Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Delusioni non ne ho, perché sono contenta di tutto quello che fa il buon Dio, e desidero soltanto la sua volontà . (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 16° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 6

1Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade,2e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi.3Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli.4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.5Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?".6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare.7Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo".8Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro:9"C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?".10Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini.11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.12E quando furono saziati, disse ai discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto".13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
14Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: "Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!".15Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.

16Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare17e, saliti in una barca, si avviarono verso l'altra riva in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro.18Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento.19Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura.20Ma egli disse loro: "Sono io, non temete".21Allora vollero prenderlo sulla barca e rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti.

22Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, notò che c'era una barca sola e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti.23Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie.24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù.25Trovatolo di là dal mare, gli dissero: "Rabbì, quando sei venuto qua?".
26Gesù rispose: "In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.27Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo".28Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?".29Gesù rispose: "Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato".
30Allora gli dissero: "Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi?31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: 'Diede loro da mangiare un pane dal cielo'".32Rispose loro Gesù: "In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero;33il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo".34Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane".35Gesù rispose: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.36Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete.37Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò,38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno.40Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno".
41Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal cielo".42E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?".
43Gesù rispose: "Non mormorate tra di voi.44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.45Sta scritto nei profeti: 'E tutti saranno ammaestrati da Dio'. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me.46Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.47In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.48Io sono il pane della vita.49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti;50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".
52Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?".53Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.58Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".
59Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: "Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?".61Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: "Questo vi scandalizza?62E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita.64Ma vi sono alcuni tra voi che non credono". Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.65E continuò: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio".
66Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.

67Disse allora Gesù ai Dodici: "Forse anche voi volete andarvene?".68Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna;69noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".70Rispose Gesù: "Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!". Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici.


Esodo 23

1Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per essere testimone in favore di un'ingiustizia.2Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia.
3Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo.
4Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre.5Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo.
6Non farai deviare il giudizio del povero, che si rivolge a te nel suo processo.
7Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l'innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole.
8Non accetterai doni, perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti.
9Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri nel paese d'Egitto.
10Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto,11ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà divorato dalle bestie della campagna. Così farai per la tua vigna e per il tuo oliveto.
12Per sei giorni farai i tuoi lavori, ma nel settimo giorno farai riposo, perché possano goder quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero.
13Farete attenzione a quanto vi ho detto: non pronunciate il nome di altri dèi; non si senta sulla tua bocca!
14Tre volte all'anno farai festa in mio onore:
15Osserverai la festa degli azzimi: mangerai azzimi durante sette giorni, come ti ho ordinato, nella ricorrenza del mese di Abib, perché in esso sei uscito dall'Egitto.
Non si dovrà comparire davanti a me a mani vuote.
16Osserverai la festa della mietitura, delle primizie dei tuoi lavori, di ciò che semini nel campo; la festa del raccolto, al termine dell'anno, quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi.
17Tre volte all'anno ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore Dio.
18Non offrirai con pane lievitato il sangue del sacrificio in mio onore e il grasso della vittima per la mia festa non starà fino al mattino.
19Il meglio delle primizie del tuo suolo lo porterai alla casa del Signore, tuo Dio.
Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre.
20Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato.21Abbi rispetto della sua presenza, ascolta la sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui.22Se tu ascolti la sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l'avversario dei tuoi avversari.
23Quando il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare presso l'Amorreo, l'Hittita, il Perizzita, il Cananeo, l'Eveo e il Gebuseo e io li distruggerò,24tu non ti prostrerai davanti ai loro dèi e non li servirai; tu non ti comporterai secondo le loro opere, ma dovrai demolire e dovrai frantumare le loro stele.
25Voi servirete al Signore, vostro Dio. Egli benedirà il tuo pane e la tua acqua. Terrò lontana da te la malattia.26Non vi sarà nel tuo paese donna che abortisca o che sia sterile. Ti farò giungere al numero completo dei tuoi giorni.
27Manderò il mio terrore davanti a te e metterò in rotta ogni popolo in mezzo al quale entrerai; farò voltar le spalle a tutti i tuoi nemici davanti a te.
28Manderò i calabroni davanti a te ed essi scacceranno dalla tua presenza l'Eveo, il Cananeo e l'Hittita.29Non li scaccerò dalla tua presenza in un solo anno, perché il paese non resti deserto e le bestie selvatiche si moltiplichino contro di te.30A poco a poco li scaccerò dalla tua presenza, finché avrai tanti figli da occupare il paese.
31Stabilirò il tuo confine dal Mare Rosso fino al mare dei Filistei e dal deserto fino al fiume, perché ti consegnerò in mano gli abitanti del paese e li scaccerò dalla tua presenza.32Ma tu non farai alleanza con loro e con i loro dèi;33essi non abiteranno più nel tuo paese, altrimenti ti farebbero peccare contro di me, perché tu serviresti i loro dèi e ciò diventerebbe una trappola per te".


Salmi 148

1Alleluia.

Lodate il Signore dai cieli,
lodatelo nell'alto dei cieli.
2Lodatelo, voi tutti, suoi angeli,
lodatelo, voi tutte, sue schiere.

3Lodatelo, sole e luna,
lodatelo, voi tutte, fulgide stelle.
4Lodatelo, cieli dei cieli,
voi acque al di sopra dei cieli.

5Lodino tutti il nome del Signore,
perché egli disse e furono creati.
6Li ha stabiliti per sempre,
ha posto una legge che non passa.

7Lodate il Signore dalla terra,
mostri marini e voi tutti abissi,
8fuoco e grandine, neve e nebbia,
vento di bufera che obbedisce alla sua parola,
9monti e voi tutte, colline,
alberi da frutto e tutti voi, cedri,
10voi fiere e tutte le bestie,
rettili e uccelli alati.

11I re della terra e i popoli tutti,
i governanti e i giudici della terra,
12i giovani e le fanciulle,
i vecchi insieme ai bambini
13lodino il nome del Signore:
perché solo il suo nome è sublime,
la sua gloria risplende sulla terra e nei cieli.
14Egli ha sollevato la potenza del suo popolo.
È canto di lode per tutti i suoi fedeli,
per i figli di Israele, popolo che egli ama.

Alleluia.


Salmi 136

1Alleluia.

Lodate il Signore perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
2Lodate il Dio degli dèi:
perché eterna è la sua misericordia.
3Lodate il Signore dei signori:
perché eterna è la sua misericordia.

4Egli solo ha compiuto meraviglie:
perché eterna è la sua misericordia.
5Ha creato i cieli con sapienza:
perché eterna è la sua misericordia.
6Ha stabilito la terra sulle acque:
perché eterna è la sua misericordia.
7Ha fatto i grandi luminari:
perché eterna è la sua misericordia.
8Il sole per regolare il giorno:
perché eterna è la sua misericordia;
9la luna e le stelle per regolare la notte:
perché eterna è la sua misericordia.

10Percosse l'Egitto nei suoi primogeniti:
perché eterna è la sua misericordia.
11Da loro liberò Israele:
perché eterna è la sua misericordia;
12con mano potente e braccio teso:
perché eterna è la sua misericordia.

13Divise il mar Rosso in due parti:
perché eterna è la sua misericordia.
14In mezzo fece passare Israele:
perché eterna è la sua misericordia.
15Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso:
perché eterna è la sua misericordia.

16Guidò il suo popolo nel deserto:
perché eterna è la sua misericordia.
17Percosse grandi sovrani
perché eterna è la sua misericordia;
18uccise re potenti:
perché eterna è la sua misericordia.
19Seon, re degli Amorrei:
perché eterna è la sua misericordia.

20Og, re di Basan:
perché eterna è la sua misericordia.
21Diede in eredità il loro paese;
perché eterna è la sua misericordia;
22in eredità a Israele suo servo:
perché eterna è la sua misericordia.

23Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi:
perché eterna è la sua misericordia;
24ci ha liberati dai nostri nemici:
perché eterna è la sua misericordia.
25Egli dà il cibo ad ogni vivente:
perché eterna è la sua misericordia.

26Lodate il Dio del cielo:
perché eterna è la sua misericordia.


Amos 8

1Ecco ciò che mi fece vedere il Signore Dio:
era un canestro di frutta matura.
2Egli domandò: "Che vedi Amos?".
Io risposi: "Un canestro di frutta matura".
Il Signore mi disse:
È maturata la fine per il mio popolo, Israele;
non gli perdonerò più.
3In quel giorno urleranno le cantanti del tempio,
oracolo del Signore Dio.
Numerosi i cadaveri, gettati dovunque. Silenzio!

