore è nostro giudice,
il Signore è nostro legislatore,
il Signore è nostro re;
egli ci salverà.
23a Sono allentate le sue corde,
23b non tengono più l'albero diritto,
23c non spiegano più le vele.
23d Allora anche i ciechi divideranno una preda enorme
23e gli zoppi faranno un ricco bottino.
24Nessuno degli abitanti dirà:
"Io sono malato";
il popolo che vi dimora
è stato assolto dalle sue colpe.
Lettera agli Ebrei 1
1Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente,2in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo.3Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli,4ed è diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato.
5Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto:
'Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato?'
E ancora:
'Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio?'
6E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice:
'Lo adorino tutti gli angeli di Dio'.
7Mentre degli angeli dice:
'Egli fa i suoi angeli pari ai venti,
e i suoi ministri come fiamma di fuoco',
8del Figlio invece afferma:
'Il tuo trono, Dio, sta in eterno'
e:
'Scettro giusto è lo scettro del tuo regno;'
9'hai amato la giustizia e odiato l'iniquità,
perciò ti unse Dio, il tuo Dio,
con olio di esultanza più dei tuoi compagni'.
10E ancora:
'Tu, Signore, da principio hai fondato la terra
e opera delle tue mani sono i cieli'.
11'Essi periranno, ma tu rimani;
invecchieranno tutti come un vestito'.
12'Come un mantello li avvolgerai,'
come un abito 'e saranno cambiati;
ma tu rimani lo stesso, e gli anni tuoi non avranno fine'.
13A quale degli angeli poi ha mai detto:
'Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi
piedi?'
14Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?
Capitolo VII: guardarsi dalle vane speranze e fuggire la superbia
Leggilo nella BibliotecaChi mette la sua fiducia negli uomini e nelle altre creature è un insensato. Non ti rincresca di star sottoposto ad altri, per amore di Gesù Cristo, e di sembrare un poveretto, in questo mondo. Non appoggiarti alle tue forze, ma salda la tua speranza in Dio: se farai tutto quanto sta in te, Iddio aderirà al tuo buon volere. Non confidare nel sapere tuo o nella capacità di un uomo purchessia, ma piuttosto nella grazia di Dio, che sostiene gli umili e atterra i presuntuosi. Non vantarti delle ricchezze, se ne hai, e neppure delle potenti amicizie; il tuo vanto sia in Dio, che concede ogni cosa, ed ama dare se stesso, sopra ogni cosa. Non gonfiarti per la prestanza e la bellezza del tuo corpo; alla minima malattia esse si guastano e si deturpano. Non compiacerti di te stesso, a causa della tua abilità e della tua intelligenza, affinché tu non spiaccia a Dio, a cui appartiene tutto ciò che di buono hai sortito dalla natura. Non crederti migliore di altri, affinché, per avventura, tu non sia ritenuto peggiore dinanzi a Dio, che ben conosce quello che c'è in ogni uomo (cfr. Gv 2,25). Non insuperbire per le tue opere buone, perché il giudizio degli uomini è diverso da quello di Dio, cui spesso non piace ciò che piace agli uomini. Anche se hai qualcosa di buono, pensa che altri abbia di meglio, cosicché tu mantenga l'umiltà. Nulla di male se ti metti al di sotto di tutti gli altri; molto male è invece se tu ti metti al di sopra di una sola persona. Nell'umile è pace indefettibile; nel cuore del superbo sono, invece, continua smania e inquietudine.
DISCORSO 77 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI MT 15, 21-28: "GESÙ USCITO DA GENEZARET, RIPARÒ DALLE PARTI DI TIRO E SIDONE, ED ECCO UNA DONNA CANANEA" ECC.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa donna cananea esempio d'umiltà.
1. 1. Questa donna cananea di cui il brano del Vangelo letto poc'anzi fa un grande elogio, ci offre un esempio d'umiltà e una condotta ispirata alla fede e ci mostra come innalzarci dall'umiltà fino al cielo. Essa però, com'è chiaro, non apparteneva al popolo d'Israele, al quale appartenevano i Patriarchi, i Profeti, i parenti di nostro Signore Gesù Cristo e la stessa Vergine Maria, madre di Cristo. Questa donna non era di questo popolo, ma era pagana. Il Signore infatti, come abbiamo sentito, s'era ritirato nella regione di Tiro e Sidone. La donna cananea era venuta di lì e con insistenza petulante implorava la grazia della guarigione per la figlia ch'era crudelmente straziata dal demonio 1. Tiro e Sidone erano città dei pagani e non del popolo d'Israele, anche se vicine a quel popolo. La cananea dunque, bramosa di ottenere la grazia, gridava e picchiava con forza alla porta, ma Cristo si mostrava indifferente verso di lei, non per rifiutarle la misericordia, ma per infiammarne il desiderio; e non solo perché fosse più ardente il suo desiderio, ma - come ho detto prima - fosse messa in risalto la sua umiltà. Gridava come se il Signore non la sentisse, mentre invece egli disponeva in silenzio ciò che aveva intenzione di fare. I discepoli pregarono per lei il Signore e dissero: Mandala a casa perché ci vien dietro e continua a gridare 2. Ma egli rispose: Io sono stato mandato solo alle pecore sperdute del popolo d'Israele 3.
In che senso Cristo fu inviato solo agli israeliti.
