Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 10° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 3
1C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei.2Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: "Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui".3Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio".4Gli disse Nicodèmo: "Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?".5Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio.6Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito.7Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto.8Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito".9Replicò Nicodèmo: "Come può accadere questo?".10Gli rispose Gesù: "Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?11In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza.12Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?13Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".
16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.17Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.20Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.21Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
22Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava.23Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché c'era là molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare.24Giovanni, infatti, non era stato ancora imprigionato.
25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo la purificazione.26Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: "Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui".27Giovanni rispose: "Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo.28Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui.29Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta.30Egli deve crescere e io invece diminuire.
31Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti.32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza;33chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero.34Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura.35Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.36Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui".
Giudici 18
1In quel tempo non c'era un re in Israele e la tribù dei Daniti cercava un territorio per stabilirvisi, perché fino a quei giorni non le era toccata nessuna eredità fra le tribù d'Israele.2I figli di Dan mandarono dunque da Zorea e da Estaol cinque uomini della loro tribù, uomini di valore, per visitare ed esplorare il paese; dissero loro: "Andate ad esplorare il Paese!". Quelli giunsero sulle montagne di Efraim fino alla casa di Mica e passarono la notte in quel luogo.3Mentre erano presso la casa di Mica, riconobbero la voce del giovane levita; avvicinatisi, gli chiesero: "Chi ti ha condotto qua? Che fai in questo luogo? Che hai tu qui?".4Rispose loro: "Mica mi ha fatto così e così, mi dà un salario e io gli faccio da sacerdote".5Gli dissero: "Consulta Dio, perché possiamo sapere se il viaggio che abbiamo intrapreso avrà buon esito".6Il sacerdote rispose loro: "Andate in pace, il viaggio che fate è sotto lo sguardo del Signore".7I cinque uomini continuarono il viaggio e arrivarono a Lais e videro che il popolo, che vi abitava, viveva in sicurezza secondo i costumi di quelli di Sidòne, tranquillo e fidente; non c'era nel paese chi, usurpando il potere, facesse qualcosa di offensivo; erano lontani da quelli di Sidòne e non avevano relazione con nessuno.8Poi tornarono ai loro fratelli a Zorea e a Estaol e i fratelli chiesero loro: "Che notizie portate?".9Quelli risposero: "Alziamoci e andiamo contro quella gente, poiché abbiamo visto il paese ed è ottimo. E voi rimanete inattivi? Non indugiate a partire per andare a prendere in possesso il paese.10Quando arriverete là, troverete un popolo che non sospetta di nulla. Il paese è vasto e Dio ve lo ha messo nelle mani; è un luogo dove non manca nulla di ciò che è sulla terra".
11Allora seicento uomini della tribù dei Daniti partirono da Zorea e da Estaol, ben armati.12Andarono e si accamparono a Kiriat-Iearim, in Giuda; perciò il luogo, che è a occidente di Kiriat-Iearim, fu chiamato e si chiama fino ad oggi l'accampamento di Dan.13Di là passarono sulle montagne di Efraim e giunsero alla casa di Mica.
14I cinque uomini che erano andati a esplorare il paese di Lais dissero ai loro fratelli: "Sapete che in queste case c'è un 'efod', ci sono i 'terafim', una statua scolpita e una statua di getto? Sappiate ora quello che dovete fare".15Quelli si diressero da quella parte, giunsero alla casa del giovane levita, cioè alla casa di Mica, e lo salutarono.16Mentre i seicento uomini dei Daniti, muniti delle loro armi, stavano davanti alla porta,17e i cinque uomini che erano andati a esplorare il paese vennero, entrarono in casa, presero la statua scolpita, l''efod', i 'terafim' e la statua di getto. Intanto il sacerdote stava davanti alla porta con i seicento uomini armati.18Quando, entrati in casa di Mica, ebbero preso la statua scolpita, l''efod', i 'terafim' e la statua di getto, il sacerdote disse loro: "Che fate?".19Quelli gli risposero: "Taci, mettiti la mano sulla bocca, vieni con noi e sarai per noi padre e sacerdote. Che cosa è meglio per te, essere sacerdote della casa di un uomo solo oppure essere sacerdote di una tribù e di una famiglia in Israele?".20Il sacerdote gioì in cuor suo; prese l''efod', i 'terafim' e la statua scolpita e si unì a quella gente.21Allora si rimisero in cammino, mettendo innanzi a loro i bambini, il bestiame e le masserizie.22Quando erano già lontani dalla casa di Mica, i suoi vicini si misero in armi e raggiunsero i Daniti.23Allora gridarono ai Daniti. Questi si voltarono e dissero a Mica: "Perché ti sei messo in armi?".24Egli rispose: "Avete portato via gli dèi che mi ero fatti e il sacerdote e ve ne siete andati. Ora che mi resta? Come potete dunque dirmi: Che hai?".25I Daniti gli dissero: "Non si senta la tua voce dietro a noi, perché uomini irritati potrebbero scagliarsi su di voi e tu ci perderesti la vita e la vita di quelli della tua casa!".26I Daniti continuarono il viaggio; Mica, vedendo che essi erano più forti di lui, si voltò indietro e tornò a casa.
27Quelli dunque, presi con sé gli oggetti che Mica aveva fatti e il sacerdote che aveva al suo servizio, giunsero a Lais, a un popolo che se ne stava tranquillo e sicuro; lo passarono a fil di spada e diedero la città alle fiamme.28Nessuno le prestò aiuto, perché era lontana da Sidòne e i suoi abitanti non avevano relazioni con altra gente. Essa era nella valle che si estende verso Bet-Recob.29Poi i Daniti ricostruirono la città e l'abitarono. La chiamarono Dan dal nome di Dan loro padre, che era nato da Israele; ma prima la città si chiamava Lais.30E i Daniti eressero per loro uso la statua scolpita; Gionata, figlio di Ghersom, figlio di Manàsse, e i suoi figli furono sacerdoti della tribù dei Daniti finché gli abitanti del paese furono deportati.31Essi misero in onore per proprio uso la statua scolpita, che Mica aveva fatta, finché la casa di Dio rimase a Silo.
Salmi 102
1'Preghiera di un afflitto che è stanco'
'e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia'.
2Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido.
3Non nascondermi il tuo volto;
nel giorno della mia angoscia
piega verso di me l'orecchio.
Quando ti invoco: presto, rispondimi.
4Si dissolvono in fumo i miei giorni
e come brace ardono le mie ossa.
5Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce,
dimentico di mangiare il mio pane.
6Per il lungo mio gemere
aderisce la mia pelle alle mie ossa.
7Sono simile al pellicano del deserto,
sono come un gufo tra le rovine.
8Veglio e gemo
come uccello solitario sopra un tetto.
9Tutto il giorno mi insultano i miei nemici,
furenti imprecano contro il mio nome.
10Di cenere mi nutro come di pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto,
11davanti alla tua collera e al tuo sdegno,
perché mi sollevi e mi scagli lontano.
12I miei giorni sono come ombra che declina,
e io come erba inaridisco.
13Ma tu, Signore, rimani in eterno,
il tuo ricordo per ogni generazione.
14Tu sorgerai, avrai pietà di Sion,
perché è tempo di usarle misericordia:
l'ora è giunta.
15Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre
e li muove a pietà la sua rovina.
16I popoli temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria,
17quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso in tutto il suo splendore.
18Egli si volge alla preghiera del misero
e non disprezza la sua supplica.
19Questo si scriva per la generazione futura
e un popolo nuovo darà lode al Signore.
20Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra,
21per ascoltare il gemito del prigioniero,
per liberare i condannati a morte;
22perché sia annunziato in Sion il nome del Signore
e la sua lode in Gerusalemme,
23quando si aduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il Signore.
24Ha fiaccato per via la mia forza,
ha abbreviato i miei giorni.
25Io dico: Mio Dio,
non rapirmi a metà dei miei giorni;
i tuoi anni durano per ogni generazione.
26In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani.
27Essi periranno, ma tu rimani,
tutti si logorano come veste,
come un abito tu li muterai
ed essi passeranno.
28Ma tu resti lo stesso
e i tuoi anni non hanno fine.
29I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
resterà salda davanti a te la loro discendenza.
Salmi 89
1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".
6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.
9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.
12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.
16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.
20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.
23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.
27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.
31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.
34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".
39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.
43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.
47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?
50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.
Ezechiele 21
1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, volgi la faccia verso il mezzogiorno, parla alla regione australe e predici contro la selva del mezzogiorno.3Dirai alla selva del mezzogiorno: Ascolta la parola del Signore: Dice il Signore Dio: Ecco, io accenderò in te un fuoco che divorerà in te ogni albero verde e ogni albero secco: la fiamma ardente non si spegnerà e ogni sembiante sarà bruciato dal mezzogiorno al settentrione.4Ogni vivente vedrà che io, il Signore, l'ho incendiato e non si spegnerà".
5Io dissi: "Ah! Signore Dio, essi vanno dicendo di me: Non è forse costui uno che racconta delle favole?".
6Mi fu rivolta questa parola del Signore:7"Figlio dell'uomo, volgi la faccia verso Gerusalemme e parla contro i suoi santuari, predici contro il paese d'Israele.8Tu riferirai al paese d'Israele: Così dice il Signore Dio: Eccomi contro di te. Sguainerò la spada e ucciderò in te il giusto e il peccatore.9Se ucciderò in te il giusto e il peccatore, significa che la spada sguainata sarà contro ogni carne, dal mezzogiorno al settentrione.10Così ogni vivente saprà che io, il Signore, ho sguainato la spada ed essa non rientrerà nel fodero.11Tu, figlio dell'uomo, piangi: piangi davanti a loro con il cuore infranto e pieno d'amarezza.12Quando ti domanderanno: Perché piangi?, risponderai: Perché è giunta la notizia che il cuore verrà meno, le mani s'indeboliranno, lo spirito sarà costernato, le ginocchia vacilleranno. Ecco è giunta e si compie". Parola del Signore Dio.13Mi fu rivolta questa parola del Signore:14"Figlio dell'uomo, profetizza e di' loro: Così dice il Signore Dio:
Spada, spada aguzza e affilata,
15aguzza per scannare, affilata per lampeggiare!
16L'ha fatta affilare perché la si impugni,
l'ha aguzzata e affilata
per darla in mano al massacratore!