4Ascoltate questo, voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
5voi che dite: "Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo le misure e aumentando il siclo
e usando bilance false,
6per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano".
7Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
certo non dimenticherò mai le loro opere.
8Non forse per questo trema la terra,
sono in lutto tutti i suoi abitanti,
si solleva tutta come il Nilo,
si agita e si riabbassa come il fiume d'Egitto?

9In quel giorno - oracolo del Signore Dio -
farò tramontare il sole a mezzodì
e oscurerò la terra in pieno giorno!
10Cambierò le vostre feste in lutto
e tutti i vostri canti in lamento:
farò vestire ad ogni fianco il sacco,
renderò calva ogni testa:
ne farò come un lutto per un figlio unico
e la sua fine sarà come un giorno d'amarezza.

11Ecco, verranno giorni,
- dice il Signore Dio -
in cui manderò la fame nel paese,
non fame di pane, né sete di acqua,
ma d'ascoltare la parola del Signore.
12Allora andranno errando da un mare all'altro
e vagheranno da settentrione a oriente,
per cercare la parola del Signore,
ma non la troveranno.

13In quel giorno appassiranno le belle fanciulle
e i giovani per la sete.
14Quelli che giurano per il peccato di Samaria
e dicono: "Per la vita del tuo dio, Dan!"
oppure: "Per la vita del tuo diletto, Bersabea!",
cadranno senza più rialzarsi!


Atti degli Apostoli 14

1Anche ad Icònio essi entrarono nella sinagoga dei Giudei e vi parlarono in modo tale che un gran numero di Giudei e di Greci divennero credenti.2Ma i Giudei rimasti increduli eccitarono e inasprirono gli animi dei pagani contro i fratelli.3Rimasero tuttavia colà per un certo tempo e parlavano fiduciosi nel Signore, che rendeva testimonianza alla predicazione della sua grazia e concedeva che per mano loro si operassero segni e prodigi.4E la popolazione della città si divise, schierandosi gli uni dalla parte dei Giudei, gli altri dalla parte degli apostoli.5Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi per maltrattarli e lapidarli,6essi se ne accorsero e fuggirono nelle città della Licaònia, Listra e Derbe e nei dintorni,7e là continuavano a predicare il vangelo.

8C'era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato.9Egli ascoltava il discorso di Paolo e questi, fissandolo con lo sguardo e notando che aveva fede di esser risanato,10disse a gran voce: "Alzati diritto in piedi!". Egli fece un balzo e si mise a camminare.11La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, esclamò in dialetto licaonio e disse: "Gli dèi sono scesi tra di noi in figura umana!".12E chiamavano Bàrnaba Zeus e Paolo Hermes, perché era lui il più eloquente.
13Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all'ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla.14Sentendo ciò, gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando:15"Cittadini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi predichiamo di convertirvi da queste vanità al Dio vivente 'che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano'.16Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che ogni popolo seguisse la sua strada;17ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendovi il cibo e riempiendo di letizia i vostri cuori".18E così dicendo, riuscirono a fatica a far desistere la folla dall'offrire loro un sacrificio.

19Ma giunsero da Antiòchia e da Icònio alcuni Giudei, i quali trassero dalla loro parte la folla; essi presero Paolo a sassate e quindi lo trascinarono fuori della città, credendolo morto.20Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli, alzatosi, entrò in città. Il giorno dopo partì con Bàrnaba alla volta di Derbe.
21Dopo aver predicato il vangelo in quella città e fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia,22rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio.23Costituirono quindi per loro in ogni comunità alcuni anziani e dopo avere pregato e digiunato li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto.24Attraversata poi la Pisidia, raggiunsero la Panfilia25e dopo avere predicato la parola di Dio a Perge, scesero ad Attalìa;26di qui fecero vela per Antiòchia là dove erano stati affidati alla grazia del Signore per l'impresa che avevano compiuto.
27Non appena furono arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto quello che Dio aveva compiuto per mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la porta della fede.28E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.


Capitolo I: Il raccoglimento interiore

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1. "Il regno di Dio è dentro di voi" (Lc 17,21), dice il Signore. Volgiti a Dio con tutto il tuo cuore, lasciando questo misero mondo, e l'anima tua troverà pace. Impara a disprezzare ciò che sta fuori di te, dandoti a ciò che è interiore, e vedrai venire in te il regno di Dio. Esso è, appunto, "pace e letizia nello Spirito Santo" (Rm 14,17); e non è concesso ai malvagi. Se gli avrai preparato, dentro di te, una degna dimora, Cristo verrà a te e ti offrirà il suo conforto. Infatti ogni lode e ogni onore, che gli si possa fare, viene dall'intimo; e qui sta il suo compiacimento. Per chi ha spirito di interiorità è frequente la visita di Cristo; e, con essa, un dolce discorrere, una gradita consolazione, una grande pace, e una familiarità straordinariamente bella. Via, anima fedele, prepara il tuo cuore a questo sposo, cosicché si degni di venire presso di te e di prendere dimora in te. Egli dice infatti: Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e verremo a lui e abiteremo presso di lui" (Gv 14,23). Accogli, dunque, Cristo, e non far entrare in te nessun'altra cosa. Se avrai Cristo sarai ricco, sarai pienamente appagato. Sarà lui a provvedere e ad agire fedelmente per te. Così non dovrai affidarti agli uomini. Questi mutano in un momento e vengono meno rapidamente, mentre cristo "resta in eterno" (Gv 12, 34) e sta fedelmente accanto a noi, fino alla fine. Non dobbiamo far molto conto sull'uomo, debole e mortale, anche se si tratta di persona che ci è preziosa e cara; né dobbiamo troppo rattristarci se talvolta ci combatte e ci contrasta. Quelli che oggi sono con te, domani si possono mettere contro di te; spesso si voltano come il vento.

2. Riponi interamente la fiducia in Dio, e sia lui il tuo timore e il tuo amore. Risponderà lui per te, e opererà per il bene, nel modo migliore. "Non hai stabile dimora quaggiù" (Eb 13,14); dovunque tu abbia a trovarti, sei un forestiero e un pellegrino, né mai avrai pace se non sarai strettamente unito a Cristo. Perché ti guardi tutto attorno quaggiù, se non è questo il luogo della tua pace? La tua dimora deve essere tra le cose celesti; quelle terrene le devi guardare come di passaggio. Passano tutte le cose, e con esse anche tu; vedi di non invischiarti, per evitare di essere catturato e perire. Sia il tuo pensiero sempre presso l'Altissimo; e la tua preghiera si diriga, senza sosta a Cristo. Che se non riesci a meditare le profonde realtà celesti, cerca rifugio nella passione di Cristo e prendi lieta dimora nelle sue sante ferite. Se ti sarai rifugiato, con animo devoto, nelle ferite e nelle piaghe preziose di Gesù, sentirai un gran conforto nella tribolazione, e non farai molto caso del disprezzo degli uomini, sopportando con facilità quanto si dice contro di te. Anche Cristo fu disprezzato dagli uomini in questo mondo e, nel momento in cui ne aveva maggior bisogno, fu abbandonato, tra sofferenze disonoranti, da quelli che lo conoscevano e gli erano amici. Cristo volle soffrire ed essere disprezzato; e tu osi lamentarti di qualcuno? Cristo ebbe avversari e oppositori; e tu vuoi che tutti ti siano amici e ti facciano del bene? Come potrà essere premiata la tua capacità di soffrire se non avrai incontrato alcuna avversità? Se non vuoi sopportare nulla che ti si opponga, in che modo potrai essere amico di Cristo? Se vuoi regnare con Cristo, sorreggiti in Cristo e per mezzo di Cristo. Che se, una sola volta tu riuscissi ad entrare perfettamente nell'intimo di Gesù, gustando un poco dell'ardente suo amore, non ti preoccuperesti per nulla di ciò che ti piace o non ti piace; troveresti gioia, invece nelle offese che ti si fanno. Giacché l'amore per Gesù ci porta a disprezzare noi stessi.

