Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 11° settimana del tempo ordinario (San Luigi Gonzaga)
Vangelo secondo Matteo 18
1In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?".2Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:3"In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.4Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
5E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
6Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
8Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.9E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
10Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.11È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto.
12Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?13Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.14Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.
15Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;16se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché 'ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni'.17Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.18In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
19In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?".22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
23A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.24Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.25Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.26Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.27Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.28Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!29Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.30Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.33Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?34E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.35Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello".
Levitico 8
1Il Signore disse ancora a Mosè:2"Prendi Aronne insieme ai suoi figli, le vesti, l'olio dell'unzione, il giovenco del sacrificio espiatorio, i due arieti e il cesto dei pani azzimi;3convoca tutta la comunità all'ingresso della tenda del convegno".4Mosè fece come il Signore gli aveva ordinato e la comunità fu convocata all'ingresso della tenda del convegno.5Mosè disse alla comunità: "Questo il Signore ha ordinato di fare".
6Mosè fece accostare Aronne e i suoi figli e li lavò con acqua.7Poi rivestì Aronne della tunica, lo cinse della cintura, gli pose addosso il manto, gli mise l''efod' e lo cinse con la cintura dell''efod', nel quale avvolse l''efod'.8Gli mise anche il pettorale, e nel pettorale pose gli 'Urim' e i 'Tummim'.9Poi gli mise in capo il turbante e sul davanti del turbante pose la lamina d'oro, il sacro diadema, come il Signore aveva ordinato a Mosè.10Poi Mosè prese l'olio dell'unzione, unse la Dimora e tutte le cose che vi si trovavano e così le consacrò.11Fece sette volte l'aspersione sull'altare, unse l'altare con tutti i suoi accessori, la conca e la sua base, per consacrarli.12Versò l'olio della unzione sul capo d'Aronne e unse Aronne, per consacrarlo.13Poi Mosè fece avvicinare i figli d'Aronne, li vestì di tuniche, li cinse con le cinture e legò sul loro capo i turbanti, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
14Fece quindi accostare il giovenco del sacrificio espiatorio e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa del giovenco del sacrificio espiatorio.15Mosè lo immolò, ne prese del sangue, bagnò con il dito i corni attorno all'altare e purificò l'altare; poi sparse il resto del sangue alla base dell'altare e lo consacrò per fare su di esso l'espiazione.16Poi prese tutto il grasso aderente alle viscere, il lobo del fegato, i due reni con il loro grasso e Mosè bruciò tutto sull'altare.17Ma il giovenco, la sua pelle, la sua carne e le feci, bruciò nel fuoco fuori dell'accampamento, come il Signore gli aveva ordinato.
18Fece quindi avvicinare l'ariete dell'olocausto e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell'ariete.19Mosè lo immolò e ne sparse il sangue attorno all'altare.20Poi fece a pezzi l'ariete e ne bruciò testa, pezzi e grasso.21Dopo averne lavato le viscere e le zampe con acqua, bruciò tutto l'ariete sull'altare: olocausto di soave odore, un sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore, come il Signore gli aveva ordinato.
22Poi fece accostare il secondo ariete, l'ariete della investitura, e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa dell'ariete.23Mosè lo immolò, ne prese del sangue e bagnò il lobo dell'orecchio destro di Aronne e il pollice della mano destra e l'alluce del piede destro.24Poi Mosè fece avvicinare i figli di Aronne e bagnò con quel sangue il lobo del loro orecchio destro, il pollice della mano destra e l'alluce del piede destro; sparse il resto del sangue attorno all'altare.25Poi prese il grasso, la coda, tutto il grasso aderente alle viscere, il lobo del fegato, i reni con il loro grasso e la coscia destra;26dal canestro dei pani azzimi, che era davanti al Signore, prese una focaccia senza lievito, una focaccia di pasta intrisa nell'olio e una schiacciata e le pose sulle parti grasse e sulla coscia destra.27Poi mise tutte queste cose sulle mani di Aronne e sulle mani dei suoi figli e le agitò con l'agitazione rituale davanti al Signore.28Mosè quindi le prese dalle loro mani e le bruciò sull'altare sopra l'olocausto: sacrificio di investitura, di soave odore, sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore.29Poi Mosè prese il petto dell'ariete e lo agitò come offerta da agitare ritualmente davanti al Signore; questa fu la parte dell'ariete dell'investitura toccata a Mosè, come il Signore gli aveva ordinato.
30Mosè prese quindi l'olio dell'unzione e il sangue che era sopra l'altare; ne asperse Aronne e le sue vesti, i figli di lui e le loro vesti; così consacrò Aronne e le sue vesti e similmente i suoi figli e le loro vesti.31Poi Mosè disse ad Aronne e ai suoi figli: "Fate cuocere la carne all'ingresso della tenda del convegno e là mangiatela con il pane che è nel canestro dell'investitura, come mi è stato ordinato. La mangeranno Aronne e i suoi figli.32Quel che avanza della carne e del pane, bruciatelo nel fuoco.33Per sette giorni non uscirete dall'ingresso della tenda del convegno, finché cioè non siano compiuti i giorni della vostra investitura, perché la vostra investitura durerà sette giorni.34Come si è fatto oggi così il Signore ha ordinato che si faccia per compiere il rito espiatorio su di voi.35Rimarrete sette giorni all'ingresso della tenda del convegno, giorno e notte, osservando il comandamento del Signore, perché non moriate, poiché così mi è stato ordinato".36Aronne e i suoi figli fecero quanto era stato ordinato dal Signore per mezzo di Mosè.
Salmi 73
1'Salmo. Di Asaf.'
Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.
4Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.
6Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.
9Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11Dicono: "Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?".
12Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.
15Se avessi detto: "Parlerò come loro",
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.
19Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.
21Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.
25Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.
Salmi 115
1Non a noi, Signore, non a noi,
ma al tuo nome da' gloria,
per la tua fedeltà, per la tua grazia.
2Perché i popoli dovrebbero dire:
"Dov'è il loro Dio?".
3Il nostro Dio è nei cieli,
egli opera tutto ciò che vuole.
4Gli idoli delle genti sono argento e oro,
opera delle mani dell'uomo.
5Hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono,
6hanno orecchi e non odono,
hanno narici e non odorano.
7Hanno mani e non palpano,
hanno piedi e non camminano;
dalla gola non emettono suoni.
