Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 12° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 4
1Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni2- sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,3lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.4Doveva perciò attraversare la Samarìa.5Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:6qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.7Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere".8I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi.9Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.10Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stesso gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".11Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".13Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete;14ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".15"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".16Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui".17Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito";18infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".19Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta.20I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare".21Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.22Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.23Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".25Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa".26Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo".
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?".28La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente:29"Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?".30Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia".32Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?".34Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.35Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura.36E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete.37Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete.38Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro".
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto".40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni.41Molti di più credettero per la sua parola42e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".
43Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.44Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.45Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao.47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.48Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".49Ma il funzionario del re insistette: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".50Gesù gli risponde: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: "Tuo figlio vive!".52S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: "Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato".53Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive" e credette lui con tutta la sua famiglia.54Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.
Numeri 17
1Poi il Signore disse a Mosè:2"Di' a Eleazaro, figlio del sacerdote Aronne, di tirar fuori gli incensieri dall'incendio e di disperdere qua e là il fuoco, perché quelli sono sacri;3degli incensieri di quegli uomini, che hanno peccato al prezzo della loro vita, si facciano tante lamine battute per rivestirne l'altare, poiché sono stati presentati davanti al Signore e quindi sono sacri; saranno un monito per gli Israeliti".4Il sacerdote Eleazaro prese gli incensieri di rame presentati dagli uomini che erano stati arsi; furono ridotti in lamine per rivestirne l'altare,5perché servano da memoriale agli Israeliti: nessun estraneo che non sia della discendenza di Aronne si accosti a bruciare incenso davanti al Signore e abbia la sorte di Core e di quelli che erano con lui. Eleazaro fece come il Signore gli aveva ordinato per mezzo di Mosè.
6Il giorno dopo tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e Aronne dicendo: "Voi avete fatto morire il popolo del Signore".7Come la comunità si radunava contro Mosè e contro Aronne, gli Israeliti si volsero verso la tenda del convegno; ed ecco la nube la ricoprì e apparve la gloria del Signore.8Mosè e Aronne vennero davanti alla tenda del convegno.9Il Signore disse a Mosè:10"Allontanatevi da questa comunità e io li consumerò in un istante". Ma essi si prostrarono con la faccia a terra.11Mosè disse ad Aronne: "Prendi l'incensiere, mettici il fuoco preso dall'altare, ponici sopra l'incenso; portalo presto in mezzo alla comunità e fa' il rito espiatorio per essi; poiché l'ira del Signore è divampata, il flagello è già cominciato".12Aronne prese l'incensiere, come Mosè aveva detto, corse in mezzo all'assemblea; ecco il flagello era già cominciato in mezzo al popolo; mise l'incenso nel braciere e fece il rito espiatorio per il popolo.13Si fermò tra i morti e i vivi e il flagello fu arrestato.14Ora quelli che morirono di quel flagello furono quattordicimilasettecento, oltre quelli che morirono per il fatto di Core.15Aronne tornò da Mosè all'ingresso della tenda del convegno: il flagello era stato fermato.
16Poi il Signore disse a Mosè:17"Parla agli Israeliti e fatti dare da loro dei bastoni, uno per ogni loro casato paterno: cioè dodici bastoni da parte di tutti i loro capi secondo i loro casati paterni; scriverai il nome di ognuno sul suo bastone,18scriverai il nome di Aronne sul bastone di Levi, poiché ci sarà un bastone per ogni capo dei loro casati paterni.19Riporrai quei bastoni nella tenda del convegno, davanti alla testimonianza, dove io sono solito darvi convegno.20L'uomo che io avrò scelto sarà quello il cui bastone fiorirà e così farò cessare davanti a me le mormorazioni che gli Israeliti fanno contro di voi".
21Mosè parlò agli Israeliti e tutti i loro capi gli diedero un bastone ciascuno, secondo i loro casati paterni, cioè dodici bastoni; il bastone di Aronne era in mezzo ai loro bastoni.22Mosè ripose quei bastoni davanti al Signore nella tenda della testimonianza.23Il giorno dopo, Mosè entrò nella tenda della testimonianza ed ecco il bastone di Aronne per il casato di Levi era fiorito: aveva prodotto germogli, aveva fatto sbocciare fiori e maturato mandorle.24Allora Mosè tolse tutti i bastoni dalla presenza del Signore e li portò a tutti gli Israeliti; essi li videro e presero ciascuno il suo bastone.
