Sotto il Tuo Manto

Martedi, 3 giugno 2025 - San Carlo Lwanga (Letture di oggi)

Paradiso! Paradiso! era il grido col quale calpestava ogni grandezza umana. (San Filippo Neri)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 6° settimana del Tempo di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 21

1Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli2dicendo loro: "Andate nel villaggio che vi sta di fronte: subito troverete un'asina legata e con essa un puledro. Scioglieteli e conduceteli a me.3Se qualcuno poi vi dirà qualche cosa, risponderete: Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà subito".4Ora questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta:

5'Dite alla figlia di Sion:
Ecco, il tuo re viene a te
mite, seduto su un'asina,
con un puledro figlio di bestia da soma.'

6I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù:7condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere.8La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via.9La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro, gridava:

'Osanna' al figlio di Davide!
'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Osanna' nel più alto dei cieli!

10Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: "Chi è costui?".11E la folla rispondeva: "Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea".

12Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe13e disse loro: "La Scrittura dice:

'La mia casa sarà chiamata casa di preghiera'
ma voi ne fate 'una spelonca di ladri'".

14Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guarì.15Ma i sommi sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che faceva e i fanciulli che acclamavano nel tempio: "Osanna al figlio di Davide", si sdegnarono16e gli dissero: "Non senti quello che dicono?". Gesù rispose loro: "Sì, non avete mai letto:

'Dalla bocca dei bambini e dei lattanti
ti sei procurata una lode?'".

17E, lasciatili, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.

18La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame.19Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: "Non nasca mai più frutto da te". E subito quel fico si seccò.20Vedendo ciò i discepoli rimasero stupiti e dissero: "Come mai il fico si è seccato immediatamente?".21Rispose Gesù: "In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà.22E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete".

23Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: "Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?".24Gesù rispose: "Vi farò anch'io una domanda e se voi mi rispondete, vi dirò anche con quale autorità faccio questo.25Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?". Ed essi riflettevano tra sé dicendo: "Se diciamo: "dal Cielo", ci risponderà: "perché dunque non gli avete creduto?";26se diciamo "dagli uomin", abbiamo timore della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta".27Rispondendo perciò a Gesù, dissero: "Non lo sappiamo". Allora anch'egli disse loro: "Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose".

28"Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna.29Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò.30Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò.31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?". Dicono: "L'ultimo". E Gesù disse loro: "In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.32È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.

33Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che 'piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre', poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.34Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto.35Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono.36Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo.37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio!38Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità.39E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.40Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?".41Gli rispondono: "Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo".42E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:

'La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d'angolo;
dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri?'

43Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.44Chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà".
45Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta.