17Grida e lamèntati, o figlio dell'uomo,
perché essa pesa sul mio popolo,
su tutti i prìncipi d'Israele:
essi cadranno di spada insieme con il mio popolo.
Perciò battiti il fianco,
18perché è una prova:
che cosa accadrebbe se nemmeno un bastone sprezzante ci fosse
Parola del Signore Dio.
19Tu, o figlio dell'uomo,
predici e batti le mani:
la spada si raddoppi e si triplichi,
è la spada dei massacri,
la grande spada del massacro che li circonda.
20Perché i cuori si struggano e si moltiplichino le vittime,
ho messo ad ogni porta la punta della spada,
fatta per lampeggiare, affilata per il massacro.
21Volgiti a destra, volgiti a sinistra,
ovunque si diriga la tua lama.
22Anch'io batterò le mani e sazierò la mia ira.
Io, il Signore, ho parlato".
23Mi fu rivolta questa parola del Signore:
24"Figlio dell'uomo, traccia due strade per il passaggio della spada del re di Babilonia; proverranno tutte e due dallo stesso paese; tu metti un segnale a capo della strada che conduce nella città.25Traccia la strada per cui la spada giunga a Rabbà degli Ammoniti e in Giuda, a Gerusalemme nella città fortificata.26Infatti il re di Babilonia è fermo al bivio, all'inizio delle due strade, per interrogare le sorti: agita le frecce, interroga gli dèi domestici, osserva il fegato.27Nella sua destra è uscito il responso: Gerusalemme, per porre contro di essa gli arieti, per farle udire l'ordine del massacro, echeggiare grida di guerra, disporre gli arieti contro le sue porte, innalzare terrapieni, costruire trincee.
28Ma questo non è che un vano presagio agli occhi di quelli che hanno fatto loro solenni giuramenti. Egli però ricorda loro l'iniquità per cui saranno catturati".29Perciò dice il Signore: "Poiché voi avete fatto ricordare le vostre iniquità, rendendo manifeste le vostre trasgressioni e palesi i vostri peccati in tutto il vostro modo di agire, poiché ve ne vantate, voi resterete presi al laccio.30A te, sconsacrato, empio principe d'Israele, di cui è giunto il giorno con il tempo della tua iniquità finale,31così dice il Signore Dio: Deponi il turbante e togliti la corona: tutto sarà cambiato: ciò che è basso sarà elevato e ciò che è alto sarà abbassato.32In rovina, in rovina, in rovina la ridurrò e non si rialzerà più finché non giunga colui al quale appartiene di diritto e al quale io la darò".
33Tu, figlio dell'uomo, profetizza e annunzia: "Così dice il Signore Dio agli Ammoniti e riguardo ai loro insulti. Di' dunque: La spada, la spada è sguainata per la strage, è affilata per sterminare, per lampeggiare,34mentre tu hai false visioni e ti si predicono sorti bugiarde, la spada sarà messa alla gola degli empi perversi, il cui giorno è venuto, al colmo della loro malvagità.
35Rimettila nel fodero. Nel luogo stesso in cui tu fosti creato, nella terra stessa in cui sei nato, io ti giudicherò;36rovescerò su di te il mio sdegno, contro di te soffierò nel fuoco della mia ira e ti abbandonerò in mano di uomini violenti, portatori di distruzione.37Sarai preda del fuoco, del tuo sangue sarà intrisa la terra, non ti si ricorderà più perché io, il Signore, ho parlato".
Seconda lettera ai Corinzi 3
1Cominciamo forse di nuovo a raccomandare noi stessi? O forse abbiamo bisogno, come altri, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra?2La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini.3È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori.
4Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio.5Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio,6che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito da' vita.
7Se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, fu circonfuso di gloria, al punto che i figli d'Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore pure effimero del suo volto,8quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito?9Se già il ministero della condanna fu glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero della giustizia.10Anzi sotto quest'aspetto, quello che era glorioso non lo è più a confronto della sovraeminente gloria della Nuova Alleanza.11Se dunque ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è duraturo.12Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza13e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero.14Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato.15Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore;16'ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto'.17Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà.18E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore.
Capitolo II: La verità si fa sentire dentro di noi senza altisonanti parole
Leggilo nella Biblioteca
1. "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). "Io sono il tuo servo; dammi luce per apprezzare quello che tu proclami" (Sal 118,125). Disponi il mio cuore alle parole della tua bocca; il tuo dire discenda come rugiada. Dissero una volta a Mosè i figli di Israele: "Parlaci tu, e potremo ascoltarti; non ci parli il Signore, affinché non avvenga che ne moriamo" (Es 20,19). Non così, la mia preghiera, o Signore. Piuttosto, con il profeta Samuele, in umiltà e pienezza di desiderio, io ti chiedo ardentemente: "Parla, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10). Non mi parli Mosè o qualche altro profeta; parlami invece tu, Signore Dio, che ispiri e dai luce a tutti i profeti: tu solo, senza di loro, mi puoi ammaestrare pienamente; quelli, invece, senza di te, non gioverebbero a nulla. Possono, è vero, far risuonare parole, ma non danno lo spirito; parlano bene, ma, se tu non intervieni, non accendono il cuore; lasciano degli scritti, ma sei tu che ne mostri il significato; presentano i misteri, ma sei tu che sveli il senso di ciò che sta dietro al simbolo; emettono ordini, ma sei tu che aiuti ad eseguirli; indicano la strada , ma sei tu che aiuti a percorrerla. Essi operano solamente all'esterno, ma tu prepari ed illumini i cuori; essi irrigano superficialmente, ma tu rendi fecondi; essi fanno risuonare delle parole, ma sei tu che aggiungi all'ascolto il potere di comprendere.
2. Non mi parli dunque Mosè; parlami tu, Signore mio Dio, verità eterna, affinché, se ammonito solo esteriormente e privo di fuoco interiore, io non resti senza vita e non mi isterilisca; affinché non mi sia di condanna la parola udita non tradotta in pratica, conosciuta ma non amata, creduta ma non osservata. "Parla, dunque, o Signore, il tuo servo ti ascolta" (1 Sam 3,10): "tu hai infatti parole di vita eterna" (Gv 6,69). Parlami, affinché scenda un po' di consolazione all'anima mia, e tutta la mia vita sia purificata. E a te sia lode e onore perpetuo.
Contro Fausto Manicheo - Libro sesto
Contro Fausto manicheo - Sant'Agostino di Ippona
Leggilo nella Biblioteca
Prescrizioni dell'Antico Testamento.
1. FAUSTO. " Accetti il Vecchio Testamento? ". Ma come dovrei accettarlo io che non ne rispetto i comandamenti? Ma neppure tu li rispetti. Per quanto mi riguarda ho rifiutato la circoncisione come vergognosa; e anche tu, se non mi sbaglio, rifiuti la cessazione dal lavoro del sabato perché inutile. Penso e sono certo che anche tu rifiuti i sacrifici come idolatria. Non mi astengo certamente dalla sola carne suina; parimenti tu non mangi solo quella. Io lo faccio perché ritengo impuro ogni tipo di carne, tu perché non ne ritieni impuro nessuno. Entrambi, ciascuno per una sua ragione, distruggiamo il Vecchio Testamento. Entrambi rifiutiamo come consuetudini vane e inutili le settimane degli azimi e la festa dei tabernacoli. Altre consuetudini rifiutate sono: non inserire la porpora nelle vesti di lino, considerare come un adulterio l'unione della lana e del lino, annoverare fra i sacrilegi l'accoppiare anche in caso di necessità l'asino e il bue. Entrambi abbiamo rifiutato ridendo e non considerando né fra i primi né fra i minori comandamenti la proibizione di consacrare sacerdote un uomo calvo e stempiato o con un simile difetto perché entrambi immondi presso Dio. Tutte quelle elencate sono prescrizioni e ordinanze del Vecchio Testamento. Ciò che tu mi contesti ci riguarda entrambi sia che lo si debba considerare come un male sia che si riveli come un bene: entrambi infatti respingiamo il Vecchio Testamento. Se dunque mi chiedi che differenza ci sia fra la tua fede e la mia ti rispondo così: a te piace mentire e comportarti in modo indegno sì da lodare a parole ciò che disprezzi nel tuo intimo, io non so ingannare, dico ciò che penso, ammetto di odiare coloro che fanno certe indegne prescrizioni quanto le prescrizioni stesse.
Precetti esecutivi e precetti figurati.
2. AGOSTINO. Abbiamo già detto in che modo e perché il Vecchio Testamento sia accettato dagli eredi del Nuovo Testamento. Ma poiché poco fa Fausto ha trattato delle promesse, ora ha voluto parlare delle prescrizioni. Rispondo dicendo che costoro ignorano completamente che differenza ci sia fra precetti di vita pratica e precetti di vita significativa. Per esempio: non concupirai 1, è un precetto di vita pratica; Circonciderai ogni nato maschio l'ottavo giorno 2 è precetto di vita figurativa. Per questa imperfetta conoscenza i Manichei e tutti coloro cui dispiace la lettura del Vecchio, non comprendendo che tutte le prescrizioni cerimoniali imposte da Dio al precedente popolo erano ombra di ciò che sarebbe avvenuto e constatando che non vengono più osservate, criticano in base all'uso attuale delle prescrizioni che in ogni caso si adattavano a quel tempo in cui i fatti che ora si sono manifestati venivano significati come futuri. Ma come reagiranno contro queste parole dell'Apostolo: Tutte queste cose li riguardavano per il loro senso figurato; sono però state scritte per noi cui capita di vivere alla fine dei tempi 3. Ecco ch'egli stesso ci rivela perché quegli scritti siano accettati da noi e perché oramai non sia più necessario che quei segni degli eventi siano da noi osservati. Quando infatti dice: Furono scritti per noi, dimostra senza dubbio con quanta cura debbano essere letti e compresi e in quanto grande autorità debbano essere tenuti dal momento che furono scritti per noi. Quando poi dice: Erano figure relative a noi e: Li riguardavano in modo figurato 4, mostra che oramai non è più necessario, essendo noi a conoscenza dei fatti significati, che ci preoccupiamo di porre attenzione alle figure profetiche. Dice perciò in un altro passo: Nessuno vi giudichi per ciò che mangiate o bevete o per l'inosservanza di qualche giorno festivo, della luna nuova o del sabato: trattasi di un'ombra degli eventi futuri 5. Perciò anche quando dice: Nessuno vi giudichi per quei vostri atti dimostra come non sia più necessario che certe regole vadano osservate. Quando però dice che sono ombra degli eventi futuri mostra quanto sia stato opportuno che fossero osservate in quel tempo in cui quegli eventi, che sono stati rivelati a noi nella loro piena realizzazione, venivano predetti in modo oscuro e figurato.