8Sia come loro chi li fabbrica
e chiunque in essi confida.
9Israele confida nel Signore:
egli è loro aiuto e loro scudo.
10Confida nel Signore la casa di Aronne:
egli è loro aiuto e loro scudo.
11Confida nel Signore, chiunque lo teme:
egli è loro aiuto e loro scudo.
12Il Signore si ricorda di noi, ci benedice:
benedice la casa d'Israele,
benedice la casa di Aronne.
13Il Signore benedice quelli che lo temono,
benedice i piccoli e i grandi.
14Vi renda fecondi il Signore,
voi e i vostri figli.
15Siate benedetti dal Signore
che ha fatto cielo e terra.
16I cieli sono i cieli del Signore,
ma ha dato la terra ai figli dell'uomo.
17Non i morti lodano il Signore,
né quanti scendono nella tomba.
18Ma noi, i viventi, benediciamo il Signore
ora e sempre.
Isaia 40
1"Consolate, consolate il mio popolo,
dice il vostro Dio.
2Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele
che è finita la sua schiavitù,
è stata scontata la sua iniquità,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
doppio castigo per tutti i suoi peccati".
3Una voce grida:
"Nel deserto preparate
la via al Signore,
appianate nella steppa
la strada per il nostro Dio.
4Ogni valle sia colmata,
ogni monte e colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in pianura.
5Allora si rivelerà la gloria del Signore
e ogni uomo la vedrà,
poiché la bocca del Signore ha parlato".
6Una voce dice: "Grida"
e io rispondo: "Che dovrò gridare?".
Ogni uomo è come l'erba
e tutta la sua gloria è come un fiore del campo.
7Secca l'erba, il fiore appassisce
quando il soffio del Signore spira su di essi.
8Secca l'erba, appassisce il fiore,
ma la parola del nostro Dio dura sempre.
Veramente il popolo è come l'erba.
9Sali su un alto monte,
tu che rechi liete notizie in Sion;
alza la voce con forza,
tu che rechi liete notizie in Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annunzia alle città di Giuda: "Ecco il vostro Dio!
10Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
con il braccio egli detiene il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e i suoi trofei lo precedono.
11Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul seno
e conduce pian piano le pecore madri".
12Chi ha misurato con il cavo della mano le acque del mare
e ha calcolato l'estensione dei cieli con il palmo?
Chi ha misurato con il moggio la polvere della terra,
ha pesato con la stadera le montagne
e i colli con la bilancia?
13Chi ha diretto lo spirito del Signore
e come suo consigliere gli ha dato suggerimenti?
14A chi ha chiesto consiglio, perché lo istruisse
e gli insegnasse il sentiero della giustizia
e lo ammaestrasse nella scienza
e gli rivelasse la via della prudenza?
15Ecco, le nazioni son come una goccia da un secchio,
contano come il pulviscolo sulla bilancia;
ecco, le isole pesano quanto un granello di polvere.
16Il Libano non basterebbe per accendere il rogo,
né le sue bestie per l'olocausto.
17Tutte le nazioni sono come un nulla davanti a lui,
come niente e vanità sono da lui ritenute.
18A chi potreste paragonare Dio
e quale immagine mettergli a confronto?
19Il fabbro fonde l'idolo,
l'orafo lo riveste di oro
e fonde catenelle d'argento.
(41,6)Si aiutano l'un l'altro;
uno dice al compagno: "Coraggio!".
Il fabbro incoraggia l'orafo;
(41,7)chi leviga con il martello incoraggia chi batte l'incudine,
dicendo della saldatura: "Va bene"
e fissa l'idolo con chiodi perché non si muova.
20Chi ha poco da offrire
sceglie un legno che non marcisce;
si cerca un artista abile,
perché gli faccia una statua che non si muova.
21Non lo sapete forse? Non lo avete udito?
Non vi fu forse annunziato dal principio?
Non avete capito
le fondamenta della terra?
22Egli siede sopra la volta del mondo,
da dove gli abitanti sembrano cavallette.
Egli stende il cielo come un velo,
lo spiega come una tenda dove abitare;
23egli riduce a nulla i potenti
e annienta i signori della terra.
24Sono appena piantati, appena seminati,
appena i loro steli hanno messo radici nella terra,
egli soffia su di loro ed essi seccano
e l'uragano li strappa via come paglia.
25"A chi potreste paragonarmi
quasi che io gli sia pari?" dice il Santo.
26Levate in alto i vostri occhi
e guardate: chi ha creato quegli astri?
Egli fa uscire in numero preciso il loro esercito
e li chiama tutti per nome;per la sua onnipotenza e il vigore della sua forza
non ne manca alcuno.
27Perché dici, Giacobbe,
e tu, Israele, ripeti:
"La mia sorte è nascosta al Signore
e il mio diritto è trascurato dal mio Dio?".
28Non lo sai forse?
Non lo hai udito?
Dio eterno è il Signore,
creatore di tutta la terra.
Egli non si affatica né si stanca,
la sua intelligenza è inscrutabile.
29Egli da' forza allo stanco
e moltiplica il vigore allo spossato.
30Anche i giovani faticano e si stancano,
gli adulti inciampano e cadono;
31ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza,
mettono ali come aquile,
corrono senza affannarsi,
camminano senza stancarsi.
Lettera ai Filippesi 4
1Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore così come avete imparato, carissimi!
2Esorto Evòdia ed esorto anche Sìntiche ad andare d'accordo nel Signore.3E prego te pure, mio fedele collaboratore, di aiutarle, poiché hanno combattuto per il vangelo insieme con me, con Clemente e con gli altri miei collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita.
4Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi.5La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!6Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti;7e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù.
8In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri.9Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!
10Ho provato grande gioia nel Signore, perché finalmente avete fatto rifiorire i vostri sentimenti nei miei riguardi: in realtà li avevate anche prima, ma non ne avete avuta l'occasione.11Non dico questo per bisogno, poiché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione;12ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza.13Tutto posso in colui che mi dà la forza.
14Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazione.15Ben sapete proprio voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa aprì con me un conto di dare o di avere, se non voi soli;16ed anche a Tessalonica mi avete inviato per due volte il necessario.17Non è però il vostro dono che io ricerco, ma il frutto che ridonda a vostro vantaggio.18Adesso ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un profumo di soave odore, un sacrificio accetto e gradito a Dio.19Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza in Cristo Gesù.20Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
21Salutate ciascuno dei santi in Cristo Gesù.22Vi salutano i fratelli che sono con me. Vi salutano tutti i santi, soprattutto quelli della casa di Cesare.