Primo libro dei Maccabei 10

1Nell'anno centosessanta Alessandro Epìfane, figlio di Antioco, s'imbarcò e occupò Tolemàide; vi fu riconosciuto re e cominciò a regnare.2Quando lo seppe, il re Demetrio radunò un esercito molto grande e gli mosse contro per fargli guerra.3Demetrio mandò anche lettere a Giònata con espressioni di amicizia per esaltarlo.4Diceva infatti: "Preveniamo costoro con la proposta di far pace con noi, prima che Giònata concluda un'alleanza con Alessandro contro tutti noi.5Si ricorderà certo di tutti i mali che abbiamo causati a lui, ai suoi fratelli e al suo popolo".6Gli concesse facoltà di raccogliere milizie, di preparare armi e considerarsi suo alleato e gli fece restituire gli ostaggi che erano nell'Acra.7Giònata venne in Gerusalemme e lesse le lettere davanti a tutto il popolo e a quelli dell'Acra.8Questi ebbero grande timore quando sentirono che il re gli aveva concesso facoltà di arruolare milizie.9Quelli dell'Acra restituirono gli ostaggi ed egli li rese ai loro genitori.10Giònata pose la residenza in Gerusalemme e incominciò a ricostruire e rinnovare la città.11Ordinò ai costruttori di edificare le mura e la cinta muraria del monte Sion con pietre quadrate per fortificazione, e così fecero.12Gli stranieri che stavano nelle fortezze edificate da Bàcchide fuggirono;13ognuno abbandonò la sua posizione e tornò alla sua terra;14solo in Bet-Zur erano rimasti alcuni traditori della legge e dei comandamenti; fu quello il loro rifugio.
15Il re Alessandro seppe dell'ambasciata che Demetrio aveva mandato a Giònata; gli narrarono anche le battaglie e gli atti di valore che egli e i suoi fratelli avevano compiuto e le fatiche sopportate16e disse: "Troveremo un altro come lui? Facciamocelo amico e alleato".17Scrisse e spedì a lui questa lettera:
18"Il re Alessandro al fratello Giònata salute.19Abbiamo sentito dire di te che sei uomo forte e potente e disposto ad essere nostro amico.20Noi dunque ti nominiamo oggi sommo sacerdote del tuo popolo e amico del re - gli aveva inviato anche la porpora e la corona d'oro - perché tu favorisca la nostra causa e mantenga amicizia con noi".21Giònata indossò le vesti sacre nel settimo mese dell'anno centosessanta nella festa delle Capanne e arruolò soldati e fece preparare molte armi.
22Demetrio venne a sapere queste cose e si rattristò e disse:23"Perché abbiamo lasciato che Alessandro ci prevenisse nell'accaparrarsi l'amicizia dei Giudei a suo sostegno?24Scriverò anch'io parole d'invito e proposte di onori e di doni, perché passino dalla nostra parte".25Scrisse loro in questi termini: "Il re Demetrio al popolo dei Giudei salute.26Avete osservato le nostre alleanze e siete rimasti nella nostra amicizia e non siete passati ai nostri nemici: l'abbiamo saputo e ne siamo felici.27Continuate dunque a mantenerci la vostra fedeltà e ricambieremo con favori quello che farete per noi.28Vi concederemo ampie immunità e vi invieremo doni.29Fin da ora dispenso voi ed esonero tutti i Giudei dal tributo e dalla tassa del sale e dalle corone.30Rinuncio anche da oggi in poi a riscuotere dalla Giudea e dai tre distretti che le sono annessi, dalla Samaria e dalla Galilea, la terza parte del grano e la metà dei frutti degli alberi che mi spetta, da oggi per sempre.31Gerusalemme sia santa ed esente con il suo distretto e così siano sacre le decime e i tributi.32Rinuncio anche al potere sull'Acra in Gerusalemme e la concedo al sommo sacerdote perché vi stabilisca uomini da lui scelti a presidiarla.33Rimetto in libertà senza compenso anche ogni persona giudea, fatta prigioniera fuori del paese di Giuda in tutti i miei domìni; tutti siano esonerati dai tributi, anche da quelli del bestiame.34Tutte le feste e i sabati e i noviluni e il triduo prima e il triduo dopo la festa siano tutti giorni di esenzione e di immunità per tutti i Giudei che sono nel mio regno;35nessuno avrà il potere di intentare causa contro di loro o di disturbarli per alcun motivo.36Si potranno arruolare nell'esercito del re fino a tremila Giudei e sarà dato loro il soldo, come spetta a tutte le forze del re.37Saranno posti di stanza alcuni di loro nelle più grandi fortezze del re, alcuni di loro saranno anche preposti agli affari di fiducia del regno; i loro superiori e i comandamenti saranno scelti tra di loro e potranno regolarsi secondo le loro leggi, come ha prescritto il re anche per la Giudea.38I tre distretti assegnati alla Giudea, detraendoli dalla regione della Samaria, saranno riconosciuti dalla Giudea e considerati come sottoposti a uno solo e non dipendenti da altra autorità che non sia quella del sommo sacerdote.39Assegno Tolemàide e le sue dipendenze come dono al tempio di Gerusalemme per le spese necessarie al santuario.40Io personalmente assegno ogni anno quindicimila sicli d'argento prelevati dai diritti del re sulle località più convenienti.41Gli ulteriori contributi che non sono stati versati dagli incaricati come negli anni precedenti, d'ora in poi saranno corrisposti per le opere del tempio.42Oltre a ciò i cinquemila sicli che venivano prelevati dall'ammontare delle entrate annuali del tempio sono anche condonati perché appartengono ai sacerdoti che vi prestano servizio.43Chiunque si rifugerà nel tempio di Gerusalemme e nella sua zona con debiti da rendere al re o per qualunque motivo, sarà dichiarato libero con quanto gli appartiene nel mio regno.44Per le costruzioni e i restauri nel tempio le spese saranno sostenute dalla cassa del re.45Anche per la costruzione delle mura e delle fortificazioni intorno a Gerusalemme le spese saranno sostenute dall'erario del re e così la costruzione di mura nella Giudea".
46Quando Giònata e il popolo intesero simili espressioni, non vi prestarono fede e non le accettarono, ricordando le grandi iniquità da lui compiute contro Israele e quanto li avesse fatti soffrire.47Ma preferirono Alessandro, perché questi era stato il primo ad avviare trattative di pace, e gli furono sempre alleati.
48Il re Alessandro raccolse grandi forze e uscì in campo contro Demetrio.49I due re attaccarono battaglia e l'esercito di Demetrio fu messo in fuga; Alessandro lo inseguì ed ebbe la meglio sulle sue truppe;50la battaglia infuriò fino al tramonto del sole e Demetrio cadde ucciso in quel giorno.
51Alessandro mandò allora ambasciatori al re Tolomeo con questo messaggio:52"Poiché sono rientrato nel mio regno e mi sono seduto sul trono dei miei padri, ho ripreso il comando e ho sconfitto Demetrio - egli si era impadronito del mio territorio53ma io gli ho mosso guerra ed egli e il suo esercito furono sconfitti dal nostro e ci siamo seduti sul trono del suo regno -54concludiamo tra di noi amicizia; tu concedimi in sposa tua figlia, io sarò tuo genero e offrirò a te e a lei doni degni di te".
55Tolomeo rispose: "Felice il giorno in cui sei tornato nella terra dei tuoi padri e ti sei seduto sul trono del loro regno.56Io farò quanto hai proposto nella lettera, ma tu vienimi incontro fino a Tolemàide, perché ci vediamo a vicenda, e io diventerò tuo suocero, come hai chiesto".
57Tolomeo partì dall'Egitto con la figlia Cleopatra e si recò a Tolemàide nell'anno centosessantadue.58Gli andò incontro il re Alessandro: Tolomeo gli diede sua figlia Cleopatra e celebrò le nozze con lei in Tolemàide secondo lo stile dei re con grande sfarzo.
59Il re Alessandro scrisse a Giònata di venirgli incontro.60Egli andò con grande parata a Tolemàide e s'incontrò con i due re; offrì loro e ai loro amici oro e argento e molti doni e si guadagnò il loro favore.61Si accordarono però contro di lui uomini pestiferi d'Israele, traditori della legge, per deporre contro di lui, ma il re non prestò loro ascolto.62Il re invece diede ordine di far deporre a Giònata le sue vesti e di rivestirlo della porpora e l'ordine fu eseguito.63Il re lo fece sedere accanto a sé e disse ai suoi ufficiali: "Attraversate con lui la città e proclamate che nessuno porti accuse contro di lui per qualunque motivo e nessuno gli rechi molestia in alcun modo".64Ora, quando i suoi accusatori videro gli onori che riceveva, come proclamava il banditore, e che era stato rivestito di porpora, si dileguarono tutti.65Il re gli conferì onori e lo ascrisse tra i suoi primi amici e lo costituì stratega e governatore della provincia.66Così Giònata tornò a Gerusalemme in pace e gioia.
67Nell'anno centosessantacinque Demetrio, figlio di Demetrio, venne da Creta nella terra dei suoi padri.68Il re Alessandro, quando lo seppe, ne fu assai preoccupato e tornò in Antiochia.69Demetrio affidò il governo della Celesiria ad Apollonio e questi raccolse un grande esercito, si accampò presso Iamnia e inviò al sommo sacerdote Giònata questo messaggio:
70"Soltanto tu ti sei alzato contro di noi e io sono diventato oggetto di derisione e di scherno a causa tua. Perché ti fai forte contro di noi stando sui monti?71Ora, se sei tanto sicuro delle tue forze, scendi contro di noi nella pianura e qui misuriamoci, perché con me c'è la forza delle città.72Infòrmati e sappi chi sono io e chi sono gli altri miei alleati. Questi ti diranno: Non potrete tener saldo il piede davanti a noi, perché già due volte sono stati da noi sconfitti i tuoi padri nella loro terra.73Così ora non potrai resistere alla cavalleria e a un esercito come il nostro in pianura, ove non c'è roccia né scoglio né luogo in cui rifugiarsi".74Quando Giònata intese le parole di Apollonio, ne ebbe l'animo irritato; scelse diecimila uomini e uscì da Gerusalemme. Suo fratello Simone gli venne incontro per aiutarlo.75Si accampò presso Giaffa, ma gli abitanti avevano chiuso la città, perché a Giaffa vi era un presidio di Apollonio. Le diedero l'assalto;76i cittadini spaventati aprirono e Giònata fu padrone di Giaffa.77Apollonio lo seppe e mise in campo tremila cavalli e molte truppe e si mosse verso Asdòd, come se intendesse fare quel percorso, ma subito si spinse nella pianura, poiché aveva una cavalleria numerosa sulla quale contava.78Giònata lo inseguì alle spalle in direzione di Asdòd e gli eserciti attaccarono battaglia.79Apollonio aveva lasciato un migliaio di cavalieri nascosti dietro di loro;80Giònata però si era accorto che c'era un appostamento dietro di lui. Quelli circondarono il suo schieramento e lanciarono frecce contro le truppe da mattina fino a sera.81Ma le truppe tennero fermo come aveva ordinato Giònata, mentre i cavalli di quelli si stancarono.82Allora Simone fece uscire le sue riserve e attaccò la falange e poiché la cavalleria ormai era esausta, quelli furono travolti e si diedero alla fuga;83i cavalieri si dispersero nella pianura e gli altri si rifugiarono in Asdòd ed entrarono in Bret-Dagon, il tempio del loro idolo, in cerca di scampo.84Giònata allora incendiò Asdòd e le città all'intorno, prese le loro spoglie e diede alle fiamme anche il tempio di Dagon e quanti vi si erano rifugiati.85Gli uccisi di spada e i morti tra le fiamme assommarono a circa ottomila uomini.86Poi Giònata tolse il campo di là e si accampò di fronte ad Ascalòna e i cittadini gli vennero incontro con grandi onori.87Così Giònata tornò in Gerusalemme con i suoi uomini carichi di bottino.88Il re Alessandro, udendo queste notizie, aumentò gli onori a Giònata;89gli inviò la fibbia d'oro che si usa inviare ai parenti del re e gli diede in possesso Ekròn e tutto il suo territorio.


