Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 10° settimana del tempo ordinario (Sant'Antonio da Padova)
Vangelo secondo Matteo 27
1Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.2Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.
3Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani4dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "Che ci riguarda? Veditela tu!".5Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.6Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: "Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue".7E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.8Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi.9Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: 'E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,10e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.'
11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l'interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose "Tu lo dici".12E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.13Allora Pilato gli disse: "Non senti quante cose attestano contro di te?".14Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
15Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.16Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.17Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: "Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?".18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua".20Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.21Allora il governatore domandò: "Chi dei due volete che vi rilasci?". Quelli risposero: "Barabba!".22Disse loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?". Tutti gli risposero: "Sia crocifisso!".23Ed egli aggiunse: "Ma che male ha fatto?". Essi allora urlarono: "Sia crocifisso!".
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: "Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!".25E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli".26Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.28Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto29e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!".30E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.31Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.
32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.33Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,34gli 'diedero da bere vino' mescolato con 'fiele'; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.35Dopo averlo quindi crocifisso, 'si spartirono le' sue 'vesti tirandole a sorte'.36E sedutisi, gli facevano la guardia.37Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "'Questi è Gesù, il re dei Giudei'".
38Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
39E quelli che passavano di là lo insultavano 'scuotendo il capo' e dicendo:40"Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!".41Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:42"Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.43'Ha confidato in Dio; lo liberi lui' ora, 'se gli vuol bene'. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!".44Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
45Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: "'Elì, Elì, lemà sabactàni?'", che significa: "'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'".47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Costui chiama Elia".48E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala 'di aceto', la fissò su una canna e così gli 'dava da bere'.49Gli altri dicevano: "Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!".50E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
51Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.53E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.54Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
55C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.56Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
57Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.59Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo60e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.61Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.
62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:63"Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.64Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest'ultima impostura sarebbe peggiore della prima!".65Pilato disse loro: "Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete".66Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.
Neemia 9
1Il ventiquattro dello stesso mese, gli Israeliti si radunarono per un digiuno, vestiti di sacco e coperti di polvere.2Quelli che appartenevano alla stirpe d'Israele si separarono da tutti gli stranieri, si presentarono dinanzi a Dio e confessarono i loro peccati e le iniquità dei loro padri.3Poi si alzarono in piedi nel posto dove si trovavano e fu fatta la lettura del libro della legge del Signore loro Dio, per un quarto della giornata; per un altro quarto essi fecero la confessione dei peccati e si prostrarono davanti al Signore loro Dio.4Giosuè, Bani, Kadmiel, Sebania, Bunni, Serebia, Bani e Kenani si alzarono sulla pedana dei leviti e invocarono a gran voce il Signore loro Dio.5I leviti Giosuè, Kadmiel, Bani, Casabnia, Serebia, Odia, Sebania e Petachia dissero: "Alzatevi e benedite il Signore vostro Dio ora e sempre! Si benedica il tuo nome glorioso che è esaltato al di sopra di ogni benedizione e di ogni lode!6Tu, tu solo sei il Signore, tu hai fatto i cieli, i cieli dei cieli e tutte le loro schiere, la terra e quanto sta su di essa, i mari e quanto è in essi; tu fai vivere tutte queste cose e l'esercito dei cieli ti adora.7Tu sei il Signore, il Dio che hai scelto Abram, lo hai fatto uscire da Ur dei Caldei e lo hai chiamato Abramo.8Tu hai trovato il suo cuore fedele davanti a te e hai stabilito con lui un'alleanza, promettendogli di dare alla sua discendenza il paese dei Cananei, degli Hittiti, degli Amorrei, dei Perizziti, dei Gebusei e dei Gergesei; tu hai mantenuto la tua parola, perché sei giusto.9Tu hai visto l'afflizione dei nostri padri in Egitto e hai ascoltato il loro grido presso il Mare Rosso;10hai operato segni e prodigi contro il faraone, contro tutti i suoi servi, contro tutto il popolo del suo paese, perché sapevi che essi avevano trattato i nostri padri con durezza; ti sei fatto un nome fino ad oggi.11Hai aperto il mare davanti a loro, ed essi sono passati in mezzo al mare sull'asciutto; quelli che li inseguivano tu li hai precipitati nell'abisso, come una pietra in fondo alle acque impetuose.
12Li hai guidati di giorno con una colonna di nube e di notte con una colonna di fuoco, per rischiarare loro la strada su cui camminare.13Sei sceso sul monte Sinai e hai parlato con loro dal cielo e hai dato loro decreti giusti e leggi di verità, buoni statuti e buoni comandi;14hai fatto loro conoscere il tuo santo sabato e hai dato loro comandi, decreti e una legge per mezzo di Mosè tuo servo.15Hai dato loro pane del cielo quando erano affamati e hai fatto scaturire acqua dalla rupe quando erano assetati e hai comandato loro che andassero a prendere in possesso il paese che avevi giurato di dare loro.
16Ma essi, i nostri padri, si sono comportati con superbia, hanno indurito la loro cervice e non hanno obbedito ai tuoi comandi;17si sono rifiutati di obbedire e non si sono ricordati dei miracoli che tu avevi operato in loro favore; hanno indurito la loro cervice e nella loro ribellione si sono dati un capo per tornare alla loro schiavitù. Ma tu sei un Dio pronto a perdonare, pietoso e misericordioso, lento all'ira e di grande benevolenza e non li hai abbandonati.18Anche quando si sono fatti un vitello di metallo fuso e hanno detto: Ecco il tuo Dio che ti ha fatto uscire dall'Egitto! e ti hanno insultato gravemente,19tu nella tua misericordia non li hai abbandonati nel deserto: la colonna di nube che stava su di loro non ha cessato di guidarli durante il giorno per il loro cammino e la colonna di fuoco non ha cessato di rischiarar loro la strada su cui camminavano di notte.20Hai concesso loro il tuo spirito buono per istruirli e non hai rifiutato la tua manna alle loro bocche e hai dato loro l'acqua quando erano assetati.21Per quarant'anni li hai nutriti nel deserto e non è mancato loro nulla; le loro vesti non si sono logorate e i loro piedi non si sono gonfiati.22Poi hai dato loro regni e popoli e li hai spartiti fra di loro come un sovrappiù; essi hanno posseduto il paese di Sicon, cioè il paese del re di Chesbòn e il paese di Og re di Basan.
23Hai moltiplicato i loro figli come le stelle del cielo e li hai introdotti nel paese in cui avevi promesso ai loro padri di farli entrare per possederlo.24I loro figli vi sono entrati e hanno preso in possesso il paese; tu hai umiliato dinanzi a loro i Cananei che abitavano il paese e li hai messi nelle loro mani con i loro re e con i popoli del paese, perché ne disponessero a loro piacere.25Essi si sono impadroniti di fortezze, di una terra grassa, e hanno posseduto case piene d'ogni bene, cisterne scavate, vigne, oliveti, alberi da frutto in abbondanza; hanno mangiato e si sono saziati e si sono ingrassati e hanno vissuto in delizie per la tua grande bontà.26Ma poi sono stati disobbedienti, si sono ribellati contro di te, si sono gettati la tua legge dietro le spalle, hanno ucciso i tuoi profeti che li scongiuravano di tornare a te, e ti hanno offeso gravemente.27Perciò tu li hai messi nelle mani dei loro nemici, che li hanno oppressi. Ma al tempo della loro angoscia essi hanno gridato a te e tu li hai ascoltati dal cielo e, nella tua grande misericordia, tu hai dato loro liberatori, che li hanno strappati dalle mani dei loro nemici.28Ma quando avevano pace, ritornavano a fare il male dinanzi a te, perciò tu li abbandonavi nelle mani dei loro nemici, che li opprimevano; poi quando ricominciavano a gridare a te, tu li esaudivi dal cielo; così nella tua misericordia più volte li hai salvati.29Tu li ammonivi per farli tornare alla tua legge; ma essi si mostravano superbi e non obbedivano ai tuoi comandi; peccavano contro i tuoi decreti, che fanno vivere chi li mette in pratica; la loro spalla rifiutava il giogo, indurivano la loro cervice e non obbedivano.30Hai pazientato con loro molti anni e li hai scongiurati per mezzo del tuo spirito e per bocca dei tuoi profeti; ma essi non hanno voluto prestare orecchio. Allora li hai messi nelle mani dei popoli dei paesi stranieri.31Però nella tua molteplice compassione, tu non li hai sterminati del tutto e non li hai abbandonati perché sei un Dio clemente e misericordioso.32Ora, Dio nostro, Dio grande, potente e tremendo, che mantieni l'alleanza e la misericordia, non sembri poca cosa ai tuoi occhi tutta la sventura che è piombata su di noi, sui nostri re, sui nostri capi, sui nostri sacerdoti, sui nostri profeti, sui nostri padri, su tutto il tuo popolo, dal tempo dei re d'Assiria fino ad oggi.
33Tu sei stato giusto in tutto quello che ci è avvenuto, poiché tu hai agito fedelmente, mentre noi ci siamo comportati con empietà.34I nostri re, i nostri capi, i nostri sacerdoti, i nostri padri non hanno messo in pratica la tua legge e non hanno obbedito né ai comandi né agli ammonimenti con i quali tu li scongiuravi.35Essi mentre godevano del loro regno, del grande benessere che tu largivi loro e del paese vasto e fertile che tu avevi messo a loro disposizione, non ti hanno servito e non hanno abbandonato le loro azioni malvage.36Oggi eccoci schiavi nel paese che tu hai concesso ai nostri padri perché ne mangiassero i frutti e ne godessero i beni. I suoi prodotti abbondanti sono dei re ai quali tu ci hai sottoposti a causa dei nostri peccati e che sono padroni dei nostri corpi e del nostro bestiame a loro piacere, e noi siamo in grande angoscia".
Salmi 37
1'Di Davide.'
Alef. Non adirarti contro gli empi
non invidiare i malfattori.
2Come fieno presto appassiranno,
cadranno come erba del prato.
3Bet. Confida nel Signore e fa' il bene;
abita la terra e vivi con fede.
4Cerca la gioia del Signore,
esaudirà i desideri del tuo cuore.
5Ghimel. Manifesta al Signore la tua via,
confida in lui: compirà la sua opera;
6farà brillare come luce la tua giustizia,
come il meriggio il tuo diritto.
7Dalet. Sta' in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l'uomo che trama insidie.
8He. Desisti dall'ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: faresti del male,
9poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera nel Signore possederà la terra.
10Vau. Ancora un poco e l'empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi.
11I miti invece possederanno la terra
e godranno di una grande pace.
12Zain. L'empio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti.
13Ma il Signore ride dell'empio,
perché vede arrivare il suo giorno.
14Het. Gli empi sfoderano la spada
e tendono l'arco
per abbattere il misero e l'indigente,
per uccidere chi cammina sulla retta via.
