Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Che sciocchezza, che ambizione è quella di pretendere di essere ciò che non siamo e di sapere ciò che non sappiamo! (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 10° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 7

1Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
2Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne;3i suoi fratelli gli dissero: "Parti di qui e va' nella Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai.4Nessuno infatti agisce di nascosto, se vuole venire riconosciuto pubblicamente. Se fai tali cose, manifèstati al mondo!".5Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui.6Gesù allora disse loro: "Il mio tempo non è ancora venuto, il vostro invece è sempre pronto.7Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive.8Andate voi a questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è ancora compiuto".9Dette loro queste cose, restò nella Galilea.
10Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.11I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: "Dov'è quel tale?".12E si faceva sommessamente un gran parlare di lui tra la folla; gli uni infatti dicevano: "È buono!". Altri invece: "No, inganna la gente!".13Nessuno però ne parlava in pubblico, per paura dei Giudei.
14Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava.15I Giudei ne erano stupiti e dicevano: "Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?".16Gesù rispose: "La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato.17Chi vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso.18Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia.19Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?".20Rispose la folla: "Tu hai un demonio! Chi cerca di ucciderti?".21Rispose Gesù: "Un'opera sola ho compiuto, e tutti ne siete stupiti.22Mosè vi ha dato la circoncisione - non che essa venga da Mosè, ma dai patriarchi - e voi circoncidete un uomo anche di sabato.23Ora se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la Legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché ho guarito interamente un uomo di sabato?24Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio!".

25Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: "Non è costui quello che cercano di uccidere?26Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?27Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia".28Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: "Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete.29Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato".30Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.

31Molti della folla invece credettero in lui, e dicevano: "Il Cristo, quando verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?".
32I farisei intanto udirono che la gente sussurrava queste cose di lui e perciò i sommi sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo.33Gesù disse: "Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui che mi ha mandato.34Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non potrete venire".35Dissero dunque tra loro i Giudei: "Dove mai sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e ammaestrerà i Greci?36Che discorso è questo che ha fatto: Mi cercherete e non mi troverete e dove sono io voi non potrete venire?".

37Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: "Chi ha sete venga a me e beva38chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno".39Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.

40All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: "Questi è davvero il profeta!".41Altri dicevano: "Questi è il Cristo!". Altri invece dicevano: "Il Cristo viene forse dalla Galilea?42Non dice forse la Scrittura che il Cristo 'verrà dalla stirpe di Davide' e 'da Betlemme', il villaggio di Davide?".43E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui.
44Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso.45Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: "Perché non lo avete condotto?".46Risposero le guardie: "Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!".47Ma i farisei replicarono loro: "Forse vi siete lasciati ingannare anche voi?48Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei?49Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!".50Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù:51"La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?".52Gli risposero: "Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea".

53E tornarono ciascuno a casa sua.


Primo libro delle Cronache 21

1Satana insorse contro Israele. Egli spinse Davide a censire gli Israeliti.2Davide disse a Ioab e ai capi del popolo: "Andate, contate gli Israeliti da Bersabea a Dan; quindi portatemene il conto sì che io conosca il loro numero".3Ioab disse a Davide: "Il Signore aumenti il suo popolo sì da renderlo cento volte tanto! Ma, mio signore, essi non sono tutti sudditi del mio signore? Perché il mio signore vuole questa inchiesta? Perché dovrebbe cadere tale colpa su Israele?".4Ma l'opinione del re si impose a Ioab. Questi percorse tutto Israele, quindi tornò a Gerusalemme.5Ioab consegnò a Davide il numero del censimento del popolo. In tutto Israele risultarono un milione e centomila uomini atti alle armi; in Giuda risultarono quattrocentosettantamila uomini atti alle armi.6Fra costoro Ioab non censì i leviti né la tribù di Beniamino, perché l'ordine del re gli appariva un abominio.
7Il fatto dispiacque agli occhi di Dio, che perciò colpì Israele.8Davide disse a Dio: "Facendo una cosa simile, ho peccato gravemente. Perdona, ti prego, l'iniquità del tuo servo, perché ho commesso una vera follia".
9Il Signore disse a Gad, veggente di Davide:10"Va', riferisci a Davide: Dice il Signore: Ti pongo davanti tre cose, scegline una e io te la concederò".11Gad andò da Davide e gli riferì: "Dice il Signore: Scegli12fra tre anni di carestia, tre mesi di fuga per te di fronte ai tuoi avversari, sotto l'incubo della spada dei tuoi nemici, e tre giorni della spada del Signore con la peste che si diffonde sul paese e l'angelo del Signore che porta lo sterminio in tutto il territorio di Israele. Ora decidi che cosa io debba riferire a chi mi ha inviato".13Davide disse a Gad: "Sono in un'angoscia terribile. Ebbene, io cada nelle mani del Signore, perché la sua misericordia è molto grande, ma io non cada nelle mani degli uomini".14Così il Signore mandò la peste in Israele; morirono settantamila Israeliti.15Dio mandò un angelo in Gerusalemme per distruggerla. Ma, come questi stava distruggendola, il Signore volse lo sguardo e si astenne dal male minacciato. Egli disse all'angelo sterminatore: "Ora basta! Ritira la mano".
L'angelo del Signore stava in piedi presso l'aia di Ornan il Gebuseo.16Davide, alzati gli occhi, vide l'angelo del Signore che stava fra terra e cielo con la spada sguainata in mano, tesa verso Gerusalemme. Allora Davide e gli anziani, coperti di sacco, si prostrarono con la faccia a terra.17Davide disse a Dio: "Non sono forse stato io a ordinare il censimento del popolo? Io ho peccato e ho commesso il male; costoro, il gregge, che cosa hanno fatto? Signore Dio mio, sì, la tua mano infierisca su di me e sul mio casato, ma non colpisca il tuo popolo".
18L'angelo del Signore ordinò a Gad di riferire a Davide che salisse ad erigere un altare al Signore nell'aia di Ornan il Gebuseo.19Davide vi andò secondo l'ordine di Gad, comunicatogli a nome del Signore.20Ornan si volse e vide l'angelo; i suoi quattro figli, che erano con lui, si nascosero. Ornan stava trebbiando il grano,21quando gli si avvicinò Davide. Ornan guardò e, riconosciuto Davide, uscì dall'aia, prostrandosi con la faccia a terra davanti a Davide.22Davide disse a Ornan: "Cedimi il terreno dell'aia, perché io vi costruisca un altare al Signore; cedimelo per tutto il suo valore, così che il flagello cessi di infierire sul popolo".23Ornan rispose a Davide: "Prenditelo; il re mio signore ne faccia quello che vuole. Vedi, io ti dò anche i buoi per gli olocausti, le trebbie per la legna e il grano per l'offerta; tutto io ti offro".24Ma il re Davide disse a Ornan: "No! Lo voglio acquistare per tutto il suo valore; non presenterò al Signore una cosa che appartiene a te offrendo così un olocausto gratuitamente".25E così Davide diede a Ornan seicento sicli d'oro per il terreno.
26Quindi Davide vi eresse un altare per il Signore e vi offrì olocausti e sacrifici di comunione. Invocò il Signore, che gli rispose con il fuoco sceso dal cielo sull'altare dell'olocausto.
27Il Signore ordinò all'angelo e questi ripose la spada nel fodero.28Allora, visto che il Signore l'aveva ascoltato sull'aia di Ornan il Gebuseo, Davide offrì là un sacrificio.29La Dimora del Signore, eretta da Mosè nel deserto, e l'altare dell'olocausto in quel tempo stavano sull'altura che era in Gàbaon;30ma Davide non osava recarsi là a consultare Dio perché si era molto spaventato di fronte alla spada dell'angelo del Signore.


