Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

"Ogni ipocrita è malvagio" (Is 9,17), dice Isaia; e Michea: "Il migliore tra di essi è come un pruno, e il più retto come le spine della siepe" (Mic 7,4). Veramente oggi molti sono ipocriti, pruni e spine. L'ipocrita è colui che finge di essere ciò che non è; è come il cespuglio di pruni, che sembra morbido nelle parole, ma punge con i fatti; è come le spine che feriscono i passanti per succhiarne il sangue della lode e del denaro. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 11° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 19

1Entrato in Gèrico, attraversava la città.2Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,3cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".6In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!".8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".9Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;10il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".

11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.12Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare.13Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno.14Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi.15Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.16Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine.17Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città.18Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine.19Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.20Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto;21avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato.22Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato:23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi.24Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci25Gli risposero: Signore, ha già dieci mine!26Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.27E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me".

28Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo:30"Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui.31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno".32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto.33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché sciogliete il puledro?".34Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno".
35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:

38"'Benedetto colui che viene,'
il re, 'nel nome del Signore'.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!".

39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli".40Ma egli rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre".

41Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:42"Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.43Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;44abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".

45Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,46dicendo: "Sta scritto:

'La mia casa sarà casa di preghiera'.
Ma voi ne avete fatto 'una spelonca di ladri!'".

47Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo;48ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.


Esodo 34

1Poi il Signore disse a Mosè: "Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzate.2Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte.3Nessuno salga con te, nessuno si trovi sulla cima del monte e lungo tutto il monte; neppure armenti o greggi vengano a pascolare davanti a questo monte".
4Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
5Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore.6Il Signore passò davanti a lui proclamando: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà,7che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione".
8Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò.9Disse: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa' di noi la tua eredità".
10Il Signore disse: "Ecco io stabilisco un'alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessun paese e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l'opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te.
11Osserva dunque ciò che io oggi ti comando. Ecco io scaccerò davanti a te l'Amorreo, il Cananeo, l'Hittita, il Perizzita, l'Eveo e il Gebuseo.12Guardati bene dal far alleanza con gli abitanti del paese nel quale stai per entrare, perché ciò non diventi una trappola in mezzo a te.13Anzi distruggerete i loro altari, spezzerete le loro stele e taglierete i loro pali sacri.14Tu non devi prostrarti ad altro Dio, perché il Signore si chiama Geloso: egli è un Dio geloso.15Non fare alleanza con gli abitanti di quel paese, altrimenti, quando si prostituiranno ai loro dèi e faranno sacrifici ai loro dèi, inviteranno anche te: tu allora mangeresti le loro vittime sacrificali.16Non prendere per mogli dei tuoi figli le loro figlie, altrimenti, quando esse si prostituiranno ai loro dèi, indurrebbero anche i tuoi figli a prostituirsi ai loro dèi.
17Non ti farai un dio di metallo fuso.
18Osserverai la festa degli azzimi. Per sette giorni mangerai pane azzimo, come ti ho comandato, nel tempo stabilito del mese di Abib; perché nel mese di Abib sei uscito dall'Egitto.
19Ogni essere che nasce per primo dal seno materno è mio: ogni tuo capo di bestiame maschio, primogenito del bestiame grosso e minuto.20Il primogenito dell'asino riscatterai con un altro capo di bestiame e, se non lo vorrai riscattare, gli spaccherai la nuca. Ogni primogenito dei tuoi figli lo dovrai riscattare.
Nessuno venga davanti a me a mani vuote.
21Per sei giorni lavorerai, ma nel settimo riposerai; dovrai riposare anche nel tempo dell'aratura e della mietitura.
22Celebrerai anche la festa della settimana, la festa cioè delle primizie della mietitura del frumento e la festa del raccolto al volgere dell'anno.
23Tre volte all'anno ogni tuo maschio compaia alla presenza del Signore Dio, Dio d'Israele.24Perché io scaccerò le nazioni davanti a te e allargherò i tuoi confini; così quando tu, tre volte all'anno, salirai per comparire alla presenza del Signore tuo Dio, nessuno potrà desiderare di invadere il tuo paese.
25Non sacrificherai con pane lievitato il sangue della mia vittima sacrificale; la vittima sacrificale della festa di pasqua non dovrà rimanere fino alla mattina.
26Porterai alla casa del Signore, tuo Dio, la primizia dei primi prodotti della tua terra.
Non cuocerai un capretto nel latte di sua madre".
27Il Signore disse a Mosè: "Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un'alleanza con te e con Israele".
28Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiar pane e senza bere acqua. Il Signore scrisse sulle tavole le parole dell'alleanza, le dieci parole.
29Quando Mosè scese dal monte Sinai - le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte - non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui.30Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui.31Mosè allora li chiamò e Aronne, con tutti i capi della comunità, andò da lui. Mosè parlò a loro.32Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai.33Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso.34Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato.35Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando fosse di nuovo entrato a parlare con lui.


Siracide 7

1Non fare il male, perché il male non ti prenda.
2Allontànati dall'iniquità ed essa si allontanerà da te.
3Figlio, non seminare nei solchi dell'ingiustizia
per non raccoglierne sette volte tanto.
4Non domandare al Signore il potere
né al re un posto di onore.
5Non farti giusto davanti al Signore
né saggio davanti al re.
6Non cercare di divenire giudice,
che poi ti manchi la forza di estirpare l'ingiustizia;
altrimenti temeresti alla presenza del potente
e getteresti una macchia sulla tua dirittura.
7Non offendere l'assemblea della città
e non degradarti in mezzo al popolo.
8Non ti impigliare due volte nel peccato,
perché neppure di uno resterai impunito.
9Non dire: "Egli guarderà all'abbondanza dei miei doni,
e quando farò l'offerta al Dio altissimo
egli l'accetterà".
10Non mancar di fiducia nella tua preghiera
e non trascurare di fare elemosina.
11Non deridere un uomo dall'animo amareggiato,
poiché c'è chi umilia e innalza.
12Non fabbricare menzogne contro tuo fratello
e neppure qualcosa di simile contro l'amico.
13Non volere in nessun modo ricorrere alla menzogna,
perché le sue conseguenze non sono buone.
14Non parlar troppo nell'assemblea degli anziani
e non ripetere le parole della tua preghiera.
15Non disprezzare il lavoro faticoso,
neppure l'agricoltura creata dall'Altissimo.
16Non unirti alla moltitudine dei peccatori,
ricòrdati che la collera divina non tarderà.
17Umilia profondamente la tua anima,
perché castigo dell'empio sono fuoco e vermi.
18Non cambiare un amico per interesse,
né un fratello fedele per l'oro di Ofir.
19Non disdegnare una sposa saggia e buona,
poiché la sua bontà val più dell'oro.
20Non maltrattare uno schiavo che lavora fedelmente
né un mercenario che dà tutto se stesso.
21Ami l'anima tua un servo saggio
e non ricusargli la libertà.

22Hai bestiame? Abbine cura;
se ti è utile, resti in tuo possesso.
23Hai figli? Educali e sottomettili fin dalla giovinezza.
24Hai figlie? Vigila sui loro corpi
e non mostrare loro un volto troppo indulgente.
25Accasa una figlia e avrai compiuto un grande affare;
ma sposala a un uomo assennato.
26Hai una moglie secondo il tuo cuore? Non ripudiarla;
ma di quella odiata non fidarti.

27Onora tuo padre con tutto il cuore
e non dimenticare i dolori di tua madre.
28Ricorda che essi ti hanno generato;
che darai loro in cambio di quanto ti hanno dato?

29Temi con tutta l'anima il Signore
e riverisci i suoi sacerdoti.
30Ama con tutta la forza chi ti ha creato
e non trascurare i suoi ministri.
31Temi il Signore e onora il sacerdote,
consegna la sua parte, come ti è stato comandato:
primizie, sacrifici espiatori, offerta delle spalle,
vittima di santificazione e primizie delle cose sante.

32Al povero stendi la tua mano,
perché sia perfetta la tua benedizione.
33La tua generosità si estenda a ogni vivente
e al morto non negare la tua grazia.
34Non evitare coloro che piangono
e con gli afflitti mòstrati afflitto.
35Non indugiare a visitare un malato,
perché per questo sarai amato.
36In tutte le tue opere ricordati della tua fine
e non cadrai mai nel peccato.


Salmi 109

1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'

Dio della mia lode, non tacere,
2poiché contro di me si sono aperte
la bocca dell'empio e dell'uomo di frode;
parlano di me con lingua di menzogna.

3Mi investono con parole di odio,
mi combattono senza motivo.
4In cambio del mio amore mi muovono accuse,
mentre io sono in preghiera.
5Mi rendono male per bene
e odio in cambio di amore.

6Suscita un empio contro di lui
e un accusatore stia alla sua destra.
7Citato in giudizio, risulti colpevole
e il suo appello si risolva in condanna.
8Pochi siano i suoi giorni
e il suo posto l'occupi un altro.
9I suoi figli rimangano orfani
e vedova sua moglie.
10Vadano raminghi i suoi figli, mendicando,
siano espulsi dalle loro case in rovina.

11L'usuraio divori tutti i suoi averi
e gli estranei faccian preda del suo lavoro.
12Nessuno gli usi misericordia,
nessuno abbia pietà dei suoi orfani.
13La sua discendenza sia votata allo sterminio,
nella generazione che segue sia cancellato il suo nome.
14L'iniquità dei suoi padri sia ricordata al Signore,
il peccato di sua madre non sia mai cancellato.
15Siano davanti al Signore sempre
ed egli disperda dalla terra il loro ricordo.

16Perché ha rifiutato di usare misericordia
e ha perseguitato il misero e l'indigente,
per far morire chi è affranto di cuore.
17Ha amato la maledizione: ricada su di lui!
Non ha voluto la benedizione: da lui si allontani!
18Si è avvolto di maledizione come di un mantello:
è penetrata come acqua nel suo intimo
e come olio nelle sue ossa.

19Sia per lui come vestito che lo avvolge,
come cintura che sempre lo cinge.
20Sia questa da parte del Signore
la ricompensa per chi mi accusa,
per chi dice male contro la mia vita.

21Ma tu, Signore Dio,
agisci con me secondo il tuo nome:
salvami, perché buona è la tua grazia.
22Io sono povero e infelice
e il mio cuore è ferito nell'intimo.
23Scompaio come l'ombra che declina,
sono sbattuto come una locusta.
24Le mie ginocchia vacillano per il digiuno,
il mio corpo è scarno e deperisce.
25Sono diventato loro oggetto di scherno,
quando mi vedono scuotono il capo.

26Aiutami, Signore mio Dio,
salvami per il tuo amore.
27Sappiano che qui c'è la tua mano:
tu, Signore, tu hai fatto questo.
28Maledicano essi, ma tu benedicimi;
insorgano quelli e arrossiscano,
ma il tuo servo sia nella gioia.
29Sia coperto di infamia chi mi accusa
e sia avvolto di vergogna come d'un mantello.

30Alta risuoni sulle mie labbra la lode del Signore,
lo esalterò in una grande assemblea;
31poiché si è messo alla destra del povero
per salvare dai giudici la sua vita.