2. 2. A questo punto sorge un problema a proposito di queste parole. In qual modo noi siamo venuti all'ovile di Cristo dai pagani, s'egli è stato mandato solo alle pecore sperdute del popolo d'Israele? Che significa il piano provvidenziale di questo mistero tanto profondo? Perché mai il Signore, pur sapendo lo scopo per cui era venuto, per formarsi senza dubbio la Chiesa tra tutti i popoli, disse d'essere stato inviato solo alle pecore sperdute del popolo d'Israele? Noi comprendiamo dunque ch'egli doveva mostrarsi presente col suo corpo tra quel popolo, nascere, compiere i miracoli e risorgere per proprio potere; comprendiamo che così era stato disposto, così era stato dichiarato fin dall'inizio, così era stato predetto, così era stato compiuto; poiché il Cristo doveva venire in mezzo al popolo dei giudei per essere visto, essere ucciso allo scopo di riconciliare in tal modo con Dio coloro ch'erano l'oggetto della sua prescienza. Quel popolo infatti non fu condannato ma passato al vaglio. In mezzo ad esso c'era una gran quantità di paglia, ma anche una certa quantità di buon grano nascosto; vi era ciò che doveva essere bruciato ma anche ciò di cui si sarebbe riempito il granaio. Da dove vennero gli Apostoli se non da quel popolo? Donde Pietro? Donde tutti gli altri fedeli?.
Saulo mutato in Paolo.
2. 3. Donde proveniva lo stesso Paolo, dapprima Saulo, cioè prima superbo e poi umile? Poiché quando si chiamava Saulo, il suo nome derivava da Saul. Ora Saul era un re superbo e durante il suo regno perseguitava l'umile Davide 4. Quando dunque era Saulo colui che poi fu Paolo, allora era certamente superbo, persecutore di persone innocenti, uno che cercava di distruggere la Chiesa 5. Egli infatti, infiammato, per così dire, di zelo per la sinagoga e di odio verso la religione cristiana, aveva ricevuto lettere di presentazione dai sacerdoti per deferire [al Sinedrio] tutti i cristiani che avesse trovati e far infliggere loro il supplizio. Cammin facendo, aspirando con tutta l'anima di fare strage, mentre era assetato di sangue, dalla parola di Cristo scesa dal cielo venne abbattuto come persecutore, e fu rialzato come banditore del Vangelo. Si adempì a suo riguardo quanto sta scritto nel Profeta: Sarò io a colpire e sarò io a guarire 6. Dio colpisce ciò che nell'uomo s'innalza contro Dio. Non è cattivo il medico che taglia una tumefazione, che amputa un membro cancrenoso o lo cauterizza. Procura dolore, sì, ma lo procura per far riacquistare la sanità. È molesto, sì, ma se non lo fosse, sarebbe inutile. Cristo dunque atterrò con una sola parola Saulo ma rialzò Paolo; vale a dire abbatté il superbo e innalzò l'umile. Quale fu in effetti il motivo di cambiarsi il nome, per cui mentre prima si chiamava Saulo, dopo volle chiamarsi Paolo, se non perché riconobbe che il nome di Saulo ch'egli aveva quando perseguitava la Chiesa, era un nome di superbia? Preferì quindi chiamarsi con un nome umile come quello di Paolo, cioè "il più piccolo". Paulum (un'inezia) non vuol dire altro che parum, cioè: "cosa di poco conto". Vantandosi ormai di un tal nome e mettendo in risalto l'umiltà: lo - dice - sono il più insignificante degli Apostoli 7. Donde proveniva dunque egli se non dal popolo dei giudei? Da quel popolo provenivano gli altri Apostoli, da esso proveniva Paolo e tutti quei discepoli i quali, come lo stesso Paolo ricorda, videro il Signore dopo la risurrezione. Dice infatti che fu visto da più di cinquecento discepoli riuniti insieme, la maggior parte dei quali è ancora in vita mentre alcuni sono già morti 8.
I giudei si convertirono all'udire Pietro.
2. 4. Appartenevano inoltre a quel popolo anche coloro che ascoltarono il discorso in cui Pietro mise in evidenza la passione, la risurrezione e divinità di Cristo e ciò dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, allorché tutti coloro sui quali era disceso lo Spirito Santo parlarono nella lingua di tutti i popoli; quelli del popolo giudaico i quali stavano ad ascoltarlo, si sentirono come trafitti nel cuore e chiesero consiglio per sapere che cosa dovessero fare per salvarsi; avevano infatti compreso d'essere colpevoli dell'uccisione del Cristo, poiché erano stati proprio essi a crocifiggerlo, ucciderlo, e ora vedevano tanti miracoli compiuti nel nome di Colui ch'essi avevano ucciso e vedevano la presenza dello Spirito Santo.
3. 4. Avendo chiesto dunque che cosa dovessero fare, ebbero questa risposta: Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di nostro Signore Gesù Cristo e riceverete il perdono dei vostri peccati 9. Chi avrebbe perduto la speranza che potessero ricevere il perdono dei peccati, dal momento che ricevevano il perdono coloro ch'erano colpevoli d'aver ucciso Cristo? Si convertirono molti appartenenti allo stesso popolo giudaico; si convertirono e si fecero battezzare. Si accostarono alla mensa del Signore e, divenuti credenti, bevvero il sangue che avevano versato nel loro furore. In qual modo, quanto interamente e perfettamente si fossero convertiti lo indicano gli Atti degli Apostoli. Poiché vendevano tutto ciò che possedevano e i soldi ricavati dalle loro proprietà li mettevano a disposizione degli Apostoli e venivano distribuiti a ciascuno secondo le proprie necessità, e nessuno chiamava alcunché proprietà privata, ma tutto quel che avevano lo mettevano in comune 10. Essi inoltre vivevano unanimi e concordi tesi verso Dio 11. Queste sono le pecore a proposito delle quali diceva: Non sono stato inviato se non alle pecore sperdute del popolo d'Israele 12. A essi egli si mostrò presente e quand'era inchiodato alla croce per essi pregò dicendo: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno 13. Il medico sapeva bene ch'erano dei furiosi e dei forsennati che uccidevano il medico senza sapere quello che facevano, e con l'uccidere il medico si procuravano la medicina. Infatti tutti siamo stati guariti dal Signore ucciso, siamo stati riscattati con il suo sangue, siamo stati liberati dalla fame con il pane di quel corpo. In tal modo Cristo mostrò dunque ai giudei la sua presenza fisica. Dice: Non sono inviato se non alle pecore sperdute del popolo d'Israele, per mostrare loro la sua presenza fisica e non per disprezzare e trascurare le pecore che aveva tra i pagani.