La circoncisione della carne.
3. Inoltre se i Manichei fossero giustificati dalla risurrezione del Signore (risurrezione avvenuta nel giorno terzo dalla passione, ottavo dopo il giorno di sabato, cioè dopo il settimo), si spoglierebbero del velo carnale dei desideri mortali e rallegrandosi per la circoncisione del cuore non deriderebbero quella adombrata e figurata nella carne ai tempi del Vecchio Testamento, pur non essendo tenuti sotto la legge del Nuovo a praticarla e a osservarla. In quale membro è figurata con maggiore congruenza la spoliazione della concupiscenza carnale e mortale di quello da cui ha origine il feto carnale e mortale? Dice l'Apostolo: Tutto è puro per i puri, per gli impuri e gli infedeli nulla è puro, ma sono inquinate la loro mente e la loro coscienza 6. Pertanto costoro, cui sembra di essere troppo puri perché avversano quei membri in quanto immondi, o fingono di avversarli, sono caduti nella sozzura dell'errore e della infedeltà. Detestando la circoncisione della carne che l'Apostolo definì segno della giustizia della fede 7 credono che le divine membra del loro Dio siano tenute prigioniere, incatenate e inquinate nelle stesse membra carnali. E poiché definiscono impura la carne sono costretti a dire che anche Dio, dalla parte in cui è trattenuto, è divenuto impuro. Asseriscono quindi che deve essere purificato, ma che in attesa che ciò avvenga, ed entro i limiti in cui potrà avvenire, Dio soffre tutto ciò che soffrono le creature fatte di carne e non solo per l'afflizione derivante dalla sofferenza e dal dolore, ma anche per l'azione corruttrice dei piaceri. Dicono infatti di risparmiarlo astenendosi dal sesso perché non sia troppo strettamente legato dai nodi della carne e sia più sconciamente inquinato. Quando l'Apostolo dice: Tutto è puro per i puri si rivolge ad uomini che possono mutare in peggio per un atteggiamento perverso della volontà: quanto più dunque tutto è puro per Dio che resta sempre immutabile e incontaminabile, quel Dio della cui divina sapienza è detto in quei libri cui voi criticandoli fate violenza: Nulla di impuro si trova in lei e attinge dovunque per la sua purezza 8. Dunque, o impurissima vanità, ti scandalizza tanto che quel Dio, per il quale tutto è puro, abbia ordinato di collocare il segno della rigenerazione umana in quel membro dal quale tutto il genere umano deriva e ti soddisfa invece che anche nelle calamità che vengono causate da uomini impudichi con quel membro lo stesso vostro Dio, per il quale tutto è impuro, in parte della sua natura sia macchiato e corrotto? Che cosa soffre fra i vari casi di turpi corruzioni lui che credete essere inquinato dal rapporto coniugale? Solete dire: " Dio dunque non poteva trovare alcun luogo dove collocare il segno della giustizia della fede se non in quel membro? ". Si può rispondere: perché non anche lì? Prima di tutto poiché, se tutto è puro per i puri, tanto più la cosa varrà per Dio. In secondo luogo poiché questo ha detto l'Apostolo che in questa circoncisione fu dato ad Abramo il segno della giustizia della fede. Voi non arrossite, se potete, quando vi si dice: Dio dunque non sapeva che fare per evitare che una parte della sua natura fosse in rapporto con quei membri che voi disprezzate? Questi membri sono detti vergogne dagli uomini per la corruzione e la colpevolezza caratterizzanti la propagazione della nostra stirpe mortale. I casti li coprono con la modestia, gli impudichi li esaltano fino all'incontinenza. Dio applica loro la giustizia.
Il Sabato degli Ebrei.
4. 1. Consideriamo superfluo osservare il riposo del sabato dal momento che ci è stata rivelata la speranza del nostro riposo eterno. Non dobbiamo però smettere di leggere e di capire. Poiché tuttavia le cose che oggi ci sono rivelate dovettero essere prefigurate e preannunziate nei tempi non con parole ma con fatti, ciò che oggi noi sappiamo è stato anticipato dal segno che leggiamo. Vorrei che mi diceste perché non volete osservare il vostro riposo. I Giudei nel giorno di sabato, che sentono ancora in modo carnale, non solo non colgono nel campo alcun frutto, ma neppure lo tagliano o cuociono in casa. Voi mentre riposate aspettate che qualcuno dei vostri uditori si rechi, per nutrirvi, nell'orto munito di un coltello o di un falcetto e improvvisandosi omicida delle zucche delle quali offrirvi, mirabile a dirsi, i vivi cadaveri. Infatti se non le uccide cosa avete da temere in questo fatto? Se invece vengono uccise nel momento in cui vengono colte in che modo può conservarsi in esse la vita alla cui purificazione e al cui risanamento voi dite di provvedere mangiando e ruttando? Ricevete dunque delle zucche viventi che, se poteste, dovreste deglutire in modo che, dopo quell'unica ferita di cui il vostro uditore si rese reo nell'atto di coglierle, anche se degno di assoluzione da parte vostra, le zucche possano giungere illese e integre almeno nell'officina del vostro ventre dove voi possiate ricostruire il vostro Dio spaccato da quella battaglia. In realtà prima ancora che i vostri denti si mettano a spaccarle vengono da voi ridotte in pezzi minutissimi se ciò piace al palato e in seguito a un così elevato numero di ferite come non potete ritenervi colpevoli? Vedete dunque come sarebbe per voi più conveniente fare ogni giorno ciò che i Giudei fanno un giorno su sette e astenervi da questo lavoro casalingo. Inoltre che sofferenza subiscono le zucche nel fuoco dove certamente non si ricostituisce la vita che è in loro? Una marmitta ardente non può certo essere paragonata a un santo ventre: e tuttavia voi deridete come superfluo il riposo del sabato. Quanto sarebbe più corretto che voi non solo non criticaste il riposo nei Padri, quando non era superfluo, ma lo conservaste anche ora che è superfluo in luogo del vostro che nel significato non è accettabile, ma che è condannabile perché erroneo. Non osservandolo, secondo l'opinione scaturente dalla vostra vanità, sareste colpevoli e osservandolo sareste realmente vani. Voi dite che il frutto sente dolore quando è colto dall'albero e lo sente quando è spezzato, triturato, cotto, mangiato. Non dovreste dunque nutrirvi se non di quei prodotti che possono essere divorati crudi e intatti sì da provar dolore solo nel momento in cui sono colti e non da parte vostra ma dei vostri uditori.
4. 2. Obiettate: Ma come possiamo venire in aiuto a una vita così grande assumendo soltanto quei cibi che possono essere assorbiti molli e senza esser cotti? Se per un risultato così importante imponete ai vostri cibi tante sofferenze, perché vi astenete dall'infliggere quel solo dolore al quale vi obbliga questa circostanza? Infatti il frutto può essere consumato anche crudo, come si sono esercitati a fare alcuni di voi, e non soltanto con le mele, ma anche con tutti i legumi. Se non venisse colto, o tagliato o in qualche modo strappato dalla terra o dalla pianta non potrebbe servire da alimento. Sarebbe comunque quasi sicuramente una colpa veniale, senza la quale non sareste in grado di dare il vostro aiuto, ben diversa dalle molte sofferenze che voi non esitate, nel preparare i cibi, ad arrecare alle membra del vostro Dio. Ma l'albero piange - obietterete - quando si coglie il frutto, e nel dire questo non arrossite. Certo conosce ogni cosa la vita che è lì e prevede chi viene a lei. Quando vengono gli Eletti e colgono i frutti dovrebbe godere, non piangere, compensando quel provvisorio dolore con tanta felicità e ritenendo di essere sfuggita al grande dispiacere che avrebbe provato se fosse capitato ad altri. Perché dunque non cogliete il frutto colto il quale procurerete piaghe e dolori? Rispondete, se potete. Gli stessi digiuni non vi si adattano. Non conviene infatti che resti inattiva la fornace nella quale l'oro spirituale viene depurato dalla commistione con lo sterco e le membra divine vengono sciolte dai loro miserandi legami. Ragion per cui è fra voi più misericordioso colui che ha potuto esercitarsi in modo che nulla si opponga alla sua salute come consumare cibi crudi e mangiare in abbondanza. Ma voi mangiate con crudeltà arrecando molte pene al vostro cibo e con crudeltà digiunate smettendo di collaborare alla purificazione delle membra divine.
I sacrifici nell'Antico Testamento.
5. E osate tuttavia esecrare anche i sacrifici del Vecchio Testamento e chiamarli idolatria e associare anche noi in siffatto sacrilegio. Perciò prima di tutto rispondiamo per noi e diciamo che quei sacrifici non fanno più parte di ciò che noi sogliamo fare e tuttavia li consideriamo fra i misteri delle Scritture divine per comprendere gli eventi che da essi sono preannunciati. Essi infatti fecero parte delle nostre figure e tutti i misteri di tal fatta in molti e diversi modi significarono un unico sacrificio del quale celebriamo la memoria. Una volta che questo sacrificio è stato svelato ed offerto a suo tempo i precedenti sono stati tolti dalle celebrazioni ufficiali ma se ne è conservata la loro autorità profetica. Sono state scritte, infatti, per noi, per i quali è arrivata la fine dei tempi 9. In questi sacrifici però vi turba l'uccisione degli animali dal momento che ognuna di queste creature serve solo condizionatamente alle esigenze dell'uomo. Ma voi, che vi rifiutate di dare il pane a un mendicante affamato, siete misericordiosi verso gli animali nei quali ritenete che siano incluse anime umane. Il Signore Gesù fu crudele con essi quando permise ai demoni che gliene avevano fatta richiesta di entrare in un gregge di porci 10. Quando ancora non s'era rivelato il sacrificio del suo corpo attraverso la passione lo stesso Gesù disse a un lebbroso che aveva sanato: Va', presentati ai sacerdoti ed offri come testimonianza il tuo dono che è quello stesso che Mosè prescrisse ad essi 11. Ma c'è di più: il Signore spesso attesta anche attraverso i profeti ch'egli non ha bisogno di un dono siffatto ed è facile ragionando comprendere che non ha bisogno di quel dono chi non ha bisogno di nulla. L'animo dell'uomo è spinto a chiedersi che cosa abbia voluto insegnarci con queste cose: il Signore infatti non ordinerebbe certamente di offrirgli cose di cui non ha bisogno se non avesse da mostrare in esse qualcosa che può esserci di giovamento e che occorre sia prefigurato con tali segni. Come sarebbe meglio e più dignitoso che voi accettaste questi sacrifici non più necessari ai nostri tempi, ma contenenti un significato e un insegnamento anziché ordinare che siano i vostri uditori a recarvi le vive vittime del vostro pasto e credere a certe sciocchezze. L'apostolo Paolo a proposito di coloro che predicano il Vangelo in vista dei banchetti li ha giustamente definiti quelli il cui Dio è il loro ventre 12. Ma con quanta maggiore arroganza e empietà voi vi vantate, voi che non esitate a considerare il vostro ventre non già come Dio, ma, ciò che è segno di una ancora più scellerata audacia, come purificatore di Dio! Inoltre di quale demenza è segno il voler sembrare pii per il fatto di astenersi dall'uccidere degli animali pur ritenendo che tutti i loro alimenti abbiano un'anima, alimenti ai quali, visto che li ritengono viventi, infliggono tante ferite con le mani e coi denti?