Giobbe 15

1Elifaz il Temanita prese a dire:

2Potrebbe il saggio rispondere con ragioni campate
in aria
e riempirsi il ventre di vento d'oriente?
3Si difende egli con parole senza costrutto
e con discorsi inutili?
4Tu anzi distruggi la religione
e abolisci la preghiera innanzi a Dio.
5Sì, la tua malizia suggerisce alla tua bocca
e scegli il linguaggio degli astuti.
6Non io, ma la tua bocca ti condanna
e le tue labbra attestano contro di te.
7Sei forse tu il primo uomo che è nato,
o, prima dei monti, sei venuto al mondo?
8Hai avuto accesso ai segreti consigli di Dio
e ti sei appropriata tu solo la sapienza?
9Che cosa sai tu che noi non sappiamo?
Che cosa capisci che da noi non si comprenda?
10Anche fra di noi c'è il vecchio e c'è il canuto
più di tuo padre, carico d'anni.
11Poca cosa sono per te le consolazioni di Dio
e una parola moderata a te rivolta?
12Perché il tuo cuore ti trasporta
e perché fanno cenni i tuoi occhi,
13quando volgi contro Dio il tuo animo
e fai uscire tali parole dalla tua bocca?
14Che cos'è l'uomo perché si ritenga puro,
perché si dica giusto un nato di donna?
15Ecco, neppure dei suoi santi egli ha fiducia
e i cieli non sono puri ai suoi occhi;
16quanto meno un essere abominevole e corrotto,
l'uomo, che beve l'iniquità come acqua.
17Voglio spiegartelo, ascoltami,
ti racconterò quel che ho visto,
18quello che i saggi riferiscono,
non celato ad essi dai loro padri;
19a essi soli fu concessa questa terra,
né straniero alcuno era passato in mezzo a loro.
20Per tutti i giorni della vita il malvagio si
tormenta;
sono contati gli anni riservati al violento.
21Voci di spavento gli risuonano agli orecchi
e in piena pace si vede assalito dal predone.
22Non crede di potersi sottrarre alle tenebre,
egli si sente destinato alla spada.
23Destinato in pasto agli avvoltoi,
sa che gli è preparata la rovina.
24Un giorno tenebroso lo spaventa,
la miseria e l'angoscia l'assalgono
come un re pronto all'attacco,
25perché ha steso contro Dio la sua mano,
ha osato farsi forte contro l'Onnipotente;
26correva contro di lui a testa alta,
al riparo del curvo spessore del suo scudo;
27poiché aveva la faccia coperta di grasso
e pinguedine intorno ai suoi fianchi.
28Avrà dimora in città diroccate,
in case dove non si abita più,
destinate a diventare macerie.
29Non arricchirà, non durerà la sua fortuna,
non metterà radici sulla terra.
30Alle tenebre non sfuggirà,
la vampa seccherà i suoi germogli
e dal vento sarà involato il suo frutto.
31Non confidi in una vanità fallace,
perché sarà una rovina.
32La sua fronda sarà tagliata prima del tempo
e i suoi rami non rinverdiranno più.
33Sarà spogliato come vigna della sua uva ancor
acerba
e getterà via come ulivo i suoi fiori,
34poiché la stirpe dell'empio è sterile
e il fuoco divora le tende dell'uomo venale.
35Concepisce malizia e genera sventura
e nel suo seno alleva delusione.


Salmi 95

1Venite, applaudiamo al Signore,
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
2Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

3Poiché grande Dio è il Signore,
grande re sopra tutti gli dèi.
4Nella sua mano sono gli abissi della terra,
sono sue le vette dei monti.
5Suo è il mare, egli l'ha fatto,
le sue mani hanno plasmato la terra.

6Venite, prostràti adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati.
7Egli è il nostro Dio,
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

8Ascoltate oggi la sua voce:
"Non indurite il cuore,
come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto,
9dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere.

10Per quarant'anni mi disgustai di quella generazione
e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato,
non conoscono le mie vie;
11perciò ho giurato nel mio sdegno:
Non entreranno nel luogo del mio riposo".


Ezechiele 31

1Il primo giorno del terzo mese dell'undecimo anno, mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, di' al faraone re d'Egitto e alla moltitudine dei suoi sudditi:

A chi credi di essere simile nella tua grandezza?
3Ecco, l'Assiria era un cedro del Libano,
bello di rami e folto di fronde, alto di tronco;
fra le nubi era la sua cima.
4Le acque lo avevano nutrito,
l'abisso lo aveva fatto innalzare
inviando i suoi fiumi
attorno al suolo dov'era piantato
e mandando i suoi ruscelli
anche a tutti gli alberi dei campi.
5Per questo aveva superato in altezza
tutti gli alberi dei campi:
i suoi rami si erano moltiplicati,
le sue fronde si erano distese
per l'abbondanza delle acque, durante la sua crescita.
6Fra i suoi rami fecero il nido
tutti gli uccelli del cielo,
sotto le sue fronde partorirono
tutte le bestie selvatiche,
alla sua ombra sedettero
tutte le grandi nazioni.
7Era bello nella sua altezza
e nell'ampiezza dei suoi rami,
poiché la sua radice era presso grandi acque.
8I cedri non l'uguagliavano
nel giardino di Dio,
i cipressi non gli assomigliavano con le loro fronde,
i platani non erano neppure
come uno dei suoi rami:
nessun albero nel giardino di Dio
lo pareggiava in magnificenza.
9Bello lo aveva fatto
nella moltitudine dei suoi rami,
perciò lo invidiavano tutti gli alberi dell'Eden
nel giardino di Dio".

10Perciò dice il Signore Dio: "Poiché si era elevato in altezza e aveva messo la cima fra le nubi e il suo cuore si era inorgoglito per la sua grandezza,11io lo diedi in balìa di un principe di popoli; lo rigettai a causa della sua empietà.12Popoli stranieri, fra i più barbari, lo tagliarono e lo distesero sui monti. Per ogni valle caddero i suoi rami e su ogni pendice della terra furono spezzate le sue fronde. Tutti i popoli del paese si allontanarono dalla sua ombra e lo abbandonarono.

13Sui suoi resti si posano
tutti gli uccelli del cielo
e fra i suoi rami
ogni bestia selvatica,

14perché nessun albero irrigato dalle acque si esalti nella sua altezza ed elevi la cima fra le nubi, né per la propria altezza confidi in sé nessun albero che beve le acque. Poiché

tutti sono destinati alla morte,
alla regione sotterranea,
in mezzo ai figli dell'uomo,
fra coloro che scendono nella fossa".

15Così dice il Signore Dio: "Quando scese negli inferi io feci far lutto: coprii per lui l'abisso, arrestai i suoi fiumi e le grandi acque si fermarono; per lui feci vestire il Libano a lutto e tutti gli alberi del campo si seccarono per lui.16Al rumore della sua caduta feci tremare le nazioni, quando lo feci scendere negli inferi con quelli che scendono nella fossa. Si consolarono nella regione sotterranea tutti gli alberi dell'Eden, la parte più scelta e più bella del Libano, tutti quelli abbeverati dalle acque.17Anch'essi con lui erano scesi negli inferi fra i trafitti di spada, quelli che in mezzo alle nazioni erano il suo braccio e dimoravano alla sua ombra.
18A chi credi di essere simile per gloria e per grandezza fra gli alberi dell'Eden? Anche tu sarai precipitato insieme con gli alberi dell'Eden nella regione sotterranea; giacerai fra i non circoncisi insieme con i trafitti di spada. Tale sarà il faraone e tutta la sua moltitudine". Parola del Signore Dio.


Lettera agli Ebrei 4

1Dobbiamo dunque temere che, mentre ancora rimane in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso.2Poiché anche a noi, al pari di quelli, è stata annunziata una buona novella: purtroppo però ad essi la parola udita non giovò in nulla, non essendo rimasti uniti nella fede a quelli che avevano ascoltato.3Infatti noi che abbiamo creduto possiamo entrare in quel riposo, secondo ciò che egli ha detto:

'Sicché ho giurato nella mia ira:
Non entreranno nel mio riposo!'

Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo.4Si dice infatti in qualche luogo a proposito del settimo giorno: 'E Dio si riposò nel settimo giorno da tutte le opere sue'.5E ancora in questo passo: 'Non entreranno nel mio riposo!'6Poiché dunque risulta che alcuni debbono ancora entrare in quel riposo e quelli che per primi ricevettero la buona novella non entrarono a causa della loro disobbedienza,7egli fissa di nuovo un giorno, 'oggi', dicendo in Davide dopo tanto tempo:

'Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori!'

8Se Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo, Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno.9È dunque riservato ancora un riposo sabatico per il popolo di Dio.10Chi è entrato infatti nel suo riposo, riposa anch'egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie.
11Affrettiamoci dunque ad entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.
12Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore.13Non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto.

14Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede.15Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato.16Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.


Capitolo XVIII: Gli esempi dei grandi padri santi

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1. Guarda ai luminosi esempi dei grandi santi padri, nei quali rifulse una pietà veramente perfetta e vedrai come sia ben poco, e quasi nulla, quello che facciamo noi. Ahimé!, che cosa è la nostra vita, paragonata alla vita di quei santi? Veramente santi, e amici di Cristo, costoro servirono il Signore nella fame e nella sete; nel freddo, senza avere di che coprirsi; nel faticoso lavoro; nelle veglie e nei digiuni; nelle preghiere e nelle pie meditazioni; spesso nelle ingiurie e nelle persecuzioni. Quante tribolazioni, e quanto gravi, hanno patito gli apostoli, i martiri, i testimoni della fede, le vergini e tutti gli altri che vollero seguire le orme di Cristo; essi infatti, ebbero in odio se stessi in questo mondo, per possedere le loro anime nella vita eterna. Quale vita rigorosa, e piena di rinunce, vissero questi grandi padri nel deserto; quante lunghe e gravi tentazioni ebbero a sopportare; quanto spesso furono tormentati dal diavolo; quante ripetute e fervide preghiere offrirono a Dio; quali dure astinenze seppero sopportare. Come furono grandi l'ardore e il fervore con i quali mirarono al loro progresso spirituale; come fu coraggiosa la battaglia che essi fecero per vincere i loro vizi; come fu piena e retta la loro intenzione, che essi tennero sempre volta a Dio! Lavoravano per tutta la giornata, e la notte la passavano in continua preghiera; ma neppure durante il lavoro veniva mai meno in loro l'orazione interiore. Tutto il loro tempo era impiegato utilmente; e a loro sembrava troppo corta ogni ora dedicata a Dio; ancora, per la grande soavità della contemplazione, dimenticavano persino la necessità di rifocillare il corpo. Rinunciavano a tutte le ricchezze, alle cariche, agli onori, alle amicizie e alle parentele; nulla volevano avere delle cose del mondo; mangiavano appena quanto era necessario alla vita e si lamentavano quando si dovevano sottomettere a necessità materiali.  

2. Erano poveri di cose terrene, molto ricchi invece di grazia e di virtù; esteriormente miserabili, ricompensati però interiormente dalla grazia e dalla consolazione divina; lontani dal mondo, ma vicini a Dio, amici intimi di Dio,; si ritenevano un nulla ed erano disprezzati dagli uomini, ma erano preziosi e cari agli occhi di Dio. Stavano in sincera umiltà, vivevano in schietta obbedienza; camminavano in amore e sapienza: per questo progredivano spiritualmente ogni giorno, e ottenevano tanta grazia presso Dio. Essi sono offerti come esempio per tutti coloro che si sono dati alla vita religiosa; essi ci devono indurre all'avanzamento nel bene, più che non ci induca al rilassamento la schiera delle persone poco fervorose.

3. Quanto fu grande l'ardore di questi uomini di Dio, quando diedero inizio alle loro istituzioni. Quale devozione nella preghiera, quale slancio nella vita, quale rigore in esso vigoreggiò; quanto rispetto e quanta docilità sotto la regola del maestro fiorì in tutti loro. Restano ancora certi ruderi abbandonati, ad attestare che furono veramente uomini santi e perfetti, costoro, che con una strenua lotta, schiacciarono il mondo. Oggi, invece, già uno è ritenuto buono se non tradisce la fede; se riesce a sopportare con pazienza quel che gli tocca. Tale è la nostra attuale condizione di negligente tiepidezza, che ben presto cadiamo nel fervore iniziale; pigri e stanchi, già ci viene a noia la vita. Voglia il cielo che in te non si vada spegnendo del tutto l'avanzamento nelle virtù; in te che frequentemente hai avuto sotto gli occhi gli esempi dei santi.


DISCORSO 229/M NEL VENERDÌ DI PASQUA

Discorsi - Sant'Agostino

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Differenze tra le due pesche dei discepoli di Cristo.

1. La vostra Carità sa che queste letture del santo Vangelo vengono proclamate nella celebrazione annuale come testimonianza della risurrezione del Signore. E come la lettura ne rinfresca la memoria, così anche la spiegazione della lettura ne rinfresca la memoria. Con l'aiuto del Signore dunque ripeteremo quel che ogni anno siete soliti ascoltare. E se bisogna riportare alla memoria la lettura, che nel Vangelo si può fare anche in altro tempo, quanto maggiormente il discorso, che non si ascolta se non una volta all'anno? Il Signore, dopo la sua risurrezione, apparve ai suoi discepoli presso il mare di Tiberiade e li trovò che stavano pescando, senza però prendere niente. Pescando di notte non avevano preso nulla, spuntò la luce, e allora presero, perché videro Cristo che è luce e sulla parola del Signore gettarono le reti per la pesca. Noi troviamo due pesche che fecero i discepoli di Cristo sulla parola di Cristo: la prima quando li scelse e li fece Apostoli, l'altra questa, dopo la sua risurrezione dai morti. Vediamo di metterle a confronto ed esaminiamo attentamente quali ne sono le differenze; questo infatti aiuta la crescita della nostra fede. Nella prima, quando il Signore incontrò quei pescatori per la prima volta, anche lì non avevano preso nulla per tutta la notte; avevano faticato inutilmente. Egli comandò di calare le reti, però non disse a destra, non disse a sinistra, semplicemente disse: Calate le reti 1. Essi le calarono [e presero tanti pesci] da appesantire eccessivamente le due barche al punto che per la moltitudine dei pesci quasi affondavano; e tanta era la moltitudine dei pesci che le reti si rompevano 2. Così fu quella pesca. E questa? Gettate le reti dalla parte destra 3, disse. Prima della risurrezione le reti vengono calate senza precisazione; dopo la risurrezione viene scelta la destra. Inoltre nella prima pesca le barche rischiano di affondare, le reti si rompono; in questa dopo la risurrezione né la barca affonda, né la rete si rompe. Nella prima pesca non viene precisato il numero dei pesci, in questa dopo la risurrezione il loro numero è detto con esattezza. Affrontiamo dunque la prima per poi venire alla seconda. Che ho detto? Affrontiamo la prima. Ci sono le reti: reti della parola, reti della predicazione; queste sono le reti. E il Salmo dirà: Ho annunziato ed ho parlato e si moltiplicarono oltre ogni numero 4. È così, perché avviene anche adesso; si annuncia il Vangelo e i cristiani si moltiplicano oltre ogni numero. Se tutti vivessero bene, non rischierebbero di affondare la barca; se eresie e scismi non portassero divisioni, non si romperebbe la rete. E perché nella prima pesca due furono le imbarcazioni? Rammentate, fratelli; sono quelle due barriere, la circoncisione e la non circoncisione che s'incontrano qui nella pietra angolare e si uniscono nel bacio della pace 5. Nella seconda pesca invece l'unità è perfetta: è la destra, e nulla vi è di sinistro. Essa è la Chiesa santa, che ora è in quei pochi che travagliano in mezzo ai cattivi e che si ritroverà in quel numero certo e definito in cui non sarà più nessun peccatore; è la destra infatti, e nulla vi è di sinistro. E grandi saranno i pesci, perché tutti saranno immortali, tutti vivranno senza fine. Che cosa c'è di più grande di ciò che non finisce mai? Ed è l'Evangelista stesso ad avvertirlo nel ricordare quella prima pesca. Perché infatti annotò: E benché fossero tanti, la rete non si spezzò 6? Come per dire: Ricordate quella prima pesca dove si rompevano le reti? Qui però è il regno dei cieli, qui nessun eretico abbaia, nessuno scismatico si separa: qui tutti sono dentro, tutti sono nella pace.