25Il Signore disse a Mosè: "Riporta il bastone di Aronne davanti alla Testimonianza, perché sia conservato come un monito per i ribelli e si ponga fine alle loro mormorazioni contro di me ed essi non ne muoiano".26Mosè fece come il Signore gli aveva comandato.
27Gli Israeliti dissero a Mosè: "Ecco, moriamo, siamo perduti, siamo tutti perduti!28Chiunque si accosta alla Dimora del Signore muore; dovremo morire tutti?".
Siracide 49
1Il ricordo di Giosia è una mistura di incenso,
preparata dall'arte del profumiere.
In ogni bocca è dolce come il miele,
come musica in un banchetto.
2Egli si dedicò alla riforma del popolo
e sradicò i segni abominevoli dell'empietà.
3Diresse il suo cuore verso il Signore,
in un'epoca di iniqui riaffermò la pietà.
4Se si eccettuano Davide, Ezechia e Giosia,
tutti commisero peccati;
poiché avevano abbandonato la legge dell'Altissimo,
i re di Giuda scomparvero.
5Lasciarono infatti la loro potenza ad altri,
la loro gloria a una nazione straniera.
6I nemici incendiarono l'eletta città del santuario,
resero deserte le sue strade,
7secondo la parola di Geremia, che essi maltrattarono
benché fosse stato consacrato profeta nel seno materno,
per estirpare, distruggere e mandare in rovina,
ma anche per costruire e piantare.
8Ezechiele contemplò una visione di gloria,
che Dio gli mostrò sul carro dei cherubini.
9Si ricordò dei nemici nel vaticinio dell'uragano,
beneficò quanti camminavano nella retta via.
10Le ossa dei dodici profeti rifioriscano dalle loro
tombe,
poiché essi consolarono Giacobbe,
lo riscattarono con una speranza fiduciosa.
11Come elogiare Zorobabele?
Egli è come un sigillo nella mano destra.
12Così anche Giosuè figlio di Iozedèk;
essi nei loro giorni riedificarono il tempio
ed elevarono al Signore un tempio santo,
destinato a una gloria eterna.
13Anche la memoria di Neemia durerà a lungo;
egli rialzò le nostre mura demolite
e vi pose porte e sbarre; fece risorgere le nostre case.
14Nessuno fu creato sulla terra eguale a Enoch;
difatti egli fu rapito dalla terra.
15Non nacque un altro uomo come Giuseppe,
capo dei fratelli, sostegno del popolo;
perfino le sue ossa furono onorate.
16Sem e Set furono glorificati fra gli uomini,
ma superiore a ogni creatura vivente è Adamo.
Salmi 11
1'Al maestro del coro. Di Davide.'
Nel Signore mi sono rifugiato, come potete dirmi:
"Fuggi come un passero verso il monte"?
2Ecco, gli empi tendono l'arco,
aggiustano la freccia sulla corda
per colpire nel buio i retti di cuore.
3Quando sono scosse le fondamenta,
il giusto che cosa può fare?
4Ma il Signore nel tempio santo,
il Signore ha il trono nei cieli.
I suoi occhi sono aperti sul mondo,
le sue pupille scrutano ogni uomo.
5Il Signore scruta giusti ed empi,
egli odia chi ama la violenza.
6Farà piovere sugli empi
brace, fuoco e zolfo,
vento bruciante toccherà loro in sorte;
7Giusto è il Signore, ama le cose giuste;
gli uomini retti vedranno il suo volto.
Geremia 3
1Se un uomo ripudia la moglie
ed essa, allontanatasi da lui,
si sposa con un altro uomo,
tornerà il primo ancora da lei?
Forse una simile donna non è tutta contaminata?
Tu ti sei disonorata con molti amanti
e osi tornare da me? Oracolo del Signore.
2Alza gli occhi sui colli e osserva:
dove non ti sei disonorata?
Tu sedevi sulle vie aspettandoli,
come fa l'Arabo nel deserto.
Così anche la terra hai contaminato
con impudicizia e perversità.
3Per questo sono state fermate le piogge
e gli scrosci di primavera non sono venuti.
Sfrontatezza di prostituta è la tua,
ma tu non vuoi arrossire.
4E ora forse non gridi verso di me: Padre mio,
amico della mia giovinezza tu sei!
5Serberà egli rancore per sempre?
Conserverà in eterno la sua ira?
Così parli, ma intanto ti ostini
a commettere il male che puoi".