Animali puri ed animali impuri.
6. Perché, se non volete cibarvi di carni, non uccidete gli stessi animali dopo averli offerti al vostro Dio? In questo modo quelle anime che non solo ritenete umane ma che a tal punto ritenete divine da considerarle come le membra stesse di Dio, sarebbero liberate dal carcere della carne e otterrebbero di non rientrarvi grazie alle vostre preghiere. Forse che voi le aiutate meglio col ventre che con la mente e si salva preferibilmente quella parte della natura divina che ha meritato di passare attraverso le vostre viscere rispetto a quella che ha meritato di essere raccomandata dalle vostre preghiere? Voi dunque non sacrificate animali al vostro ventre perché non potete ingoiarli vivi in modo da liberare le loro anime per intercessione del vostro stomaco. O felici i legumi ai quali, una volta che siano stati colti con la mano, tagliati col ferro, tormentati col fuoco e triturati coi denti, è concesso di giungere vivi fino agli altari dei vostri intestini! E infelici gli animali che, una volta usciti rapidamente dal loro corpo, non possono entrare nel vostro. Ci considerate perciò deliranti in quanto, quali nemici del Vecchio, non consideriamo impura nessuna carne conservandoci ligi al pensiero dell'Apostolo che dice: Tutto è puro per i puri 13 e a quel passo in cui il Signore dice: Non vi inquina ciò che entra nella vostra bocca, ma ciò che ne esce 14. Questo il Signore non lo disse alle sole turbe, come volle invece che si intendesse il vostro Adimanto, che Fausto loda particolarmente dopo Mani, nel suo attacco contro il Vecchio Testamento: questo medesimo concetto il Signore lo ha ribadito, con maggiore chiarezza ed energia, dinanzi ai suoi discepoli mentre si trovava lontano dalle masse. Adimanto, avendo opposto questo concetto espresso dal Signore al Vecchio Testamento nel quale si parla delle carni di alcuni animali dalle quali quel popolo era tenuto ad astenersi perché considerate impure, temeva questa obiezione. Perché dunque voi considerate impure non alcune, ma tutte le carni, e vi astenete da tutte, mentre tu stesso presenti una testimonianza evangelica secondo la quale l'uomo non viene corrotto dagli alimenti che penetrano nella sua bocca e quindi vanno nel suo ventre e vengono espulsi nella latrina? A questo punto cercando di uscire da tali anguste strettoie denuncianti in modo evidentissimo la sua falsità disse che il Signore avrebbe espresso questo concetto alle masse, quasi a dire ch'egli esprimeva la verità a pochi e in segreto mentre gettava delle falsità in pasto alle masse. Ma credere questo del Signore è sacrilego. E tutti coloro che leggono sanno ch'egli disse questo alle masse lontane e in forma più distesa ai discepoli. Poiché dunque nell'esordio di queste sue lettere Fausto ammira a tal punto Adimanto da preferirgli soltanto Mani, ti chiedo in breve se codesta affermazione del Signore secondo la quale l'uomo non è inquinato da ciò che entra nella sua bocca sia vera o falsa: se la dicono falsa perché il loro così grande maestro Adimanto dicendola pronunciata da Cristo l'ha usata per attaccare il Vecchio Testamento, o se è vera perché credono, contro di essa, di restare inquinati qualunque sia la carne mangiata? A meno che vogliano rispondere il vero e dire che l'Apostolo non ha detto che tutto è puro per gli eretici, ma che tutto è puro per i puri. Per dimostrare che tutto è impuro per gli eretici l'Apostolo così continua: Per gli impuri e gli infedeli nulla è puro, ma sono inquinate la loro mente e la loro coscienza 15. Ne deriva che in realtà nulla è puro per i Manichei, dal momento che secondo loro non solo la stessa sostanza o natura di Dio avrebbe potuto essere inquinata, ma anche che sarebbe stata di fatto inquinata in parte e non solo che sarebbe stata inquinata, ma che non potrebbe essere recuperata e purificata integralmente. Non c'è quindi da meravigliarsi se dicono di considerare a tal punto impure tutte le carni che si astengono dal mangiarle come se ritenessero che esiste qualcosa di puro non solo fra i cibi ma anche fra tutte le creature. Ritengono infatti contaminati per la commistione con la stirpe delle tenebre gli stessi legumi, la frutta e tutti i cereali, unitamente al cielo e alla terra. Volesse il cielo che per tutti gli altri cibi fossero coerenti col loro errore e astenendosi da tutti quei cibi che ritengono impuri morissero di fame piuttosto che continuare ostinatamente a proclamare siffatte bestemmie! Per gente che non si vuol correggere né emendare chi non comprenderebbe la maggiore utilità di tale soluzione?
Perché alcuni fra gli animali sono giudicati puri ed altri impuri?
7. Perché non c'è contraddizione fra il Vecchio Testamento, nel quale sono proibiti alcuni alimenti costituiti da carne, e l'affermazione dell'Apostolo secondo la quale tutto è puro per i puri e ogni creatura di Dio è buona 16? Se possono, i nostri avversari comprendano che ciò che dice l'Apostolo riguarda le nature per se stesse e che quelle lettere, volendo fare delle prefigurazioni congruenti col tempo, definirono impuri certi animali non per la loro natura ma per il loro significato. Così, per esempio, se prendiamo in considerazione il maiale e l'agnello, entrambi per natura risultano puri in quanto ogni creatura di Dio è buona. Se ci rifacciamo però a un implicito significato l'agnello è puro e il maiale è impuro. È come se tu considerassi i due termini sapiente e stolto. Entrambe queste parole per la natura della voce e delle lettere e delle sillabe di cui constano sono pure; per il significato una di queste due parole, cioè stolto, può dirsi impura non per la sua natura, ma perché indica qualcosa di impuro. Ci sembra possibile dire che quello che è il termine maiale nella rappresentazione visiva delle cose lo è il termine stolto nella considerazione del genere di realtà cui ci si riferisce. In tal modo sia quell'animale sia le due sillabe di cui è costituito il termine stolto indicano una e medesima cosa. La legge indica quell'animale come impuro perché non rumina, una caratteristica che non è un difetto, ma riguarda la sua natura. Ma sono gli uomini ad essere indicati attraverso questo animale, quegli uomini che sono impuri per un loro difetto, non per natura, e che, pur ascoltando volentieri le parole della sapienza, in seguito non ne fanno alcun conto. Che altro è se non un ruminare spiritualmente nella dolcezza del ricordo l'atto di richiamare da quelle che potremmo definire le viscere della memoria alla bocca del pensiero ciò che si è udito di utile? Coloro che non fanno questo sono immaginati come appartenenti ad un definito genere di animali. Per conseguenza la stessa astinenza dalle loro carni ci raccomanda di guardarci da questo vizio. Posto che la sapienza è un ambito tesoro, a proposito della purezza del ruminare e della impurità del non ruminare così si esprime la Scrittura in un altro passo: Un ambito tesoro riposa nella bocca del saggio, ma l'uomo stolto lo ingoia 17. Queste similitudini delle cose contenute nelle locuzioni e nelle osservazioni figurate stimolano utilmente e piacevolmente le menti ragionanti esercitandole nell'attività di ricerca e comparazione. Per il popolo precedente, però, molte di tali prescrizioni non dovevano soltanto essere ascoltate, ma anche osservate. Era un tempo nel quale occorreva non solo con le parole ma anche coi fatti profetare ciò che sarebbe stato rivelato in un tempo successivo. Una volta rivelate quelle profezie attraverso Cristo e in Cristo non fu più imposto alla fede il peso di osservare le prescrizioni, anche se fu raccomandata l'autorità della profezia. Ecco che noi vi abbiamo spiegato per quale motivo, pur non considerando impuro nessun animale alla luce di quanto ci hanno insegnato il Signore e l'Apostolo, non ci poniamo contro il Vecchio Testamento dove alcuni animali sono detti impuri. Ora voi spiegateci perché considerate impure le carni.
L'origine della carne secondo i Manichei.