Cristo non era stato inviato ai pagani ma inviò i discepoli.
4. 5. Egli non si recò di persona ai pagani ma inviò loro i discepoli. Allora si adempì quanto aveva predetto il Profeta: Mi servì un popolo che io non conoscevo 14. Vedete quanto è profonda, quanto è evidente, quanto è precisa questa profezia. Mi servì un popolo che io non conoscevo, cioè al quale non mi mostrai presente. In qual modo mi servì? Così, come continua la profezia: Mi ubbidì al solo udirmi 15, cioè credettero senza vedere, ma solo udendo. Per questo motivo i pagani meritano lode maggiore, poiché i giudei videro il Cristo ma lo uccisero; i pagani invece lo udirono soltanto e credettero in lui. Ma per chiamare alla fede e radunare i pagani perché così si adempisse la profezia che abbiamo cantato poco prima: Radunaci da tutte le nazioni, perché possiamo lodare il tuo santo nome e gloriarci nella tua lode 16, fu inviato l'apostolo Paolo. Il minimo tra gli Apostoli, diventato grande non per virtù propria, ma grazie a Colui ch'egli perseguitava, fu inviato ai pagani, da brigante divenuto pastore, da lupo diventato pecora. Il più piccolo degli Apostoli fu inviato ai pagani 17, e molto si affaticò tra i pagani, e per opera sua i pagani abbracciarono la fede, come attestano le sue Lettere.
La figlia del capo-sinagoga e l'emorroissa.
4. 6. Questo fatto si trova prefigurato simbolicamente e in modo assai profondo anche nel Vangelo. Era morta la figlia di un caposinagoga e suo padre pregava il Signore di recarsi da lei; l'aveva lasciata inferma e in grave pericolo. Il Signore stava recandosi a visitare e a guarire l'inferma, ma nel frattempo un tale recò la notizia che quella figliola era morta e disse al padre: La ragazza è morta; non disturbare più il Maestro 18. Ma il Signore, che sapeva di poter risuscitare i morti, non tolse la speranza a chi l'aveva perduta e disse al padre: Non temere, ma abbi soltanto fiducia 19. Proseguì il cammino verso la casa della ragazza; lungo la strada in mezzo alla folla s'introdusse a spintoni, come le fu possibile, una donna che soffriva di perdite di sangue: a causa di quella malattia che l'affliggeva da lungo tempo aveva speso tutto il suo denaro con i medici senza alcun risultato. Appena riuscì a toccare l'orlo del suo mantello rimase guarita. E il Signore: Chi mi ha toccato? 20, chiese. I discepoli, all'oscuro dell'accaduto e vedendo ch'era premuto dalla folla e che s'era preoccupato solo d'una donna che lo aveva toccato leggermente si stupirono e risposero: La folla ti opprime e tu chiedi chi ti ha toccato? Ma Gesù replicò: Qualcuno mi ha toccato 21. Era vero: quelli spingono, questa invece lo ha solo toccato. Molti dunque opprimono molestamente il corpo di Cristo, solo pochi lo toccano salutarmente. Qualcuno - disse - mi ha toccato; poiché mi sono accorto che un'energia è uscita da me. Ma appena quella vide che non era rimasta nascosta, si gettò ai piedi di Gesù e dichiarò davanti a tutti che cos'era avvenuto. Dopo questo fatto Gesù proseguì il cammino verso il luogo ove era diretto e risuscitò la figliola del capo-sinagoga da lui trovata morta 22.
Questi fatti anche se compiuti realmente dal Signore, possono avere un senso figurato.
5. 7. Il fatto fu compiuto veramente così com'è raccontato, ma tuttavia anche le stesse azioni compiute dal Signore avevano un significato simbolico, come se fossero parole, se così può dirsi, visibili e aventi un loro significato. Ciò è chiaro soprattutto nel fatto che andò a vedere se trovava dei frutti in un albero quando non era la stagione e, poiché non ve li trovò, maledisse l'albero e lo fece seccare 23. Se questo fatto non fosse inteso in senso figurato, sarebbe riconosciuto stolto; sarebbe anzitutto sciocco il fatto d'essere andato a vedere se si trovavano frutti su quell'albero, quando non era la stagione di frutti in alcun albero; in secondo luogo, pur ammesso che fosse già la stagione dei frutti, che colpa avrebbe commesso quell'albero di non portare frutti? Ma la cosa aveva un significato simbolico, che cioè egli cercava non solo delle foglie ma anche dei frutti, ossia non solo le parole ma anche le azioni degli uomini; per questo col far seccare l'albero in cui trovò solo delle foglie volle indicare il castigo per coloro che sono capaci di parlare del bene, ma si rifiutano di compierlo. Così dunque è anche per il fatto qui narrato. Si tratta evidentemente d'un fatto simbolico. Colui che prevede ogni cosa dice: Chi mi ha toccato? 24. Il Creatore ha l'aria di non sapere e domanda, proprio lui che non solo sapeva quello che domandava ma sapeva in antecedenza tutte le altre cose. Si tratta certamente di qualcosa d'importante che Cristo vuol dirci mediante un fatto che ha un suo significato simbolico.
Di che cosa erano figure quelle persone.
