Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 15° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 11
1Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli".2Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
4e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione".
5Poi aggiunse: "Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani,6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti;7e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli;8vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
9Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.10Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?13Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!".
14Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate.15Ma alcuni dissero: "È in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni".16Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.17Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: "Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra.18Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl.19Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici.20Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.
21Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro.22Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.
23Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.
24Quando lo spirito immondo esce dall'uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito.25Venuto, la trova spazzata e adorna.26Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell'uomo diventa peggiore della prima".
27Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!".28Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!".
29Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona.30Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione.31La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui.32Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui.
33Nessuno accende una lucerna e la mette in luogo nascosto o sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché quanti entrano vedano la luce.34La lucerna del tuo corpo è l'occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre.35Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra.36Se il tuo corpo è tutto luminoso senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore".
37Dopo che ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola.38Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.39Allora il Signore gli disse: "Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità.40Stolti! Colui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'interno?41Piuttosto date in elemosina quel che c'è dentro, ed ecco, tutto per voi sarà mondo.42Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre.43Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze.44Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo".
45Uno dei dottori della legge intervenne: "Maestro, dicendo questo, offendi anche noi".46Egli rispose: "Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!47Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi.48Così voi date testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri.49Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno;50perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo,51dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.52Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l'avete impedito".
53Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti,54tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
Primo libro di Samuele 27
1Davide pensò: "Certo un giorno o l'altro perirò per mano di Saul. Non ho miglior via d'uscita che cercare scampo nel paese dei Filistei; Saul rinunzierà a ricercarmi in tutto il territorio d'Israele e sfuggirò dalle sue mani".2Così Davide si mosse e si portò, con i seicento uomini che aveva con sé, presso Achis, figlio di Moach, re di Gat.3Davide rimase presso Achis in Gat, lui e i suoi uomini, ciascuno con la famiglia; Davide con le due mogli, Achinoàm di Izreèl e Abigail, già moglie di Nabal da Carmel.4Fu riferito a Saul che Davide si era rifugiato in Gat e non lo cercò più.
5Davide disse ad Achis: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mi sia concesso un luogo in una città del tuo territorio dove io possa abitare. Perché dovrà stare il tuo servo presso di te nella tua città reale?".6E Achis quello stesso giorno gli diede Ziklàg; per questo Ziklàg è rimasta in possesso di Giuda fino a oggi.7La durata del soggiorno di Davide nel territorio dei Filistei fu di un anno e quattro mesi.8Davide e i suoi uomini partivano a fare razzie contro i Ghesuriti, i Ghirziti e gli Amaleciti: questi appunto sono gli abitanti di quel territorio che si estende da Telam verso Sur fino al paese d'Egitto.9Davide batteva quel territorio e non lasciava in vita né uomo né donna; prendeva greggi e armenti, asini e cammelli e vesti, poi tornava indietro e veniva da Achis.10Quando Achis chiedeva: "Dove avete fatto scorrerie oggi?", Davide rispondeva: "Contro il Negheb di Giuda, contro il Negheb degli Ierahmeeliti, contro il Negheb dei Keniti".11Davide non lasciava sopravvivere né uomo né donna da portare a Gat, pensando: "Non vorrei che riferissero contro di noi: Così ha fatto Davide". Tale fu la sua condotta finché dimorò nel territorio dei Filistei.12Achis faceva conto su Davide, pensando: "Certo si è attirato l'odio del suo popolo, di Israele e così sarà per sempre mio servo".
Siracide 50
1Simone, figlio di Onia, sommo sacerdote,
nella sua vita riparò il tempio,
e nei suoi giorni fortificò il santuario.
2Da lui furon poste le fondamenta del doppio rialzo,
l'alto contrafforte della cinta del tempio.
3Ai suoi tempi fu scavato il deposito per le acque,
un serbatoio ampio come il mare.
4Premuroso di impedire la caduta del suo popolo,
fortificò la città contro un assedio.
5Come era stupendo quando si aggirava fra il popolo,
quando usciva dal santuario dietro il velo.