Geremia 7

1Questa è la parola che fu rivolta dal Signore a Geremia:2"Fermati alla porta del tempio del Signore e là pronunzia questo discorso dicendo: Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che attraversate queste porte per prostrarvi al Signore.3Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e io vi farò abitare in questo luogo.4Pertanto non confidate nelle parole menzognere di coloro che dicono: Tempio del Signore, tempio del Signore, tempio del Signore è questo!
5Poiché, se veramente emenderete la vostra condotta e le vostre azioni, se realmente pronunzierete giuste sentenze fra un uomo e il suo avversario;6se non opprimerete lo straniero, l'orfano e la vedova, se non spargerete il sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia altri dèi,7io vi farò abitare in questo luogo, nel paese che diedi ai vostri padri da lungo tempo e per sempre.8Ma voi confidate in parole false e ciò non vi gioverà:9rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate.10Poi venite e vi presentate alla mia presenza in questo tempio, che prende il nome da me, e dite: Siamo salvi! per poi compiere tutti questi abomini.11Forse è una spelonca di ladri ai vostri occhi questo tempio che prende il nome da me? Anch'io, ecco, vedo tutto questo. Parola del Signore.12Andate, dunque, nella mia dimora che era in Silo, dove avevo da principio posto il mio nome; considerate che cosa io ne ho fatto a causa della malvagità di Israele, mio popolo.13Ora, poiché avete compiuto tutte queste azioni - parola del Signore - e, quando vi ho parlato con premura e sempre, non mi avete ascoltato e, quando vi ho chiamato, non mi avete risposto,14io tratterò questo tempio che porta il mio nome e nel quale confidate e questo luogo che ho concesso a voi e ai vostri padri, come ho trattato Silo.
15Vi scaccerò davanti a me come ho scacciato tutti i vostri fratelli, tutta la discendenza di Èfraim.
16Tu poi, non pregare per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere né insistere presso di me, perché non ti ascolterò.17Non vedi che cosa fanno nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme?18I figli raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco e le donne impastano la farina per preparare focacce alla Regina del cielo; poi si compiono libazioni ad altri dèi per offendermi.19Ma forse costoro offendono me - oracolo del Signore - o non piuttosto se stessi a loro vergogna?".20Pertanto, dice il Signore Dio: "Ecco il mio furore, la mia ira si riversa su questo luogo, sugli uomini e sul bestiame, sugli alberi dei campi e sui frutti della terra e brucerà senza estinguersi".
21Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: "Aggiungete pure i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne!22In verità io non parlai né diedi comandi sull'olocausto e sul sacrificio ai vostri padri, quando li feci uscire dal paese d'Egitto.23Ma questo comandai loro: Ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; e camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici.24Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio; anzi procedettero secondo l'ostinazione del loro cuore malvagio e invece di voltarmi la faccia mi han voltato le spalle,25da quando i loro padri uscirono dal paese d'Egitto fino ad oggi. Io inviai a voi tutti i miei servitori, i profeti, con premura e sempre;26eppure essi non li ascoltarono e non prestarono orecchio. Resero dura la loro nuca, divennero peggiori dei loro padri.27Tu dirai loro tutte queste cose, ma essi non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno.28Allora dirai loro: Questo è il popolo che non ascolta la voce del Signore suo Dio né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.
29Taglia la tua chioma e gettala via
e intona sulle alture un canto lugubre,
perché il Signore ha rigettato e abbandonato
la generazione che è oggetto della sua ira.

30Perché i figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno posto i loro abomini nel tempio che prende il nome da me, per contaminarlo.31Hanno costruito l'altare di Tofet, nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le figlie, cosa che io non ho mai comandato e che non mi è mai venuta in mente.32Perciò verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn, ma valle della Strage. Allora si seppellirà in Tofet, perché non ci sarà altro luogo.33I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell'aria e alle bestie selvatiche e nessuno li scaccerà.34Io farò cessare nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme le grida di gioia e la voce dell'allegria, la voce dello sposo e della sposa, poiché il paese sarà ridotto un deserto".


Lettera ai Romani 14

1Accogliete tra voi chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni.2Uno crede di poter mangiare di tutto, l'altro invece, che è debole, mangia solo legumi.3Colui che mangia non disprezzi chi non mangia; chi non mangia, non giudichi male chi mangia, perché Dio lo ha accolto.4Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone; ma starà in piedi, perché il Signore ha il potere di farcelo stare.
5C'è chi distingue giorno da giorno, chi invece li giudica tutti uguali; ciascuno però cerchi di approfondire le sue convinzioni personali.6Chi si preoccupa del giorno, se ne preoccupa per il Signore; chi mangia, mangia per il Signore, dal momento che rende grazie a Dio; anche chi non mangia, se ne astiene per il Signore e rende grazie a Dio.7Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso,8perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore.9Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.
10Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio,11poiché sta scritto:

'Come è vero che io vivo, dice il Signore,
ogni ginocchio si piegherà davanti a me
e ogni lingua renderà gloria a Dio'.

12Quindi ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso.13Cessiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; pensate invece a non esser causa di inciampo o di scandalo al fratello.
14Io so, e ne sono persuaso nel Signore Gesù, che nulla è immondo in se stesso; ma se uno ritiene qualcosa come immondo, per lui è immondo.15Ora se per il tuo cibo il tuo fratello resta turbato, tu non ti comporti più secondo carità. Guardati perciò dal rovinare con il tuo cibo uno per il quale Cristo è morto!16Non divenga motivo di biasimo il bene di cui godete!17Il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo:18chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini.19Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole.20Non distruggere l'opera di Dio per una questione di cibo! Tutto è mondo, d'accordo; ma è male per un uomo mangiare dando scandalo.21Perciò è bene non mangiare carne, né bere vino, né altra cosa per la quale il tuo fratello possa scandalizzarsi.
22La fede che possiedi, conservala per te stesso davanti a Dio. Beato chi non si condanna per ciò che egli approva.23Ma chi è nel dubbio, mangiando si condanna, perché non agisce per fede; tutto quello, infatti, che non viene dalla fede è peccato.


Capitolo XII: La via maestra della Santa Croce

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1. Per molti è questa una parola dura: rinnega te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù (Mt 16,24; Lc 9,23). Ma sarà molto più duro sentire, alla fine, questa parola: "allontanatevi da me maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25,41). In verità coloro che ora accolgono volonterosamente la parola della croce non avranno timore di sentire, in quel momento, la condanna eterna. Ci sarà nel cielo questo segno della croce, quando il Signore verrà a giudicare. In quel momento si avvicineranno, con grande fiducia, a Cristo giudice tutti i servi della croce, quelli che in vita si conformarono al Crocefisso. Perché, dunque, hai paura di prendere la croce, che è la via per il regno? Nella croce è la salvezza; nella croce è la vita; nella croce è la difesa dal nemico; nella croce è il dono soprannaturale delle dolcezze del cielo; nella croce sta la forza delle mente e la letizia dello spirito; nella croce si assommano le virtù e si fa perfetta la santità. Soltanto nella croce si ha la salvezza dell'anima e la speranza della vita eterna. Prendi, dunque, la tua croce, e segui Gesù; così entrerai nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce (Gv 19,17) ed è morto in croce per te, affinché anche tu portassi la tua croce, e desiderassi di essere anche tu crocefisso. Infatti, se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagni anche nella gloria.  

2. Ecco, tutto dipende dalla croce, tutto è definito con la morte. La sola strada che porti alla vita e alla vera pace interiore, è quella della santa croce e della mortificazione quotidiana. Va' pure dove vuoi, cerca quel che ti piace, ma non troverai, di qua o di là, una strada più alta e più sicura della via della santa croce. Predisponi pure ed ordina ogni cosa, secondo il tuo piacimento e il tuo gusto; ma altro non troverai che dover sopportare qualcosa, o di buona o di cattiva voglia troverai cioè sempre la tua croce. Infatti, o sentirai qualche dolore nel corpo o soffrirai nell'anima qualche tribolazione interiore. Talvolta sarà Dio ad abbandonarti, talaltra sarà il prossimo a metterti a dura prova; di più, frequentemente, sarai tu di peso a te stesso. E non potrai trovare conforto e sollievo in alcuno modo; ma dovrai sopportare tutto ciò fino a che a Dio piacerà. Dio, infatti, vuole che tu impari a soffrire tribolazioni senza consolazione, e che ti sottometta interamente a lui, facendoti più umile per mezzo della sofferenza. Nessuno sente così profondamente la passione di Cristo, come colui al quale sia toccato di soffrire cose simili. La croce è, dunque, sempre pronta e ti aspetta dappertutto; dovunque tu corra non puoi sfuggirla, poiché, in qualsiasi luogo tu giunga, porti e trovi sempre te stesso. Volgiti verso l'alto o verso il basso, volgiti fuori o dentro di te, in ogni cosa troverai la croce. In ogni cosa devi saper soffrire, se vuoi avere la pace interiore e meritare il premio eterno.

3. Se porti la croce di buon animo, sarà essa a portarti e a condurti alla meta desiderata, dove ogni patimento avrà quella fine che quaggiù non può aversi in alcun modo. Se invece la croce tu la porti contro voglia, essa ti peserà; aggraverai te stesso, e tuttavia la dovrai portare, Se scansi una croce, ne troverai senza dubbio un'altra, e forse più grave. Credi forse di poter sfuggire a ciò che nessun mortale poté mai evitare? Quale santo stesse mai in questo mondo senza croce e senza tribolazione? Neppure Gesù Cristo, nostro signore, durante la sua vita, passò una sola ora senza il dolere della passione. "Era necessario - diceva - che il Cristo patisse, e risorgesse da morte per entrare nella sua gloria" (Lc 24,26 e 46). E perché mai tu vai cercando una via diversa da questa via maestra, che è quella della santa croce? Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio e tu cerchi per te riposo e gioia? Sbagli, sbagli se cerchi qualcosa d'altro, che non sia il patire tribolazioni; perché tutta questa vita mortale è piena di miseria e segnata tutt'intorno da croci. Spesso, quanto più uno sarà salito in alto progredendo spiritualmente, tanto più pesanti saranno le croci che troverà, giacché la sofferenza del suo esilio su questa terra aumenta insieme con l'amore di Dio.  

4. Tuttavia, costui, in mezzo a tante afflizioni, non manca di consolante sollievo, giacché, sopportando la sua croce, sente crescere in sé un frutto grandissimo; mentre si sottopone alla croce volontariamente, tutto il peso della tribolazione si trasforma in sicura fiducia di conforto divino. Quanto più la carne è prostrata da qualche afflizione, tanto più lo spirito si rafforza per la grazia interiore. Anzi, talvolta, per amore di conformarsi alla croce di Cristo, uno si rafforza talmente, nel desiderare tribolazioni e avversità, da non voler essere privato del dolore e dell'afflizione giacché si sente tanto più accetto a Dio quanto più numerosi e gravosi sono i mali che può sopportare Cristo. Non che ciò avvenga per forza umana, ma per la grazia di Cristo; la quale tanto può e tanto fa, nella nostra fragile carne, da farle affrontare ed amare con fervore di spirito ciò che, per natura, essa fugge e abortisce. Non è secondo la natura umana portare e amare la croce, castigare il corpo e ridurlo in schiavitù, fuggire gli onori, sopportare lietamente le ingiurie, disprezzare se stesso e desiderare di essere disprezzato; infine, soffrire avversità e patimenti, senza desiderare, in alcun modo, che le cose vadano bene quaggiù. Se guardi alle tue forze, non potresti far nulla di tutto questo. Ma se poni la tua fiducia in Dio, ti verrà forza dal cielo, e saranno sottomessi al tuo comando il mondo e la carne. E neppure avrai a temere il diavolo nemico, se sarai armato di fede e porterai per insegna la croce di Cristo. Disponiti dunque, da valoroso e fedele servo di Cristo, a portare virilmente la croce del tuo Signore, crocefisso per amor tuo. Preparati a dover sopportare molte avversità e molti inconvenienti, in questa misera vita. Così sarà infatti per te, dovunque tu sia; questo, in realtà, troverai, dovunque tu ti nasconda. Ed è una necessità che le cose stiano così. Non c'è rimedio o scappatoia dalla tribolazione, dal male o dal dolore, fuor di questo, che tu li sopporti. Se vuoi essere amico del Signore ed essergli compagno, bevi avidamente il suo calice. Quanto alle consolazioni, rimettiti a Dio: faccia lui, con queste, come meglio gli piacerà. Ma, da parte tua, disponiti a sopportare le tribolazioni, considerandole come le consolazioni più grandi; giacché "i patimenti di questa nostra vita terrena", anche se tu li dovessi, da solo, sopportare tutti, "non sono nulla a confronto della conquista della gloria futura" (Rm 8,18).  

