Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 6° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Matteo 26
1Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli:2"Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso".
3Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa,4e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire.5Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo".
6Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso,7gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa.8I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: "Perché questo spreco?9Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!".10Ma Gesù, accortosene, disse loro: "Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me.11I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete.12Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.13In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei".
14Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti15e disse: "Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?". E quelli gli 'fissarono trenta monete d'argento'.16Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: "Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?".18Ed egli rispose: "Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli".19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
20Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.21Mentre mangiavano disse: "In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà".22Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: "Sono forse io, Signore?".23Ed egli rispose: "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.24Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!".25Giuda, il traditore, disse: "Rabbì, sono forse io?". Gli rispose: "Tu l'hai detto".
26Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo".27Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti,28perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.29Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".
30E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.31Allora Gesù disse loro: "Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti:
'Percuoterò il pastore
e saranno disperse le pecore del gregge,'
32ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".33E Pietro gli disse: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai".34Gli disse Gesù: "In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte".35E Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare".37E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.38Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me".39E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!".40Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?41Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole".42E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà".43E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.44E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: "Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.46Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina".
47Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.48Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!".49E subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò.50E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!". Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.
52Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.53Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?54Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?".55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.56Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.
57Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani.58Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
59I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;60ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.61Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni".62Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio".64"Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:
d'ora innanzi vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra di Dio,
e venire sulle nubi del cielo'".
65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;66che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!".67Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,68dicendo: "Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?".
69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: "Anche tu eri con Gesù, il Galileo!".70Ed egli negò davanti a tutti: "Non capisco che cosa tu voglia dire".71Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: "Costui era con Gesù, il Nazareno".72Ma egli negò di nuovo giurando: "Non conosco quell'uomo".73Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: "Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!".74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo!". E subito un gallo cantò.75E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: "Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte". E uscito all'aperto, pianse amaramente.
Deuteronomio 10
1In quel tempo il Signore mi disse: Tàgliati due tavole di pietra simili alle prime e sali da me sul monte e costruisci anche un'arca di legno;2io scriverò su quelle tavole le parole che erano sulle prime che tu hai spezzato e tu le metterai nell'arca.3Io feci dunque un'arca di legno d'acacia e tagliai due tavole di pietra simili alle prime; poi salii sul monte, con le due tavole in mano.4Il Signore scrisse su quelle tavole la stessa iscrizione di prima, cioè i dieci comandamenti che il Signore aveva promulgati per voi sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea. Il Signore me li consegnò.5Allora mi volsi e scesi dal monte; collocai le tavole nell'arca che avevo fatta e là restarono, come il Signore mi aveva ordinato.
6Poi gli Israeliti partirono dai pozzi dei figli Iaakan per Mosera. Là morì Aronne e vi fu sepolto; Eleazaro suo figlio divenne sacerdote al posto di lui.7Di là partirono alla volta di Gudgoda e da Gudgoda alla volta di Iotbata, paese ricco di torrenti d'acqua.
8In quel tempo il Signore prescelse la tribù di Levi per portare l'arca dell'alleanza del Signore, per stare davanti al Signore al suo servizio e per benedire nel nome di lui, come ha fatto fino ad oggi.9Perciò Levi non ha parte né eredità con i suoi fratelli: il Signore è la sua eredità, come il Signore tuo Dio gli aveva detto.
10Io ero rimasto sul monte, come la prima volta, quaranta giorni e quaranta notti; il Signore mi esaudì anche questa volta: il Signore non ha voluto distruggerti.11Poi il Signore mi disse: Alzati, mettiti in cammino alla testa del tuo popolo: entrino nel paese che giurai ai loro padri di dar loro e ne prendano possesso.
12Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie, che tu l'ami e serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima,13che tu osservi i comandi del Signore e le sue leggi, che oggi ti dò per il tuo bene?14Ecco, al Signore tuo Dio appartengono i cieli, i cieli dei cieli, la terra e quanto essa contiene.15Ma il Signore predilesse soltanto i tuoi padri, li amò e, dopo loro, ha scelto fra tutti i popoli la loro discendenza, cioè voi, come oggi.16Circoncidete dunque il vostro cuore ostinato e non indurite più la vostra nuca;17perché il Signore vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e terribile, che non usa parzialità e non accetta regali,18rende giustizia all'orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito.19Amate dunque il forestiero, poiché anche voi foste forestieri nel paese d'Egitto.20Temi il Signore tuo Dio, a lui servi, restagli fedele e giura nel suo nome:21Egli è l'oggetto della tua lode, Egli è il tuo Dio; ha fatto per te quelle cose grandi e tremende che i tuoi occhi hanno visto.22I tuoi padri scesero in Egitto in numero di settanta persone; ora il Signore tuo Dio ti ha reso numeroso come le stelle dei cieli.
Salmi 119
1Alleluia.
Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.
5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.
9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.
17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.
25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.
33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.
41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.
49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.
57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.
65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.
73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.
81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?
85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.
89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.
97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.
105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.
113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.
121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.
125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.
129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.
137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.
145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.
153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.
161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.
169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.
Salmi 132
1'Canto delle ascensioni.'
Ricordati, Signore, di Davide,
di tutte le sue prove,
2quando giurò al Signore,
al Potente di Giacobbe fece voto:
3"Non entrerò sotto il tetto della mia casa,
non mi stenderò sul mio giaciglio,
4non concederò sonno ai miei occhi
né riposo alle mie palpebre,
5finché non trovi una sede per il Signore,
una dimora per il Potente di Giacobbe".
6Ecco, abbiamo saputo che era in Èfrata,
l'abbiamo trovata nei campi di Iàar.
7Entriamo nella sua dimora,
prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi.