8. Se, seguendo il vostro errore, è stato a causa della commistione della stirpe delle tenebre, che non le carni, ma lo stesso vostro Dio è impuro in quella parte ch'egli inviò e mescolò perché fosse assorbita e inquinata al fine di debellare e di far prigionieri i suoi nemici, è a causa della stessa commistione che qualunque cosa mangiate è impura. Ma voi dite che le carni sono assai più impure. Quanto poi al motivo per cui le carni sarebbero assai più impure è troppo lungo ricordare i deliranti discorsi di costoro su questo argomento. Toccherò brevemente quanto basta per esaminare la posizione di questi detrattori del Vecchio Testamento in preda alla più incancrenita follia e per convincere i denigratori della carne che, sprovvisti di ogni verità spirituale, sono totalmente immersi nella sola carnalità. Forse infatti questa risposta un po' più ampia istruirà i lettori contro di loro in modo da non richiedere da noi nelle altre risposte un così gran numero di parole. Dicono infatti questi millantatori e seduttori dell'anima che in quella famosa battaglia nella quale il loro primo uomo irretì con elementi fallaci la stirpe delle tenebre, furono presi dal medesimo luogo i primi rappresentanti di entrambi i sessi. Poiché erano occupati nella costruzione del mondo si trovarono per la maggior parte riuniti nelle fabbriche celesti e fra loro c'erano anche alcune donne gravide. Quando il cielo iniziò il suo moto di rotazione quelle donne, non essendo in grado di sopportare la vertigine, versarono fuori con un aborto i figli da esse concepiti e gli stessi feti abortivi sia maschi che femmine caddero dal cielo in terra. Questi però sopravvissero, crebbero, si unirono, generarono. Di qui, dicono, traggono origine tutte le carni che si muovono sulla terra, nell'acqua, nell'aria. Se dunque l'origine di tutte le carni è il cielo la cosa più assurda è considerarle più impure per questo. Il discorso è tanto più valido se si considera che secondo i Manichei nella struttura del mondo gli stessi principi delle tenebre erano talmente collegati fra loro attraverso tutte le possibili connessioni, dalle zone più basse alle più alte, che quanto più ciascuno possedeva di bene mescolato al male, tanto più meritava di essere collocato nelle zone più alte. Per questo le carni che hanno la loro origine in cielo dovrebbero essere più pure delle messi che derivano dalla terra. Inoltre che si può dire di tanto folle quanto sostenere che dei feti concepiti prima di ottenere la vita sarebbero stati tanto vitali da vivere dopo essere stati abortiti ed essere scivolati dal cielo sulla terra? In realtà gli uomini anche dopo il contatto con la vita se non nascono, a maturità raggiunta, nel tempo stabilito non possono vivere e se cadono da un luogo poco più alto subito muoiono. In ogni caso se il regno della vita fosse in guerra col regno della morte la commistione con la vita avrebbe dovuto rendere i belligeranti più vivaci e non più corrotti. Se poi ogni cosa possiede maggiormente nella sua natura la capacità di evitare la corruzione non avrebbero dovuto parlare di due nature di cui una buona e una cattiva, ma di due buone delle quali una migliore. Come possono dunque dichiarare più impure le carni che affermano trarre la loro origine dal cielo, specialmente quelle a tutti note? Infatti ritengono che gli stessi primi corpi dei principi delle tenebre trarrebbero origine come dei vermiciattoli dagli alberi nati nello stesso posto. Gli stessi alberi sarebbero nati da quei cinque elementi. Perciò se i corpi degli animali traggono la loro prima origine dagli alberi e la seconda dal cielo, che motivo c'è di considerarli più impuri dei frutti degli alberi? Se inoltre quando muoiono rendono l'anima in modo che resta impuro ciò che rimane dopo il loro abbandono da parte della vita, perché allo stesso modo non sarebbero impuri i legumi e le mele che in ogni caso, come s'è già detto, muoiono quando sono colti o strappati? Non vogliono essere rei di questi omicidi dal momento che non strappano nulla dalla terra o dall'albero. Inoltre, affermando che in un unico corpo di animale vi sono due anime, una buona derivante dalla stirpe della luce ed una cattiva derivante dalla stirpe delle tenebre, forse che quando l'animale resta ucciso fugge l'anima buona e resta la cattiva? Se ciò fosse l'animale ucciso vivrebbe come viveva fra la stirpe delle tenebre quando aveva solo l'anima della sua stirpe con la quale si ribellava contro i regni divini. Poiché dunque alla morte di qualsiasi animale entrambe le anime, sia la buona che la cattiva, lasciano la carne perché la carne è detta impura come se fosse abbandonata dalla sola anima buona? Poiché anche se rimangono alcune reliquie di vita provenienti da entrambe le anime, neppure il letame dicono che rimanga senza alcune esigue reliquie delle membra di Dio. Non trovano dunque alcun motivo per affermare che le carni sono più impure delle messi. Ma ovviamente, cercando di ostentare la loro falsa castità, considerano più impura la carne che deriva da un rapporto sessuale quasi non fossero tanto più energicamente costretti a venire in aiuto a quel membro divino mangiandolo quanto più strettamente ritengono ch'egli sia colà incatenato. Alla fine, se questa è la causa di una maggiore impurità delle carni mangino i corpi di quegli animali che non derivano da un rapporto come sono gli innumerevoli tipi di vermi, alcuni dei quali, nati dagli alberi, costituiscono il normale alimento degli abitanti del Veneto. Se odiano quella carne che deriva da un rapporto sessuale costoro avrebbero dovuto mangiare anche le rane, che la terra produce immediatamente dopo una pioggia, per liberare le membra divine miste a forme siffatte. Potrebbero allora accusare di errore il genere umano per il fatto di cibarsi di galline e colombe, nate dall'unione di maschi e di femmine, e di respingere animali più puri come le rane figlie del cielo e della terra. Infatti secondo una loro favola i primi principi delle tenebre, i cui genitori furono gli alberi, sarebbero più puri dello stesso Mani che un padre e una madre generarono accoppiandosi. Anche i loro pidocchi che, senza una unione sessuale, nascono dal calore della carne o da una esalazione del corpo, sarebbero più puri di quegli stessi infelici che sono nati dall'accoppiamento dei genitori. Se poi ritengono impuro tutto ciò che, anche in assenza di un rapporto, deriva dalla carne, per il solo fatto che la carne deriva da un rapporto, impuri saranno anche i legumi e i cereali che si sviluppano ampiamente e abbondantemente dallo sterco. Vedano un po', a questo punto, che cosa dire e che cosa rispondere a coloro che ritengono i cereali più puri delle carni. Infatti quale residuo più impuro dello sterco viene emesso dalla carne e quale concime più efficace viene usato per far crescere i seminati? Certo essi dicono che per la triturazione e la digestione dei cibi la vita se ne va e che qualche esiguo residuo rimane nello sterco. Perché dunque, dove rimane poca vita, di lì i vostri cibi, cioè i frutti della terra, grazie allo sterco risultano migliori, più grandi e più abbondanti? La carne non nasce dalle immondizie della terra, ma dai feti, la terra è invece fecondata dalle immondizie della carne, non dai feti. Scelgano che cosa sia più puro oppure, se già corretti nel loro errore, cessino di essere impuri ed infedeli, per i quali tutto è impuro e assieme a noi accolgano l'Apostolo che dice: Tutto è puro per i puri 18. Del Signore è la terra e la sua pienezza 19. Ogni creatura di Dio è buona 20. Tutte le cose che esistono per natura nel loro ordine sono buone e nessuno in esse pecca se non colui che, non conservando il suo ordine nell'obbedienza a Dio, usando male anche il loro ordine lo turba.
Pane azzimo, vestiti proibiti e altre prescrizioni.
9. 1. I nostri padri, che piacquero a Dio, mantennero la loro posizione nell'ordine per il fatto stesso di praticare l'obbedienza in modo tale che quanto nel momento opportuno veniva ordinato da Dio era osservato così come era stato ordinato. In tal modo non si limitarono in quel tempo ad astenersi dal mangiare le carni commestibili, che pur essendo tutte pure per natura, ne annoveravano alcune impure per il loro significato: era stato infatti ordinato loro di non mangiarle affinché, grazie a tali significati, si prefigurasse ciò che in futuro sarebbe stato rivelato. [Per converso] sarebbero stati gravemente colpevoli gli uomini di quel tempo e di quel popolo se non avessero rispettato le prescrizioni relative al pane azzimo e agli altri alimenti consimili nei quali l'Apostolo scorgeva l'ombra degli eventi futuri 21: occorreva infatti che quelle pratiche venissero rispettate e che gli eventi che ci sono stati rivelati fossero preannunciati in quel modo. Quanto saremmo insipienti se ora che s'è già manifestato il Nuovo Testamento pensassimo che possano in qualche modo giovarci quelle osservanze profetiche. Saremmo però sacrileghi ed empi se continuassimo a trattenere con fede e fermezza quei libri che sono stati scritti per noi, ben sapendo che gli eventi che ci sono stati rivelati e manifestamente annunciati erano stati predetti molti anni prima dalle solite figure, ma ritenessimo di dover rigettare quegli stessi libri. Nostro Signore ci impone non già di osservare materialmente ciò che in essi è scritto, ma di comprenderlo e attuarlo spiritualmente. Sono state scritte per noi - dice l'Apostolo - che siamo alla fine del tempo 22. Tutto ciò che fu scritto in precedenza fu scritto perché noi ne fossimo informati 23. Pertanto non mangiare pane azzimo nei sette giorni stabiliti al tempo del Vecchio Testamento era peccato, ma non lo è più ai tempi del Nuovo. Nella speranza però del secolo futuro che ci dà il Cristo che tutti ci rinnoverà rivestendo la nostra anima di giustizia e il nostro corpo di immortalità 24 credere che dovremo passivamente o attivamente essere soggetti a una qualche sofferenza derivante dalla fatalità e dalla miseria dell'antico stato di corruzione sarà sempre peccato, per tutti i sette giorni che sono alla base della divisione del tempo. Questa verità, occultata in una figura ai tempi del Vecchio Testamento, fu compresa da alcuni giusti e manifestamente rivelata ai tempi del Nuovo viene predicata ai popoli. Quella che nella Vecchia Scrittura era una prescrizione, ora è una testimonianza. Non celebrare talora la festa delle Capanne era peccato 25, ora non lo è più. Non entrare però nel tabernacolo di Dio che è la Chiesa è sempre peccato. Ma allora si agiva sotto una prescrizione figurata, ora si legge in una testimonianza rivelata. Infatti il tabernacolo che fu fatto allora non sarebbe chiamato tabernacolo della testimonianza a meno che per una certa congruenza di significato non attestasse una verità che sarebbe stata manifestata più tardi. Inserire la porpora in vesti di lino e indossare una veste di lino e di lana un tempo fu peccato 26, ora non lo è; ma vivere disordinatamente e mescolare insieme diversi tipi di professione quale sarebbe il caso di una consacrata a Dio che si adornasse con i gioielli delle donne sposate o di una donna sposata e incontinente che si atteggiasse a vergine è in ogni modo peccato. Ciò vale in tutti i casi in cui in modo sconveniente si mettono insieme elementi diversi non armonizzati. Allora era raffigurato nelle vesti ciò che ora si manifesta nei costumi. Quello era tempo di significazione, il nostro di manifestazione. La stessa Scrittura che era creatrice di opere significanti ora è testimone delle cose significate. E quella Scrittura che era analizzata per profetare ora è citata per confermare. Allora non era lecito aggiogare insieme per lavorare l'asino e il bue 27, ora lo è. Ciò è stato dichiarato attraverso l'Apostolo là dove riprende un passo della Scrittura a proposito del divieto di mettere la museruola al bue che trebbia il grano, un passo che dice: Forse che Dio ha cura dei buoi? Perché dunque ora si legge il testo sacro dal momento che ora è lecito ciò ch'esso proibiva? Perché l'Apostolo prosegue dicendo: La Scrittura parla per noi 28; e in ogni caso è empio non leggere ciò che è scritto per noi, scritto per noi ai quali è manifestato, più che per coloro per i quali era espresso in figure. Chiunque può, se necessario, aggiogare assieme l'asino e il bue senza danno per il suo lavoro. Non senza scandalo invece si potrebbero accoppiare un saggio e uno stolto, ove non avvenga che il saggio insegni e lo stolto apprenda, ma entrambi con pari autorità annunzino la parola di Dio. È la stessa Scrittura quella che noi possediamo e che allora prescriveva autorevolmente ciò che doveva essere velato d'ombre per essere oggi rivelato, e oggi testimonia con autorità oramai aperto alla luce ciò che allora era nascosto.