5. Quando sarai giunto a questo punto, che la sofferenza ti sia dolce e saporosa per amore di Cristo, allora potrai dire di essere a posto, perché avrai trovato un paradiso in terra. Invece, fino a che il patire ti sia gravoso e tu cerchi di fuggirlo, non sarai a posto: ti terrà dietro dappertutto la serie delle tribolazioni. Ma le cose poi andranno subito meglio, e troverai pace, se ti sottoporrai a ciò che è inevitabile, e cioè a patire e a morire. Anche se tu fossi innalzato fino al terzo cielo, come Paolo, non saresti affatto sicuro, con ciò, di non dover sopportare alcuna contrarietà. "Io gli mostrerò - dice Gesù - quante cose egli debba patire per il mio nomo" (At 9,16). Dunque, se vuoi davvero amare il Signore e servirlo per sempre, soltanto il patire ti rimane. E magari tu fossi degno di soffrire qualcosa per il nome di Gesù! Quale grande gloria ne trarresti; quale esultanza ne avrebbero i santi; e quanto edificazione ne riceverebbero tutti! Saper patire è cosa che tutti esaltano a parole; sono pochi però quelli che vogliono patire davvero. Giustamente dovresti preferire di patire un poco per Cristo, dal momento che molti sopportano cose più gravose per il mondo.  

6. Sappi per certo di dover condurre una vita che muore; sappi che si progredisce nella vita in Dio quanto più si muore a se stessi. Nessuno infatti può comprendere le cose del cielo, se non si adatta a sopportare le avversità per Cristo. Nulla è più gradito a Dio, nulla è più utile per te, in questo mondo, che soffrire lietamente per Cristo. E se ti fosse dato di scegliere, dovresti preferire di sopportare le avversità per amore di Cristo, piuttosto che essere allietato da molte consolazioni; giacché saresti più simile a Cristo e più conforme a tutti i santi. Infatti, il nostro merito e il progresso della nostra condizione non consistono nelle frequenti soavi consolazioni, ma piuttosto nelle pesanti difficoltà e nelle tribolazioni da sopportare. Ché, se ci fosse qualcosa di meglio e di più utile per la salvezza degli uomini, Cristo ce lo avrebbe certamente indicato, con la parola e con l'esempio. Invece egli esortò apertamente i discepoli che stavano con lui, e tutti coloro che desideravano mettersi al suo seguito, dicendo: "Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24; Lc 9,23). Dunque, la conclusione finale, attentamente lette e meditate tutte queste cose, sia questa, "che per entrare nel regno di Dio, occorre passare attraverso molte tribolazioni" (At 14,22).


Contro la lettera di Parmeniano - libro primo

Contro la lettera di Parmeniano - Sant'Agostino di Ippona

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Risposta alla lettera di Parmeniano a Ticonio.

1. 1. Contro i Donatisti, in verità, ho già discusso a lungo altre volte, sia negli scritti che nei dibattiti, secondo le forze che il Signore mi dona. Ma ora mi capita tra le mani una lettera che Parmeniano, già loro vescovo, ha scritto a Ticonio, uomo di acuto ingegno e di ricca eloquenza, e tuttavia donatista, ritenendo che questi fosse in errore su un punto che egli è costretto ad ammettere come vero. Perciò ho deciso, avendomelo richiesto o, meglio, imposto i fratelli, di rispondere qui alla lettera di Parmeniano, soprattutto per via di alcune testimonianze delle Scritture, che egli non accetta come vanno accettate. Ticonio, infatti, colpito da ogni parte dalle voci provenienti dalle sante Lettere, si scosse, aprì gli occhi e vide la Chiesa di Dio diffusa in tutta la terra, come l'avevano prevista e predetta, tanto tempo prima, il cuore e le labbra dei santi. A questa vista, prese a dimostrare e a sostenere, contro i suoi stessi fratelli, questa tesi: Nessun peccato dell'uomo, per quanto scellerato e mostruoso, annulla le promesse di Dio; e nessuna empietà dei membri della Chiesa, quali che siano, può fare in modo che la fedeltà di Dio alla Chiesa futura, destinata a diffondersi sino ai confini della terra, fedeltà contenuta nelle promesse dei Padri e ora chiaramente manifestata, sia vanificata. Ora, Ticonio, pur discutendone con passione e facondia, e mettendo a tacere i suoi avversari con molte, importanti e chiare testimonianze delle sacre Scritture, non vide la conseguenza che avrebbe dovuto vedere, e cioè, che in Africa, i cristiani appartenenti alla Chiesa sparsa nel mondo, non erano quelli legati ai Donatisti, separati dall'unità e dalla comunione con lo stesso mondo, ma quelli uniti a questo stesso mondo mediante la comunione. Parmeniano e gli altri donatisti, invece, questa conseguenza la videro, ma preferirono assumere un atteggiamento molto ostile alla limpida verità, che Ticonio sosteneva anziché, ammettendola, essere superati dalle Chiese africane che godevano della comunione dell'unità, che Ticonio sosteneva, e dalla quale si erano separati. In un primo momento, Parmeniano, pensò, diciamo così, di correggerlo con una lettera; ma poi, a quanto si dice, Ticonio fu condannato anche da un loro concilio. Ora, a questa lettera che Parmeniano ha scritto a Ticonio per rimproverarlo di proclamare la Chiesa diffusa in tutto il mondo, e invitarlo a non cadere in questo ardire, noi abbiamo deciso di rispondere con questa opera.

Parmeniano non crede al testamento di Dio, ma ai colleghi.

2. 2. Pertanto, vediamo innanzitutto quale credibilità ha la tesi in cui egli sostiene che i Galli, gli Spagnoli, gli Italiani e i loro colleghi - termine col quale vuole certamente intendere il mondo - sono simili ai traditori africani nella pratica dei delitti e nella complicità dei crimini. In realtà, mentre Ticonio cita molte e importanti prove delle sacre Scritture, Parmeniano gli si rivolge senza prove, e pretende di essere creduto senza prove. Evidentemente lo invita a seguire il suo esempio: anche lui infatti ha creduto ad alcuni suoi colleghi vescovi che, contro tante Chiese stabilite sulla vasta superficie della terra, non hanno che parole. Ma può esserci qualcosa di più temerario di questa credulità? Parmeniano dice, infatti, che, incaricati di una ambasciata, alcuni vescovi, a suo dire testimoni molto degni di fede, si recarono in queste province; quindi, in occasione di un loro secondo viaggio, questi santissimi sacerdoti del Signore, come egli dice, resero chiaramente pubbliche, con maggior completezza e veridicità, le loro accuse. O uomo, che pensa di essere più credibile di Dio! Ticonio rievoca i tuoni del Testamento di Dio, stabilito nella promessa fatta ad Abramo, nella promessa a Isacco e nella promessa a Giacobbe, quando Dio attesta di essere il loro Dio, dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe: ecco il mio nome per sempre 1, e Parmeniano gli oppone i racconti dei suoi colleghi sacerdoti! Che cosa fu detto ad Abramo? Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni 2. E che fu detto ad Isacco? Anche nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra, perché il tuo padre Abramo ha ascoltato la mia voce 3. E a Giacobbe che fu detto? Ecco: Non temere. Io sono il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato, la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e popolerà la terra che si estende verso il mare, verso l'Africo, l'Aquilone e l'Oriente. In te e nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra 4. E perché non credano che qui si parla dei Giudei, l'Apostolo ci spieghi chi è la discendenza di Abramo, nella quale, come è stato detto, devono essere benedette tutte le nazioni. Egli dice: Le promesse sono state fatte ad Abramo e alla sua discendenza. Non dice la Scrittura: E ai discendenti, come se si trattasse di molti, ma: E alla tua discendenza, come se si trattasse di uno, cioè Cristo 5. È in Cristo dunque che tutte le nazioni riceveranno la benedizione: con tanta autorità è stato promesso, con tanta verità realizzato, ma lo contestano quelli che vogliono chiamarsi cristiani! Ma che cosa oppongono a questo testo? Ecco: " Incaricati di una ambasciata, alcuni testimoni molto degni di fede si recarono in queste province; quindi, durante un secondo viaggio di questi santissimi sacerdoti del Signore, il fatto è stato reso pubblico, chiaramente, con maggior completezza e veridicità ". Che cosa, di grazia, che cosa hanno reso pubblico questi testimoni degni di fede, che voi volete più credibili di Dio? Che per colpa dei traditori africani non è stato permesso alla discendenza di Abramo, cioè a Cristo, di giungere a tutte le nazioni? Anzi, che essa è scomparsa dov'era giunta? Dite pure che bisogna credere più ai vostri colleghi che al Testamento di Dio; ciò non ostante, vi gloriate di avere salvato dalle fiamme, il Testamento che cercate di distruggere con la lingua.

Impudenza dei Donatisti: Noi soli siamo cristiani.

2. 3. Scelga ciascuno ciò che vuole; ma se contro le folgori del cielo prevale il fumo di una menzogna terrena, lasciato il cielo, si disperda nei venti. Se infatti Parmeniano non fosse stato attaccato alla sua cattedra, avrebbe scelto di credere più alla Scrittura di Dio che ai suoi colleghi. Dio infatti dice a Giacobbe: Non ti abbandonerò finché non avrò fatto tutto ciò che ti ho detto 6. Quanto agli ambasciatori è certamente molto più attendibile che essi, già condannati con una giusta sentenza, non siano stati ammessi a fare comunione in quelle zone nelle quali Dio stava adempiendo le promesse fatte ai nostri padri e che quindi lanciarono queste accuse contro i santi sacerdoti di Dio, dai quali non avevano ottenuto d'essere ricevuti, per turbare con false dicerie, gli spiriti semplici della gente da loro ingannata, e separare temerariamente dalla pace universale gli spiriti ingenui sedotti dal loro nome orgoglioso. Che di più stolto di questa stoltezza, o meglio, follia? In tante nazioni della terra Dio ha in gran parte adempiuto, e sta adempiendo, finché le raggiunga veramente tutte, la sua promessa: Non ti abbandonerò finché non avrò fatto ciò che ti ho detto. I Donatisti invece credono a quanti annunziano che la promessa di Dio non si è adempiuta; anzi che la discendenza di Abramo, cioè Cristo, è scomparsa dalle regioni della terra, nelle quali si era già stabilita e le promesse di Dio sono state vanificate: e tutto ciò perché essi non sono stati ammessi alla comunione con coloro, presso i quali la promessa, ad avviso del mondo, si era già adempiuta. Eppure non si risponde loro: " Dio solo è verace, e ogni uomo è bugiardo 7. È dal vostro cuore che viene ciò che dite; chi infatti dice il falso, parla del suo 8. Voi dunque, in quanto uomini, mentite, perché, in quanto uomini, vi adirate ". No, non si risponde loro così, ma anzi si crede loro quando dicono che Cristo è scomparso dalla terra che già aveva iniziato a possedere e quanti lo credono, pur essendo impudenti nel dire: " Noi siamo cristiani ", osano anche affermare: " Noi soli lo siamo ".

La prova che il mondo è stato contaminato dai crimini.


3. 4. Secondo Parmeniano, " la prova che il mondo è stato contaminato dai delitti di tradimento e da altri sacrilegi sta nel fatto che molti delitti sono stati commessi al tempo della persecuzione, e tuttavia, in queste province, non è stata fatta in seguito nessuna separazione tra le popolazioni ". Come se non poté essere possibile che una parte dei malvagi sia rimasta nascosta e non sia stata accusata, per poter essere condannata senza alcuna temerarietà, e che una parte sia stata scoperta e condannata; ma poiché venivano accusati di fatti evidenti, abbiano smesso di turbare e dividere le Chiese. È quindi possibile che alcuni non siano stati accusati. In questo caso allora alcuni crimini incerti siano stati rimessi al giudizio di Dio in compenso di una pace certa, altri, invece, scoperti e provati, abbiano ricevuta una condanna così dura da non rendere possibile a nessun condannato di ingannare la gente, simulando la propria innocenza, e non rompere mai il vincolo dell'unità. Neppure nell'Africa, ci sarebbe questo grave male dello scisma, se non fosse prevalsa la fazione degli inventori di falsità, anziché la ragione dei sostenitori della verità.