6Come un astro mattutino fra le nubi,
come la luna nei giorni in cui è piena,
7come il sole sfolgorante sul tempio dell'Altissimo,
come l'arcobaleno splendente fra nubi di gloria,
8come il fiore delle rose nella stagione di primavera,
come un giglio lungo un corso d'acqua,
come un germoglio d'albero d'incenso nella stagione estiva
9come fuoco e incenso su un braciere,
come un vaso d'oro massiccio,
ornato con ogni specie di pietre preziose,
10come un ulivo verdeggiante pieno di frutti,
e come un cipresso svettante tra le nuvole.
11Quando indossava i paramenti solenni,
quando si rivestiva con gli ornamenti più belli,
salendo i gradini del santo altare dei sacrifici,
riempiva di gloria l'intero santuario.
12Quando riceveva le parti delle vittime
dalle mani dei sacerdoti,
mentre stava presso il braciere dell'altare,
circondato dalla corona dei fratelli
come fronde di cedri nel Libano,
e lo circondavano come fusti di palme,
13mentre tutti i figli di Aronne nella loro gloria,
con le offerte del Signore nelle mani,
stavano davanti a tutta l'assemblea di Israele,
14egli compiva il rito liturgico sugli altari,
preparando l'offerta all'Altissimo onnipotente.
15Egli stendeva la mano sulla coppa
e versava succo di uva,
lo spargeva alle basi dell'altare
come profumo soave all'Altissimo, re di tutte le cose.
16Allora i figli di Aronne alzavano la voce,
suonavano le trombe di metallo lavorato
e facevano udire un suono potente
come richiamo davanti all'Altissimo.
17E subito tutto il popolo insieme
si prostrava con la faccia a terra,
per adorare il Signore, Dio onnipotente e altissimo.
18I cantori intonavano canti di lodi,
il loro canto era addolcito da una musica melodiosa.
19Il popolo supplicava il Signore altissimo
in preghiera davanti al Misericordioso,
finché fosse compiuto il servizio del Signore
e terminasse la funzione liturgica.
20Allora, scendendo, egli alzava le mani
su tutta l'assemblea dei figli di Israele
per dare con le sue labbra la benedizione del Signore,
gloriandosi del nome di lui.
21Tutti si prostravano di nuovo
per ricevere la benedizione dell'Altissimo.
22Ora benedite il Dio dell'universo,
che compie in ogni luogo grandi cose,
che ha esaltato i nostri giorni fino dalla nascita,
che ha agito con noi secondo la sua misericordia.
23Ci conceda la gioia del cuore
e ci sia pace nei nostri giorni
in Israele, per tutti i giorni futuri.
24La sua misericordia resti fedelmente con noi
e ci riscatti nei nostri giorni.
25Contro due popoli sono irritato,
il terzo non è neppure un popolo:
26quanti abitano sul monte Seir e i Filistei
e lo stolto popolo che abita in Sichem.
27Una dottrina di sapienza e di scienza
ha condensato in questo libro
Gesù figlio di Sirach, figlio di Eleàzaro, di
Gerusalemme,
che ha riversato come pioggia la sapienza dal cuore.
28Beato chi mediterà queste cose;
le fissi bene nel cuore e diventerà saggio;
29se le metterà in pratica, sarà forte in tutto,
perché la luce del Signore è la sua strada.
Salmi 121
1'Canto delle ascensioni'.
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l'aiuto?
2Il mio aiuto viene dal Signore,
che ha fatto cielo e terra.
3Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
4Non si addormenterà, non prenderà sonno,
il custode d'Israele.
5Il Signore è il tuo custode,
il Signore è come ombra che ti copre,
e sta alla tua destra.
6Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.
7Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
8Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.
Malachia 3
1Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate; l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, ecco viene, dice il Signore degli eserciti.2Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai.3Siederà per fondere e purificare; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un'oblazione secondo giustizia.4Allora l'offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani.5Io mi accosterò a voi per il giudizio e sarò un testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adùlteri, contro gli spergiuri, contro chi froda il salario all'operaio, contro gli oppressori della vedova e dell'orfano e contro chi fa torto al forestiero. Costoro non mi temono, dice il Signore degli eserciti.
6Io sono il Signore, non cambio;
voi, figli di Giacobbe, non siete ancora al termine.