5. 8. La figlia del capo-sinagoga era simbolo del popolo giudaico per il quale era venuto il Cristo, che disse: Non sono stato inviato se non alle pecore sperdute della casa d'Israele 25. Al contrario la donna che soffriva perdite di sangue era figura simbolica della Chiesa formata dai provenienti dal paganesimo, ai quali Cristo non era stato inviato con la sua presenza fisica. Egli si recava dalla ragazza malata perché voleva salvarla; quella sopraggiunge, tocca l'orlo del mantello di Gesù che sembra non sappia chi lo tocchi, cioè viene guarita come da uno ch'è lontano. Egli chiede: Chi mi ha toccato? 26. Cioè: non conosco questo popolo. Mi servì un popolo che non conoscevo. Qualcuno mi ha toccato, poiché mi sono accorto che un'energia è uscita da me 27, cioè che il Vangelo è stato diffuso in tutto il mondo e lo ha riempito. Viene poi toccato l'orlo ch'è la più piccola ed ultima parte d'un vestito. Fa' conto che la veste di Cristo siano gli Apostoli. In esso Paolo era come l'orlo, cioè l'ultimo e il più piccolo. Infatti affermò di se stesso l'una e l'altra cosa. Io sono il minimo degli Apostoli 28. Infatti era stato chiamato, aveva creduto dopo tutti gli altri ma guarì più anime che tutti gli altri Apostoli. Il Signore non era stato inviato se non alle pecore sperdute della casa d'Israele, ma poiché lo avrebbero servito e gli avrebbero ubbidito, dando ascolto alla predicazione, anche popoli ch'egli non conosceva, non passò sotto silenzio neppure quelli mentre si trovava lì. Poiché il medesimo Signore dice in un passo: Ho anche altre pecore che non sono in questo ovile. Anche quelle devo condurle dentro in modo che vi sia un unico gregge e un solo pastore 29.
La cananea perseverante nella preghiera.
6. 9. Una di tali pecorelle era questa donna; per questo motivo non veniva trascurata ma la sua aspettativa veniva solo ritardata. Non sono stato inviato - dice Cristo - se non alle pecore sperdute della casa d'Israele 30. Ma quella insisteva gridando, continuava a pregare, a bussare, come se già avesse sentito dire: "Domanda e riceverai, cerca e troverai, bussa e la porta ti verrà aperta". Insistette e bussò. Infatti anche il Signore disse: Domandate e riceverete, cercate e troverete, bussate alla porta e vi sarà aperta 31, ma egli prima aveva detto: Non date ai cani ciò ch'è santo e non gettate le vostre perle ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e, rivoltandosi contro di voi, vi sbranino 32; vale a dire: perché, dopo aver disdegnato le vostre perle, non vi siano anche molesti. Non gettate quindi loro ciò che disprezzano.
Perché i pagani sono chiamati " cani ".
6. 10. "E come faremo a distinguere - così possiamo immaginare che replicassero - quali sono i porci e quali i cani?". La cosa appare evidente nella risposta data a quella donna. Poiché alle sue insistenze il Signore rispose così: "Non sta bene portar via il cibo ai figli e buttarlo ai cani 33. Tu sei un cane, sei una pagana, adori gl'idoli ". Ma che cos'è tanto abituale ai cani quanto leccare i sassi? Non è dunque giusto portar via il pane ai figli e buttarlo ai cani. Se dopo aver sentito queste parole quella se ne fosse andata via, si sarebbe avvicinata come un cane e come un cane si sarebbe allontanata, ma con il bussare, da cane che era divenne una persona umana. Poiché insistette nel chiedere e, con l'accettare quello che poteva sonare come un rimprovero offensivo, diede prova d'umiltà e ottenne misericordia. In effetti non si turbò né si adirò d'essere stata chiamata "cane" mentre chiedeva una grazia, domandava misericordia. "È vero, Signore 34; mi hai chiamata cane, sono davvero un cane, riconosco il mio nome; è la Verità che parla, ma non per questo devo essere esclusa dal ricevere una grazia. Sono proprio un cane, ma anche i cani mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni 35. Desidero una grazia piccola piccola, non voglio stare per forza a tavola, cerco solo delle briciole".
A proposito della cananea è messa in risalto l'umiltà.
7. 11. Vedete come è messa in risalto l'umiltà. Il Signore l'aveva chiamata cane; essa non lo negò ma disse di esserlo. E poiché riconobbe d'essere un cane, subito il Signore le disse: "O donna, grande è la tua fede. Accada come tu vuoi 36. Tu ti sei riconosciuta un cane, io perciò ti riconosco ormai come una persona umana. O donna, grande è la tua fede; hai chiesto, hai cercato, hai bussato alla porta; ora ricevi, trova, ti sia aperta la porta". Vedete, fratelli, come soprattutto l'umiltà è stata esaltata nei confronti di questa donna ch'era cananea, che cioè proveniva dal paganesimo ed era prefigurazione, cioè simbolo, della Chiesa. In realtà il popolo giudaico, per essere escluso dal Vangelo, s'era gonfiato di superbia per il fatto d'aver ricevuto la Legge, per il fatto che da esso erano discendenti i Patriarchi, erano usciti i Profeti, e Mosè, il servo di Dio, aveva compiuto nell'Egitto i grandi miracoli che abbiamo sentito ricordati nel salmo 37, aveva condotto il popolo attraverso il Mar Rosso mentre le acque si ritiravano, ricevette la Legge che diede allo stesso popolo. Il popolo giudaico aveva bene dei motivi per vantarsi ed esaltarsi, ma a causa della stessa superbia avvenne che non volle umiliarsi a Cristo, maestro d'umiltà, repressore dell'orgoglio, medico divino, il quale perciò, pur essendo Dio, si fece uomo affinché l'uomo si riconoscesse uomo. È una medicina molto efficace. Se questa medicina non cura la superbia, non so che cosa può curarla. È Dio e si fa uomo: mette da parte la divinità, cioè in qualche modo la depone, ossia nasconde la propria natura e appare la natura assunta. Si fa uomo pur essendo Dio, mentre invece l'uomo non si riconosce uomo, cioè non si riconosce mortale, fragile, peccatore, malato, in modo da ricercare il Medico almeno perché è malato; ma ciò ch'è più pericoloso, gli sembra d'esser sano.
