Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Oggi i fedeli cristiani portano in processione nel tempio la candela accesa, che è composta di cera e di stoppino. Nella fiammella è simboleggiata la divinità , nella cera l'umanità , nello stoppino l'acerbità  della passione del Signore. In questi tre elementi consiste la vera penitenza: nel fuoco l'ardore della contrizione, che sradica le radici di tutti i vizi; nella cera la confessione del peccato, che "fonde come la cera al fuoco", nello stoppino l'asprezza dell'espiazione. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 15° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 15

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.2I farisei e gli scribi mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro".3Allora egli disse loro questa parabola:

4"Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?5Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento,6va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta.7Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

8O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova?9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.10Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte".

11Disse ancora: "Un uomo aveva due figli.12Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.13Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.14Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.15Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.17Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!18Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;19non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.20Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.21Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.22Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.23Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;26chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.27Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.28Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.29Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.30Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.31Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".


Primo libro di Samuele 21

1Davide si alzò e partì e Giònata tornò in città.
2Davide si recò a Nob dal sacerdote Achimelech. Achimelech, turbato, andò incontro a Davide e gli disse: "Perché sei solo e non c'è nessuno con te?".3Rispose Davide al sacerdote Achimelech: "Il re mi ha ordinato e mi ha detto: Nessuno sappia niente di questa cosa per la quale ti mando e di cui ti ho dato incarico. Ai miei uomini ho dato appuntamento al tal posto.4Ora però se hai a disposizione cinque pani, dammeli, o altra cosa che si possa trovare".5Il sacerdote rispose a Davide: "Non ho sottomano pani comuni, ho solo pani sacri: se i tuoi giovani si sono almeno astenuti dalle donne, potete mangiarne".6Rispose Davide al sacerdote: "Ma certo! Dalle donne ci siamo astenuti da tre giorni. Come sempre quando mi metto in viaggio, i giovani sono mondi, sebbene si tratti d'un viaggio profano; tanto più oggi essi sono mondi".7Il sacerdote gli diede il pane sacro, perché non c'era là altro pane che quello dell'offerta, ritirato dalla presenza del Signore, per essere sostituito con pane fresco nel giorno in cui si toglie.8Ma era là in quel giorno uno dei ministri di Saul, trattenuto presso il Signore, di nome Doeg, Idumeo, capo dei pastori di Saul.9Davide disse ad Achimelech: "Non hai per caso sottomano una lancia o una spada? Io non ho preso con me né la lancia né altra arma, perché l'incarico del re era urgente".10Il sacerdote rispose: "Guarda, c'è la spada di Golia, il Filisteo che tu hai ucciso nella valle del Terebinto; è là dietro l''efod', avvolta in un manto. Se vuoi, portala via, prendila, perché qui non c'è altra spada che questa". Rispose Davide: "Non ce n'è una migliore; dammela".
11Quel giorno Davide si alzò e si allontanò da Saul e giunse da Achis, re di Gat.12I ministri di Achis gli dissero: "Non è costui Davide, il re del paese? Non cantavano in coro in onore di lui:

Ha ucciso Saul i suoi mille
e Davide i suoi diecimila?".

13Davide si preoccupò di queste parole e temette molto Achis re di Gat.14Allora cominciò a fare il pazzo ai loro occhi, a fare il folle tra le loro mani; tracciava segni sui battenti delle porte e lasciava colare la saliva sulla barba.15Achis disse ai ministri: "Ecco, vedete anche voi che è un pazzo. Perché lo avete condotto da me? Non ho abbastanza pazzi io perché mi conduciate anche costui per fare il folle davanti a me? Dovrebbe entrare in casa mia un uomo simile?".


Giobbe 42

1Allora Giobbe rispose al Signore e disse:

2Comprendo che puoi tutto
e che nessuna cosa è impossibile per te.
3Chi è colui che, senza aver scienza,
può oscurare il tuo consiglio?
Ho esposto dunque senza discernimento
cose troppo superiori a me, che io non comprendo.
4"Ascoltami e io parlerò,
io t'interrogherò e tu istruiscimi".
5Io ti conoscevo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono.
6Perciò mi ricredo
e ne provo pentimento sopra polvere e cenere.

7Dopo che il Signore aveva rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz il Temanita: "La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe.8Prendete dunque sette vitelli e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi; il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinché io, per riguardo a lui, non punisca la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe".
9Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita andarono e fecero come loro aveva detto il Signore e il Signore ebbe riguardo di Giobbe.
10Dio ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli pregato per i suoi amici; accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva posseduto.11Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e lo commiserarono e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui e gli regalarono ognuno una piastra e un anello d'oro.
12Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine.13Ebbe anche sette figli e tre figlie.14A una mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio.15In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell'eredità insieme con i loro fratelli.
16Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni.17Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.


Salmi 135

1Alleluia.

Lodate il nome del Signore,
lodatelo, servi del Signore,
2voi che state nella casa del Signore,
negli atri della casa del nostro Dio.
3Lodate il Signore: il Signore è buono;
cantate inni al suo nome, perché è amabile.
4Il Signore si è scelto Giacobbe,
Israele come suo possesso.

5Io so che grande è il Signore,
il nostro Dio sopra tutti gli dèi.
6Tutto ciò che vuole il Signore,
egli lo compie in cielo e sulla terra,
nei mari e in tutti gli abissi.
7Fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce le folgori per la pioggia,
dalle sue riserve libera i venti.

8Egli percosse i primogeniti d'Egitto,
dagli uomini fino al bestiame.
9Mandò segni e prodigi
in mezzo a te, Egitto,
contro il faraone e tutti i suoi ministri.
10Colpì numerose nazioni
e uccise re potenti:
11Seon, re degli Amorrèi,
Og, re di Basan,
e tutti i regni di Cànaan.
12Diede la loro terra in eredità a Israele,
in eredità a Israele suo popolo.