3. L'uomo che ama Gesù e la verità, l'uomo veramente interiore e libero da desideri contrari alla suprema volontà, può volgersi a Dio senza impacci, e innalzarsi in ispirito sopra se stesso, ricavandone una pace ricca di frutto. Veramente saggio, e dotto di una dottrina impartita da Dio più che dagli uomini, è colui che stima tutte le cose per quello che sono, non per quello che se ne dice nei giudizi umani. Se uno sa procedere secondo la guida interiore, evitando di valutare le cose secondo i criteri del mondo, non si perde nel ricercare il luogo adatto o nell'attendere il tempo opportuno per dedicarsi ad esercizi di devozione. Se uno ha spirito di interiorità, subito si raccoglie in se stesso, giacché non si disperde mai del tutto nelle cose esterne. Per lui non è un ostacolo un lavoro che gli venga imposto né una occupazione che, in quel momento, appaia doverosa; giacché egli sa adattarsi alle situazioni, così come esse si presentano. Colui che è intimamente aperto e rivolto al bene, non bada alle azioni malvagie degli uomini, pur se possano apparire mirabili; infatti, quanto più uno attira a sé le cose esteriori, tanto più resta legato, e distratto da sé medesimo. Se tutto fosse a posto in te, e tu fossi veramente puro, ogni cosa accadrebbe per il tuo bene e per il tuo vantaggio; che se molte cose spesso ti sono causa i disagio o di turbamento, è proprio perché non sei ancora perfettamente morto a te stesso e distaccato da tutto ciò che è terreno. Nulla insozza e inceppa il cuore umano quanto un amore non ancora purificato, volto alle cose di questo mondo; se invece tu rinunci a cercare gioia in ciò che sta fuori di te, potrai contemplare le realtà celesti e godere frequentemente di gioia interiore.


Utilità del digiuno

Sant'Agostino - Sant'Agostino d'Ippona

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Fame degli uomini, fame degli angeli. Fame e sete di giustizia.

1. 1. Dire qualcosa sul digiuno è un'ispirazione divina e anche il tempo dell'anno ci invita a farlo. E` un'osservanza questa, una virtù dell'animo, un vantaggio dello spirito a spese della carne, e non può essere oggetto di offerta a Dio da parte degli angeli. In cielo vi è ogni abbondanza e sazietà eterna. Lì non manca nulla perché in Dio si appaga ogni desiderio. Lì il pane degli angeli è Dio, che si è fatto uomo perché anche l'uomo potesse cibarsene 1. Qui tutte le anime, che sono vestite di un corpo terreno, riempiono il ventre dei frutti della terra, là gli spiriti razionali, che governano corpi celesti, riempiono di Dio le loro menti. Tanto qui che lì vi è un cibo. Ma questo cibo nostro nel momento stesso che ristora viene meno; diminuisce nella misura in cui riempie. Quello invece rimane integro anche quando riempie. Bisogna aver fame di quel cibo. Lo prescrive Cristo quando dice: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati 2. Nel corso della vita terrena compete agli uomini aver fame e sete di giustizia, ma esserne appagati appartiene all'altra vita. Gli angeli si saziano di questo pane, di questo cibo. Gli uomini invece ne hanno fame, sono tutti protesi nel desiderio di esso. Questo protendersi nel desiderio dilata l'anima, ne aumenta la capacità. Fatti più capaci, a suo tempo saranno appagati. Che dire allora? Che su questa terra non ricevono alcun appagamento quelli che hanno fame e sete di giustizia? Sì che ricevono qualcosa, ma un conto è la refezione del viandante, un altro la perfezione dei beati. Ascolta l'Apostolo, che ha fame e sete, e certamente di giustizia, la più che se ne può raggiungere in questa vita, la più che se ne può praticare. Nessuno oserebbe confrontarsi con lui nonché ritenersi superiore. Dice dunque: Non che io abbia già acquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione 3. E considerate chi è che parla: il " Vaso di elezione " 4, l'estremo lembo, per così dire, del vestito del Salvatore, una estrema frangia che tuttavia sana chi la tocca, come la donna che pativa perdite di sangue, perché aveva fede 5. E` l'ultimo e il più piccolo degli Apostoli, come egli stesso dice: Io sono l'ultimo degli Apostoli, e: Io sono l'infimo degli Apostoli, e ancora: Non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Ma per grazia di Dio sono quello che sono e la sua grazia in me non è stata vana, anzi ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio con me 6. Ascoltando queste parole, ti sembra di ascoltare uno che è ripieno di grazia, al colmo della perfezione. Ma se l'hai ascoltato quando è sazio, ascolta di che cosa ha ancora fame. Dice: Non che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione, e: Fratelli, io non ritengo di aver raggiunto la méta, ma una cosa sì: dimentico del passato e proteso verso il futuro corro verso la méta, per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere in Cristo Gesù 7. Dice di non essere ancora perfetto, di non avere ancora ricevuto, di non avere ancora raggiunto. Ma dice di essere proteso in avanti; di correre verso il premio della chiamata superna. E` in viaggio; ha fame, vuol essere saziato, si affretta, desidera giungere, brucia: nulla gli tarda quanto essere sciolto dal corpo per essere con Cristo 8.

Alimento terreno, alimento celeste.

2. 2. Dunque, carissimi, come c'è un alimento terreno, di cui si nutre la carne debole, c'è anche un alimento celeste di cui si ricolma l'anima pia. L'uno e l'altro hanno un ruolo vitale: l'uno per gli uomini, l'altro per gli angeli. Tengono un luogo intermedio gli uomini di fede, distinti nel loro animo dalla turba degli infedeli. Essi sono protesi verso Dio, e a loro va il richiamo: In alto il cuore 9, perché hanno la speranza di un'altra vita 10 e sanno che in questo mondo sono di passaggio 11. Essi non si possono confrontare con quelli che ritengono essere un bene solo il godimento dei piaceri terreni 12 e neppure con quegli altri che abitano le supreme sedi del cielo, la cui sola delizia è quel Pane stesso da cui sono stati creati. Quelli che sono chini sulla terra, in cerca di cibo e di piacere che riguardi la sola carne, sono da paragonarsi agli animali. Distano di gran lunga dagli angeli per la condizione obiettiva e per il costume morale: per la condizione, perché sono mortali; per il costume, perché sono sensuali. Fra quel popolo celeste e quello terrestre era in certo modo sospeso l'Apostolo; là s'incamminava, di là ritornava, là tendeva da qui sollevandosi. Non poteva ancora dirsi partecipe di quel popolo, perché allora avrebbe detto: " Sono nella perfezione "; né era con questi uomini pigri, inerti, fiacchi, sonnolenti, che non credono se non in ciò che vedono e in ciò che passa, e che sono nati e che moriranno 13. Se si ritenesse della loro schiera non direbbe: Corro al premio della superna chiamata 14. Dobbiamo dunque regolare i nostri digiuni. Questo non è, come ho detto, un adempimento angelico e neanche lo è di quegli uomini che sono schiavi della gola 15. E` un atto proprio alla via di mezzo, la nostra, per cui viviamo distinti da chi non ha fede e con l'aspirazione di essere uniti agli angeli. Non siamo ancora giunti, ma siamo in cammino; non abbiamo ancora quella felicità, ma di qui vi sospiriamo. Qual è l'utilità di astenersi un poco dal cibo e dal piacere della carne? La carne preme contro il suolo, la mente tende all'alto; è trasportata dall'amore, è ritardata dal peso. A questo proposito dice la Scrittura: Il corpo soggetto a corruzione appesantisce l'anima e l'abitazione terrena dei sensi grava la mente dai molti pensieri 16. Se dunque la carne china sulla terra è un peso all'anima, un bagaglio che appesantisce il suo volo, quanto più uno ripone le sue gioie nella sua vita superiore, tanto più depone del suo bagaglio terreno. Ecco che cosa facciamo quando digiuniamo.

Necessità del digiuno.

3. 3. Il digiuno non vi sembri una cosa di poca importanza o superflua; chi lo pratica, secondo le consuetudini della Chiesa, non pensi fra sé, non dica fra sé, ascoltando il tentatore che suggerisce nell'intimo: " Che cosa digiuni a fare? 17. Defraudi la tua vita, non le dài ciò che le fa piacere; ti procuri da te stesso una pena, ti fai carnefice e tormentatore di te stesso. A Dio può piacere che tu ti tormenti? Sarebbe crudele se avesse piacere delle tue pene ". Ma tu rispondi così al tentatore: " Mi dò certo un supplizio, ma perché egli mi perdoni, da me stesso mi castigo perché egli mi aiuti, per piacere ai suoi occhi, per arrivare al diletto della sua dolcezza. Anche la vittima è tormentata, per essere posta sull'altare. Così la mia carne appesantisce meno il mio spirito ". A questo cattivo consigliere, schiavo del ventre, rispondi con questo esempio: " Se tu, per caso, cavalcassi un giumento, se montassi un cavallo che con la sua andatura sfrenata ti potesse far cadere, per fare un viaggio tranquillo non razioneresti il cibo a quel furente, non cercheresti di domare con la fame quello che non riesci a domare col morso? La mia carne è il mio giumento mentre faccio il viaggio verso Gerusalemme, spesso mi porta via, cerca di buttarmi fuori dalla strada. La mia via è Cristo 18. Non dovrò dunque frenare con il digiuno la bestia che va a sbalzi? ". Se qualcuno capisce ciò, può verificare con la sua stessa esperienza quanto sia utile il digiuno. Ma questa carne, che ora è domata, lo dovrà essere sempre? Finché oscilla nella situazione temporale, finché è appesantita dalla condizione di mortalità, ha questi sbalzi, ben visibili e pericolosi al nostro spirito. La carne qui infatti è ancora corruttibile, non è ancora risorta. Il fatto è che non sempre sarà così; adesso non ha ancora lo stato proprio della costituzione celeste, non siamo ancora resi uguali agli angeli di Dio 19.

