Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Più la sofferenza è intima ed è nascosta agli occhi delle creature, tanto più vi rallegra, o Dio mio. (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 14° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 8

1Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi.2Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.3Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,4gli dicono: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?".6Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.7E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei".8E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.9Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo.10Alzatosi allora Gesù le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?".11Ed essa rispose: "Nessuno, Signore". E Gesù le disse: "Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più".

12Di nuovo Gesù parlò loro: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita".

13Gli dissero allora i farisei: "Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera".14Gesù rispose: "Anche se io rendo testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove vengo e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado.15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno.16E anche se giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato.17Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera:18orbene, sono io che do testimonianza di me stesso, ma anche il Padre, che mi ha mandato, mi dà testimonianza".19Gli dissero allora: "Dov'è tuo padre?". Rispose Gesù: "Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio".20Queste parole Gesù le pronunziò nel luogo del tesoro mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora.
21Di nuovo Gesù disse loro: "Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire".22Dicevano allora i Giudei: "Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?".23E diceva loro: "Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo.24Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccati".25Gli dissero allora: "Tu chi sei?". Gesù disse loro: "Proprio ciò che vi dico.26Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui".27Non capirono che egli parlava loro del Padre.28Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo.29Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite".30A queste sue parole, molti credettero in lui.

31Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli;32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".33Gli risposero: "Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?".34Gesù rispose: "In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato.35Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre;36se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.37So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi.38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!".39Gli risposero: "Il nostro padre è Abramo". Rispose Gesù: "Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!40Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto.41Voi fate le opere del padre vostro". Gli risposero: "Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!".42Disse loro Gesù: "Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato.43Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole,44voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna.45A me, invece, voi non credete, perché dico la verità.46Chi di voi può convincermi di peccato? Se dico la verità, perché non mi credete?47Chi è da Dio ascolta le parole di Dio: per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio".
48Gli risposero i Giudei: "Non diciamo con ragione noi che sei un Samaritano e hai un demonio?".49Rispose Gesù: "Io non ho un demonio, ma onoro il Padre mio e voi mi disonorate.50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca e giudica.51In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte".52Gli dissero i Giudei: "Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: "Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte".53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?".54Rispose Gesù: "Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: "È nostro Dio!",55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola.56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò".57Gli dissero allora i Giudei: "Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?".58Rispose loro Gesù: "In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono".59Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.


Secondo libro dei Re 4

1Una donna, moglie di uno dei profeti, gridò a Eliseo: "Mio marito, tuo servo, è morto; tu sai che il tuo servo temeva il Signore. Ora è venuto il suo creditore per prendersi come schiavi i due miei figli".2Eliseo le disse: "Che posso fare io per te? Dimmi che cosa hai in casa". Quella rispose: "In casa la tua serva non ha altro che un orcio di olio".3Le disse: "Su, chiedi in prestito vasi da tutti i tuoi vicini, vasi vuoti, nel numero maggiore possibile.4Poi entra in casa e chiudi la porta dietro a te e ai tuoi figli; versa olio in tutti quei vasi; i pieni mettili da parte".5Si allontanò da lui e chiuse la porta dietro a sé e ai suoi figli; questi porgevano ed essa versava.6Quando i vasi furono pieni, disse a un figlio: "Porgimi ancora un vaso". Le rispose: "Non ce ne sono più". L'olio cessò.7Essa andò a riferire la cosa all'uomo di Dio, che le disse: "Va', vendi l'olio e accontenta i tuoi creditori; tu e i tuoi figli vivete con quanto ne resterà".
8Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c'era una donna facoltosa, che l'invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei.9Essa disse al marito: "Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi.10Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare".11Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e vi si coricò.12Egli disse a Ghecazi suo servo: "Chiama questa Sunammita". La chiamò ed essa si presentò a lui.13Eliseo disse al suo servo: "Dille tu: Ecco hai avuto per noi tutta questa premura; che cosa possiamo fare per te? C'è forse bisogno di intervenire in tuo favore presso il re oppure presso il capo dell'esercito?". Essa rispose: "Io sto in mezzo al mio popolo".14Eliseo replicò: "Che cosa si può fare per lei?". Ghecazi disse: "Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio".15Eliseo disse: "Chiamala!". La chiamò; essa si fermò sulla porta.16Allora disse: "L'anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio". Essa rispose: "No, mio signore, uomo di Dio, non mentire con la tua serva".17Ora la donna rimase incinta e partorì un figlio, proprio alla data indicata da Eliseo.
18Il bambino crebbe e un giorno uscì per andare dal padre fra i mietitori.19Egli disse al padre: "La mia testa, la mia testa!". Il padre ordinò a un servo: "Portalo dalla mamma".20Questi lo prese e lo portò da sua madre. Il bambino stette sulle ginocchia di costei fino a mezzogiorno, poi morì.21Essa salì a stenderlo sul letto dell'uomo di Dio; chiuse la porta e uscì.22Chiamò il marito e gli disse: "Su, mandami uno dei servi e un'asina; voglio correre dall'uomo di Dio; tornerò subito".23Quegli domandò: "Perché vuoi andare oggi? Non è il novilunio né sabato". Ma essa rispose: "Addio".24Fece sellare l'asina e disse al proprio servo: "Conducimi, cammina, non fermarmi durante il tragitto, a meno che non te l'ordini io".25Si incamminò; giunse dall'uomo di Dio sul monte Carmelo. Quando l'uomo di Dio la vide da lontano, disse a Ghecazi suo servo: "Ecco la Sunammita!26Su, corrile incontro e domandale: Stai bene? Tuo marito sta bene? E tuo figlio sta bene?". Quella rispose: "Bene!".27Giunta presso l'uomo di Dio sul monte, gli afferrò le ginocchia. Ghecazi si avvicinò per tirarla indietro, ma l'uomo di Dio disse: "Lasciala stare, perché la sua anima è amareggiata e il Signore me ne ha nascosto il motivo; non me l'ha rivelato".28Essa disse: "Avevo forse domandato io un figlio al mio signore? Non ti dissi forse: Non mi ingannare?".
29Eliseo disse a Ghecazi: "Cingi i tuoi fianchi, prendi il mio bastone e parti. Se incontrerai qualcuno, non salutarlo; se qualcuno ti saluta, non rispondergli. Metterai il mio bastone sulla faccia del ragazzo".30La madre del ragazzo disse: "Per la vita del Signore e per la tua vita, non ti lascerò". Allora quegli si alzò e la seguì.31Ghecazi li aveva preceduti; aveva posto il bastone sulla faccia del ragazzo, ma non c'era stato un gemito né altro segno di vita. Egli tornò verso Eliseo e gli riferì: "Il ragazzo non si è svegliato".32Eliseo entrò in casa. Il ragazzo era morto, steso sul letto.33Egli entrò, chiuse la porta dietro a loro due e pregò il Signore.34Quindi salì, si distese sul ragazzo; pose la bocca sulla bocca di lui, gli occhi sugli occhi di lui, le mani nelle mani di lui e si curvò su di lui. Il corpo del bambino riprese calore.35Quindi si alzò e girò qua e là per la casa; tornò a curvarsi su di lui; il ragazzo starnutì sette volte, poi aprì gli occhi.36Eliseo chiamò Ghecazi e gli disse: "Chiama questa Sunammita!". La chiamò e, quando essa gli giunse vicino, le disse: "Prendi tuo figlio!".37Quella entrò, cadde ai piedi di lui, gli si prostrò davanti, prese il figlio e uscì.
38Eliseo tornò in Gàlgala. Nella regione imperversava la carestia. Mentre i figli dei profeti stavano seduti davanti a lui, egli disse al suo servo: "Metti la pentola grande e cuoci una minestra per i figli dei profeti".39Uno di essi andò in campagna per cogliere erbe selvatiche e trovò una specie di vite selvatica: da essa colse zucche agresti e se ne riempì il mantello. Ritornò e gettò i frutti a pezzi nella pentola della minestra, non sapendo cosa fossero.40Si versò da mangiare agli uomini, che appena assaggiata la minestra gridarono: "Nella pentola c'è la morte, uomo di Dio!". Non ne potevano mangiare.41Allora Eliseo ordinò: "Portatemi della farina". Versatala nella pentola, disse: "Danne da mangiare alla gente". Non c'era più nulla di cattivo nella pentola.
42Da Baal-Salisa venne un individuo, che offrì primizie all'uomo di Dio, venti pani d'orzo e farro che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: "Dallo da mangiare alla gente".43Ma colui che serviva disse: "Come posso mettere questo davanti a cento persone?". Quegli replicò: "Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: Ne mangeranno e ne avanzerà anche".44Lo pose davanti a quelli, che mangiarono, e ne avanzò, secondo la parola del Signore.