Il numero diciassette indica la legge perfezionata dai doni dello Spirito Santo.

2. E quanti ne saranno in tutto? Centocinquantatré? Poveri noi! Poveri noi, se persino tra questa folla che ora sta qui davanti a me io debba dire che sono così pochi coloro che saranno nel regno dei cieli, quando quelli che vide Giovanni, avvolti in vesti candide, erano migliaia, innumerevoli migliaia. Così egli dice: Provenivano da ogni nazione e lingua, [era] una moltitudine che nessuno poteva contare 7. E allora quel numero che cosa vuol significare? Ad alcuni lo dico per insegnarlo, ad altri per ricordarlo; chi non l'ha mai sentito, l'impari; chi l'ha sentito e dimenticato, lo rammenti; chi lo ricorda, rafforzi nella memoria, con le mie parole, quanto già conosce. Il computo di questo numero arriva a diciassette: esso è il simbolo di tutti i santi, di tutti i fedeli, di tutti i giusti che saranno nel regno dei cieli. Diciassette: il dieci richiama la legge, il sette lo Spirito della grazia. Se imponi la legge nessuno la pratica, nessuno l'osserva. Ma se vi aggiungi l'aiuto dello Spirito, si adempie quel che è comandato, perché è Dio che aiuta. Che cosa dice la legge? Non desiderare 8. Ma il peccato, è scritto, prendendo occasione dal comandamento mi ha sedotto, e per mezzo di esso mi ha dato la morte 9. La legge è subentrata a dar coscienza del peccato 10. Ma se tu ci unisci lo Spirito, pieno compimento della legge è l'amore 11. E l'amore da dove viene? L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 12. Ora come nel numero sette venga presentato lo Spirito, chi è solito leggere lo sa; ma lo ascolti chi legge con poca attenzione o chi per caso non può leggere. Ecco come Dio presenta lo Spirito Santo per mezzo del profeta Isaia: Spirito di sapienza e d'intelligenza, di consiglio e di fortezza, di scienza e di pietà Spirito del timore di Dio 13. È quello Spirito settiforme che viene invocato anche sui battezzati. La legge è il Decalogo: dieci infatti erano i comandamenti scritti sulle tavole, tavole ancora di pietra per la durezza dei Giudei. Ma dopo la venuta dello Spirito che cosa dice l'Apostolo? La nostra lettera siete voi, scritta non con inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori 14. Se manca lo Spirito la lettera uccide, perché non libera, ma rende responsabile il peccatore. Per questo l'Apostolo dice: Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi stessi, ma la nostra capacità viene da Dio che ci ha resi ministri adatti di una nuova alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita 15. E allora se vuoi adempiere ogni giustizia, aggiungi il sette al dieci. Quando ti si ordina di fare qualcosa secondo la legge, invoca lo Spirito che ti aiuti.

Simbolismo del numero centocinquantatré.

3. Vi abbiamo spiegato il diciassette, ma esso è ancora lontano dal centocinquantatrè. Certo molti sanno già quello che stiamo per dire: chi lo sa, abbia pazienza. Quando due vanno per strada, uno più svelto l'altro più lento, dipende da quello più svelto il poter andare insieme, se si adatta al passo dell'altro. Chi sa quello che sto per dire, è come se fosse il più svelto; voglia aspettare il compagno più lento, perché anche questi venga istruito sul diciassette. Si ha centocinquantatrè se, cominciando dall'uno, tutti i numeri che vanno fino al diciassette si assommano progressivamente. Se tu cominci a contare: uno, due, tre, quattro... arrivi a dieci, ma in mano non ti ritrovi altro che il dieci. Invece, se li assommi, uno più due è già tre; più tre, sei; più quattro, dieci; più cinque, quindici; più sei, ventuno; più sette, ventotto; più otto, trentasei; più nove, quarantacinque; più dieci, cinquantacinque. Ecco, ormai siamo vicini, ci arriviamo, perché ci siamo già quasi. Aggiungi l'undici, e sono sessantasei; più dodici, settantotto; più tredici, novantuno; più quattordici e siamo a centocinque. Ormai anche i più lenti ci seguono velocemente. Aggiungi dunque il quindici e siamo a centoventi; aggiungi il sedici e siamo a centotrentasei; aggiungi il diciassette e abbiamo Centocinquantatré. In esso si ritrovano dunque tutti coloro che corrono lungo il diciassette, ossia che adempiono la legge di Dio mediante l'aiuto dello Spirito di Dio.

 


1 - Lc 5, 6.

2 - Lc 5, 6-7.

3 - Gv 21, 6.

4 - Sal 39, 6.

5 - Cf. Ef. 2, 14.

6 - Gv 21, 11.

7 - Ap 7, 9.

8 - Rm 7, 7.

9 - Rm 7, 11.

10 - Rm 5, 20.

11 - Rm 13, 10.

12 - Rm 5, 5.

13 - Is 11, 2-3.

14 - 2 Cor 3, 2-3.

15 - 2 Cor 3, 5-6.


6 - Cristo, nostro Signore, si trasfigura sul Tabor alla presenza della sua Madre santissima.

La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda

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1099. Erano trascorsi più di due anni e mezzo dall'inizio della predicazione e dei miracoli di sua Maestà, e si avvicinava l'ora stabilita negli eterni decreti per il suo ritorno al Padre per mezzo della passione, attraverso la quale avrebbe soddisfatto la giustizia divina e riscattato il genere umano. Tutte le sue azioni erano orientate alla nostra salvezza e alla nostra istruzione e colme di sapienza, per cui egli decise di preparare qualcuno dei suoi seguaci allo scandalo della sua morte e di manifestarsi loro glorioso nel corpo passibile, che avrebbero visto flagellato e crocifisso, perché lo contemplassero prima trasfigurato nello splendore che sfigurato dalla sofferenza. Aveva fatto questa promessa poco innanzi alla presenza di tutti, benché non per tutti, ma solo per alcuni. A tale scopo scelse un alto monte, il Tabor, che si trova in Galilea, a due leghe di distanza verso est da Nazaret. Dai Vangeli risulta che, salito sulla cima con Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, cambiò aspetto davanti a loro, e che c'erano anche Mosè ed Elia, i quali parlavano con lui della sua dipartita. In quell'istante venne dal cielo una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».

1100. Gli autori sacri non specificano se Maria beatissima fosse o meno insieme ad essi, poiché questo non apparteneva al loro intento e non era opportuno svelare il segreto prodigio con il quale ciò avvenne. Perché possa scrivere questa Storia, mi è stato confidato che ella, nell'attimo stesso in cui degli angeli andarono a prendere i due profeti, fu portata per mano dei suoi custodi su quella vetta, affinché scorgesse Gesù avvolto di luce. Senza dubbio fu così, sebbene per lei non fosse necessario come per gli altri essere confermata nella fede, nella quale era già salda; Cristo aveva molti fini per tale meraviglioso evento e cerano tante altre ragioni perché non lo celebrasse senza di lei. Quanto per gli apostoli era una grazia, era come dovuto alla Signora, che era sua compagna e collaboratrice nelle opere della redenzione e lo sarebbe stata fino al Golgota. Era conveniente che ella venisse confortata per i tormenti che avrebbe patito e per di più, dovendo restare come maestra della Chiesa, era bene che fosse testimone di questo arcano e colui il quale le mostrava tutti gli atti della propria anima santissima non le tenesse celato ciò che le era così facilmente palesabile. L'amore che egli aveva verso la Madre, poi, non era di qualità tale che le potesse negare questo favore: non ne tralasciò mai alcuno di quelli che fossero in grado di esprimere il suo tenerissimo affetto e che fossero per lei segno di eccellenza e dignità. Per questi motivi e per molti altri che non c'è bisogno di riferire adesso, come mi è stato reso noto, la Regina assistette a tale mistero del suo Unigenito.