Giobbe 3

1Dopo, Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno;2prese a dire:

3Perisca il giorno in cui nacqui
e la notte in cui si disse: "È stato concepito un uomo!".
4Quel giorno sia tenebra,
non lo ricerchi Dio dall'alto,
né brilli mai su di esso la luce.
5Lo rivendichi tenebra e morte,
gli si stenda sopra una nube
e lo facciano spaventoso gli uragani del giorno!
6Quel giorno lo possieda il buio
non si aggiunga ai giorni dell'anno,
non entri nel conto dei mesi.
7Ecco, quella notte sia lugubre
e non entri giubilo in essa.
8La maledicano quelli che imprecano al giorno,
che sono pronti a evocare Leviatan.
9Si oscurino le stelle del suo crepuscolo,
speri la luce e non venga;
non veda schiudersi le palpebre dell'aurora,
10poiché non mi ha chiuso il varco del grembo materno,
e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei!
11E perché non sono morto fin dal seno di mia madre
e non spirai appena uscito dal grembo?
12Perché due ginocchia mi hanno accolto,
e perché due mammelle, per allattarmi?
13Sì, ora giacerei tranquillo,
dormirei e avrei pace
14con i re e i governanti della terra,
che si sono costruiti mausolei,
15o con i principi, che hanno oro
e riempiono le case d'argento.
16Oppure, come aborto nascosto, più non sarei,
o come i bimbi che non hanno visto la luce.
17Laggiù i malvagi cessano d'agitarsi,
laggiù riposano gli sfiniti di forze.
18I prigionieri hanno pace insieme,
non sentono più la voce dell'aguzzino.
19Laggiù è il piccolo e il grande,
e lo schiavo è libero dal suo padrone.
20Perché dare la luce a un infelice
e la vita a chi ha l'amarezza nel cuore,
21a quelli che aspettano la morte e non viene,
che la cercano più di un tesoro,
22che godono alla vista di un tumulo,
gioiscono se possono trovare una tomba...
23a un uomo, la cui via è nascosta
e che Dio da ogni parte ha sbarrato?
24Così, al posto del cibo entra il mio gemito,
e i miei ruggiti sgorgano come acqua,
25perché ciò che temo mi accade
e quel che mi spaventa mi raggiunge.
26Non ho tranquillità, non ho requie,
non ho riposo e viene il tormento!