6Il Signore mi disse al tempo del re Giosia: "Hai visto ciò che ha fatto Israele, la ribelle? Si è recata su ogni luogo elevato e sotto ogni albero verde per prostituirsi.7E io pensavo: Dopo che avrà fatto tutto questo tornerà a me, ma essa non è ritornata. La perfida Giuda sua sorella ha visto ciò,8ha visto che ho ripudiato la ribelle Israele proprio per tutti i suoi adultéri, consegnandole il documento del divorzio, ma la perfida Giuda sua sorella non ha avuto alcun timore. Anzi anch'essa è andata a prostituirsi;9e con il clamore delle sue prostituzioni ha contaminato il paese; ha commesso adulterio davanti alla pietra e al legno.10Ciò nonostante, la perfida Giuda sua sorella non è ritornata a me con tutto il cuore, ma soltanto con menzogna". Parola del Signore.11Allora il Signore mi disse: "Israele ribelle si è dimostrata più giusta della perfida Giuda.12Va' e grida tali cose verso il settentrione dicendo:
Ritorna, Israele ribelle, dice il Signore.
Non ti mostrerò la faccia sdegnata,
perché io sono pietoso, dice il Signore.
Non conserverò l'ira per sempre.
13Su, riconosci la tua colpa,
perché sei stata infedele al Signore tuo Dio;
hai profuso l'amore agli stranieri
sotto ogni albero verde
e non hai ascoltato la mia voce. Oracolo del Signore.
14Ritornate, figli traviati - dice il Signore - perché io sono il vostro padrone. Io vi prenderò uno da ogni città e due da ciascuna famiglia e vi condurrò a Sion.15Vi darò pastori secondo il mio cuore, i quali vi guideranno con scienza e intelligenza.16Quando poi vi sarete moltiplicati e sarete stati fecondi nel paese, in quei giorni - dice il Signore - non si parlerà più dell'arca dell'alleanza del Signore; nessuno ci penserà né se ne ricorderà; essa non sarà rimpianta né rifatta.17In quel tempo chiameranno Gerusalemme trono del Signore; tutti i popoli vi si raduneranno nel nome del Signore e non seguiranno più la caparbietà del loro cuore malvagio.18In quei giorni la casa di Giuda andrà verso la casa di Israele e tutte e due torneranno insieme dalla regione settentrionale nel paese che io avevo dato in eredità ai loro padri.
19Io pensavo:
Come vorrei considerarti tra i miei figli
e darti una terra invidiabile,un'eredità che sia l'ornamento più prezioso dei popoli!
Io pensavo: Voi mi direte: Padre mio,
e non tralascerete di seguirmi.
20Ma come una donna è infedele al suo amante,
così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me".
Oracolo del Signore.
21Sui colli si ode una voce,
pianto e gemiti degli Israeliti,
perché hanno reso tortuose le loro vie,
si sono dimenticati del Signore loro Dio.
22"Ritornate, figli traviati,
io risanerò le vostre ribellioni".
"Ecco, noi veniamo a te
perché tu sei il Signore nostro Dio.
23In realtà, menzogna sono le colline,
come anche il clamore sui monti;
davvero nel Signore nostro Dio
è la salvezza di Israele.
24L'infamia ha divorato fino dalla nostra giovinezza
il frutto delle fatiche dei nostri padri,
i loro greggi e i loro armenti,
i loro figli e le loro figlie.
25Avvolgiamoci nella nostra vergogna,
la nostra confusione ci ricopra,
perché abbiamo peccato contro il Signore nostro Dio,
noi e i nostri padri,
dalla nostra giovinezza fino ad oggi;
non abbiamo ascoltato la voce del Signore nostro Dio".
Atti degli Apostoli 28
1Una volta in salvo, venimmo a sapere che l'isola si chiamava Malta.2Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo.3Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vipera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano.4Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: "Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere".5Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male.6Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma, dopo avere molto atteso senza vedere succedergli nulla di straordinario, cambiò parere e diceva che era un dio.
7Nelle vicinanze di quel luogo c'era un terreno appartenente al "primo" dell'isola, chiamato Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni.8Avvenne che il padre di Publio dovette mettersi a letto colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l'andò a visitare e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì.9Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano malattie accorrevano e venivano sanati;10ci colmarono di onori e al momento della partenza ci rifornirono di tutto il necessario.
11Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria che aveva svernato nell'isola, recante l'insegna dei Diòscuri.12Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni13e di qui, costeggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l'indomani arrivammo a Pozzuoli.14Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana. Partimmo quindi alla volta di Roma.15I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio.
16Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per suo conto con un soldato di guardia.