8Alzati, Signore, verso il luogo del tuo riposo,
tu e l'arca della tua potenza.
9I tuoi sacerdoti si vestano di giustizia,
i tuoi fedeli cantino di gioia.
10Per amore di Davide tuo servo
non respingere il volto del tuo consacrato.
11Il Signore ha giurato a Davide
e non ritratterà la sua parola:
"Il frutto delle tue viscere
io metterò sul tuo trono!
12Se i tuoi figli custodiranno la mia alleanza
e i precetti che insegnerò ad essi,
anche i loro figli per sempre
sederanno sul tuo trono".
13Il Signore ha scelto Sion,
l'ha voluta per sua dimora:
14"Questo è il mio riposo per sempre;
qui abiterò, perché l'ho desiderato.
15Benedirò tutti i suoi raccolti,
sazierò di pane i suoi poveri.
16Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti,
esulteranno di gioia i suoi fedeli.
17Là farò germogliare la potenza di Davide,
preparerò una lampada al mio consacrato.
18Coprirò di vergogna i suoi nemici,
ma su di lui splenderà la corona".
Osea 11
1Quando Israele era giovinetto,
io l'ho amato
e dall'Egitto ho chiamato mio figlio.
2Ma più li chiamavo,
più si allontanavano da me;
immolavano vittime ai Baal,
agli idoli bruciavano incensi.
3Ad Èfraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano,
ma essi non compresero
che avevo cura di loro.
4Io li traevo con legami di bontà,
con vincoli d'amore;
ero per loro
come chi solleva un bimbo alla sua guancia;
mi chinavo su di lui
per dargli da mangiare.
5Ritornerà al paese d'Egitto,
Assur sarà il suo re,
perché non hanno voluto convertirsi.
6La spada farà strage nelle loro città,
sterminerà i loro figli,
demolirà le loro fortezze.
7Il mio popolo è duro a convertirsi:
chiamato a guardare in alto
nessuno sa sollevare lo sguardo.
8Come potrei abbandonarti, Èfraim,
come consegnarti ad altri, Israele?
Come potrei trattarti al pari di Admà,
ridurti allo stato di Zeboìm?
Il mio cuore si commuove dentro di me,
il mio intimo freme di compassione.
9Non darò sfogo all'ardore della mia ira,
non tornerò a distruggere Èfraim,
perché sono Dio e non uomo;
sono il Santo in mezzo a te
e non verrò nella mia ira.
10Seguiranno il Signore
ed egli ruggirà come un leone:
quando ruggirà, accorreranno
i suoi figli dall'occidente,
11accorreranno come uccelli dall'Egitto,
come colombe dall'Assiria
e li farò abitare nelle loro case.
Oracolo del Signore.
Atti degli Apostoli 9
1Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote2e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati.3E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo4e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?".5Rispose: "Chi sei, o Signore?". E la voce: "Io sono Gesù, che tu perseguiti!6Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare".7Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno.8Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco,9dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.
10Ora c'era a Damasco un discepolo di nome Ananìa e il Signore in una visione gli disse: "Ananìa!". Rispose: "Eccomi, Signore!".11E il Signore a lui: "Su, va' sulla strada chiamata Diritta, e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco sta pregando,12e ha visto in visione un uomo, di nome Ananìa, venire e imporgli le mani perché ricuperi la vista".13Rispose Ananìa: "Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti tutto il male che ha fatto ai tuoi fedeli in Gerusalemme.14Inoltre ha l'autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome".15Ma il Signore disse: "Va', perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele;16e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome".17Allora Ananìa andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: "Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo".18E improvvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato,19poi prese cibo e le forze gli ritornarono.
Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco,20e subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio.21E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: "Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua precisamente per condurli in catene dai sommi sacerdoti?".22Saulo frattanto si rinfrancava sempre più e confondeva i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo.23Trascorsero così parecchi giorni e i Giudei fecero un complotto per ucciderlo;24ma i loro piani vennero a conoscenza di Saulo. Essi facevano la guardia anche alle porte della città di giorno e di notte per sopprimerlo;25ma i suoi discepoli di notte lo presero e lo fecero discendere dalle mura, calandolo in una cesta.
26Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo.27Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo presentò agli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù.28Così egli poté stare con loro e andava e veniva a Gerusalemme, parlando apertamente nel nome del Signore29e parlava e discuteva con gli Ebrei di lingua greca; ma questi tentarono di ucciderlo.30Venutolo però a sapere i fratelli, lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.
31La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa; essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo.
32E avvenne che mentre Pietro andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che dimoravano a Lidda.33Qui trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva su un lettuccio ed era paralitico.34Pietro gli disse: "Enea, Gesù Cristo ti guarisce; alzati e rifatti il letto". E subito si alzò.35Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saròn e si convertirono al Signore.
36A Giaffa c'era una discepola chiamata Tabità, nome che significa "Gazzella", la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine.37Proprio in quei giorni si ammalò e morì. La lavarono e la deposero in una stanza al piano superiore.38E poiché Lidda era vicina a Giaffa i discepoli, udito che Pietro si trovava là, mandarono due uomini ad invitarlo: "Vieni subito da noi!".39E Pietro subito andò con loro. Appena arrivato lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro.40Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi rivolto alla salma disse: "Tabità, alzati!". Ed essa aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere.41Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i credenti e le vedove, e la presentò loro viva.
42La cosa si riseppe in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore.43Pietro rimase a Giaffa parecchi giorni, presso un certo Simone conciatore.