15La loro spada raggiungerà il loro cuore
e i loro archi si spezzeranno.
16Tet. Il poco del giusto è cosa migliore
dell'abbondanza degli empi;
17perché le braccia degli empi saranno spezzate,
ma il Signore è il sostegno dei giusti.
18Iod. Conosce il Signore la vita dei buoni,
la loro eredità durerà per sempre.
19Non saranno confusi nel tempo della sventura
e nei giorni della fame saranno saziati.
20Caf. Poiché gli empi periranno,
i nemici del Signore appassiranno
come lo splendore dei prati,
tutti come fumo svaniranno.
21Lamed. L'empio prende in prestito e non restituisce,
ma il giusto ha compassione e dà in dono.
22Chi è benedetto da Dio possederà la terra,
ma chi è maledetto sarà sterminato.
23Mem. Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo
e segue con amore il suo cammino.
24Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano.
25Nun. Sono stato fanciullo e ora sono vecchio,
non ho mai visto il giusto abbandonato
né i suoi figli mendicare il pane.
26Egli ha sempre compassione e dà in prestito,
per questo la sua stirpe è benedetta.
27Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
e avrai sempre una casa.
28Perché il Signore ama la giustizia
e non abbandona i suoi fedeli;
Ain. gli empi saranno distrutti per sempre
e la loro stirpe sarà sterminata.
29I giusti possederanno la terra
e la abiteranno per sempre.
30Pe. La bocca del giusto proclama la sapienza,
e la sua lingua esprime la giustizia;
31la legge del suo Dio è nel suo cuore,
i suoi passi non vacilleranno.
32L'empio spia il giusto
e cerca di farlo morire.
33Il Signore non lo abbandona alla sua mano,
nel giudizio non lo lascia condannare.
34Kof. Spera nel Signore e segui la sua via:
ti esalterà e tu possederai la terra
e vedrai lo sterminio degli empi.
35Res. Ho visto l'empio trionfante
ergersi come cedro rigoglioso;
36sono passato e più non c'era,
l'ho cercato e più non si è trovato.
37Sin. Osserva il giusto e vedi l'uomo retto,
l'uomo di pace avrà una discendenza.
38Ma tutti i peccatori saranno distrutti,
la discendenza degli empi sarà sterminata.
39Tau. La salvezza dei giusti viene dal Signore,
nel tempo dell'angoscia è loro difesa;
40il Signore viene in loro aiuto e li scampa,
li libera dagli empi e dà loro salvezza,
perché in lui si sono rifugiati.
Salmi 7
1'Lamento che Davide rivolse al Signore per le parole di Cus il Beniaminita.'
2Signore, mio Dio, in te mi rifugio:
salvami e liberami da chi mi perseguita,
3perché non mi sbrani come un leone,
non mi sbrani senza che alcuno mi salvi.
4Signore mio Dio, se così ho agito:
se c'è iniquità sulle mie mani,
5se ho ripagato il mio amico con il male,
se a torto ho spogliato i miei avversari,
6il nemico m'insegua e mi raggiunga,
calpesti a terra la mia vita
e trascini nella polvere il mio onore.
7Sorgi, Signore, nel tuo sdegno,
levati contro il furore dei nemici,
alzati per il giudizio che hai stabilito.
8L'assemblea dei popoli ti circondi:
dall'alto volgiti contro di essa.
9Il Signore decide la causa dei popoli:
giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo la mia innocenza, o Altissimo.
10Poni fine al male degli empi;
rafforza l'uomo retto,
tu che provi mente e cuore, Dio giusto.
11La mia difesa è nel Signore,
egli salva i retti di cuore.
12Dio è giudice giusto,
ogni giorno si accende il suo sdegno.
13Non torna forse ad affilare la spada,
a tendere e puntare il suo arco?
14Si prepara strumenti di morte,
arroventa le sue frecce.
15Ecco, l'empio produce ingiustizia,
concepisce malizia, partorisce menzogna.
16Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto;
17la sua malizia ricade sul suo capo,
la sua violenza gli piomba sulla testa.
18Loderò il Signore per la sua giustizia
e canterò il nome di Dio, l'Altissimo.
Daniele 3
1Il re Nabucodònosor aveva fatto costruire una statua d'oro, alta sessanta cubiti e larga sei, e l'aveva fatta erigere nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia.
2Quindi il re Nabucodònosor aveva convocato i sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province, perché presenziassero all'inaugurazione della statua che il re Nabucodònosor aveva fatto erigere.
3I sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province vennero all'inaugurazione della statua. Essi si disposero davanti alla statua fatta erigere dal re.
4Un banditore gridò ad alta voce: "Popoli, nazioni e lingue, a voi è rivolto questo proclama:
5Quando voi udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna, e d'ogni specie di strumenti musicali, vi prostrerete e adorerete la statua d'oro, che il re Nabucodònosor ha fatto innalzare.6Chiunque non si prostrerà alla statua, in quel medesimo istante sarà gettato in mezzo ad una fornace di fuoco ardente".
7Perciò tutti i popoli, nazioni e lingue, in quell'istante che ebbero udito il suono del corno, del flauto, dell'arpicordo, del salterio e di ogni specie di strumenti musicali, si prostrarono e adorarono la statua d'oro, che il re Nabucodònosor aveva fatto innalzare.
8Però in quel momento alcuni Caldei si fecero avanti per accusare i Giudei9e andarono a dire al re Nabucodònosor: "Re, vivi per sempre!10Tu hai decretato, o re, che chiunque avrà udito il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, si deve prostrare e adorare la statua d'oro:11chiunque non si prostrerà per adorarla, sia gettato in mezzo ad una fornace con il fuoco acceso.
12Ora, ci sono alcuni Giudei, ai quali hai affidato gli affari della provincia di Babilonia, cioè Sadràch, Mesàch e Abdènego, che non ti obbediscono, re: non servono i tuoi dèi e non adorano la statua d'oro che tu hai fatto innalzare".
13Allora Nabucodònosor, sdegnato, comandò che gli si conducessero Sadràch, Mesàch e Abdènego, e questi comparvero alla presenza del re.14Nabucodònosor disse loro: "È vero, Sadràch, Mesàch e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d'oro che io ho fatto innalzare?15Ora, se voi sarete pronti, quando udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatta, bene; altrimenti in quel medesimo istante sarete gettati in mezzo ad una fornace dal fuoco ardente. Qual Dio vi potrà liberare dalla mia mano?".
16Ma Sadràch, Mesàch e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: "Re, noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito;17sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace con il fuoco acceso e dalla tua mano, o re.18Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai eretto".19Allora Nabucodònosor, acceso d'ira e con aspetto minaccioso contro Sadràch, Mesàch e Abdènego, ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito.20Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadràch, Mesàch e Abdènego e gettarli nella fornace con il fuoco acceso.21Furono infatti legati, vestiti come erano, con i mantelli, calzari, turbanti e tutti i loro abiti e gettati in mezzo alla fornace con il fuoco acceso.
22Ma quegli uomini, che dietro il severo comando del re avevano acceso al massimo la fornace per gettarvi Sadràch, Mesàch e Abdènego, rimasero uccisi dalle fiamme,23nel momento stesso che i tre giovani Sadràch, Mesàch e Abdènego cadevano legati nella fornace con il fuoco acceso.
24Essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e benedicevano il Signore.
25Azaria, alzatosi, fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse:
26"Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri padri;
degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre.
27Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto;
tutte le tue opere sono vere,
rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi.
28Giusto è stato il tuo giudizio
per quanto hai fatto ricadere su di noi
e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme.
Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo
a causa dei nostri peccati,
29poiché noi abbiamo peccato, abbiamo agito da iniqui,
allontanandoci da te, abbiamo mancato in ogni modo.
Non abbiamo obbedito ai tuoi comandamenti,
30non li abbiamo osservati, non abbiamo fatto
quanto ci avevi ordinato per il nostro bene.
31Ora quanto hai fatto ricadere su di noi,
tutto ciò che ci hai fatto, l'hai fatto con retto giudizio:
32ci hai dato in potere dei nostri nemici,
ingiusti, i peggiori fra gli empi,
e di un re iniquo, il più malvagio su tutta la terra.
33Ora non osiamo aprire la bocca:
disonore e disprezzo sono toccati ai tuoi servi,
ai tuoi adoratori.
34Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome, non rompere la tua alleanza;
35non ritirare da noi la tua misericordia,
per amore di Abramo tuo amico,
di Isacco tuo servo, d'Israele tuo santo,
36ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo,
come la sabbia sulla spiaggia del mare.
37Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli
di qualunque altra nazione,
ora siamo umiliati per tutta la terra
a causa dei nostri peccati.
38Ora non abbiamo più né principe,
né capo, né profeta, né olocausto,
né sacrificio, né oblazione, né incenso,
né luogo per presentarti le primiziee trovar misericordia.
39Potessimo esser accolti con il cuore contrito
e con lo spirito umiliato,
come olocausti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli.
40Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te
e ti sia gradito,
perché non c'è confusione per coloro che confidano in te.
41Ora ti seguiamo con tutto il cuore,
ti temiamo e cerchiamo il tuo volto.
42Fa' con noi secondo la tua clemenza,
trattaci secondo la tua benevolenza,
secondo la grandezza della tua misericordia.
43Salvaci con i tuoi prodigi,
da' gloria, Signore, al tuo nome.
44Siano invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi,
siano coperti di vergogna con tutta la loro potenza;
e sia infranta la loro forza!
45Sappiano che tu sei il Signore,
il Dio unico e glorioso su tutta la terra".
46I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti.47La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra la fornace48e uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano vicino alla fornace.49Ma l'angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco50e rese l'interno della fornace come un luogo dove soffiasse un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.
51Allora quei tre giovani, a una sola voce, si misero a lodare, a glorificare, a benedire Dio nella fornace dicendo:
52"Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
53Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso,
degno di lode e di gloria nei secoli.
54Benedetto sei tu nel trono del tuo regno,
degno di lode e di gloria nei secoli.
55Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini,
degno di lode e di gloria nei secoli.
56Benedetto sei tu nel firmamento del cielo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
57Benedite, opere tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
58Benedite, angeli del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
59Benedite, cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
60Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
61Benedite, potenze tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
62Benedite, sole e luna, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
63Benedite, stelle del cielo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
64Benedite, piogge e rugiade, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
65Benedite, o venti tutti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
66Benedite, fuoco e calore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
67Benedite, freddo e caldo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
68Benedite, rugiada e brina, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
69Benedite, gelo e freddo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
70Benedite, ghiacci e nevi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
71Benedite, notti e giorni, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
72Benedite, luce e tenebre, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
73Benedite, folgori e nubi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
74Benedica la terra il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
75Benedite, monti e colline, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
76Benedite, creature tutte
che germinate sulla terra, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
77Benedite, sorgenti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
78Benedite, mari e fiumi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
79Benedite, mostri marini
e quanto si muove nell'acqua, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
80Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
81Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
82Benedite, figli dell'uomo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
83Benedica Israele il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
84Benedite, sacerdoti del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
85Benedite, o servi del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
86Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
87Benedite, pii e umili di cuore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
88Benedite, Anania, Azaria e Misaele, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli,
perché ci ha liberati dagl'inferi,
e salvati dalla mano della morte,
ci ha scampati di mezzo alla fiamma ardente,
ci ha liberati dal fuoco.