Salmi 107

1Alleluia.

Celebrate il Signore perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Lo dicano i riscattati del Signore,
che egli liberò dalla mano del nemico
3e radunò da tutti i paesi,
dall'oriente e dall'occidente,
dal settentrione e dal mezzogiorno.

4Vagavano nel deserto, nella steppa,
non trovavano il cammino per una città dove abitare.
5Erano affamati e assetati,
veniva meno la loro vita.
6Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
7Li condusse sulla via retta,
perché camminassero verso una città dove abitare.
8Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
9poiché saziò il desiderio dell'assetato,
e l'affamato ricolmò di beni.

10Abitavano nelle tenebre e nell'ombra di morte,
prigionieri della miseria e dei ceppi,
11perché si erano ribellati alla parola di Dio
e avevano disprezzato il disegno dell'Altissimo.
12Egli piegò il loro cuore sotto le sventure;
cadevano e nessuno li aiutava.

13Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.
14Li fece uscire dalle tenebre e dall'ombra di morte
e spezzò le loro catene.
15Ringrazino il Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi a favore degli uomini;
16perché ha infranto le porte di bronzo
e ha spezzato le barre di ferro.

17Stolti per la loro iniqua condotta,
soffrivano per i loro misfatti;
18rifiutavano ogni nutrimento
e già toccavano le soglie della morte.
19Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.

20Mandò la sua parola e li fece guarire,
li salvò dalla distruzione.
21Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
22Offrano a lui sacrifici di lode,
narrino con giubilo le sue opere.

23Coloro che solcavano il mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
24videro le opere del Signore,
i suoi prodigi nel mare profondo.
25Egli parlò e fece levare
un vento burrascoso che sollevò i suoi flutti.
26Salivano fino al cielo,
scendevano negli abissi;
la loro anima languiva nell'affanno.
27Ondeggiavano e barcollavano come ubriachi,
tutta la loro perizia era svanita.
28Nell'angoscia gridarono al Signore
ed egli li liberò dalle loro angustie.

29Ridusse la tempesta alla calma,
tacquero i flutti del mare.
30Si rallegrarono nel vedere la bonaccia
ed egli li condusse al porto sospirato.

31Ringrazino il Signore per la sua misericordia
e per i suoi prodigi a favore degli uomini.
32Lo esaltino nell'assemblea del popolo,
lo lodino nel consesso degli anziani.

33Ridusse i fiumi a deserto,
a luoghi aridi le fonti d'acqua
34e la terra fertile a palude
per la malizia dei suoi abitanti.
35Ma poi cambiò il deserto in lago,
e la terra arida in sorgenti d'acqua.

36Là fece dimorare gli affamati
ed essi fondarono una città dove abitare.
37Seminarono campi e piantarono vigne,
e ne raccolsero frutti abbondanti.
38Li benedisse e si moltiplicarono,
non lasciò diminuire il loro bestiame.
39Ma poi, ridotti a pochi, furono abbattuti,
perché oppressi dalle sventure e dal dolore.
40Colui che getta il disprezzo sui potenti,
li fece vagare in un deserto senza strade.

41Ma risollevò il povero dalla miseria
e rese le famiglie numerose come greggi.
42Vedono i giusti e ne gioiscono
e ogni iniquo chiude la sua bocca.
43Chi è saggio osservi queste cose
e comprenderà la bontà del Signore.


Daniele 3

1Il re Nabucodònosor aveva fatto costruire una statua d'oro, alta sessanta cubiti e larga sei, e l'aveva fatta erigere nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia.
2Quindi il re Nabucodònosor aveva convocato i sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province, perché presenziassero all'inaugurazione della statua che il re Nabucodònosor aveva fatto erigere.
3I sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province vennero all'inaugurazione della statua. Essi si disposero davanti alla statua fatta erigere dal re.
4Un banditore gridò ad alta voce: "Popoli, nazioni e lingue, a voi è rivolto questo proclama:
5Quando voi udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna, e d'ogni specie di strumenti musicali, vi prostrerete e adorerete la statua d'oro, che il re Nabucodònosor ha fatto innalzare.6Chiunque non si prostrerà alla statua, in quel medesimo istante sarà gettato in mezzo ad una fornace di fuoco ardente".
7Perciò tutti i popoli, nazioni e lingue, in quell'istante che ebbero udito il suono del corno, del flauto, dell'arpicordo, del salterio e di ogni specie di strumenti musicali, si prostrarono e adorarono la statua d'oro, che il re Nabucodònosor aveva fatto innalzare.