Capitolo XIV: Evitare i giudizi temerari
Leggilo nella Biblioteca1. Rivolgi gli occhi a te stesso e stai attento a non giudicare quel che fanno gli altri. In tale giudizio si lavora senza frutto; frequentemente ci si sbaglia e facilmente si cade in peccato. Invece, nel giudizio e nel vaglio di se stessi, si opera sempre fruttuosamente. Spesso giudichiamo secondo un nostro preconcetto; e così, per un nostro atteggiamento personale, perdiamo il criterio della verità. Se il nostro desiderio fosse diretto soltanto a Dio, non ci lasceremmo turbare così facilmente dalla resistenza opposta dal nostro senso umano. Di più, spesso, c'è qualcosa, già nascosto, latente in noi, o sopravveniente dall'esterno, che ci tira di qua o di là. Molti, in tutto ciò che fanno, cercano se stessi, senza neppure accorgersene. Sembrano essere in perfetta pace quando le cose vanno secondo i loro desideri e i loro gusti; se, invece, vanno diversamente, subito si agitano e si rattristano.
2. Avviene di frequente che nascono divergenze tra amici e concittadini, persino tra persone pie e devote, per diversità nel modo di sentire e di pensare. Giacché è difficile liberarsi da vecchi posizioni abituali, e nessuno si lascia tirare facilmente fuori dal proprio modo di vedere. Così, se ti baserai sui tuoi ragionamenti e sulla tua esperienza, più che sulla forza propria di Gesù Cristo, raramente e stentatamente riuscirai ad essere un uomo illuminato; Dio vuole, infatti, che noi ci sottomettiamo perfettamente a lui, e che trascendiamo ogni nostro ragionamento grazie ad un fiammeggiante amore.
Omelia 118: Presero le vesti e ne fecero quattro parti, e la tunica.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Con l'aiuto del Signore, in questo discorso commenteremo ciò che avvenne presso la croce, dopo che egli fu crocifisso. I soldati poi, com'ebbero crocifisso Gesú, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora questa tunica era senza cucitura, tessuta per intero dall'alto in basso. Perciò dissero tra loro: Non la stracciamo, ma tiriamo a sorte a chi tocchi. Perché si adempisse la Scrittura: Si divisero tra loro i miei vestiti e sulla mia tunica hanno tirato a sorte (Gv 19, 23-24). Si fece quanto i Giudei avevano voluto. Non furono essi a crocifiggere Gesú, ma i soldati agli ordini di Pilato, esecutori della sua sentenza. E tuttavia, se si tiene conto della loro ostinata volontà, delle insidie, dei maneggi, del fatto che glielo consegnarono e come finalmente riuscirono con urli a strappargli la sentenza, certamente dobbiamo dire che, ben più dei soldati, a crocifiggere Gesú furono i Giudei.
2. Ma non possiamo non soffermarci sul particolare che furono divise e tirate a sorte le vesti del Signore. Tutti e quattro gli evangelisti ricordano questo episodio, ma solo Giovanni ne parla diffusamente; e mentre gli altri tre ne parlano indirettamente, Giovanni ne parla di proposito e dettagliatamente. Matteo dice: Quando l'ebbero crocifisso, si divisero le sue vesti tirandole a sorte (Mt 27, 35). Marco: Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte la parte di ciascuno (Mc 15, 24). Luca: Dividendosi poi le sue vesti, le tirarono a sorte (Lc 23, 34). Giovanni, invece, precisa anche in quante parti divisero le sue vesti: in quattro, per prenderne ciascuno una parte. Donde risulta che erano quattro i soldati che avevano ricevuto dal procuratore l'ordine di crocifiggere Gesú. Lo dice chiaramente: I soldati, com'ebbero crocifisso Gesú, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato, e la tunica. E' sottinteso che presero anche la tunica. In altri termini: Presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e presero anche la tunica. Giovanni cosí si esprime per farci intendere che le altre vesti non furono tirate a sorte. Tirano a sorte soltanto la tunica, che avevano preso insieme alle altre vesti, ma che non dividono come fanno con le altre vesti. L'evangelista ne spiega il motivo: Ora quella tunica era senza cucitura, tessuta per intero dall'alto in basso. E dice anche perché decisero di tirarla a sorte: Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocchi. Appare cosí che essi avevano diviso le altre vesti in parti uguali, per cui non fu necessario tirarle a sorte; della tunica invece, che era tutta d'un pezzo, non sarebbero riusciti ad avere ciascuno una parte senza stracciarla; per avere poi solo degli stracci. Appunto per evitare questo, preferirono tirarla a sorte di modo che toccasse ad uno solo. La testimonianza profetica concorda perfettamente con la narrazione dell'evangelista Giovanni, come questi del resto sottolinea, soggiungendo: Perché si adempisse la Scrittura: Si divisero tra loro i miei vestiti e sulla mia tunica hanno tirato a sorte (cf. Sal 21, 19). Non dice: sorteggiarono le mie vesti, ma si divisero le mie vesti; e neppure dice che si divisero le sue vesti tirandole a sorte. Parlando delle altre vesti non dice affatto che siano state sorteggiate, mentre dice chiaramente: Hanno tirato a sorte la mia veste, riferendosi alla tunica che era rimasta. A proposito della tunica vi dirò quanto il Signore mi ispirerà, non appena avrò respinto le accuse che possono sorgere contro la concordanza degli evangelisti, dimostrando che nessuna parola degli altri evangelisti è in contrasto con la narrazione di Giovanni.