13Signore, il tuo nome è per sempre;
Signore, il tuo ricordo per ogni generazione.
14Il Signore guida il suo popolo,
si muove a pietà dei suoi servi.

15Gli idoli dei popoli sono argento e oro,
opera delle mani dell'uomo.
16Hanno bocca e non parlano;
hanno occhi e non vedono;
17hanno orecchi e non odono;
non c'è respiro nella loro bocca.
18Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida.
19Benedici il Signore, casa d'Israele;
benedici il Signore, casa di Aronne;
20Benedici il Signore, casa di Levi;
voi che temete il Signore, benedite il Signore.

21Da Sion sia benedetto il Signore.
che abita a Gerusalemme. Alleluia.


Michea 4

1Alla fine dei giorni
il monte del tempio del Signore
resterà saldo sulla cima dei monti
e s'innalzerà sopra i colli
e affluiranno ad esso i popoli;
2verranno molte genti e diranno:
"Venite, saliamo al monte del Signore
e al tempio del Dio di Giacobbe;
egli ci indicherà le sue vie
e noi cammineremo sui suoi sentieri",
poiché da Sion uscirà la legge
e da Gerusalemme la parola del Signore.
3Egli sarà arbitro tra molti popoli
e pronunzierà sentenza fra numerose nazioni;
dalle loro spade forgeranno vomeri,
dalle loro lame, falci.
Nessuna nazione alzerà la spada contro un'altra nazione
e non impareranno più l'arte della guerra.
4Siederanno ognuno tranquillo sotto la vite
e sotto il fico
e più nessuno li spaventerà,
poiché la bocca del Signore degli eserciti ha parlato!
5Tutti gli altri popoli
camminino pure ognuno nel nome del suo dio,
noi cammineremo nel nome del Signore Dio nostro,
in eterno, sempre.
6"In quel giorno - dice il Signore -
radunerò gli zoppi,
raccoglierò gli sbandati
e coloro che ho trattato duramente.
7Degli zoppi io farò un resto,
degli sbandati una nazione forte.
E il Signore regnerà su di loro
sul monte Sion,
da allora e per sempre.
8E a te, Torre del gregge,
colle della figlia di Sion, a te verrà,
ritornerà a te la sovranità di prima,
il regno della figlia di Gerusalemme".

9Ora perché gridi così forte?
Non c'è forse nelle tue mura alcun re?
I tuoi consiglieri sono forse periti,
perché ti prendono i dolori come di partoriente?
10Spasima e gemi, figlia di Sion, come una partoriente,
perché presto uscirai dalla città
e dimorerai per la campagna
e andrai fino a Babilonia.
Là sarai liberata,
là il Signore ti riscatterà
dalla mano dei tuoi nemici.

11Ora si sono adunate contro di te
molte nazioni
che dicono: "Sia profanata
e godano i nostri occhi
alla vista di Sion".
12Ma esse non conoscono
i pensieri del Signore
e non comprendono il suo consiglio,
poiché le ha radunate
come covoni sull'aia.
13Alzati e trebbia, figlia di Sion,
perché renderò di ferro il tuo corno
e di bronzo le tue unghie
e tu stritolerai molti popoli:
consacrerai al Signore i loro guadagni
e le loro ricchezze al padrone di tutta la terra.

14Ora fatti incisioni, o figlia dell'orda,
han posto l'assedio intorno a noi,
con la verga percuotono sulla guancia
il giudice d'Israele.


Lettera agli Efesini 5

1Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi,2e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
3Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi;4lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie!5Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - che è roba da idolàtri - avrà parte al regno di Cristo e di Dio.
6Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l'ira di Dio sopra coloro che gli resistono.7Non abbiate quindi niente in comune con loro.8Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce;9il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.10Cercate ciò che è gradito al Signore,11e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente,12poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare.13Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce, perché tutto quello che si manifesta è luce.14Per questo sta scritto:

"Svégliati, o tu che dormi,
déstati dai morti
e Cristo ti illuminerà".

15Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi;16profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi.17Non siate perciò inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio.18E non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito,19intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore,20rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

21Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.
22Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore;23il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo.24E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei,26per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola,27al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso.29Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa,30poiché siamo membra del suo corpo.31'Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola'.32Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!33Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.


Capitolo XIII: Mettersi al di sotto di tutti in umile obbedienza, sull’esempio di Gesù Cristo

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1. Figlio, colui che tenta di sottrarsi all'obbedienza si sottrae anche alla grazia. Colui che cerca il bene suo personale perde anche il bene che è proprio del vivere in comune. Colui che non si sottopone lietamente e spontaneamente al suo superiore, dimostra che la carne non gli obbedisce ancora perfettamente, ma spesso recalcitra e mormora. Impara dunque a sottometterti prontamente al tuo superiore, se vuoi soggiogare la tua carne. Infatti, il nemico di fuori lo si vincerà più presto, se sarà stato sconfitto l'uomo interiore. Non c'è peggiore e più insidioso nemico dell'anima tua, di te stesso, quando il corpo non si accorda con lo spirito. Per avere vittoria sulla carne e sul sangue, devi assumere un totale e vero disprezzo di te. Tu hai ancora invece un eccessivo e disordinato amore di te stesso; per questo sei tanto esitante a rimetterti interamente alla volontà degli altri.  