7Fin dai tempi dei vostri padri
vi siete allontanati dai miei precetti,
non li avete osservati.
Ritornate a me e io tornerò a voi,
dice il Signore degli eserciti.
Ma voi dite:
"Come dobbiamo tornare?".
8Può un uomo frodare Dio?
Eppure voi mi frodate
e andate dicendo:
"Come ti abbiamo frodato?".
Nelle decime e nelle primizie.
9Siete già stati colpiti dalla maledizione
e andate ancora frodandomi,
voi, la nazione tutta!
10Portate le decime intere nel tesoro del tempio,
perché ci sia cibo nella mia casa;
poi mettetemi pure alla prova in questo,
- dice il Signore degli eserciti -
se io non vi aprirò le cateratte del cielo
e non riverserò su di voi benedizioni sovrabbondanti.
11Terrò indietro gli insetti divoratori
perché non vi distruggano i frutti della terra
e la vite non sia sterile nel campo,
dice il Signore degli eserciti.
12Felici vi diranno tutte le genti,
perché sarete una terra di delizie,
dice il Signore degli eserciti.
13Duri sono i vostri discorsi contro di me - dice il Signore - e voi andate dicendo: "Che abbiamo contro di te?".14Avete affermato: "È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall'aver osservato i suoi comandamenti o dall'aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti?15Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti".
16Allora parlarono tra di loro i timorati di Dio. Il Signore porse l'orecchio e li ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome.17Essi diverranno - dice il Signore degli eserciti - mia proprietà nel giorno che io preparo. Avrò compassione di loro come il padre ha compassione del figlio che lo serve.18Voi allora vi convertirete e vedrete la differenza fra il giusto e l'empio, fra chi serve Dio e chi non lo serve.
19Ecco infatti sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno venendo li incendierà - dice il Signore degli eserciti - in modo da non lasciar loro né radice né germoglio.20Per voi invece, cultori del mio nome, sorgerà il sole di giustizia con raggi benefici e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla.21Calpesterete gli empi ridotti in cenere sotto le piante dei vostri piedi nel giorno che io preparo, dice il Signore degli eserciti.
22Tenete a mente la legge del mio servo Mosè,
al quale ordinai sull'Oreb,
statuti e norme per tutto Israele.
23Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga
il giorno grande e terribile del Signore,
24perché converta il cuore dei padri verso i figli
e il cuore dei figli verso i padri;
così che io venendo non colpisca
il paese con lo sterminio.
Lettera ai Filippesi 3
1Per il resto, fratelli mei, state lieti nel Signore. A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose:2guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno circoncidere!3Siamo infatti noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci gloriamo in Cristo Gesù, senza avere fiducia nella carne,4sebbene io possa vantarmi anche nella carne. Se alcuno ritiene di poter confidare nella carne, io più di lui:5circonciso l'ottavo giorno, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei, fariseo quanto alla legge;6quanto a zelo, persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall'osservanza della legge.
7Ma quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo.8Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo9e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede.10E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte,11con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti.12Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo.13Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro,14corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
15Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo.16Intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea.
17Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate a quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi.18Perché molti, ve l'ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo:19la perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra.20La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo,21il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Capitolo VIII: La bassa opinione di sé agli occhi di Dio
Leggilo nella Biblioteca1. "Che io osi parlare al mio Signore, pure essendo polvere e cenere" (Gn 18,27). Se avrò tenuto troppo grande opinione di me, ecco tu mi starai dinanzi e le mie iniquità daranno testimonianza del vero, contro di me; né potrò controbattere. Se invece mi sarò considerato cosa da poco - riducendomi a un nulla, liberandomi da ogni reputazione di me stesso, facendomi polvere, quale sono - la tua grazia mi sarà propizia e la tua luce sarà vicina al mio cuore. Così ogni stima, anche minima, svanirà per sempre, sommersa nell'abisso della mia umiltà. In tal modo, o Dio, tu mi mostri a me stesso: che cosa sono e che cosa fui, a che giunsi. Sono un nulla ì, e neppure me ne rendo conto. Lasciato a me stesso, ecco il nulla; tutto è manchevolezza. Se, invece, d'un tratto, tu guardi me, immediatamente divento forte e pieno di nuova gioia. Ed è così veramente meravigliosa questo sentirmi così improvvisamente sollevato, e così amorosamente abbracciato da te; ché, per la mia gravezza, sono portato sempre al basso. E' opera, questa, del tuo amore: senza mio merito esso mi viene incontro, mi aiuta in tante mie varie necessità, mi mette al riparo da ogni grave pericolo e mi strappa da mali veramente innumerevoli.