89Lodate il Signore, perché egli è buono,
perché la sua grazia dura sempre.
90Benedite, fedeli tutti, il Dio degli dèi,
lodatelo e celebratelo, perché la sua grazia dura sempre".
91Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: "Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?". "Certo, o re", risposero.
92Egli soggiunse: "Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell'aspetto a un figlio di dèi".
93Allora Nabucodònosor si accostò alla bocca della fornace con il fuoco acceso e prese a dire: "Sadràch, Mesàch, Abdènego, servi del Dio altissimo, uscite, venite fuori". Allora Sadràch, Mesàch e Abdènego uscirono dal fuoco.
94Quindi i satrapi, i prefetti, i governatori e i ministri del re si radunarono e, guardando quegli uomini, videro che sopra i loro corpi il fuoco non aveva avuto nessun potere; che neppure un capello del loro capo era stato bruciato e i loro mantelli non erano stati toccati e neppure l'odore del fuoco era penetrato in essi.
95Nabucodònosor prese a dire: "Benedetto il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio che il loro Dio.
96Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, sia tagliato a pezzi e la sua casa sia ridotta a un mucchio di rovine, poiché nessun altro dio può in tal maniera liberare".
97Da allora il re promosse Sadràch, Mesàch e Abdènego a cariche pubbliche nella provincia di Babilonia.
98Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in tutta la terra: Pace e prosperità!99M'è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio altissimo ha fatto per me.
100Quanto sono grandi i suoi prodigi
e quanto straordinarie le sue meraviglie!
Il suo regno è un regno eterno
e il suo dominio di generazione in generazione.
Lettera agli Ebrei 12
1Anche noi dunque, circondàti da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti,2tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e 'si è assiso alla destra' del trono di Dio.3Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo.4Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato5e avete già dimenticato l'esortazione a voi rivolta come a figli:
'Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore
e non ti perdere d'animo quando sei ripreso da lui;'
6'perché il Signore corregge colui che egli ama
e sferza chiunque riconosce come figlio'.
7È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre?8Se siete senza correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete bastardi, non figli!9Del resto, noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita?10Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di renderci partecipi della sua santità.11Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.
12Perciò 'rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite'13e 'raddrizzate le vie storte per i' vostri 'passi', perché il piede zoppicante non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.
14Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore,15vigilando che nessuno venga meno alla grazia di Dio. Non spunti né cresca alcuna radice velenosa in mezzo a voi e così molti ne siano infettati;16non vi sia nessun fornicatore o nessun profanatore, come Esaù, che in cambio di una sola pietanza vendette la sua primogenitura.17E voi ben sapete che in seguito, quando volle ereditare la benedizione, fu respinto, perché non trovò possibilità che il padre mutasse sentimento, sebbene glielo richiedesse con lacrime.
18Voi infatti non vi siete accostati a un luogo tangibile e a un fuoco ardente, né a oscurità, tenebra e tempesta,19né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano che Dio non rivolgesse più a loro la parola;20non potevano infatti sopportare l'intimazione: 'Se anche una bestia tocca il monte sia lapidata'.21Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: 'Ho paura' e tremo.22Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa23e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione,24al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele.
25Guardatevi perciò di non rifiutare Colui che parla; perché se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che promulgava decreti sulla terra, molto meno lo troveremo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli.26La sua voce infatti un giorno scosse la terra; adesso invece ha fatto questa promessa: 'Ancora una volta io scuoterò' non solo 'la terra', ma anche 'il cielo'.27La parola 'ancora una volta' sta a indicare che le cose che possono essere scosse son destinate a passare, in quanto cose create, perché rimangano quelle che sono incrollabili.
28Perciò, poiché noi riceviamo in eredità un regno incrollabile, conserviamo questa grazia e per suo mezzo rendiamo un culto gradito a Dio, con riverenza e timore;29perché il nostro 'Dio è un fuoco divoratore'.
Capitolo XXIX: Invocare e benedire Dio nella tribolazione
Leggilo nella Biblioteca"Sia sempre benedetto il tuo nome" (Tb 3,23), o Signore; tu che hai disposto che venisse su di me questa tormentosa tentazione. Sfuggire ad essa non posso; devo invece rifugiarmi in te, perché tu mi aiuti, mutandomela in bene.
Signore, ecco io sono nella tribolazione: non ha pace il mio cuore, anzi è assai tormentato da questa passione.
Che dirò, allora, o Padre diletto? Sono stretto tra queste angustie; "fammi uscire salvo da un tale momento. Ma a tale momento io giunsi" (Gv 12,27) perché, dopo essere stato fortemente abbattuto e poi liberato per merito tuo, tu ne fossi glorificato. "Ti piaccia, o Signore, di salvarmi tu" (Sal 39,14); infatti che cosa posso fare io nella mia miseria; dove andrò, senza di te? Anche in questo momento di pericolo dammi di saper sopportare; aiutami tu, o mio Dio: non avrò timore di nulla, per quanto grande sia il peso che graverà su di me. E frattanto che dirò? O Signore, "che sia fatta la tua volontà" (Mt 26,42). Bene le ho meritate, la tribolazione e l'oppressione; e ora debbo invero saperle sopportare, - e, volesse il cielo, sopportare con pazienza - finché la tempesta sia passata e torni la bonaccia.
La tua mano onnipotente può fare anche questo, togliere da me questa tentazione o mitigarne la violenza, affinché io non perisca del tutto: così hai già fatto più volte con me, "o mio Dio e mia misericordia" (Sal 58,17). Quanto è a me più difficile, tanto è più facile a te "questo cambiamento della destra dell'Altissimo" (Sal 76,11).
Omelia 106: La conoscenza è legata alla fede.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Commenteremo ora, con l'aiuto del Signore, queste parole che fanno parte della sua orazione: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato traendoli dal mondo (Gv 17, 6). Se queste parole si riferiscono solamente ai discepoli con i quali aveva cenato e ai quali, prima di cominciare la sua orazione, aveva detto tante cose, sembra non abbiano relazione con quella manifestazione di gloria - o glorificazione, come altri traducono - con cui il Figlio fa risplendere la gloria, o glorifica il Padre. Quanta e quale gloria era infatti l'essersi manifestato a dodici anzi undici mortali? Se invece con le parole: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato traendoli dal mondo, ha voluto intendere tutti, anche quelli che in futuro avrebbero creduto in lui, tutti gli appartenenti a quella grande Chiesa che si sarebbe raccolta da tutte le genti, e della quale nel salmo si canta: Ti canterò in una grande assemblea (Sal 34, 18), allora sì che si realizza questa glorificazione con cui il Figlio glorificò il Padre, facendo conoscere il suo nome a tutte le genti e a tante generazioni umane. E il senso di queste parole: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato traendoli dal mondo, corrisponde al senso di quell'altra: Io ti ho glorificato sulla terra (Gv 17, 4) e nella quale, come in questa, usa il passato al posto del futuro, perché egli sa che ciò dovrà necessariamente avvenire essendo predestinato; perciò dice d'aver già compiuto quanto, senza alcun dubbio, avrebbe compiuto in avvenire.
2. Ma è più verosimile che egli dica queste parole: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato traendoli dal mondo, riferendosi a coloro che erano già suoi discepoli, non a tutti quelli che avrebbero creduto in lui, come risulta dalle parole che seguono. Infatti, detto questo, egli aggiunge: Erano tuoi, e me li hai dati, e hanno custodito la tua parola. Essi, ora, sanno che tutto ciò che mi hai dato viene da te, perché le parole che mi hai date le ho date a loro; ed essi le hanno ricevute e hanno riconosciuto davvero che sono uscito da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato (Gv 17, 6-8). Benché anche queste parole si sarebbero potute applicare a tutti i futuri fedeli, come già realizzate nella speranza, pur essendo ancora future; tuttavia quello che segue ancor più ci induce a ritenere che queste cose si riferivano solamente ai discepoli che aveva allora. Dice infatti: Quando ero con loro, io stesso li conservavo nel nome tuo; quelli che mi hai dati li ho custoditi; e nessuno di loro è perito, tranne il figlio della perdizione, affinché la Scrittura si adempisse (Gv 17, 12). Allude a Giuda, che lo tradì, l'unico dei dodici Apostoli che si è perduto. Poi continua: Ma ora io vengo a te (Gv 17, 13). Quindi è chiaro che dicendo: Quando ero con loro, io stesso li conservavo nel tuo nome egli parla della sua presenza fisica, come se già con tale presenza non fosse più insieme con loro. In questo modo, dicendo: Ora io vengo a te, annuncia imminente la sua ascensione: è sul punto di ascendere alla destra del Padre, donde verrà a giudicare i vivi e i morti nuovamente con la sua presenza corporale, in base alle norme della fede e della sana dottrina. Con la presenza spirituale, infatti, sarebbe rimasto con loro dopo la sua ascensione e con tutta la Chiesa in questo mondo fino alla consumazione dei secoli (cf. Mt 28, 20). Perciò in queste parole: Quando ero con loro, io stesso li conservavo nel tuo nome, non possono essere compresi se non quei credenti che aveva già cominciato a conservare con la sua presenza corporale e che, privati fra poco di questa, avrebbe continuato a conservare, insieme al Padre, con la sua presenza spirituale. Aggiunge però anche gli altri suoi seguaci, dicendo: Non prego per questi soltanto, ma anche per coloro che crederanno in me per mezzo della loro parola (Gv 17, 20); dove più chiaramente appare che quando prima aveva detto: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato, non parlava di tutti gli uomini che avrebbero creduto, ma soltanto di quelli che erano là ad ascoltarlo.
[La gloria del Padre estesa a tutti gli uomini.]