17Dopo tre giorni, egli convocò a sé i più in vista tra i Giudei e venuti che furono, disse loro: "Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo e contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato in mano dei Romani.18Questi, dopo avermi interrogato, volevano rilasciarmi, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte.19Ma continuando i Giudei ad opporsi, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere con questo muovere accuse contro il mio popolo.20Ecco perché vi ho chiamati, per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d'Israele che io sono legato da questa catena".21Essi gli risposero: "Noi non abbiamo ricevuto nessuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male di te.22Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello che pensi; di questa setta infatti sappiamo che trova dovunque opposizione".
23E fissatogli un giorno, vennero in molti da lui nel suo alloggio; egli dal mattino alla sera espose loro accuratamente, rendendo la sua testimonianza, il regno di Dio, cercando di convincerli riguardo a Gesù, in base alla Legge di Mosè e ai Profeti.24Alcuni aderirono alle cose da lui dette, ma altri non vollero credere25e se ne andavano discordi tra loro, mentre Paolo diceva questa sola frase: "Ha detto bene lo Spirito Santo, per bocca del profeta Isaia, ai nostri padri:
26'Va' da questo popolo e di' loro:
Udrete con i vostri orecchi, ma non comprenderete;
guarderete con i vostri occhi, ma non vedrete.'
27'Perché il cuore di questo popolo si è indurito:
e hanno ascoltato di mala voglia con gli orecchi;
hanno chiuso i loro occhi
per non vedere con gli occhi
non ascoltare con gli orecchi,
non comprendere nel loro cuore e non convertirsi,
perché io li risani.'
28Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani ed essi l'ascolteranno!".29.
30Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui,31annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.
Capitolo LV: La corruzione della natura e la potenza della grazia divina
Leggilo nella Biblioteca1. O Signore mio Dio, che mi hai creato a tua immagine e somiglianza, concedimi questa grazia grande, indispensabile per la salvezza, come tu ci hai rivelato; così che io possa superare la mia natura, tanto malvagia, che mi trae al peccato e alla perdizione. Ché, nella mia carne, io sento, contraria alla "legge della mia ragione, la legge del peccato" (Rm 7,23), la quale mi fa schiavo e di frequente mi spinge ad obbedire ai sensi. E io non posso far fronte alle passioni peccaminose, provenienti da questa legge del peccato, se non mi assiste la tua grazia santissima, infusa nel mio cuore, che ne avvampa. Appunto una tua grazia occorre, una grazia grande, per vincere la natura, sempre proclive al male, fin dal principio. Infatti, per colpa del primo uomo Adamo, la natura decadde, corrotta dal peccato; e la triste conseguenza di questa macchia passò in tutti gli uomini, talché quella "natura", da te creata buona e retta, ormai è intesa come "vizio e debolezza della natura corrotta". Così, per la libertà che le è lasciata, la natura trascina verso il male e verso il basso. E quel poco di forza che rimane nella natura è come una scintilla coperta dalla cenere. E' questa la ragione naturale, che, pur se circondata da oscurità, è ancora capace di giudicare il bene ed il male, e di separare il vero dal falso; anche se non riesce a compiere tutto quello che riconosce come buono, anche se non possiede la pienezza del lume della verità e la perfetta purezza dei suoi affetti. E' per questo, o mio Dio, che "nello spirito, mi compiaccio della tua legge" (Rm 7,22), sapendo che il tuo comando è buono, giusto e santo, tale che ci invita a fuggire ogni male e ogni peccato. Invece, nella carne, io mi sottometto alla legge del peccato, obbedendo più ai sensi che alla ragione. E' per questo che "volere il bene mi è facile, ma a compiere il bene non riesco" (Rm 7,18). E' per questo che vado spesso proponendomi molte buone cose; ma mi manca la grazia che mi aiuti nella mia debolezza, e mi ritiro e vengo meno anche per una piccola difficoltà. E' per questo che mi avviene di conoscere la via della perfezione e di vedere con chiarezza quale debba essere la mia condotta; ma poi, schiacciato dal peso della corruzione dell'umanità, non riesco a salire a cose più elevate.