Condanna di Ceciliano per dei semplici sospetti.

3. 5. Quanti lo desiderano, leggano i racconti, del vescovo della comunione cattolica, Ottato di Milevi, di venerabile memoria, racconti molto convincenti e documentati. Vi si parla di Lucilla, all'epoca donna ricchissima e molto intrigante, che san Ceciliano, ancora diacono, aveva offeso per difendere la disciplina della Chiesa, e degli altri componenti della sua fazione. Dei ladri del tesoro della Chiesa, e di quelli che si lamentavano per non essere giunti all'episcopato e perseguitavano con ogni insidia Ceciliano, preferito a loro. Vi si parla dei Vescovi della Numidia, convocati da questa fazione per rovinare Ceciliano, deporlo e al suo posto ordinarne un altro. Costoro, venendo con il loro primate, all'epoca Secondo di Tigisi, e con altri vescovi, ai quali proprio Secondo, pur di favorire la pace, aveva condonato i crimini della consegna dei Libri sacri, da loro stessi confessati, come attestano gli Atti ecclesiastici, mentre Ceciliano era assente, senza concedere una proroga per fare indagini più accurate e senza lasciare spazio alla difesa, decisero che egli era un traditore, danneggiando, così, un uomo assente, per un crimine di tradimento soltanto rinfacciato, mentre essi si erano reciprocamente condonati i crimini ammessi alla loro stessa presenza. E così, di contro a un vescovo ancora in cattedra, con il quale tutto il mondo cristiano, nelle regioni d'oltremare e più lontane, e nelle stesse Chiese africane più importanti e più ferme contro siffatti inganni, era in comunione, ordinarono un nuovo vescovo. Con questo gesto, essi cercavano di contestare le promesse di Dio, impedire che tutte le nazioni fossero benedette nella discendenza, e dire che i traditori africani avevano contaminato anche le zone del mondo che di Ceciliano o non avevano sentito neppure il nome; o al contrario che ne avevano certamente sentito parlare come di un innocente, qualunque fosse la sua vita, nella quale però i Donatisti non riuscirono a provare nessun crimine. Inoltre, anche contro il mondo che dichiara: " Quello che tu rinfacci ai tuoi cittadini, io non l'ho potuto conoscere, e non dovevo condannare ciò che ignoravo ", essi citano il testo dell'Apostolo: Non solo quelli che fanno queste cose, ma anche quelli che sono d'accordo con quanti le fanno 9. In realtà, sarebbe stato poco condannare tante e grandi nazioni cristiane, senza ascoltarle, se non avessero osato citare anche contro lo stesso Apostolo un testo certamente suo, ma che non riflette il suo pensiero! In realtà se è andare d'accordo con i malvagi, convivere con loro nella Chiesa, anche Paolo andava d'accordo con i falsi fratelli 10, tra i quali dichiarava di essere in pericolo e ai quali permette di predicare il Vangelo, pur sapendo che lo predicavano senza retta intenzione, ma per invidia e senza carità 11. Se invece andare d'accordo con quanti fanno il male non significa altro che approvare e lodare le loro cattive azioni, allora il mondo, sull'esempio dell'Apostolo, non avrebbe approvato i crimini degli africani, anche se, venendoli a conoscere, li avesse tollerati per la pace della Chiesa. Comunque che il mondo li abbia conosciuti, i Donatisti non lo provano, anche se riuscissero a provarne la verità.

Credere piú alle promesse di Dio che ai Donatisti.

4. 6. È quindi infondata l'affermazione di Parmeniano, secondo la quale i traditori condannati in Africa, furono accolti dalle province d'oltremare nella comunione di santità. Questo proprio non dobbiamo crederlo, se no condanniamo con audacia sacrilega e sulla base di una falsa accusa, il mondo fondato sull'unità di Cristo, anziché amarlo sulla base della verace promessa di Dio. Che è più credibile, infatti, la parola di Dio: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni 12, o le parole dei Donatisti: " Nella discendenza dei traditori africani, sono maledette tutte le nazioni "? Ma così non conterebbe di più ciò che ha commesso la malvagità di ciò che ha promesso la verità? Allora, non è preferibile credere che quanti vennero accolti nella comunione dalle province d'oltremare, o erano innocenti, e quindi non poterono essere oppressi dai loro calunniatori - e molti documenti fanno ritenere più attendibile questa versione - o che, non potendone dimostrare la malvagità, anche se c'era, siano stati creduti innocenti e accolti, senza che chi li accoglieva abbia contratto alcun contagio? Ma c'è di più. Quand'anche per colpa di cattivi fratelli, come quelli che l'Apostolo sopportò nell'unità della Chiesa, e quelli che il martire Cipriano lamenta nella lettera sui Lapsi 13; quand'anche, ripeto, per colpa di simili fratelli, presenti anche nell'ordine dei giudici, si fosse reso impossibile, con qualche disonestà, individuare e cacciare i traditori, e il mondo cristiano fosse stato ingannato dalla loro finta innocenza, questo non avrebbe assolutamente perso la sua innocenza.

Ciò che dicono di Ossio va provato.

4. 7. Quanto poi alle sue affermazioni su Ossio di Cordova, già vescovo cattolico, dobbiamo pretendere che ci provino non solo che egli era tale e quale essi lo dipingono, ma che questa sua identità era ben nota anche a coloro con i quali, come essi sostengono, Ossio era in comunione. Se non lo provano, infatti, non ha senso dire che essi sapevano chi fosse. E poiché egli non poté nuocere a quanti non lo conoscevano, i Donatisti, separandosi da questi innocenti, non possono, proprio per la sacrilega iniquità della separazione, essere innocenti. In realtà, la versione più credibile è questa -sempre che Ossio, condannato dagli Spagnoli, sia stato assolto dai Galli -. È possibile che gli Spagnoli, raggirati con false accuse, ingannati e presi astutamente in trappola, abbiano emessa una sentenza contro un innocente, ma che in seguito abbiano pacificamente aderito alla sentenza dei loro colleghi, che ne avevano provato l'innocenza. Essi temevano, infatti, che, per difendere con tenace e accanita perversità i loro precedenti giudizi, accecati dall'empietà, potessero precipitare nel sacrilegio dello scisma, superiore a tutti i crimini. È così che hanno fatto i miseri Donatisti che, neppure dopo essersi divisi e spezzettati tante volte, capiscono ciò che hanno fatto.

Perché i Donatisti sono inguaribili.

4. 8. Così rivelano chiaramente perché sono diventati inguaribili: essi temono, evidentemente, di essere costretti a condannare il precedente e avventato giudizio, espresso contro Ceciliano assente, se, per rispetto della verità e della pace, si adeguassero al giudizio d'oltremare, in cui vennero vinti da Ceciliano presente. Ma sarebbe maggiore la vittoria che riporterebbero, dominando, almeno dopo il giudizio, l'umano risentimento, che se avessero vinto quest'uomo in giudizio! Infatti la vittoria più sublime, e più completa anche del più completo trionfo, è quella che si ottiene non solo su un uomo, ma su una intera città, come dice la Scrittura: È meglio vincere l'ira, che conquistare una città 14. Ora, essi desideravano vincere un uomo, ma l'ira li vinceva; e poiché non riuscirono a vincere l'uomo, furono vinti e dall'uomo e dall'ira. Dall'uomo, perché furono vinti nel giudizio, dall'ira, perché, neppure vinti, si sono acquietati, visto che, con spirito pieno di malvagità, leggono o ascoltano le parole dell'Apostolo: Se poi quello che io ho demolito, lo ricostruisco di nuovo, io stesso mi dichiaro prevaricatore 15. Certo, se anche l'Apostolo queste parole le avesse intese con spirito tanto perverso, non sarebbe diventato né cristiano e né Apostolo; e né da predicatore, avrebbe edificato le Chiese, che prima da persecutore, distruggeva. In nessun caso, quindi, i Donatisti hanno rivelato con tanta chiarezza il motivo per cui, neppure sconfitti, hanno voluto correggersi, come nell'odio verso gli Spagnoli che, dopo avere espresso giudizi differenti, si sono rimessi alla successiva discussione e al giudizio dei colleghi. Infatti, come questo atteggiamento è frutto della docilità cristiana, così quello della ostinazione diabolica. Perciò non c'è da meravigliarsi che da quella umiltà la pace è stata custodita, e da quella arroganza, distrutta. Inoltre, ad essi viene giustamente restituito quello che hanno fatto, poiché essi hanno insegnato questo metodo ai posteri. In effetti, anche i Massimianisti, per rifiutarsi di cedere al concilio dei loro trecentodieci colleghi che avevano giudicato innocente Primiano, precedentemente da loro stessi condannato , nella loro disperata ostinazione non trovarono altro argomento da opporre agli ignoranti che questo detto dell'Apostolo: Se poi quello che ho demolito, io lo ricostruisco, mi dichiaro io stesso prevaricatore. Cento colleghi, avevano distrutto Primiano, ed essi non vollero ricostruirlo con trecento. Così, mentre fingono di stare attenti a non ricostruire un uomo da loro distrutto, con un sacrilegio più grande hanno distrutto se stessi in un altro scisma.

Se Parmeniano vivesse sarebbe piú cauto nelle accuse.

4. 9. E tuttavia, se vivesse, Parmeniano non oserebbe più rimproverare gli Spagnoli e né chiamarli prevaricatori, per aver adeguato il loro giudizio al giudizio dei colleghi, proprio per non offendere i suoi colleghi, molti dei quali, dopo avere condannato Primiano, ravvedutisi, passarono al concilio dei trecento; preferendo schierarsi contro i loro affrettati giudizi che contro la pace dell'unità, sia pure nel partito di Donato. E Parmeniano avrebbe rispetto soprattutto per Pretestato di Assuri e Feliciano di Musti che, sebbene condannati da trecentodieci Vescovi, loro colleghi, per amore della concordia ritornarono da quelli stessi che li avevano condannati; e, per il bene della pace furono accolti dai loro condannatori con lo stesso amore, senza alcun danno alla loro dignità. Nessuno tuttavia pensò di ribattezzare quelli che essi avevano battezzato fuori, nello scisma. Oppure Parmeniano, che non apprezza molto quelli che rivedono i loro giudizi e che, fraintendendo l'Apostolo, chiama prevaricatori, detesterebbe questi due per aver deciso di tornare dentro, anziché di restare fuori? Oppure insieme con alcuni di questi compagni, creerebbe anche i parmenianisti, come già sono sorti molti rami da questo grande tronco in tutta l'Africa? È così, è fatale che sia così: divisi e ridotti in frammenti scompaiono quanti hanno preferito l'orgoglio della loro animosità al vincolo santissimo della pace cattolica. In realtà non bisogna tanto temere le accuse di Parmeniano, quanto esaminarne le ammissioni.

I Donatisti non risparmiano nessuna regione del mondo.