3. Matteo infatti, dicendo: Si divisero le sue vesti tirandole a sorte, ci fa intendere che anche la tunica, che fu tirata a sorte, faceva parte delle vesti che furono divise; sì, perché essendosi messi a dividere tutte le vesti, di cui faceva parte anche la tunica, pure su di essa gettarono la sorte. E' quanto dice anche Luca: Dividendosi le sue vesti, le tirarono a sorte; mentre erano intenti a dividersi le sue vesti, arrivarono alla tunica, che sorteggiarono, in modo da completare tra loro la divisione di tutte le vesti del Signore. L'unica differenza tra quanto dice Luca (dividendosi le sue vesti, gettarono le sorti) e quanto dice Matteo (si divisero le sue vesti tirandole a sorte) sta nel fatto che Luca, dicendo sorti, usa il plurale invece del singolare, variante non insolita nelle sante Scritture. Peraltro in alcuni codici di Luca si trova sorte al singolare. Soltanto il racconto di Marco sembra presentare qualche difficoltà. Dicendo infatti: Si divisero le sue vesti, tirando a sorte la parte di ciascuno, sembra voler dire che furono tirate a sorte tutte le vesti e non soltanto la tunica. Ma qui, come altrove, l'oscurità nasce dalla brevità. Egli dice: tirandole a sorte, come se volesse dire che le tirarono a sorte mentre le dividevano, cosa che effettivamente avvenne; infatti la divisione di tutte le sue vesti non sarebbe stata completa se la sorte non avesse chiarito a chi doveva toccare la tunica, risolvendo, o meglio prevenendo ogni motivo di discussione. L'espressione di Marco: tirando a sorte la parte di ciascuno, si riferisce alla tunica, non a tutte le vesti che furono divise. I soldati tirarono a sorte a chi dovesse toccare la tunica, di cui, peraltro, Marco non ci spiega come fosse tessuta e come, dopo aver fatto la spartizione delle vesti, essendo rimasta la tunica, per non stracciarla decisero di tirarla a sorte. Ecco perché egli dice che tirarono a sorte la parte di ciascuno per vedere a chi dovesse toccare la tunica. In conclusione viene a dire che i soldati si divisero le sue vesti, tirando a sorte per vedere a chi doveva toccare la tunica che era rimasta dopo la spartizione degli abiti in parti uguali.
[Uno per tutti, perché l'unità è in tutti.]
4. Qualcuno si domanderà che cosa significhi la divisione delle vesti in quattro parti e il sorteggio della tunica. La veste del Signore Gesú Cristo, divisa in quattro parti, raffigura la sua Chiesa distribuita in quattro parti, cioè diffusa in tutto il mondo, che appunto consta di quattro parti e che gradualmente e concordemente realizza la sua presenza nelle singole parti. E' per questo motivo che, altrove, il Signore dice che invierà i suoi angeli per raccogliere gli eletti dai quattro venti (cf. Mt 24, 31), cioè dalle quattro parti del mondo: oriente, occidente, aquilone e mezzogiorno. Quanto alla tunica tirata a sorte, essa significa l'unità di tutte le parti, saldate insieme dal vincolo della carità. E' della carità, infatti, che l'Apostolo dice: Voglio mostrarvi una via ancor più eccellente (1 Cor 12, 31); e altrove dice: e possiate conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (Ef 3, 19); e ancora: Al di sopra di tutte le cose rivestitevi della carità la quale è il vincolo della perfezione (Col 3, 14). Se dunque la carità è la via più eccellente, se essa sorpassa ogni conoscenza, ed è al di sopra di tutti i precetti, giustamente la veste che la raffigura, si dice che è tessuta dall'alto. Essa è senza cucitura, cosí che non si può dividere; e tende all'unità, perché raccoglie tutti in uno. Cosí quando il Signore interrogò gli Apostoli, che erano dodici, cioè tre volte quattro, Pietro rispose a nome di tutti: Tu sei il Cristo Figlio del Dio vivente; e gli fu detto: A te darò le chiavi del regno dei cieli (Mt 16, 16 19), come se soltanto lui avesse ricevuto la potestà di legare e di sciogliere. Ma siccome Pietro aveva parlato a nome di tutti, anche la potestà che ricevette, la ricevette unitamente a tutti, come rappresentante dell'unità stessa. Ricevette la potestà uno per tutti, perché l'unità è in tutti. Cosí anche qui l'evangelista, dopo aver detto che la tunica era tessuta dall'alto in basso, aggiunge: per intero. Se per intero lo riferiamo a ciò che la tunica significa, possiamo ben dire che nessuno è privo di questa unità, se appartiene al tutto. E' da questa totalità, indicata dal termine greco, che la Chiesa prende il nome di "cattolica". La sorte poi che cosa sta a indicare se non la grazia di Dio? Cosí, in uno la grazia perviene a tutti, in quanto la sorte esprime il favore di tutti, dato che è nell'unità che la grazia perviene a tutti. E quando si tira a sorte non si tiene conto dei meriti delle singole persone, ma ci si affida all'occulto giudizio di Dio.