2. La tua grazia, o Signore, mi è davvero massimamente necessaria per cominciare, portare avanti e condurre a compimento il bene: "senza di essa non posso far nulla" (Gv 15,5), "mentre tutto posso in te" che mi dai forza, con la tua grazia (Fil 4,13). Grazia veramente di cielo, questa; mancando la quale i nostri meriti sono un nulla, e un nulla si devono considerare anche i doni naturali. Abilità e ricchezza, bellezza e forza, intelligenza ed eloquenza, nulla valgono presso di te, o Signore, se manca la grazia. Ché i doni di natura li hanno sia i buoni che i cattivi; mentre dono proprio degli eletti è la grazia, cioè l'amore di Dio. Rivestiti di tale grazia, gli eletti sono ritenuti degni della vita eterna. Tutto sovrasta, questa grazia; tanto che né il dono della profezia, né il potere di operare miracoli, né la più alta contemplazione non valgono nulla, senza di essa. Neppure la fede, neppure la speranza, né le altre virtù sono a te accette, senza la carità e la grazia.
3. O grazia beata, che fai ricco di virtù chi è povero nello spirito e fai ricco di molti beni chi è umile di cuore, vieni, discendi in me, colmami, fin dal mattino della tua consolazione, cosicché l'anima mia non venga meno per stanchezza e aridità interiore! Ti scongiuro, o Signore: che io trovi grazia ai tuoi occhi. La tua gloria mi basta (2Cor 12,9), pur se non otterrò tutto quello cui tende la natura umana. Anche se sarò tentato e angustiato da molte tribolazioni, non temerò alcun male, finché la tua grazia sarà con me. Essa mi dà forza, guida ed aiuto; vince tutti i nemici, è più sapiente di tutti i sapienti. Essa è maestra di verità e di vita, luce del cuore, conforto nell'afflizione. Essa mette in fuga la tristezza, toglie il timore, alimenta la pietà, genera le lacrime. Che cosa sono io mai, senza la grazia, se non un legno secco, un ramo inutile, da buttare via? "La tua grazia, dunque, o Signore, mi preceda sempre e mi segua, e mi conceda di essere sempre pronto a operare, per Gesù Cristo, Figlio tuo. Amen. (Messale Romano, oremus della XVI domenica dopo Pentecoste).
DISCORSO 305 NELLA SOLENNITÀ DEL MARTIRE LORENZO [TENUTO PRESSO L'ALTARE DI S. CIPRIANO]
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaIl chicco di grano moltiplicato con la morte.
1. La vostra fede sa di quel chicco di grano, che cadde nel terreno e, morto, si è moltiplicato. Sa - io dico - la vostra fede di questo chicco, perché dimora proprio nella vostra anima. Nessun cristiano mette in dubbio che Cristo l'abbia detto, infatti, di se stesso. Ma proprio in grazia di quel chicco morto e moltiplicato, molti chicchi si sparsero sulla terra: uno di essi è anche il beato Lorenzo, che oggi celebriamo quale chicco seminato. Ma da quei chicchi sparsi per il mondo intero, che abbondanza di messe sia cresciuta noi vediamo, ci rallegriamo, lo siamo; se, però, per grazia di Dio, andiamo a finire nel granaio. Infatti non è che giunga nel granaio tutto ciò che è nel seminato. Evidentemente, la stessa pioggia, utile e nutriente, alimenta il frumento e la pula. Si è ben lontani dal raccoglierli entrambi insieme nel granaio, sebbene l'uno e l'altra ricevano insieme alimento nel campo e l'uno e l'altra insieme siano trebbiati sull'aia. Questo è il tempo di fare la cernita. Prima che si proceda alla vagliatura, si faccia la separazione in base ai costumi: come sull'aia, prima della vagliatura ultima si distingue già il grano perché mondato.
Non amare la vita temporale. Cristo si turba per la morte imminente impersonando noi.
2. Ascoltatemi, grani santi, poiché non metto in dubbio che qui ci siano, se infatti ne dubito, neppur io sarò un grano: ascoltatemi, vi dico, anzi ascoltate per mio mezzo il primo chicco di grano. Non dovete amare in questo mondo la vostra vita: se veramente amate, non amatela; così che non amando potete salvarla: proprio non amando avete un più grande amore. Chi in questo mondo ama la sua vita la perde 1. È il grano a parlare, egli parla, il grano caduto sul terreno e fatto morire perché si moltiplicasse: si ascolti, non sta a mentire. Egli stesso ha messo in pratica quello di cui rende avvertiti: istruì con l'insegnamento, precedette con l'esempio. Cristo non amò in questo mondo la sua vita, egli venne quaggiù proprio a perderla, a darla per noi, e riprenderla di sua volontà. Ma in quanto egli era tale uomo da essere anche Dio: Cristo infatti è il Verbo e anima e corpo, vero Dio e vero uomo; uomo senza peccato, però, per togliere il peccato del mondo: era certamente di superiore potenza, da poter dire con tutta la verità: Ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo: nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso e di nuovo la riprendo 2. Avendo allora così grande potere, come giunse a dire: Ora la mia anima è turbata 3? Come si turba il Dio uomo di somma potenza se non perché in lui si ripete la nostra debolezza? Ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Quando da Cristo è questo che ascolti, allora egli è nella sua Persona divina, ripeto, quando da Cristo è questo che ascolti, allora egli si riferisce a sé; quando, per la morte imminente, si turba, egli è in te. In realtà, la Chiesa non sarebbe suo corpo se egli stesso non fosse in noi.