5. 10. Egli, dopo aver detto che lo spagnolo Ossio aveva aiutato Ceciliano per costringere una moltitudine di santi e di puri ad entrare nella loro comunione, ma che la fede dei servi di Dio era rimasta integra di fronte a questa empietà, ammette, più in là, che i suoi stessi amici erano andati anche da Costantino, il quale, con il suo arbitrato, affidò la causa all'esame dei vescovi giudici, presieduti da Milziade, Vescovo di Roma. Ma dato che in questo giudizio, come attestano gli Atti ecclesiastici, i Donatisti furono vinti e Ceciliano fu trovato innocente, ecco che accusano di tradimento lo stesso Milziade. Ora io domando: quando l'hanno saputo? Prima del giudizio? Allora non avrebbero dovuto danneggiarsi, mettendosi a trattare la loro causa presso un tale giudice e sottoporsi, sia pure per ordine dell'Imperatore, da essi stessi avvicinato, al giudizio di un simile tribunale. Se invece dicono che è stato solo dopo l'indizione della causa e l'emissione della sentenza che hanno appreso che Milziade era un traditore, possibile che la gente è sciocca fino a tal punto da credere a dei litiganti vinti e schierarsi contro i giudici che li hanno vinti? Eppure, in tutta questa vicenda essi accusano, con grande temerarietà, gli Italiani, gli Spagnoli e i Galli, trascurando tutte le altre province e nazioni dalle quali si sono separati con un nefando sacrilegio, e alle quali non potevano certamente nuocere i crimini degli Italiani, degli Spagnoli e dei Galli, quand'anche accertati. In realtà, essi, accecati dal capriccio o meglio dalla rabbia, accusano tutte le altre terre e sono adirati contro di loro perché, pur essendovi in Africa due partiti: uno dei traditori, dicono, e l'altro degli innocenti, hanno preferito sentirsi uniti ai traditori che agli innocenti. Accusa sciocca che si confuta con pochissime e chiarissime parole. In effetti queste terre, pur avendo sentito che in Africa c'erano due partiti, uno di traditori e un altro di innocenti, credettero innocente quello che aveva vinto la sua causa presso i giudici ecclesiastici vicini. Restarono quindi sempre innocenti quelli che, pur non conoscendo l'andamento dei fatti in Africa, credettero ciò che con spirito religioso e pacifico avrebbero dovuto credere. Quindi la separazione da questi innocenti non poté essere un fatto assolutamente innocente.

Incontro ad Arles tra i giudici e le parti in causa.

6. 11. Parmeniano ammette anche che ad Arles si incontrarono i vescovi giudici e i partiti dell'Africa, ossia Ceciliano e i Donatisti. Qui egli si fidò pienamente dei suoi, i quali, sconfitti, non poterono far altro che lagnarsi dei giudici. Egli però non nega che essi erano ritornati da Costantino; e poiché anche in questo caso erano stati vinti con giudizio definitivo, accusa anche lui di corruzione e di favoritismo. Ora, alla luce di tutti questi fatti, chi giudica senza parzialità scelga a chi credere: se ai giudici, che hanno emesso le sentenze, o ai litiganti, contro i quali sono state emesse, che si rifiutavano di porre fine alla contesa. Senza dubbio il mondo ha creduto ai giudici. Quanti invece sono dalla parte dei Donatisti e li difendono, riconoscono di credere a quelli che, in tante discussioni d'oltremare, non sono riusciti a vincere la loro causa, quale che fosse, e che, con ingenua credulità, accettano le lagnanze e le accuse contro i giudici. Ora, se in questa faccenda, essi si dichiarano innocenti e si rifiutano di credere, alla leggera, che quelli che sono stati vinti, li ha vinti la verità, a maggior ragione sono innocenti quelli che si rifiutano di credere, alla leggera, qualche male degli stessi giudici di cui i vinti inevitabilmente si lamentano! In effetti, non solo chi ha perso una causa giusta deplora l'iniquità, la lentezza e la negligenza del giudice, ma anche chi ha ricevuto una giusta condanna mormora del giudice innocente, con la stessa cecità con cui litigava con l'avversario innocente. I Donatisti, quindi, non sono scellerati perché non vogliono credere niente, alla leggera, dei vinti, ma perché, con il furore di uno scisma, si sono separati da quei innocenti, che non vogliono credere nulla di male dei giudici e che hanno molte più ragione a non farlo.

Personificazione della Chiesa di Filadelfia.

7. 12. Sorga dunque una Chiesa di quelle regioni: quella che per il nome di Cristo è la più nobile tra le sette e, se vi piace, in particolare Filadelfia 16, che nel suo nome simbolico, annuncia, nella lingua greca, la carità fraterna. Ascoltiamone dunque la voce; e non parli la sua paglia, ma il suo frumento. Supponiamo, che essa dica ai Donatisti: " Che avete contro di me, fratelli? Di che mi accusate? Quanto io sia lontana dall'Africa in termini di spazio, voi avete potuto in parte saperlo e in parte sentirlo. Ciò che allora vi hanno fatto o i traditori o gli accusatori e i condannatori dei traditori, o i calunniatori e gli oppressori degli innocenti, lo ignoro totalmente. Ma il nostro Signore, che ha acquistato il mondo a prezzo del suo sangue, e il cui santo acquisto il profeta ha celebrato tanto tempo prima, dicendo: Hanno trapassato le mie mani e i piedi, hanno contato tutte le mie ossa. Mi hanno guardato e considerato, hanno diviso tra loro le mie vesti e hanno tirato a sorte la mia veste 17, tra noi e voi, non ha costituito spazi vuoti e privi di cristiani, ma li ha riempiti tutti di gente santificata dal suo nome. Nello stesso salmo di passione, infatti, è stato dichiarato non solo il prezzo pagato, ma anche la quantità acquistata. Infatti, poco dopo vi si dice: Si ricorderanno e si convertiranno al Signore dell'universo, tutti i confini della terra e si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie delle nazioni, poiché suo è il regno ed egli dominerà le nazioni 18. Della vostra questione, quindi, forse sarei obbligata a occuparmi solo se fossi vicina o molto lontana, e se tra noi e voi non abitassero altri cristiani, segnati dallo stesso nome e dalla pace della stessa unità. Senonché tra noi e voi si trovano molte famiglie di nazioni, acquistate insieme a me col sangue di colui, al cui cospetto si prostrano tutte insieme a me. È per il loro tramite che mi è giunta notizia di voi; e sono esse che, per la vicinanza, avrebbero potuto esaminare la vostra causa. Se questo non è stato fatto, voi siete stati negligenti; se infatti non foste stati trascurati dagli altri, non verreste fino a noi. Ma se c'è stato un giudizio, scusatemi: io non oso credere con leggerezza a voi sconfitti e condannare con altrettanta leggerezza i vostri giudici. Un'altra cosa, poi, mi colpisce profondamente: se voi, benché innocenti, foste stati oppressi, amereste almeno noi fratelli che non vi abbiamo fatto nessun danno. Invece voi, malgrado che noi sappiamo che la vostra causa, a norma del legittimo diritto ecclesiastico, è stata affidata ai vostri vicini, che sanno, davanti a Dio, come hanno giudicato, cercate tuttavia di lacerarci con calunnie e di perseguitarci con odi crudeli e, come se per colpa vostra Cristo ha perso la sua eredità presso di noi, cercate anche di ribattezzarci. Dunque, cosa di buono possiamo pensare della vostra causa? In realtà voi, non esitando, per dei sospetti temerari, a condannare i vostri fratelli molto lontani, mostrate come abbiano avuto ragione i vostri vicini a condannarvi. Del resto, perché io non dovrei credere che abbia fatto bene un giudice vicino a condannarlo, dopo averlo ascoltato, colui che non esita a condannare me, suo fratello tanto lontano, senza avermi ascoltato? Colui che mi accusa di questo grandissimo delitto: che non potendo essere presente in tribunale, ho preferito credere ai giudici presso i quali la causa fu inoltrata, che ai litiganti? Ma se io non avessi preferito credere ai giudici, anche nel caso che i vinti fossero stati innocenti, non avrei potuto essere io innocente. Ci faremmo complici di un grande delitto, se, non potendo scrutare il cuore degli uomini, non osservassimo neppure la disciplina ecclesiastica, rifiutandoci di credere a dei giudici, oltre i quali la causa non poté andare e tramite i quali la notizia poté giungere a noi. Ebbene, tu che ti sei separato da questi innocenti con empia rottura, ti consideri ancora innocente? Se veramente lo fossi, vedendo nelle sante Scritture che la messe del tuo Signore non si può separare dalla zizzania e dalla paglia prima della cernita e della vagliatura finali, preferiresti di gran lunga essere forte nel sopportare i cattivi che empio nell'abbandonare i buoni ". Quante Chiese sparse nel mondo potrebbero far proprio questo giustissimo discorso, che io ho posto sulla bocca della Chiesa di Filadelfia!

Non ogni punizione data dagli Imperatori crea i martiri.

8. 13. Viceversa Parmeniano osa anche lagnarsi che Costantino ordinò di condurre al campo, cioè al supplizio, quelli che, vinti davanti ai giudici ecclesiastici, non riuscirono a provare le loro accuse neppure davanti a lui, e erano ancora mossi da un sacrilego furore contro i membri della santa Chiesa. Lo accusa di avere ordinato questo supplizio quasi disumano, dietro suggerimento dello spagnolo Ossio: come è suo solito, è evidente, egli condanna senza avere ascoltato e solo in base a dei sospetti. Come se non si può credere, e sarebbe più naturale e più verosimile che, in seguito ai suggerimenti dati da Ossio, in quanto Vescovo, l'Imperatore abbia modificato la sentenza contro un crimine, il sacrilegio dello scisma, che pure è mostruoso, in una pena più mite. In realtà, quale ingiustizia subiscono i Donatisti, quando dal supremo tribunale di Dio, che lo presiede e che con questi flagelli li ammonisce a guardarsi dal fuoco eterno, ricevono dei castighi e per colpa dei loro crimini e per ordine delle autorità?. Via, dimostrino, prima, di non essere eretici o scismatici, e solo allora, se subiscono dei castighi gridino giustamente che non sono meritati; solo allora, quando sopportano tali castighi, osino dirsi martiri della verità. Diversamente, se basta essere puniti dall'Imperatore o dai giudici suoi inviati, per essere martiri, tutte le carceri sono gremite di martiri, tutte le catene giudiziarie trascinano martiri, in tutte le miniere vi sono dei martiri tormentati, in tutte le isole si deportano martiri, in tutti gli istituti di pena la spada della legge colpisce dei martiri, e martiri sono tutti coloro che vengono gettati alle belve o bruciati vivi sul rogo per ordine dei giudici. Ma se, come dice l'Apostolo: Non c'è autorità se non da Dio, ed essa è ministro della vendetta divina verso chi compie il male: non a caso egli porta la spada. Vuoi non temere l'autorità? Fa' il bene e ne avrai lode 19. In verità, un uomo buono che soffre, trae lode dal potere che lo fa soffrire; quanto al cattivo, le pene che merita per la sua ingiustizia, non le imputi alla crudeltà del potere.

I Donatisti non ricevono le pene che meritano.

8. 14. E tuttavia quale castigo i Donatisti ricevono adeguato ai loro crimini? Vero è che molta gente non ha il cuore nel petto, ma negli occhi. Così, se sprizza sangue da un corpo mortale, chi guarda inorridisce; se le anime, staccate e separate dalla pace di Cristo, muoiono nel sacrilegio dello scisma o dell'eresia, nessuno piange perché non si vede niente; anzi questa morte, più tetra, più luttuosa e, a dirla chiaramente, più vera per la forza della consuetudine è perfino oggetto di derisione, visto che gli autori di tante morti si abbandonano pubblicamente ad insulti e non si degnano neppure di aprire un discorso con noi per chiarire la verità. Se poi subiscono qualche fastidio temporale per un ordine chiarissimo e giustissimo delle autorità, nonostante che essi, con le bande private dei loro furiosi circoncellioni, ogni giorno e dappertutto commettano azioni molto più gravi, al di fuori di ogni legge ecclesiastica e civile, chiamano noi persecutori dei corpi, ma non chiamano se stessi uccisori di anime, anche se si prendono l'arbitrio di non rispettare neppure i corpi. Ma poiché per via della cristiana mitezza è punito molto più severamente cavare un occhio in una lite, che accecare lo spirito in uno scisma, continuano a predicare e parlare contro di noi, ma non parlano con noi; e benché la verità li costringa a stare zitti, l'iniquità non li lascia tacere.

Diversamente, si potrebbero considerare martiri anche i demoni perseguitati.