9. 2. A proposito del calvo e dello stempiato 29, che la legge considerava impuri, Fausto aveva fatto poca attenzione o si era imbattuto in un codice corrotto. Oh se lo stesso Fausto avesse voluto una fronte calva e non si fosse vergognato di rappresentare in essa la croce di Cristo! certamente non avrebbe creduto che Cristo, che va proclamando: Io sono la verità 30, né fosse morto per false ferite o fosse risuscitato con false cicatrici. Anzi è egli stesso a dire: " Io non ho imparato ad ingannare, ciò che penso lo dico ". Non è quindi discepolo del suo Cristo e nella sua follia pensa che questi avrebbe mostrato ai suoi discepoli che dubitavano delle false cicatrici; e non solo vuole che si creda a lui in quanto veritiero circa le altre verità, ma anche per quanto attiene alla fallacia di Cristo. Sarebbe dunque migliore di Cristo mentendo il quale egli non mentirebbe, o, per ciò stesso, essendo discepolo non del vero Cristo ma del falso Mani, anche in questo si ingannerebbe, nel vantarsi di non aver imparato a ingannare.
Note:
1 - Es 20, 17.
2 - Gn 17, 10-12.
3 - 1 Cor 10, 11.
4 - 1 Cor 10, 6.
5 - Col 2, 16, 17.
6 - Tt 1, 15.
7 - Rm 4, 11.
8 - Sap 7, 24, 25.
9 - 1 Cor 10, 11.
10 - Mt 8, 32.
11 - Lc 5, 14.
12 - Fil 3, 19.
13 - Tt 1, 15.
14 - Mt 15, 11.
15 - Tt 1, 15.
16 - 1 Tm 4, 4.
17 - Prv 21, 20.
18 - Sal 23, 1.
19 - 1 Tm 4, 4.
20 - Cf. Eb 10, 1.
21 - 1 Cor 10, 11.
22 - Rm 15, 4.
23 - Cf. Es 12, 15.
24 - Cf. 1 Cor 15, 53-54.
25 - Lv 23, 34.
26 - Cf. Dt 22, 11.
27 - Cf. Dt 22, 10.
28 - 1 Cor 9, 9, 10.
29 - Lv 13, 40.
30 - Gv 14, 6.
Secondo sogno missionario: attraverso l’America
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaQuesto secondo sogno missionario che Don Bosco fece a San Benigno
Canavese nel 1883, è una rappresentazione allegorica, ricca di elementi
profetici, dell’avvenire delle Missioni Salesiane nell’America del Sud.
Don Bosco lo raccontò il 4 settembre ai membri del Terzo Capitolo
Generale. Don Lemoyne lo mise subito per iscritto e Don Bosco lo
completò e lo ritoccò.
Se ne possono distinguere tre grandi sequenze:
1. Dopo una breve introduzione, Don Bosco dice di trovarsi in una grande
sala, dove parecchie persone sconosciute parlano delle Missioni. Qui è
riconosciuto dal figlio del Conte Colle di Tolone.’
2. Nella forma più strana il giovane gli fa contemplare, da quel la
sala, l’esteso campo di missione dell’America del Sud preparato per i
Salesiani.
3. In compagnia del giovane, Don Bosco fa un viaggio attraverso tutta
l’America del Sud, fino alla Patagonia, dove trova al lavoro i Salesiani
e le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Data la lunghezza, lo presentiamo alquanto ridotto.
Chiudiamo tra parentesi quadre le aggiunte posteriori, fatte da Don Lemoyne dopo aver udito chiarimenti da Don Bosco.
«Era la notte che precedeva la festa di S. Rosa da Lima (30 Agosto) e io
ho fatto un sogno. Mi pareva di entrare in una sala di trattenimento,
dove erano molte persone che parlavano della moltitudine di selvaggi,
che nell’Australia, nelle Indie, nella Cina, nel l’Africa e più
particolarmente nell’America sono tuttora sepolti nell’ombra della
morte.
Luigi Colle, figlio del conte Luigi Fleury Colle di Tolone, morto ivi
neI 1882, in tenera età. Giovane angelico che, ricevuti gli ultimi
sacramenti, sorridendo aveva esclamato:
«Vado in paradiso; me l’ha detto Don Bosco». Dopo la sua santa morte,
apparve più volte a Don Bosco, che ne scrisse la vita, uscita l’anno
dopo la morte col titolo: Biographie du jeune Luis Fleury Colle par Jean
Bosco, prétre.
Disse uno:
— Che quantità di idolatri vivono infelici e lontani dalla conoscenza
del vangelo nella sola America! Gli uomini si pensano (e i geografi
s’ingannano) che le Cordigliere di America siano come un muro che divide
quella gran parte del mondo. Non è così. Quelle lunghissime catene di
alte montagne fanno molti seni di mille e più chilometri in sola
lunghezza.
In essi vi sono selve non mai visitate, vi sono piante, animali, e poi
vi sono pietre di cui colà si scarseggia. Carbon fossile, petrolio,
piombo, rame, ferro, argento e oro stanno nascosti in quelle montagne,
nei siti dove furono collocati dalla mano potente del Creatore a
beneficio degli uomini, O Cordigliere, Cordigliere! Quanto mai è ricco
il vostro Oriente!
In quel momento mi sentii preso da vivo desiderio di chiedere
spiegazione di più cose, e di interrogare chi fossero quelle persone
colà raccolte, e in quale luogo io mi trovassi. Perciò chiesi:
— Ditemi, di grazia: siamo a Torino, a Londra, a Madrid, a Parigi? E voi chi siete?
Ma tutti quei personaggi rispondevano vagamente discorrendo delle Missioni.
In quel mentre si avvicinò a me un giovanotto sui 16 anni, ama bile per
sovrumana bellezza e tutto raggiante di viva luce più chiara di quella
del sole. Il suo vestito era intessuto con celestiale ricchezza e il suo
capo era cinto di un berretto a foggia di corona, tempestato di
brillantissime pietre preziose. Fissandomi con sguardo benevolo, mi
dimostrava un interesse speciale. Il suo sorriso esprimeva un affetto di
irresistibile attraenza. Mi chiamò per nome, mi prese per mano e
incominciò a parlarmi della Congregazione Salesiana
Io ero incantato al suono di quella voce. A un certo punto l’interruppi:
— Con chi ho l’onore di parlare? Favoritemi il vostro nome.
— ve lo direi il mio nome se facesse bisogno; ma non occorre perché mi dovete conoscere.
Così dicendo sorrideva.
Fissai meglio quella fisionomia cinta di luce. Oh, quanto era bella! E
riconobbi allora in lui il figlio del Conte Fiorito Colle di Tolone,
insigne benefattore della nostra casa e specialmente delle nostre
Missioni Americane.
Questo giovinetto era morto poco tempo prima.
— Luigi! — esclamai chiamandolo per nome —. E tutti costoro chi sono?
— Sono amici dei vostri Salesiani, e io come amico vostro e dei Salesiani, a nome di Dio, vorrei darvi un po’ di lavoro.
— Vediamo di che si tratta.
— Mettetevi qui a questo tavolo e poi tirate giù questa corda.
In mezzo a quella sala vi era un tavolo, sul quale stava aggomitolata
una corda, che era segnata come il metro, con linee e numeri. Più tardi
mi accorsi anche come quella sala fosse posta nell’America del Sud,
proprio sulla linea dell’Equatore, e come i numeri stampati sulla corda
corrispondessero ai gradi geografici di latitudine.
Io presi dunque l’estremità di quella corda, la guardai e vidi che sul
principio aveva segnato il numero zero. E quell’angelico giovinetto:
— Osservate! Che cosa sta scritto sopra la corda?
— Numero zero.
— Tirate un po’.
Tirai alquanto la corda, ed ecco il numero 1.
— Tirate ancora e fate un gran rotolo di quella corda.
Tirai e vennero fuori i numeri 2, 3, 4, fino al 20.
— Basta? — dissi io.
— No, più in su, più in su! Andate finché troverete un nodo
— rispose quel giovinetto.
Tirai fino al numero 47, dove trovai un grosso nodo. Da quel punto la
corda continuava ancora, ma divisa in tante cordicelle che si
sparpagliavano a Oriente, a Occidente, a Mezzodì.
— Basta? — replicai.
— Che numero è? — interrogò quel giovane.
— È il numero 47.
— 47 più 3 quanto fa?
— 50!
— E più 5?
— 55!
— Notate: cinquantacinque.
E poi mi disse:
— Tirate ancora.
— Sono alla fine! — io risposi.
— Ora dunque voltatevi indietro e tirate la corda dall’altra parte.
Tirai la fune dalla parte opposta fino al numero 10. E quel giovane:
— Tirate ancora.
— C’è più niente!
— Come? C’è più niente? Osservate ancora. Che cosa c’è?
— C’è dell’acqua! — risposi.
Infatti in quell’istante si operava in me un fenomeno straordi nario,
quale non è possibile descrivere. Io mi trovavo in quella stanza, tiravo
quella corda, e nello stesso tempo si svolgeva sotto i miei occhi come
un panorama immenso, che io dominavo quasi a volo d’uccello, e che si
stendeva con lo stendersi della corda.