Cristo ebbe il potere di morire e il potere di risorgere.
3. Fa' dunque attenzione a Cristo: Ho il potere di offrire la mia vita e il potere di riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie 4. Io mi sono coricato 5. Questo dice infatti nel Salmo: Io mi sono coricato. Quasi a dire: Perché si agitano? perché gongolano? perché i Giudei si lasciano portare da aria di letizia, come se essi stessi abbiano avuto il potere di far qualcosa? Io mi sono coricato. "Io" disse, io che ho il potere di offrire la mia vita, offrendola mi sono coricato e ho preso sonno 6. E poiché aveva il potere di riprenderla di nuovo, aggiunse: E mi sono svegliato. Ma dandone la gloria al Padre, disse: Poiché il Signore mi ha sostenuto 7. Questa espressione che suona: Poiché il Signore mi ha sostenuto, non faccia sorgere in voi il pensiero che non sia stato Cristo stesso a rendere la vita al proprio corpo. Lo ha ridestato il Padre ed egli ha ridestato se stesso. Su che si fonda il nostro insegnamento, per il quale anche a se stesso ha reso la vita? Richiama alla memoria quanto disse ai Giudei: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò 8. Perciò, intendi pure che Cristo nacque da una Vergine per suo potere; non per esigenza di natura, ma in virtù della sua potenza: in suo potere morire, in suo potere morire così. A loro insaputa, si valeva di uomini iniqui per il suo fine di bene e, per la nostra felicità, volgeva a servizio della sua potenza un popolo agitato, in preda al furore; tra coloro che lo mettevano a morte vedeva dei suoi vincitori con lui: scorgendoli ancora insensati, in mezzo a un popolo di forsennati, disse: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno 9. Io, dice, io, il Medico, controllo il polso, dalla croce esamino i malati; pendo, ma controllo; muoio, ma faccio vivere; verso il sangue e ne traggo un rimedio salutare per i miei nemici. Infieriscono e spargono sangue: crederanno e berranno.
Cristo si turba per la morte imminente per evitarci la disperazione.
4. Dunque, proprio Cristo Signore e Salvatore nostro, Capo della Chiesa, nato dal Padre senza madre, egli stesso, io dico, il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo, per quel che è opera sua, ha avuto il potere di offrire la sua vita, ha avuto il potere di restituirsela. L'espressione: L'anima mia è turbata non va riferita propriamente alla sua potenza. Egli ha trasferito noi in sé; ci ha veduti, ci ha scrutati, ci ha ricevuti affaticati e ci ha ristorati. Volle evitare che, sopraggiungendo per alcuna delle sue membra l'ultimo giorno a segnare il termine di questa vita, caso mai si turbasse per infermità e dubitasse della salvezza, dicesse di non appartenere a Cristo perché impreparata alla morte; così da impedire l'insorgere in essa di alcuna ansietà, in modo che nessuna tristezza ne offuscasse lo spirito docilissimo. Perciò, poiché le sue membra avrebbero potuto trovarsi in pericolo per disperazione - quando alcuno si turbasse per l'imminenza della morte, non accettando un termine alla vita infelice, riottoso a iniziare quella che non ha fine - a impedire lo scoraggiamento, causa di disperazione, si dedicò a questi suoi deboli, queste sue membra infime non bene in forze accolse tutte in sé, proprio queste non bene in forze, quasi gallina, ricoprì i suoi piccoli; e come rivolgendosi a loro: Ora la mia anima è turbata 10. Riconoscetevi in me, perché nel caso voi proviate turbamento, non vi succeda di disperare, ma intenti al vostro Capo diciate a voi stessi: Quando il Signore diceva: La mia anima è turbata eravamo noi in lui, noi venivamo manifestati. Siamo turbati, ma non andiamo perduti. Perché ti rattristi, anima mia? e perché su di me gemi? 11 Non vuoi che abbia fine la vita infelice? Tanto è più infelice quanto, pur infelice, viene amata, e non vuoi che abbia fine: sarebbe meno infelice se non si amasse. Qual è la vita felice, dal momento che quella infelice è così amata solamente perché è chiamata vita? Perché, dunque, ti rattristi anima mia? e perché su di me gemi? È in tuo potere che fare. Hai perduto fiducia in te stesso? Spera nel Signore 12. Sei turbato per te? Spera nel Signore, che ti ha scelto prima della creazione del mondo, ti ha predestinato, ti ha chiamato, ti ha reso giusto da empio, ti ha promesso una gloria eterna, ha subito per te una morte ingiusta, ha versato per te il suo sangue, ti ha trasferito in se stesso, dicendo: La mia anima è turbata. Appartieni a lui e temi? E ti potrà nuocere in qualche modo il mondo, per la cui salvezza egli morì, quel mondo che da lui fu creato? Appartieni a lui e temi? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? 13 Supera i turbamenti, non assecondare l'amore del mondo. Provoca, lusinga, insidia: non a quello fiducia, a Cristo fedeltà.