2. Mi ero perduto, amandomi di un amore davvero non retto; invece, cercando soltanto te, e con retto amore, ho travato, ad un tempo, e me stesso e te. Per tale amore mi sono sprofondato ancor di più nel mio nulla; perché sei tu, che, nella tua grande bontà, vai, nei mie confronti, al di là di ogni merito, e al di là di quello che io oso sperare e chiedere. Sii benedetto, o mio Dio, perché, quantunque io non sia degno di alcun dono, la tua magnanimità e la tua infinita bontà non cessano di largire benefici anche agli ingrati, che si sono allontanati da te. Portaci di nuovo a te, affinché siamo pieni di gratitudine, di umiltà e di devozione. Tu sei infatti il nostro sostegno, la nostra forza, la nostra salvezza.
LETTERA 210: Agostino a Felicita e a Rustico sul dovere di sopportare i cattivi (n. 1) e su quello della correzione fraterna (n. 2).
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta verso il 423.
Agostino a Felicita e a Rustico sul dovere di sopportare i cattivi (n. 1) e su quello della correzione fraterna (n. 2).
AGOSTINO E COLORO CHE SONO CON LUI SALUTANO NEL SIGNORE LA DILETTISSIMA E SANTISSIMA MADRE FELICITA, IL FRATELLO RUSTICO E LE SORELLE CHE SONO CON ESSI
Benefici concessi da Dio ai malvagi.
1. Buono è il Signore 1 e diffusa per ogni luogo è la sua misericordia, che ci consola per mezzo della vostra carità, radicata nell'amore profondo di Lui. Quanto egli ami coloro che credono e sperano in lui e lo amano amandosi a vicenda, lo dimostra in modo speciale col fatto che perfino agl'infedeli, a coloro che non hanno speranza e perfino ai malvagi, ai quali minaccia il fuoco eterno in compagnia del diavolo 2, se rimangono sino alla fine della loro vita ostinati nella perversa loro volontà, tuttavia in questa vita accorda tanti benefici, poiché fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa cadere la pioggia sui giusti e sugli ingiusti 3; questa breve espressione è tale da farci immaginare tanti altri benefici. Chi potrebbe infatti contare tutti i favori e i doni gratuiti che gli empi ricevono da Dio, sebbene sia da loro disprezzato? Tra questi doni è grande quello per cui Dio, intercalando come castigo le tribolazioni ch'egli, al pari di un bravo medico, mescola alle dolcezze di questo mondo, li esorta, qualora volessero prestare attenzione, a scampare dal giudizio finale 4 e, mentre sono ancora in viaggio, ossia in questa vita, a mettersi d'accordo con i precetti di Dio, che si sono resi nemico con la loro cattiva condotta 5. Orbene, che cosa dal Signore Iddio, mosso dalla sua misericordia, non viene largito agli uomini, dal momento che perfino la tribolazione è un beneficio? La prosperità infatti è un dono di Dio con cui ci vuole consolare, mentre l'avversità è un dono di Dio con cui ci vuole avvertire. E se Dio concede questi benefici - come ho detto - anche ai malvagi, che cosa mai tiene preparato per coloro che lo aspettano? Rallegratevi perché anche voi, per sua grazia, siete stati riuniti nella comunità religiosa, sopportandovi a vicenda con amore, preoccupati di conservare l'unità dello spirito mediante il vincolo della pace 6. Non vi mancherà infatti l'occasione di soffrire vicendevolmente fino a quando il Signore, inghiottita la morte nella vittoria, non vi purificherà in modo che Dio sia tutto in tutti 7.
Correzione fraterna: difficile ma necessaria.