Al posto dei giudei rigettati per la superbia Dio ha chiamato i pagani per la loro umiltà.
8. 12. Quel popolo dunque non si avvicinò al medico per questo motivo, cioè per la superbia. Si parla dei giudei come di rami naturali tagliati via dall'albero dell'ulivo, cioè dal popolo generato dai Patriarchi, rami tagliati giustamente perché sterili a causa dello spirito di superbia; in quell'ulivo fu poi innestato un ulivo selvatico 38. Quest'ulivo selvatico era il popolo dei pagani. Afferma l'Apostolo che l'ulivo selvatico fu innestato nell'ulivo domestico, ma i rami naturali furono tagliati via. Quelli furono tagliati a causa della superbia, l'ulivo selvatico fu invece innestato a causa dell'umiltà. Quest'umiltà era mostrata dalla donna quando diceva: "È vero, Signore 39; sono un cane, desidero solo mangiare le briciole". Per questa umiltà piacque anche il centurione; questo desiderava che il suo servo fosse guarito dal Signore e poiché il Signore gli disse: Verrò io stesso e lo guarirò, egli rispose: Signore, non sono degno che tu entri in casa mia, ma di' solo una parola e il mio servo sarà guarito 40. Non sono degno che tu entri netta mia casa. Non lo accolse nella sua casa ma lo aveva accolto già nel proprio cuore. Quanto più era umile, tanto più ne era capace, tanto più n'era pieno. Alla stessa maniera i colli respingono l'acqua mentre se ne riempiono le valli. Dopo che il centurione aveva detto: Non sono degno che tu entri in casa mia, ecco quanto disse il Signore a quelli che lo seguivano: Vi assicuro che non ho incontrato nessuno in Israele che avesse tanta fede 41; cioè non ho trovato tanta fede tra il popolo al quale sono venuto. Che significa: "Tanta"? "Tanto grande". Che cosa la rendeva così grande? Ciò che vi è di più piccolo, cioè l'umiltà. Non ho trovato tanta fede; simile al granello di senape che quanto più è piccolo, tanto più è fervente. Il Signore innestava già l'ulivo selvatico in quello domestico. Faceva ciò quando diceva: Vi assicuro che non ho trovato tanta fede in Israele.
Nel regno dei cieli non si devono aspettare piaceri terreni.
9. 13. Considera infine ciò che segue. Perciò io vi dico (poiché non ho trovato tanta fede in Israele, cioè tanta umiltà accompagnata dalla fede), perciò io vi dico che verranno molti dall'Oriente e dall'Occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli 42. Sederanno a tavola - è detto - cioè riposeranno. Orbene, non dobbiamo immaginare che lì ci siano delle vivande materiali né desiderare qualcosa di simile in quel regno perché in tal caso scambieremmo i vizi con le virtù invece di sostituire le virtù ai vizi. Sono infatti due cose diverse desiderare il regno dei cieli per la sapienza e la vita eterna, e desiderarlo per la felicità terrena, come se lassù potessimo averla più splendida e più ampia. Se tu reputi che in quel regno tu sarai ricco, tu non amputi la cupidigia ma soltanto la muti; ma ciononostante sarai veramente ricco, e lo sarai soltanto lassù. Mi spiego: moltissime cose ammucchia quaggiù chi è bisognoso. Perché i ricchi hanno molti beni? Perché hanno bisogno di molte cose. Chi ha più bisogno si procura più sostanze, ma lassù scomparirà lo stesso bisogno. Tu sarai veramente ricco solo quando non avrai bisogno di nulla. Poiché non è che tu sia ricco e un angelo sia povero perché non ha bestie da soma e carrozze e molti servi. Perché? Perché non ne ha bisogno, perché quanto più è forte tanto meno ne ha bisogno. Sono dunque lassù le ricchezze, le vere ricchezze. Non devi immaginare vivande materiali. I cibi di questa terra sono rimedi necessari ogni giorno, sono indispensabili per la malattia con cui tutti noi veniamo al mondo. Ciascuno sperimenta questa malattia se passa l'ora della refezione. Vuoi vedere quanto pericolosa è questa malattia? È come una febbre acuta che in sette giorni può condurre alla morte. Non ti credere sano. La vera sanità sarà l'immortalità. La sanità di quaggiù è solo una lunga malattia. A te sembra di essere sano perché sostieni questa malattia con rimedi giornalieri; sopprimi questi rimedi e vedrai cosa sarai capace di fare.
La morte è inevitabile fin dalla nascita.
10. 14. Fin dalla nascita siamo esposti a una morte inevitabile. È inevitabile che la malattia, di cui parliamo, conduca alla morte. Così dicono certamente i medici quando visitano i malati. Così dicono, per esempio: "Costui è idropico, è vicino alla morte; è una malattia incurabile. È lebbroso, anche questa malattia è incurabile. Questo è malato di etisia, chi lo può guarire? È inevitabile che perisca, è inevitabile che muoia". Ecco, il medico ha già detto: "È tisico, non può far altro che morire"; eppure talora né l'idropico né il lebbroso né il tisico muore di quella malattia, ma ciononostante è inevitabile che chiunque è nato, in seguito muoia. Muore per questa malattia, non può essere diversamente. Ciò lo dichiara non solo il medico, ma anche un ignorante in medicina; ma se anche muore più tardi forse per questo non morrà? Quando avremo allora la vera sanità, se non quando avremo la vera immortalità? Se dunque ci sarà la vera immortalità e non ci sarà nessuna corruzione, nessun deperimento, che bisogno avremo di nutrirci? Quando dunque senti: Sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe 43, non devi preparare il ventre ma la mente; in essa troverai il tuo appagamento: ha le sue vivande anche lo stesso a "ventre" dell'anima. In rapporto a questo ventre è detto: Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati 44. E saranno veramente saziati da non aver fame.