9. 15. O forse in materia di religione non hanno diritto di intervenire l'Imperatore o i suoi inviati?. Perché, allora, i vostri ambasciatori si recarono dall'Imperatore? Perché lo fecero giudice della loro causa, se erano intenzionati a non accettarne il giudizio? Ma dove mirano questi discorsi? E che? Anche se ottengono che non spetta all'Imperatore stabilire delle pene contro i sostenitori di false opinioni religiose, tuttavia, se lo fa e li punisce, saranno martiri? Ma così questo titolo si allargherà a tutti gli eretici, contro i quali il segreto potere di Dio ha stabilito, tramite il manifesto potere degli uomini, molte e severissime pene coercitive, e non solo agli eretici, in qualunque modo imbiancati almeno del nome cristiano, ma anche agli stessi pagani. In verità sono anch'essi empi a causa della loro falsa religione; e recenti leggi hanno ordinato di distruggere e demolire i loro idoli, e di impedire, pena la morte, i loro sacrifici. Se quindi uno di loro è condannato per tale crimine, lo si deve ritenere martire perché è stato punito dalle leggi a causa di una superstizione che egli riteneva una santa religione? Nessuno, certo, quale che sia il suo modo di essere cristiano, oserebbe dirlo. Dunque, non chiunque è punito dall'Imperatore per una questione di religione è reso martire. Ma non si accorgono i difensori di queste idee, di essersi spinti così avanti da sostenere che i demoni stessi possono rivendicare per sé la gloria dei martiri, visto che da parte degli Imperatori cristiani, subiscono una tale persecuzione, che in quasi tutto il mondo si distruggono i loro templi, si fanno a pezzi i loro idoli, si proibiscono i loro sacrifici? E che quanti li onorano, appena sono presi, vengono puniti? Ma se dire questo è veramente da pazzi, ne consegue che non è dalla sofferenza che nasce la vera giustizia, ma è dalla giustizia che la sofferenza viene resa gloriosa. Ecco perché il Signore, per evitare che, su questa questione, qualcuno annebbiasse le idee ai semplici e potesse ricercare la gloria dei martiri, nella condanna dei propri errori, non ha detto, genericamente: " Beati coloro che soffrono persecuzioni ", ma ha aggiunto una grande differenza per distinguere la vera pietà dal sacrilegio. Ha detto infatti: Beati quelli che soffrono persecuzioni a causa della giustizia 20. Ora, non è assolutamente per la giustizia che soffrono quelli che hanno diviso la Chiesa di Cristo e che, quando cercano di separarla con finta giustizia dalla paglia prima del tempo e ne perseguitano il suo grano con false accuse, sono stati separati essi, piuttosto, come pula leggerissima, dai venti variabili delle opinioni. " Ma questo non l'abbiamo fatto ", dicono. Ed allora, prima, pensino a liberarsi da questa questione e poi a osare, se subiscono molestie e castighi dagli Imperatori cristiani, o cessare di lamentarsi o accettarle con vanto. Ma sulla questione dello scisma, se pure non dicessi altro, basterebbe quanto ho detto sopra.

Non spetta agli Imperatori reprimere gli scismi.

10. 16. Oppure diranno che, se anche dimostriamo loro di essere in uno scisma sacrilego, e che, se per questa follia non diventano martiri, non spetta comunque agli Imperatori reprimere e punire gli errori? Ma con questo che intendono dire? Che di una religione corrotta e falsa le autorità non si debbono occupare? Ma noi abbiamo già detto molto dei pagani, e perfino dei demoni, visto che subiscono tante persecuzioni da parte degli Imperatori. O non piace neppure questo? Perché allora, i Donatisti distruggono dove possono i loro templi, e non cessano di fare tali azioni con la furia dei loro circoncellioni o di rivendicarle? O è più giusta la violenza privata che la vigilanza imperiale? Ma di questo non parlo. Io chiedo: visto che l'Apostolo elenca le ben note opere della carne: fornicazione, impurità, lussuria, idolatria, stregonerie, inimicizie, contese, discordie, gelosie, dissensi, divisioni, invidie, ubriachezze, orge, e cose simili 21, che ne pensano i Donatisti, che ritengono giusto che gli Imperatori puniscano il delitto di idolatria? Se poi non vogliono neppure questo, perché ammettono che è giusto esercitare la durezza delle leggi contro le stregonerie, mentre contro gli eretici e gli empi scismi non vogliono ammetterla, malgrado l'autorità dell'Apostolo li annoveri tra i frutti dell'iniquità? Oppure non permettono neanche che le autorità della istituzione umana si curino di questi frutti? Perché allora porta la spada colui che è chiamato ministro di Dio e vindice della sua ira verso i malfattori 22? A meno che, come alcuni di loro, del tutto ignoranti, sono soliti intendere, in questo testo si parli degli onori ecclesiastici, e che quindi si deve intendere, per spada, la vendetta spirituale che opera la scomunica, malgrado l'Apostolo, molto previdente, spieghi bene di che parla, nel contesto seguente. Egli infatti aggiunge: Per questo, voi pagate i tributi; e subito dopo: Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto il rispetto 23. Altro non resta ormai con tutte le loro discussioni, che proibire ai cristiani di pagare i tributi, benché il Signore, in risposta ai Farisei che erano di questa opinione e che i Donatisti imitano, osservata la moneta, disse: Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio 24. In verità, essi sono disobbedienti ed empi in entrambi i precetti: non rendono a Dio l'amore cristiano e ai re il timore umano. Sono talmente ciechi e insensati che, dopo aver cacciato dalle basiliche i loro scismatici massimianisti con l'aiuto delle autorità inviate dagli Imperatori cattolici, e averli costretti a cederle con la grande forza delle leggi e dei soldati, accusano la Cattolica se i principi cattolici ordinano qualcosa di simile a suo favore. Quanto poi ai Massimianisti, prima di diventare Massimianisti, cioè, quando ancora erano uniti in un'unica comunità di Donatisti, ricordino a quante crudeltà e a quante sevizie hanno sottoposto Rogato il Mauro, mediante il re barbaro Firmo ! Perciò stiano zitti e non osino recriminare se ricevono analoghi castighi o dai Primianisti per via del loro scisma o coi Primianisti per via dello scisma dei Donatisti. E non certo per la santa religione, ma per la loro sacrilega animosità.

Le persecuzioni fatte dai Donatisti sono molto piú dure.

11. 17. Forse i Donatisti dicono di avere ricevuto dagli Imperatori cattolici, castighi più duri di quelli inflitti da essi, ai Rogatisti, tramite i re barbari, e ai Massimianisti, tramite i giudici inviati dagli Imperatori cattolici; oppure di quelli che infliggono con la furia dei circoncellioni a quanti possono. Come se la questione fosse questa: se sono più severe le pene subite che quelle inflitte. Questo proprio non lo ammetto. In verità, si contano molte più loro azioni davvero crudeli e feroci, o meglio, non si possono contare. Quand'anche fossero poche o facessero soffrire di meno i loro destinatari, sarebbero certamente più crudeli, proprio perché non vengono da un ordine delle autorità regolari, ma sono frutto di furori irregolari. A ben vedere, tuttavia, non sono poi tante le azioni criminose che essi hanno compiute contro i Massimianisti, tramite i giudici della costituzione umana. Tra queste includano, se vogliono, anche quelle compiute da loro, tramite il barbaro Firmo, per perseguitare Rogato il Mauro; e sebbene questi sia un nemico spietato dei Romani, lo annoverino tra le autorità legittime. Comunque non sono così numerose come quelle che essi compiono ogni giorno per mezzo di bande scatenate di giovani ubriachi, capeggiati dai loro uomini che, prima, erano armati solo di bastoni, ora invece hanno incominciato ad armarsi anche di ferri. Questi, con il nome assai noto di circoncellioni, girano e infieriscono in tutta l'Africa, operando contro ogni legalità e autorità. E quando i loro delitti vengono riferiti ai Donatisti, questi o fingono di non conoscere tale razza di uomini, o sostengono, con grande spudoratezza e contro la convinzione generale, che essi non hanno niente a che fare con loro. E non ascoltano neppure la voce del mondo, che, con molta più credibilità e verità, afferma di non sapere ciò che è stato fatto in Africa, sia dal partito di Donato che contro il partito di Donato. Sì, con molta più credibilità e verità, visto che ai vescovi donatisti, residenti in Africa, è permesso o di non conoscere i fatti dei circoncellioni donatisti o di dire che non li riguardano.

È lecito punire scismi ed eresie.

11. 18. Ma, come stavo dicendo, ora non cerchiamo di sapere se i castighi che subiscono sono più duri di quelli che infliggono, ma se è permesso comportarsi così contro gli eretici e gli scismatici. Se dicono che non è permesso, perché essi lo fanno? Se invece dicono che è permesso, e dimostrano - ma non possono assolutamente farlo - che i castighi ricevuti dagli Imperatori cattolici sono più duri di quelli che essi infliggono ai loro scismatici tramite i giudici imperiali e i re barbari, o anche di quelli che infliggono ad ogni tipo di persone per mezzo dei loro folli circoncellioni, neppure questo deve meravigliarci: è vero infatti che hanno più potere i principi che i giudici da essi inviati, gli Imperatori romani che i re barbari, e che un ladrone riceve giustamente dalle leggi castighi più duri delle gravi azioni che egli compie contro le leggi. È quindi giusto che, a norma di giuste costituzioni, i protettori dei circoncellioni soffrano più di quanto facciano soffrire i circoncellioni. La mitezza cristiana, tuttavia, è così grande che i loro delitti sono incomparabilmente superiori alle loro pene. Ma ecco: trecentodieci vescovi donatisti condannarono, nel loro concilio, i Massimianisti; costoro, con perversa ostinazione si rifiutavano di lasciare le basiliche. Si andò dai giudici; il loro concilio fu inserito negli Atti proconsolari. Dopo di che quanti erano stati condannati da un numero così alto di vescovi, ricevettero l'ordine di lasciare le basiliche. Quelli che le lasciarono senza difficoltà, non ebbero a soffrire gran che; quelli invece che tentarono di resistere, chi ignora come furono puniti? Ma supponiamo che la ferocia degli oppositori fosse stata così grande da arrivare alle ingiurie contro i giudici, non è forse vero che sarebbero stati puniti più severamente dalle leggi romane? Così accadde anche allora, al termine della disputa che vide i Donatisti separarsi dalla comunione cattolica. Poiché si cominciò a fare in modo che essi non conservassero le basiliche e le conservassero solo resistendo agli ordini imperiali, resistettero in modo tale che prese il sopravvento la ben nota violenza dei circoncellioni. Si aggiunga che questi, con tumulti tanto crudeli e sanguinosi, attaccarono anche i messi che l'Imperatore aveva inviato in tutta l'Africa per portare doni alle Chiese. Perciò contro di loro venivano emanate leggi tali che non permettevano loro di conservare neppure le basiliche, non appartenenti all'unità, ma che erano state edificate dai cristiani separati e ormai stabilitisi nel loro scisma. In questa vicenda, il potere imperiale vendicò le offese ricevute. Che cosa, in effetti, possono possedere con giustizia i nemici della giustizia?.

Contro di essi vennero emanate alcune leggi severe.