2. Non dobbiamo mai compiacerci dei dissensi, ma è pur vero che talora sono provocati dalla carità verso i nostri fratelli, o sono una prova della carità. Ove trovare infatti uno disposto a lasciarsi rimproverare? O dove trovare quel sapiente di cui la Scrittura dice: Rimprovera il sapiente e te ne sarà grato 8? Ciononostante, dovremmo forse per questo tralasciare di riprendere e correggere il fratello per evitare che s'avvii alla rovina senza preoccuparcene? Può darsi infatti, anzi accade spesso, che nel ricevere il rimprovero uno si rattristi, anzi vi si opponga ribattendo le proprie ragioni; in seguito però riflette nel silenzio della sua anima, ove non c'è altri che Dio e lui stesso, e non teme di dispiacere alla gente per il fatto di ricevere una reprimenda, ma teme solo di dispiacere a Dio per il fatto ch'egli non si emenda; può accadere inoltre che in seguito si astenga dal male di cui è stato rimproverato e, nella stessa misura che ha in odio il proprio peccato, ami il fratello che s'accorge essere soltanto nemico del suo peccato. Se invece appartiene al numero di coloro dei quali la Scrittura dice: Riprendi lo stolto e non farà che odiarti 9, non è dalla carità di chi rimprovera che nasce il dissenso, ma è il rimprovero a mettere in atto e dimostrare la carità di chi fa il rimprovero, poiché non lo si ripaga con l'odio, ma persiste immutato l'affetto che spinge a rimproverare anche quando chi ha ricevuto il rimprovero sente risentimento nel suo cuore. Se poi chi fa il rimprovero vuol rendere male per male a colui che si sdegna contro di lui che lo rimprovera, costui non era degno di fare il rimprovero ma piuttosto ben meritava d'essere rimproverato anche lui. Comportatevi così tra voi in modo che non sorgano tra voi aspri risentimenti e, caso mai sorgessero, stroncateli sul nascere ristabilendo immediatamente la mutua concordia. Mettete maggiore impegno nell'andare d'accordo che nel rimproverarvi, poiché allo stesso modo che l'aceto guasta il recipiente in cui è lasciato a lungo, così l'ira guasta il cuore se vi dura fino al giorno seguente. Mettete dunque in pratica questi avvisi e il Dio della pace sarà con voi 10; nello stesso tempo pregate anche per me, affinché anch'io possa mettere animosamente in pratica i buoni ammonimenti che v'indirizzo.
1 - Lam 3, 25.
2 - Mt 25, 41.
3 - Mt 5, 45.
4 - Mt 3, 7; Lc 3, 7.
5 - 1 Pt 4, 11.
6 - Ef 4, 2-3.
7 - 1 Cor 15, 57. 54. 28.
8 - Prv 9, 8.
9 - Prv 9, 8 (sec. LXX).
10 - Fil 4, 9.
La decima collina
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaLa sera del 22 ottobre 1864, Don Bosco narrava ai giovani del l’Oratorio
questo sogno, nel quale gli era stato rivelato con quanta facilità gli
innocenti superino gli ostacoli che rendono agli altri assai più ardua
la via della salvezza.
Gli parve di trovarsi in una grandissima valle piena di migliaia di
giovani, molti dei quali riconobbe come allievi del suo Oratorio. Una
ripa altissima chiudeva da un lato quella valle.
— Vedi quella ripa? — gli disse la Guida —. Ebbene bisogna che tu e i
tuoi giovani ne guadagniate la cima.
A un cenno di Don Bosco, tutti quei giovani si slanciarono per
arrampicarsi su per la ripa. I sacerdoti della casa li aiutavano: chi
rialzava quelli che cadevano, chi portava sulle spalle gli spossati e i
deboli. Don Rua (il futuro Beato) lavorava più di tutti: prende va i
giovani a due a due e li lanciava addirittura per aria sulla ripa; ed
essi si rialzavano prontamente e si mettevano a scorrazzare allegramente
qua e là. Don Cagliero (il futuro Cardinale) e Don Fran cesia correvano
su e giù per le file gridando:
— Coraggio! Avanti, avanti, coraggio!
In breve quelle schiere giovanili raggiunsero la cima della ripa e videro elevarsi davanti a sé dieci colline, una dopo l’altra.