1101. Non osservò trasfigurata solo la sua umanità, ma, per tutto il tempo, anche la divinità, in modo intuitivo e con chiarezza, perché il beneficio per lei non doveva essere come per i discepoli, ma più ricco e pieno; anzi, nella visione stessa della gloria del corpo, che fu comune a tutti, ci fu enorme differenza tra lei e loro. I tre non solo erano oppressi dal sonno, quando il Signore si ritirò a pregare, ma inoltre, udendo le parole provenienti dall'alto, furono colti da grande timore, caddero al suolo e così rimasero finché egli stesso non parlò loro e li fece alzare. La Vergine, invece, stette immobile di fronte a tutto, sia perché era abituata a tanti magnifici doni, sia perché in quel momento era ricolma di nuove doti, di illuminazioni e di fortezza per contemplare Dio. Così, poté fissare lo sguardo sul corpo trasfigurato senza la paura e l'imperfezione che quelli provarono nei sensi; benché esso le si fosse manifestato altre volte, ciò accadde allora in maniera diversa e più mirabile, e con rivelazioni più particolari. Tali furono anche le conseguenze prodotte in lei, che si ritrovò tutta trasformata, infiammata e nobilitata, e finché visse come mortale non perse mai le specie avute in questa occasione. Esse le furono di immensa consolazione mentre il Salvatore era lontano, fino a quando non le si ripresentò la sua immagine gloriosa in altro modo; ma le fecero anche percepire più acerbamente gli oltraggi del supplizio di chi le era apparso rivestito di onore.

1102. Questo non può essere illustrato con alcun paragone. Non fu causato solo dal ravvisare circondata di tanto fulgore la sostanza che il Verbo aveva preso dal suo sangue e che ella aveva custodito nel suo castissimo grembo e allattato al suo seno, ma anche dall'intendere la voce del Padre riconoscere come figlio colui che era anche figlio suo e darlo a tutti come maestro. Penetrava e ponderava ogni cosa con straordinaria gratitudine e ne rendeva degnamente lode all'Onnipotente, componendo con i suoi angeli eccelsi cantici, per festeggiare quel giorno tanto felice. Non mi diffondo oltre su questo e non preciso in che cosa consistesse il cambiamento di aspetto di Gesù; basti sapere che il suo volto risplendette come il sole e le sue vesti divennero più bianche della neve. Questa gloria traboccò nel corpo da quella che egli aveva sempre nella sua anima divinizzata; infatti, cessò temporaneamente, riprendendo subito dopo, il miracolo realizzato nell'incarnazione con la sospensione degli effetti che altrimenti dall'anima avrebbero dovuto ridondare permanentemente nel corpo purissimo, che per questo ne partecipò con l'intensa luce vista dai presenti. L'anima era sempre beatificata, per cui fu un prodigio anche che il corpo ottenesse provvisoriamente ciò che secondo l'ordine naturale gli sarebbe spettato di continuo.

1103. Quando tutto fu compiuto, Maria fu riportata a casa, a Nazaret. Immediatamente sua Maestà scese dal monte e si recò da lei, per congedarsi dalla sua patria ed avviarsi verso la città santa, nella quale avrebbe dovuto affrontare la sua passione nella Pasqua successiva, che per lui sarebbe stata l'ultima. Dopo non molto partì, accompagnato da sua Madre, dagli apostoli, dai discepoli e da alcune pie donne, e cominciò a percorrere la Galilea e la Samarìa, finché arrivò in Giudea e, quindi, alla sua meta. L'evangelista san Luca narra questo viaggio dicendo che egli si diresse decisamente verso Gerusalemme', perché si incamminò con sembiante lieto, con fervoroso desiderio di soffrire e con volontà propria ed efficace di consegnarsi per tutti, e inoltre perché non avrebbe più fatto ritorno nei luoghi dove aveva operato tante meraviglie. Con questa determinazione, magnificò l'Altissimo e lo ringraziò come uomo, perché lì aveva ricevuto la forma e la vita terrena che per la redenzione offriva alla morte, alla quale andava ad abbandonare se stesso. Tra le altre espressioni della sua orazione, che io non posso spiegare con le mie, ci furono queste:

1104. «Eterno sovrano, per obbedire al vostro comando vado con gioia e volentieri a soddisfare la vostra giustizia, a patire sino alla fine e a riconciliare con voi tutti i discendenti di Adamo pagando il debito dei loro peccati e aprendo le porte del cielo, che sono loro chiuse. Vado a cercare quelli che si sono perduti disprezzandomi e che devono essere salvati dalla forza del mio amore. Vado a radunare i dispersi della casa di Giacobbe, a risollevare i caduti, ad arricchire i poveri, a dissetare gli assetati, ad abbattere i superbi e ad esaltare gli umili. Voglio sconfiggere l'inferno e rendere insigne il vostro trionfo contro Lucifero e contro i vizi da lui seminati. Voglio innalzare lo stendardo della croce, sotto il quale devono militare tutte le virtù e tutti quelli che lo seguiranno. Voglio saziare il mio cuore avido di umiliazioni e di ingiurie, che ai vostri occhi sono tanto stimabili. Voglio abbassarmi fino ad essere ucciso dai miei avversari, affinché i nostri amici ed eletti siano ossequiati e consolati nelle loro tribolazioni e siano elevati con premi generosi allorché sul mio esempio si piegheranno a sopportarle. O croce sospirata, quando mi accoglierai tra le tue braccia? O dolci insulti e tremendi affronti, quando mi condurrete alla morte perché la vinca nella mia carne, in tutto innocente? Oltraggi, ignominie, flagelli, spine, passione, morte, venite, venite a me che vi bramo, fatevi trovare subito da chi vi ha cari e conosce il vostro pregio. Se il mondo vi detesta, io vi ambisco; se esso per ignoranza vi denigra, io, che sono la sapienza, vi agogno perché vi prediligo. Venite, dunque, a me; se come uomo vi accetterò, come Dio vi darò la dignità che la colpa e chi l'ha commessa vi hanno tolto. Venite a me e non defraudate i miei aneliti, perché, se sono onnipotente e per questo non vi avvicinate, vi do io stesso licenza di impiegare sulla mia umanità ogni vostra energia. No, da me non sarete rigettati né aborriti come lo siete generalmente. Si eliminino ormai l'inganno e la fallace seduzione di quanti servono la vanità e la menzogna, reputando infelici i miseri, afflitti e dileggiati da tutti. Se, infatti, vedranno colui che è il loro vero Creatore, maestro e padre sostenere onte vergognose, strazi, scherni, nudità e supplizi, cesserà finalmente l'errore e riterranno un motivo di vanto imitare il loro stesso Signore crocifisso».