Siracide 33

1Chi teme il Signore non incorre in alcun male,
se subisce tentazioni, ne sarà liberato di nuovo.
2Un uomo saggio non detesta la legge,
ma l'ipocrita a suo riguardo è come una nave nella
tempesta.
3L'uomo assennato ha fiducia nella legge,
la legge per lui è degna di fede come un oracolo.
4Prepàrati il discorso, così sarai ascoltato;
concatena il tuo sapere e poi rispondi.
5Ruota di carro il sentimento dello stolto,
il suo ragionamento è come l'asse che gira.
6Come uno stallone è un amico beffardo,
nitrisce sotto chiunque lo cavalca.

7Perché un giorno è più importante d'un altro?
Eppure la luce di ogni giorno dell'anno viene dal sole.
8Essi sono distinti secondo il pensiero del Signore
che ha variato le stagioni e le feste.
9Alcuni giorni li ha nobilitati e santificati,
altri li ha lasciati nel numero dei giorni ordinari.
10Anche gli uomini provengono tutti dalla polvere
e dalla terra fu creato Adamo.
11Ma il Signore li ha distinti nella sua grande sapienza,
ha assegnato loro diversi destini.
12Alcuni li ha benedetti ed esaltati,
altri li ha santificati e avvicinati a sé,
altri li ha maledetti e umiliati
e li ha scacciati dalle loro posizioni.
13Come l'argilla nelle mani del vasaio
che la forma a suo piacimento,
così gli uomini nelle mani di colui che li ha creati,
per retribuirli secondo la sua giustizia.
14Di fronte al male c'è il bene,
di fronte alla morte, la vita;
così di fronte al pio il peccatore.
15Considera perciò tutte le opere dell'Altissimo;
due a due, una di fronte all'altra.
16Io mi sono dedicato per ultimo allo studio,
come un racimolatore dietro i vendemmiatori.
17Con la benedizione del Signore ho raggiunto lo scopo,
come un vendemmiatore ho riempito il tino.
18Badate che non ho faticato solo per me,
ma per quanti ricercano l'istruzione.
19Ascoltatemi, capi del popolo,
e voi che dirigete le assemblee, fate attenzione.

20Al figlio e alla moglie, al fratello e all'amico
non dare un potere su di te finché sei in vita.
Non dare ad altri le tue ricchezze,
perché poi non ti penta e debba richiederle.
21Finché vivi e c'è respiro in te,
non abbandonarti in potere di nessuno.
22È meglio che i figli ti preghino
che non rivolgerti tu alle loro mani.
23In tutte le azioni sii sempre superiore,
non permettere che si offuschi la tua fama.
24Quando finiranno i giorni della tua vita,
al momento della morte, assegna la tua eredità.

25Foraggio, bastone e pesi per l'asino;
pane, castigo e lavoro per lo schiavo.
26Fa' lavorare il tuo servo, e potrai trovare riposo,
lasciagli libere le mani e cercherà la libertà.
27Giogo e redini piegano il collo;
per lo schiavo cattivo torture e castighi.
28Fallo lavorare perché non stia in ozio,
poiché l'ozio insegna molte cattiverie.
29Obbligalo al lavoro come gli conviene,
e se non obbedisce, stringi i suoi ceppi.
30Non esagerare con nessuno;
non fare nulla senza giustizia.
31Se hai uno schiavo, sia come te stesso,
poiché l'hai acquistato con il sangue.
32Se hai uno schiavo, trattalo come fratello,
perché ne avrai bisogno come di te stesso,
33Se tu lo maltratti ed egli fuggirà,
per quale strada andrai a ricercarlo?


Salmi 106

1Alleluia.

Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Chi può narrare i prodigi del Signore,
far risuonare tutta la sua lode?
3Beati coloro che agiscono con giustizia
e praticano il diritto in ogni tempo.

4Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza,
5perché vediamo la felicità dei tuoi eletti,
godiamo della gioia del tuo popolo,
ci gloriamo con la tua eredità.

6Abbiamo peccato come i nostri padri,
abbiamo fatto il male, siamo stati empi.
7I nostri padri in Egitto
non compresero i tuoi prodigi,
non ricordarono tanti tuoi benefici
e si ribellarono presso il mare, presso il mar Rosso.
8Ma Dio li salvò per il suo nome,
per manifestare la sua potenza.

9Minacciò il mar Rosso e fu disseccato,
li condusse tra i flutti come per un deserto;
10li salvò dalla mano di chi li odiava,
li riscattò dalla mano del nemico.
11L'acqua sommerse i loro avversari;
nessuno di essi sopravvisse.
12Allora credettero alle sue parole
e cantarono la sua lode.

13Ma presto dimenticarono le sue opere,
non ebbero fiducia nel suo disegno,
14arsero di brame nel deserto,
e tentarono Dio nella steppa.
15Concesse loro quanto domandavano
e saziò la loro ingordigia.

16Divennero gelosi di Mosè negli accampamenti,
e di Aronne, il consacrato del Signore.
17Allora si aprì la terra e inghiottì Datan,
e seppellì l'assemblea di Abiron.
18Divampò il fuoco nella loro fazione
e la fiamma divorò i ribelli.

19Si fabbricarono un vitello sull'Oreb,
si prostrarono a un'immagine di metallo fuso;
20scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia fieno.
21Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
22prodigi nel paese di Cam,
cose terribili presso il mar Rosso.
23E aveva già deciso di sterminarli,
se Mosè suo eletto
non fosse stato sulla breccia di fronte a lui,
per stornare la sua collera dallo sterminio.

24Rifiutarono un paese di delizie,
non credettero alla sua parola.
25Mormorarono nelle loro tende,
non ascoltarono la voce del Signore.
26Egli alzò la mano su di loro
giurando di abbatterli nel deserto,
27di disperdere i loro discendenti tra le genti
e disseminarli per il paese.

28Si asservirono a Baal-Peor
e mangiarono i sacrifici dei morti,
29provocarono Dio con tali azioni
e tra essi scoppiò una pestilenza.
30Ma Finees si alzò e si fece giudice,
allora cessò la peste
31e gli fu computato a giustizia
presso ogni generazione, sempre.

32Lo irritarono anche alle acque di Meriba
e Mosè fu punito per causa loro,
33perché avevano inasprito l'animo suo
ed egli disse parole insipienti.

34Non sterminarono i popoli
come aveva ordinato il Signore,
35ma si mescolarono con le nazioni
e impararono le opere loro.
36Servirono i loro idoli
e questi furono per loro un tranello.
37Immolarono i loro figli
e le loro figlie agli dèi falsi.
38Versarono sangue innocente,
il sangue dei figli e delle figlie
sacrificati agli idoli di Canaan;
la terra fu profanata dal sangue,
39si contaminarono con le opere loro,
si macchiarono con i loro misfatti.

40L'ira del Signore si accese contro il suo popolo,
ebbe in orrore il suo possesso;
41e li diede in balìa dei popoli,
li dominarono i loro avversari,
42li oppressero i loro nemici
e dovettero piegarsi sotto la loro mano.
43Molte volte li aveva liberati;
ma essi si ostinarono nei loro disegni
e per le loro iniquità furono abbattuti.
44Pure, egli guardò alla loro angoscia
quando udì il loro grido.
45Si ricordò della sua alleanza con loro,
si mosse a pietà per il suo grande amore.
46Fece loro trovare grazia
presso quanti li avevano deportati.
47Salvaci, Signore Dio nostro,
e raccoglici di mezzo ai popoli,
perché proclamiamo il tuo santo nome
e ci gloriamo della tua lode.