8Però in quel momento alcuni Caldei si fecero avanti per accusare i Giudei9e andarono a dire al re Nabucodònosor: "Re, vivi per sempre!10Tu hai decretato, o re, che chiunque avrà udito il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, si deve prostrare e adorare la statua d'oro:11chiunque non si prostrerà per adorarla, sia gettato in mezzo ad una fornace con il fuoco acceso.
12Ora, ci sono alcuni Giudei, ai quali hai affidato gli affari della provincia di Babilonia, cioè Sadràch, Mesàch e Abdènego, che non ti obbediscono, re: non servono i tuoi dèi e non adorano la statua d'oro che tu hai fatto innalzare".
13Allora Nabucodònosor, sdegnato, comandò che gli si conducessero Sadràch, Mesàch e Abdènego, e questi comparvero alla presenza del re.14Nabucodònosor disse loro: "È vero, Sadràch, Mesàch e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d'oro che io ho fatto innalzare?15Ora, se voi sarete pronti, quando udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatta, bene; altrimenti in quel medesimo istante sarete gettati in mezzo ad una fornace dal fuoco ardente. Qual Dio vi potrà liberare dalla mia mano?".
16Ma Sadràch, Mesàch e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: "Re, noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito;17sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace con il fuoco acceso e dalla tua mano, o re.18Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai eretto".19Allora Nabucodònosor, acceso d'ira e con aspetto minaccioso contro Sadràch, Mesàch e Abdènego, ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito.20Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadràch, Mesàch e Abdènego e gettarli nella fornace con il fuoco acceso.21Furono infatti legati, vestiti come erano, con i mantelli, calzari, turbanti e tutti i loro abiti e gettati in mezzo alla fornace con il fuoco acceso.
22Ma quegli uomini, che dietro il severo comando del re avevano acceso al massimo la fornace per gettarvi Sadràch, Mesàch e Abdènego, rimasero uccisi dalle fiamme,23nel momento stesso che i tre giovani Sadràch, Mesàch e Abdènego cadevano legati nella fornace con il fuoco acceso.

24Essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e benedicevano il Signore.
25Azaria, alzatosi, fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse:

26"Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri padri;
degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre.
27Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto;
tutte le tue opere sono vere,
rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi.
28Giusto è stato il tuo giudizio
per quanto hai fatto ricadere su di noi
e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme.
Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo
a causa dei nostri peccati,
29poiché noi abbiamo peccato, abbiamo agito da iniqui,
allontanandoci da te, abbiamo mancato in ogni modo.
Non abbiamo obbedito ai tuoi comandamenti,
30non li abbiamo osservati, non abbiamo fatto
quanto ci avevi ordinato per il nostro bene.
31Ora quanto hai fatto ricadere su di noi,
tutto ciò che ci hai fatto, l'hai fatto con retto giudizio:
32ci hai dato in potere dei nostri nemici,
ingiusti, i peggiori fra gli empi,
e di un re iniquo, il più malvagio su tutta la terra.
33Ora non osiamo aprire la bocca:
disonore e disprezzo sono toccati ai tuoi servi,
ai tuoi adoratori.
34Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome, non rompere la tua alleanza;
35non ritirare da noi la tua misericordia,
per amore di Abramo tuo amico,
di Isacco tuo servo, d'Israele tuo santo,
36ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo,
come la sabbia sulla spiaggia del mare.
37Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli
di qualunque altra nazione,
ora siamo umiliati per tutta la terra
a causa dei nostri peccati.
38Ora non abbiamo più né principe,
né capo, né profeta, né olocausto,
né sacrificio, né oblazione, né incenso,
né luogo per presentarti le primiziee trovar misericordia.
39Potessimo esser accolti con il cuore contrito
e con lo spirito umiliato,
come olocausti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli.
40Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te
e ti sia gradito,
perché non c'è confusione per coloro che confidano in te.
41Ora ti seguiamo con tutto il cuore,
ti temiamo e cerchiamo il tuo volto.
42Fa' con noi secondo la tua clemenza,
trattaci secondo la tua benevolenza,
secondo la grandezza della tua misericordia.
43Salvaci con i tuoi prodigi,
da' gloria, Signore, al tuo nome.
44Siano invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi,
siano coperti di vergogna con tutta la loro potenza;
e sia infranta la loro forza!
45Sappiano che tu sei il Signore,
il Dio unico e glorioso su tutta la terra".

46I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti.47La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra la fornace48e uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano vicino alla fornace.49Ma l'angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco50e rese l'interno della fornace come un luogo dove soffiasse un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.