Carne e spirito. Errori dei Manichei.

4. 4. Ma non pensi, la vostra Dilezione, che la carne sia nemica dello spirito, quasi che uno sia l'autore della carne e un altro quello dello spirito. Molti, soggetti alla carne, seguendo questa opinione deviarono ritenendo che uno fosse l'autore della carne e un altro quello dello spirito. Per di più si avvalgono, senza comprenderla appieno, di una testimonianza apostolica: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne 20. Ciò è vero, ma osserva anche quest'altro passo: Nessuno ha mai in odio la propria carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa 21. Nel primo passo citato sembra di vedere come una lotta fra due nemici, la carne e lo spirito, perché la carne ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito ha desideri contrari alla carne. In questo secondo passo invece vi è quasi un'unione coniugale: Nessuno ha mai in odio la propria carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa. Come ci comporteremo di fronte a questi due pareri? Se sono contrari, quale accetteremo, quale rifiuteremo? Il fatto è che non sono contrari. Stia attenta, la Carità vostra, io intanto li accetto tutti e due e dimosterò, per quanto mi è possibile, che concordano. Chiunque sia tu che stabilisci un creatore della carne e un altro dello spirito, che ne pensi del passo che dice: Nessuno ha mai in odio la propria carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa? Non t'impressiona il paragone? Nutre dice e riscalda come Cristo la Chiesa. Supponi di credere che la carne sia una catena. E chi ama la sua catena? Supponi che la carne sia un carcere. E chi ama il suo carcere? Nessuno ha mai in odio la sua carne. Chi non odierebbe di essere incatenato, chi non odierebbe il suo supplizio? E invece: Nessuno ha mai in odio la sua carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa. Se dunque tu poni un autore alla carne e un altro allo spirito, ne consegue che devi porne uno a Cristo e un altro alla Chiesa. Il che, per chi sa, è una sciocchezza. Dunque ognuno ama la sua carne. Lo dice l'Apostolo, e oltre alle parole dell'Apostolo, c'è l'esperienza personale. Puoi essere padrone della tua carne finché vuoi, puoi accenderti di severità contro di essa, ma se qualcuno sta per darti un colpo, tu chiudi gli occhi.

4. 5. E` come una specie di matrimonio tra lo spirito e la carne. Come si spiega che la carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito contrari alla carne 22? Come si spiega questo castigo che proviene da una propaggine della morte? Perché è detto: Tutti muoiono in Adamo 23? Perché l'Apostolo dice: Fummo anche noi un tempo meritevoli di ira, come gli altri 24? Egli ricevette sentenza di morte: da lui siamo nati; da lui deriviamo questa carne che dobbiamo vincere. E così abbiamo desideri contro la carne, per sottometterla a noi, domata, per portarla ad ubbidienza. Ma noi non odiamo chi vogliamo semplicemente che ci ubbidisca. Ciascuno dà per lo più una regola alla moglie, in casa; cerca di farla ubbidire se è renitente, ma non perseguita una nemica 25. Cerchi di domare anche il figlio, perché ti ubbidisca. Forse che lo odii, lo ritieni forse un nemico? Ami e castighi anche il tuo servo e nel punirlo lo rendi ubbidiente. Su questo argomento hai un pensiero chiaro e completo dell'Apostolo: Non corro - dice - come chi è senza méta; non faccio il pugilato come uno che batte l'aria, ma tratto duramente il mio corpo e lo trascino in servitù, perché non succeda che dopo aver predicato agli altri, venga io stesso squalificato 26. La carne ha, per la sua condizione terrena, certi suoi appetiti: su questi puoi esercitare un freno. Se ti lasci dirigere da chi sta sopra di te, puoi ben dirigere chi sta sotto di te. Sotto di te c'è la tua carne; sopra di te il tuo Dio. Sei ammonito in che modo ti competa servire il tuo Dio quando vuoi che la tua carne serva a te. Tu fai attenzione a quello che ti sta sotto. Osserva anche quello che ti sta sopra. Tu non hai potere sul dipendente se non in quanto ti viene dal superiore a te. Sei servo, hai un servo. Ma il Signore ha due servi. Il tuo servo è più nel potere del Signore che nel tuo. Dunque, tu vuoi essere ubbidito dalla carne. Ma essa non lo può in tutto. In tutto ubbidisce al suo Signore ma non a te. Tu mi domandi spiegazione. Tu cammini, muovi i piedi. Essa ti segue. Ma camminerà con te per tutto il tempo che tu vorresti? E` animata da te. Ma forse fino a quando tu vorresti? E anche: stai male quando vuoi, stai bene quando vuoi? Il tuo Signore ti tiene per lo più in esercizio per mezzo di questo tuo servitore, perché come hai disprezzato lui meriti di essere corretto per mezzo del servo.

Necessità del dominio sui sensi.

5. 6. Questo problema in che senso ti riguarda? Nel non abbandonarti al piacere della carne fino all'illecito e qualche volta nel mettere un freno anche a ciò che è lecito. Chi non mette mai un freno alle cose lecite, è contiguo alle illecite. Come, ad esempio, fratelli, è lecito il matrimonio, illecito l'adulterio; e tuttavia gli uomini temperanti, per tenersi lontani dall'adulterio illecito, pongono un freno anche nel matrimonio lecito. E` lecito bere a sazietà, è illecita l'ubriachezza; tuttavia gli uomini morigerati, per tenersi lontani dalla vergogna dell'ubriachezza, reprimono anche, in parte, la loro libertà di farsi sazi. Comportiamoci così, fratelli; siamo temperanti e agiamo coscientemente, tenendo presente il fine del nostro agire. Ponendo una misura al piacere della carne, si acquista il piacere dello spirito.

Scopo del digiuno.

5. 7. Perciò bisogna considerare quale sia il fine dei nostri digiuni in rapporto al nostro cammino, quale sia il nostro cammino, quale la méta. Infatti anche i pagani qualche volta digiunano, ma non sanno quale è la méta a cui tendiamo noi. Anche i Giudei qualche volta digiunano ma non hanno preso la via che percorriamo noi. E` come quando uno doma il suo cavallo ma prende una strada sbagliata. Digiunano anche gli eretici. Vedo il loro comportamento. Domando quale è la loro méta. " Voi digiunate - dico - ma per piacere a chi? ". " A Dio ", rispondono. " Ma siete sicuri che il dono è accettato? ". Bisogna anzitutto considerare questo monito: Lascia il tuo dono e va' prima a riconciliarti col tuo fratello 27. Non è corretto domare le proprie membra e dilaniare le membra di Cristo 28. E` stato scritto: Si sente il clamore di litigi tra di voi e anche provocate e colpite con pugni quelli che stanno sotto la vostra giurisdizione. Non è questo il digiuno che voglio, dice il Signore 29. Sarebbe dunque da disapprovare il tuo digiuno se tu fossi nel contempo eccessivamente severo col tuo servo. Come si può approvare il tuo digiuno se non riconosci il tuo fratello? Non cerco da che cibo ti astieni, ma che cibo ami. Dimmi che cibo ami perché io possa acconsentire al fatto che tu te ne astenga. Ami il cibo della giustizia? Forse mi risponderai: " Lo amo ". Sia dunque manifesta la tua giustizia. Io ritengo cosa giusta infatti che tu adempia al tuo servizio verso il tuo superiore, affinché il tuo dipendente lo adempia verso di te. Parlavamo della carne, che è inferiore allo spirito, gli è soggetta; è fatta per essere da lui domata e regolata. Tu ti comporti con essa in modo che ti ubbidisca e le razioni il cibo perché la vuoi a te soggetta. Riconosci chi è maggiore, riconosci chi è superiore, se vuoi che l'inferiore giustamente si sottometta a te.