48Benedetto il Signore, Dio d'Israele
da sempre, per sempre.
Tutto il popolo dica: Amen.


Geremia 25

1Questa parola fu rivolta a Geremia per tutto il popolo di Giuda nel quarto anno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda - cioè nel primo anno di Nabucodònosor re di Babilonia -.2Il profeta Geremia l'annunciò a tutto il popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme dicendo:3"Dall'anno decimoterzo di Giosia figlio di Amòn, re di Giuda, fino ad oggi sono ventitré anni che mi è stata rivolta la parola del Signore e io ho parlato a voi premurosamente e continuamente, ma voi non avete ascoltato.4Il Signore vi ha inviato con assidua premura tutti i suoi servi, i profeti, ma voi non avete ascoltato e non avete prestato orecchio per ascoltare5quando vi diceva: Ognuno abbandoni la sua condotta perversa e le sue opere malvage; allora potrete abitare nel paese che il Signore ha dato a voi e ai vostri padri dai tempi antichi e per sempre.6Non seguite altri dèi per servirli e adorarli e non provocatemi con le opere delle vostre mani e io non vi farò del male.7Ma voi non mi avete ascoltato - dice il Signore - e mi avete provocato con l'opera delle vostre mani per vostra disgrazia.8Per questo dice il Signore degli eserciti: Poiché non avete ascoltato le mie parole,9ecco manderò a prendere tutte le tribù del settentrione, le manderò contro questo paese, contro i suoi abitanti e contro tutte le nazioni confinanti, voterò costoro allo sterminio e li ridurrò a oggetto di orrore, a scherno e a obbrobrio perenne.10Farò cessare in mezzo a loro le grida di gioia e le voci di allegria, la voce dello sposo e quella della sposa, il rumore della mola e il lume della lampada.11Tutta questa regione sarà abbandonata alla distruzione e alla desolazione e queste genti resteranno schiave del re di Babilonia per settanta anni.12Quando saranno compiuti i settanta anni, io punirò il re di Babilonia e quel popolo - dice il Signore - per i loro delitti, punirò il paese dei Caldei e lo ridurrò a una desolazione perenne.13Manderò dunque a effetto su questo paese tutte le parole che ho pronunziate a suo riguardo, quanto è scritto in questo libro, ciò che Geremia aveva predetto contro tutte le nazioni.

14Nazioni numerose e re potenti ridurranno in schiavitù anche costoro, e così li ripagherò secondo le loro azioni, secondo le opere delle loro mani".
15Così mi disse il Signore, Dio di Israele: "Prendi dalla mia mano questa coppa di vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti invio,16perché ne bevano, ne restino inebriate ed escano di senno dinanzi alla spada che manderò in mezzo a loro".
17Presi dunque la coppa dalle mani del Signore e la diedi a bere a tutte le nazioni alle quali il Signore mi aveva inviato:18a Gerusalemme e alle città di Giuda, ai suoi re e ai suoi capi, per abbandonarli alla distruzione, alla desolazione, all'obbrobrio e alla maledizione, come avviene ancor oggi;19anche al faraone re d'Egitto, ai suoi ministri, ai suoi nobili e a tutto il suo popolo;20alla gente d'ogni razza e a tutti i re del paese di Uz, a tutti i re del paese dei Filistei, ad Ascalòn, a Gaza, a Ekròn e ai superstiti di Asdòd,21a Edom, a Moab e agli Ammoniti,22a tutti i re di Tiro e a tutti i re di Sidòne e ai re dell'isola che è al di là del mare,23a Dedan, a Tema, a Buz e a quanti si radono l'estremità delle tempie,24a tutti i re degli Arabi che abitano nel deserto,25a tutti i re di Zimrì, a tutti i re dell'Elam e a tutti i re della Media,26a tutti i re del settentrione, vicini e lontani, agli uni e agli altri e a tutti i regni che sono sulla terra; il re di Sesàch berrà dopo di essi.
27"Tu riferirai loro: Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Bevete e inebriatevi, vomitate e cadete senza rialzarvi davanti alla spada che io mando in mezzo a voi.28Se poi rifiuteranno di prendere dalla tua mano il calice da bere, tu dirai loro: Dice il Signore degli eserciti: Certamente berrete!29Se io comincio a castigare proprio la città che porta il mio nome, pretendete voi di rimanere impuniti? No, impuniti non resterete, perché io chiamerò la spada su tutti gli abitanti della terra. Oracolo del Signore degli eserciti.30Tu preannunzierai tutte queste cose e dirai loro:

Il Signore ruggisce dall'alto,
dalla sua santa dimora fa udire il suo tuono;
alza il suo ruggito contro la prateria,
manda grida di giubilo come i pigiatori delle uve,
contro tutti gli abitanti del paese.
31Il rumore giunge fino all'estremità della terra,
perché il Signore viene a giudizio con le nazioni;
egli istruisce il giudizio riguardo a ogni uomo,
abbandona gli empi alla spada.
Parola del Signore.
32Dice il Signore degli eserciti:
Ecco, la sventura passa
di nazione in nazione,
un grande turbine si alza
dall'estremità della terra.

33In quel giorno i colpiti dal Signore si troveranno da un'estremità all'altra della terra; non saranno pianti né raccolti né sepolti, ma saranno come letame sul suolo.

34Urlate, pastori, gridate,
rotolatevi nella polvere, capi del gregge!
Perché sono compiuti i giorni per il vostro macello;
stramazzerete come scelti montoni.
35Non ci sarà rifugio per i pastori
né scampo per i capi del gregge.
36Sentite le grida dei pastori,
gli urli delle guide del gregge,
perché il Signore distrugge il loro pascolo;
37sono devastati i prati tranquilli
a causa dell'ardente ira del Signore.
38Il leone abbandona la sua tana,
poiché il loro paese è una desolazione
a causa della spada devastatrice
e a causa della sua ira ardente".


Apocalisse 17

1Allora uno dei sette angeli che hanno le sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: "Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta che siede presso le grandi acque.2Con lei si sono prostituiti i re della terra e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione".3L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna.4La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d'oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione.5Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso: "Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini della terra".
6E vidi che quella donna era ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore.7Ma l'angelo mi disse: "Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, con sette teste e dieci corna.

8La bestia che hai visto era ma non è più, salirà dall'Abisso, ma per andare in perdizione. E gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era e non è più, ma riapparirà.9Qui ci vuole una mente che abbia saggezza. Le sette teste sono i sette colli sui quali è seduta la donna; e sono anche sette re.10I primi cinque sono caduti, ne resta uno ancora in vita, l'altro non è ancora venuto e quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco.11Quanto alla bestia che era e non è più, è ad un tempo l'ottavo re e uno dei sette, ma va in perdizione.12Le dieci corna che hai viste sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale, per un'ora soltanto insieme con la bestia.13Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia.14Essi combatteranno contro l'Agnello, ma l'Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re e quelli con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli".
15Poi l'angelo mi disse: "Le acque che hai viste, presso le quali siede la prostituta, simboleggiano popoli, moltitudini, genti e lingue.16Le dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco.17Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla bestia, finché si realizzino le parole di Dio.18La donna che hai vista simboleggia la città grande, che regna su tutti i re della terra".


Capitolo XXIV: Guardarsi dall’indagare curiosamente la vita degli altri

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1. Figlio, non essere curioso; non prenderti inutili affanni. Che t'importa di questo e di quello? "Tu segui me" (Gv 21,22). Che ti importa che quella persona sia di tal fatta, o diversa, o quell'altra agisca e dica così e così? Tu non dovrai rispondere per gli altri; al contrario renderai conto per te stesso. Di che cosa dunque ti vai impicciando? Ecco, io conosco tutti, vedo tutto ciò che accade sotto il sole e so la condizione di ognuno: che cosa uno pensi, che cosa voglia, a che cosa miri la sua intenzione. Tutto deve essere, dunque, messo nelle mie mani. E tu mantieniti in pace sicura, lasciando che altri si agiti quanto crede, e metta agitazione attorno a sé: ciò che questi ha fatto e ciò che ha detto ricadrà su di lui, poiché, quanto a me, non mi può ingannare.  