5. Il fatto che tutto questo sia stato compiuto da uomini malvagi, non cioè dai seguaci di Cristo, ma dai suoi persecutori, non significa che non possa raffigurare qualcosa di buono. Che dire infatti della stessa croce, che anch'essa certamente venne fabbricata e inflitta a Cristo dai nemici e dagli empi? E tuttavia bisogna ammettere che in essa vengono raffigurate le dimensioni di cui parla l'Apostolo: larghezza, lunghezza, altezza, profondità (Ef 3, 18). E' larga nella trave orizzontale su cui si estendono le braccia del crocefisso, e significa le opere buone compiute nella larghezza della carità; è lunga nella trave verticale che discende fino a terra, sulla quale sono fissati i piedi e il dorso, e significa la perseveranza attraverso la lunghezza del tempo sino alla fine; è alta nella sommità che si eleva al di sopra della trave orizzontale, e significa il fine soprannaturale al quale sono ordinate tutte le opere, poiché tutto quanto noi facciamo in larghezza e lunghezza, cioè con amore e perseveranza, deve tendere all'altezza del premio divino. E' profonda, infine, in quella parte della trave verticale che viene conficcata in terra; essa è nascosta e sottratta agli sguardi umani, ma tuttavia da essa sorge e si eleva verso il cielo la parte visibile della croce: significa che tutte le nostre buone azioni e tutti i beni scaturiscono dalla profondità della grazia di Dio, che sfugge alla nostra comprensione e al nostro giudizio. Ma anche se la croce di Cristo non significasse altro che quello che l'Apostolo dice: Coloro che appartengono a Cristo, hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri (Gal 5, 24), questo sarebbe già un bene immenso. E tutto questo non può che essere frutto dello spirito buono, che nutre desideri contrari a quelli della carne, cosí come la croce di Cristo è stata fabbricata dal nemico, cioè dallo spirito del male. E infine qual è il segno di Cristo, che tutti conoscono, se non la croce di Cristo? Senza questo segno, che si pone sulla fronte dei credenti, che si traccia sull'acqua in cui vengono rigenerati o sull'olio della cresima con cui vengono unti o sul pane del sacrificio con cui vengono nutriti, nessuno di questi riti è valido. Perché allora non possiamo dire che anche le azioni dei malvagi possono rivestire un significato buono, dal momento che nella celebrazione dei misteri di Cristo ogni bene soprannaturale viene a noi attraverso il segno della sua croce, che fu opera di uomini malvagi? Con questo basta. Quello che segue, se Dio ci aiuterà, lo vedremo un'altra volta.
17 - La principessa del cielo Maria santissima comincia a patire
La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca674. L'Altissimo, che con infinita sapienza dispone della vita dei suoi con misura e peso, determinò di esercitare la nostra divina Principessa con alcune tribolazioni proporzionate alla sua età ed al suo stato di piccolina, benché sempre grande nella grazia, che voleva accrescerle con tale mezzo e con essa la gloria. La nostra bambina era piena di sapienza e di grazia, ma conveniva che vi aggiungesse lo studio dell'esperienza, affinché, avanzando in essa, imparasse la scienza del patire, la quale con l'uso arriva alla sua perfezione ed al suo massimo valore. Nel breve corso dei suoi teneri anni aveva goduto delle delizie dell'Altissimo e delle sue carezze, come anche delle dimostrazioni di affetto degli angeli santi, dei suoi genitori, della sua maestra e dei sacerdoti, perché agli occhi di tutti era graziosa ed amabile. Conveniva ormai che del bene che possedeva cominciasse ad avere una nuova conoscenza, quella che si acquista con la lontananza e la privazione di detto bene e con il nuovo uso delle virtù causato da tale privazione, confrontando lo stato dei favori e delle carezze con quello della solitudine, dell'aridità e delle tribolazioni.
675. La prima delle sofferenze che la nostra Principessa patì fu la sospensione da parte del Signore delle continue visioni che le comunicava; questo dolore fu tanto maggiore quanto più era nuovo ed insolito e quanto più sublime e prezioso era il tesoro che ella perdeva di vista. Le si nascosero anche gli angeli santi e con il ritiro di tanti e così eccellenti e divini oggetti, che nel medesimo tempo si occultarono alla sua vista benché non si allontanassero dalla sua compagnia e protezione, quell'anima purissima restò, a suo parere, come deserta e sola nella notte oscura della lontananza del suo amato, che prima la rivestiva di brillantissima luce.
676. Tale cosa risultò nuova alla nostra Bambina, poiché il Signore, sebbene l'avesse già avvertita che avrebbe ricevuto tribolazioni, non le aveva indicato quali sarebbero state. Siccome, poi, il candido cuore della semplicissima Colomba niente poteva pensare né operare che non fosse frutto della sua umiltà e carità incomparabile, si disfaceva tutta nell'esercizio di queste due virtù. Con l'umiltà attribuiva alla sua ingratitudine il non avere meritato la presenza ed il possesso del bene perduto e con l'infiammato amore lo sollecitava e cercava con tali e tanti sentimenti pieni di amore e con tale dolore che non ci sono parole sufficienti per spiegarli. Allora, in quel nuovo stato, si rivolse tutta al Signore e gli disse:
677. «Dio altissimo e Signore dell'intero creato, infinito nella bontà e ricco di misericordia, padrone mio, confesso che una così vile creatura non ha potuto meritare i vostri favori e la mia anima con intimo dolore si spaventa del vostro dispiacere e della propria ingratitudine. Se questa si è frapposta per eclissarmi il sole che mi animava, vivificava ed illuminava e se io sono stata tiepida nel corrispondere a tanti benefici, Signore e pastore mio, fate che io conosca la colpa della mia scortese noncuranza. Se, poi, come ignorante e semplice pecorella, non ho saputo essere grata né operare ciò che era più accetto agli occhi vostri, me ne sto prostrata a terra e nella polvere, affinché voi, mio Dio che abitate nelle altezze, vi degniate di sollevarmi come povera e derelitta. Le vostre mani onnipotenti mi hanno plasmato e non potete ignorare di che cosa siamo formati e in quali vasi depositate i vostri tesori. L'anima mia viene meno nella sua amarezza ed in assenza di voi che siete la sua dolce vita nessuno può dare sollievo al mio deliquio. Ah, dove me ne andrò lontano da voi? Dove volgerò i miei occhi senza la luce che mi illuminava? Chi mi preserverà dalla morte senza voi che siete la vita?».