2. Ma che c'è di strano, se tu, polvere e nulla, ti sottoponi a un uomo, per amore di Dio, quando io, onnipotente ed altissimo, che dal nulla ho creato tutte le cose per amor tuo, mi feci piccolo fino a sottopormi all'uomo? Mi sono fatto l'ultimo e il più piccolo di tutti, proprio perché, per questo mio abbassarmi, tu potessi vincere la tua superbia. Impara ad obbedire, tu che sei polvere; impara ad umiliarti, tu che sei terra e fango; impara a piegarti sotto i piedi di tutti, a disprezzare i tuoi desideri e a metterti in totale sottomissione. Insorgi infiammato contro te stesso, e non permettere che in te si annidi la tumefazione della superbia. Dimostrati così basso e così piccolo che tutti possano camminare sopra di te e possano calpestarti come il fango della strada. Che hai da lamentare tu, uomo da nulla. Che hai tu, immondo peccatore, da contrapporre a coloro che ti accusano; tu, che tante volte hai offeso Dio, meritando assai spesso l'inferno? Ma, ecco, apparve preziosa al mio sguardo l'anima tua; ecco il mio occhio ebbe compassione di te, così che, conoscendo il mio amore, tu avessi continua gratitudine per i miei benefici ed abbracciassi, senza esitare, un'umile sottomissione, nella paziente sopportazione dell'altrui disprezzo.


Lettera ai cristiani di Smirne

Sant'Ignazio di Antiochia - Sant'Ignazio di Antiochia

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Saluto


Ignazio, Teoforo, alla Chiesa di Dio Padre e dell'amato Gesù Cristo che ha ottenuto misericordia in ogni grazia, che è piena di fede e di carità, piena di ogni carisma, carissima a Dio e portatrice dello Spirito Santo, che sta a Smirne dell'Asia, il saluto migliore nello spirito irreprensibile e nella parola di Dio.

Inchiodati nel corpo e nell'anima alla croce di Cristo


I, 1. Gloria a Gesù Cristo Dio che vi ha resi così saggi. Ho constatato che siete perfetti nella fede che non muta, come inchiodati nel corpo e nell'anima alla croce di Gesù Cristo e confermati nella carità del Suo sangue. Siete pienamente convinti del Signore nostro, che è veramente della stirpe di David secondo la carne, Figlio di Dio secondo la volontà e la potenza di Dio, nato realmente dalla vergine, battezzato da Giovanni, perché ogni giustizia fosse compiuta da lui. Egli, sotto Ponzio Pilato e il tetrarca Erode, per noi fu veramente inchiodato nella carne, e dal frutto di ciò e dalla sua divina e beata passione noi per innalzare per sempre, con la sua resurrezione, uno stendardo sui suoi santi e i suoi fedeli, giudei e pagani, nell'unico corpo della sua Chiesa.

Il Signore soffrì realmente e risuscitò realmente


II. Tutto questo soffrì il Signore perché fossimo salvi. E soffrì realmente come realmente risuscitò se stesso, non come dicono alcuni infedeli, essi che sono apparenza, che soffrì in apparenza. Come pensano, avverrà loro di essere incorporei e simili ai demoni.

La risurrezione nella carne


III, 1. Sono convinto e credo che dopo la risurrezione egli era nella carne. 2. Quando andò da quelli che erano intorno a Pietro disse: "Prendete, toccatemi e vedete che non sono un demone senza corpo". E subito lo toccarono e credettero, al contatto della sua carne e del suo sangue. Per questo disprezzarono la morte e ne furono superiori. 3. Dopo la risurrezione mangiò e bevve con loro come nella carne, sebbene spiritualmente unito al Padre.

Sopportare tutto in Cristo


IV, 1. Questo vi raccomando, carissimi, sapendo che così l'avete nell'animo. Vi metto in guardia da queste belve in forma umana, che non solo non bisogna ricevere, ma se possibile neanche incontrare; (occorre) soltanto pregare per loro che si ravvedano, cosa difficile. Gesù Cristo, nostra vera vita, ne ha la potenza. Se è un'apparenza quanto è stato fatto dal Signore, anch'io sono in apparenza incatenato. Allora perché mi sono offerto alla morte? Per il fuoco, per la spada, per le belve? Ma vicino alla spada vicino a Dio, vicino alle belve vicino a Dio, solo nel nome di Gesù Cristo. Per patire con lui tutto sopporto, dandomene la forza lui che si è fatto uomo perfetto.

La passione di Cristo, la nostra risurrezione


V, 1. Alcuni non conoscendolo lo rinnegano e più che mai sono da lui rinnegati. Difensori della morte più che della verità non li hanno convinti né i profeti né la legge di Mosè e sinora né il vangelo né le nostre sofferenze singole. 2. Di noi la pensano allo stesso modo. Cosa importa a me se uno mi loda e bestemmia il mio Signore, dicendo che non si è incarnato? Chi dicendo così lo rinnega completamente, è un necroforo. 3. Non mi è parso opportuno scrivere neanche i loro nomi che sono infedeli. Essi non sono per me da ricordare sino a quando non si convertono alla passione che è la nostra risurrezione.

La fede e la carità.


VI, 1. Nessuno si lasci ingannare; anche gli esseri celesti, la gloria degli angeli, i principi visibili ed invisibili se non credono nel sangue di Cristo hanno la loro condanna. "Chi può comprendere, comprenda". Il posto non inorgoglisca nessuno; tutto è la fede e la carità, cui nulla è da preferire. 2. Considerate quelli che hanno un'opinione diversa sulla grazia di Gesù Cristo che è venuto a noi come sono contrari al disegno di Dio. Non si curano della carità, né della vedova, né dell'orfano, né dell'oppresso, né di chi è prigioniero o libero, né di chi ha fame o sete.