23La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito.
Capitolo III: L'ammaestramento della verità
Leggilo nella Biblioteca 1. Felice colui che viene ammaestrato direttamente dalla verità, così come essa è, e non per mezzo di immagini o di parole umane; ché la nostra intelligenza e la nostra sensibilità spesso ci ingannano, e sono di corta veduta. A chi giova un'ampia e sottile discussione intorno a cose oscure e nascoste all'uomo; cose per le quali, anche se le avremo ignorate, non saremo tenuti responsabili, nel giudizio finale? Grande nostra stoltezza: trascurando ciò che ci è utile, anzi necessario, ci dedichiamo a cose che attirano la nostra curiosità e possono essere causa della nostra dannazione. "Abbiamo occhi e non vediamo" (Ger 5,21). Che c'importa del problema dei generi e delle specie? Colui che ascolta la parola eterna si libera dalle molteplici nostre discussioni. Da quella sola parola discendono tutte le cose e tutte le cose proclamano quella sola parola; essa è "il principio" che continuo a parlare agli uomini (Gv 8,25). Nessuno capisce, nessuno giudica rettamente senza quella parola. Soltanto chi sente tutte le cose come una cosa sola, e le porta verso l'unità e le vede tutte nell'unità, può avere tranquillità interiore e abitare in Dio nella pace. O Dio, tu che sei la verità stessa, fa' che io sia una cosa sola con te, in un amore senza fine. Spesso mi stanco di leggere molte cose, o di ascoltarle: quello che io voglio e desidero sta tutto in te. Tacciano tutti i maestri, tacciano tutte le creature, dinanzi a te: tu solo parlami.
2. Quanto più uno si sarà fatto interiormente saldo e semplice, tanto più agevolmente capirà molte cose, e difficili, perché dall'alto egli riceverà lume dell'intelletto. Uno spirito puro, saldo e semplice non si perde anche se si adopera in molteplici faccende, perché tutto egli fa a onore di Dio, sforzandosi di astenersi da ogni ricerca di sé. Che cosa ti lega e ti danneggia di più dei tuoi desideri non mortificati? L'uomo retto e devoto prepara prima, interiormente, le opere esterne che deve compiere. Così non saranno queste ad indurlo a desideri volti al male; ma sarà lui invece che piegherà le sue opere alla scelta fatta dalla retta ragione. Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso. Questo appunto dovrebbe essere il nostro impegno: vincere noi stessi, farci ogni giorno superiori a noi stessi e avanzare un poco nel bene.
3. In questa vita ogni nostra opera, per quanto buona, è commista a qualche imperfezione; ogni nostro ragionamento, per quanto profondo, presenta qualche oscurità. Perciò la constatazione della tua bassezza costituisce una strada che conduce a Dio più sicuramente che una dotta ricerca filosofica. Non già che sia una colpa lo studio, e meno ancora la semplice conoscenza delle cose - la quale è, in se stessa, un ben ed è voluta da Dio -; ma è sempre cosa migliore una buona conoscenza di sé e una vita virtuosa. Infatti molti vanno spesso fuori della buona strada e non danno frutto alcuno, o scarso frutto, di bene, proprio perché si preoccupano più della loro scienza che della santità della loro vita. Che se la gente mettesse tanta attenzione nell'estirpare i vizi e nel coltivare le virtù, quanta ne mette nel sollevare sottili questioni filosofiche non ci sarebbero tanti mali e tanti scandali tra la gente; e nei conviventi non ci sarebbe tanta dissipazione. Per certo, quando sarà giunto il giorno del giudizio, non ci verrà chiesto che cosa abbiamo studiato, ma piuttosto che cosa abbiamo fatto; né ci verrà chiesto se abbiamo saputo parlare bene, ma piuttosto se abbiamo saputo vivere devotamente. Dimmi: dove si trovano ora tutti quei capiscuola e quei maestri, a te ben noti mentre erano in vita, che brillavano per i loro studi? Le brillanti loro posizioni sono ora tenute da altri; e non è detto che questi neppure si ricordino di loro. Quando erano vivi sembravano essere un gran che; ma ora di essi non si fa parola. Oh, quanto rapidamente passa la gloria di questo mondo! E voglia il cielo che la loro vita sia stata all'altezza del loro sapere; in questo caso non avrebbero studiato e insegnato invano. Quanti uomini si preoccupano ben poco di servire Iddio, e si perdono a causa di un vano sapere ricercato nel mondo. Essi scelgono per sé la via della grandezza, piuttosto di quella dell'umiltà; perciò si disperde la loro mente (Rm 1,21). Grande è, in verità, colui che ha grande amore; colui che si ritiene piccolo e non tiene in alcun conto anche gli onori più alti. Prudente è, in verità, colui che considera sterco ogni cosa terrena, al fine di guadagnarsi Cristo (Fil 3,8). Dotto, nel giusto senso della parola, è, in verità, colui che fa la volontà di Dio, buttando in un canto la propria volontà.
LETTERA 188: Alipio e Agostino alla piissima vedova Giuliana, madre della vergine Demetriade.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta alla fine del 417 o all'inizio del 418.
Alipio e Agostino alla piissima vedova Giuliana, madre della vergine Demetriade; si congratulano che la figlia si sia consacrata a Cristo; esortano lei e i suoi familiari a rifiutare il veleno delle tesi pelagiane (nn. 1-3) propinato in un opuscolo indirizzato a Demetriade, del quale desiderano sapere l'autore (nn. 4-14).
ALIPIO E AGOSTINO SALUTANO NEL SIGNORE GIULIANA, LORO SIGNORA, DEGNA D'ESSERE ONORATA COI DOVUTI RIGUARDI IN CRISTO E FIGLIA MERITAMENTE ILLUSTRE
Demetriade si è consacrata a Cristo.