51Allora quei tre giovani, a una sola voce, si misero a lodare, a glorificare, a benedire Dio nella fornace dicendo:

52"Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
53Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso,
degno di lode e di gloria nei secoli.
54Benedetto sei tu nel trono del tuo regno,
degno di lode e di gloria nei secoli.
55Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini,
degno di lode e di gloria nei secoli.
56Benedetto sei tu nel firmamento del cielo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
57Benedite, opere tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
58Benedite, angeli del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
59Benedite, cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
60Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
61Benedite, potenze tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
62Benedite, sole e luna, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
63Benedite, stelle del cielo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
64Benedite, piogge e rugiade, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
65Benedite, o venti tutti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
66Benedite, fuoco e calore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
67Benedite, freddo e caldo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
68Benedite, rugiada e brina, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
69Benedite, gelo e freddo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
70Benedite, ghiacci e nevi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
71Benedite, notti e giorni, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
72Benedite, luce e tenebre, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
73Benedite, folgori e nubi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
74Benedica la terra il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
75Benedite, monti e colline, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
76Benedite, creature tutte
che germinate sulla terra, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
77Benedite, sorgenti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
78Benedite, mari e fiumi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
79Benedite, mostri marini
e quanto si muove nell'acqua, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
80Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
81Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
82Benedite, figli dell'uomo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
83Benedica Israele il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
84Benedite, sacerdoti del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
85Benedite, o servi del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
86Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
87Benedite, pii e umili di cuore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
88Benedite, Anania, Azaria e Misaele, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli,
perché ci ha liberati dagl'inferi,
e salvati dalla mano della morte,
ci ha scampati di mezzo alla fiamma ardente,
ci ha liberati dal fuoco.
89Lodate il Signore, perché egli è buono,
perché la sua grazia dura sempre.
90Benedite, fedeli tutti, il Dio degli dèi,
lodatelo e celebratelo, perché la sua grazia dura sempre".

91Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: "Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?". "Certo, o re", risposero.
92Egli soggiunse: "Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell'aspetto a un figlio di dèi".
93Allora Nabucodònosor si accostò alla bocca della fornace con il fuoco acceso e prese a dire: "Sadràch, Mesàch, Abdènego, servi del Dio altissimo, uscite, venite fuori". Allora Sadràch, Mesàch e Abdènego uscirono dal fuoco.
94Quindi i satrapi, i prefetti, i governatori e i ministri del re si radunarono e, guardando quegli uomini, videro che sopra i loro corpi il fuoco non aveva avuto nessun potere; che neppure un capello del loro capo era stato bruciato e i loro mantelli non erano stati toccati e neppure l'odore del fuoco era penetrato in essi.
95Nabucodònosor prese a dire: "Benedetto il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio che il loro Dio.
96Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, sia tagliato a pezzi e la sua casa sia ridotta a un mucchio di rovine, poiché nessun altro dio può in tal maniera liberare".
97Da allora il re promosse Sadràch, Mesàch e Abdènego a cariche pubbliche nella provincia di Babilonia.

98Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in tutta la terra: Pace e prosperità!99M'è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio altissimo ha fatto per me.

100Quanto sono grandi i suoi prodigi
e quanto straordinarie le sue meraviglie!
Il suo regno è un regno eterno
e il suo dominio di generazione in generazione.


Lettera agli Ebrei 9

1Certo, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno.2Fu costruita infatti una Tenda: la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell'offerta: essa veniva chiamata il Santo.3Dietro il secondo velo poi c'era una Tenda, detta Santo dei Santi, con4l'altare d'oro per i profumi e l'arca dell'alleanza tutta ricoperta d'oro, nella quale si trovavano un'urna d'oro contenente la manna, la verga di Aronne che aveva fiorito e le tavole dell'alleanza.5E sopra l'arca stavano i cherubini della gloria, che facevano ombra al luogo dell'espiazione. Di tutte queste cose non è necessario ora parlare nei particolari.
6Disposte in tal modo le cose, nella prima Tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrarvi il culto;7nella seconda invece solamente il sommo sacerdote, una volta all'anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per i peccati involontari del popolo.8Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era ancora aperta la via del santuario, finché sussisteva la prima Tenda.9Essa infatti è una figura per il tempo attuale, offrendosi sotto di essa doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, l'offerente,10trattandosi solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, tutte prescrizioni umane, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate.
11Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione,12non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna.13Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne,14quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente?

15Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza, perché, essendo ormai intervenuta la sua morte per la rendenzione delle colpe commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che è stata promessa.16Dove infatti c'è un testamento, è necessario che sia accertata la morte del testatore,17perché un testamento ha valore solo dopo la morte e rimane senza effetto finché il testatore vive.18Per questo neanche la prima alleanza fu inaugurata senza sangue.19Infatti dopo che tutti i comandamenti furono promulgati a tutto il popolo da Mosè, secondo la legge, questi, preso il sangue dei vitelli e dei capri con acqua, lana scarlatta e issòpo, ne asperse il libro stesso e tutto il popolo,20dicendo: 'Questo è il sangue dell'alleanza che Dio ha stabilito per voi'.21Alla stessa maniera asperse con il sangue anche la Tenda e tutti gli arredi del culto.22Secondo la legge, infatti, quasi tutte le cose vengono purificate con il sangue e senza spargimento di sangue non esiste perdono.
23Era dunque necessario che i simboli delle realtà celesti fossero purificati con tali mezzi; le realtà celesti poi dovevano esserlo con sacrifici superiori a questi.24Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore,25e non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui.26In questo caso, infatti, avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo. Ora invece una volta sola, alla pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso.27E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio,28così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza.