Praticare la carità per risorgere


VII, 1. Stanno lontani dalla eucaristia e dalla preghiera perché non riconoscono che l'eucaristia è la carne del nostro salvatore Gesù Cristo che ha sofferto per i nostri peccati e che il Padre nella sua bontà ha risuscitato. Costoro che disconoscono il dono di Dio, nel giorno del giudizio, moriranno. Sarebbe meglio per loro praticare la carità per risorgere. Conviene star lontano da essi e non parlare con loro né in privato né in pubblico, per seguire invece i profeti e specialmente il vangelo nel quale è manifestata la passione e compiuta la risurrezione. Fuggite le faziosità come il principio dei mali.

Seguire il vescovo e il clero


VIII, 1. Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri come gli apostoli; venerate i diaconi come la legge di Dio. Nessuno senza il vescovo faccia qualche cosa che concerne la Chiesa. Sia ritenuta valida l'eucaristia che si fa dal vescovo o da chi è da lui delegato. 2. Dove compare il vescovo, là sia la comunità, come là dove c'è Gesù Cristo ivi è la Chiesa cattolica. Senza il vescovo non è lecito né battezzare né fare l'agape; quello che egli approva è gradito a Dio, perché tutto ciò che si fa sia legittimo e sicuro.

Onorare il vescovo


IX, 1. E' saggio del resto ritornare in senno, e sino a quando abbiamo tempo di convertirci a Dio. E' bello riconoscere Dio e il vescovo. Chi onora il vescovo viene onorato da Dio. Chi compie qualche cosa di nascosto dal vescovo serve il diavolo. Fate tutto nella carità, ne siete degni. In tutto avete confortato me e Gesù Cristo (conforta) voi. Assente e presente mi avete amato. Vi contraccambi Dio che raggiungerete sopportando tutto per lui.

La mia anima e le mie catene


X, 1. Bene avete fatto ad accogliere, come diaconi di Cristo Dio, Filone e Agatopo che mi accompagnano nella parola di Dio. Essi ringraziano il Signore per voi, poiché li avete confortati in ogni maniera. Nulla per voi andrà perduto. In cambio della vita sono per voi la mia stima e le mie catene che non avete disprezzato e di cui non vi siete vergognati. Neppure di voi si vergognerà la fede perfetta, Gesù Cristo.

Gioia per la Chiesa di Antiochia che ha riacquistato la pace


XI, 1. La vostra preghiera è giunta alla Chiesa di Antiochia in Siria, da dove, legato con queste catene preziose a Dio, saluto tutti, pur non essendo degno di appartenervi come ultimo di voi. Per (Sua) volontà sono stimato degno, non per mia coscienza, ma per la grazia di Dio, che prego mi sia data in pieno per raggiungerlo con la vostra preghiera. 2. Perché l'opera vostra sia perfetta in terra e in cielo, conviene che la vostra Chiesa, a gloria di Dio, elegga un inviato di Dio per andare in Siria a congratularsi con quei fedeli, perché hanno riacquistato la pace e ripreso la loro grandezza, ed è stato ricostituito il corpo della loro (comunità). Mi è parso, dunque, un'opera degna che uno di voi sia inviato con una lettera, per rallegrarsi con loro della serenità conseguita grazie a Dio, e del porto raggiunto con la vostra preghiera. Pensate cose perfette perché siete perfetti. Dio è pronto ad aiutare quelli che vogliono fare il bene.

Congedo


XII, 1. Vi saluta la carità dei fratelli di Troade, da dove anche vi scrivo per mezzo di Burro, che avete mandato con me insieme agli efesini, vostri fratelli, e che mi ha confortato in ogni cosa. E' utile che tutti lo imitino perché è un modello del servizio di Dio. La grazia lo ricompenserà in tutto. Saluto il vescovo degno di Dio ,'il venerabile presbiterato, i diaconi miei conservi e, uno ad uno, tutti insieme nel nome di Gesù Cristo, nella sua carne e nel suo sangue, nella passione e nella resurrezione corporale e spirituale, in unione a Dio e a voi. A voi la grazia, la misericordia, la pace e la pazienza per sempre.

XIII, 1. Saluto le famiglie dei miei fratelli, con le mogli e i figli, e le vergini chiamate vedove. Siate forti nella potenza dello Spirito. Vi saluta Filone che è con me. Saluto la famiglia di Tavia che prego sia rafforzata nella fede, nella carità corporale e spirituale. Saluto Alce, nome che mi è caro; l'impareggiabile Dafno ed Eutecno e tutti col loro nome. State bene nella grazia di Dio.


Settimo Venerdì - LA CONFESSIONE

I nove primi venerdì del mese - AA.VV.

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La misericordia del Cuore di Gesù si rivela in modo meraviglioso nell’istituzione del Sacramento della Confessione. Se l’Eucaristia è chiamata il Sacramento dell’Amore, la Confessione è il Sacramento della Misericordia. Non è forse sorprendente che Dio abbia preparato in anticipo il rimedio alle nostre debolezze e ci abbia assicurato che sarà perdonato qualsiasi peccato e non una volta sola, ma sempre ogni qual volta siamo pentiti?