2. Non devi far conto della vanità di un grande nome, né delle molte amicizie, né del particolare affetto di varie persone: tutte cose che sviano e danno un profondo offuscamento di spirito. Invece io sarò lieto di dirti la mia parola e di palesarti il mio segreto, se tu sarai attento ad avvertire la mia venuta, con piena apertura del cuore. Stai dunque in guardia, veglia in preghiera (1 Pt 4,7), e umiliati in ogni cosa (Sir 3,20).


LETTERA 247: Agostino rimprovera Romolo, una persona potente da lui generata a Cristo, di essere un severo e ingiusto esattore dei tributi.

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta dopo il 395.

Agostino rimprovera Romolo, una persona potente da lui generata a Cristo, di essere un severo e ingiusto esattore dei tributi, pagati dai coloni ai suoi amministratori; lo perdona delle offese ricevute da lui (nn. 1-3) minacciandogli il più rigoroso giudizio, se continuerà ad agire tirannicamente (nn. 1 e 4).

AGOSTINO INVIA CRISTIANI SALUTI A ROMOLO, DILETTISSIMO SIGNORE E FIGLIO

Agostino biasima la esosità di Romolo verso i coloni.

1. La verità talora è dolce, talora amara. Quando è dolce, perdona; quand'è amara, guarisce. Se non rifiuterai di bere la medicina che ti porgo in questa lettera, ti renderai conto di quanto ti ho detto. Dio voglia che gl'insulti rivoltimi da te, non t'arrechino alcun danno come non l'arrecano a me! Voglia inoltre Dio che l'ingiustizia, da te commessa verso individui infelici e poveri, almeno non ti nuoccia più di quanto nuoce a coloro che la subiscono da parte tua! Essi infatti sono afflitti per breve tempo, tu invece bada quali castighi ti vai accumulando per il giorno della vendetta e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, che ricompenserà ciascuno secondo le sue azioni 1. Io scongiuro la sua misericordia affinché ti faccia ravvedere quaggiù nel modo che sa lui, anziché serbarti il castigo per quel giorno in cui non vi sarà più possibilità di ravvedersi; scongiuro la misericordia di Colui che ti concesse il suo timore 2, (in virtù del quale non dispero della tua salvezza), affinché apra la tua mente per farti vedere le ingiustizie che hai compiute, e ne abbia orrore e ti possa ravvedere. A te queste colpe sembrano lievi, quasi un'inezia, mentre sono tanto gravi che, quando avrai vinto la tua cupidigia e potrai esaminarle attentamente, bagnerai di lacrime la terra per ottenere misericordia da Dio. Se invece sono io nel torto chiedendoti che dei poveri e infelici non siano costretti a pagare due volte l'imposta dovuta e consegnata dai coloni al loro esattore, poiché essi sono sottoposti ad un fattore ed ubbidiscono ai suoi ordini, non potrà neppure lui negare d'averla ricevuta. Se dunque ho torto io di ritenere ch'è ingiusto esigere due volte l'imposta da persone che possono pagarla a malapena una volta sola, fa' ciò che vuoi; se invece capisci che ciò è ingiusto, fa ciò ch'è giusto, fa' quello che Dio comanda e che io prego che tu faccia.

Agostino perdona le offese ricevute da parte di Romolo.

2. Non tanto per quegli sventurati - lo sa Colui che io temo - quanto per te stesso io ti supplico - come sta scritto - che ti prenda pietà dell'anima tua rendendoti accetto a Dio 3. Ora veramente ti si dovrebbero rivolgere non già preghiere, ma rimproveri poiché sta anche scritto: Colui che io amo, lo riprendo e lo castigo 4. Se tuttavia si trattasse di pregarti a mio favore, forse io non ti pregherei; ma, poiché devo pregarti nel tuo interesse, ti prego di non danneggiare te stesso con l'ira, d'essere in pace con te stesso affinché sia in pace con te Colui al quale tu rivolgi le tue suppliche. Sabato mandai ad avvisarti, mentre eri ancora a pranzo, di non andartene via dalla città prima d'esserti incontrato con me. Tu mi facesti sapere che l'avresti fatto. La domenica ti alzasti e - a quanto mi è stato riferito - venisti in chiesa a pregare e te ne andasti senza volermi incontrare. Dio ti perdoni! Che cos'altro dovrei dirti? Solo che Dio sa quanto io lo desidero. Ma io so pure che, se non ti ravvederai, ti attende la sua giustizia. Avendo riguardo verso di te, lo avrai anche verso di me, poiché io non sono tanto miserabile e lontano dal cuore di Cristo, da non sentire una profonda ferita al mio cuore quando si comportano così coloro che ho generati nel suo Vangelo 5.

Un podere procurato con frode.

3. Tu replicherai: " Ma io non avevo dato loro l'ordine di consegnare l'imposta a Ponticano ". A ciò ti si risponderà: " Ma tu ordinasti loro d'essere sottoposti a Ponticano ". I coloni inoltre non potevano capire chiaramente fino a qual punto dovevano ubbidire o meno, soprattutto per il fatto che quello esigeva quanto sapevano di dover pagare. Essi invece avrebbero dovuto avere un tuo ordine scritto da mostrare al tuo esattore, se avesse preteso una somma da te non voluta, e da leggere alla loro volta a lui, per mostrare che non avrebbero dovuto pagare tranne che nel caso che avessero ricevuto un tuo ordine scritto. Infatti, se tu solo a voce hai proibito di non dar nulla all'esattore, è difficile ch'essi se ne ricordino, è difficile che tu stesso ti ricordi se hai dato un ordine siffatto ad essi o ad altri o a tutti, soprattutto perché, anche adesso, hai sentito dire che il denaro era stato consegnato a un altro esattore ed è in buone mani e non t'è dispiaciuto che quelli l'abbiano dato. Ma avendo io aggiunto: " E se costui si fosse appropriato del denaro, avrebbero forse i coloni dovuto pagare un'altra volta? ", all'improvviso ti dispiacque di nuovo che i coloni avessero pagato. Spesso inoltre mi avevi detto di non aver mai incaricato di far le tue veci né Valerio né Agnese, ma a un tratto, mentre si discuteva del vino poiché dovevano avvertire se il vino cominciava a inacidire e a te si diceva che Valerio era assente, ti dimenticasti - credo - quello che mi avevi detto tante volte e affermasti che avrebbero dovuto mostrarlo ad Agnese e fare secondo il suo consiglio. Allora io ti dissi: " Ma tu di certo non sei solito incaricare questi due di far le tue veci! " e tu mi rispondesti: " Ma Agnese aveva un mio ordine scritto ", come se coloro ai quali tu dai qualche incarico leggessero i tuoi ordini scritti ai campagnoli, per convincerli che l'ordine viene da te! Poiché però essi vedono il modo con cui tu dai il comando, non possono credere naturalmente, che gli esattori abbiano la presunzione e la temerità d'arrischiarsi a fare alcunché se non è stato dato loro il potere da te. Non è quindi chiaro, tra simili incertezze, quali siano i tuoi ordini e perciò i coloni non possono tenere per certa e sicura nessuna cosa se non qualora abbiano ricevuto da te un ordine scritto da esibire a tutti, in modo che ubbidiscano solo ai tuoi ordini scritti, allorché devono consegnare qualcosa agli esattori.

Agostino teme più per Romolo che per i suoi coloni.