678. Si rivolgeva pure agli angeli santi e, continuando senza cessare i suoi lamenti di amore, parlava loro dicendo: «Principi celesti, messaggeri del supremo Re delle altezze ed amici fedelissimi dell'anima mia, perché anche voi mi avete abbandonata? Perché mi private della vostra dolce vista e mi negate la vostra presenza? Non mi stupisco, però, miei signori, del vostro sdegno, mentre per mia disgrazia ho meritato di incorrere in quello del vostro e mio Creatore. Luminari dei cieli, illuminate in questa mia ignoranza il mio intelletto e, se ho colpa, correggetemi; ma impetrate dal mio Signore che mi perdoni. Nobilissimi servitori della celeste Gerusalemme, doletevi della mia afflizione e del mio abbandono. Ditemi: dove è andato il mio amato? Ditemi: dove si è nascosto? Ditemi: dove lo ritroverò senza andare vagando qua e là dietro i greggi di tutte le creature? Ohimé, nemmeno voi mi rispondete, sebbene tanto cortesi, nemmeno voi che certamente conoscete dove si trova il mio Sposo, perché mai vi allontana dal contemplare il suo volto e la sua bellezza».
679. Si rivolgeva, poi, al resto delle creature e con rinnovate ansie di amore parlava loro e diceva: «Senza dubbio anche voi, che siete armate contro gli ingrati verso Dio, sarete sdegnate, essendo riconoscenti, contro chi non è stato tale. Se per la bontà del mio e vostro Signore mi ammettete tra voi, benché io sia la più vile, non potete però soddisfare il mio desiderio. Molto belli e spaziosi siete voi, o cieli; belli e risplendenti anche voi, pianeti ed astri tutti; grandi ed invincibili voi, elementi; e tu, o terra, sei adornata e vestita di piante odorose e di erbe; innumerevoli sono i pesci delle acque ed ammirabili i flutti del mare; leggeri e veloci gli uccelli; nascosti i minerali; forti gli animali; e il tutto unito insieme forma una bella scala ininterrotta ed una dolce armonia per arrivare alla conoscenza del mio amato. Sono, però, lunghi giri questi per chi ama e, quando sono passata rapidamente attraverso tutti, alla fine mi fermo e mi trovo lontana dal mio Bene. Con la conoscenza certa che mi date voi, o creature, della sua bellezza senza misura, non si acquieta affatto il mio slancio, non si tempra il dolore, non si modera la mia pena; anzi, cresce il mio affanno, aumenta il desiderio, s'infiamma il cuore e nell'amore non saziato la mia vita terrena viene meno. Oh, quanto mi sarebbe più dolce morire che vivere senza te, mia vita! Oh, quanto mi è penosa la vita senza te, mia anima e mio diletto! Ora che farò? Dove mi volgerò? E come vivo ora? Anzi, come non muoio, dal momento che mi è venuto a mancare colui che è la mia vita? Quale virtù senza di lui mi sostiene? Voi tutte, o creature, che con la vostra costante conservazione e con le vostre perfezioni mi date tanti segni del mio Signore, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore!».
680. La nostra divina Signora formava nel suo cuore e ripeteva con la lingua molti altri discorsi, che non possono essere compresi dal pensiero creato, perché solo la sua prudenza ed il suo amore giunsero a ponderare e sentire quanto comporti l'allontanamento di Dio da un anima che lo abbia già conosciuto e gustato in tale grado. Se gli angeli, quasi presi da gelosia nel loro santo amore, si meravigliavano di vedere in una semplice creatura e tenera bambina tanta varietà di atti prudentissimi di umiltà, fede ed amore e di sentimenti e slanci del cuore, chi potrà mai spiegare il gradimento ed il compiacimento del Signore per l'anima della sua eletta e per tutte le sue elevazioni, ciascuna delle quali feriva il cuore di sua Maestà e procedeva da un privilegio di grazia e di amore maggiore di quello concesso ai medesimi serafini? Se tutti loro, poi, alla vista della Divinità non sapevano esercitare né imitare le azioni di Maria santissima né osservare le leggi dell'amore con tanta perfezione come lei quando lo stesso Dio le stava lontano e nascosto, chi potrà mai descrivere quale era il compiacimento che riceveva tutta la santissima Trinità quando le era presente? Mistero imperscrutabile è questo per la nostra limitatezza; però, dobbiamo riverirlo con ammirazione ed ammirarlo con riverenza.
681. La nostra candidissima Colomba non trovava dove potersi posare, dando pace al suo cuore; i suoi sentimenti, infatti, con inconsolabili gemiti e reiterati voli, si libravano su tutte le creature. Andava molte volte al Signore con lamenti e sospiri di amore; quindi, ritornava, sollecitava gli angeli della sua custodia e risvegliava tutte le creature, come se tutte fossero dotate di ragione; poi, saliva con il suo intelletto illuminato e con il suo ardentissimo affetto a quell'altissima abitazione dove prima il sommo Bene le veniva incontro e godevano reciprocamente le sue ineffabili delizie. Intanto, il supremo Signore ed innamorato sposo, che si lasciava allora possedere ma non godere dalla sua diletta, sempre infiammava più e più quel purissimo cuore con il solo possederlo, aumentando i suoi meriti e possedendolo di nuovo con diversi e misteriosi doni, affinché più posseduto più ancora l'amasse, e più amato e posseduto lo cercasse per vie nuove e con rinnovate ansie di infiammato amore. «L'ho cercato - diceva la divina Principessa - e non l'ho trovato; mi alzerò di nuovo e, guardando meglio per le vie e le piazze della città di Dio, rinnoverò le mie ricerche. Le mie mani hanno stillato mirra, le mie attenzioni non bastano e le mie opere nulla possono se non aumentare il mio dolore. Ho cercato l'amato del mio cuore; l'ho cercato, ma non l'ho trovato. Già il mio diletto si è allontanato. L'ho chiamato, ma non mi ha risposto; ho girato intorno gli occhi per ritrovarlo, ma le guardie della città, le sentinelle e tutte le creature mi hanno molestato ed offeso con la loro vista. Figlie di Gerusalemme, anime sante e giuste, io vi prego, io vi supplico, se incontrate il mio diletto, di dirgli che vengo meno e che muoio per amore suo».