6. 7. E` un controsenso se la tua carne ubbidisce a te e tu non ubbidisci al tuo Dio. Da essa stessa sei condannato per il fatto che ti ubbidisce. Ubbidendoti fa testimonianza contro di te.

L'unità vale più del digiuno.

6. 8. " Ma a quale superiore - mi domandi - si deve ubbidire? ". Ecco che parla Cristo (tu ti eri detto amante della giustizia): Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri 30. Ascolta dunque il tuo Signore che comanda di amarci a vicenda. Egli fa un corpo solo di noi tutti, come membra del suo corpo, e il corpo ha un solo capo che è lui, il nostro Signore e Salvatore. Ma tu ti vuoi staccare dalle membra di Cristo. Tu non ami l'unità. Se ti fossi distorto un dito non correresti dal medico perché te lo aggiustasse? Il tuo corpo sta bene quando le sue membra si armonizzano tra loro; allora ti chiami sano, allora stai bene. Ma se qualcosa nel tuo corpo è in dissonanza con le altre parti, tu vai a cercare chi ti corregga. Perché dunque non cerchi che si corregga, che ritorni nella compagine delle membra di Cristo, che si armonizzi in questo stesso corpo e nel tuo 31 ciò che è in dissonanza? Certamente rispetto a tutte le altre membra i capelli sono una cosa di minore importanza 32. Che cosa c'è di più infimo, nel tuo corpo, dei tuoi capelli, di più insignificante, di minor conto? Eppure se vieni mal rasato ti inquieti col barbiere perché il taglio non è uniforme 33. E invece per le membra di Cristo non ti preoccupi di mantenere l'unità. E allora a che cosa valgono, a che cosa giovano i tuoi digiuni? Arrivi a ritenere che Dio non sia degno di essere servito nell'unità da tutti coloro che credono in lui; e tuttavia nel tuo corpo, nelle tue membra, nei tuoi capelli vuoi che questa unità sia osservata. Parlano le tue viscere, le tue membra che portano, contro di te, una vera testimonianza e tu invece ne porti una falsa contro le membra di Cristo.

Lo spirito scismatico.

6. 9. Ti sei dissociato dal digiuno dei pagani? u lo credi e perciò ti ritieni sicuro. " Io - dici - digiuno per Cristo. Essi per gli idoli e i demoni ". Accetto il tuo ragionamento e, in realtà, la distinzione c'è. Ma ecco, come dicevo poc'anzi, in qual modo le tue membra portavano una testimonianza contro di te, così che ti ammonivo come devi comportarti con le membra di Cristo tuo Dio; e gli stessi pagani, dai quali distingui il tuo digiuno, ti insegnino qualcosa sull'unità del tuo Cristo.

I pagani sono concordi nel culto agli stessi dèi fra loro discordi.

7. 9. Ecco, essi, non divisi tra loro, venerano molti dèi falsi. E noi forse abbiamo trovato l'unico, vero Dio ma in modo tale da non essere nell'unità pur essendo sotto un solo Dio? Essi ne hanno molti e falsi, noi uno solo e vero. Essi sotto molti e falsi non hanno divisione; noi sotto uno e vero non arriviamo a tenere l'unità. Non ti dispiace, non te ne rammarichi, non ti vergogni? C'è di più. I pagani non solo venerano molti dèi falsi, ma anche parecchi fra di loro contrari e nemici. A mo' di esempio ricordiamone alcuni, se non possiamo tutti. Ercole e Giunone erano nemici: erano stati uomini infatti, figliastro lui, matrigna lei. All'uno e all'altro i pagani eressero templi, a Giunone e ad Ercole. Adorano lui, adorano lei. Vanno ugualmente da Giunone, ugualmente da Ercole. Sono concordi nel culto a loro che sono in discordia. Vulcano e Marte sono nemici e ne ha buona ragione Vulcano; ma dammi un giudice che ascolti! Il misero odia l'adulterio della moglie e tuttavia non osa distogliere dal tempio di Marte i suoi devoti. E così adorano l'uno e l'altro. Se dovessero imitare i loro dèi litigherebbero anche i devoti. Vanno invece dal tempio di Marte a quello di Vulcano. Sembrerebbe una sconvenienza. E invece non temono che il marito si adiri perché si viene a lui dal tempio dell'adultero Marte. (Hanno buon senso, sanno che la pietra non può sentire). Ecco, venerandone molti, falsi, diversi, avversi tra loro, tengono tuttavia nel venerarli una certa unità. In questo modo gli stessi pagani, dai quali hai distinto il tuo digiuno, portano una testimonianza contro di te. Vieni all'unità, fratello [donatista]! Noi veneriamo un solo Dio e non abbiamo mai visto il Padre e il Figlio in litigio tra loro 34. I pagani non vadano in collera con me perché ho detto queste cose dei loro dèi. Perché dovrebbero adirarsi delle mie parole e non piuttosto dei loro scritti? Questi distruggano prima, se possono, anzi se vogliono. Se non vogliono esserne ammaestrati i grammatici smettano d'insegnare. Si adirerebbe dunque con me [il pagano] in quanto dico le stesse cose per cui paga la scuola affinché il figlio le impari?

Adoperarsi per l'unità coi Donatisti.

8. 10. Dunque, o carissimi, essi hanno precisamente tali dèi, o meglio li ebbero. Poiché infatti essi non vollero abbandonarli, furono abbandonati da loro. Ci sono molti anche che li abbandonarono e ancora oggi li abbandonano: abbattono i loro templi all'interno del cuore; godiamo di loro in quanto vengono all'unità, non alla divisione. Il pagano non trovi un'occasione che lo induca a non diventare cristiano. Siamo concordi, fratelli, noi che veneriamo un solo Dio, per poterli in un certo qual modo, con la nostra concordia, esortare ad abbandonare i molti dèi perché vengano alla pace e all'unità a venerare un solo Dio. E se per caso, per il fatto che noi cristiani non abbiamo tra di noi l'unità, s'infastidiscono e per questo ci criticano e perciò sono lenti e pigri nel venire alla salvezza, li arringherò un poco. Vi dirò io che cosa dovete dir loro. Non preferiscano a noi la loro quasi concordia, non si compiacciano della loro unità. Essi non devono sopportare il nemico che dobbiamo affrontare noi. Questo nemico stesso in sostanza li possiede anche se non sono discordi 35. Egli li vede adoratori dei falsi dèi, li vede servi e servi di demoni. A questo punto che vantaggio c'è per lui se litigano o, per lui, che danno c'è se non litigano? Li possiede comunque così come sono, partecipi della stessa credenza vana e falsa, anche se d'accordo tra di loro. Quando si vedrà abbandonato e vedrà molti correre all'unico Dio, lasciare i suoi sacrileghi riti, abbattere i templi, spezzare gli idoli, proibire i sacrifici, allora vedrà di aver perso quelli che teneva in potere, li vedrà allontanarsi dalla sua famiglia, conoscere il vero Dio. Allora che farà? A quali insidie ricorrerà? Sa che non ci può possedere se siamo concordi, che non ci può dividere l'unico Dio, che non può più presentare a noi i falsi dèi. Sa che la nostra vita è la carità, la nostra morte la discordia; perciò ha introdotto liti tra i cristiani, non potendo fabbricare molti dèi per i cristiani; moltiplicò le sètte, seminò errori, stabilì gli eretici. Ma tutto quel che ha fatto lo ha fatto con quella paglia di cui parlò il Signore. Ecco la nostra sicurezza: anche se egli infierisce, anche se insidia e semina vari dissensi fra i cristiani, e noi invece riconosciamo il nostro Dio, se siamo fedeli a lui concordemente, se manteniamo la fede, siamo al sicuro. Fratelli, il frumento dell'aia non va via o se va via ritorna; il vento della tentazione invece porta via qualcosa della paglia 36. Onde per noi non si crea via di perdizione ma impegno di esercitazione. E quanta paglia non è portata via ora sarà vagliata nell'ultimo giudizio e non va, tutta la paglia, se non nel fuoco. Dobbiamo darci da fare, fratelli, finché siamo in tempo, con quante forze possiamo, con quanta attenzione possiamo, perché, se può avvenire, ritorni magari insieme alla paglia, il frumento, purché esso non perisca. Qui è messo alla prova il nostro amore, qui ci viene proposta la grande opera della nostra vita. Non sarebbe individuata la misura del nostro amore ai fratelli, se nessuno fosse messo alla prova; nel giudizio finale non apparirebbe quanto è l'amore se fosse cosa trascurabile l'abisso della perdizione.