1105. Queste sono alcune delle parole che, secondo quanto mi è stato rivelato, il nostro Salvatore formulava dentro di sé. Gli effetti e le opere manifestarono quello che i miei termini non sono capaci di esprimere, per avvalorare le sue sofferenze con la carità con la quale le ricercò e portò; eppure noi, gente terrena, continuiamo ad avere un cuore di pietra e non ci allontaniamo dalle cose vacue. Anche mentre la stessa verità e vita pende da un duro legno davanti a noi, la superbia ci trascina, l'umiltà ci è sgradita, i diletti ci rapiscono e giudichiamo ripugnante ciò che è amaro. Oh, sbaglio che muove al pianto! Penare molto per non penare un poco, affaticarsi oltre misura per non farsi carico di una piccola molestia, decidere stoltamente di andare incontro ai tormenti perpetui per non subirne alcuni molto leggeri o per non privarsi di un onore falso o apparente! Quale persona che sia sana di mente potrà affermare che chi agisce così ama se stesso, quando un suo efferato nemico, nonostante tutto il suo odio, non potrà mai fargli tanto male quanto se ne fa egli stesso con quanto compie contro la volontà divina? Noi riteniamo ostile chi ci adula ed accarezza se, nascondendolo con queste dimostrazioni, trama un tradimento; e sarebbe pazzo chi, essendone informato, si lasciasse raggirare per quel breve piacere. Se ciò è certo, e senza dubbio lo è, che diremo del senno di coloro che vanno dietro alle realtà mondane? Chi lo ha sottratto loro, chi impedisce loro di ragionare? Oh, quanto è grande il numero degli sconsiderati!

1106. Tra tutti i figli di Adamo solo Maria, come ritratto autentico di Cristo, si uniformò al suo volere e alla sua condotta, senza discordare in niente dai suoi insegnamenti e dalle sue azioni. Fu ricolma di accortezza e di scienza e poté compensare le mancanze della nostra insensatezza, guadagnandoci così lo splendore della verità in mezzo alle nostre fitte tenebre. Nell'occasione di cui sto parlando, ella mirò nello specchio dell'anima beatissima di Gesù tutti i suoi atti interiori e i suoi desideri. Poiché da esso imparava come comportarsi, nello stesso momento pregò così nel suo intimo: «Eccelso Padre delle misericordie, proclamo il vostro essere infinito ed immutabile, vi lodo e glorifico perennemente. In questo luogo, infatti, dopo avermi plasmata, la vostra bontà ha spiegato il vigore della vostra destra, innalzandomi ad essere Madre del vostro Unigenito con la pienezza dello Spirito e degli antichi favori, che avete fatto rifulgere in me, vostra vile ancella; e in seguito, per sua sola benignità, egli nell'umanità ricevuta dal mio corpo si è degnato di tenermi nella sua tanto incantevole compagnia per trentatré anni, durante i quali ne ho goduto con gli influssi della sua grazia e con i suoi ammonimenti, che mi hanno rischiarato nel profondo. Oggi io abbandono la mia patria e vado con il mio Maestro secondo il vostro beneplacito, per assisterlo nel sacrificio della sua vita, che deve essere donata per tutti. Non c'è alcun dolore simile al mio dolore, poiché devo vedere in potere dei lupi più feroci l'agnello che toglie i peccati dal mondo, consegnato alle umiliazioni e alla morte colui che è immagine e impronta della vostra sostanza, colui che dall'eternità è generato da voi di quella stessa sostanza e lo sarà per sempre, colui al quale ho dato l'esistenza come uomo nel mio grembo, e sfigurata dalla sofferenza la bellezza del suo volto, che è la luce dei miei occhi e il gaudio degli angeli. Oh, se fosse possibile che ricadessero su di me le pene che incombono su di lui e mi venisse concesso di spirare al suo posto! Accettate, o Dio, l'offerta che, con il mio amato, il mio strazio vi presenta affinché siano eseguiti i vostri decreti. Oh, come passano rapidi i giorni e i minuti perché giunga la notte del mio affanno! Sarà un giorno fortunato per il genere umano, ma sarà una notte di angoscia per il mio cuore, immerso nella tristezza per l'assenza del sole che brillava in esso. O voi tutti, ingannati e dimentichi, è ormai ora che vi svegliate da un sonno così pesante e vi rendiate conto della gravità delle vostre colpe da ciò di cui sono state causa nel vostro Creatore. Guardatelo nel mio deliquio e nella mia amarezza, e cominciate finalmente a vagliare i loro danni».

1107. Non sono in grado di riferire adeguatamente tutti i gesti e i pensieri della nostra Signora nel congedarsi da Nazaret, le sue invocazioni all'Onnipotente, i suoi colloqui dolcissimi e mesti con il Figlio, l'intensità della sua afflizione ed i meriti incomparabili che acquistò. Combattuta tra l'affetto santo e naturale proprio di una vera madre, con il quale bramava l'incolumità di colui che aveva generato e aspirava a risparmiarlo dai tormenti che egli doveva sopportare, e la sua conformità alla volontà di lui e dell'Altissimo, veniva trafitta dalla spada che le aveva profetizzato Simeone. Gli diceva parole intrise di prudenza e di sapienza, ma molto soavi e dolenti, sulla sua impossibilità a liberarlo dalla passione e a condividerla con lui. In questa tribolazione superò senza paragone tutti i martiri di ogni epoca. Con tale disposizione e con tali sentimenti nascosti alla gente, i sovrani del cielo e della terra proseguirono il viaggio attraverso la Galilea, dove il Salvatore non rientrò più prima di morire. Mentre nei suoi ultimi mesi si faceva per lui breve il tempo in cui avrebbe potuto ancora affaticarsi per la redenzione, dalla sua partenza da casa fino all'ingresso trionfale in Gerusalemme egli fece i miracoli maggiori, come raccontano gli evangelisti. Sino ad allora, dopo la celebrazione della festa delle Capanne, percorse la Giudea e si occupò di essa, aspettando il momento stabilito nel quale si sarebbe dovuto dare in olocausto, quando e come egli stesso avesse voluto.

1108. La Regina lo accompagnò per tutto il tragitto, tranne che in alcune circostanze nelle quali si separarono per attendere entrambi a differenti opere a beneficio delle anime. In tali periodi Giovanni le rimaneva accanto per assisterla, osservando già in lei mirabili misteri e venendo illuminato sublimemente per comprenderli. Tra le altre cose straordinarie che ella compiva, quelle in cui la sua carità risaltava di più erano le implorazioni per la giustificazione dei rei. Fece allora, come anche Cristo, favori eccezionali, riconducendo molti sulla strada della vita, guarendo gli infermi, visitando i poveri, gli infelici, i bisognosi e gli abbandonati, sostenendoli nell'agonia e servendoli di persona, soprattutto i più disprezzati, piagati e addolorati. Di tutto ciò era testimone il discepolo più caro, che riteneva già suo compito specifico prendersi cura di lei. Nella Vergine purissima, però, la forza dell'amore verso il suo Unigenito era assai cresciuta ed ella sapeva che presto si sarebbe distaccato per ascendere all'empireo, per cui era incessantemente rapita nel desiderio di lui, tanto che arrivava a venir meno per la lontananza quando egli ritardava parecchio. Il Signore, come Dio e figlio, conosceva ciò che accadeva a Maria, così infiammata nei suoi confronti; sentendosi vincolato da questo, le corrispondeva con fedeltà, rivolgendole nell'intimo il versetto del Cantico, che qui si adempi letteralmente: Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo. Ella, appunto, lo attirava subito a sé, come ferito e vinto dal suo ardore. In base a quello che mi è stato rivelato su questo particolare, sua Maestà, in quanto uomo, non poteva starle distante, se lasciava spazio alla tenerezza che provava per lei come madre, e madre che tanto gli voleva bene. Ella lo sollevava e consolava con la sua presenza, e lo ricreava con la bellezza del suo candore, rendendogli dolci i travagli e le pene; infatti, era guardata come frutto unico e singolare fra tutti da lui, che nelle sofferenze riceveva grande ristoro dalla sua deliziosa vista.