1. - La Piscina di Siloe

Quale differenza tra il bagno della Confessione e quello della piscina probatica! Gli Ebrei erano orgogliosi per una piscina, chiamata in ebraico «Betesda» che significa «Casa di Misericordia». Sotto i portici di questa piscina giaceva una moltitudine di ammalati che aspettavano il movimento dell’acqua. In certi tempi l’Angelo di Dio discendeva nella piscina e l’acqua si agitava. Colui che si gettava per primo nella vasca, dopo il movimento dell’acqua, veniva guarito da qualsiasi malattia. (Gv 5:1-51).
Ebbene Gesù è stato immensamente più misericordioso con noi perché ci ha dato una piscina speciale, il Sacramento della Confessione, dove non in certe rare ore, ma sempre; non uno solo ma tutti vengono guariti dal male di qualsiasi peccato: «Il Sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato» (I Gv. 1:7). Dice P. Giraud: Nella Confessione scorre il torrente inesauribile del preziosissimo Sangue di Gesù con una pienezza che stupisce gli Angeli.
Diceva Gesù ad un’anima privilegiata, Suor Josefa Menendez: « Per amore delle anime ho voluto lasciare loro il Sacramento della Confessione per dare loro il perdono non una o due volte, ma ogni volta che avranno bisogno di ricuperare la grazia. Là li aspetto, là desidero che esse vengano a lavarsi dalle loro colpe non coll’acqua ma col mio proprio Sangue».

2. - Chi ha istituito la Confessione?

Il perdonare i peccati è un’opera puramente divina. Un giorno Gesù nella città di Cafarnao vide presentarsi un paralitico. Sotto lo sguardo di Gesù quell’uomo riconosce i suoi peccati e in cuor suo ne chiede il perdono, e Gesù gli dice: «Confida, figliuolo, ti sono perdonati i peccati » (Mt. 9:2).
Alcuni dei presenti, udite queste parole, dicevano in cuor loro: Chi è che può perdonare i peccati se non Dio? E Gesù, riconoscendo i loro pensieri, disse: «Che pensate nei vostri cuori? Che cosa è più facile dire «Ti sono perdonati i peccati » oppure dire: «Alzati e cammina? Affinché sappiate che io ho il potere di perdonare i peccati, dico al paralitico: «Alzati e vattene a casa tua!». E quello fu risanato. Facendo il miracolo Gesù dimostrava di essere Dio e quindi di avere il potere di perdonare i peccati.
Gesù Cristo, essendo Dio, poteva dare anche ad altri il potere di rimettere i peccati e difatti lo diede ai suoi Apostoli e ai loro successori. Egli fondò la Chiesa Cattolica affidandole la missione di perpetuare la sua opera; le diede un Capo, S. Pietro, e a questi per primo conferì la facoltà di perdonare i peccati.
Infatti nella città di Cesarea di Filippo disse Gesù a Simone Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non preverranno contro di essa. Ti darò le chiavi del Regno dei Cieli, tutto quello che tu avrai ritenuto sulla terra, sarà ritenuto anche in Cielo e tutto quello che tu avrai perdonato sulla terra, sarà perdonato anche in Cielo» (Mt. 16:18-19).
S. Pietro comprese l’importanza e la responsabilità del potere divino e domandò a Gesù: Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello? Sette volte? Credeva S. Pietro di essere abbastanza generoso perdonando i peccati fino a sette volte. Ma Gesù, ben conoscendo la fragilità umana, rispose a Pietro: «Tu perdonerai non sette volte, ma settanta volte sette»! e cioè sempre (Mt. 18:21).
Gesù Cristo, dopo la sua resurrezione, prima di salire al Cielo, conferì agli Apostoli e ai loro successori poteri divini: «La pace sia con voi! — disse Gesù — Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo. A coloro ai quali voi avete per. donato i peccati, saranno perdonati; a coloro ai quali non li avrete perdonati, saranno ritenuti» (Gv. 20:21-23).
In forza di queste parole gli Apostoli ricevettero il potere di perdonare i peccati. Essi comunicarono tale potere ai loro successori col compito di trasmetterlo sino alla fine del mondo, poiché la Chiesa di Gesù Cristo dovrà continuare sino alla consumazione dei secoli.

3. - Un semplice uomo può perdonare i peccati?

Nel tribunale penale il presidente che condanna e assolve gli imputati è un uomo come gli altri, però ha un’autorità che non hanno gli altri, e quando condanna, l’imputato viene messo in carcere, mentre quando assolve, quello viene liberato.
Così nel tribunale della Confessione è un uomo che perdona o ritiene i peccati, ma questo uomo è Sacerdote, Ministro di Gesù Cristo, ed egli proferisce la sentenza, che ha la sua conferma in Cielo, in nome e per l’autorità di Lui: Io ti assolvo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. — regola costante di Dio di salvare gli uomini per mezzo di altri uomini. Come dà la vita fisica per mezzo dei genitori, così dà la vita spirituale per mezzo dei Sacerdoti che i fedeli chiamano giustamente «Padri».

4. - Confessandoci è necessario manifestare le proprie miserie?

Certamente perché il Sacerdote deve giudicare il penitente se è degno o no di perdono. Se il penitente non mostra di essere pentito, se non mostra la buona volontà di fuggire le occasioni prossime di peccato, il Confessore non può assolverlo.
Gesù perdonava i peccati senza che i peccatori glieli manifestassero perché, essendo Dio, conosceva le colpe più intime del peccatore senza bisogno che fossero manifestate, mentre i Confessori non hanno il dono di leggere nelle coscienze e quindi è necessario la manifestazione dei peccati da parte del penitente.

5. - Confessandoci siamo sicuri del perdono di Dio?

Chi ha peccato gravemente sa di aver offeso Dio, di aver perduto il Paradiso e guadagnato l’inferno. Quando la passione è cessata e il calice del piacere si è cambiato in amarezza, il peccatore rientra in se stesso, si pente del male fatto e dice: Signore, perdonami! Ma anche dopo aver chiesto perdono così, può restare tranquillo e sicuro del perdono? No, perché gli resta il tormento del dubbio: E se Dio non mi avesse perdonato?
Ora Gesù, conoscitore profondo del cuore umano, ha voluto dare con la Confessione la morale certezza del perdono. Infatti il Sacerdote, dopo aver ascoltato la confessione dei peccati, vedendo il pentimento sincero del colpevole, pronunzia la sentenza di assoluzione «Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. (così è)». Queste parole sacramentali, cui Gesù ha annesso la certezza del perdono, ridonano al peccatore una pace profonda.