1. 1. Con molto nostro piacere e gioia è avvenuto che la lettera della tua Reverenza ci trovasse tutti e due a Ippona in modo che rispondessimo anche insieme, mentre siamo lieti di sapervi in buona salute, facendovi sapere a nostra volta con reciproco affetto ch'è buona anche la nostra (salute), persuasi ch'essa vi stia a cuore, signora degna d'essere onorata con i dovuti riguardi in Cristo e figlia meritamente illustre. Noi sappiamo che voi sapete benissimo quanto religioso affetto vi dobbiamo e quanto ci prendiamo cura di voi al cospetto non solo di Dio ma anche degli uomini. Sebbene le nostre povere persone vi abbiano conosciute, la prima volta solo attraverso una lettera e in seguito anche attraverso la presenza fisica, quali persone pie e cattoliche, cioè quali veri membri di Cristo, tuttavia, avendo voi ricevuto per mezzo del nostro ministero la parola di Dio, l'accoglieste - come dice l'Apostolo - non come parola di uomini, ma come parola di Dio quale essa è veramente 1. Con l'aiuto della grazia e della misericordia del Salvatore, dal nostro ministero è derivato nella vostra casa un frutto così prezioso che la buona e pia Demetriade, pur essendo già preparata alle nozze umane, ha preferito l'amplesso spirituale dello Sposo, ch'è il più bello tra i figli degli uomini 2, al quale si uniscono in matrimonio le vergini per acquistare più abbondante fecondità spirituale senza perdere l'integrità corporale. Non avremmo saputo in qual modo quella nostra esortazione di allora fu accolta dalla fedele e nobile vergine, se non avessimo appreso dalla lietissima e verace testimonianza della vostra lettera che, avendo essa abbracciato la vita di perfezione nella continenza verginale poco dopo la nostra partenza, era derivato dall'opera nostra questo immenso dono di Dio, il quale pianta e innaffia per mezzo dei suoi servi, ma a far crescere è lui stesso 3.
I vescovi devono denunciare gli errori contro la grazia.
1. 2. Così stando le cose, nessuno oserà chiamarci temerari se, a causa delle nostre piuttosto intime relazioni d'amicizia, ci preoccupiamo di ammonirvi a fuggire le opinioni contrarie alla grazia di Dio. Sebbene infatti l'Apostolo ci comandi d'insistere nel predicare la parola di Dio a tempo e fuori tempo 4, non vi annoveriamo però nel numero di coloro ai quali le nostre parole o i nostri scritti sembrano importuni quando vi esortiamo ad evitare tutto ciò ch'è estraneo alla retta dottrina. Ecco perché avete accolto il nostro ammonimento con tanta gratitudine che nella lettera, alla quale rispondiamo con la presente, tu dici: " Quanto al fatto che la Reverenza vostra mi esorta a non prestare orecchio agli individui i quali con le loro perverse opinioni corrompono la veneranda fede, ringrazio assai per il pio ammonimento ".
Il funesto errore di Pelagio.
1. 3. Tu poi soggiungi, dicendo: " Sappiano però le vostre Eccellenze che io e la mia piccola famiglia non abbiamo nulla in comune con tali individui; tutta la nostra famiglia è talmente attaccata alla fede cattolica, che non s'è mai sviata per seguire alcuna eresia e non è mai caduta, non dico in una delle sette, da cui difficilmente si può uscire senza restarne intossicati spiritualmente, ma neppure in quelle che sembrano contenere solo errori banali". E' proprio questo a spingerci maggiormente a parlarvi di coloro i quali si sforzano di corrompere perfino gli spiriti sani, poiché consideriamo la vostra casa una non trascurabile Chiesa di Cristo. Ora non è certamente trascurabile l'errore di coloro i quali credono che noi abbiamo da noi stessi tutto ciò che è in noi di santità, di continenza, di pietà e di castità per il fatto che Dio ci avrebbe creati in modo che oltre a darci la conoscenza della rivelazione non ci concederebbe alcun altro aiuto per compiere con l'amarli i doveri che abbiamo appreso con l'impararli; la grazia e l'aiuto di Dio per vivere santamente e onestamente consisterebbero per essi solo nella natura umana e nell'insegnamento religioso. Essi negano che siamo aiutati da Dio ad avere la buona volontà, in cui consiste il fatto stesso di vivere bene e lo stesso amore; dono di Dio, questo, tanto superiore a tutti gli altri che Dio stesso si chiama amore 5; è solo con l'amore che noi adempiamo tutto ciò che mettiamo in pratica della legge e dei consigli di Dio, mentre essi affermano che a compiere ciò troviamo la forza sufficiente in noi stessi, nel nostro libero arbitrio. Non vi sembri piccolo l'errore di volersi professare Cristiani rifiutandosi di ascoltare l'Apostolo di Cristo il quale, dopo aver affermato che l'amore di Dio è diffuso nei nostri cuori, perché non si pensasse che tale amore si possa avere solo mediante la nostra volontà, immediatamente soggiunge ch'esso ci è stato infuso per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato largito 6. Tu comprendi quanto sia grave ed esiziale l'errore di chi non ammette ancora che questa è una grande grazia del Salvatore il quale, salendo nelle sfere celesti, ha reso schiava la schiavitù ed ha elargito doni agli uomini 7.
Un libro di Pelagio indirizzato a Demetriade.
2. 4. Come potremmo dunque trascurare di mettere sull'avviso persone come voi, alle quali siamo debitori di tanto affetto, esortandovi a guardarvi da tali errori, dopo che abbiamo letto lo scritto indirizzato alla religiosa serva di Dio Demetriade, e di cui desideriamo anzi di conoscere nella vostra risposta chi ne è l'autore e se vi è pervenuto. Una vergine di Cristo legga pure - se pure non è un sacrilegio - affermazioni che la persuadano a considerare come prodotto di meriti personali la propria santità verginale e tutti i suoi beni spirituali in modo da diventare - Dio ne scampi - ingrata verso Dio, prima d'essere giunta alla piena felicità. Ecco infatti le parole rivolte a lei nel medesimo scritto: " Tu hai dunque anche per questo un pregio per cui giustamente sei posta al di sopra degli altri, o meglio maggiormente per questo. Perché la nobiltà della nascita e l'opulenza saranno considerate appartenere ai tuoi familiari anziché a te stessa, mentre i tuoi beni spirituali non potrà darteli nessun altro all'infuori di te stessa. Per questi dunque tu meriti d'essere lodata, per questi devi esser posta al di sopra degli altri, poiché essi non possono venirti che da te stessa " 8.