12. 19. E non si trova che un Imperatore abbia emanato una legge a favore loro, tranne Giuliano l'Apostata, che detestava profondamente la pace e l'unità cristiana, poiché detestava la religione, da cui aveva empiamente prevaricato. I Donatisti si rivolsero a lui con una supplica, come attestano gli Atti giudiziari ai quali essi hanno allegato quanto avevano, e la formularono in termini tali, che quelli che approvarono Giuliano nel culto degli idoli, per timore, furono più misurati di questi che lo elogiarono per furore. Gli dissero che in lui c'era posto solo per la giustizia. Che cosa, quindi, si trovano ad aver detto, se non che non è giustizia la santità cristiana, che in lui non aveva nessun posto? O che è giustizia il culto dei demoni, che in lui occupava il primo posto? E chi ignora le leggi durissime emanate contro di loro dagli altri Imperatori?. Tra queste ce n'è una generale contro quanti vogliono essere chiamati cristiani e non sono in comunione con la Chiesa cattolica, ma si riuniscono nelle loro sette. Eccone il contenuto: l'ordinante di un chierico e l'ordinato, siano multati di dieci libbre d'oro, e la sede in cui l'empia setta si riunisce, confiscata. Vi sono poi altre disposizioni generali che li privano del diritto di fare testamento, di fare o di ricevere donazioni, e di fare lasciti testamentari. Ecco un caso: dato che un nobile signore aveva rivolto una supplica agli Imperatori, perché la sorella, del partito di Donato, morendo aveva lasciato molti beni a non so quali membri della sua comunione, segnatamente ad un certo Agostino, loro vescovo, venne ordinato, a norma di questa legge generale, di restituire tutto al fratello. Nell'ordinanza si fece menzione anche dei circoncellioni e del tipo di mezzi e di sostegni con cui respingerli, nel caso che, come erano soliti reagire, avessero fatto una resistenza violenta. Erano così noti, infatti, e con le loro scorrerie avevano dato di sé tante prove, che il supplicante e l'Imperatore non ne potevano tacere.

Verso di loro si usa grande mansuetudine.

13. 20. Ma se questa è la realtà, e se queste sono le condanne inflitte dalle leggi umane e divine, la mitezza cristiana tuttavia è così grande che essi, non solo conservano le basiliche, che hanno edificate da scismatici, ma non hanno restituito all'unità cattolica, neppure tutte quelle che l'unità possedeva dall'origine. E mentre i Donatisti hanno cacciato i Massimianisti dalle basiliche del partito di Donato, con l'aiuto dei giudici inviati dagli Imperatori cattolici, essi stessi non vengono cacciati dai molti luoghi che l'unità cattolica possedeva prima, neppure con le leggi degli stessi Imperatori cattolici. Infine, se in qualche cosa si è agito verso di loro senza moderazione, e si è superata la dolcezza cristiana, se ne rammarica il grano della messe del Signore, cioè i cristiani degni di lode in Cristo, i quali crescono nella Chiesa cattolica in tutto il mondo, portando per frutto o il cento o il sessanta o il trenta per cento 25.

Invito a combattere e a tollerare la paglia o la zizzania nella Chiesa.

14. 21. Si uniscano dunque a noi nell'accusare con grande eloquenza la paglia nella messe cattolica, ma insieme a noi non ricusino di sopportarla con grande pazienza. Colui che non ha voluto estirpare la zizzania prima del tempo e separarla dalla mescolanza col grano, ha detto: Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura 26. E quando i discepoli gli chiesero di spiegare il senso della parabola, non ha detto: " Il campo è l'Africa ", ma: Il campo è questo mondo 27. È in tutto il mondo, quindi, che questo grano è stato seminato, è in tutto il mondo che vi è stata seminata sopra la zizzania, ed è in tutto il mondo che l'una e l'altro crescono fino alla mietitura. È stato forse Donato il primo mietitore? O all'epoca in cui i Donatisti si sono separati dal mondo, era giunto il tempo della mietitura, visto che il Signore stesso, perché a nessuno fosse permesso dare interpretazioni arbitrarie, ha detto con molta chiarezza: La mietitura è la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli 28? Mietitori simili non possono sbagliare e raccogliere il frumento invece della zizzania e ammassare la zizzania invece del grano. Ora, i Donatisti, fuggendo ciò che sembra zizzania, hanno dimostrato di essere essi zizzania, e commettendo un pubblico sacrilegio, hanno predicato contro il comando del Signore. Così, malgrado il Signore dica: Lasciate che l'uno e l'altra crescano insieme fino alla mietitura, i Donatisti sostengono che nel vastissimo campo, che è il mondo, cresce solo la zizzania mentre il grano è diminuito ed è rimasto solo nell'Africa; e così recano un oltraggio sacrilego a Cristo, nostro re e principe. Sta scritto infatti: Un popolo numeroso è la gloria del re; un popolo piccolo è la rovina del principe 29. Ma ormai è tempo, io credo, di fare una analisi accurata dei testi stessi della Scrittura, che i Donatisti interpretano erroneamente, ingannando gli ignoranti; e, con l'aiuto del Signore, spiegarli nel senso della verità cattolica.

Note:

1 - Es 3, 6. 15.

2 - Gn 22, 18.

3 - Gn 26, 4-5.

4 - Gn 28, 13-14.

5 - Gal 3, 16.

6 - Gn 28, 15.

7 - Rm 3, 4.

8 - Gv 8, 44.

9 - Rm 1, 32.

10 - Cf. 2 Cor 11, 26.

11 - Cf. Fil 1, 15-18.

12 - Gn 22, 18.

13 - CYPR., De lapsis 6.

14 - Prv 16, 32.

15 - Gal 2, 18.

16 - Cf. Ap 1, 11.

17 - Sal 21, 17-19.

18 - Sal 21, 28-29.

19 - Rm 13, 1. 3-4.

20 - Mt 5, 10.

21 - Gal 5, 19-21.

22 - Cf. Rm 13, 4.

23 - Rm 13, 6-7.

24 - Mt 22, 21.

25 - Cf. Mt 13, 23.

26 - Mt 13, 30.

27 - Mt 13, 38.

28 - Mt 13, 39.

29 - Prv 4, 28.


5 - Maria in questi ultimi tempi

Trattato della vera devozione a Maria - San Luigi Maria Grignion de Montfort

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47. Ho detto che questo accadrà in modo particolare alla fine del mondo, e anzi presto, poiché l'Altissimo e la sua santa Madre devono formare dei grandi santi, i quali saranno così eccelsi in santità da superare la gran parte degli altri santi, come i cedri del Libano superano i piccoli arbusti. Così è stato rivelato a una santa persona, di cui il De Renty ha scritto la vita.

48. Queste grandi anime, piene di grazia e di zelo, saranno scelte per far fronte ai nemici di Dio, che fremeranno da ogni parte; esse saranno in modo speciale devote della Santa Vergine, rischiarate dalla sua luce, nutrite dal suo latte, guidate dal suo spirito, sostenute dal suo braccio, protette dal suo aiuto, in modo da poter combattere con una mano e costruire con l'altra. Con una mano combatteranno, rovesceranno, schiacceranno gli eretici con le loro eresie, gli scismatici con le loro divisioni, gli idolatri con i loro idoli, i peccatori con le loro empietà; con l'altra mano costruiranno il tempio del vero Salomone e la mistica città di Dio, cioè la Santa Vergine, chiamata dai santi Padri tempio di Salomone e città di Dio. Con le parole e l'esempio, condurranno tutti alla sua autentica devozione e ciò procurerà loro molti ma porterà loro anche molte vittorie e tanta gloria per Dio solo. E' ciò che Dio ha rivelato a san Vincenzo Ferreri, grande apostolo del suo secolo, come egli ha fatto capire in uno dei suoi scritti. E' quanto sembra aver predetto lo Spirito Santo nel Salmo 58; ecco i termini: «Sappiano che Dio domina in Giacobbe, fino ai confini della terra. Ritornano a sera e ringhiano come cani, per la città si aggirano, vagando in cerca di cibo». Questa città, intorno a cui si aggirano gli uomini alla fine del mondo per convertirsi e saziare la loro fame di giustizia, è la Vergine Santa, chiamata dallo Spirito Santo città e cittadella di Dio.

49. E' per mezzo di Maria che ha avuto inizio la salvezza del mondo ed è per mezzo di Maria che deve essere portata a compimento. Maria non è quasi apparsa durante la prima venuta di Gesù Cristo, affinché gli uomini - ancora poco istruiti e illuminati sulla persona del suo Figlio - non si allontanassero dalla verità, attaccandosi a lei in modo troppo forte, o grossolano; ciò che sarebbe potuto accadere se ella fosse stata conosciuta nelle meravigliose attrattive di cui l'Altissimo l'aveva ornata, anche nell'aspetto esteriore. Questo è talmente vero che san Dionigi l'Areopagita ci ha lasciato scritto che quando la vide l'avrebbe presa per una divinità, a causa delle misteriose attrattive e della sua bellezza senza pari, se la fede - nella quale era ben fermo - non gli avesse insegnato il contrario. Ma nella seconda venuta di Gesù Cristo, Maria deve essere conosciuta e rivelata dallo Spirito Santo, affinché per mezzo suo sia conosciuto, amato e servito Gesù Cristo. Ora infatti non sussistono più le ragioni che avevano determinato lo Spirito Santo a nascondere la sua Sposa durante la sua vita e a non rivelarla molto durante la prima predicazione del Vangelo.

50. Dio vuole dunque rivelare e far conoscere Maria, il capolavoro delle sue mani, in questi ultimi tempi:

1. Perché era rimasta nascosta durante la sua vita terrena, ponendosi più in basso della polvere a causa della sua profonda umiltà, avendo ottenuto da Dio, dagli Apostoli ed Evangelisti di non essere fatta conoscere.

2. Perché essendo il capolavoro delle mani di Dio, sia qui in terra per la sua grazia, sia in cielo per la sua gloria, egli vuole esserne glorificato e lodato dalle creature sulla terra.

3. Essendo Maria l'aurora che precede e annuncia il Sole di giustizia, che è Gesù Cristo, deve essere svelata e conosciuta, perché lo sia Gesù Cristo.

4. Maria è la via per la quale Gesù Cristo è venuto a noi la prima volta, ella lo sarà ancora quando verrà la seconda, benché non nello stesso modo.

5. Essendo il mezzo sicuro e la via diritta e immacolata per andare a Gesù Cristo e trovano perfettamente, è per mezzo di lei che le sante anime che devono brillare in santità lo devono trovare. Chi troverà Maria, troverà la vita, cioè Gesù Cristo, che è la via, la verità e la vita. Ma non si può trovare Maria, se non la si cerca; non la si può cercare se non si sa che esista: non si cerca e non si desidera una cosa sconosciuta. Bisogna dunque che Maria sia più conosciuta che mai, per una maggior conoscenza e gloria della Santissima Trinità.

6. Maria deve risplendere più che mai in questi ultimi tempi per misericordia, efficacia e grazia. In misericordia, per ricondurre e accogliere con amore i poveri peccatori e gli sbandati che si convertiranno e torneranno alla Chiesa cattolica; per efficacia, nei confronti dei nemici di Dio, i non credenti, gli eretici, gli islamici, gli ebrei, gli atei induriti, che reagiranno fortemente, con promesse e con minacce, per sedurre e traviare tutti quelli che saranno loro contrari; e infine deve risplendere per grazia, animando e sostenendo i valorosi soldati e i fedeli servitori di Gesù Cristo, mentre combatteranno per il vangelo.

7. Maria infine deve risultare terribile contro il demonio e i suoi seguaci, «terribile come schiere a vessilli spiegati», soprattutto in questi ultimi tempi; il demonio infatti sa che gli resta poco tempo, anzi meno che mai, per condurre le anime a perdizione; egli quindi raddoppia ogni giorno i suoi sforzi e le sue lotte, e presto susciterà crudeli persecuzioni, provocherà terribili insidie ai fedeli servitori e ai veri figli di Maria, nei confronti dei quali si trova maggiormente in difficoltà.