Perché vengono tagliati i rami naturali e s'innesta l'ulivo selvatico?
10. 15. Il Signore dunque innestava già l'ulivo selvatico quando affermava: Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e sederanno a tavola con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, cioè saranno innestati nell'ulivo, le cui radici sono Abramo, Isacco e Giacobbe, mentre i figli del regno, cioè i giudei increduli, andranno a finire fuori, nelle tenebre 45. Saranno tagliati i rami naturali affinché venga innestato l'ulivo selvatico. Ma perché mai i rami naturali hanno meritato d'essere tagliati se non a causa della superbia? e l'ulivo selvatico d'essere innestato se non per l'umiltà? Per questo motivo anche quella donna disse: È vero, Signore; ma anche i cani mangiano le briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni 46. E per questo sentì dirsi: O donna, grande è la tua fede! 47. Così anche il centurione: Non sono degno che tu entri in casa mia 48. Io vi assicuro [- rispose il Signore -] che non ho trovato tanta fede in Israele 49. Impariamo ad essere o a mantenerci umili. Se non abbiamo ancora l'umiltà, impariamola; se invece l'abbiamo già, non perdiamola. Se non l'abbiamo ancora, cerchiamo d'averla, per essere innestati; se l'abbiamo già, manteniamola per non essere tagliati via.
1 - Cf. Mt 14, 24 ss.
2 - Mt 16, 15-16.
3 - Mt 16, 17-18.
4 - Mt 16, 17-18.
5 - Mt 16, 18.
6 - 1 Cor 1, 12.
7 - 1 Cor 1, 13.
8 - Mt 16, 22.
9 - Mt 16, 23.
10 - Sal 81, 6.
11 - Sal 81, 7.
12 - Mt 16, 17.
13 - Gv 16, 15.
14 - Rm 15, 1.
15 - Mt 16, 15.
16 - Mt 14, 28.
17 - Mt 14, 29.
18 - Ef 5, 8.
19 - 1 Cor 1, 13.
20 - Sal 67, 10.
21 - Sal 67, 10.
22 - 1 Cor 15, 9.
23 - 1 Cor 15, 10.
24 - 1 Cor 15, 10.
25 - 1 Cor 15, 10.
26 - 1 Cor 15, 10.
27 - Cf. 2 Cor 12.
28 - 2 Cor 12, 9.
29 - Mt 14, 28.
30 - Mt 14, 30.
31 - Sal 93, 18.
32 - Sal 93, 18.
33 - Sir 2, 12.
34 - Gi 2, 32.
35 - Mt 14, 31.
36 - Mt 14, 30.
20 - Alcuni benefici che Maria santissima fece a casa di Zaccaria.
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca254. È proprietà ben nota dell'amore l'essere ardente ed attivo come il fuoco, se trova materia su cui operare; il fuoco spirituale lo è anche maggiormente, tanto che, se non ha materia, la cerca. Questo maestro ha trasmesso tanti consigli e tante arti virtuose a coloro che amano Cristo che non li lascia affatto stare oziosi. Poiché non è cieco né insano, ma conosce bene la natura del suo nobilissimo oggetto e la sua unica gelosia è quella che non sia amato da tutti, procura di comunicarlo senza invidia. Ora, l'amore che tutti portano a Dio, per quanto fervoroso e santo, è certamente limitato rispetto a quello di Maria santissima, eppure nei santi ha dato luogo ad un ammirabile e potente zelo delle anime, come appare da ciò che hanno compiuto per la loro salvezza; che mai sarà stato, allora, quello che operò in beneficio del prossimo questa grande Regina che era madre dell'amore divino e portava con sé il fuoco vivo e vero che veniva ad incendiare il mondo? In tutto il corso di quest'Opera i mortali conosceranno quanto devono a questa Signora. Anche se sarebbe impossibile riferire i casi particolari ed i benefici che fece a molte anime, tuttavia, affinché da alcuni si argomentino gli altri, in questo capitolo narrerò qualcosa di quanto successe riguardo a ciò mentre la Regina stava in casa di sua cugina santa Elisabetta.
255. Vi era una donna di servizio di sinistre inclinazioni, inquieta, iraconda e che era solita giurare e maledire. Con questi vizi ed altri disordini, mentre avrebbe voluto sopraffare i suoi padroni, stava tanto soggetta al demonio che questo tiranno con estrema facilità la muoveva a qualunque miseria e sregolatezza. Per questo, per lo spazio di quattordici anni fu assistita ed accompagnata da molti demoni, senza che la lasciassero un istante, per assicurarsi il possesso della sua anima. Solamente quando si trovava alla presenza della signora del cielo Maria santissima, i nemici si ritiravano, perché, come altre volte ho detto, la virtù della nostra regina li tormentava, e tanto più ora che racchiudeva nel suo reliquiario verginale il Signore onnipotente e Dio delle virtù; così, la serva non sentiva i cattivi effetti della loro compagnia. D'altra parte, la dolce vista e la conversazione della Regina andavano operando in lei un rinnòvamento tale che cominciò ad affezionarsi molto alla sua riparatrice. Per questo, procurava di assisterla con molto affetto e di offrirsi per servirla, guadagnando tutto il tempo che poteva per andare a starsene con sua Altezza, che guardava con riverenza, poiché tra le sue sregolate inclinazioni ne aveva una buona, cioè una certa naturale pietà e compassione per i bisognosi e gli umili, verso i quali si chinava volentieri facendo loro del bene.