3. E così, dall'inizio della sua orazione, quando levati gli occhi al cielo, disse: Padre, è venuta l'ora; glorifica il tuo Figlio affinché tuo Figlio glorifichi te, fino a quando poco dopo disse: e adesso glorificami tu, Padre, presso di te, con la gloria che, prima che il mondo fosse, avevo presso di te (Gv 17, 1-5), intendeva parlare di tutti i suoi fedeli, nei quali glorifica il Padre facendolo ad essi conoscere. Infatti quando dice: affinché il Figlio glorifichi te, indica subito in che modo ciò dovrà avvenire, aggiungendo: siccome gli hai dato potere sopra ogni carne, affinché dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17, 2-3). Infatti non può il Padre venire glorificato mediante la conoscenza che di lui potranno avere gli uomini, se non si conosce anche colui per mezzo del quale egli viene glorificato, per mezzo del quale cioè viene conosciuto dai popoli. Questa è la glorificazione del Padre, realizzata non solo in quegli Apostoli, ma in tutti gli uomini, che sono membra del corpo il cui Capo è Cristo. E non si possono certo restringere ai soli Apostoli le parole: siccome gli hai dato potere sopra ogni carne, affinché dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Esse si estendono a tutti coloro ai quali viene concessa la vita eterna per aver creduto in lui.
4. Vediamo ora cosa dice dei suoi discepoli che erano là ad ascoltarlo: Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato. Vuol dire allora che, pur essendo Giudei, non conoscevano il nome di Dio? Ma non si trova forse nei salmi questo versetto: Iddio è conosciuto in Giudea, grande è il suo nome in Israele (Sal 75, 2)? Ho manifestato, quindi, il tuo nome a questi qui che mi hai dato traendoli dal mondo, e che mi ascoltano mentre dico questo; ma non ho manifestato loro quel tuo nome con cui sei chiamato Dio, bensì quello con cui sei invocato "Padre mio". E questo nome non poteva essere manifestato agli uomini se non fosse stato lo stesso Figlio a manifestarlo. Infatti, in quanto è chiamato Dio di tutte le creature, questo nome non ha potuto rimanere del tutto ignorato neppure alle genti, anche prima che credessero in Cristo. Tale infatti è l'evidenza della vera divinità, che essa non può rimanere del tutto nascosta alla creatura razionale che sia ormai capace di ragionare. Fatta eccezione di pochi, nei quali la natura è troppo depravata, tutto il genere umano riconosce Dio come autore di questo mondo. E così, come creatore di questo mondo che si offre al nostro sguardo in cielo e sulla terra, Dio era noto a tutte le genti, anche prima che abbracciassero la fede di Cristo. In quanto poi unico Dio degno di culto, da non mescolarsi sacrilegamente col culto di false divinità, Iddio era conosciuto in Giudea. Ma in quanto Padre di Cristo, per mezzo del quale toglie i peccati del mondo, questo suo nome, prima sconosciuto a tutti, lo stesso Cristo lo ha manifestato adesso a coloro che il Padre gli ha dato traendoli dal mondo. Ma in che senso lo ha manifestato, se ancora non è venuta l'ora di cui aveva parlato prima dicendo: Viene l'ora in cui non vi parlerò più in parabole, ma vi intratterrò apertamente sul Padre mio (Gv 16, 25)? Si può considerare manifestazione un discorso in parabole? Perché allora dice: vi intratterrò apertamente, se non perché in parabole non è apertamente? Si dice apertamente una cosa quando non la si nasconde con parabole, ma si manifesta con parole. In che senso allora aveva già manifestato quanto ancora non ha detto apertamente? Bisogna dunque ammettere che ha usato il passato al posto del futuro, come in quella frase: Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi (Gv 15, 15). Era una cosa che non aveva ancora fatta, ma ne parlava come se già avesse fatto ciò la cui realizzazione sapeva che era stata immutabilmente prestabilita.
5. Che significa: quelli che mi hai dati traendoli dal mondo? Era
stato detto di loro che non erano del mondo: effetto, in essi, non
della generazione ma della rigenerazione. E che significa ciò che segue:
Erano tuoi, e me li hai dati? C'è stato forse un tempo in cui
erano del Padre ma non dell'unigenito suo Figlio, e c'è stato un tempo
in cui il Padre ha avuto qualcosa che il Figlio non avesse? No di certo.
C'è stato però un tempo in cui come Dio il Figlio aveva qualcosa che
come uomo ancora non aveva; sì, perché come uomo non era ancora nato da
sua madre, quando già, insieme al Padre, possedeva ogni cosa. Perciò
dicendo: Erano tuoi, non pone una separazione tra Dio Padre e Dio
Figlio, dato che il Padre non ha mai avuto nulla che non avesse anche
il Figlio; ma vuole attribuire, come è solito fare, tutto il suo potere a
colui dal quale egli stesso procede. Infatti, da chi ha l'essere ha
anche il potere; ed ha posseduto sempre una cosa e l'altra insieme,
perché mai c'è stato un momento in cui era e non avesse il potere.
Perciò il Padre ha sempre condiviso tutto il suo potere col Figlio,
perché colui che non è mai stato senza potere, non è mai stato senza il
Padre, né mai il Padre è stato senza il Figlio. E come il Padre eterno è
onnipotente, così il Figlio coeterno è onnipotente; e se è onnipotente,
è anche onnitenente. Sarebbe appunto questa la traduzione letterale, se
volessimo rendere con proprietà il greco ,
che i latini non avrebbero tradotto "onnipotente" invece che
"onnitenente", se i due termini non fossero sinonimi. Che cosa dunque ha
potuto avere l'eterno onnitenente che nel medesimo tempo non avesse il
coeterno onnitenente? Dicendo poi: e me li hai dati, dimostra che
egli come uomo ha ottenuto di poterli avere; egli infatti che sempre è
stato onnipotente, non sempre è stato uomo. Perciò, mentre sembra
attribuire al Padre il fatto di averli ottenuti (in quanto tutto ciò che
esiste è dal Padre dal quale anch'egli proviene), tuttavia egli stesso
se li è dati. Cioè, Cristo, in quanto Dio insieme al Padre, ha dato gli
uomini a Cristo in quanto uomo e non uguale in ciò al Padre. Insomma,
colui che ora dice: Erano tuoi, e me li hai dati, precedentemente aveva detto ai discepoli: Io vi ho scelti dal mondo
(Gv 15, 19). Si calpesti qui, e scompaia ogni pensiero grossolano. Il
Figlio dice che il Padre gli ha dato, traendoli dal mondo, quegli stessi
uomini ai quali altrove dice: Io vi ho scelti dal mondo. Come
uomo il Figlio ha ricevuto dal Padre, che li ha tratti dal mondo, quegli
stessi uomini che come Dio il Figlio scelse dal mondo assieme al Padre;
il Padre infatti non li avrebbe potuti dare al Figlio, se non li avesse
scelti. Così come il Figlio non si separa dal Padre quando dice: Io vi ho scelti dal mondo, perché li scelse insieme al Padre, così neppure si separa dal Padre dicendo: Erano tuoi, in
quanto essi erano ugualmente del Figlio. Adesso, tuttavia, come uomo il
medesimo Figlio riceve quelli che non erano suoi, nello stesso modo in
cui come Dio ha ricevuto la forma di servo, che non era sua.
6. Continua dicendo: E hanno custodito la tua parola. Essi, ora, hanno conosciuto che tutto ciò che mi hai dato viene da te; cioè essi sanno che io vengo da te. Il Padre infatti gli ha dato tutto, quando lo ha generato perché avesse tutto. Perché le parole che mi hai date le ho date a loro, ed essi le hanno ricevute; cioè le hanno comprese e ritenute. La parola, infatti, si riceve quando con l'intelligenza se ne penetra il significato. E hanno veramente conosciuto che sono uscito da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato. Anche qui bisogna sottintendere l'avverbio veramente. Aggiungendo infatti: e hanno creduto, il Signore spiega le parole precedenti, e cioè: hanno veramente conosciuto. Essi hanno veramente creduto ciò che hanno veramente conosciuto; e così l'affermazione: sono uscito da te corrisponde a quell'altra: tu mi hai mandato. E per evitare che, basandosi sulla sua frase: hanno veramente conosciuto, qualcuno pensi che questa conoscenza sia già per visione e non per fede, spiegandola aggiunge: e hanno creduto, sottintendendo veramente; e così ci rendiamo conto che hanno veramente conosciuto è lo stesso che hanno veramente creduto. Non però in quel modo che aveva indicato poco prima dicendo: Adesso credete? Ecco, viene l'ora, anzi è venuta, in cui vi disperderete, ciascuno per conto suo, e mi lascerete solo (Gv 16, 31-32). Ora, egli dice, essi hanno creduto veramente, cioè come si deve credere: in modo inconcusso, sicuro, stabile, forte; in modo da non fuggirsene più ciascuno per conto suo, lasciando Cristo solo. I discepoli non erano ancora arrivati ad essere come Cristo li definisce usando il verbo al passato, come se già lo fossero; ma predice quali saranno quando avranno ricevuto lo Spirito Santo, il quale, secondo la sua stessa promessa, insegnerà loro ogni cosa. Come poté dire il Signore che avevano osservato le sue parole, prima di ricevere lo Spirito Santo, quasi che l'avessero fatto per davvero, quando il primo fra loro per tre volte rinnegò il Maestro (cf. Mt 26, 69-74), pur dopo aver ascoltato dalla sua bocca cosa doveva attendersi chi lo avesse rinnegato davanti agli uomini (cf. Mt 10, 33)? Egli dunque diede a loro, secondo la sua espressione, le parole che il Padre gli aveva date; ma soltanto quando le accolsero non più esteriormente mediante le orecchie del corpo, ma spiritualmente nei loro cuori, allora veramente le accolsero perché veramente le conobbero. E le hanno veramente conosciute perché hanno veramente creduto.
7. Ma con quali parole potrà l'uomo spiegare in che modo il Padre ha dato al Figlio quelle parole? Certo, il problema mi sembra più semplice, se si crede che le ha ricevute dal Padre in quanto è il Figlio dell'uomo. E anche così, chi potrà spiegare come e quando le ha apprese dopo esser nato dalla Vergine, se è inspiegabile la sua medesima generazione nel seno della Vergine? Se poi si ritiene che abbia ricevuto queste parole dal Padre in quanto è generato dal Padre e coeterno al Padre, si escluda allora ogni idea di tempo, che ci porterebbe a pensare che egli sia esistito prima di averle, e per averle abbia dovuto riceverle. Infatti tutto ciò che Dio Padre ha dato a Dio Figlio, glielo ha dato generandolo. Il Padre, così come gli ha dato l'essere, gli ha dato quelle parole, senza delle quali il Figlio non sarebbe. Infatti, come poteva in altro modo dare le parole al Verbo, nel quale in modo ineffabile il Padre ha detto tutto? Il seguito bisognerà rimandarlo ad altro discorso.
Nono Venerdì - IL DOLORE
I nove primi venerdì del mese - Santa Maria Alacoque
Leggilo nella Biblioteca—1—
Se Dio è Amore e Misericordia, come si spiega il dolore che
attanaglia l’umanità? Questa è la difficoltà
più frequente che si sente fare anche dal credente, dal
cristiano che frequenta la Chiesa e i Sacramenti, perché si
dimentica che il mondo com’è adesso non è quello
voluto da Dio, ma quello rovinato dal peccato.