6. - Quanti errori non si sentono alle volte circa la Confessione!

1) Che bisogno c’è di confessare i peccati al Sacerdote, forse più peccatore di me? Io mi confesso direttamente con Dio. Costui che la pensa così si trova nell’errore perché a chi tocca stabilire le condizioni del perdono all’offeso o all’offensore? Senza dubbio all’offeso. Ora l’offeso è Dio ed Egli ha stabilito di perdonare i peccati con la Confessione tramite il ministero del Sacerdote.

2) Io andare da un Prete e fargli sapere i fatti miei? Mai!
Per la salute del corpo tu non manifesti al medico le miserie del tuo corpo, i disturbi e quanto c’è di più delicato? Non fai tu questo per essere curato bene e riacquistare la salute? E perché non vuoi fare altrettanto col medico dell’anima, il Sacerdote che è Ministro di Dio? E qui si tratta o della salvezza o della perdizione eterna!

3) Non voglio confessarmi perché il Sacerdote poi parla!
Costui deve sapere che il Confessore non può rivelare mai a nessuno i peccati sentiti in Confessione, dovesse perdere anche la vita, perché egli è tenuto al massimo segreto. La storia ricorda tanti casi di Sacerdoti che, messi alle strette per parlare, persistendo essi nel silenzio, sono stati uccisi.

4) Io non mi confesso perché non ho nulla da dire al Confessore. Io non ho peccati perché non ammazzo, non rubo e non faccio male a nessuno. Ordinariamente dice di non aver peccati colui che ha la coscienza troppo sporca. Tu non hai peccati? E le bestemmie?... e le Messe trascurate nei giorni festivi?... E le collere?... E le impurità?... E le frodi nel comprare e nel vendere?... E le mancanze di carità?... E le mancanze nel compimento del proprio dovere del tuo stato... ecc.? I Comandamenti di Dio non solo solo il 50 e il 7°, ma sono dieci! Ci dice il Signore: «Se diciamo che non abbiamo alcun peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi» (I Gv. 1:8).
Il vero motivo per cui tanti non vogliono confessarsi è perché non hanno la buona volontà di lasciare il peccato, perché non vogliono convertirsi.

C’è un peccato particolare che tiene lontani dalla Confessione e la rende odiosa: è il peccato contro il 6° e 9° Comandamento. Chi è schiavo del piacere impuro perde la volontà di sollevarsi dalla melma, non aspira più alle bellezze del Cielo, resta quasi legato dalle cattive abitudini e odia ciò che potrebbe liberarlo da tale stato. Poiché la Confessione è il mezzo principale per rompere la catena del vizio e rimettersi sulla retta via, l’impuro la odia.
Il sagrato della Cattedrale di Tours era frequentato molto da gente disgraziata: ciechi, zoppi, deformi, cenciosi ecc. Tutti ostentavano la propria miseria per impietosire i passanti e ricevere abbondante elemosina. Ogni tanto capitava un fatto molto strano: quella gente miserabile ad un tratto si spaventava improvvisamente e chi si nascondeva dietro le porte, chi dietro le colonne, chi nei vicoli vicini, secondo la possibilità. Perché succedeva questo? Perché San Martino, Vescovo della città, faceva miracoli e quei disgraziati non volevano essere miracolati, non volevano essere guariti per non lavorare e per seguire a fare la vita di accattoni. Così fa l’impuro che fugge dalla Confessione per restare nella melma dell’impurità.

7. - Quando Confessarsi?

Per vivere da buon cristiano non basta confessarsi una volta l’anno. molto utile confessarsi spesso sia per cancellare le colpe quotidiane, sia per avere un aumento di grazia santificante, di vita divina nell’anima, sia per avere la forza di tenere lontano il peccato. I Santi stimavano tanto il Sacramento della Confessione che alcuni di essi si confessavano ogni giorno. La pratica delle anime pie è quella di confessarsi settimanalmente per avere la coscienza sempre pura e disposta a fare bene la Comunione anche tutti i giorni. Ai buoni cristiani si raccomanda di confessarsi oltre che a Pasqua anche nelle solennità dell’anno, e ordinariamente ogni qual volta si cadesse in peccato mortale. Hai tu commesso un peccato mortale il lunedì? Per confessarti non aspettare la domenica, ma fai del tutto per rimetterti subito in grazia di Dio! Entra in una chiesa qualunque e confessati perché chi ti assicura che domani sarai ancora vivo? E tu sai benissimo che quando si muore col peccato mortale nell’anima si va all’inferno eterno!
Qualche volta si sente domandare: anche i Preti si confessano? Certamente. E non solo i Sacerdoti, ma pure i Vescovi e lo stesso Papa si confessano perché la legge di Dio è realmente uguale per tutti.

8. - Verità preoccupante

Un parroco francese, che predicava spesso missioni, era addolorato alla costatazione di tante anime che vivono nel sacrilegio per confessioni male fatte. Temendo che ciò fosse illusione sua, si rivolse a S. Giovanni Bosco per avere delucidazioni. Il Santo confermò: Lei ha ragione. Io ho confessato in tanti parti e ho trovato spesso confessioni sacrileghe.
Santa Teresa d’Avila diceva: Due sono le strade che portano all’inferno: l’impurità e le confessioni fatte male. Perciò si raccomanda a coloro che non vogliono distaccarsi dal peccato grave: meglio non confessarsi e non fare la Comunione anziché commettere due sacrilegi gravissimi. Diceva Gesù a S. Brigida circa la Comunione sacrilega: «Non esiste sulla terra supplizio che basti a punirlo!».