Dono della grazia fare il bene.
2. 5. Tu vedi bene qual grave pericolo sia da evitare in queste parole. Ottima e verissima è l'espressione: " Questi beni non possono essere che in te ", è dottrina davvero benefica, ma quando poi soggiunge e dice: " derivanti solo da te ", questa è una teoria senz'altro venefica. Non ascolti assolutamente mai volentieri siffatti errori una vergine consacrata a Cristo, la quale con i suoi sentimenti di pietà comprende quanto è povero di beni il cuore dell'uomo e perciò non sa farsi bella se non di quelli provenienti dalla bontà del suo sposo. Ascolti dunque piuttosto l'Apostolo che dice: Vi ho fidanzati a un unico sposo per presentarvi come una vergine casta a Cristo. Temo però che allo stesso modo che il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così le vostre menti si lascino corrompere (allontanandosi) dalla purezza nei riguardi di Cristo 9. Essa quindi riguardo ai beni spirituali non ascolti cotesto individuo che afferma: " Non te li può dare nessun altro all'infuori di te stessa ", e: " non possono che derivare da te ed essere se non in te ", ma ascolti al contrario l'Apostolo che dice: Portiamo questo tesoro in recipienti d'argilla affinché si comprenda che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi 10.
La stessa castità è dono di Dio.
2. 6. Quanto alla stessa santa continenza verginale, che a lei non deriva dalle proprie forze, ma è un dono di Dio concesso a chi ha fede e lo desidera, ascolti il medesimo veritiero Maestro della fede, il quale, a proposito di questa virtù, dice: Vorrei che tutti fossero come me; ognuno però ha il proprio dono da Dio, chi in un modo e chi in un altro 11. Ascolti anche lo sposo non solo suo, ma l'unico sposo di tutta la Chiesa, il quale a proposito della castità e integrità, di cui parliamo, afferma: Non tutti comprendono ciò, ma solo coloro ai quali è stato concesso 12, per comprendere che per il fatto di avere un dono tanto eccellente e prezioso ha il dovere di ringraziare Dio nostro Signore anziché ascoltare le parole, non diciamo d'un adulatore che abbaglia, per non sembrare di voler giudicare temerariamente dei sentimenti nascosti in fondo al cuore, ma certo d'un incensatore che sbaglia. In realtà ogni grazia eccellente, ogni dono perfetto - come dice anche l'apostolo Giacomo - viene dall'alto e discende dal Padre della luce 13. Dalla stessa sorgente deriva dunque anche il dono della verginità, a causa del quale tu sei ben contenta d'essere sorpassata dalla tua figliuola; essa è posteriore a te per la nascita, ma superiore per la condotta; procede da te per la generazione carnale, ma ti precede per la generazione spirituale; ti segue per l'età, ma ti precede per la santità; per merito suo è cominciato ad essere anche tuo il bene che non è potuto essere in te stessa. Essa infatti ha rinunciato alle nozze carnali per arricchirsi di tesori spirituali non solo per se stessa, ma anche per te, meglio di quanto avresti potuto tu stessa. Tu infatti, sotto questo aspetto, sei inferiore ad essa per esserti sposata al fine di darle l'esistenza. Questi sono doni di Dio e anche vostri, ma non provengono da voi 14. Voi in realtà portate questo tesoro in corpi mortali e ancora fragili come in recipienti d'argilla affinché si riconosca che una virtù così eccellente è dono di Dio e non proviene da voi 15. Non stupitevi se affermiamo che tali doni sono anche vostri ma non derivano da voi, poiché diciamo nostro il pane quotidiano, ma tuttavia aggiungiamo: Dallo a noi 16, affinché non si creda che provenga " da noi ".
La volontà dev'essere aiutata dalla grazia.
2. 7. Perciò - come sta scritto - pregate continuamente e ringraziate Dio riguardo ad ogni cosa 17: voi infatti pregate per ottenere, perseverare e progredire nel bene, mentre ringraziate in quanto non lo avete da voi. Chi mai in realtà vi separa dalla massa di morte e di perdizione originata da Adamo 18? Non è forse Colui il quale è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto 19? Oppure, quando sentiremo dire dall'Apostolo: Chi ti separa? risponderemo forse: " La mia buona volontà, la mia fede, la mia giustizia "? Come se lo stesso Apostolo non soggiungesse immediatamente nello stesso passo: Che cosa mai possiedi senza averlo ricevuto? Se dunque lo hai ricevuto, perché mai te ne vanti, come se non lo avessi ricevuto? 20 Quando perciò una vergine consacrata a Dio ascolta o legge: " Nessuno all'infuori di te stessa potrà darti i beni spirituali; per essi tu meriti d'esser lodata, per essi meriti d'essere anteposta agli altri, poiché quelli non possono derivarti che da te stessa ", non vogliamo affatto che si vanti come se non li avesse ricevuti. Dovrà dire invece: Ho presenti, o mio Dio, le promesse che ti ho fatte d'offrirti sacrifici di lode e le adempirò 21. Ma poiché i beni spirituali sono in essa senza che provengano da essa, la vergine si ricordi altresì di ripetere: O Signore, per la tua bontà hai voluto concedermi tale virtù 22. In realtà, sebbene tali beni derivino anche da essa a causa del libero arbitrio personale, senza il quale non è possibile compiere il bene, tuttavia non è vero che "derivino esclusivamente da essa", come ha detto costui, dal momento che, se il libero arbitrio personale non viene aiutato dalla grazia di Dio, nell'uomo non può esistere neppure la buona volontà. È Dio infatti - dice l'Apostolo - colui che opera in voi il volere e l'agire secondo il suo beneplacito 23, e non solo rivelandoci la dottrina (morale) per farci conoscere i nostri doveri, ma ispirandoci anche l'amore, affinché compiamo anche spinti dall'amore i doveri appresi mediante lo studio della rivelazione.
Definizione della grazia.