Dio, dopo aver
creato il mondo con tutte le meraviglie che ci circondano: il sole,
la luna, le stelle, i mari, i monti, le piante, i fiori, i frutti di
ogni genere; dopo aver creato l’indefinita varietà di
pesci, di uccelli, di animali; dopo aver preparato la culla del
genere umano con tutte le delizie del paradiso terrestre, volle
creare l’uomo a sua immagine e somiglianza per renderlo
partecipe un giorno della sua stessa felicità eterna.
Creando
l’uomo avrebbe potuto lasciarlo nel semplice stato naturale e,
dopo una vita naturalmente onesta, dargli una felicità
naturale, infinitamente inferiore a quella soprannaturale del
Paradiso. Dio, invece, elevò l’uomo allo stato
soprannaturale facendolo suo figlio adottivo. Siccome il figlio deve
avere la stessa natura del padre, Dio lo fece partecipe della sua
natura divina mediante la grazia santificante, per cui Gesù ci
fa pregare: «Padre nostro, che sei nei cieli... » (Matt.
6,9), e San Giovanni (I Gv. 3,1-2) ci dice: «Quale grande amore
ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo
realmente!... Carissimi noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma
ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo
però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo
simili a Lui perché lo vedremo così come Egli è».
Oltre
il dono soprannaturale della grazia santificante, che ci fa partecipi
della vita divina, Dio aveva dato all’uomo altri doni, fra i
quali quelli preternaturali dell’impassibilità e
dell’immortalità, per cui l’uomo non doveva mai
soffrire e mai morire. Tali doni erano però legati alla
riuscita della prova alla quale Dio sottopose l’uomo.
Che
cosa poteva mancare all’uomo in quella dimora incantevole?
Nulla: godeva un paradiso in terra in attesa di entrare un giorno
nella gloria e nel possesso di Dio per tutta l’eternità.
Un
solo comando gli aveva dato Dio: non mangiare i frutti dell’albero
che si trovava nel mezzo del giardino del paradiso terrestre.
Conosciamo la storia della sua dolorosa caduta:
Adamo, spinto da
Eva già sedotta da Satana, si ribellò a Dio mangiando
il frutto dell’albero vietato. Commise il primo peccato grave
di superbia e di ribellione, chiamato «peccato originale»,
perché Adamo è il capostipite dell’umanità.
L’uomo,
staccandosi da Dio con una scelta libera ed errata, ha innescato
tutto un processo di realtà negative, delle quali la peggiore
è la morte. Infatti la parola di Dio (Sap. 2:23) dice «Dio
ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a
immagine della sua natura. La morte è entrata nel mondo per
invidia del Diavolo» che convinse Adamo a ribellarsi all’ordine
di Dio.
Come conseguenza del peccato non dobbiamo intendere solo
la morte, ma anche la sofferenza di ogni tipo che ne è il
sottoprodotto.
Il Padre, sin dal primo istante dopo il peccato,
incalza col suo amore questi figli ribelli che si nascondono e cerca
di provocare il loro pentimento, rivolgendosi prima ad Adamo: «Dove
sei?», e poi ad Eva:
«Che cosa hai fatto?» (Gen.
3,8-12).
Sarebbe bastato che almeno uno di loro gli avesse detto:
«Ho sbagliato! E colpa mia! » per permettere al Padre di
reintegrarli nel primitivo stato di grazia, cioè della vita
divina che li aveva resi figli di Dio e re del creato.
Dal momento
che Adamo ed Eva non aff errarono il suo richiamo d’amore, il
Padre prova con le maniere forti, presentando il drammatico quadro
delle conseguenze del loro peccato, nella speranza che (se non per
amore almeno per timore) riconoscano il loro errore, il loro peccato.
Il Padre è sempre pronto al perdono, per convincercene basta
citare un parallelo biblico con quello che Dio, mediante il profeta
Natan, dice a Davide, dopo i suoi grandi peccati (2 Sam. 12,9-13):
«Tu hai colpito di spada Uria 1’Hittita, hai preso in
moglie sua moglie e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti.
Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché
ti mi hai disprezzato... Ecco io sto per suscitare contro di te la
sventura dalla tua stessa casa.
Allora Davide disse a Natan: Ho
peccato contro il Signore! Natan rispose a David: Il Signore ha
perdonato il tuo peccato; tu non morirai». Dio per mezzo del
profeta Natan che parla a suo nome, usa con Davide lo stesso tono e
lo stesso stile che usò con Adamo.
Davide riconosce il suo
peccato ed è salvo; tutte le sciagure prospettate su di lui e
sulla sua famiglia vengono sciolte dal Padre che «perdona il
peccato» e libera dalle sue conseguenze. Adamo invece non
riconosce la sua colpa e il Padre non può intervenire con la
sua misericordia. La famiglia umana, perché discendente da
Adamo ed Eva, dovrà subire tutte le conseguenze del peccato:
la sofferenza, la morte e tutte le angherie del Demonio, il padrone
di cui il capostipite, Adamo, si è reso schiavo. Perciò
il dolore e la morte sono le conseguenze del peccato originale
aggravate dei peccati personali di ogni uomo.
Questo ci spiega
perché la sofferenza e la morte ci ripugnano, proprio perché
Dio ci ha creati per la felicità e l’immortalità.
Gesù Cristo, la seconda Persona della SS.ma Trinità,
s’incarnò nel seno purissimo dell’Immacolata e
sempre Vergine Maria, e s’immolò sulla croce per rifare
l’uomo decaduto di nuovo figlio di Dio ed erede del Paradiso.
Per realizzare questo Gesù scelse la via della sofferenza,
insegnandoci così che la sofferenza è condizione
necessaria per salvarsi.
—2—
Dio è Amore (Gv. 4:8). La fede in questa fondamentale
verità è necessaria per poter scorgere nell’amore
di Dio la causa prima ed efficiente di tutte le sue opere.
È
la sovrabbondanza del suo amore che ha reso Dio Creatore: «Tutto
è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui niente è
stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv. 1:3).
È
il suo amore che ha ispirato l’Incarnazione: «Dio ha
tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito» (Gv.
3:16).
È l’ineffabile suo amore che ha voluto la
redenzione: «Vivo nella fede che ho sul Figlio di Dio che mi ha
amato e ha sacrificato sé stesso per me» (Gal.2:20).
È
il suo tenero amore che ci ha dato i Sacramenti e particolarmente
l’Eucaristia: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo,
li amò fino alla fine» (Gv. 13:1).
È il suo
amore che ha disposto il Purgatorio per le anime che le prove e le
sofferenze della vita non hanno abbastanza purificato.
È il
suo amore infinito che ha preparato il Paradiso per le anime di buona
volontà.
È il suo amore oltraggiato, respinto e
giusto che ha creato l’inferno per gli Angeli ribelli e per gli
uomini che, fino all’ultimo istante della loro vita terrena,
disprezzano e rifiutano la grazia dell’Amore misericordioso che
li chiama al pentimento e alla salvezza. Un paragone chiarisce
l’affermazione. Immaginiamo un padre molto buono, che sacrifica
tempo, energie, salute, sostanze, tutto sé stesso per il bene
di un figlio. Costui, anziché ricambiare con amore
riconoscente, pensa solo a sfruttare i benefici del padre e a
beffarlo e ingiuriarlo. Il padre potrà sopportare, perdonare,
correggere, richiamare per moltissime volte, ma quando tutto ciò
è diventato inutile, si sdegnerà e punirà il
figlio malvagio. Così fa Dio col peccatore ostinato. Egli ha
amato l’uomo smisuratamente fino a sacrificare sé
stesso. Ma se l’uomo sdegna quest’amore, allora Dio deve
dare corso alla sua giustizia per riparare il suo amore.
L’inferno
stesso è diventato nei mirabili disegni di Dio un
efficacissimo mezzo di salvezza. Infatti se non ci fosse l’inferno
pochissimi andrebbero in Paradiso: solo i Santi che amano Dio con
tutto l’ardore del loro cuore, mentre la stragrande maggioranza
degli uomini, incantata, stordita e ingannata dai piaceri terreni,
dimenticherebbe Dio e disprezzerebbe il suo Paradiso. Invece la paura
dell’inferno eterno spinge moltissimi a pentirsi dei loro
peccati, a confessarsi per rimettersi in grazia di Dio e quindi a
salvarsi. Per que— sto si può benissimo dire che salva
più anime l’inferno che il Paradiso.
—3—
Inoltre dobbiamo credere nell’amore di Dio nei singoli
avvenimenti di cui s’intreccia la vita del mondo e dei singoli
individui. Dio non può fare che opera di amore anche quando
castiga su questa terra, perché il castigo di Dio è uno
solo, 1inferno eterno, mentre i castighi temporali sono atti di
misericordia per la salvezza delle anime.
Ecco al riguardo quanto
diceva Gesù ad un’anima privilegiata, Suor Consolata
Betrone. Durante il conflitto italo-etiopico (1935-36), pregando Suor
Consolata per i Cappellani militari perché si mantenessero
all’altezza della loro missione, Gesù le rispondeva:
«Vedi questi giovani (i soldati), la maggior parte nelle loro
case marcirebbero nei vizi. Invece in guerra, lontani dell’occasione,
con l’assistenza del Cappellano, mori ranno e saranno
eternamente salvi». La stessa cosa le ripeteva circa la crisi
economica che già travagliava il mondo primi dell’ultimo
conflitto mondiale:
«Anche la miseria attuale che regna nel
mondo non è opera della mia giustizia, ma della mia
misericordia. Quante colpe di meno per mancanza di denaro. Quante
preghiere di più s’innalzeranno verso il cielo nelle
strettezze finanziarie. Oh, non credere che i dolori della terra non
mi commuovono, ma Io amo le anime, le voglio salve, e per raggiungere
il mio scopo sono costretto ad usare rigori. Ma credilo, è per
fare misericordia. Nell’abbondanza le anime si dimenticano di
me e sì perdono, nella miseria tornano a Me e si
salvano».
Durante la tremenda seconda guerra mondiale, l’8
dicembre 1940 fra Gesù e Suor Consolata supplicante per la
pace, si svolgeva il seguente dialogo:
— Vedi, Consolata, se
oggi Io concedessi la pace, il mondo ritornerebbe nel fango... la
prova non sarebbe sufficiente...
— Ma, Gesù, tutta
questa gioventù inviata al macello!
— Oh, non è
meglio due, tre anni di acerbe, intense, inaudite sofferenze e poi
un’eternità di gaudii, anziché un’intera
vita di dissolutezze e poi un’eterna dannazione?...