1 - Gv 12, 25.
2 - Gv 10, 17-18.
3 - Gv 12, 27.
4 - Gv 10, 17-18.
5 - Sal 3, 6.
6 - Sal 3, 6.
7 - Sal 3, 6.
8 - Gv 2, 19.
9 - Lc 23, 34.
10 - Gv 12, 27.
11 - Sal 42, 5.
12 - Sal 42, 5.
13 - Rm 8, 31-32.
«Siamo dieci! ... Siamo dieci!...»
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaI mali che Don Bosco denuncia: cattivi discorsi, compagni che fanno la
parte del diavolo, confessioni mal fatte, mancanza di proposito....
saranno proprio solo di quei giovani visitati misteriosa mente da Don
Bosco? Oggi, oltre i mezzi di corruzione usati nell’800, il demonio ha a
disposizione un nuovo mezzo, forse il più deleterio: la pornografia
nelle sue varie forme. Occorre aiutare i giovani a difendersi.
All’Oratorio di Don Bosco i ragazzi, dal 3 al 7 luglio 1872, avevano
fatto gli Esercizi Spirituali. Il Santo, dopo aver pregato il Signore di
fargli conoscere se tutti li avevano fatti bene, fece questo sogno
rivelatore.
Gli parve di essere in un cortile assai più spazioso di quello
dell’Oratorio, circondato tutt’intorno di case, di piante e di cespugli.
Sui rami degli alberi e tra le spine dei cespugli vi erano qua e là dei
nidi, con dentro i piccoli sul punto di prendere il volo. Mentre Don
Bosco si divertiva ad ascoltarne il cinguettio, ecco cadergli dinanzi un
uccellino: dal suo canto conobbe che era un usignuolo.
— Oh! — disse —, sei caduto! Le ali non ti bastano al volo e io ti potrò prendere.
E mentre diceva così, mosse il passo e allungò il braccio per prendere
l’animaletto. Stava già per sfiorargli le ali e prenderlo in mano,
quando l’uccellino fece uno sforzo e volò fino in mezzo al cortile.
— Povera bestiolina — pensava Don Bosco —, è inutile che tu cerchi di sfuggirmi, tanto ti raggiungerò e ti prenderò ugualmente.
Gli si riavvicina e sta quasi per acciuffarlo, quand’ecco gli fa lo
stesso gioco di prima e, raccolte tutte le sue forze, se ne vola lontano
un bel pezzo.
— Oh, mi vuoi prendere in giro — esclama Don Bosco —. Ebbene vedremo chi la vincerà.
Ed eccolo addosso all’usignuolo per la terza volta. Ma mentre già lo sta stringendo delicatamente, eccolo innalzarsi nell’aria.
Don Bosco lo segue con lo sguardo e si meraviglia del suo ardire, quando
tutto all’improvviso vede un grosso sparviero piombare addosso
all’usignuolo, afferrano con i suoi adunchi artigli e por tarlo via per
divorarlo.
«A quello spettacolo — continua Don Bosco —, mi sentii gela re il sangue
nelle vene e mentre seguivo con lo sguardo il volo dello sparviero,
dicevo tra me:
— Io volevo salvarti, ma tu non hai voluto lasciarti prendere; anzi mi
hai burlato tre volte, e ora paghi il fio della tua testardaggine.