1109. Gesù continuava i suoi prodigi in Giudea, dove tra l'altro a Betania fece risorgere il fratello di Marta e Maria, che lo avevano chiamato. Ora, poiché tale luogo era molto vicino alla città santa, il portento si divulgò immediatamente anche lì; i sommi sacerdoti e i farisei, irritati, tennero il consiglio nel quale decisero di eliminare il Redentore e deliberarono che, se qualcuno avesse avuto sue notizie, lo avrebbe dovuto manifestare. Dopo tale meraviglia, infatti, egli si era ritirato a Èfraim, per restarvi fino alla Pasqua, che era ormai prossima. Quando giunse l'ora di tornare a celebrarla con la sua morte, si espresse in modo più chiaro con i Dodici, comunicando solo a loro che sarebbero saliti a Gerusalemme, dove il Figlio dell'uomo, cioè lui stesso, sarebbe stato consegnato, arrestato, flagellato, schernito e infine crocifisso; frattanto, i suoi nemici erano attenti a spiare se egli si recava là per la solennità. Sei giorni prima di essa, andò di nuovo dalle due sorelle, che lo ospitarono e prepararono un lauto convito per lui, per la Signora e per tutti quelli che erano con loro. Fra i commensali c'era anche Lazzaro, colui che era stato recentemente risuscitato.

1110. Mentre il Salvatore del mondo era steso a questa cena, secondo il costume dei giudei, entrò Maria di Màgdala, piena di luce divina e di nobili pensieri. Con il fervente affetto che aveva per lui, sua guida, gli cosparse i piedi e la testa di un olio profumato assai prezioso, composto di nardo e di altri aromi, che era contenuto in un vasetto di alabastro; poi, gli asciugò i piedi con i capelli nello stesso modo in cui l'aveva fatto nell'abitazione del fariseo al momento della sua conversione, come racconta san Luca. Sebbene gli altri Vangeli narrino questa seconda unzione con qualche differenza, ho capito che non si tratta di due persone diverse, ma di una sola, mossa dallo Spirito e dall'ardente amore per Cristo. Tutta la casa si riempì della fragranza di questi unguenti, perché erano abbondanti e molto pregiati, e la prodiga innamorata aveva rotto il recipiente per versarli senza risparmio in suo onore. Il corrotto Giuda, che avrebbe desiderato prenderli lui per mercanteggiarli ed incassarne il guadagno, cominciò a mormorare di questo gesto misterioso e a turbare alcuni degli altri apostoli, con il pretesto della povertà e della carità verso gli indigenti. Egli affermava che questi venivano defraudati, poiché si spendeva inutilmente e con spreco una cosa di tanto valore; ma tutto ciò era compiuto per volontà superna, ed egli era ipocrita, avaro e insolente.

1111. Il Maestro della verità difese la sua seguace, che costui riprendeva come scialacquatrice e poco giudiziosa, intimando a lui e agli altri di non infastidirla; quell'azione, infatti, non era vana né priva di una precisa causa, e con essa non si toglieva l'elemosina ai bisognosi, ai quali sempre avrebbero avuto la possibilità di farla, mentre a lui non sempre avrebbero potuto rendere tale ossequio, che gli veniva dato in vista della sua sepoltura. Quella donna generosa e appassionata la anticipava, ispirata dall'alto, testimoniando così che egli già si accingeva a patire per il genere umano, e che la sua uccisione e deposizione nel sepolcro erano imminenti. Il perfido discepolo, però, non comprese niente di ciò ed anzi s'infuriò contro di lui, che l'aveva giustificata. Lucifero, osservando la disposizione del suo intimo depravato, avventò in esso ulteriori dardi di cupidigia, ira e feroce odio verso l'Autore della vita. Da allora, il traditore si propose di macchinarne la cattura, di dare notizia ai capi del suo arrivo e di screditarlo sfacciatamente presso di loro, come in effetti fece. Li incontrò di nascosto e disse che egli insegnava nuove leggi contrarie a quelle di Mosè e degli imperatori, era amante dei banchetti ed amico di gente disso)uta, accoglieva molti peccatori, maschi e femmine, tenendoli in sua compagnia. Li pregò, quindi, di porre rimedio prima che accadesse loro qualcosa di irreparabile ed essi, poiché avevano già preso questa risoluzione governati nella stessa maniera dal principe delle tenebre, approvarono il suo parere e si accordarono sulla vendita di Gesù.

1112. Tutte le riflessioni di Giuda erano palesi non solo a sua Maestà, ma anche a Maria. Il Redentore non ne fece accenno con lui, né cessò di parlargli come un padre tenerissimo e di inviare celesti suggerimenti a quell'ostinato; a ciò, la Madre della clemenza aggiunse altre esortazioni e attenzioni per fermarlo. In tale notte, il sabato precedente la domenica delle palme, chiamatolo in disparte, con parole dolcissime ed efficaci e abbondanti lacrime lo mise dinanzi al terribile pericolo in cui si trovava, e lo supplicò di cambiare decisione. Se nutriva sdegno verso il suo Signore, lo invitava a rivalersi contro di lei, perché questo sarebbe stato un male minore, in quanto ella era una semplice creatura, mentre egli era il suo Dio. Per saziare la sua ingordigia gli offrì anche alcuni oggetti che aveva ricevuto a tale scopo dalle mani di Maria di Màgdala, ma nessuna di queste premure ebbe effetto nel suo animo ormai insensibile, e discorsi così vivi e soavi non fecero breccia in quel cuore più duro del diamante. Anzi, siccome non trovava che cosa rispondere e ciò che ascoltava dalla prudentissima Regina gli faceva forza, egli si irritò maggiormente e tacque, mostrandosi offeso; non per questo, però, ebbe vergogna di accettare quanto gli era stato donato, perché era ugualmente avido e malvagio. Dunque, ella lo lasciò e se ne andò da suo Figlio: piena di amarezza e nel pianto si gettò ai suoi piedi e, con espressioni molto misurate ma anche assai dolenti, manifestò compassione e portò notevole sollievo a lui, che vedeva soffrire nella sua umanità beatissima per le stesse ragioni per le quali, in seguito, egli confidò ai suoi che la sua anima era triste fino alla morte. Tutte queste pene erano dovute alle colpe degli uomini, perché essi non avrebbero tratto profitto dalla sua passione.

Insegnamento della Regina del cielo

1113. Carissima, mentre prosegui nella narrazione della mia storia, vai di giorno in giorno capendo e spiegando sempre meglio il fervente amore con il quale il mio diletto e tuo sposo - ed io con lui - abbracciò il cammino della croce, che noi scegliemmo come nostro unico bene nella vita peritura; perciò, è opportuno che, quanto più apprendi questo ed io te ne ripeto l'insegnamento, tanto più tu progredisca nel ricalcare le nostre orme. Il tuo debito va crescendo da quando egli ti ha eletto come sua sposa e tu non puoi pagarlo se non tieni stretti i travagli, bramandoli a tal punto che per te l'angustia più grande sia non subirli. Rinnova continuamente tale anelito, perché devi essere molto sapiente in questa scienza, che il mondo ignora e disprezza; allo stesso tempo, però, considera con diligenza che l'Onnipotente non vuole l'afflizione delle persone come fine a se stessa, ma piuttosto per renderle degne dei tesori superiori ad ogni immaginazione che tiene pronti per loro. Per attestare questa realtà e dare una caparra di questa promessa, si trasfigurò sul Tabor in presenza mia e di alcuni discepoli. Nell'orazione che allora rivolse al Padre, e che solo io conobbi, la sua umanità santissima si umiliò confessandolo vero Dio, infinito nelle perfezioni e negli attributi, come in genere quando intendeva fare qualche richiesta; quindi, lo implorò che tutti i corpi che si fossero sottoposti a patimenti e si fossero affaticati conformandosi a lui nella nuova legge evangelica partecipassero poi della gloria del suo e risuscitassero nel giudizio finale insieme alle loro anime, per goderne nel grado proprio a ciascuno. L'Eterno lo esaudì e stabilì che ciò fosse confermato come un contratto tra lui e i mortali con la gloria del corpo del loro Salvatore, concedendogli in pegno il possesso di quello che egli domandava per tutti i suoi seguaci. Questo rivela il valore della momentanea tribolazione che è per essi privarsi dei vili piaceri di quaggiù e mortificarsi per il mio Unigenito.