9. - Fuga delle occasioni

Qual è il motivo di tante ricadute nel peccato? Perché si mette poco o nessun impegno nel fuggire le occasioni. Quando una persona ritorna a Dio e fugge le occasioni si salva, ma se non le evita, anzi le cerca, allora cade e ricade nei peccati e a nulla valgono i Sacramenti. Durante un esorcismo il demonio, costretto dall’esorcista, disse: una sola cosa temo: la fuga delle occasioni! Le occasioni sono tante, per es. la compagnia di persone amiche con cui si parla e si agisce scandalosamente, la lettura di libri e riviste cattive, assistere a spettacoli immorali, avere amicizie morbose con persone d’altro sesso e talora anche dello stesso sesso, fare certi balli per nulla castigati, la vita di spiaggia poco seria ecc. ecc.

10. - La vergogna

Al momento di peccare il demonio ti toglie ogni sentimento di vergogna e ti suggerisce di non aver paura di peccare perché poi ti confesserai e tutto sarà finito! Al momento di confessarti poi il demonio, padre della menzogna, ti restituisce la vergogna e ti suggerisce: come farai a confessare quel peccato? Che cosa ti dirà il Sacerdote? Tu perderai la stima presso di lui! Sai qual è la miglior cosa? Non dire nulla di quella brutta azione! Confessa pure gli altri peccati poi, la prossima volta che ti confesserai, dirai tutto e così metterai a posto la coscienza!
Guai se il peccatore cade in questo tranello diabolico! Fatto il primo sacrilegio della Confessione fatta male, farà subito il secondo: la Comunione fatta coi peccato grave. Ti sei confessato male — dirà il demonio — pazienza! Non lasciare la Comunione perché cosa penseranno gli altri se non ti comunichi... La prossima volta, quando ti confesserai, invece di uno ne accuserai due sacrilegi.
Bada che il demonio ti sta legando con la terribile catena dei sacrilegi! Stai attento! Prega fervidamente la Vergine Maria di ottenerti la forza di rompere subito la catena dei sacrilegi che hai iniziato, altrimenti ti finirà male.
Quali peccati solitamente si sogliono nascondere? I peccati contro il 6° e il 9° comandamento. Giacinta, la più piccola dei tre fanciulli di Fatima, quando era all’ospedale gravemente ammalata, domandò alla Madonna che le era riapparsa: Qual è il peccato che manda più anime all’inferno? Maria Santissima rispose: il peccato impuro!

Gesù a Josefa Menendez

Diceva Gesù a Josefa Menendez: «Bramo che le anime credano alla mia misericordia, che aspettino tutto dalla mia bontà, che non dubitino mai del mio perdono!
Sono Dio, ma Dio di Amore! Sono Padre, ma un Padre che ama con tenerezza e non con severità. Il mio cuore è infinitamente santo, ma anche infinitamente sapiente e, conoscendo la miseria e la fragilità umana, s’inchina verso i poveri peccatori con una misericordia infinita. Amo le anime dopo il primo peccato, e se cadessero un numero grandissimo di volte, Io le amo e le perdono sempre e lavo nello stesso mio Sangue l’ultimo come il primo peccato.
Non mi stanco mai delle anime e il mio cuore aspetta sempre che esse vengano a rifugiarsi in lui e ciò tanto più quanto più sono miserabili! Un padre non si prende molto più cura del figlio malato che di quelli sani? Le sue premure e le sue delicatezze non sono forse più grandi per lui? Così il mio Cuore effonde sui peccatori la sua compassione e la sua tenerezza più che con i giusti».
Non c’è bisogno di far notare che queste consolanti dichiarazioni di Gesù riguardano i peccatori che cadono per fragilità e si pentono, e non i peccatori maliziosi e presuntuosi, i quali, fondandosi falsamente su queste parole del Salvatore e quindi abusando della sua misericordia, finirebbero per provocare la sua giustizia col commettere maliziosamente nuovi peccati.
Carissimo fratello lettore, hai fatto per il passato le tue confessioni con le dovute disposizioni? Hai la coscienza tranquilla oppure senti qualche rimorso? Hai avuto sempre nelle tue confessioni il necessario dolore dei peccati? Sei stato sincero col Confessore oppure hai taciuto volontariamente per vergogna qual. che peccato grave?
Se hai la coscienza serena ringrazia il Signore e stai sereno. Ma se riconosci di non essere in regola, ripara il male fatto e riparalo subito con una confessione generale o parziale, a seconda del caso, della tua vita passata per rimetterti in grazia di Dio. Fai questo però senza apprensione e con serenità d’animo. S. Margherita Maria Alacoque, prima della solenne professione dei voti, si preparava ad una confessione generale della sua vita. Ella si preparava con umiltà e contrizione, ma si affannava per trovare i suoi peccati. Gesù la tranquillizza: «Perché ti tormenti? Fa quello che puoi del canto tuo ed io supplirò al resto, perché nulla mi piace tanto in questo Sacramento quanto un cuore contrito e umiliato, che con sincera volontà d’emendarsi si accusa senza finzione: ed allora io perdono tutto».
Approfitta quindi dell’infinita misericordia di Dio che ancora ti dà il tempo di poter riparare. Inizia bene la serie delle nove Comunioni dei Primi Venerdì del mese, così potrai assicurarti la Grande Promessa del Cuore di Gesù: la tua salvezza eterna.