La coercizione.

9. 11. Diamoci da fare, fratelli, senza sosta, con ogni attività, con ogni fatica, con pio affetto verso Dio, verso di loro e, fra di noi, perché non succeda che, volendo sopire la loro vecchia discordia, provochino nuove risse fra di noi; sopra ogni cosa siamo attenti a mantenere fra noi fermissimo l'amore. Essi si sono congelati nelle loro iniquità. Come puoi sciogliere il ghiaccio dell'iniquità, se non ardi della fiamma della carità? Non facciamo caso se risultiamo molesti coll'incalzarli. Vediamo quale è il fine: in esso teniamoci sicuri. Forse che li portiamo alla morte e non invece via dalla morte? Assolutamente curiamo queste vecchie ferite, in qualsiasi modo possiamo, ma umilmente; e andiamo cauti perché non venga meno tra le mani del medico colui che viene curato. Che cosa ci sentiamo in dovere di fare se piange il bambino che viene condotto a scuola? E che cosa dobbiamo pensare se uno rifiuta la mano del medico che opera il taglio? Gli Apostoli furono pescatori e il Signore disse loro: Vi farò pescatori di uomini 37. Ma dal profeta è stato detto che Dio prima avrebbe mandato i pescatori, poi i cacciatori 38. Prima mandò i pescatori, poi manda i cacciatori. Perché i pescatori, perché i cacciatori? Dal profondo abissale mare della superstizione idolatrica sono stati pescati i credenti con le reti della fede. E i cacciatori perché furono mandati? Furono mandati perché essi vagavano per monti e colli 39, cioè per le superbie umane, per gli orgogli terreni. Uno di questi monti è Donato, un altro Ario, un altro Fotino e un altro Novato; erravano i credenti per questi monti; il loro vagare aveva bisogno dei cacciatori. Perciò sono stati distribuiti i diversi uffici dei pescatori e dei cacciatori, perché non capiti che costoro ci dicano: " Perché gli Apostoli non costrinsero nessuno, non spinsero nessuno? ". Il pescatore, in quanto tale, butta le reti in mare e tira su quello che vi è incappato dentro. Il cacciatore invece circonda le selve, scuote i cespugli di rovi e, moltiplicate da ogni parte le minacce costringe a cadere nelle reti. Non vada né di qua né di là; da qui vienigli incontro, di là urtalo, dall'altra parte spaventalo; non possa evadere, non sfugga. Ma le nostre reti sono vita perché si conservi l'amore. Non preoccuparti di quanto gli puoi essere molesto, ma di quanto tu lo ami. Qual è la tua pietà se tu lo risparmi ed egli muore?

Il sonno letargico e il figlio del vecchio morente.

10. 12. Fratelli, considerate anche questo paragone, questa similitudine; una sola cosa può in effetti aver molte similitudini. Gli uomini sono strutturati in modo che ognuno vuole una successione nei figli; e non c'è nessuno che non desideri e speri nella sua casa questo ordine: che chi ha generato ceda il posto ai generati ed essi succedano. Tuttavia se un vecchio padre è malato (non faccio il caso del figlio malato assistito dal padre, che invece cerca l'erede, desidera il successore, che lo ha generato perché viva lui morto; non dico questo) dico dunque se il padre è malato, sta per andarsene, vecchio, vicino alla morte, al punto in cui chiede di assecondare l'ordine della natura, quando ormai non ha più niente da sperare, tuttavia se è malato e gli sta vicino con affetto il figlio, e il medico vede che è preso da un sonno nocivo, letale, egli è paziente col vecchio che sta per morire, anche per quei pochi giorni che gli restano da vivere; e sta lì il figlio, premuroso vicino al padre, e sente il medico dire: " Quest'uomo può cadere in letargo e poi morire se lo si lascia prendere dal sonno; se volete che viva non deve dormire ". E quel sonno nocivo invece lo prende: nocivo e dolce. Ma il figlio ammonito dal medico sta lì attento e, con fastidio del padre, lo sveglia mettendogli le mani addosso; se il sonno è più forte, lo pizzica e, se questo non serve, lo punge. Certamente riesce fastidioso al padre, ma sarebbe empio se non gli desse questo fastidio. In quanto a lui che vorrebbe morire, respinge il figlio molesto col volto corrucciato e con la voce alterata: " Lasciami stare, perché mi tormenti? ". " E` che il medico ha detto che se ti addormenti, muori ". Ed egli: " Lasciami stare, voglio morire ". Il vecchio dice: " Voglio morire " e il figlio sarebbe empio se non dicesse: " Io non lo voglio ". E si tratta comunque di una vita temporale; né colui a cui riesce molesto il figlio che lo vuol svegliare resta perpetuamente in quella vita, né il figlio che succede al padre che se ne va e muore. Tutti e due passano attraverso di essa, tutt'e due vi trasvolano, di passaggio; e tuttavia sarebbero empi se non provvedessero a mantenere questa vita temporale a rischio di rendersi molesti a vicenda. Dunque io, se vedessi il mio fratello preso da un sonno di cattiva lega, non lo sveglierei per timore di essere molesto a chi sta dormendo e morendo? Lungi da me il fare questo, anche se, lui vivo, è più ristretto il mio patrimonio. Nel nostro caso poiché ciò che riceveremo non si può dividere e anche se si moltiplicano i possessori non diminuisce il patrimonio, non lo terrò desto, sveglio, anche se lo infastidisco, sicché privo del sonno di un antichissimo errore, possa godere con me l'eredità dell'unità? Certo che lo farò. Se sono sveglio lo farò. Se non lo faccio, dormo anch'io.

Non si deve dividere l'eredità del Signore.

11. 13. Carissimi, il Signore, mentre parlava alle turbe, fu interpellato da un tale che gli disse: Signore, di' a mio fratello che divida con me l'eredità. E il Signore: O uomo, chi mi ha costituito, dimmi, mediatore di eredità tra voi? 40 Certamente egli non rifiutava di frenare l'avidità ma non voleva diventare giudice in una divisione. In quanto a noi, carissimi, non cerchiamolo come giudice in tali vertenze, perché tale non è la nostra eredità. Noi con pura fronte e con buona coscienza interpelliamo il Signore nostro e ognuno gli dica: " Signore, di' a mio fratello non che divida ma che possegga insieme con me l'eredità ". Che cosa vuoi dividere, fratello? Quello che il Signore ci ha lasciato non può essere diviso. E` forse oro, infatti, che richieda una bilancia per la divisione? E` forse argento, è denaro, è bestiame, o sono schiavi, o alberi o campi? Tutte queste cose si possono dividere. Non si può invece dividere: Vi dò la mia pace, vi lascio la mia pace 41. Infine nelle eredità terrene c'è anche il fatto che la divisione produce una diminuzione. Supponi due fratelli sotto uno stesso padre. Tutto ciò che possiede il padre è di ambedue: tutto dell'uno e dell'altro. Per cui se si fa una domanda sulla proprietà e se ad uno di loro ad esempio si chiede: " Di chi è quel cavallo? ", egli risponderà: " E` nostro ". " Di chi quel fondo? Quello schiavo? ", sempre risponderà: " E` nostro ". Ma, se si farà la divisione, diversa è la risposta. " Di chi è quel cavallo? ". " E` mio ". " E questo di chi è? ". " Di mio fratello ". Ecco che cosa ha fatto la divisione. Non hai guadagnato una parte, ma perso una parte. Dunque anche se avessimo un'eredità che si può dividere non dovremmo dividerla per non diminuire le nostre ricchezze. E certo non vi è cosa più nociva per i figli che voler fare la divisione vivo il padre. Se questo si accingono a fare, se promuovono liti e contese per rivendicare ognuno a sé la propria parte, direbbe il vecchio: " Che cosa fate? Sono ancora vivo, aspettate, un poco, la mia morte, poi fate a pezzi la mia casa ". Noi abbiamo come padre Dio. Perché andare in divisioni? Perché andare in liti? Almeno aspettiamo. Se può morire, divideremo.


Note:


 

1 - Cf. Sal 77, 24-25.

2 - Mt 5, 6.

3 - Fil 3, 12.

4 - Cf. At 9, 15.

5 - Cf. Mt 9, 20-22; Lc 8, 34-48.

6 - 1 Cor 15, 8-10.

7 - Fil 3, 13-14.

8 - Fil 1, 23.

9 - Praef. Missae.

10 - Cf. Rm 8, 23-24.

11 - Cf. 2 Cor 5, 6-7.

12 - Cf. Sal 31, 9; Sal 48, 21.