1114. Per i meriti incommensurabili con i quali egli presentò tale invocazione, viene ad essere corona di giustizia per la creatura questa gloria, che le spetta come membro di Cristo, suo capo, che a lei l'ha guadagnata. Questa unione con lui, però, deve verificarsi per mezzo della grazia e dell'imitazione nel dolore al quale corrisponde il premio. Se qualunque tormento fisico ne ha uno, di rilevanza assai superiore sarà il tollerare e scusare le ingiurie, ricambiandole con favori, come noi facemmo con Giuda. Gesù, infatti, non solo non lo escluse dall'apostolato e non si dimostrò adirato con lui, ma lo aspettò finché egli, per la sua malizia, non finì per diventare incapace di bene, sottomettendosi al potere del demonio. Durante la sua esistenza terrena il nostro Redentore procedette con passi molto lenti alla vendetta, ma poi compenserà questo con la severità del castigo. Se l'Altissimo indulge e attende tanto, quanto un misero verme non deve sopportare l'altro, che è della sua stessa natura e condizione? Su questa verità e con lo zelo della carità del tuo Signore e sposo devi regolare la tua pazienza, la tua sofferenza e la premura per il riscatto di tutti. Non dico che tu debba ammettere ciò che sarà contro il suo onore, perché così non avresti autentica sollecitudine per il tuo prossimo; devi piuttosto amarlo come sua opera ed aborrire il peccato, perdonare e dissimulare ciò che riguarda te stessa e adoperarti, per quanto ti sarà possibile, perché ognuno sia salvo. Non perderti subito d'animo, quando non vedrai frutti, ma offri al Padre quello che ha acquistato mio Figlio, nonché l'intercessione mia, degli angeli e dei santi; infatti, poiché Dio è amore e i beati stanno in lui, essi si prendono cura di coloro che sono pellegrini nel mondo.


20-56 Febbraio 6, 1927 Dove c’è la Volontà Divina, c’è tutto, non c’è cosa che sfugge e come chi la possiede vive nella comunanza dei beni del suo Creatore; amore e felicità riceve, amore e felicità dà.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo tutta immersa nel Supremo Volere seguendo i suoi atti per costituirmi atto di ciascuna creatura ed il mio dolce Gesù è uscito da dentro il mio interno e stendendomi le sue braccia mi abbracciava forte, stringendomi tutta a Sé. Ora mentre Gesù mi abbracciava, tutte le cose create, il cielo, il sole, il mare, tutti, anche il piccolo uccellino, mettendosi intorno a Gesù tutti mi abbracciavano volendo ripetere l’atto suo, facevano come a gara, nessuno voleva restare dietro. Io sono rimasta confusa nel vedere che tutta la Creazione correva verso di me per abbracciarmi e Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, quando l’anima vive nel mio Volere ed Io faccio un atto verso di lei, anche un semplice bacio, una parolina sola, tutta la Creazione, incominciando dalla Sovrana Regina fino all’ultimo del più piccolo essere, tutti si mettono in moto per ripetere l’atto mio. Perché essendo una la volontà dell’anima, della mia e di loro, tutti tengono il diritto di accomunarsi con Me, per fare la stessa cosa che faccio Io. Perciò non sono solo Io, ma tutti gli esseri dove esiste integra la mia Volontà, erano insieme con Me ad abbracciarti. Quindi quando faccio un atto di più con chi vive nel mio Volere, do una festa nuova a tutta la Creazione, e quando c’è una festa nuova tutti si muovono e stanno sull’attenti, quando Io sto per farti un dono, dirti una parola, per concorrere insieme con Me, ripetere l’atto mio, ricevere la nuova festa e fare a te la festa degli atti loro. Non è stata festa per te sentire l’abbraccio della Mamma Celeste, l’abbraccio della luce del sole, delle onde del mare, fin del piccolo uccellino che stendeva le sue ali per abbracciarti? Figlia mia, dove c’è la mia Volontà c’è tutto, non c’è cosa che le può sfuggire”.

(3) Onde io continuavo a seguire i suoi atti nel Supremo Volere ed il mio dolce Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, chi possiede la mia Volontà è come se tenesse accentrato il sole in sé stesso, ma non il sole che si vede nell’alto dei cieli, ma il Sole Divino, quello stesso Sole che sta accentrato in Dio; dilungando i suoi raggi si accentra nell’anima, sicché lei è padrona della luce, perché possiede dentro di lei la vita della luce e tutti i beni ed effetti che essa contiene; perciò gode la comunanza dei beni del suo Creatore. Tutto è in comune con chi possiede la mia Volontà: Comune è l’amore, comune è la santità, comune è la luce, tutto è in comune con lei, anzi riguardandola come parto della sua Volontà Divina è già figlia sua, e gode, ama e vuole che i suoi beni siano comuni. E se ciò non potesse essere, soffrirebbe come un padre potesse soffrire che, essendo ricchissimo si trova nell’impossibilità di non poter dare i suoi beni ai veri e fedeli suoi figli, e quindi non potendo dare ciò che lui possiede, è costretto a vederli poveri. Questo padre in mezzo all’opulenza delle sue ricchezze, ne morrebbe di dolore e attossicato nelle sue amarezze, perché la gioia del padre è di dare e rendere felici i figli della sua stessa felicità. Se tanto potesse soffrire un padre terreno che non potesse far comunanza dei beni coi suoi figli, fino a morire di dolore, molto più l’eterno Creatore, più che Padre tenerissimo ne soffrirebbe se non potesse mettere in comune i suoi beni con chi possiede il Fiat Divino, che come figlia sua tiene i suoi diritti di possedere la comunanza dei beni del Padre suo. E se ciò non fosse, cozzerebbe con quell’amore che non conosce limiti e con quella bontà più che paterna che è il continuo trionfo di tutte le nostre opere. Perciò come l’anima giunge a possedere il Fiat Supremo, il primo atto di Dio è di mettere in comune i suoi beni con lei e accentrandole il suo Sole, nella corrente della sua luce fa scendere i suoi beni nel fondo dell’anima e lei prende ciò che vuole, e sulla stessa corrente della luce che possiede, li fa risalire di nuovo al suo Creatore, come il più grande omaggio d’amore e di riconoscenza e la stessa corrente li discende di nuovo in essa. Quindi salgono e scendono continuamente questi beni, come certezza e suggello di comunanza che tra Creatore e creatura vi è tra loro. Tale era lo stato di Adamo quando fu creato, fino quando peccò, ciò che era nostro era suo, la pienezza della luce accentrata in lui, in vista che una era la sua volontà con la nostra, gli portava la comunanza dei nostri beni. Come ci sentivamo raddoppiare la nostra felicità per causa della Creazione, non per altro, perché vedevamo Adamo, il figlio nostro felice della nostra stessa felicità, perché la sua volontà essendo una con la nostra, la nostra le pioveva a torrenti i nostri beni e la nostra felicità, tanto che lui non potendola tutta contenere, perché non teneva la larghezza del suo Creatore, mentre si riempiva fino all’orlo fino a traboccarne fuori, faceva risalire tutto il resto a Colui da cui li riceveva; e che cosa faceva risalire? Il suo amore perfetto che aveva ricevuto da Dio, la sua santità, la sua gloria che possedeva con Noi in comune, come per ridarci la pariglia della felicità, dell’amore, della gloria. Felicità davamo, felicità ci dava; amore, santità e gloria gli davamo, amore, santità e gloria ci dava. Figlia mia, il possedere una Volontà Divina è cosa da far strabiliare e non il tutto può comprendere l’umana natura, sente, possiede e non sa esprimersi”.