— Tu — disse la Guida a Don Bosco —, devi valicare con i tuoi giovani queste dieci colline.
— Ma come resisteranno i più piccoli e delicati a un viaggio così lungo?
— Chi non può camminare, sarà portato — rispose la Guida. Ecco infatti
comparire un magnifico carro splendente di oro e di pietre preziose. Era
triangolare e aveva le ruote che si movevano per tutti i versi. Dai tre
angoli partivano tre aste che si congiungevano sopra il carro, formando
come un pinnacolo, sul qua le s’innalzava un meraviglioso stendardo, su
cui era scritto a ca ratteri cubitali: INNOCENZA. Il carro si avanzò e
venne a collocarsi in mezzo ai giovani. Dato il comando, vi salirono
sopra cinquecento fanciulli. Qui Don Bosco commenta con tristezza:
«Cinquecento appena, in mezzo a tante migliaia di giovani, erano ancora
innocenti! ».
Collocati questi sul carro, ecco apparire sei giovani biancove stiti,
già morti nell’Oratorio, i quali inalberavano un altro bellissimo
stendardo con la scritta: PENITENZA. Essi si misero alla testa di tutte
quelle falangi di giovani che, a un segnale, si mossero verso le dieci
colline, mentre i fanciulli che erano sul carro cantavano con
inesprimibile dolcezza: Laudate, pueri, Dominum (Lodate, fanciulli, il
Signore).
Don Bosco continua: «Io camminavo inebriato da quella musica di
paradiso, quando mi ricordai di voltarmi indietro per vedere se tutti i
giovani mi avessero seguito. Oh, doloroso spettacolo! Molti erano
rimasti nella valle e molti erano tornati indietro. Io, agitato da
indicibile dolore, decisi di rifare il cammino già fatto per tentare di
persuadere quei giovani sconsigliati a seguirmi. Ma ciò mi venne
assolutamente vietato.
— Peggio per loro — disse la Guida —. Essi furono chiamati come tutti
gli altri. La strada l’hanno veduta e ciò basta.
Pregai, scongiurai: tutto fu inutile. E dovetti proseguire il cammino.
Non si era ancora lenito questo dolore, che sopravvenne un altro caso.
Molti ragazzi di quelli che erano sul carro erano caduti per terra. Di
cinquecento rimanevano sotto il vessillo dell’Innocenza solo 150.
Il mio cuore scoppiava: gemevo e sentivo il mio gemito risonare per la
stanza: volevo dissipare l’incubo di quel fantasma, ma non potevo.
Intanto la musica del carro continuava così dolce che a poco a poco sopì
il mio cocente dolore.
Sette colline erano già valicate e quando quelle schiere giunsero
sull’ottava, entrarono in una meravigliosa regione, dove si arrestarono
per prendere un po’ di riposo. C’erano abitazioni di una bellezza e
ricchezza superiori ad ogni immaginazione, con piante fruttifere, sulle
quali si vedevano insieme fiori e frutti, maturi e acerbi: era un
incanto. I giovani godevano nell’ammirare e assaporare quelle frutta. Ma
qui ebbi un’altra sorpresa. A un tratto i giovani erano diventati
vecchi: senza denti, con i capelli bianchi, con il volto solcato da
rughe; zoppicanti e curvi, marciavano a stento, appoggiati al bastone.
Io mi meravigliavo di questa trasformazione, ma la Guida mi fece notare
che le dieci colline rappresentavano anche ciascuna un decennio di vita.
— È quella musica divina — disse — che ti ha fatto parere corto il
cammino e breve il tempo. Guarda la tua fisionomia e ti persuaderai che
dico il vero.
E mi venne presentato uno specchio, mi specchiai e vidi che il mio
aspetto era diventato quello di un uomo attempato, col volto rugoso e i
denti rari e guasti.
La comitiva frattanto si rimise in cammino. Lontano, lontano, in fondo,
sulla decima collina spuntava una luce che andava crescendo, come se
venisse da una splendida apertura (la porta del paradiso?). Riprese
allora il soavissimo canto, così attraente che soltanto in paradiso si
può gustare l’uguale. Fu tale la commozione e la gioia che mi inondò
l’anima nel sentirlo che mi svegliai, e mi trovai nella mia stanza». Don
Bosco concluse dicendo che era pronto a dire confidenzialmente a certi
giovani che cosa facevano in questo sogno: se erano tra quelli rimasti
nella valle o se erano caduti dal carro.