4. Ma che bisogno c'è di stare a discutere tanto a lungo con te e renderti più gravi con le parole le tue occupazioni, col pericolo che, sdegnandoti tu per le mie parole, voglia incrudelire contro individui sventurati? Sarà loro imputato a merito il fatto che sopportano il tuo sdegno per la tua salvezza, per la quale io mi intrattengo a parlare sì a lungo; quanto a te invece non voglio dirti qualcosa di più grave perché non creda ch'io te la dica, non già avendo paura ma desiderando con malanimo una simile cosa. Temi Dio, se non vuoi rimanere ingannato. Chiamo Dio a testimonio sulla mia anima 6 che parlo così, preoccupato più per la tua sorte che per quella di coloro per i quali ti do l'impressione d'intercedere. Se mi credi, Dio sia ringraziato; se invece non mi credi, io mi consolo con queste parole del Signore: Porgete il vostro saluto dicendo: " Pace a questa casa! "; se c'è uno che la meriti, la vostra pace riposerà su di lui; se invece ne è indegno, a voi tornerà la vostra pace 7. Ti protegga la misericordia di Dio, o mio carissimo signore e figlio.

 

1 - Rm 2, 5-6.

2 - Ger 32, 40; Bar 3, 7; Ml 2, 5; Sir 36, 2.

3 - Sir 30, 24.

4 - Ap 3, 19.

5 - 1 Cor 4, 15.

6 - 2 Cor 1, 23.

7 - Mt 10, 12-13.


13 - Si spiega lo stato in cui Maria santissima restò dopo l'incarnazione del Verbo nel suo grembo verginale

La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda

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158. Quanto più vado scoprendo i divini effetti e le qualità che risultarono nella Regina del cielo dopo che ebbe concepito il Verbo eterno, tanto maggiori difficoltà mi si presentano per la continuazione di quest'Opera. Mi trovo sommersa in alti e profondi misteri e sfornita di termini adeguati per esprimere ciò che di essi intendo. Eppure, la mia anima sente una tale soavità e dolcezza in questo stesso limite che non mi lascia pentire di quanto ho intrapreso. Inoltre, l'ubbidienza mi spinge, anzi mi costringe, a superare ciò che per un animo debole e di donna sarebbe assai duro, se mi mancassero la sicurezza e la forza di questo appoggio. E ciò tanto più in questo capitolo per scrivere il quale mi sono state mostrate le doti di gloria che godono in cielo i beati, con l'esempio dei quali manifesterò ciò che intendo circa lo stato della beatissima imperatrice Maria dopo che fu divenuta madre di Dio.

159. Due cose considero per il mio intento nei beati, l'una da parte loro e l'altra da parte di Dio. Da parte del Signore vi è la divinità chiara e manifesta con tutte le sue perfezioni e con tutti i suoi attributi, che si denomina oggetto beatifico, gloria, felicità oggettiva ed ultimo fine, dove termina e riposa ogni creatura. Da parte dei santi, poi, si trovano le attività beatifiche della visione e dell'amore ed altre che le seguono in quello stato felicissimo che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo. Tra i doni e gli effetti di questa gloria dei santi, ve ne sono alcuni che si chiamano doti. Sono dati loro, come alla sposa, per il matrimonio spirituale che devono consumare nel godimento dell'eterna felicità. Come la sposa temporale acquista la proprietà della sua dote, mentre l'usufrutto ne è comune a lei ed allo sposo, così anche nella gloria queste doti vengono date ai santi come loro proprie, mentre l'uso ne è comune a Dio, in quanto si glorifica nei suoi santi, ed a loro, in quanto godono di questi stessi ineffabili doni che, secondo i meriti e la dignità di ciascuno, sono più o meno eccellenti. Queste doti, però, non le ricevono se non i santi che sono della natura dello sposo, Cristo nostro bene. Tali sono gli uomini e non gli angeli, perché il Verbo incarnato non celebrò le nozze con gli angeli, ma con la natura umana, unendosi ad essa in quel grande mistero di cui parlò l'Apostolo, in Cristo e nella Chiesa. E poiché lo sposo Cristo, in quanto uomo, è formato come tutti gli altri da anima e corpo e tutto si deve glorificare alla sua presenza, le doti di gloria appartengono all'anima ed al corpo. Tre spettano all'anima e si denominano visione, comprensione e fruizione; e quattro al corpo, cioè chiarezza, impassibilità, sottigliezza ed agilità. Questi propriamente sono effetti della gloria che l'anima possiede.

160. Di tutte queste doti la nostra regina Maria ebbe qualche partecipazione in questa vita, specialmente dopo l'incarnazione del Verbo eterno nel suo grembo verginale. È vero che ai beati le doti sono date, come a comprensori, in pegno e caparra dell'eterna felicità che non può essere persa e come conferma di quello stato che non si deve mai più mutare, per cui non sono concesse ai viatori; tuttavia, furono in qualche modo accordate a Maria santissima, non come a comprensora, ma come a viatrice, non stabilmente, ma come a tratti e di passaggio, e con la differenza che diremo. Perché, poi, s'intenda meglio la convenienza di questo raro beneficio elargito alla celeste Regina, si consideri ciò che si è detto nel capitolo settimo e negli altri sino a quello sull'incarnazione; in essi si spiegano la disposizione e lo sposalizio con cui l'Altissimo preparò la sua Madre santissima per sublimarla a questa dignità. Tale matrimonio spirituale per questa Signora si consumò in qualche modo nel giorno in cui il Verbo divino prese carne umana nel suo grembo verginale mediante quella tanto eccellente e sublime visione beatifica che le venne concessa, come si è detto, mentre per tutti gli altri fedeli avviene come semplice sposalizio, che sarà consumato a suo tempo nella patria celeste.

161. La nostra grande Regina e signora aveva un'altra qualità per godere di questi privilegi, cioè quella di essere esente da ogni colpa sia attuale sia originale e confermata in grazia con l'incapacità di peccare. Poteva così celebrare questo matrimonio a nome della Chiesa militante ed impegnare, in sé, tutti, affinché nello stesso momento in cui divenne Madre del Riparatore, per i meriti previsti di lui, con quella gloria e visione transeunte di Dio divenisse garante che il medesimo premio non sarebbe stato negato ad alcuno dei figli di Adamo, se si fossero disposti a meritarlo con la grazia del loro redentore. Era inoltre motivo di molto compiacimento per il Verbo incarnato che subito il suo ardentissimo amore ed i suoi meriti infiniti fossero goduti da colei che era allo stesso tempo sua madre, sua prima sposa e talamo della divinità e che il premio accompagnasse il merito dove non si trovava impedimento. Con questi privilegi e favori che Cristo nostro bene faceva alla sua Madre santissima, soddisfaceva e saziava in parte l'amore che portava a lei e, con lei, a tutti i mortali. Per l'amore divino, infatti, era un indugio troppo lungo aspettare trentatré anni per manifestarsi alla Madre. E sebbene altre volte le avesse fatto questo beneficio, in questa occasione dell'incarnazione ciò avvenne con differenti condizioni, come ad imitazione ed in corrispondenza della gloria che ricevette l'anima santissima di suo Figlio, anche se non stabilmente, ma di passaggio in quanto era compatibile con lo stato comune di viatrice.

162. Conforme a questo, nel giorno in cui Maria santissima divenne realmente madre del Verbo eterno concependolo nel suo grembo, Dio, nello sposalizio che celebrò con la nostra natura, ci donò il diritto alla redenzione; nella consumazione di questo matrimonio spirituale, poi, beatificando la sua madre santissima e dandole le doti della gloria, promise a noi lo stesso come premio dei nostri me-riti, in virtù di quelli del suo Figlio santissimo nostro redentore. Nel beneficio fattole in questo giorno, il Signore innalzò sua Madre sopra la gloria di tutti i santi in maniera tale che tutti gli angeli e gli uomini non poterono giungere nel più alto grado della loro visione e del loro amore beatifico a quello che ebbe questa purissima signora. Lo stesso fu delle doti che ridondano dalla gloria dell'anima al corpo, perché tutto corrispondeva all'innocenza, alla santità ed ai meriti che aveva; e questi corrispondevano alla suprema dignità fra le creature, cioè a quella di madre del suo Creatore.