2. 8. Qual gran dono fosse la continenza lo sapeva certo bene colui che diceva: Sapevo che nessuno può essere casto, se Dio non glielo concede 24. Non solo dunque sapeva quanto grande sia tale dono e con quanto ardore debba bramarsi, ma sapeva pure che non si può averlo se Dio non lo concede. Glielo aveva insegnato la sapienza, poiché soggiunge: ed era già per se stesso un dono della sapienza sapere da chi viene tale dono. Non s'accontentò tuttavia solo di saperlo, ma egli stesso dice: Mi rivolsi al Signore e lo pregai che me lo concedesse 25. Dio quindi non ci aiuta solo a farci conoscere quel che dobbiamo fare, ma anche a farci compiere con amore i doveri che già conosciamo per esserci stati insegnati. Nessuno pertanto può avere non soltanto la conoscenza ma anche la continenza, se Dio non glielo concede. Ecco perché il Savio, pur avendo già la conoscenza, chiedeva a Dio di avere anche la continenza, per avere anche ciò che sapeva non provenire da lui; e anche se per il libero arbitrio personale proveniva in piccola parte anche da lui, non derivava però esclusivamente da lui, poiché nessuno può essere casto, se Dio non glielo concede. Costui, al contrario, parlando dei beni spirituali, tra i quali risplende d'incomparabile bellezza la virtù della continenza, non dice: " Possono essere in te anche per merito tuo ", ma: " non possono provenire se non da te e sono tuo patrimonio esclusivo ", per far credere che, come non li possiede se non in se stessa, così non possono provenire se non da lei stessa, e perciò (Dio misericordioso 26 allontani dalla sua mente un tale pensiero!) si vanti come se non li avesse ricevuti 27.
Gloria della vergine consacrata, Dio stesso.
3. 9. Noi però, da parte nostra, conoscendo, l'obbedienza religiosa e l'umiltà cristiana della vergine consacrata a Dio, nella quale essa è stata allevata ed educata, crediamo che nel leggere tali espressioni - se pure le ha lette - sarà scoppiata in gemiti, si sarà battuta umilmente il petto e forse avrà pure pianto ed avrà pregato con fede il Signore (al quale s'è consacrata e dal quale ha ricevuto la grazia di consacrarglisi) che, allo stesso modo che quelle non sono espressioni di lei ma di un altro, così la propria fede non sia mai simile a quella e non abbia mai a credere d'avere qualcosa 28 di cui possa vantarsi come di cosa propria e non come cosa da riferirsi al Signore. In realtà i motivi di vantarsi risiedono nell'intimo della sua anima e non già nelle parole altrui, secondo l'affermazione dell'Apostolo che dice: Esamini ciascuno le proprie azioni e allora avrà (motivo di) vanto non già nei riguardi degli altri, ma solo di se stesso 29. Comunque, Dio non voglia mai che il motivo di vantarsi sia la propria persona e non Colui, al quale viene detto: Il mio vanto sei tu, o Signore, tu che elevi la mia fronte 30! Infatti il vantarsi solo in se stessa è per lei fonte di salvezza allorché Dio, ch'è in lei, è lui stesso la ragione del suo vanto, dal momento che da lui riceve tutti i beni, grazie ai quali essa è buona, ed avrà tutti i beni che la renderanno migliore - per quanto potrà esserlo in questa vita - e con tali beni arriverà anche alla perfezione, allorché sarà perfetta non in virtù delle lodi umane, ma della grazia divina. In realtà la sua anima si vanterà nel Signore 31, se questi avrà arricchito di beni la sua buona volontà 32, perché anche questa a sua volta è stata ispirata da lui, affinché la vergine a lui consacrata non si vanti d'alcun bene come se non l'avesse ricevuto 33.
Peccato contro la Trinità non riconoscere i doni di Dio.
3. 10. Sarà dunque meglio che nella tua risposta tu ci faccia sapere se c'inganniamo riguardo a tali suoi sentimenti, poiché conosciamo assai bene come voi e tutti i vostri congiunti siete rimasti sempre adoratori fedeli dell'indivisibile Trinità. Ma non solo su questo punto, cioè d'aver opinioni diverse riguardo all'indivisibile Trinità, si sono propagati di soppiatto errori umani, poiché ci sono molti altri errori funestissimi, come quello di cui abbiamo trattato nella presente lettera più a lungo forse di quanto bastasse a persone come voi, così pie e scrupolose della purezza in materia di fede. A chi mai, d'altra parte, si fa oltraggio se non a Dio e per conseguenza alla Trinità, quando si afferma che non è dono di Dio il bene che viene da lui? Il Signore tenga assolutamente lontana da voi una simile disgrazia come crediamo sia lontana attualmente; non sia mai che codesto scritto, di cui abbiamo citato solo alcune delle espressioni più facili a capirsi, insinui sentimenti così pericolosi nell'animo non dico tuo o della tua figliola consacrata a Dio, ma neppure dell'infimo dei vostri domestici o domestiche.
Ambiguo linguaggio di Pelagio sulla grazia.
3. 11. Se esaminerete più attentamente le espressioni di quello scritto, vi accorgerete che, anche quando sembra parlare in difesa della grazia o dell'aiuto di Dio, le sue sono espressioni talmente ambigue che possono riferirsi o alla natura o all'insegnamento della rivelazione o alla remissione dei peccati. Quando, per esempio, costoro sono costretti ad ammettere che dobbiamo pregare per non cadere in tentazione 34, possono intenderlo in modo da rispondere che per ottenere quello scopo noi siamo aiutati solo in quanto a chi di noi prega e bussa viene agevolata la conoscenza della verità 35 affinché possiamo conoscere i nostri doveri e non già affinché la nostra volontà riceva le forze per mettere in pratica ciò che abbiamo conosciuto. Così quando affermano ch'è una grazia o aiuto divino l'esempio di ben vivere propostoci da nostro Signore Gesù Cristo, lo fanno rientrare nell'ambito del medesimo insegnamento, in quanto cioè attraverso il suo esempio noi impariamo come dobbiamo vivere, ma non ammettono che siamo aiutati a poter compiere anche con amore ciò che sappiamo per esserci stato insegnato.
La grazia è un aiuto non dovuto di Dio.