—
Ma, Gesù, non sono tutti cattivi!
— Ebbene, i buoni
aumenteranno i loro meriti. No, non dare la colpa ai capi delle
nazioni, essi sono semplici strumenti nelle mie mani. Per potere
salvare il mondo oggi è necessario così. Oh, quanta
gioventù ringrazierà in eterno Dio per essere perita in
questa guerra che l’ha salvata eternamente! Hai capito?... Se
Io permetto tanto, tanto dolore nel mondo è per questo unico
scopo: salvare le anime per l’eternità». Non passi
inosservata la luminosa profondità delle parole «Non
dare la colpa ai capi delle nazioni, essi sono semplici strumenti
nelle mie mani», che ricordano il divino insegnamento al
profeta Isaia (Is. 10:5-6):
«Oh! Assiria, verga del mio
furore, bastone del mio sdegno. Contro una nazione empia (Giuda) io
la mando e la comando contro un popolo con cui sono in collera perché
lo saccheggi, Io depredi e lo calpesti come fango di strada».
Anche
per bocca del profeta Geremia (Ger. 51:20) Dio dice di Babilonia:
«Un
martello sei stata per me, uno strumento di guerra; con te martellavo
i popoli, con te annientavo i regni». Questa mistica visione
delle tragedie storiche prodotte dai «capi delle nazioni>’
che sono «semplici strumenti» nelle mani del Signore: 1)
Non toglie la loro responsabilità del male che fanno e di cui
hanno da rendere conto; 2) non impedisce che l’onnipotenza di
Dio faccia servire anche la malvagità umana all’attuazione
del suo disegno provvidenziale di eterna salvezza; 3) i flagelli
della vita presente, accettati a purificazione nostra, servendocene
pazientemente, diventano mezzi di soddisfazione e di espiazione, di
santificazione e di apostolato.
—4—
Come nelle sventure pubbliche, così in quelle familiari e
individuali bisogna credere nell’amore di Dio. Sempre, anche
nei casi più intensamente dolorosi, davanti ai quali l’umana
ragione si domanda smarrita: ma perché? La risposta che viene
dal cielo è ancora: amore, bontà, misericordia di
Dio.
Un giorno alle lacrime di Suor Consolata per l’improvvisa
morte di una sua compagna d’infanzia, certa Celeste Canda, che
lasciava orfani quattro bimbi, dei quali la maggiore di appena nove
anni, Gesù rispondeva: «Celeste Candia ora gode la mia
dolce eterna visione e dal Paradiso veglia con maggiore tenerezza
sulle anime dei suoi quattro bimbi, più che se fosse rimasta
sulla terra». Quale soave conforto, quanta luce di Cielo
gettano queste semplici parole su tutti i lutti familiari! La fede è
l’unica forza nel dolore!
—5—
Insomma credere all’amore misericordioso di Gesù vuol
dire che Egli ci ama, ci vuole salvi e che tutto ciò che Egli
opera, vuole o permette, sia nel mondo universo come nel piccolo
mondo dell’anima, è sempre per il nostro bene. Sono
poche però le anime, anche se dedite alla pietà, che
abbiano questa fede viva e pratica nell’amore di Dio. Ce
l’hanno forse, ma debole e facilmente essa vacilla sotto i
colpi di scalpello del divino Artefice intesi a perfezionare l’opera
delle sue mani.
Lo scultore ha dinnanzi a sé un blocco di
marmo informe e ne vuole ricavare una bella statua. Prende lo
scalpello e batte e ribatte sul marmo fino a quando la figura umana
marmorea corrisponde a quella che ha ideato. Se il marmo potesse
sentire e parlare direbbe all’artista: ma perché mi
batti?... perché mi tormenti?... lasciami in pace! Lo scultore
potrebbe rispondere: Faccio tutto questo per il tuo bene. Tu saresti
un blocco di marmo insignificante, mentre col mio lavoro ti rendo
celebre. Verranno a visitarti uomini illustri. Tu passerai alla
storia e verrai custodito come un tesoro! — Così fa Gesù
con noi. Sotto lo scalpello del dolore quante virtù
esercitiamo: la fede, la speranza, la carità, l’umiltà,
la pazienza e tante altre virtù. Quale cumulo di meriti
guadagniamo per il Paradiso. Quante anime potremo salvare.
Le
nostre sofferenze, in sé stesse di pochissimo valore, unite
però alle sofferenze di Gesù Cristo, acquistano un
valore inestimabile per la salvezza di tanti nostri fratelli
peccatori. Ecco al riguardo il luminoso esempio del Papa Giovanni
Paolo Il. Il giorno 24 maggio 1981, a undici giorni del sacrilego
attentato, il Papa alla folla, accorsa in Piazza S. Pietro a
mezzogiorno, rivolge un significativo messaggio registrato in cui
dice fra l’altro: «Desidero oggi rivolgermi in modo
particolare a tutti gli ammalati, esprimendo ad essi io, infermo come
loro, una parola di conforto e di speranza. Quando, all'indomani
della mia elezione alla Cattedra di Pietro, venni per una visita al
Policlinico Gemelli, dissi di volere appoggiare il mio ministero
papale soprattutto su quelli che soffrono. La Provvidenza ha disposto
che al Policlinico Gemelli ritornassi da malato. Riaffermo ora la
medesima convinzione di allora: la sofferenza accettata in unione con
Cristo sofferente ha una sua efficacia impareggiabile per
l’attuazione del disegno divino della salvezza. Ripeterò
quindi con San Paolo: Sono lieto delle sofferenze che sopporto per
voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di
Cristo a favore del suo Corpo che è la Chiesa. Invito tutti
gli ammalati ad unirsi a me nell’offerta a Cristo dei loro
patimenti per il bene della Chiesa e dell’umanità. Maria
Santissima ci sia di sostegno e di conforto».
Quante
anime sono portate a vedere in Dio più che il Padre buono il
Padrone severo! E per esse questo dolce lamento di Gesù a Suor
Consolata: «Non fatemi Dio di rigore, mentre Io non sono che
Dio di amore!».
— E per esse la risposta di Gesù
a Suor Consolata, che gli aveva domandato come preferisse essere
chiamato: «Amore immenso, Bontà infinita». —
per esse ancora il consiglio di Gesù a lei, indecisa se
mettere in una lettera — che veniva inviata ad una persona
benefattrice del monastero — «Il Cuore Sacratissimo di
Gesù» oppure «Il Cuore buono di Gesù»:
“Metti «il Cuore buono di Gesù» perché
che Io sia santo lo sanno tutti, ma che sia buono non tutti lo
sanno”.
L’anima pertanto che vuole vivere di amore,
deve ben fondarsi in questa verità: Dio è Amore e tutto
quello che vuole o permette nei riguardi di ciascuno di noi è
per il nostro maggior bene, per la nostra santificazione e salvezza
eterna — ed applicarla ai mille casi della vita quotidiana. Non
fermarsi alle creature o agli eventi, ma in tutto vedere Dio e il suo
amore misericordioso; e sempre, tanto nelle cose prospere quanto
nelle avverse, nella quiete o tra i flutti in tempesta, raccogliere
le proprie energie per far giungere al Cielo il grido della sua fede
incrollabile: Sacro Cuore di Gesù, credo al tuo amore per
me!
Ma se quando siamo provati dalla sofferenza ci lamentiamo
contro il Signore, dimostriamo di avere pochissima fede. Chi non ha
assistito qualche volta ad una vaccinazione di bambini? La mamma
stessa porta dal dottore il suo bambino tanto amato. Il piccolo
strilla, sferra calci con i suoi piedini per sfuggire dalle braccia
materne, graffia e piange: Mamma cattiva, mamma cattiva! Ma la mamma,
nonostante la sofferenza interna del suo cuore, non si lascia
commuovere, denuda le rosee braccine e le sottopone alla lancetta
pungente del dottore perché le scalfisca fino al sangue. La
mamma perché fa vaccinare il suo bambino? Per farlo soffrire?
No certamente, ma per preservarlo dalle malattie e fargli godere
ottima salute. Così Dio, Padre nostro, fa con noi: ci
sottopone alla vaccinazione del dolore per farci scampare dalle
malattie gravi del peccato, che possono mandarci all’inferno, e
per farci godere eternamente il Cielo. — Sotto la stretta del
dolore noi, come un bambino che ancora non capisce, ci rivoltiamo
contro Dio con i nostri insulti, bestemmie, insofferenze quasi a
volerlo graffiare come i bambini della vaccinazione, ma il Signore
che ci ama di un amore infinito non si lascia commuovere perché
vuole il vero bene: la nostra salvezza e felicità eterna. —
Quei bambini vaccinati, quando saranno cresciuti diranno: benedetta
la severità della mia mamma che mi ha fatto soffrire perché
così ora godo ottima salute! — Così noi provati
ora dalla sofferenza, quando saremo in Paradiso, esclameremo:
benedetta la severità di Dio che ci ha fatto soffrire sulla
terra perché così abbiamo evitato l’inferno ed
ora possiamo godere dell’eterna felicità dei beati!
La sofferenza è anche castigo ma sempre
permeato di misericordia.
Quando Gesù incontrò nel
tempio il paralitico, guarito miracolosamente, gli disse: «Non
peccare più affinché non ti accada di peggio!»
(Gv. 5). Queste parole di Gesù ci dicono chiaramente che tanti
mali, tante sofferenze piombano sugli uomini come punizioni dei
peccati. Il Signore manda i suoi castighi sulla terra ora qua, ora là
secondo i suoi provvidi disegni. Gli uomini non sempre si accorgono
della giustizia di Dio ed attribuiscono, specialmente i grandi
cataclismi, alle leggi naturali. Un terremoto distrugge una città;
una alluvione devasta un paese; un’eruzione vulcanica
seppellisce una contrada; una violenta grandinata rovina un raccolto;
una prolungata siccità rende inutile il lavoro dei contadini
ecc. Questi fenomeni si possono spiegare mediante le leggi naturali,
però chi opera è sempre Dio che, servendosi delle cause
seconde, dà libero corso alla sua giustizia per punire qui la
bestemmia, là la profanazione del giorno festivo, in un luogo
l’impurità, in un altro luogo l’omicidio ecc. —
Una conferma di questo ci viene dalla Madonna nella sua terza
apparizione a Fatima, 13 luglio 1917: « La guerra (1914-18) sta
per finire, ma se gli uomini non cessano di offendere il Signore...
ne incomincerà un’altra peggiore. Quando vedrete una
notte illuminata da una luce sconosciuta — (la così
detta straordinaria aurora boreale che illuminò il cielo la
notte dal 25 al 26 gennaio 1938) — sappiate che quello è
il grande segno che vi dà Dio che prossima è la
punizione del mondo per i suoi tanti delitti mediante la guerra, la
fama e le persecuzioni contro la Chiesa e il Santo Padre)».