51. E' soprattutto a queste ultime e crudeli persecuzioni del demonio, che andranno aumentando ogni giorno fino al regno dell'Anticristo, che deve riferirsi la prima e celebre profezia e maledizione di Dio, pronunciata nel paradiso terrestre contro il serpente. E' utile spiegarla qui, a gloria della Santa Vergine, per la salvezza dei suoi figli e la sconfitta del demonio. «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». 52. Solo in questo caso Dio appare come autore di una inimicizia: irrimediabile, che durerà sempre, anzi cha andrà aumentando fino alla fine. E' il contrasto tra Maria, sua degna Madre, e il demonio, tra i figli e servitori della Vergine Santa e i figli e seguaci di Lucifero, cosicché la più terribile nemica che Dio ha costituito contro il demonio è Maria, la sua Madre santa. Fin dal paradiso terrestre - benché fosse ancora solo nella sua mente - Dio le ha dato un tale odio contro questo suo maledetto nemico, una tale abilità nello smascherare la malizia di questo antico serpente, una tale forza per vincere, abbattere e schiacciare questo orgoglioso profanatore, che il demonio la teme non solo più di tutti gli angeli e gli uomini, ma in un certo senso più di Dio stesso. Certo, l'ira, l'odio e il potere di Dio sono infinitamente più grandi di quelli della Santa Vergine, poiché le perfezioni di Maria sono limitate; ma il demonio la teme anzitutto perché, essendo orgoglioso, gli brucia molto di più essere vinto e punito da una piccola e umile serva di Dio, la cui umiltà lo umilia più che il potere divino; e poi perché Dio ha dato a Maria un così grande potere contro i demoni, che questi molte volte e controvoglia sono stati costretti a riconoscere, per bocca degli indemoniati, di temere uno solo dei suoi sospiri in favore di un'anima, più delle preghiere di tutti i santi; di temere una sola delle sue minacce contro di essi, più che tutti gli altri loro tormenti.

53. Ciò che Lucifero ha perduto con l'orgoglio, Maria lo ha guadagnato con l'umiltà; ciò che Eva ha corrotto e perduto per disobbedienza, Maria l'ha salvato con l'obbedienza. Eva ha obbedito al serpente e ha mandato perduti tutti i suoi figli e se stessa, consegnandoli a lui; Maria si è resa totalmente fedele a Dio e ha salvato tutti i suoi figli e servitori e se stessa, consacrandoli alla sua Maestà.

54. Non soltanto Dio ha posto una inimicizia, ma delle inimicizie, non soltanto tra Maria e il demonio, ma tra la stirpe della Santa Vergine e la stirpe del demonio. Dio ha posto delle inimicizie, delle antipatie, delle opposizioni profonde tra gli autentici figli e servi della Vergine Santa e coloro che sono figli e schiavi del demonio; non si possono amare tra loro, non ci può essere intesa degli uni con gli altri. I figli di Belial, gli schiavi di Satana, gli amici del mondo (che sono la stessa cosa) hanno sempre finora perseguitato, e sempre più perseguiteranno quelli e quelle che appartengono alla Santa Vergine, come in passato Caino ha perseguitato suo fratello Abele, ed Esaù suo fratello Giacobbe, che sono le figure dei falsi credenti e dei veri credenti. Ma l'umile Maria riporterà sempre vittoria su questo orgoglioso: una vittoria così grande che arriverà a schiacciargli la testa, dove risiede il suo orgoglio; ella saprà sempre smascherare la sua malizia di serpente, sventarne le insidie infernali, dissiparne i diabolici progetti e saprà difendere fino alla fine dei tempi i suoi fedeli devoti dalla sua zampata crudele. Ma il potere di Maria su tutti i demoni si rivelerà specialmente negli ultimi tempi, quando Satana tenderà insidie al suo calcagno, cioè agli umili schiavi e ai devoti figli che ella susciterà per fargli guerra. Essi saranno piccoli e poveri secondo il mondo, in basso davanti a tutti come il calcagno, calpestati e maltrattati come lo è il calcagno rispetto alle altre membra del corpo; ma in cambio essi saranno ricchi nella grazia di Dio, che Maria comunicherà loro con abbondanza, grandi ed elevati in santità davanti a Dio, superiori ad ogni altra creatura per il loro zelo coraggioso e saranno così fortemente sostenuti dall'aiuto divino che con l'umiltà del loro calcagno e in unione a Maria schiacceranno il capo al demonio e faranno trionfare Gesù Cristo.

55. Infine Dio vuole che la sua Madre santa sia oggi più conosciuta, più amata, più onorata che non lo fosse in passato. Ciò avverrà di sicuro se i veri credenti sapranno entrare, con la grazia e la luce dello Spirito Santo, in quella devozione interiore e perfetta che spiegherò loro in seguito. Allora vedranno chiaramente, nella misura consentita dalla fede, questa splendida stella del mare e - guidati da lei - arriveranno al porto sicuro, nonostante i pericoli delle tempeste e dei pirati; conosceranno gli splendori di questa regina e si metteranno totalmente al suo servizio, come suoi sudditi e schiavi d'amore; gusteranno le sue dolcezze e bontà materne, l'ameranno teneramente come suoi figli prediletti, scopriranno le misericordie di cui è ricolma e i bisogni che essi hanno del suo aiuto; a lei ricorreranno in ogni cosa, come alla loro cara avvocata e mediatrice presso Gesù Cristo; saranno convinti che ella è il mezzo più sicuro, più facile, più breve e più perfetto per andare a Gesù Cristo e si affideranno a lei corpo e anima, senza riserva, per appartenere in questo modo a Gesù Cristo.

56. Ma chi saranno questi servitori schiavi e figli di Maria? Saranno fuoco che brucia, ministri del Signore che porteranno ovunque il fuoco dell'amore divino. Saranno «come frecce in mano a un eroe», frecce acute nelle mani della potente Maria per colpire i suoi nemici. Saranno figli di Levi, ben purificati dal fuoco di grandi tribolazioni e molto uniti a Dio, i quali porteranno l'oro dell'amore nel cuore, l'incenso della preghiera nello Spirito e la mirra della mortificazione nel corpo e saranno ovunque il buon odore di Gesù Cristo per i poveri e i piccoli, mentre risulteranno odore di morte per i grandi, i ricchi e gli orgogliosi del mondo.

57. Saranno nubi tonanti e nuvole volanti nell'aria al più piccolo soffio dello Spirito Santo; senza attaccarsi a nulla, senza attaccarsi, senza meravigliarsi di nulla, senza mettersi in pena per nulla, spanderanno la pioggia della parola di Dio e della vita eterna; tuoneranno contro il peccato, grideranno contro il mondo, colpiranno il demonio e i suoi seguaci, trafiggeranno da parte a parte, per la vita e per la morte, con la spada a due tagli della parola di Dio, tutti coloro ai quali saranno inviati da parte dell'Altissimo.

58. Saranno dei veri apostoli degli ultimi tempi, ai quali il Signore dei forti darà la parola e il vigore per operare meraviglie e riportare gloriose spoglie sui suoi nemici; riposeranno senza oro né argento e soprattutto senza preoccupazione, tra gli altri preti, religiosi e chierici; e tuttavia avranno le ali argentate della colomba, per volare al solo scopo di cercare la gloria di Dio e la salvezza delle anime, dove lo Spirito Santo li chiamerà; e nei luoghi dove avranno predicato, lasceranno dietro di essi unicamente l'oro della carità, che è il compimento di tutta la legge.

59. Infine dobbiamo sapere che saranno dei veri discepoli di Gesù Cristo, che camminano sulle orme della sua povertà, dell'umiltà, del disprezzo del mondo e della carità, insegnando la via stretta di Dio nella pura verità, seguendo il santo vangelo e non le massime del mondo, senza vivere in ansia né avere soggezione per nessuno, senza risparmiare, o farsi condizionare, o temere nessun mortale per potente che sia. Avranno nella loro bocca la spada a due tagli della parola di Dio; sulle loro spalle porteranno lo stendardo della Croce, segnato dal sangue, il crocifisso nella mano destra e la corona del Rosario nella sinistra, sul loro cuore i santi nomi di Gesù e di Maria, e in tutta la loro condotta si ispireranno alla semplicità e alla mortificazione di Gesù Cristo. Ecco i grandi uomini che verranno, ma che Maria farà sorgere per ordine dell'Altissimo, per estendere il suo impero su quello dei non credenti, dei pagani, dei musulmani. Ma quando e come avverrà questo? Dio solo lo sa, noi dobbiamo tacere, pregare, desiderare e attendere: «Ho sperato, ho sperato nel Signore»


L’ATEISMO LATENTE PC- 42 11 ottobre 1996 (Atlanta, Conyers)

Catalina Rivas

Il Signore

Piccola Mia, quali sguardi d’amore abbiamo scambiato oggi sull’altare della nostra promessa! Se i tuoi occhi non lo hanno visto, so però che la tua anima è riuscita a percepire la quantità di angeli che erano presenti al nostro incontro... Ringrazia i Miei figli.

(Gesù si riferisce alle persone che hanno reso possibile il nostro viaggio)

Riprendiamo il nostro lavoro... Una società senza amore e senza Misericordia si é separata da Me, che sono Amore, ancora prima di rinnegarmi esplicitamente.

Oggi, la forma più sottile di ateismo è l’ateismo dialettico eretto a sistema, che contrappone, alla fede cristiana in un Dio d’amore, una interpretazione della storia che ha il suo proprio motore nell’odio e nella lotta di classe. L’ateismo dialettico eretto a sistema, vede l’uomo – la Mia creatura preferita – dentro una vita economica piena di conflitti. È dunque un ateismo privo d’amore e di Misericordia.

Vicino a questa forma sistematica ed aggressiva di ateismo, ci sono molti idoli che separano l’uomo dal suo Dio: l’auto-glorificazione – che lo conduce a un rifiuto radicale di adorarmi – l’arroganza, la sete di potere, il terrorismo, la corsa agli armamenti, la minaccia di autodistruzione totale dell’umanità, l’avidità, le deificazione del consumo.

Ma, a parte tutto e come aggiunta, c’è l’ateismo nascosto nel cuore e nello stile di vita di molti “cristiani” – mettilo fra virgolette. È un effetto di contagio progressivo da parte dell’ateismo pratico e anche dell’ateismo teorico. La distruzione di questi falsi idoli e la soluzione delle varie forme d’ateismo, sono possibili solo per mezzo di una fede viva nell’amore del Padre, che si è rivelato in Me. L’uomo potrà fuggire dai pericoli ed elevare un argine contro le ondate dell’ateismo, solamente lasciandosi toccare nel più intimo di se stesso dal messaggio dell’amore e della grazia, corrispondendo con tutto il suo cuore a questo infinito Amore che Io gli offro. In questo momento, la fede cattolica impone in modo particolare una grande decisione. Io voglio un sì radicale al regno dell’amore. Unicamente chi è stato conquistato dal Mio amore, può essere un evangelizzatore credibile e un testimonio fedele della fede. Solamente un cuore che arde del Mio amore, può ridurre in cenere ogni forma di ateismo nascosto. Solo questo amore può rischiarare la vista per poter smascherare le menzogne dell’incredulità. Solo l’amore trova i mezzi salutari di cui il mondo ha urgentemente bisogno.

Coloro che sono stati conquistati dal Mio amore, devono unirsi più strettamente in questo tempo di grandi decisioni eroiche, per sostenersi a vicenda nella testimonianza comunitaria di questa fede, che porta frutto nell’amore e nella vera giustizia.

Figli Miei, la decisione che Io voglio e rendo possibile è la decisione per il regno della pace e dell’amore, la decisione in favore della glorificazione del Padre Mio, mediante un amore fedele. Chi rigetta il Mio amore, cade nel regno delle tenebre, della menzogna, dell’odio e della inimicizia. Decidetevi senza riserva, per questo amore. Guardate il Mio Cuore e comprenderete l’ingiustizia di un mondo che ha bisogno di testimoni credibili.

Preghiamo, ora, insieme:

Padre Mio, risvegliali dal sonno, dalla tiepidezza, dalla indifferenza. Riempili di un nuovo fervore e di un nuovo ardore. Che intraprendano le vie più sicure per rendere testimonianza a Te e a Me. Io sono venuto per guarire un mondo malato, ma sono anche il segno davanti al quale gli uomini, Miei fratelli, devono decidersi. Voglio attirarli al Mio Cuore, Padre, e riempire i loro piccoli cuori del Mio amore, perché a loro volta riempiano essi molti altri cuori.

Grazie, piccola, riempiti di pace. Il tuo Signore ti ricompenserà e non ci sarà più alcun dubbio che tu sei la Mia inviata, il piccolo canale che ho scelto per diffondere nel mondo il Mio appello angosciato... Preparate il terreno per il Dio dell’amore.