256. La santissima Principessa, che conosceva profondamente le inclinazioni di quella donna, lo stato della sua coscienza, il pericolo della sua anima e la malizia dei demoni nei suoi confronti, rivolse a lei gli occhi della sua misericordia e la guardò con pietoso affetto di madre. Anche se sua Maestà sapeva che quell'assedio e dominio dei demoni era giusta pena dei suoi peccati, pregò per lei e le ottenne il perdono, il rimedio e la salvezza. Con la potestà che aveva su di loro, comandò ben presto ai demoni che lasciassero libera quella creatura e non tornassero più a turbarla e molestarla. Allora essi, non potendo resistere al comando della nostra grande Regina, si sottomisero e sbigottiti fuggirono, senza conoscere la causa di quel suo potere. Parlavano tra sé con meraviglia e sdegno, dicendo: «Chi è mai questa donna che ha su di noi una così straordinaria autorità? Da dove mai le viene un così irresistibile potere che opera tutto ciò che vuole?». Per questo, i nemici concepirono nuovo sdegno e nuova rabbia contro colei che con tanta forza schiacciava loro la testa. Intanto, però, quella felice peccatrice restò libera dalle loro grinfie; Maria santissima la ammonì, la corresse, le insegnò il cammino della salvezza e la mutò in tutt'altra donna, mansueta di cuore e senza alterigia. Ella perseverò, poi, in tale rinnovamento per tutta la sua vita, confessando che tutto il suo bene le era venuto dalla mano della nostra Regina, anche se non conobbe né penetrò il segreto della sua dignità. Tuttavia, continuò ad essere umile e riconoscente e finì la sua vita santamente.
257. Non era di qualità migliori un'altra donna vicina di casa a Zaccaria, la quale, come tale, soleva entrare e conversare con quelli della famiglia di santa Elisabetta. Viveva licenziosamente e, quando intese l'arrivo della nostra Regina a quella città e la modestia e serietà di lei, disse con leggerezza e curiosità: «Chi è questa forestiera tanto santa e ritirata che ci è capitata come ospite e vicina?». Per il desiderio vano e curioso di novità, come sogliono fare simili persone, procurò di vedere la santissima Signora per osservare il garbo e l'aspetto che aveva. Impertinente ed ozioso era questo fine, ma tale non fu il suo effetto, perché, avendo conseguito il suo intento, questa donna restò talmente ferita nel cuore alla vista di Maria santissima e per la sua presenza che si cambiò in tutt'altra e si trasformò in un nuovo essere. Mutò le proprie inclinazioni e, senza conoscere la virtù di quell'efficace strumento, la sentì così viva che le fece versare torrenti di lacrime per intimo dolore dei suoi peccati. Così, solo per avere posto gli occhi con attenzione curiosa sulla Madre della purezza verginale, questa felice donna ottenne in cambio la virtù della castità, restando libera dai vizi e dalle inclinazioni sensuali. Si ritirò per piangere la sua vita dissipata, ma poi fece in modo di vedere nuovamente la Madre della grazia e di parlare con lei. Sua Altezza acconsentì per confermarla, come colei che ben conosceva l'accaduto, portando nel suo seno l'Autore della grazia che fa santi e giustifica, poiché era in virtù di lui che l'avvocata dei peccatori operava. Perciò, la accolse con un materno sentimento di pietà, la ammonì e la istruì nelle virtù, lasciandola migliore e forte per perseverare.
258. In questo modo la nostra grande Signora operò conversioni ammirabili di un grande numero di anime, benché sempre in silenzio e nel segreto. Tutta la famiglia di santa Elisabetta e di san Zaccaria venne santificata dal suo comportamento e dalla sua conversazione. Migliorò ed arricchì di nuovi doni e favori i giusti, rese tali ed illuminò mediante la sua intercessione quelli che non lo erano. Con il suo riverenziale amore soggiogò tutti con tanta forza che ciascuno a gara le ubbidiva e la riconosceva come Madre, rifugio e conforto in tutte le necessità. Causavano questi effetti il solo vederla o poche parole, sebbene non negasse mai quelle necessarie per tali opere. Siccome, poi, di tutti penetrava l'intimo del cuore e conosceva lo stato della coscienza, applicava a ciascuno la medicina più opportuna. Alcune volte, benché non sempre, il Signore le manifestava se quelli che vedeva erano del numero degli eletti o dei reprobi, dei predestinati o dei dannati. Sia l'una che l'altra cosa produceva nel suo cuore ammirabili effetti di virtù perfettissima. A quelli che conosceva giusti e predestinati, infatti, dava molte benedizioni, come fa ancora dal cielo, ed il Signore se ne congratulava con lei; ella, intanto, intercedeva perché li conservasse nella sua grazia ed amicizia, intento per il quale faceva incomparabili sforzi e richieste. Quando vedeva qualcuno nel peccato, supplicava con intimo affetto per la sua giustificazione e di solito la otteneva. Se poi era reprobo, piangeva con amarezza e si umiliava alla presenza dell'Altissimo per la perdita di quella immagine ed opera della Divinità; faceva 'profonde orazioni, offerte ed umiliazioni perché altri non si dannassero, essendo ella in tutto una fiamma di amore divino, che non riposava né si quietava nell'operare cose grandi.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
259. Figlia mia carissima, su due punti, come su due poli, si deve muovere tutta l'armonia delle tue facoltà e delle tue attenzioni: questi devono essere il conservarti nell'amicizia e nella grazia dell'Altissimo ed il procurarle ad altre anime. In questo si risolvano tutta la tua vita e tutte le tue occupazioni. Per conseguire fini così alti, quando occorra, non voglio che tu ti risparmi alcuna fatica, supplicando il Signore, offrendoti di patire persino la morte e sopportando realmente tutte le tribolazioni che ti saranno date ed a cui arriveranno le tue forze. Anche se per ottenere il bene delle anime non devi fare dispute con le creature, perché al tuo sesso non sono convenienti, devi cercare ed applicare con prudenza tutti i mezzi nascosti e più efficaci che conoscerai adatti allo scopo. Se tu sei figlia mia e sposa del mio Figlio santissimo, considera che le ricchezze della nostra casa sono le creature razionali, le quali, come ricchi gioielli, egli acquistò a prezzo della sua vita, della sua morte e di tutto il suo sangue, essendogli state tolte per la loro disubbidienza, mentre le aveva create da sé e per sé.