Esempio

Gesù premia persino il desiderio di fare i Nove Primi Venerdì.
Verso la fine del 1913 in una grossa borgata del Piemonte venne mandato come vice-parroco un giovane Sacerdote, il quale, per condurre le anìme a Dio con la frequenza dei Sacramenti, cominciò a predicare e diffondere la devozione al Sacro Cuore di Gesù, insistendo particolarmente sulla Grande Promessa. Il Signore benedisse il suo zelo in modo tale che dopo solo tre mesi si contavano già ben 500 persone (compreso un buon numero di uomini) che facevano i nove primi venerdì del mese.
Alla Pasqua del 1914, un uomo sulla trentina, padre di famiglia, che fino allora non aveva preso parte a questa pratica, invitato personalmente dallo zelante Sacerdote ad unirsi anche lui agli altri fedeli, rispose:
Adesso che ho capito bene le prometto che, passati i mesi d’estate in cui i lavori della campagna sono troppo pesanti, (a quel tempo non vi erano Messe serali e il digiuno eucaristico cominciava alla mezzanotte) al primo Venerdì di ottobre comincerò anche io le nove Comunioni. Glielo prometto sul serio perché vale la pena praticare questa devozione così facile per assicurarsi la salvezza dell’anima.
Pieno di vigore e di salute continuò a lavorare fino alla sera del giorno 8 agosto, ma il giorno dopo, domenica, dovette porsi a letto. Pareva una cosa da nulla, però alla sera, verso le ore 21, nonostante non vi fosse l’ombra di pericolo, volle che gli chiamassero il Sacerdote per confessarsi e ricevere gli ultimi Sacramenti.
Meravigliati i suoi familiari lo consigliavano di chiamarlo l’indomani perché stimavano mancanza di rispetto disturbare il Prete a quell’ora. Ma le insistenze furono tali e tante che la madre andò lei stessa in parrocchia a cercare del vice-parroco, chiedendogli nello stesso tempo mille scuse d’essere andata a disturbarlo a quell’ora, ma che l’aveva fatto perché costretta dall’ammalato e per non fargli passare una cattiva notte.
Il Sacerdote non tardò a presentarsi al suo capezzale accolto con un sorriso. d’inesprimibile gioia e riconoscenza. L’ammalato cominciò a dire: Quanto la ringrazio, Padre, d’essere venuto. Sospiravo proprio di vederla. Si ricorda che le avevo promesso di incominciare le Comunioni dei nove primi venerdì? Ma ora devo dirle che non potrò più farle. Il cuore di Gesù mi ha detto di mandarla a chiamare subito e di ricevere i Sacramenti perché sto per morire.
Con molta prudenza e carità il pio Sacerdote, senza domandargli spiegazioni particolari, lo confortò e lo incoraggiò a riporre nel Sacro Cuore di Gesù tutta la sua confidenza. Lo confessò e, poiché l’ammalato insisteva, gli portò il Santo Viatico. Era mezzanotte.
Alle quattro del mattino il Sacerdote tornò a visitare l’infermo che lo accolse con un sorriso che aveva dell’angelico, gli strinse la mano affettuosamente ma senza poter dire nulla perché, poco dopo la mezzanotte, aveva perduto la parola senza più riacquistarla. Ricevette l’Olio Santo e verso le due del pomeriggio volava in Paradiso a cantare le divine misericordie del Cuore di Gesù che premiava così il desiderio di fare i Nove Primi Venerdì concedendogli la grazia di fare una morte santa.
Le circostanze singolari di questo fatto indussero il padre, la madre, la moglie e il fratello del defunto a fare anche loro i Nove Primi Venerdì per assicurarsi la salvezza della loro anima.


9 ottobre 1953

Maria Valtorta

 «Sì, è vero. La mia immagine si è inumidita del mio pianto, qui, in camera tua, ieri sera. E avrei voluto poter piangere di gioia, per te, per l'opera, per le anime. Invece! Ho pianto di dolore! Dolore, perché proprio mentre sta per iniziare l'Anno Mariano, anno in cui più necessaria che mai sarebbe stata la pubblicazione dell'Opera che mi avrebbe fatta conoscere come nessun'opera scritta su Me neppure dai più valenti mariologhi, vivi o defunti, fece mai, e col farmi conoscere, così esattamente e conformemente alla verità storica della mia vita, alla verità evangelica e teologica, avrebbe portato a Dio, a mezzo mio, infinite anime, vedo più che mai che l'Opera, per molti motivi: d'interesse, di invidia, di superbia, d'ingiustizia, non uscirà in tempo.

   Soffro per te, per tutte le anime che, non avendo l'opera, non avranno salvezza in quest'Anno Mariano, e anche per Me e per il Figlio mio che, dall'alto dei Cieli, e nella luce di Dio, vediamo tutta l'enormità di questa mala azione universale, privando il mondo di luce, salvezza spirituale, privando noi di veder compiuta la Volontà nostra, per il bene delle anime. Privando infine te di quanto sarebbe tuo pieno, santo diritto di avere: il mezzo potente di salvare, in questo tempo tragico, pieno di eresie, persecuzioni, delitti, tante anime. Il tuo unico santo desiderio sin dai tuoi più teneri anni, il tuo perfetto amore per esse, per cui ti offristi "vittima" perché essi avessero conversione, redenzione, e infine gloria eterna.

   Questo impedire che Io e il Figlio da me nato si sia conosciuti in tutta la nostra perfezione, è per Me e per Gesù un dolore che fa piangere a Me pianto amarissimo e a Lui lacrime di Sangue. L'ora della Passione e del Calvario, per l'odio ingiusto della folla, per l'avidità del traditore, per l'uccisione dell'Agnello di vera Redenzione, si ripete in pieno, e questo mi affligge quanto, e più ancora, mi afflisse il tradimento di Giuda, la fuga degli Apostoli, il Processo, le torture, la morte del Figlio mio».