3. 12. In quello scritto trovate - se vi riuscite - almeno un solo passo in cui, tranne la natura e il libero arbitrio della volontà, appartenente anch'esso alla natura, tranne il perdono dei peccati e l'insegnamento delle verità religiose, sia ammesso l'aiuto di Dio come lo ammette il Savio, il quale dice: Poiché sapevo che nessuno può essere casto, se Dio non glielo concede, e che era già di per se stesso segno di sapienza sapere da chi viene tale dono, mi rivolsi al Signore e glielo chiesi con suppliche 36. Ora, il Savio non pregava per ottenere la natura in cui era stato già creato né si dava pensiero d'avere l'arbitrio naturale della volontà con cui era stato altresì già creato, né desiderava tanto il perdono dei peccati quanto piuttosto la castità per non peccare; né voleva sapere che cosa dovesse fare, dal momento che confessava di sapere già da chi viene tale dono. Egli voleva, al contrario, ricevere dallo Spirito della sapienza tanta forza di volontà, tanto ardore di carità, quanto era necessario per praticare la gran virtù della continenza. Se dunque in quello scritto riuscirete a trovare qualcosa di simile, ve ne saremo sommamente grati se ce lo farete gentilmente sapere con una vostra risposta.
Il libro a Demetriade non parla della vera grazia.
3. 13. Non ci sono parole sufficienti per esprimere quanto bramiamo di trovare negli scritti di quegli individui i quali per acutezza d'ingegno ed eloquenza si fanno leggere da tante persone, una chiara affermazione della grazia, tanto energicamente messa in risalto dall'Apostolo 37. Egli afferma che la fede è largita a ciascuno da Dio nella misura che a lui piace; senza di essa è impossibile piacere a Dio 38; di essa vive il giusto 39; è essa che spinge ad agire per mezzo della carità 40; prima di essa e senza di essa assolutamente nessun'opera di alcun uomo può considerarsi buona, poiché: Tutto ciò che non viene dalla fede, è peccato 41. Bramiamo inoltre di trovare affermato che l'aiuto che Dio ci concede per vivere nella bontà e nella giustizia 42 non consiste unicamente nella rivelazione della scienza, la quale, se è priva della carità, non fa che renderci orgogliosi 43, ma anche nell'infusione della stessa carità, la quale è compimento della Legge 44, ed edifica il nostro cuore affinché la scienza non ci riempia di orgoglio. Finora purtroppo noi non abbiamo potuto trovare nulla di simile in nessun passo dei loro scritti.
Chi è l'autore di quel libro?
3. 14. Tali affermazioni soprattutto vorremmo trovare in quello scritto dal quale abbiamo riferito le parole del brano citato, in cui l'autore loda la vergine consacrata a Cristo come se avesse potuto ricevere esclusivamente da se stessa e da nessun altro i beni spirituali e perciò vuole che se ne vanti non riferendoli al Signore 45, ma come di beni personali, come se non li avesse ricevuti 46. Sebbene in quello scritto l'autore non abbia chiaramente indicato né il proprio né il tuo nome, ricorda tuttavia che a scrivere alla vergine fu pregato dalla madre di lei. Il medesimo Pelagio però in una sua lettera, nella quale indica apertamente il proprio nome senza tacere quello della vergine, afferma d'averle indirizzato uno scritto e adducendo la testimonianza della medesima sua opera si sforza di provare ch'egli ammette senz'alcuna esitazione la grazia di Dio che gli si rimprovera di tacere o di negare. Vi preghiamo d'essere tanto cortesi da informarci con una vostra risposta se questo scritto sia il medesimo in cui egli scrisse quelle espressioni sui beni spirituali o se è giunto nelle mani della Santità vostra.
1 - 1 Ts 2, 13.
2 - Sal 44, 3.
3 - 1 Cor 3, 5-7.
4 - 2 Tm 4, 2.
5 - 1 Gv 4, 8. 16.
6 - Rm 5, 5.
7 - Ef 4, 7-8; Sal 67, 19.
8 - Cf. PELAG., Lib. ad Demetr. 11.
9 - 2 Cor 11, 2-3.
10 - 2 Cor 4, 7.
11 - 1 Cor 7, 7.
12 - Mt 19, 11.
13 - Gc 1, 17.
14 - Ef 2, 8.
15 - 2 Cor 4, 7.
16 - Lc 11, 3.
17 - 1 Ts 5, 17-18.
18 - Rm 9, 21.
19 - Lc 19, 10; Mt 18, 11.
20 - 1 Cor 4, 7. 9-11.
21 - Sal 55, 12.
22 - Sal 29, 8.
23 - Fil 2, 13.
24 - Sap 8, 21-22.
25 - Sap 8, 21-22.
26 - Sal 102, 8.
27 - 1 Cor 4, 7.
28 - 1 Cor 1, 31.
29 - Gal 6, 4.
30 - Sal 3, 4.
31 - Sal 33, 3.
32 - Sal 102, 5.
33 - 1 Cor 4, 7.
34 - Mt 26, 41; Mc 14, 38; Lc 22, 46.
35 - Mt 7, 7-8; Lc 11, 9-10.
36 - Sap 8, 21.
37 - Rm 12, 3.
38 - Eb 11, 6.
39 - Rm 1, 17; Gal 3, 11; Eb 10, 38; 2, 4.
40 - Gal 5, 6.
41 - Rm 14, 23.
42 - Rm 12, 3.
43 - 1 Cor 8, 1.
44 - Rm 13, 10.
45 - 1 Cor 1, 31; 2 Cor 10, 17; Ger 9, 23-24.
46 - 1 Cor 4, 7.
Capitolo XXIII: La meditazione della morte
Libro I: Libro della imitazione di Cristo e del dispregio del mondo e di tutte le sue vanità - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca 1. Ben presto la morte sarà qui, presso di te. Considera, del resto, la tua condizione: l'uomo oggi c'è e domani è scomparso; e quando è sottratto alla vista, rapidamente esce anche dalla memoria. Quanto grandi sono la stoltezza e la durezza di cuore dell'uomo: egli pensa soltanto alle cose di oggi e non piuttosto alle cose future. In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; ché, se avrai retta la coscienza, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che sfuggire alla morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani? Il domani è una cosa non sicura: che ne sai tu se avrai un domani? A che giova vivere a lungo, se correggiamo così poco noi stessi? Purtroppo, non sempre una vita lunga corregge i difetti; anzi spesso accresce maggiormente le colpe. Magari potessimo passare santamente anche una sola giornata in questo mondo. Molti fanno il conto degli anni trascorsi dalla loro conversione a Dio; ma scarso è sovente il frutto della loro emendazione. Certamente morire è cosa che mette paura; ma forse è più pericoloso vivere a lungo. Beato colui che ha sempre dinanzi agli occhi l'ora della sua morte ed è pronto ogni giorno a morire. Se qualche volta hai visto uno morire, pensa che anche tu dovrai passare per la stessa strada. La mattina, fa conto di non arrivare alla sera; e quando poi si farà sera non osare sperare nel domani. Sii dunque sempre pronto; e vivi in tal modo che, in qualunque momento, la morte non ti trovi impreparato.