Capitolo XLVI: Affidarsi a Dio quando spuntano parole che feriscono

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1. O figlio, sta saldo e fermo, e spera in me. Che altro sono, le parole, se non parole?: volano al vento, ma non intaccano la pietra. Se sei in colpa, pensa ad emendarti di buona voglia; se ti senti innocente, considera di doverle sopportare lietamente per amor di Dio. Non è gran cosa che tu sopporti talvolta almeno delle parole, tu che non sei capace ancora di sopportare forti staffilate. E perché mai cose tanto da nulla ti feriscono nell'animo, se non perché tu ragioni ancora secondo la carne e dai agli uomini più importanza di quanto sia giusto? Solo per questo, perché hai paura che ti disprezzino, non vuoi che ti rimproverino dei tuoi falli e cerchi di nasconderti dietro qualche scusa. Se guardi più a fondo in te stesso, riconoscerai che il mondo e il vano desiderio di piacere agli uomini sono ancora vivi dentro in te. Se rifuggi dall'esser poco considerato e dall'esser rimproverato per i tuoi difetti, segno è che non sei sinceramente umile né veramente morto al mondo, e che il mondo è per te crocefisso. Ascolta, invece la mia parola e non farai conto neppure di diecimila parole umane. Ecco, anche se molte cose si potessero inventare e dire, con malizia grande, contro di te, che male ti potrebbero fare esse, se tu le lasciassi del tutto passare, non considerandole più che una pagliuzza? Ti potrebbero forse strappare anche un solo capello? Chi non ha spirito di interiorità e non tiene Iddio dinanzi ai suoi occhi, questi si lascia scuotere facilmente da una parola offensiva. Chi invece, senza ricercare il proprio giudizio, si affida a me, questi sarà libero dal timore degli uomini. Sono io, infatti, il giudice, cui sono palesi tutti i segreti; io so come è andata la cosa; io conosco, sia colui che offende sia colui che patisce l'offesa. Quella parola è uscita da me; quel che è avvenuto, è avvenuto perché io l'ho permesso, "affinché fossero rivelati gli intimi pensieri di tutti" (Lc 2,35). Sono io che giudicherò il colpevole e l'innocente; ma voglio che prima siano saggiati, e l'uno e l'altro, al mio arcano giudizio.  

2. La testimonianza degli uomini sbaglia frequentemente. Il mio giudizio, invece, è veritiero; resterà e non muterà. Nascosto, per lo più, o aperto via via a pochi, esso non sbaglia né può sbagliare, anche se può sembrare ingiusto agli occhi di chi non ha la sapienza. A me dunque si ricorra per ogni giudizio e non ci si fidi del proprio criterio. Il giusto, infatti non resterà turbato, "qualunque cosa gli venga" da Dio (Pro 12,21). Qualunque cosa sia stata ingiustamente portata contro di lui, non se ne darà molto pensiero; così come non si esalterà vanamente, se, a buon diritto, sarà scagionato da altri. Il giusto considera, infatti, che "sono io colui che scruta i cuori e le reni" (Ap 2,23); io, che non giudico secondo superficiale apparenza umana. Invero, sovente ai miei occhi apparirà condannabile ciò che, secondo il giudizio umano, passa degno di lode. O Signore Dio, "giudice giusto, forte e misericordioso" (Sal 7,12), tu che conosci la fragilità e la cattiveria degli uomini, sii la mia forza e tutta la mia fiducia, ché non mi basta la mia buona coscienza. Tu sai quello che io non so; per questo avrei dovuto umiliarmi dinanzi ad ogni rimprovero e sopportarlo con mansuetudine. Per tutte le volte che mi comportai in tal modo, perdonami, nella tua benevolenza, e dammi di nuovo la grazia di una più grande sopportazione. In verità, a conseguire il perdono, la tua grande misericordia mi giova di più che non mi giovi una mia supposta santità a difesa della mia segreta coscienza. Ché, "pur quando non sentissi di dovermi nulla rimproverare", non potrei per questo ritenermi giusto (1 Cor 4,4); perché, se non fosse per la tua misericordia, "nessun vivente sarebbe giusto, al tuo cospetto" (Sal 142,2).


DISCORSO 136/C SULLO STESSO ARGOMENTO DEL DISCORSO PRECEDENTE

Discorsi - Sant'Agostino

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Quali opere ora compie Cristo nei cuori.

1. Le opere proprie di Cristo Signore, quelle che allora egli compì nei corpi, compie ora nei cuori, benché non cessi affatto di operare anche in molti corpi, ma nei cuori la sua azione è superiore. Se indubbiamente è gran cosa la vista della luce del cielo, quanto è più grande vedere la luce di Dio! A questo fine infatti sono risanati gli occhi del cuore, a questo vengono aperti, a questo sono purificati, affinché vedano la luce, che è Dio. Infatti Dio è luce, afferma la Scrittura, e in lui non ci sono tenebre 1; e il Signore nel Vangelo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 2. Perciò noi che restiamo ammirati che questo cieco ora vede, con tutte le nostre forze, di cui Dio stesso ci fa dono, perseveriamo nella preghiera affinché i nostri cuori siano risanati ed anche purificati. A che giova infatti essere stati resi mondi dai peccati nel fonte battesimale e subito dopo tornare a macchiarsi con perfidi costumi?

L'intervento graduale del Signore che portò a rendere la vista al cieco.