163. Per venire alle doti in particolare, la prima tra quelle dell'anima è la chiara visione beatifica, che corrisponde alla conoscenza oscura della fede nei viatori. Questa visione fu accordata a Maria santissima quelle volte ed in quei gradi che ho sopra spiegato e che dirò in seguito. Oltre a questa visione intuitiva ne ebbe molte altre astrattive della Divinità. Sebbene tutte avvenissero di passaggio, le loro immagini restavano nel suo intelletto così chiare, benché differenti, che con esse godeva di una conoscenza e luce di Dio tanto sublime da non trovare termini per spiegarla, perché in ciò questa Signora fu singolare tra le creature; in tal modo, l'effetto di questa dote rimaneva in lei compatibile con lo stato di viatrice. Quando, poi, talvolta il Signore le si nascondeva, sospendendo queste immagini per suoi alti fini, ella ricorreva alla sola fede infusa, che in lei era oltremodo eccellente ed efficace. Così, in un modo o nell'altro, non perse mai di vista quell'oggetto divino e sommo bene, né allontanò da lui gli occhi dell'anima per un solo istante. Nei nove mesi durante i quali portò nel suo grembo il Verbo incarnato, però, godette in misura molto maggiore della visione e dei regali di Dio.

164. La seconda dote è detta comprensione o possesso; consiste nell'avere ottenuto il fine corrispondente alla speranza, per mezzo della quale lo cerchiamo per giungere a possederlo senza possibilità di perderlo. Maria santissima ebbe questa dote nei modi che corrispondono alle visioni riferite, perché, come vedeva Dio, così lo possedeva. Quando, poi, restava nella fede sola e dura, era in lei la speranza più ferma e sicura che mai non sia stata o sarà in alcun'altra semplice creatura, come anche era maggiore la sua fede. Inoltre, poiché la fermezza del possesso si fonda molto, da parte della creatura, sulla santità e sul non poter peccare, la nostra purissima Signora veniva ad essere tanto privilegiata che la sua sicurezza nel possedere Dio poteva competere in qualche modo, mentre era viatrice, con quella dei beati. Per l'impeccabile santità aveva la sicurezza di non potere mai perdere Dio, sebbene la causa di questa certezza in lei che era viatrice non fosse la medesima che in loro che sono gloriosi. Nei mesi della sua gravidanza ebbe questo possesso di Dio mediante diverse grazie speciali con cui l'Altissimo le si manifestava e si univa alla sua anima purissima.

165. La terza dote è la fruizione e corrisponde alla carità, che non si perde, ma si perfeziona nella gloria; essa, infatti, consiste nell'amare il sommo Bene posseduto e questo lo fa la carità nella patria dei beati dove, come lo conosce e lo possiede qual è in se stesso, così pure lo ama per se stesso. Benché anche al presente, mentre siamo viatori, lo amiamo, c'è grande differenza. Adesso lo amiamo con il desiderio e lo conosciamo non come è in sé, ma come ci viene rappresentato in immagini o per mezzo di enigmi; questo non porta a perfezione il nostro amore, né ci acquieta, né ci dona la pienezza del godimento, anche se ne abbiamo molto nell'amarlo. Quando, invece, lo vedremo così come egli è 7 in se stesso e non più per mezzo di enigmi, lo ameremo come deve essere amato e quanto possiamo amarlo, ed egli perfezionerà il nostro amore rendendoci pienamente paghi nella sua fruizione, senza lasciarci altro da desiderare.

166. Maria santissima ebbe questa dote con maggiori qualità che tutte le altre, perché il suo amore ardentissimo, posto che in qualche condizione fosse inferiore a quello dei beati quando ella stava senza la visione chiara di Dio, fu però superiore ad esso in molte altre qualità, anche nello stato comune della nostra regina. Nessuno ebbe una conoscenza di Dio pari alla sua. Ella conobbe come egli doveva essere amato per se stesso, aiutata in questo dalle immagini e dalla memoria di Dio, che aveva visto e goduto in più alto grado che gli angeli. Siccome il suo amore era a misura di questa sua conoscenza di Dio, ne conseguiva che in esso doveva superare i beati in tutto ciò che non era l'immediato possesso e stare entro il limite in modo da non potere più crescere né aumentare. Per la sua profondissima umiltà, il Signore permetteva che, operando come viatrice, temesse con riverenza e si affaticasse per non disgustare il suo amato; tuttavia, questo timido amore era perfetto ed era per Dio, e causava in lei incomparabile gaudio ad esso proporzionato.

167. Quanto alle doti del corpo, che ridondano ad esso dall'anima e fanno parte della gloria accidentale dei beati, dico che servono per la perfezione dei corpi gloriosi nei sensi e nel movimento, perché assomiglino alle anime e senza l'impedimento della loro terrena materialità possano ubbidire alla volontà dei santi, che in tale stato felicissimo non può essere imperfetta né contraria a quella divina. Ai sensi sono necessarie due doti: una che li disponga a ricevere le immagini sensibili, e questo lo fa la chiarezza; l'altra che liberi il corpo dal subire le azioni o passioni nocive, e a questo serve l'impassibilità. Ne occorrono altre due per il movimento: una per vincere la resistenza o lentezza causata dal peso del corpo, e per questo gli viene concessa l'agilità; l'altra per vincere esternamente la resistenza degli altri corpi, e a questo serve la sottigliezza. Così, con queste doti i corpi gloriosi divengono chiari, incorruttibili, agili e sottili.

168. Di tutti questi privilegi fu partecipe in questa vita la nostra grande Regina e signora. La dote della chiarezza rende il corpo glorioso capace di ricevere la luce e di trasmetteila, togliendogli quella sua densa ed impura oscurità e lasciandolo trasparente più che un cristallo chiarissimo. Quando Maria santissima godeva della visione chiara e beatifica, il suo corpo verginale partecipava di questo privilegio, oltre quanto arriva a comprendere l'intelletto umano. Dopo questa visione, poi, le restava una traccia di questa chiarezza e purezza tale che sarebbe stata rara e singolare meraviglia, se si fosse potuta percepire con i sensi. Qualcosa ne appariva sul suo bellissimo viso, come si dirà più innanzi, specialmente nella terza parte, anche se non tutti la conobbero e la videro, perché il Signore la celava con un velo affinché non si comunicasse sempre nè indifferentemente. In molti effetti, però, ella stessa sentiva il privilegio di questa dote, che per gli altri era come coperto, sospeso e nascosto, e non provava come noi l'impedimento dell'opacità terrena.

169. Santa Elisabetta conobbe qualcosa di questa chiarezza, quando, vedendo Maria santissima, esclamò con ammirazione: A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Il mondo non era capace di conoscere questo segreto del re, né era tempo opportuno di manifestarlo. Tuttavia, aveva sempre il viso alquanto più chiaro e luminoso delle altre creature e nel resto del corpo aveva una disposizione superiore all'ordine naturale degli altri corpi, la quale causava in lei una specie di costituzione delicatissima e spiritualizzata, come se fosse stato un corpo di cristallo liscio e morbido come seta molto leggera e fine; non trovo altri esempi per farmi intendere. Non deve parere grande cosa questa nella Madre di Dio, poiché lo portava nel suo grembo e l'aveva visto tante volte, e molte faccia a faccia, mentre per la comunicazione che Mosè aveva avuto sul monte di Dio, molto inferiore a quella di Maria santissima, gli ebrei non potevano fissare su di lui lo sguardo nè sopportare il suo splendore alla sua discesa dal monte. Non vi è dubbio che, se il Signore non avesse nascosto con speciale provvidenza la luminosità della faccia e del corpo della sua purissima Madre, il mondo ne sarebbe stato illuminato più che da mille soli uniti. Nessuno dei mortali avrebbe potuto naturalmente sopportare i suoi rifulgenti splendori, poiché questi, stando ancora celati e trattenuti, tra-sparivano dal suo viso divino quanto bastava per causare in tutti quelli che la guardavano l'effetto prodotto in san Dionigi areopagita quando questi la vide.