682. La nostra Regina per alcuni giorni si profuse continuamente in questi dolci ed amorosi lamenti. Quell'umile nardo spargeva fragranze così soavi, temendosi disprezzato dal Signore, mentre questi, invece, si stava riposando nella parte più nascosta del suo fedelissimo cuore. La divina Provvidenza, per sua maggiore gloria e per fare sovrabbondare i meriti nella sua sposa, prolungò questo termine per qualche tempo. In esso la divina Signora patì più tormenti spirituali che tutti i santi insieme, poiché ondeggiava tra i sospetti ed i timori di avere perso Dio e di essere caduta dalla sua grazia per propria colpa; e nessuno può giungere a conoscere quanta e quale fosse l'angoscia di quell'ardente cuore, che tanto seppe amare. Solo Dio poteva ponderarla e, per sentirla, lasciava il suo cuore tra quei sospetti e timori di averlo smarrito per propria colpa.
Insegnamento che mi diede la mia Signora e regina
683. Figlia mia, qualunque bene è tanto più stimato dalle creature quanto più si sa che esso è un vero bene. Poiché il vero Bene è uno solo e tutti gli altri non sono che beni falsi ed apparenti, soltanto questo vero e sommo bene deve essere conosciuto come tale ed apprezzato. Tu giungerai a stimarlo e ad amarlo come merita quando lo gusterai, lo conoscerai e lo apprezzerai sopra ogni cosa creata. Il dolore di perderlo è proporzionato a questa stima e a questo amore; così, intenderai in parte gli effetti che io provai quando si allontanò da me il Bene eterno, lasciandomi dubbiosa se per caso lo avessi colpevolmente perduto. Senza dubbio, molte volte il dolore di questi sospetti e la forza dell'amore mi avrebbero privata della vita, se il Signore stesso non me l'avesse conservata.
684. Pondera, dunque, adesso quale dovrebbe essere il dolore di perdere Dio realmente per i peccati, se in un anima che non sente i cattivi effetti della colpa può causare tanto dolore la lontananza del vero bene, benché in realtà non l'abbia perso, anzi lo possegga anche se nascosto all'occhio della sua ragione. Questa sapienza, però, non penetra nella mente degli uomini carnali; anzi, con stoltissima cecità essi stimano l'apparente e finto bene e si dolgono ed affliggono quando manca loro. Del sommo e vero Bene, poi, non si formano concetto né stima alcuna, perché non lo hanno mai gustato né conosciuto. Sebbene il mio Figlio santissimo abbia scacciato da loro questa spaventosa ignoranza contratta per il primo peccato, meritando loro la fede e la carità per conoscere e gustare in qualche modo il bene che non avevano mai sperimentato, pure, ahimè, perdono la carità e la pospongono a qualunque diletto; e la fede, restando oziosa e morta, non giova. Così vivono i figli delle tenebre, come se dell'eternità avessero soltanto una finta o dubbiosa cognizione.
685. Temi, o anima, questo pericolo, su cui non si riflette mai abbastanza. Vigila e ivi sempre attenta e preparata contro i nemici, che non dormono mai. La tua meditazione di giorno e di notte sia su come devi lavorare per non perdere il sommo Bene che ami. Non ti conviene dormire né sonnecchiare tra nemici invisibili. Se, poi, talvolta il tuo amato ti si nasconderà, aspetta con pazienza e cercalo con sollecitudine senza riposare, perché non conosci i suoi occulti giudizi. Intanto, durante il tempo della lontananza e della tentazione, tieni preparato l'olio della carità e della retta intenzione, affinché non ti manchi e tu non sia riprovata con le vergini stolte e smemorate.
36-19 Luglio 11, 1938 Come il vero amore ciò che vuole l’uno vuole l’altro. Ogni atto di Volontà Divina è una via che si apre tra il Cielo e la terra. Il Fiat di Dio nella creatura.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Sono sempre tra le braccia del Voler Divino, e mentre scrivevo sentivo il peso del grande sacrificio di scrivere, e l’offrivo al mio caro Gesú per ottenere che la Divina Volontà sia conosciuta, voluta e amata da tutti. Oh! come vorrei mettere la mia vita per poterla fare conoscere da tutti. E siccome mi sentivo sofferente, con stento continuavo a scrivere, ed il mio dolce Gesú, per fortificarmi mi ha detto:
(2) “Figlia mia benedetta, coraggio, sono Io con te, ed è tanto il mio compiacimento mentre scrivi, che in ogni parola che scrivi ti do un bacio, un abbraccio, una mia Vita Divina per dono. E sai perché? Vedo copiata in questi scritti la nostra Vita d’Eterno Amore, la copia della nostra Divina Volontà operante, e poi, il nostro Amore represso per ben seimila anni che si sfoga, che ha i suoi refrigeri alle nostre fiamme, che fa conoscere quanto ama la creatura, e l’ama tanto che vuol darle la sua Volontà come vita; e questo perché possiamo dire d’ambi le parti: “Ciò che è mio è tuo”. Il vero Amore allora è contento quando può dire: “Ci amiamo di eguale amore, ciò che voglio Io, vuole essa”. Se ci fosse disparità d’amore renderebbe infelice l’amore dell’Uno e dell’altra, e se l’Uno volesse una cosa, e l’altro un’altra, l’unione, l’amore cesserebbe. E siccome il mio Amore è vero Amore, e sapendo che la creatura possiede amore e volontà finita, le do il mio Amore e Volontà infinita, così possiamo dire: “Ci amiamo d’un solo Amore, teniamo una sola Volontà”. Se l’uno non diventa volontà dell’altro, il vero amore non esiste né possiede sorgente. Quindi dovresti essere contenta del sacrificio che fai di scrivere, sapendo che serve allo sfogo del mio Amore per tanti secoli represso, e al refrigerio delle mie fiamme, che sono tante, che mi fanno dare in delirio. Perciò, amiamoci d’un solo Amore e diciamo insieme: “Ciò che vuoi tu, voglio io”. Dì: “Gesú, la mia volontà sperdila nella tua, e dammi la tua per vivere”.