2. Sono molti coloro che muoiono in un istante, all'improvviso; giacché "il Figlio dell'uomo verrà nell'ora in cui non si pensa che possa venire" (Mt 24,44; Lc 12,40). Quando sarà giunto quel momento estremo, comincerai a giudicare ben diversamente tutta la tua vita passata, e molto ti dorrai di esser stato tanto negligente e tanto fiacco. Quanto é saggio e prudente l'uomo che, durante la vita, si sforza di essere quale desidera esser trovato al momento della morte! Ora, una piena fiducia di morire santamente la daranno il completo disprezzo del mondo, l'ardente desiderio di progredire nelle virtù, l'amore del sacrificio, il fervore nella penitenza, la rinuncia a se stesso e il saper sopportare ogni avversità per amore di Cristo. Mentre sei in buona salute, molto puoi lavorare nel bene; non so, invece, che cosa potrai fare quando sarai ammalato. Giacché sono pochi quelli che, per il fatto di essere malati, diventano più buoni; così come sono pochi quelli che, per il fatto di andare frequentemente in pellegrinaggio, diventano più santi. Non credere di poter rimandare a un tempo futuro la tua salvezza, facendo affidamento sui suffragi degli amici e dei parenti; tutti costoro ti dimenticheranno più presto di quanto tu non creda. Perciò, più che sperare nell'aiuto di altri, è bene provvedere ora, fin che si è in tempo, mettendo avanti un po' di bene. Ché, se non ti prendi cura di te stesso ora, chi poi si prenderà cura di te? Questo è il tempo veramente prezioso; sono questi i giorni della salvezza; è questo il tempo che il Signore gradisce (2Cor 6,2). Purtroppo, invece, questo tempo tu non lo spendi utilmente in cose meritorie per la vita eterna. Verrà il momento nel quale chiederai almeno un giorno o un'ora per emendarti; e non so se l'otterrai. Ecco, dunque, mio caro, di quale pericolo ti potrai liberare, a quale pericolo ti potrai sottrarre, se sarai stato sempre nel timore di Dio, in vista della morte. Procura di vivere ora in modo tale che, nell'ora della morte, tu possa avere letizia, anziché paura; impara a morire al mondo, affinché tu cominci allora a vivere con Cristo; impara ora a disprezzare ogni cosa, affinché tu possa allora andare liberamente a Cristo; mortifica ora il tuo corpo con la penitenza, affinché tu passa allora essere pieno di fiducia.
3. Stolto, perché vai pensando di vivere a lungo, mentre non sei sicuro di avere neppure una giornata? Quante persone sono state ingannate, inaspettatamente tolte a questa vita! Quante volte hai sentito dire che uno è morto di ferite e un altro è annegato; che uno, cadendo dall'alto, si è rotto la testa; che uno si è soffocato mentre mangiava e un altro è morto mentre stava giocando? Chi muore per fuoco, chi per spada; chi per una pestilenza, chi per un assalto dei predoni. Insomma, comunque destino è la morte; e passa rapidamente come un'ombra la vita umana. Chi si ricorderà di te, dopo che sarai scomparso, e chi pregherà per te? Fai, o mio caro, fai ora tutto quello che sei in grado di fare, perché non conosci il giorno della tua morte; né sai che cosa sarà di te dopo. Accumula, ora, ricchezze eterne, mentre sei in tempo. Non pensare a nient'altro che alla tua salvezza; preoccupati soltanto delle cose di Dio. Fatti ora degli amici, venerando i santi di Dio e imitando le loro azioni, "affinché ti ricevano nei luoghi eterni, quando avrai lasciato questa vita" (Lc 16,9). Mantienti, su questa terra, come uno che è di passaggio; come un ospite, che non ha a che fare con le faccende di questo mondo. Mantieni libero il tuo cuore, e rivolto al cielo, perché non hai stabile dimora quaggiù (Eb 13,14). Al cielo rivolgi continue preghiere e sospiri e lacrime, affinché, dopo la morte, la tua anima sia degna di passare felicemente al Signore. Amen.
8-64 Gennaio 30, 1909 La storia del perché
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Trovandomi nel solito mio stato, mi sono trovata fuori di me stessa, mi pareva di vedere un’anima nel purgatorio, mia conoscente, ed io le dicevo: “Vedi un po’ come sto innanzi a Dio, ci temo tanto, specie dello stato in cui mi trovo”. E quella mi ha detto:
(2) “Ci vuol niente a sapere se stai bene o male, se tu apprezzi il patire stai bene, se no, stai male, perché chi apprezza il patire apprezza Dio, ed apprezzandolo non si può mai dispiacergli, perché le cose che si apprezzano si stimano, si amano, si tengono care e custodite, più che sé stesso; e può essere mai possibile che uno voglia male sé stesso? Così è impossibile che possa dispiacere a Dio apprezzandolo”.
(3) Onde dopo, appena è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto:
(4) “Figlia mia, le creature, in quasi tutti gli eventi che succedono, vanno ripetendo e dicendo sempre: E perché? E perché? E perché? Perché questa malattia? Perché questo stato d’animo? Perché questo flagello? E tanti altri perché? La spiegazione del perché? non è scritta in terra, ma in Cielo, e là la leggeranno tutti. Sai tu che cosa è il perché? E’ l’egoismo che dà cibo continuo all’amor proprio. Sai tu dove fu creato il perché? Nell’inferno. Chi fu il primo a pronunziarlo? Un demonio. Gli effetti che produsse il primo perché? furono la perdita dell’innocenza nello stesso Eden, la guerra delle passioni implacabili, la rovina di tante anime, i mali della vita. La storia del perché? è lunga, basta dirti che non c’è male nel mondo che non abbia la impronta del perché? Il perché è distruzione della sapienza divina nelle anime. E sai tu dove sarà seppellito il perché? Nell’inferno, per renderli irrequieti in eterno, senza darli mai pace. L’arte del perché? è guerreggiare le anime senza darle mai tregua”.