13 - Cf. 1 Cor 15, 32.

14 - Fil 3, 14.

15 - Cf. Fil 3, 19.

16 - Sap 9, 15.

17 - Cf. Is 58, 3.

18 - Cf. Gv 14, 6.

19 - Cf. Mt 22, 30; Lc 20, 36.

20 - Gal 5, 17.

21 - Ef 5, 29.

22 - Gal 5, 17.

23 - 1 Cor 15, 22.

24 - Ef 2, 3.

25 - Cf. Rm 7, 2.

26 - 1 Cor 9, 26-27.

27 - Mt 5, 24.

28 - Cf. 1 Cor 6, 15.

29 - Is 58, 4-5.

30 - Gv 13, 34.

31 - Cf. Ef 4, 16.

32 - Cf. Mt 10, 30; Lc 21, 18.

33 - ORAZIO, Ep. 1, 1, 94.

34 - Cf. Gv 10, 30.

35 - Cf. Rm 2, 2; Gal 5, 21.

36 - Cf. Mt 3, 12; Lc 3, 17.

37 - Mt 4, 19.

38 - Cf. Ger 16, 16.

39 - Cf. Ger 16, 16; Ez 34, 6.

40 - Lc 12, 13-14.

41 - Gv 14, 27.


8 - Prosegue il discorso precedentemente riportato con la spiegazione del capitolo dodicesimo dell'Apocalisse.

La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda

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94. Il testo letterale di questo capitolo dell'Apocalisse dice: Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio, destinato a goverare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio; poiché hanno disprezzato la vita fino a monre. Esultate, dunque, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo». Or quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò contro la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente. Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d'acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. E si fermò sulla spiaggia del mare.

95. Sin qui il testo letterale dell'Evangelista, che parla al passato, perché allora gli si presentava la visione di ciò che già era avvenuto, e dice: Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Questo segno apparve realmente nel cielo per volontà di Dio, che lo propose apertamente sia agli angeli buoni che ai cattivi, affinché in vista di ciò determinassero la loro volontà ad obbedire ai precetti del suo beneplacito. Così lo videro prima che i buoni si decidessero al bene e i cattivi al peccato e fu come segno di quanto ammirabile si sarebbe dimostrato Dio nella formazione della natura umana. Sebbene avesse già dato agli angeli cognizione di questa rivelando loro il mistero dell'unione ipostatica, nondimeno volle manifestarla loro in modo differente in una semplice creatura, la più perfetta e santa che dopo Cristo nostro Signore avrebbe creato. Ella fu, inoltre, come segno da cui gli angeli buoni venissero assicurati che, sebbene Dio rimanesse offeso dalla disobbedienza dei cattivi, non per questo si sarebbe trattenuto dall'eseguire il decreto di creare gli uomini, poiché il Verbo incarnato e quella donna, Madre sua, lo avrebbero obbligato infinitamente più di quanto potessero disobbligarlo gli angeli disobbedienti. Fu anche come arcobaleno, a somiglianza del quale si sarebbe posto, dopo il diluvio, quello delle nubi, per dare la certezza che, se gli uomini avessero peccato e disubbidito come gli angeli, non per questo sarebbero stati puniti senza remissione, ma avrebbe apprestato loro un salutare farmaco e il rimedio per mezzo di quel mirabile segno. Fu come se dicesse agli angeli: «Non castigherò in questo modo le creature che creerò, perché appunto dalla natura umana discenderà quella donna nel cui grembo prenderà carne mortale il mio Unigenito, il quale sarà il restauratore della mia amicizia, il pacificatore della mia giustizia, colui che riaprirà il cammino della felicità chiuso dalla colpa».

96. Come prova di ciò l'Altissimo, alla vista di quel segno, dopo che gli angeli ribelli furono castigati, si mostrò ai buoni come rasserenato e placato dall'ira procuratagli dalla superbia di Lucifero. A nostro modo d'intendere, in un certo senso si ricreava con la presenza della Regina del cielo, rappresentata in quell'immagine, facendo capire agli angeli santi che, per mezzo di Cristo e della sua Madre, avrebbe posto negli uomini la grazia e i doni che gli apostati, per la loro ribellione, avevano perduto. Quel segno apportò anche un altro effetto negli angeli buoni: siccome per la perfidia e la contesa di Lucifero erano - a nostro modo d'intendere - come contristati e afflitti e quasi turbati, l'Altissimo volle che con la vista di quel segno si rallegrassero e si accrescesse loro, con la gloria essenziale, questo gaudio accidentale, meritato con la vittoria riportata. Vedendo cioè quella verga di clemenza che si presentava loro in segno di pace, subito conoscessero che non si doveva intendere per loro la legge del castigo, avendo essi ubbidito alla divina volontà e ai suoi precetti. Gli angeli nello stesso tempo penetrarono in quella visione molti misteri e segreti dell'incarnazione racchiusi in essa; altri circa la Chiesa militante e i suoi membri; come essi stessi avrebbero assistito e soccorso il genere umano, custodendo gli uomini, difendendoli dai loro nemici e guidandoli all'eterna felicità; che tale felicità ricevevano essi stessi per i meriti del Verbo incarnato, avendoli sua divina Maestà preservati in virtù dello stesso Cristo, previsto nella sua mente divina.

97. Come tutto questo fu di grande allegrezza e gioia per gli angeli buoni, così risultò di altrettanto tormento per i cattivi e fu come inizio e parte del loro castigo, avendo subito compreso ciò di cui non si erano approfittati e che quella donna doveva vincere e schiacciare la loro testa. In questo capitolo l'Evangelista comprese tutti questi misteri, più altri che non posso spiegare, e specialmente in questo gran segno, benché lo riferisse in modo oscuro ed enigmatico, fino a che giungesse il tempo.

98. Il sole, di cui era vestita la donna, è il Sole verace di giustizia. Da ciò gli angeli dovevano intendere che era volontà efficace dell'Altissimo assistere sempre egli stesso questa donna, essendole presente per grazia, farle scudo e, con la protezione del suo invincibile braccio, difenderla. Ella aveva sotto ai suoi piedi la luna, perché nella divisione che questi due pianeti fanno del giorno e della notte, la notte della colpa, rappresentata dalla luna, doveva restare ai suoi piedi, mentre il sole, che è il giorno della grazia, doveva vestirla tutta eternamente. Ciò anche perché sotto ai suoi piedi avrebbero dovuto stare le defezioni dalla grazia, che sono proprie a tutti i mortali, senza che mai potessero aver posto nel suo corpo o nella sua anima, corpo e anima che dovevano andare sempre crescendo in santità, al di sopra di tutti gli uomini e di tutti gli angeli. Quindi ella sola doveva uscire libera dalla notte e dalle defezioni di Lucifero e di Adamo, cose che ella avrebbe sempre calpestato senza che potessero prevalere su di lei. Per questo il Signore, in presenza di tutti gli angeli, le pose sotto i piedi, come vinte, tutte le colpe e le forze del peccato originale ed attuale, affinché i buoni la conoscessero e i cattivi - anche se non penetrarono tutti i misteri di quella visione - paventassero quella donna ancora prima che esistesse.

99. La corona delle dodici stelle, come è chiaro, sono tutte le virtù che avrebbero redento questa Regina del cielo e della terra; il mistero di essere dodici fu pure per designare le dodici tribù di Israele, alle quali gli eletti e tutti i predestinati si riducono, come indica l'Evangelista nel capitolo settimo dell'Apocalisse. Ora, siccome tutti i doni, tutte le grazie e le virtù di tutti gli eletti dovevano coronare la loro Regina in grado immensamente superiore al loro, le fu posta sul capo tale corona di dodici stelle.

100. Era incinta. Era necessario infatti che, in presenza di tutti gli angeli, per letizia dei buoni e pena dei cattivi, che resistevano alla divina volontà e a questi misteri, si manifestasse che tutta la santissima Trinità aveva eletto madre dell'Unigenito del Padre quella meravigliosa donna. Inoltre, siccome questa dignità di Madre del Verbo era la maggiore, il principio e il fondamento di tutte le altre eccellenze di questa grande signora e di questo celeste segno venne presentata agli angeli, appunto in quella forma, vale a dire come ricettacolo di tutta la santissima Trinità nella divinità e nella Persona del Verbo incarnato. Data l'inseparabilità della loro unione e l'indissolubilità della loro coesistenza, le tre Persone divine non possono che essere necessariamente l'una nell'altra. Tuttavia, solo la Persona del Verbo assunse carne umana, divenendo il frutto del grembo di Maria.