Dal primo O al numero 55 era una terra sterminata che, dopo uno stretto
di mare, in fondo si frastagliava in cento isole, di cui una assai
maggiore delle altre. A quelle isole pareva alludessero le cordicelle
sparpagliate, che partivano dal gran nodo. Ogni cordicella faceva capo a
un’isola. Alcune di queste erano abitate da indigeni abbastanza
numerosi; altre sterili, nude, rocciose, disabitate; altre tutte coperte
di neve e ghiaccio. A occidente gruppi numerosi di isole abitate da
molti selvaggi.
[ che il nodo posto sul numero o grado 47 figurasse il luo go di
partenza, il centro salesiano, la Missione principale donde i missionari
nostri si diramavano alle isole Malvine, alla Terra del Fuoco e alle
altre isole di quei paesi dell’America].
Dalla parte opposta poi, cioè dallo zero al 10, continuava la stessa
terra e finiva in quell’acqua da me vista per l’ultima cosa. Mi par ve
essere quell’acqua il mare delle Antille, che vedevo allora in un modo
così sorprendente, da non essere possibile che io spieghi a parole quel
modo di vedere.
Or dunque avendo io risposto:
— C’è dell’acqua! —, quel giovanetto disse:
— Ora mettete insieme 55 più 10. A che cosa è uguale?
— Somma 65.
— Ora mettete tutto insieme e ne farete una corda sola.
— E poi?
— Da questa parte che cosa c’è?
E mi accennava un punto sul panorama.
— All’Occidente vedo altissime montagne, e all’Oriente c’è il mare.
[ qui che allora io vedevo in compendio, come in miniatura, tutto ciò
che poi vidi, come dirò, nella sua reale grandezza ed estensione; e i
gradi segnati sulla corda, corrispondenti con esattezza ai gradi
geografici di latitudine, furono quelli che mi permisero di ritenere a
memoria per vari anni i successivi punti che visitai viaggiando nella
seconda parte di quello stesso sogno].
Il giovane mio amico proseguiva:
— Orbene: queste montagne sono come una sponda, un confine. Fin qui, fin
là è la messe offerta ai Salesiani. Sono migliaia e milioni di abitanti
che attendono il vostro aiuto, attendono la Fede.
Queste montagne sono le Cordigliere dell’America del Sud e quel mare l’Oceano Atlantico.
— E come fare? — io ripresi —; come riusciremo a condurre tanti popoli all’ovile di Cristo?
— Col sudore e col sangue — rispose — i selvaggi diventeranno graditi al
Padrone della vita. Questo avvenimento sarà compiuto prima che si
compia la seconda generazione.
— E quale sarà la seconda generazione?
— Questa presente non si conta. Sarà un’altra e poi un’altra.
Io parlavo confuso e quasi balbettando nell’ascoltare i magnifici
destini che sono riservati alla nostra Congregazione, e domandai:
— Ma ognuna di queste generazioni quanti anni comprende?
— Sessant’anni.
— E dopo?
— Volete vedere quello che sarà? Venite!
E senza sapere come, mi trovai a una stazione di ferrovia. Qui vi era
radunata molta gente. Salimmo sul treno. Io domandai do ve fossimo. Quel
giovane rispose:
— Guardate: noi andiamo in viaggio lungo le Cordigliere. Ave te la
strada aperta anche all’Oriente, fino al mare. È un altro dono del
Signore.
— E a Boston, dove ci attendono, quando andremo?
— Ogni cosa a suo tempo.
Così dicendo trasse fuori una carta, dove era rilevata in grande la diocesi di Cartagena.
[ questo il punto di partenza].
Mentre io guardavo quella carta, la macchina mandò un fischio e il treno
si mise in moto. Viaggiando, il mio amico parlava molto; e io imparai
cose bellissime
e nuove sull’astronomia, sulla nau tica, sulla meteorologia, sulla
mineralogia, sulla fauna, sulla flora, sulla topografia di quelle
contrade, che mi spiegava con meravigliosa precisione. Condiva le sue
parole con una contegnosa e, nello stesso tempo, tenera familiarità, che
dimostrava quanto mi amasse. Fin dal principio mi aveva preso per mano e
mi tenne sempre così affettuosamente stretto fino alla fine del sogno.
Io portavo talora l’altra mia mano sulla sua, ma questa sembrava
sfuggire di sotto alla mia, quasi svaporasse, e la mia sinistra
stringeva solamente la mia destra. Il giovane rideva al mio inutile
tentativo.
Io frattanto guardavo dai finestrini del carrozzone e vedevo passare
innanzi svariate, stupende regioni. Boschi, montagne, pianure, fiumi
lunghissimi e maestosi, che io non credevo così grandi in regioni tanto
distanti dalle foci. Per più di mille miglia abbia mo costeggiato il
lembo di una foresta vergine, oggigiorno ancora inesplorata. Il mio
sguardo acquistava una potenza visiva meravigliosa. Non solo vedevo le
cordigliere anche quando ero lontano, ma anche le catene di montagne,
isolate in quei piani immensurabili, erano da me contemplate con ogni
loro più piccolo accidente.
[ della Nuova Granata, di Venezuela, delle tre Guiane; quelle del Brasile e della Bolivia, fino agli ultimi confini].
Potei quindi verificare la giustezza di quelle frasi udite al principio
del sogno nella gran sala posta sul grado zero. Io vedevo nelle viscere
delle montagne e nelle profonde latebre delle pianure. Avevo sott’occhio
le ricchezze incomparabile di questi Paesi, che un giorno verranno
scoperte. Vedevo miniere numerose di metalli preziosi, cave inesauribili
di carbon fossile, depositi di petrolio così abbondanti quali mai
finora si trovarono in altri luoghi. Ma ciò non era tutto. Tra il grado
15 e il 20 vi era un seno assai largo e assai lungo che partiva da un
punto ove si formava un lago. Allora una voce disse ripetutamente:
— Quando si verrà a scavare le miniere nascoste in mezzo a questi monti,
apparirà qui la terra promessa fluente latte e miele. Sarà una
ricchezza inconcepibile.
Ma ciò che maggiormente mi sorprese fu il vedere in vari siti le
Cordigliere che, rientrando in se stesse, formavano vallate, delle quali
i presenti geografi neppur sospettano l’esistenza, immaginan dosi che
in quelle parti le falde delle montagne siano come una specie di muro
diritto. In questi seni e in queste valli, che talora si stendevano fino
a 1000 chilometri, abitavano folte popolazioni non ancora venute a
contatto con gli Europei; nazioni ancora pienamente sconosciute.
Il convoglio intanto continuava a correre, e va e va, e gira di qua e
gira di là, finalmente si fermò. Quivi discese una gran parte di
viaggiatori, che passava sotto le Cordigliere, andando verso occidente.
[ Bosco accennò la Bolivia. La stazione era forse La Paz, ove una
galleria, aprendo un passaggio al litorale del Pacifico, può mettere in
comunicazione il Brasile con Lima, per mezzo di un’altra linea di via
ferrata].
Il treno di bel nuovo si mise in moto, andando sempre avanti. Come nella
prima parte del viaggio, attraversavamo foreste, penetravamo in
gallerie, passavamo sopra giganteschi viadotti, ci in ternavamo fra gole
di montagne, costeggiavamo laghi e paludi sui ponti, valicavamo fiumi
larghi, correvamo in mezzo a praterie e a pianure. Siamo passati sulle
sponde dell’Uruguay. Pensavo che fosse un fiume di poco conto, invece è
lunghissimo. In un punto vidi il fiume Paranà, che si avvicinava
all’Uruguay, come se an dasse a portargli il tributo delle sue acque,
invece dopo essere corso per un tratto quasi parallelamente, se ne
allontanava facendo un largo gomito. Tutti e due questi fiumi erano
larghissimi.
E il treno andava sempre in giù, e gira da una parte e gira da un’altra,
dopo un lungo spazio di tempo, si fermò la seconda volta. Quivi molta
altra gente scese dal convoglio e passava essa pure sotto le Cordigliere
andando verso occidente.
[ Bosco indicò nella Repubblica Argentina la provincia di Mendoza.
Quindi la stazione era forse Mendoza, e quella galleria metteva a
Santiago, capitale della Repubblica del Cile].
Il treno riprese la sua corsa attraverso le Pampas e la Patago nia. I
campi coltivati e le case sparse qua e là indicavano che la civiltà
prendeva possesso di quei deserti.
Sul principio della Patagonia oltrepassammo una diramazione del Rio Colorado ovvero del Rio Chubut [ forse del Rio Negro?].
Non potevo vedere da qual parte andasse la sua corrente, se verso le
Cordigliere o verso l’Atlantico. Cercavo di sciogliere questo mio
problema, ma non potevo orizzontarmi.
Finalmente giungemmo allo stretto di Magellano. Io guardavo. Scendemmo.
Avevo innanzi Punta Arenas. Il suolo per varie miglia era tutto ingombro
di depositi di carbon fossile, di tavole, di travi, di legna, di mucchi
immensi di metallo, parte greggio, parte lavorato. Lunghe file di
vagoni per mercanzie stavano sui binari. Il mio amico mi accennò a tutte
queste cose. Allora domandai:
— E adesso che cosa vuoi dire con questo?
Mi rispose:
— Ciò che adesso è in progetto un giorno sarà realtà. Questi selvaggi in
futurp saranno così docili da venire esse stessi per ricevere
istruzione, religione, civiltà e commercio.
— Ho visto abbastanza — io conclusi —; ora conducimi a vedere i miei Salesiani in Patagonia.
Ritornammo alla stazione e risalimmo sul treno per tornare. Dopo aver
percorso un lunghissimo tratto di via, la macchina si fermò innanzi a un
borgo considerevole. [ forse sul grado 47, ove sul principio del sogno
avevo visto quel grosso nodo della corda]. Alla stazione non vi era
alcuno ad aspettarmi. Discesi e trovai subito i Salesiani. Vi erano
molte case con abitanti in gran numero; più chiese, scuole e vari ospizi
per giovanetti e adulti, artigiani e coltivatori, e un collegio di
ragazze che si occupavano in svariati lavori domestici. I nostri
missionari guidavano insieme giovanetti e adulti.
Io andai in mezzo a loro. Erano molti, ma io non li conoscevo e fra loro
non vi era alcuno degli antichi miei figli. Tutti mi guar davano
stupiti, come se fossi persona nuova, e io dicevo loro:
— Non mi conoscete? Non conoscete Don Bosco?