Allora l’usignuolo si rivolse a me e mandò tre volte un debole grido:
— Siamo dieci!... Siamo dieci!... Siamo dieci!...
Tutto agitato, mi sveglio e ripenso naturalmente al sogno e a quelle misteriose parole, ma non riesco a capirne il senso.
La notte seguente ecco il medesimo sogno. Mi pare di essere nello stesso
cortile, attorniato come la notte precedente di case, di alberi e di
cespugli e vedo lo stesso sparviero che mi vola attorno con occhi di
fuoco e in atteggiamento aggressivo. Maledicendo alla sua crudeltà con
l’usignuolo, alzo la mano in segno di minaccia. Egli allora fugge
impaurito e, fuggendo, lascia cadere ai miei piedi un biglietto su cui
erano scritti dieci nomi. Ansioso lo raccolgo, lo divoro con lo sguardo e
vi leggo i nomi di dieci giovani qui presenti. Svegliatomi, senza
troppo fantasticare, capii subito il segreto di quei nomi: erano i
giovani che non avevano voluto saperne di far bene gli Esercizi, che non
avevano aggiustato i conti della loro coscienza e, anziché darsi al
Signore per mezzo di Don Bosco, avevano preferito darsi al demonio.
Mi inginocchiai, resi grazie a Maria Ausiliatrice che si fosse degnata
di farmi noti, in un modo così singolare, quei figli che avevano
disertato dalle file; e le promisi in pari tempo di non cessare mai,
finché mi fosse possibile, di andare dietro alle pecorelle smarrite»
.
Il segretario Don Gioachino Berto, nei processi Apostolici per la Causa
di Beatificazione di Don Bosco, ha dichiarato: « Ricordo che i detti
giovani furono fatti avvisare da Don Bosco in privato e che uno di
quelli, non volendo mutare condotta, fu allontanato dall’Oratorio » .
Martedì, 7 agosto - Le appare san Gabriele dell'Addolorata, che le parla della fondazione del monastero di Lucca e invoca per questo l'intercessione di Maria Santissima.
Santa Gemma Galgani
Ieri il giorno l'angelo custode mi promise che alla sera avrei potuto parlare con confratel Gabriele. Venne la tanto sospirata sera; prima di tutto il sonno voleva vincermi, poi un'agitazione tale mi prese, che fui presa da spavento. Ma siccome Gesù era vicino a darmi quella consolazione, e allora, o prima o dopo la consolazione, mi dà qualche dolore. Sia sempre benedetto +.
Però nel provare questa agitazione non vedevo nessuno, voglio dire il diavolo; solo stavo assai male, ma durò poco. Mi calmai ben presto, sentii ad un tratto che mi veniva il raccoglimento, e quasi subito mi successe al solito: il capo se ne partì, ed io mi trovai con confratel Gabriele. Che consolazione fu quella! Ma l'obbedienza voleva che non mi avvicinassi per baciargli la veste, e ristetti. La prima cosa fu quella di domandargli perché stava tanto senza venire. Mi rispose che è per colpa mia. Di questo ne sono persuasa, perché sono assai cattiva.
Quante belle cose mi disse del convento, e le diceva con tanta forza, che mi sembrò che gli occhi gli sfavillassero. Da se stesso, senza che io l'interrogassi: «Figlia, tra pochi mesi, tra l'esultanza di quasi tutti i cattolici si farà la fondazione del nuovo convento ». « Come, tra pochi mesi? », gli dissi. «Ne mancano ancora tredici». «E son pochi», soggiungeva. E poi sorridendo si voltò da una parte e s'inginocchiò, giunse le mani e diceva così: «Vergine benedetta, vedi: qui in terra si gareggia per la propagazione del nuovo istituto; via, te ne prego, fa' che sovrabbondi sopra tutti quelli che ne faranno parte la copia dei doni e favori celesti. Accresci a loro la forza, accresci altresì lo zelo. Sarà tutto vostro dono, o Vergine benedetta ».
Parlava come se avesse presso di sé la M. [Madonna] dei Dolori; io non vedevo nulla, ma con quanta forza, con quanta espressione diceva queste parole, che io ne rimasi meravigliata; sembrava anche lui fuori di se stesso.
Ora poi dovrei parlare di padre Germano, ma il confessore ha detto che qui sopra no, perché...
Parlai anche del povero mio peccatore; sorrise anche lui: tutto buon segno. Infine mi lasciò piena di consolazione.