101. Gridava. Difatti, sebbene la dignità di questa Regina e siffatto mistero dovessero restare da principio nascosti, affinché Dio nascesse povero, umile e sconosciuto, tuttavia questo parto diede poi grida così grandi, che l'eco primo bastò a turbare e far uscire fuori di sé il re Erode ed i suoi e ad obbligare i Magi ad abbandonare le case e le loro patrie per venire a cercarlo; i cuori degli uni si turbarono e quelli degli altri palpitarono di affetto. E, crescendo, il frutto di questo parto, poiché fu innalzato sulla croce, diede grida così grandi che si udirono dall'oriente all'occidente e dal settentrione al mezzogiorno. Tanto si fece sentire la voce di quella donna, che, partorendo, diede alla luce la Parola dell'eterno Padre.

102. Gridava per le doglie e il travaglio del parto. Non dice questo perché dovesse partorire con dolori, poiché ciò non era possibile in un simile parto divino, ma perché per questa madre fu un gran dolore e tormento che, quanto all'umanità, quel corpicino divinizzato uscisse dal segreto del suo grembo verginale al fine di patire, obbligato a dare soddisfazione al Padre per i peccati del mondo e a pagare ciò che non avrebbe commesso. La Regina del cielo doveva conoscere, e di fatto conobbe, tutto questo per la scienza che possedeva delle Scritture. E invero, per il naturale amore di tale madre a tale figlio, necessariamente doveva sentire questa pena, quantunque con uniformità al volere del Padre. Inoltre, per questo tormento, si comprende anche quello che avrebbe patito la pietosissima Madre, prevedendo i tempi nei quali avrebbe dovuto restar priva della presenza del suo tesoro, dopo che fosse uscito dal suo talamo verginale. Se infatti, quanto alla divinità, lo aveva concepito nell'anima, nondimeno, quanto all'umanità, avrebbe dovuto starsene molto tempo senza di lui che comunque era suo Figlio e figlio unicamente suo. E quantunque l'Altissimo avesse deciso di preservarla dalla colpa, non così però dai travagli e dai dolori corrispondenti al premio che le era preparato. Pertanto i dolori di questo parto non furono effetti del peccato come nelle discendenti di Eva, ma bensì dell'intenso e perfettissimo amore di questa divina Madre verso il suo unico e santissimo Figlio. Tutti questi misteri furono per gli angeli buoni altrettanti motivi di ammirazione e di lode, mentre per i cattivi furono il principio della loro punizione.

103. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. A quanto detto sinora, seguì il castigo di Lucifero e dei suoi alleati, perché alle sue bestemmie contro quella donna rappresentata nel segno, fu trasformato da bellissimo angelo che era in un fierissimo ed orribilissimo drago, del quale altresì in quel momento apparve il segno sensibile della sua forma esteriore. Levò in alto con furore le sette teste, che furono sette legioni o squadroni, nei quali si ripartirono tutti quelli che, avendo seguito lui, precipitarono. A tutte queste schiere, poi, diede un capo, ordinando loro di peccare, incitare e spingere ai sette peccati mortali, che comunemente si chiamano capitali perché in essi si racchiudono gli altri peccati; questi angeli sono dunque i capi delle bande che si sollevano contro Dio. Essi si distinguono in superbia, invidia, avarizia, ira, lussuria, gola ed accidia, che furono i sette diademi con i quali Lucifero, trasformato in drago, venne coronato, dandogli l'Altissimo questo castigo, che egli guadagnò per sé come per gli angeli suoi alleati, quale premio della sua orribile malvagità. A tutti infatti fu assegnato un castigo con pene corrispondenti alla loro rispettiva malizia e all'essere stati autori dei sette peccati capitali.

104. Le dieci corna delle teste indicano i trionfi dell'iniquità e della malizia del drago, nonché la glorificazione e l'arrogante e vana esaltazione che egli attribuisce a se stesso nella pratica dei vizi. Con questi affetti pervertiti, per conseguire il fine della sua arroganza, offrì agli infelici angeli la sua depravata e velenosa amicizia, con finti principati, poteri e premi. Furono tali promesse, piene di bestiale ignoranza, la coda con cui il drago trascinò un terzo delle stelle del cielo; le stelle, in verità, erano quegli angeli che, se avessero perseverato, in seguito sarebbero stati risplendenti come il sole, con gli altri angeli e i giusti, per l'eternità. Al contrario, il meritato castigo li precipitò nella terra della loro sventura, fino al centro di essa che è l'inferno, dove staranno eternamente privi di luce e di gioia.

105. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Tanto fu smisurata la superbia di Lucifero che pretese di porre il suo trono nelle altezze; in presenza di quella visione della donna, con sommo vaneggiamento, disse: «Eppure il figlio, che questa donna deve partorire, è di natura inferiore alla mia: io lo divorerò e lo farò perire, contro di lui leverò una fazione che mi segua, seminerò dottrine contro i suoi pensieri e contro le leggi che ordinerà, lo combatterò e contrasterò in eterno». Ma la risposta dell'Altissimo fu che appunto quella donna avrebbe partorito un figlio maschio, il quale avrebbe governato le genti con scettro di ferro. Il Signore soggiunse: «Quest'uomo non solo sarà figlio di questa donna, ma anche Figlio mio, uomo e Dio vero, così potente che vincerà la tua superbia e stritolerà il tuo capo. Sarà per te e per tutti coloro che ti ascolteranno e seguiranno giudice potente, che ti comanderà con scettro di ferro e sventerà tutti i tuoi disegni alteri e vani. Questo Figlio sarà innalzato al mio trono per sedersi alla mia destra e giudicare, ed io porrò i suoi nemici a sgabello dei suoi piedi, perché su di essi trionfi. Sarà premiato come uomo giusto che, essendo Dio, ha tanto operato per le sue creature; tutti lo conosceranno e gli tributeranno riverenza e gloria. Ma tu, il più sventurato, conoscerai il giorno dell'ira dell'Onnipotente. Questa donna poi verrà posta nel deserto, dove avrà un luogo da me stesso a lei preparato». Questo luogo solitario, dove fuggì la donna, indica la singolarità della nostra grande Regina nell'essere esente da ogni peccato, unica e sola nella santità somma, poiché, essendo donna della comune natura dei mortali, precedette tutti gli angeli nella grazia e nei doni, come nei meriti che con essi ottenne. Così fuggì e si pose in una vera solitudine tra le semplici creature, essendo unica e senza uguali in mezzo a tutte loro. Tale solitudine era così lontana dal peccato che il drago non poté raggiungere la donna con la vista e sin dalla sua concezione non poté riconoscerla. Così l'Altissimo la pose sola ed unica nel mondo, senza alcun rapporto col serpente né subordinazione a lui; anzi, con fermezza e decisa protesta, decretò e disse: «Questa donna, dal primo istante della sua esistenza, sarà mia eletta ed unica per me. Io fin da ora la preservo dalla giurisdizione dei suoi nemici e le assegno un luogo di grazia eminentissimo ed unico, perché vi sia nutrita per milleduecentosessanta giorni». Per tale numero di giorni la Regina del cielo doveva rimanere in uno stato altissimo di singolari benefici interiori e spirituali, oltremodo ammirabili e memorabili. Ciò avvenne negli ultimi anni della sua vita, come riferirò al momento opportuno con l'aiuto della divina grazia. In questo stato fu nutrita in modo così divino che il nostro intelletto è troppo limitato per comprenderlo. Ora, essendo questi benefici il fine a cui erano stati ordinati gli altri doni che la Regina del cielo ricevette in vita, l'Evangelista decise di riportarli nei particolari.


HO UNITO LA TUA PICCOLEZZA ALLA MIA GRANDEZZA A.N.A. 91 17 maggio 1995

Catalina Rivas

Gesù

Perché hai paura? La sola cosa che devi temere è il venir meno della tua volontà, fino a lasciare che si indebolisca.

Non perdere la speranza, non smettere di lottare per Me... Avrai nuove sofferenze, i tuoi amici feriranno te come i Miei hanno ferito Me. Perché non tu?

Io sono il principio e la fine e ho unito la tua piccolezza alla Mia grandezza; la tua debolezza alla Mia forza; i tuoi timori alla Mia gloria.

Allontanati, sparisci per un po', poi lo capirai. Io voglio che così sia. Taci, evadi, fuggi, solo per Me. Metti da parte le amicizie.

Anche il Sacerdote che è in viaggio Mi riconoscerà. Tra gli umani ci saranno sempre interessi; taci, osserva, ritirati... Amami, non ti serve altro...!