Don Bosco stesso ha interpretato il sogno così: la valle è il mondo; la
ripa gli ostacoli per staccarsi da esso; le dieci colline i dieci
comandamenti di Dio; il carro la grazia di Dio; le squadre dei giovani a
piedi sono quelli che hanno perduto l’innocenza, ma si sono pentiti dei
loro falli.
24 giugno 1944
Maria Valtorta
La marea monta. Non so più come fare a resistere a tanto male fisico e a tanto male morale. Se cedessero le forze spirituali sarebbe la rovina assoluta e irreparabile.
Queste ultime, per ora, sono sempre integre. Ma ci resisteranno? Di me non assicuro. Se Dio mi aiuta molto, molto, molto, resisterò. Altrimenti mi piegherò. Potrei anche dopo tornare a rialzarmi. Ma trovo che è sempre pericoloso l’esperimento, perché non sempre si fa a tempo a rialzarsi, e io non vorrei morire in un momento in cui ti amassi meno. Offenderti è amarti meno, o mio Dio. Abbi pietà di me.
Ne hai tanta, ma dammi anche la “grande pietà”. Tu sai quale è questa “grande pietà” che ti chiedo. Riportami nel mio nido d’amore. Nel mio nido di pace. Nel mio nido di Cielo. Se anche Tu dal Cielo fai scendere paradisiaci profumi, come ieri sera, essi non possono durare qui dove è troppo urto di umanità e di animalità. Che Tu abbia attutito il mio soffrire con gli aromi celesti, io ti ringrazio. Ma non bastano. Non bastano alla tua piccola “voce” per non morire e soprattutto per non morire malamente. Abbi pietà.
Più tardi
Gesù mi fa la seguente osservazione:
«Nel fare l’Ora della Desolata voglio che tu consideri i tre tempi [414] del dolore di Maria. Per tua norma nel soffrire e nel conoscere la Giustizia che vi giudicherà del vostro modo di soffrire.
Il primo tempo è la donna, la madre, quella che urla il suo strazio. Dio concede che nel momento più atroce del dolore la creatura deliri ed abbia parole dure per coloro che sono causa del suo dolore. Maria, la Santa, non può trattenersi da chiamare “belve, sciacalli e iene” gli uomini, da chiamare gli ebrei “suoi patrigni”, da proclamare che Ella deve farsi violenza per sopportarli, e da marchiarli col nome di Caini di Dio e di obbrobrio della razza umana. Maria, la Santa, non può trattenersi da chiamare Gerusalemme “matrigna, assassina, predona, vampiro e avvoltoio”. Sul Calvario non aveva saputo che ululare: “Non ho più figlio!”. Era la donna.
Nel secondo tempo è la credente che vuole esser fedele alla sua fede anche se i fatti paiono smentire ogni promessa di fede. Il suo cuore di madre e di donna lotta col suo spirito di credente. Trionfa lo spirito perché è realmente nutrito di fede. La donna è superata. Resta la credente.
Nel terzo tempo la credente, affermata sempre più nella fede, sale, attraverso alla rassegnazione, a riunirsi con Dio dal quale il dolore l’aveva divisa. Oh! il dolore, lo so, è come colpo di fanciullo malvagio sulle morbide ali di una variopinta farfalla. La abbatte al suolo. Pare morta. Ma poi riprende pian piano forza e moto. Prima cammina, poi arrampica, poi tenta di muovere le ali, poi fa il primo timido volo, infine si lancia, riconquista l’azzurro…
Leggo il tuo pensiero: “Ma se i colpi continuano e ogni volta che la farfalla comincia a volare di nuovo viene abbattuta, finisce col morire per terra”. Umanamente sì. Non può che avvenire questo. Ma per questo Io ci sono. Per raccogliere le vittime della brutalità terrena. Mi basta che esse non diffidino di Me e non mi accusino, odiandomi, d’essere il loro carnefice.