260. Perciò, quando il Signore ti manderà qualche anima bisognosa e ti farà conoscere il suo stato, affaticati con fedeltà per la sua redenzione; piangi e grida con affetto intimo e fervoroso per conseguire da Dio la riparazione di tanto danno e pericolo, non trascurando alcun mezzo né divino né umano, nel modo che ti è proprio, per ottenere la salvezza e la vita dell'anima che ti sarà consegnata. Con quella prudenza e misura che ti ho insegnato, non tralasciare di ammonirla e di pregare per tutto ciò che comprenderai esserle utile e con ogni segretezza affaticati per beneficarla. Similmente voglio che, quando sarà necessario, comandi ai demoni con tutto l'imperio, in nome dell'onnipotente Dio e mio, di allontanarsi e separarsi dalle anime che saprai da loro oppresse; poiché ciò succede in segreto, puoi spiegare tutta la franchezza e l'ardire per eseguirlo. Considera che il Signore ti ha posta e ti porrà in occasioni in cui tu possa praticare questo insegnamento; non dimenticarlo e non farlo rimanere sterile, poiché sei tenuta, come figlia di sua Maestà, a prenderti cura dei beni della casa di tuo padre. Non devi trovare riposo, quando non lo fai con ogni diligenza. Non temere, perché tutto potrai in colui che ti dà la forza; il suo potere divino corroborerà il tuo braccio per opere grandi.
15 ottobre 1947. Santa Comunione. Voce interiore.
Camilla Bravi
Gesù era triste e piangeva. Mi strinse a sé dolcemente. Gli chiesi il perché del suo pianto e mi rispose: «Perché il Comunismo dilaga. Questi comunisti lavorano perché vogliono abbattere il governo e salire loro, abbattere la mia Religione. Fanno strage della mia Chiesa ovunque essi sono al potere. Anche qui in Italia cercano di salire al potere per abbattere il Papa. Ti amo tanto! Tu sei la vittima da me designata per questi tempi. Sei contenta che Io intensifichi le tue sofferenze per salvare anime?».
Risposi: «Gesù, sono tua: fa' di me quello che Tu vuoi. Mi basta che Tu mi dia la tua grazia. Lo vedi che mi offro di cuore». Egli continuò: «Ebbene: tu soffrirai tanto, avrai agonie morali e spirituali, ma ti prometto che ti concederò l'umiltà di cuore che tanto desideri. Questa grazia è la Madonna che te l'ottiene, come tutte le altre. Vivi e sta' nascosta nel suo bell'intimo, cioè vivi nel suo spirito, unita a Lei, nascosta in Lei come Io sono stato nascosto nel suo seno. Ella ama, adora, prega, ottiene, ripara per te, implora e supplisce per te e per le persone a te care. Io sono una volontà sola con la sua volontà perché essa è fusa con la mia; e tu nascosta in Lei sei anche nascosta in Me, perché Io sono vivente nel suo Cuore. Non temere di affidarti a Lei perché è in Lei, nel suo intimo, che Io mi comunicherò a te. Ella ti donerà le sue virtù e mi formerà in te».
Gli chiesi: «Quando verranno i castighi?».
Ed Egli: «Imminenti vuol dire che sono vicinissimi e possono venire tutti i giorni: è certo che non c'è più d'aspettare come quando te li ho predetti, né venticinque anni, né venti, né quindici e né dieci. Verranno questi primi anni che seguono. Essi però saranno mitigati di molto per l'intercessione della Madonna».
Io interruppi Gesù e chiesi ancora: «Verranno alla fine del cinquanta?». E glielo chiesi per curiosità perché avevo sentito dire che una veggente aveva appreso dalla Madonna che sarebbero venuti nel cinquanta. E siccome Gesù stava zitto e non sentivo la sua voce interiore, glielo chiesi tre volte. Alla fine mi parve che Gesù annuisse col capo e rispondesse di sì, ma mi rimase il dubbio.
Gesù continuò: «Aiutami a mitigare la collera del mio Padre Celeste; cerca di mortificarti e morire a te stessa, e fa' un'ora di silenzio al giorno, per abbattere il comunismo».
Poi m'abbracciò la Madonna, e anch'Essa piangeva. E mi disse: «Come t'ha detto Gesù, i castighi sono imminenti. Abbandonati a Me e nasconditi in Me. Il demonio è geloso e cercherà di nuocerti, ma Io illuminerò il tuo Padre spirituale perché possa discernere in te l'opera di Dio e quella del maligno. Invocami spesso con questa giaculatoria: Virgo fidelis, ora pro nobis (Vergine fedele, prega per noi), perché ti conceda fedeltà alla grazia e forza nella lotta contro il tuo difetto predominante». E mi promise l'umiltà di cuore.
Le rammentai la mia grande miseria ed Ella: «Per quanto sia grande la tua miseria, al confronto della nostra Misericordia è come una goccia d'acqua che scompare nell'oceano del nostro Amore, assorbita e distrutta dalla pienezza d'Amore; e a te non rimane che l'oceano dei nostri meriti. Ecco che cosa guadagna un'anima che soffre, prega e si dona a Noi».