—
E i giusti, i bambini, gli innocenti?
Tanti dicono: Ma fra i
peccatori non ci sono pure i bambini innocenti, i buoni? Perché
devono soffrire anche loro se non hanno peccato? Questa difficoltà
sorge perché noi in ogni tribolazione, in ogni sofferenza
vediamo soltanto un castigo. Ma non è così, perché
mentre il dolore è castigo per i peccatori, è fonte di
meriti per i giusti, per gl’innocenti. — Non dobbiamo
dimenticare che la felicità del Paradiso è
proporzionata ai meriti e quindi i giusti, gl’innocenti avranno
una gloria immensa in Cielo per le sofferenze subite sulla terra.
Inoltre le sofferenze degl’innocenti, dei giusti riparano i
peccati dei cattivi e attirano su di essi la misericordia di Dio. Con
la moneta falsa non si può comprare nulla perché essa
non ha alcun valore, invece con la moneta buona si può
comprare quel che si vuole. Così la sofferenza del peccatore è
moneta falsa davanti a Dio e non ha nessun valore. Invece la
sofferenza del giusto, deIl’innocente è moneta buona ed
ha un gran valore soddisfatorio, impetratorio e meritorio. E sono
proprio le sofferenze dei buoni, degli innocenti che riparano
l’offesa fatta a Dio dai peccatori, ottengono ad essi la
conversione e la salvezza.
Cosa dice e ripete in proposito la
Vergine di Fatima ai piccoli Lucia, Giacinta e Francesco? «Pregate,
pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte
anime vanno all’inferno perché non c’è
nessuno che preghi e si sacrifichi per esse...».
Questo
appello materno al dolore dei buoni, degli innocenti per la salvezza
dei peccatori è una conferma che viene dal Cielo
sull’efficacia della preghiera e della sofferenza dei giusti
per la salvezza dei peccatori.
Leggiamo una pagina, molto
istruttiva al riguardo, della biografia di Aldo Marcozzi, nato nel
1920 e morto nel 1940, scritta dal P. Petazzi 5.3.
Questo giovane
dall’età di dieci anni era stato colpito da artrite
deformante che poco a poco lo ridusse ad una completa immobilità.
Una signora, che lo conosceva da parecchio tempo, venuta a fargli una
visita un giorno che la sofferenza gli toglieva quasi la forza di
parlare, gli disse: «Senti, Aldo; tu che parli sempre del tuo
Gesù e dici che egli è tanto buono e misericordioso,
dovresti sapermi dire in che consiste la sua misericordia dal momento
che ti dà tante sofferenze senza un po’ di compassione.
Che cosa hai fatto di male in questo mondo per essere così
castigato? Se egli è un Dio giusto, come tu sei convinto, non
dovrebbe martoriarti così. Queste tue sofferenze le doveva
dare a un delinquente, non ti sembra?». Aldo, assumendo un
aspetto grave e raccogliendo le sue povere forze, disse: «Povera
signora! Quanto mi fa pena! Lei vorrebbe che un Dio così
onnipotente e d’infinità bontà facesse soffrire
un delinquente e quale bene ne potrebbe ottenere? Non conoscendo
questi l’amore di Gesù, non saprebbe offrire i suoi
dolori per la gloria del Signore; la sua vita diverrebbe una continua
bestemmia e offesa di Dio, e dopo tutto si dannerebbe per sempre.
Questo il Signore non lo vuole. Sceglie invece un’anima pura
che sappia offrire la sua vita per la salvezza dei suoi fratelli
peccatori. Quindi io sono il più felice di questo mondo,
felice di fare la volontà di Dio ora e sempre per la sua
maggior gloria!». Quindi, ripetendo quanto è stato
detto, le sofferenze mandateci su questa terra in castigo dei peccati
sono sempre atti della misericordia di Dio perché esse ci
vengono inflitte per distaccarci dal peccato, per convertirci, per
evitare l’inferno e raggiungere il Cielo. Perciò quando
Dio castiga il peccatore, agisce sempre per amore perché con i
castighi Egli vuole convertino e salvarlo.
Inoltre le sofferenze,
se noi siamo in grazia di Dio, se le accettiamo e le offriamo con
pazienza al Signore, ci fanno espiare su questa terra tutta o parte
della
pena temporane dovuta ai nostri peccati e quindi ci fa
evitare, o almeno abbreviare le pene del Purgatorio, che, secondo la
maggior parte dei teologi con S. Tommaso, non sono paragonabili alle
sofferenze terrene, perché la sofferenza più leggera
del Purgatorio supera immensamente le più gravi di questa vita
terrena.
— Tre difficoltà —
1) — Molti dicono: Perché Dio fa prosperare i cattivi
e soffrire i buoni?
Anzitutto chi sono i cattivi e i buoni? I
cattivi sono coloro che, mettendo da parte ogni legge morale, vivono
sfrenatamente dandosi in braccio a ogni sorta di piacere e
assecondando l’orgoglio e la sensualità. Vivono senza
timore di Dio curando solo di conservare la vernice dell’onestà
per non sfigurare nella società.
I buoni sono coloro che si
sforzano di osservare la legge di Dio e fanno sforzi per resistere
alle attrattive del male. Lo sforzo per rimanere in grazia di Dio
richiede molti sacrifici e quindi la vita dei buoni è cosparsa
di spine.
Dopo questa chiarificazione diamo una breve risposta
alla difficoltà:
Dio è infinitamente giusto per cui
premia ogni opera buona e castiga ogni opera cattiva. Ora anche
l’uomo più malvagio di questa terra, durante la vita,
certamente fa qualche opera buona. Dio, prevedendo che costui, per la
sua cattiva volontà e per la sua ostinazione nel male, si
dannerà, non potendogli ricompensare in Paradiso quell’opera
buona che ha fatto, gliela ricompensa su questa terra con la
prosperità temporale, con abbondanza di beni materiali. Per
questo i cattivi godono e prosperano su questa terra.
Al contrario
Dio, prevedendo che i buoni per la loro buona volontà
nell’amarlo e servirlo su questa terra si salveranno, li fa
soffrire in questa vita per ricompensarli poi smisuratamente in
Paradiso. — Dice Gesù (Gv. 15:1): «Io sono la vera
vite ed il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me
non porta frutto lo toglie, e ogni tralcio che porta frutto lo pota
perché porti più frutto». Perciò i buoni
su questa terra vengono potati con le forbici delle tribolazioni,
delle sofferenze affinché, portando con pazienza la croce ed
esercitando le virtù, possano godere una incommensurabile
felicità in Cielo proporzionata ai loro meriti.
2) —
Nel mondo quanti peccati ci sono: bestemmie, scandali, impurità,
omicidi, furti, ecc. Ora se è vero il detto «Non si
muove foglia che Dio non voglia» si potrebbe dire che Dio
voglia tanto male. Se Egli non volesse tutto questo male, questo non
capiterebbe!
A quest’altra difficoltà diamo una
piccola risposta. — Dio non vuole il male, anzi lo proibisce
assolutamente a tutti con la minaccia dei castighi temporanei ed
eterni. Infatti la legge di Dio dice: Non profanare il nome di Dio;
non commettere atti impuri; non rubare; non ammazzare; ama il
prossimo come te stesso, ecc. — Il Signore, quantunque non
vuole il male, tuttavia su questa terra lo permette per rispettare la
nostra libertà, domandandocene però conto nel giudizio
particolare che avverrà subito dopo la nostra morte. Quindi i
cattivi sono liberi — (certamente sempre fino ad un certo
limite stabilito da Dio) — di fare il male. Ma Dio, nella sua
infinita sapienza e potenza, dal male ricava sempre il bene facendo
convergere tutto alla sua gloria e alla santificazione e salvezza
eterna delle anime. Così per es. nella passione e morte di
Gesù, il Padre Celeste permise il tradimento di Giuda;
l’invidia e l’odio dei Farisei, dei sommi Sacerdoti e dei
Capi del popolo che fecero condannare Gesù a morte; la
vigliaccheria del governatore romano Pilato che, per timore di
perdere il posto, condannò Gesù a morte, nonostante
l’avesse riconosciuto innocente, ecc. Però Dio da tutto
questo immenso male trasse il sommo bene della Redenzione
dell’umanità.
3) — Alcuni dicono: Una volta
che ci si è pentiti e confessati perché soffrire
ancora?
Per espirare il male fatto. Un esempio illustra la
risposta. — Un assassino viene condannato alla pena di morte o
dell’ergastolo per i suoi delitti. Dopo 20-30 anni di buona
condotta in carcere, egli inoltra domanda di grazia. Se il Capo dello
Stato l’accetta, gli toglie la pena di morte o dell’ergastolo
e lo fa rimettere in libertà. Però quell’uomo ha
già espiati i suoi delitti con 30 anni di carcere. Così
avviene per i peccatori pentiti e confessati. Con l’assoluzione
del confessore il Signore toglie loro la pena dell’inferno
eterno, però dovranno espiare i loro peccati o con le
sofferenze di questa vita bene accettate e sopportate, oppure con le
terribili sofferenze del Purgatorio. Conviene espiare la pena
temporale dei peccati su questa terra le cui sofferenze sono
immensamente inferiori a quelle del Purgatorio, ed anche perché,
accettando e sopportando le sofferenze terrene con pazienza si
acquistano meriti, mentre questo in Purgatorio non è più
possibile. Perciò i buoni non dovrebbero mai lagnarsi delle
sofferenze terrene, ma dovrebbero sottomettersi con gioia alla
volontà del buon Dio che li vuole purificare in quella vita
facendo loro guadagnare meriti e risparmiare del tutto o in parte le
pene del Purgatorio.
TESORO SOTTO LA CROCE
Quando S. Gregorio Magno era segretario alla corte di
Costantinopoli, regnava sul trono di Oriente il giovane imperatore
Tiberio Il. Costui, passando un giorno in un corridoio stretto ed
oscuro del suo palazzo, vide scolpita una croce su una lastra di
marmo del pavimento. «Signore, esclamò l’imperatore,
noi ci segniamo con la tua croce la fronte, il petto e le spalle e
poi la calpestiamo a terra? Non è possibile! E dà
ordine di togliere subito quella lastra di marmo dal pavimento. Però
sotto quella se ne trovò una seconda con lo stesso segno di
croce. Tolta la seconda, la terza fino alla settima, le lastre
portavano lo stesso segno di croce. Quando fece togliere anche quella
ci fu una grande sorpresa: si trovò una cassetta piena di
anelli d’oro, di verdi smeraldi, collane di perle, pallidi
ametisti e tanti altri preziosissimi brillanti che l’imperatore
guardava trasognato.