Date a Dio ciò che è di Dio e all’uomo ciò che è dell’uomo. Date ad ognuno il giudizio giusto. Meditate per bene sui vostri strazi, voi che soffrite, tu che soffri sino a morirne. Vedrai che ogni strazio porta il nome di un uomo. Mai quello di Dio. Oh! che sei ancora creatura e non ti è lecito conoscere i segreti del soprannaturale. Ma quando li conoscerai comprenderai tante cose.
Maria, nel terzo momento della sua desolazione, non è più la credente: è la Figlia di Dio, è la Santa che parla al Padre, al Re con la solenne sicurezza di chi sa che può parlare perché ha conquistato il diritto d’essere esaudita. Non più oscurità di desolazione umana, non più affanno di credente che vuole e non può raggiungere la pace nel dolore. Ma la gioia del soffrire: una gioia d’anima sotto il pianto della carne che muore per ultimo, ma che si lascia piangere perché – tu l’hai detto [415] – arrivati a certi punti, carne e sentimento sono indumenti gettati sull’io spirituale, l’io vero. E la creatura, santificata dal suo eroismo, può giungere a dire: “Per quel ‘sì’ che ho detto, ascoltami!”.
Dillo anche tu, Maria. Di’: “Ti ho detto sì tante volte, per questi sì ascoltami”. E spera. Non mettere un nome alla tua speranza. Le daresti sempre nomi della Terra. Spera in Me. In Me solo, e lasciami fare.»
Nota mia.
Ma intanto sono due mesi che sono in una galera, in un manicomio, in un inferno. E sempre più ci sprofondo. Due mesi! Due mesi che sono stata strappata da quel posto in cui era la mia vita vera. Mi hanno strappato il cuore perché Tu lo sai, Tu lo sai cosa era per me quella casa. E più il tempo passa e più la ferita fa male. Anche perché non c’è nessuna medicina per essa.
Non più una parola illuminata… E io che non credo, non posso credere umanamente che io sento la tua voce. Ne sono troppo indegna.
Non più una Comunione ben fatta. Io la chiamo ben fatta quando non solo chi la riceve ma anche chi la amministra lo fa con quella riverenza che tale Sacramento merita e che serve a rendere sensibile il mistero. Qui… è preceduta e seguita da chiacchiere che uguali si fanno con chicchessia. Dalla lavandaia alla persona amica che viene a trovarmi, potrebbero dire le stesse parole e fare gli stessi gesti che vedo nelle povere mattine di Comunione. Oh! miseria! Astio, pettegolezzi, interessi…
Dove sei, attimo solenne delle Comunioni viareggine? Attimo in cui vedevo Te, perché, sì, ora lo dico, perché forse presto muoio o impazzisco, e devo dire questa cosa. Perché quando ricevevo la Comunione dalle mani del Padre Migliorini egli scompariva e mi appariva Gesù comunicante. Quasi sempre. Oppure era a fianco del Padre e ci benediceva. Cosa che mi ha fatta sicura di quale tempra sacerdotale sia il mio Direttore. Veniva anche Padre Giosuè [416]. Ma era diverso. Sempre un paradiso rispetto ad ora: un paradiso terrestre in cui sentivo Dio ma non lo vedevo. Con Padre Migliorini era il vero Paradiso. E non ce l’ho più.
Ne ho più bisogno che mai e non ho più nulla di quello che era atmosfera necessaria alla mia anima per poter udire la Parola che è la mia vita. Lo capite, voi che leggete, cosa m’è stato levato? Due mesi di inferno…
E la solita domanda del 24 maggio: “Ma perché non mi hai fatta morire prima che io fossi levata dalla mia casa?”.
[414] i tre tempi, così come vengono descritti di seguito, si possono ravvisare soprattutto nei capitoli 610-615 dell’opera “L’Evangelo come mi è stato rivelato”.
[415] tu l’hai detto, il 22 giugno.
[416] Padre Giosuè era P. Giosuè Bagatti, dell’Ordine dei Frati Minori, cappellano nell’Ospedale di Viareggio dal 1939 fino alla morte avvenuta il 21 aprile 1981.