(3) Onde dopo che ci siamo protestati d’ambi le parti di vivere d’un solo Volere, il mio amato Gesú ha soggiunto con più tenerezza:
(4) “Mia buona figlia, tu devi sapere che ogni atto fatto nel mio Volere, è tanta la sua potenza, che apre una via per il Cielo, per sé e per gli altri che vengono appresso, sicché ogni atto è una via che mena al Cielo. Queste vie scendono dal Cielo, intrecciano la terra, si diffondono ovunque, e per chiunque vuole entrare si fanno vie sicure e condottiere sicure che lo guidano fin nel seno del suo Creatore. Vedi dunque che cosa è un atto nella mia Volontà: E’ una via di più che si apre tra il Cielo e la terra. Come è bello il vivere nel mio Volere, non solo è una via, ma come l’anima sta per fare il suo atto, il fiato divino scende nel suo atto, e fiatandole, riempie tutto il creato col suo alito onnipotente, e tutti sentono il refrigerio, l’amore, la potenza del fiato creante, che tiene potere di racchiudere tutti e tutto, imbalsamandoli con la sua aria divina e celeste.
(5) La mia Volontà, operante tanto in Noi stessi quanto nella creatura, deve operare prodigi, ma tanto, che deve poter dire: “Sono un’atto divino, posso far tutto”. Sicché non vi è onore più grande che possiamo darle, né Noi ricevere gloria che più ci glorifica, ci felicita e ci rende gloriosi e trionfatori da parte delle creature, che fare operare la nostra Volontà nell’atto loro. Ci sentiamo chiusi nell’atto di esse mentre lasciamo liberi, e operare nel cerchio umano come sappiamo operare da Dio. Fare ciò è per Noi un amore esuberante, amiamo l’atto nostro in cui vediamo svolgere la nostra Potenza e Bellezza inarrivabile, la nostra Santità, Amore e Bontà, che coprono tutto, baciano e si abbracciano con tutti ché vorrebbero trasmutare tutti e tutto nelle nostri doti divine. Come non amare un atto sì grande? Amiamo colei che ci ha chiamato e ci ha prestato l’atto suo per farci fare atto sì grande; e come non amarla ché ci ha servito da portatrice per operare tante nostre meraviglie? Che cosa non daremmo a costei, e chi potrebbe negarle nulla? Basta dirti che chi vive nel nostro Volere lascia dietro tutti, è la prima nella santità, nella bellezza, nell’amore; sentiamo l’eco nostro, il fiato nostro nel suo; essa non prega, ma prende ciò che vuole dai nostri tesori divini. Quindi, ti stia a cuore vivere nel nostro Voler Divino”.
(6) Dopo ciò ha soggiunto: “Figlia mia, la nostra Volontà circola in tutte le cose create come sangue nelle vene. L’atto primario, il moto, il calore, è sempre suo, però, se trova una creatura che la riconosce e vive in Essa, mentre continua a circolare in tutto, in questa si ferma e forma il suo poggio per operare le sue meraviglie, e mentre con la sua Potenza ed Immensità non lascia nessuno, con questa apre le sue comunicazioni, perché terrà orecchie per ascoltarla, intelligenza per comprenderla, cuore per riceverla e amarla, in questa farà il deposito delle sue grazie, delle sue finezze d’amore. La volontà umana che viva nella sua, le servirà come spazio dove continuare il suo atto operante, formerà il suo centro, la sua stanza divina ed il suo sfogo d’amore continuo, e come farà i suoi atti nel mio Volere, così rinasce in Dio e Dio in essa, e queste rinascite fanno risorgere nuovi orizzonti, cieli più belli, soli più fulgidi, nuove conoscenze divine. Ogni atto in più che fa nel mio Volere, ci sentiamo più trasportati a farci conoscere, sentiamo più fiducia di affidarci a lei, perché stando la nostra Volontà in essa, saprà custodire con gelosia ciò che le diciamo e diamo, e perciò, in ogni rinascita rinascerà a nuovo amore, a nuova santità, a nuova bellezza. Quindi, guardandola, nel delirio del nostro Amore le diciamo: “Il nostro Volere ti fa sempre più bella, più santa, e quanto più stai in Essa tanto più cresci e rinasci nel nostro Essere Divino. Ogni atto in più che fai, la nostra Volontà si impone a fare darti del nostro, a dirti nuovi segreti, a farti nuove scoperte del nostro Amore. Se non dessimo sempre a questa creatura, ci sentiremmo mancare il moto alla nostra Vita Divina, ciò che non può essere; ed essa neppure può stare se non riceve, si sentirebbe mancare l’alimento dell’amore, le tenerezze del suo Padre Celeste. Perciò sii attenta, e riconosci che sei portata dalle braccia della nostra Paternità Divina”.