170. L'impassibilità causa nel corpo glorioso una certa disposizione per la quale nessun agente, tranne lo stesso Dio, lo può alterare nè mutare, per quanto potente sia la sua virtù attiva. La nostra Regina partecipò di questo privilegio in due maniere: da una parte non poteva contrarre nè patire infermità o altri disturbi, dall'altra aveva un dominio assoluto sopra tutte le creature, come già si è detto, perché nessuna l'avrebbe offesa senza il suo consenso. Possiamo aggiungere una terza partecipazione dell'impassibilità, cioè l'assistenza della virtù divina corrispondente alla sua innocenza. I nostri progenitori nel paradiso, qualora avessero perseverato nella giustizia originale, non avrebbero patito morte violenta ed avrebbero goduto di questo privilegio non per virtù intrinseca, perché se li avesse feriti una lancia sarebbero potuti morire, ma per l'assistenza del Signore che li avrebbe custoditi affinché non fossero feriti; a maggior ragione questa protezione era dovuta all'innocenza della sovrana Maria. Così, ella ne godeva come signora, mentre i nostri progenitori ne avrebbero goduto come servi e vassalli, e allo stesso modo i loro discendenti.

171. La nostra umile Regina non fece uso di questi privilegi, perché vi rinunciò per imitare il suo Figlio santissimo e per accrescere i propri meriti e cooperare alla nostra redenzione; per tutto questo volle patire e patì più dei martiri. Con giudizio umano non si può ponderare quante furono le sue tribolazioni, delle quali parleremo in tutta questa divina Storia, lasciando molto più di quello che sarebbe da dire, perché i termini umani sono inadeguati. Segnalo, piuttosto, due cose. L'una è che la sofferenza della nostra Regina non aveva relazione con delle colpe, perché in lei non ve ne erano; così, pativa senza quell'amarezza e quell'asprezza che si trova nelle pene che patiamo ricordando i nostri peccati, come capita a coloro che li hanno commessi. L'altra è che Maria santissima fu confortata divinamente in misura proporzionata al suo ardentissimo amore, perché altrimenti non avrebbe potuto resistere naturalmente nel soffrire tanto quanto richiedeva il suo amore e quanto, per il medesimo amore, l'Altissimo le concedeva.

172. La sottigliezza è un privilegio che separa dal corpo glorioso la densità, cioè quell'impedimento che ha a compenetrarsi con un altro corpo simile ed a stare con esso in un medesimo luogo. Così, il corpo del beato rimane con qualità di spirito, poiché può senza difficoltà penetrare un altro corpo e collocarsi nello stesso luogo senza dividerlo né separarlo, come fece il corpo di Cristo Signore nostro uscendo dal sepolcro ed entrando dove stavano gli Apostoli, a porte chiuse, attraverso i corpi che chiudevano quei luoghi. Maria santissima partecipò di questa dote non solo mentre godeva delle visioni beatifiche, ma anche dopo, usandola molte volte secondo la sua volontà. Ciò avvenne in alcune apparizioni che fece corporalmente durante la sua vita, come in seguito diremo, perché in tutte queste si servì della sottigliezza penetrando altri corpi.

173. L'ultima dote, l'agilità, dà al corpo glorioso virtù così potente per muoversi da un luogo ad un altro che senza l'impedimento della gravità terrestre si porterà istantaneamente in luoghi differenti, come gli spiriti, i quali non hanno corpo e si spostano per la loro stessa volontà. Maria santissima ebbe un'ammirabile e continua partecipazione di questa agilità, che le derivò specialmente dalle visioni divine, poiché non sentiva come gli altri nel suo corpo la gravità terrestre e così camminava senza la lentezza loro propria ed avrebbe potuto senza difficoltà muoversi molto velocemente senza provare spossatezza o fatica. Tutto questo proveniva dallo stato e dalle qualità del suo corpo tanto spiritualizzato e ben formato. Durante i nove mesi della sua gravidanza, poi, senù meno il peso del corpo, anche se, per patire quanto conveniva, lasciava che i disturbi operassero in lei e l'affaticassero. Aveva tutti questi privilegi e ne usava in modo tanto ammirabile e perfetto che mi trovo senza parole per spiegare ciò che mi è stato manifestato, essendo molto più di quanto ho detto e posso dire.

174. Regina del cielo e signora mia, quando vi siete degnata di adottarmi come figlia, vi siete impegnata ad essere mia guida e maestra. Con questa fede, ardisco esporvi un mio dubbio. Come avvenne, o Madre e signora mia, che la vostra anima santissima, essendo giunta a vedere e godere Dio, quando sua Maestà altissima così dispose, tuttavia non restò sempre beata? Come, poi, non diciamo che sempre lo foste, dal momento che non vi era in voi colpa alcuna nè altro ostacolo ad esserlo, secondo la luce che della vostra eccellente dignità e santità mi è stata data?

 

Risposta e insegnamento della nostra Regina e signora

 

175. Figlia mia carissima, questo tuo dubbio nasce dall'amore che mi porti, come viene dalla tua ignoranza la relativa domanda. Considera, dunque, che la durata eterna è una caratteristica della beatitudine destinata ai santi, perché questa vuole essere piena e, se durasse solo per qualche tempo, non potrebbe essere somma e perfetta. Neppure è compatibile per legge comune ed ordinaria che la creatura sia gloriosa e soggetta a patire, benché non abbia peccati. Se per il mio Figlio santissimo non si segui questa norma, ciò fu perché, essendo egli uomo e Dio vero, la sua anima santissima unita ipostaticamente alla Divinità non doveva essere priva della visione beatifica e, essendo nel tempo stesso redentore del genere umano, non avrebbe potuto patire nè pagare il debito del peccato - che è la pena - se non fosse stato passibile nel corpo. Io, invece, ero semplice creatura e non dovevo godere sempre della visione dovuta a chi era Dio. Neppure mi potevo chiamare sempre beata, perché lo ero solo di passaggio. Stando così le cose, era ben disposto che io patissi in certi tempi e godessi in altri e che fosse più continuo il patire e l'accrescere i miei meriti che non quel modo di godere, perché ero viatrice e non beata.

176. Con giusta legge l'Altissimo dispose che le condizioni della vita eterna non fossero godute in quella mortale, che il giungere all'immortalità si ottenesse passando per la morte corporale e che venissero prima i meriti nello stato passibile, quale è quello della vita presente degli uomini. Sebbene la morte in tutti i figli di Adamo fosse salario e castigo del peccato e io non avessi niente a che fare con essa né con gli altri effetti e castighi del peccato, l'Altissimo ordinò che anche io entrassi nella vita e felicità eterna per mezzo della morte corporale, come fece il mio Figlio santissimo. In questo, infatti, non avevo alcuno svantaggio ed era piuttosto molto conveniente per me seguire il cammino battuto da tutti ed acquistare grandi frutti di meriti e di gloria per mezzo del soffrire e del morire. Ciò fu vantaggioso anche per gli uomini, affinché conoscessero che il mio Figlio santissimo ed io sua Madre eravamo di vera natura umana come gli altri, vedendo che eravamo mortali come loro. Con questa conoscenza veniva ad essere più efficace l'esempio che lasciavamo agli uomini, affinché imitassero nella loro carne passibile le opere che nella nostra noi avevamo fatto; ciò risultava a maggiore gloria ed esaltazione del mio figlio e Signore e mia. Tutto questo sarebbe riuscito vano in molta parte, se fossero state continue in me le visioni di Dio. Però, dopo che ebbi concepito il Verbo eterno, furono più frequenti e maggiori i benefici ed i favori elargitimi come a colei che lo aveva più suo e più vicino. Questa è la risposta ai tuoi dubbi. Tuttavia, per quanto tu abbia compreso e faticato per manifestare i privilegi che io godetti nella vita mortale, non sarà possibile che tu penetri tutto quello che in me operava il braccio onnipotente dell'Altissimo. Molto meno, poi, di quello che tu intendi potrai spiegare con parole.