— Oh, Don Bosco! Noi lo conosciamo di fama; l’abbiamo vi sto solo nei ritratti. Di persona no, certo!
— E Don Fagnano, Don Costamagna, Don Lasagna, Don Milanesio, dove sono?
— Noi non li abbiamo conosciuti. Sono i primi Salesiani che arrivarono
in questi paesi dall’Europa. Ma oramai sono passati tanti anni da che
sono morti.
A questa risposta io pensavo meravigliato: Ma questo è un sogno o una
realtà? E battevo le mani una contro l’altra, mi toccavo le braccia, mi
scuotevo, mentre realmente udivo il suono delle mie mani e mi persuadevo
di non essere addormentato.
Questa visita fu cosa di un istante. Visto il meraviglioso progresso
della Chiesa Cattolica, della nostra Congregazione e della civiltà in
quelle regioni, io ringraziavo la Divina Provvidenza che si fosse
degnata di servirsi di me come strumento della sua gloria e della salute
di tante anime.
Il giovanetto Colle frattanto mi fece segno che era tempo di ri tornare
indietro: quindi salutai i miei Salesiani e ritornammo alla stazione,
ove il convoglio era pronto per la partenza. Risalimmo, fischiò la
macchina, e via verso il Nord.
Mi procurò meraviglia una novità che mi cadde sotto gli occhi. Il
territorio della Patagonia, nella parte più vicina allo stretto di
Magellano, tra le Cordigliere e l’Atlantico, era meno largo di quello
che si crede comunemente dai geografi.
Il treno avanzava nella sua corsa velocissima, e mi parve che
percorresse le province della Repubblica Argentina che ora sono già
civilizzate.
Per lunghissime ore si avanzò sulle sponde di un fiume larghissimo. E
ora il treno correva sulla sponda destra e ora sulla sinistra di questo.
Intanto su quelle rive comparivano di tratto in tratto numerose tribù
di selvaggi. Tutte le volte che vedevamo queste tribù, il giovanetto
Colle andava ripetendo:
— Ecco la messe dei Salesiani! Ecco la messe dei Salesiani!
Entrammo poi in una regione piena di animali feroci e di rettili
velenosi, di forme strane e orribili. Gli uni sembravano cani che
avessero le ali ed erano panciuti straordinariamente [ lussuria,
superbia]. Gli altri erano rospi grossissimi che mangiavano rane. Queste
varie specie di animali erano mischiati insieme e grugnivano sordamente
come se volessero mordersi. Il mio compagno mi rivolse anche qui la
parola e, accennandomi quelle belve, esclamò:
— I salesiani le renderanno mansuete.
Il treno intanto si avvicinava al luogo della prima partenza e ne
eravamo poco lontani. Il giovanetto Colle trasse allora fuori una carta
topografica di una bellezza stupenda e mi disse:
— Volete vedere il viaggio che avete fatto?
— Volentieri! — risposi io.
Allora spiegò quella carta nella quale era disegnata con esattezza
meravigliosa tutta l’America del Sud. Di più ancora, ivi era
rappresentato tutto ciò che fu, tutto ciò che è, tutto ciò che sarà in
quelle regioni, ma senza confusione; anzi con una lucidezza tale che con
un colpo d’occhio si vedeva tutto.
Mentre io osservavo quella carta, aspettando che il giovanetto
aggiungesse qualche spiegazione, essendo io tutto agitato per la
sorpresa di ciò che avevo sott’occhi, mi sembrò che Quirino [ sagrestano di Maria Ausiliatrice] suonasse l’Ave Maria dell’alba; ma,
svegliatomi, mi accorsi che erano i tocchi delle campane della
parrocchia di San Benigno. Il sogno era durato tutta la notte».
Don Bosco terminò il suo racconto dicendo:
«Con la dolcezza di San Francesco di Sales i Salesiani porte ranno a
Gesù Cristo le popolazioni dell’America. Sarà cosa difficilissima
moralizzare i selvaggi, ma i loro figli obbediranno con tutta facilità
alle parole dei Missionari, e con essi si fonderanno colonie, la civiltà
prenderà il posto della barbarie e cosi molti selvaggi verranno a far
parte dell’ovile di Gesù Cristo».
Parlando del sogno Don Bosco affermò: «Quando si conosceranno le immense
ricchezze che fanno preziosa la Patagonia, questo territorio avrà uno
sviluppo di commercio straordinario. Nel le gole dei monti stan nascoste
preziose miniere; nella catena delle Ande fra il grado 100 e il 20° vi
sono miniere di piombo, di oro e di cose ancor più preziose dell’oro».
Il valore di questo sogno sta nel fatto che in esso Don Bosco ci offre
un complesso di dati positivi, dei quali egli non poteva aver avuto
notizia né da viaggiatori nè da geografi, non essendosi ancora fatta
esplorazione di sorta in quelle estreme latitudini né a scopo turistico
nè con finalità economiche o scientifiche. A questi elementi se ne
aggiungono altri di natura profetica circa l’avvenire dell’Opera
Salesiana in quelle terre.
Interessante la descrizione che Don Bosco fa delle Cordigliere.
Da tutti si pensava che fossero un muro divisorio, una catena omogenea,
un cordone unico per elevazione e corso. In vece le esplorazioni e gli
studi posteriori a sogno hanno dimostrato che le Ande sono, come le
descrive Don Bosco, sezionate da numerosi e profondi seni, valli e
conche lacustri, e suddivise in gruppi di catene differenti tra loro per
caratteri geologici e orografici.
« Neppure il più autorevole cultore di studi geografici avrebbe potuto,
in quegli anni, lanciare un’affermazione tanto recisa e particolareggiata come fa Don Bosco; una sì chiara e precisa visione di
quei luoghi è dovuta senza dubbio a un potere che oltrepassa i limiti
umani» (E. Cena).
Quanto all’affermazione che straricche miniere di carbon fossi le, di
petrolio, di piombo e di metalli anche preziosi stanno nascoste nelle
viscere di quelle montagne, si sa che di anno in anno si vengono
scoprendo nuovi depositi di minerali in tutta la zona cordiglierana e
lungo la costa dell’Atlantico.
È noto che il 21 Aprile 1960 venne inaugurata nel Brasile la nuova
capitale Brasilia. Questa città è nata sotto l’egida e la protezione di
Don Bosco.
Quando, dopo lungo studio, se ne stabilì il luogo nello stato di Goids,
gli ingegneri, avendo sentito parlare di una profezia del Santo, la
vollero esaminare e si convinsero che egli ne faceva cenno nella sua
visione profetica, là dove indica i gradi di latitudine 19 e 20, in cui
sarebbe scorso latte e miele, vicino a un grande lago. Brasilia si trova
precisamente tra il 150 e il 200 grado di latitu dine, il lago è stato
creato artificialmente e la regione, per la ubertosità del terreno,
promette di diventare un giardino.
Miniere di petrolio si stanno scoprendo un po’ dappertutto, sicchè pare
proprio che questa nuova capitale sia destinata a diventare il centro di
una delle zone più ricche del Brasile.
A Don Bosco è stato dedicato un intero quartiere e intitolata una delle
vie principali; e nell’Aprile 1963 venne proclamato Patrono principale
di Brasilia, allo stesso titolo di Nostra Signora Aparecida.
Monastero di Bouveret (Vallese - Svizzera), Immacolato di Maria. La mia Opera. 19 giugno 1993. Festa del Cuore Immacolato.
Don Stefano Gobbi
«Con un grande Cenacolo di sacerdoti e di fedeli del mio Movimento della Svizzera francese, oggi celebrate la memoria liturgica del mio Cuore Immacolato. Termini il viaggio che hai fatto in tutta la Svizzera, dal mio Avversario così insidiata e colpita, ma dalla vostra Mamma Celeste tanto amata e difesa.
Qui, dove il mio Avversario esercita il suo grande potere con l'edonismo, con il permissivismo morale, con la impurità, ed oscura lo splendore della mia Chiesa con la divisione, con la diffusione degli errori che allontano molti dalla vera fede, con la disubbidienza e la contestazione al Papa, Io agisco in maniera forte, per diffondere ovunque la mia grande Opera di amore e di salvezza.
È la mia Opera, che sto compiendo in ogni parte del mondo in questi ultimi tempi. È la mia Opera, che Io suscito ovunque per il trionfo del mio Cuore Immacolato. È la mia Opera, che Io stessa sto facendo, per raccogliere da ogni parte il piccolo resto che rimarrà fedele a Gesù ed al suo Vangelo, al Papa ed alla Chiesa a Lui unita. È la mia Opera, perché Io stessa la compio e la diffondo in maniera nascosta e silenziosa.
Contro di essa Satana e tutti gli Spiriti diabolici non possono fare nulla. A loro è proibito dal Signore di nuocere ad essa. Le potenze del male, le forze tenebrose e sataniche, i poteri occulti della massoneria contro di essa non possono fare nulla, perché è da Me protetta, preservata e difesa. È la mia Opera, che sto facendo in ogni parte del mondo per vincere Satana, nella grande battaglia contro tutti gli Spiriti cattivi, perché alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà. È la mia Opera, che Io compio per diffondere la verità in questi tempi di grande apostasia; per portarvi alla più grande unità al Papa in questi giorni di divisione e di una vasta ribellione; per condurvi sul cammino della Grazia e della santità nella generale diffusione del peccato e della impurità. È la mia Opera, che Io faccio per mezzo del mio Movimento Sacerdotale Mariano.
Per questo ho scelto questo mio piccolo bambino e l'ho fatto strumento delle mie più grandi meraviglie in ogni parte del mondo. Satana ha cercato in tante maniere di distruggerla, col suscitare contro di essa opposizioni e critiche, persecuzioni ed ostacoli, subdole insidie da parte di falsi veggenti e di falsi messaggi, che sono riusciti a sedurre un grande numero di miei poveri figli. Ma Io sono personalmente intervenuta, in maniera straordinaria, per impedire di nuocerle, perché di questa mia Opera Io sono gelosa della stessa gelosia di Dio. Perché è con essa che Io realizzo il trionfo del mio Cuore Immacolato nel mondo. Per questo, ora che la grande prova è giunta, essa deve risplendere di una luce sempre più forte, perché sono arrivati i tempi in cui il mio Cuore Immacolato deve essere glorificato da tutta la Chiesa e da tutta l'umanità».