Come l’imperatore Tiberio ciascuno di
noi attraversa il corridoio stretto ed oscuro della propria vita
terrena. Ci si fanno incontro anni dolorosi segnati con la croce
della sofferenza. Non disperiamoci, non lamentiamoci, ma ripetiamo
anche noi: «Signore, noi ci segniamo con il segno della croce
la fronte, il petto e le spalle e poi bestemmiamo, imprechiamo, ci
lamentiamo quando ce la fai portare? No, ma vogliamo portare le
nostre sofferenze con pazienza e dolce rassegnazione alla tua santa
volontà perché alla fine della vita terrena, superata
l’ultima croce, troveremo in Paradiso un tesoro incalcolabile
di felicità eterna. Diceva Padre Pio al comico Campanini
«Tutti quelli che ricorrono a me lo fanno per essere liberati
dalle loro sofferenze, ma se costoro sapessero il grande Conclusione
Per portare con pazienza e con gioia la nostra croce giornaliera, le
nostre sofferenze, i nostri dolori di ogni giorno, dobbiamo scolpire
nella nostra mente due verità:
1) - Nulla accade sia nel
mondo materiale che in quello morale che Dio non abbia previsto,
voluto o permesso fin dall’eternità.
2) - Tutto
quello che accade nel mondo e a ciascuno di noi è voluto o
permesso da Dio per il nostro maggior bene e cioè per la
nostra santificazione, per la nostra salvezza e per la nostra
felicità eterna del Paradiso.
Se vivremo in pratica queste
due verità allora anche noi ripeteremo con S. Francesco di
Assisi: « E tanto il bene che io mi aspetto che ogni pena mi è
diletto».
Ecco come il P. Giovanni Bigazzi S.J.,
morto il 13 luglio 1938, esprime il valore del dolore nell’ultima
sua malattia: Il mio penare è una chiavina d’oro...
piccola sì, ma che apre un gran tesoro.
È la croce,
ma è la croce di Gesù:
quando l’abbraccio non
la sento più.
Non ho contato i giorni del dolore; so che
Gesù li ha scritti nel suo Cuore.
valore della croce,
correrebbero incontro ad essa come i mondani corrono incontro ai
piaceri.
Vivo momento per momento, e allora il giorno passa come
fosse un’ora.
Mi han detto che, guardata dal di là,
la vita tutta un attimo parrà.
Passa la vita, vigilia di
festa; muore la morte.., il Paradiso resta.
Due stille ancora
dell’amaro pianto, e di vittoria poi l’eterno
canto.
Carissimo fratello, che oggi, con la grazia di Dio e
l’assistenza della Madre Celeste, compi i Nove Primi Venerdì
del mese secondo le intenzioni del Cuore di Gesù per ottenere
la sua Grande Promessa, rifletti spesso sulla conclusione delle
riflessioni di questo nono venerdì e sforzati di viverla nella
vita pratica di ogni giorno ed allora vedrai la tua vita illuminata e
riscaldata dall’amore sconfinato del Cuore di Gesù che
con la sua Grande Promessa ti assicura il Paradiso: il Regno
dell’Amore e della Felicità vera, piena ed eterna.
Preghiera per ottenere la forza di portare bene la nostra
croce. Signore Gesù, abbi pietà di noi che abbiamo
paura della Croce. Nonostante questa paura ti adoriamo, ti
benediciamo, ti ringraziamo d’averla istituita: La Croce,
salvezza del mondo!
La Croce, glorificazione di Dio!
La Croce,
santificazione dei Santi!
Piega il nostro cuore ad amarla. Per
virtù della Croce dà a noi:
la forza nel dolore, per
non soffrire male la pace nel dolore, per soffrire bene iniziaci
anche alla gioia nel dolore per soffrire molto bene come soffrono i
Santi.
(P. Plus S.J.)
l Esempio
Il fatto avvenne nella città di Lovanio (Belgio) ed è
narrato da un Sacerdote testimone di questa grazia singolare concessa
dal Sacro Cuore di Gesù ad una pia signora di quella città,
che era solita, conclusa una serie delle Comunioni dei nove primi
venerdì, di cominciarne un’altra.
Era costei
leggermente indisposta ed essendo vicino il primo venerdì del
mese mandò ad avvertire il suo Confessore perché
desiderava confessarsi e ricevere subito i Sacramenti. Il Sacerdote
venne, la confessò per aderire al suo desiderio, ma quanto ad
amministrarle il S. Viatico e l’estrema Unzione disse che non
c’era una ragione sufficiente per farlo.
Si manda intanto a
chiamare il dottor Levebre, insigne professore dell’università
cattolica di Lovanio.
Al suo apparire la signora gli dice:
—
Dottore siamo alla fine, desidero ricevere gli ultimi Sacramenti.
—
Signora —, dice il dottore che era della stessa opinione del
Sacerdote — per ricevere gli ultimi Sacramenti si richiede che
vi sia almeno qualche pericolo di morte, mentre in lei non ve n’è
alcuno, perciò non potrei in alcun modo dare il mio
consenso.
La signora però tanto insistette e scongiurò
di essere accontentata, che il Sacerdote, impensierito della
sicurezza con cui ripeteva che tra poco sarebbe morta, finì
col portarle la Comunione.
Appena comunicata in pochi istanti si
ridusse agli estremi e si fece appena in tempo a somministrarle
l’Estrema Unzione, ricevuta la quale, 4isse: «Ora bisogna
lasciare tutto».
Ed in verità lasciava molto: un
marito che era un angelo di bontà, quattro cari figliuoli e un
ricchissimo patrimonio dalla cui rendita poteva sottrarre ogni anno
una forte somma per opere pie.
— Bisogna lasciare tutto, —
ripeteva — tale è la volontà di Dio; il mio cuore
è in pace.
Pochi istanti dopo spirò con la dolce
speranza di raggiungere il Paradiso promesso dal Sacro Cuore di Gesù
ai suoi devoti.
(Milani: La Grande Promessa. Ediz. Luigi Favero -
Vicenza).
2° Esempio
Una mattina di giugno — racconta il Sacerdote Ildebrando
Antonio Santangelo (vedi opera citata) — fui chiamato al
capezzale di Rosa M. Ella era ormai in corna per un colpo
apoplettico. Dispiaciutissimo per non poterla confessare per
riconciliarla con Dio, raccomandai ai parenti di chiamarmi sé
essa avesse acquistato i sensi.
Dopo due giorni mi chiamarono.
Rosa M. ragionava perfettamente. Si confessò, si comunicò
e ricevette l’estrema Unzione con devozione. Meravigliato di
tale lucidità improvvisa e completa, le chiesi: Hai fatto
forse i Nove Primi Venerdì? — Sì, mi rispose
l’ammalata, molti anni addietro —.
Poco dopo perdette
i sensi e morì.
31 maggio 1945
Maria Valtorta
Corpus Domini
Per Suor G. [1]… dice Gesù:
«A Gabriella di mia Madre pace e benedizione. Fa' che il cuore sempre più si dilati, non solo per la croce della malattia quanto per la sua completa apertura a Me. L'invasione dell'Amore è tormentosa perché l'Amore non è dolcezza soltanto, è ciò che fu quando fu Carne: Dolore. Io sono morto per trentatré anni della dolorosa dolcezza di fare la volontà di Dio. L'Amore è cauterio che brucia per guarire lo spirito dall'umanità che, come proliferante malattia, cerca sempre di risorgere e insediarsi in altri punti per guastare. Io distruggo per creare. Ma quando tutti i lacci dell'umanità sono distrutti, l'anima, fino dalla Terra, gode della libertà superiore e beata degli angeli.»
E poi… proprio presa per le orecchie come una scolara negligente, sono obbligata a scrivere quanto segue per la Sig.ra A. P. che direttamente non mi aveva mai chiesto nulla.
Dice Gesù:
«Per la tua prudenza meriti la parola che desideri e non chiedi. Ti sia data, e con essa pace e benedizione. Abbi, a conforto dei tuoi ultimi anni, questa certezza: fra tutti quelli che tu hai avvicinato per rapporti di sangue, di affetto, di amicizia, di carità di prossimo, non ve ne è uno che ti possa rimproverare di avere nuociuto all'anima sua. Pochi possono sentirsi dire così. Persevera fino al principio in Me. Ritroverai chi amasti in uno con Dio. Pace e benedizione, e sii ilare per il mio amore.»
Erano quattro giorni che mi diceva Gesù: "Scrivi". Ma è così… poco conforme ai miei sentimenti farmi il distributore di queste cose che io, pur giubilando per la signora mia amica, non scrivevo. Dicevo: "E quando ho scritto? Resta là, perché io non glielo do certo. Allora tanto fa non scrivere".
Questa mattina mi sono preso un bel rimprovero in cui era detto:
«Quando Io ti ho consigliato di fare un'eccezione per quest'a-
nima ed a chiamarla a te, è perché Io vedo i cuori e le necessità. Ti ricordo il Vangelo. Vi si legge: "Guai ai soli" [2]. Tu sei troppo sola ancora. Hai la tutela sacerdotale, ed è moltissimo. Serve a mettere un sigillo di sicurezza sulla tua missione. Ma intorno a te hai tanti che non sono santi. E hai bisogno di amici, come Io ne avevo. Come ho scelto i miei scelgo i tuoi, perché tu li abbia. Ora, se a questa persona che sa esattamente tutto e che sa tacere – una virtù rarissima – se a questa persona che (avrebbe potuto averlo e non lo ha avuto) che non ha avuto risentimento e non te l'ha fatto pesare ed è tornata non appena tu le hai detto: "Venga", se a questa persona che ha un "grande" desiderio in cuore e lo vorrebbe soddisfatto per andare più serena, nella sua solitudine, incontro al "grande passo", Io voglio dare un premio, perché ti rifiuti? Ti ho detto molti mesi fa [3] che eri punita per aver dato retta più agli altri che al tuo Direttore che parlava in mio Nome. Vuoi tornare da capo? Non ti basta la punizione? Non sai che fra "gli altri" che parlano all'opposto di Me c'è anche il tuo io? Ci può essere, e c'è tutte le volte che tu ti impunti. Perciò scrivi e parla poi a P. M. Ubbidisci prima a Me, poi a lui. E sii soprannaturalmente caritatevole a questa amica che ti ho riportata per il tuo bene.»
1 Suor G. è Suor Gabriella, presentata in nota al 10 gennaio 1945; la Sig.ra A.P., che figura al capoverso successivo, è Angelina Panigadi, amica della scrittrice fin dall'infanzia.
2 Guai ai soli è detto in Qoèlet 4, 10, che è un libro dell'Antico Testamento. Perciò il termine Vangelo deve qui intendersi in senso lato.
3 molti mesi fa, il 29 giugno 1944.