177. Fai bene attenzione, ora, a ciò che deriva da quello che ti ho insegnato nei capitoli precedenti. Io fui per te esempio nel ricevere la venuta di Dio con la riverenza, il culto, l'umiltà, la gratitudine e l'amore che gli sono dovuti; ne consegue che, se mi imiterai, l'Altissimo verrà anche a te per comunicarti ed operare effetti divini, benché inferiori e meno efficaci. Lo stesso vale per le altre anime. Se, infatti, la creatura appena ha l'uso della ragione cominciasse a camminare verso il Signore, come deve, indirizzando i suoi passi sul diritto sentiero della salvezza e della vita, è certo che sua Maestà altissima, che tanto ama le sue creature, le andrebbe incontro anticipando i suoi favori e la sua comunicazione, perché a lui pare molto lungo aspettare fino alla fine del loro pellegrinaggio per manifestarsi ai suoi amici.

178. Da questo nasce che, per mezzo della fede, della speranza, della carità e dell'uso dei sacramenti degnamente ricevuti, vengono comunicati alle anime molti effetti divini, che la sua benignità dispensa loro: alcuni mediante la grazia comune ed altri mediante un ordine più soprannaturale e straordinario, ciascuno più o meno, conforme alla loro disposizione ed ai fini del Signore, che non si conoscono tanto presto. Se le anime non mettessero ostacolo, l'amore divino sarebbe anche con tutte loro tanto liberale quanto lo è con alcune che si dispongono, alle quali dà maggiore luce e conoscenza del suo essere immutabile, trasformandole in se stesso con un influsso divino e dolcissimo e comunicando loro molti effetti della beatitudine. Egli, infatti, si lascia possedere e godere con quel misterioso amplesso che provò la sposa quando, avendolo trovato, disse: Lo strinsi fortemente e non lo lascerò. Di questa presenza e di questo possesso il Signore dà all'anima molti pegni, affinché lo possieda in amore quieto come i santi, benché per un tempo limitato. Tanto liberale è Dio, nostro padrone e Signore, nel rimunerare l'amore e le sofferenze che la creatura sopporta per vincolarlo a sé, trattenerlo e non perderlo!

179. Per questa violenza soave dell'amore la creatura languisce e muore a tutto ciò che è terreno; così, tale amore è detto forte come la morte. Da questa morte essa risuscita a nuova vita spirituale, in cui si rende capace di ricevere una rinnovata partecipazione della beatitudine e delle sue doti, perché gode più frequentemente dell'ombra e dei dolci frutti del sommo Bene, che ama. Questi arcani misteri comunicano alla parte inferiore una certa luce, che la purifica dagli effetti delle tenebre spirituali e la rende forte e come impassibile per patire quanto vi è di contrario alla natura della carne, per cui, anzi, con una sete sottilissima essa brama tutte le difficoltà e le violenze che soffre il Regno dei cieli. Resta agile e senza il peso terreno, in maniera tale che molte volte sente questo privilegio il medesimo corpo, il quale per se stesso è pesante; con questo gli divengono leggere le tribolazioni, che prima non gli parevano tali. Di tutti questi effetti, figlia mia, tu hai conoscenza ed esperienza. Se te li ho spiegati e descritti, l'ho fatto perché tu meglio ti prepari ed affatichi, comportandoti in modo tale che l'Altissimo, come agente divino ed onnipotente, ti trovi disposta e senza resistenza nè ostacolo, per operare in te la sua volontà.


15-18 Aprile 25, 1923 La Volontà di Dio è la via reggia che conduce alla Santità della somiglianza del Creatore. Luisa col seguire da dove Adamo restò, Dio la costituì come capo di tutti e portatrice della felicità e beni che erano stati assegnati a tutti.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo pregando, ed il mio dolce Gesù è venuto, mettendosi a me vicino per pregare insieme con me, anzi la sua intelligenza rifletteva nella mia, ed io pregavo con la sua; la sua voce faceva eco nella mia, e pregavo con la sua parola; ma chi può dire gli effetti interminabili di questa preghiera? Onde dopo il mio amato Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, ho voluto pregare insieme con te per raffermarti nella mia Volontà, e darti la grazia di trovarti innanzi alla Maestà Suprema nell’atto della creazione dell’uomo, e siccome lo dotammo di tutti i beni, e la sua volontà era la nostra, e la nostra la sua, tutto era armonia tra lui e Noi, ciò che voleva prendeva da Noi: Santità, sapienza, potenza, felicità, eccetera, era il nostro prototipo, il nostro ritratto, il nostro figlio felice, sicché Adamo nel principio della sua esistenza ebbe un’epoca che compiva a maraviglia lo scopo per cui fu creato, provò che significa vivere del Volere del suo Creatore, eravamo felici a vicenda nel veder riprodurre nella nostra immagine i nostri stessi atti. Onde, come ruppe la sua volontà con la nostra, restò diviso da Noi; quindi i primi atti dell’uomo ci sono nella nostra, ed Io non voglio altro da te, che venga nel nostro Volere per seguire da dove Adamo lasciò, per poter vincolare in te tutte le armonie che lui spezzò. E come questa prima creatura essendo creata da Noi come capo di tutta l’umana famiglia, col sottrarsi dal nostro Volere portò l’infelicità a tutti, così tu col venire a seguire da dove lui lasciò, ti costituiamo come capo di tutti, quindi portatrice di quella felicità e beni che erano stati assegnati a tutti se avessero vissuti nel nostro Volere”.

(3) Ed io: “Mio Gesù, come può essere ciò possibile, se col venire Tu stesso sulla terra a redimerci ed a soffrire tante pene, neppure si è acquistato la felicità che il primo uomo perdette per sé e per tutti, come può essere ora che col vincolarmi nel tuo Eterno Volere possa restituire questa felicità perduta?”

(4) E Gesù: “Figlia mia, tutti i tempi sono nelle mie mani, do a chi voglio, e me ne servo per mezzo di chi voglio. Potevo benissimo portare la felicità che contiene la mia Volontà sulla terra, ma non trovai nessuna volontà umana che volesse far vita perenne nella mia, per riannodare i vincoli della Creazione e ridarmi tutti gli atti del primo uomo come se li avesse fatto tutti col suggello della Volontà Suprema, e quindi mettere in campo la felicità perduta. E vero che ci aveva la mia cara Mamma, ma Lei doveva coperare insieme con Me alla Redenzione. L’uomo, poi, era schiavo, imprigionato dalle sue stesse colpe, infermo, coperto di piaghe, le più schifose, ed Io come padre amante venivo a sborsare il mio sangue per riscattarlo, come medico a guarirlo, come maestro ad insegnarle la via, lo scampo per non farlo precipitare nell’inferno; povero malato, come avrebbe potuto spaziarsi nei eterni voli del mio Volere se non sapeva camminare; se Io avessi voluto dare la felicità che contiene la mia Volontà, sarebbe come darla ai morti e farla calpestare, era indisposto di ricevere un tanto bene, e perciò volli insegnare la preghiera per disporli, e mi contentai d’aspettare altre epoche, far passare secoli e secoli per far conoscere il vivere nel mio Volere, per dare il principio a questa felicità”.

(5) Ed io: “Amor mio, se con la tua Redenzione non tutti si salvano, come può essere che la tua Volontà darà a tutti questa felicità?”

(6) E Gesù: “L’uomo sarà sempre libero, non gli toglierò mai i diritti che gli diedi nel crearlo; solo che nella Redenzione venni ad aprire tante vie, viottoli, scorciatoie per facilitare la salvezza, la santità dell’uomo; con la mia Volontà vengo ad aprire la via reggia e diritta che conduce alla santità della somiglianza del loro Creatore e che contiene la vera felicità, ma con tutto ciò saranno sempre liberi di restare, chi nella via reggia, chi nei viottoli, e chi fuori del tutto, ma ci sarà nel mondo ciò che ora non c’è, la felicità del Fiat Voluntas Tua come in Cielo così in terra. L’uomo fece i primi atti nel mio Volere e poi si sottrò, perciò rovinò, e siccome era il capo di tutti, tutte le membra rovinarono insieme. La mia Umanità formò il piano di tutti gli atti umani nella Volontà Divina, la mia Mamma mi segui fedelmente, sicché tutto è preparato. Ora non ci vuole altro che un’altra creatura, che volendo vivere perennemente in questo Volere, venga a prendere il possesso del piano da Me fatto, ed apra questa via reggia a tutti, che conduce alla felicità terrestre e Celeste”.