2. Il compiersi progressivo di quest'opera del Signore, per la quale il cieco ebbe la luce degli occhi, induce a intravvedere qualcosa di grande e di essenziale. Evidentemente il Signore Gesù Cristo poteva - e chi è che può dire: Non poteva? - toccargli gli occhi senza l'impasto di saliva e di fango, e subito rendergli, o piuttosto, dargli la vista. Poteva farlo. Che posso dire: se avesse toccato? Che cosa non potrebbe soltanto per averlo voluto? Mediante la parola che cosa è impossibile alla Parola, non ad una parola qualsiasi, ma a quella che in principio era il Verbo, e il Verbo era Dio. Questo Verbo in principio Dio presso Dio si fece carne per abitare in mezzo a noi 3. Perciò il Verbo camminava visibile nella carne. Mentre la carne era in vista, il Verbo era celato. Ma in precedenza molti Profeti, quali messaggeri di lui, predissero, a distanza di tempo, nel suo Spirito e verità, che egli sarebbe venuto nella carne. Anteriormente molti vennero a dire: Ecco, verrà e verrà tale che in lui ci sarà la remissione dei peccati. Ecco, verrà in molti modi, sotto molte figure, sotto i tanti segni simbolici dei sacrifici, sotto i molteplici veli dei misteri. Niente altro si udiva che: Ecco, verrà. Dopo la sua venuta, subito l'amico dello sposo dall'acqua: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo 4; colui che si prometteva sarebbe venuto, del quale scrisse Mosè, di cui attestano la Legge e i Profeti, per il quale si doveva consacrare il tempio costruito e il sangue di lui è figurato nelle vittime dei sacerdoti: Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Seguì perciò, nel curare questo cieco nato, nel quale era figurato il genere umano, nato cieco; seguì perciò anche il Signore un procedere graduale in quest'uomo da illuminare. Sputò in terra e fece del fango, poi con quello intriso di saliva spalmò gli occhi di lui. La terra sta a significare i Profeti, questa terra, infatti, fu mandata innanzi perché i Profeti che altro sono se non terra? Evidentemente derivati dalla terra, degli uomini ricevettero lo Spirito del Signore ed unsero il popolo di Dio. Lo avvertivano mediante la profezia, ma non lo possedevano ancora.

In Cristo si è realizzata ogni profezia.

3. Ma considera dove fu inviato a lavarsi il volto. Alla piscina di Siloe. Che significa " Siloe "? Opportunamente non lo tacque l'Evangelista: che significa " inviato " 5. Chi è l'inviato se non colui del quale è detto: Ecco l'Agnello di Dio? In lui stesso viene lavato il volto e chi era stato spalmato vede, perché in Cristo Signore si realizzò ogni profezia. Chi non conosce Cristo procede impedito nella vista. E se c'è chi talvolta lo riconosce profeta, è un Giudeo. Perché lo trovi profeta? Va' in Siloe per vedere e conoscere di chi è la saliva che hai su di te. Ma tale procedere graduale usato prima sugli occhi di quest'uomo, ebbe seguito anche nel cuore di lui. Ponete attenzione al modo di condurre l'interrogatorio da parte dei Giudei: Tu che dici di quest'uomo? Dico - rispose - che è un profeta 6. Non aveva ancora lavato in Siloe gli occhi del cuore. Gli occhi in realtà erano già aperti, ma il cuore era ancora impedito. Quando aveva lavato il volto, rispose come potè, in quanto aveva il cuore impedito, non era ancora vedente. Dette ragione e di avere l'impasto - l'aveva cioè il suo cuore - e, invece, di aver avuto già aperti gli occhi del corpo.

Dio ascolta anche i peccatori.

4. Disse anche dell'altro come chi ha la vista impedita e non vede ancora: Noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori 7. Senza motivo quel Publicano si batterebbe il petto se questo fosse vero. Ma perdoniamo questo a lui tuttora impedito, ancora non vedente. Davvero Dio ascolta i peccatori. Sono proprio questi infatti i deboli, i miseri, i poveri: Difendete - egli dice - il debole e l'indigente, fate giustizia al misero e al povero 8. Misero e povero era colui che non osava alzare gli occhi al cielo. Si batté il petto dicendo: Signore, abbi pietà di me peccatore 9. E tornò a casa sua giustificato colui che disse: Abbi pietà di me peccatore. Davvero Dio non ascolta i peccatori? Chi è il debole se non chi è ancora nell'infanzia quanto alla fede? Il pupo, il bambino, il minorenne quando sarà cresciuto e sarà sulle soglie della giovinezza, non è minorenne, ma lo si dice adulto. In realtà, quando avrà raggiunto il venticinquesimo anno di età, è già dichiarato di età legale. Che possiamo fare, fratelli? Se prendiamo a considerare la grandezza dei santi angeli, noi uomini situati sulla terra non siamo forse dei soggetti a tutela? Ma c'è chi dice: In che modo siamo dei minorenni se, anche piccoli, affermiamo: Padre nostro che sei nei cieli 10? Questo avviene perché siamo fanciulli nello spirito e non nella carne. In senso carnale è soggetto a tutela chi è orfano; in senso spirituale è pupillo chi ha per Padre colui che è invisibile. Non saremo più pupilli quando avremo veduto colui che è il nostro Padre.

La fede di chi vede con il cuore.

5. Cerchiamo quindi costui che ha già gli occhi aperti, tuttavia ha la vista del cuore ancora impedita. Pieni di sdegno i Giudei, vinti e per di più smascherati, furenti e accecati contro di lui che vedeva, lo cacciarono fuori. Nel momento in cui lo cacciarono fuori, allora entrò là, da dove i Giudei presenti nella casa di Dio non lo avrebbero potuto cacciar fuori. Quindi, cacciato fuori, trovò nel tempio il Signore che gli parlò - certamente era conosciuto da chi gli aveva reso la vista del corpo, restando coperto il cuore. Ora ha la vista del cuore, ora va a Siloe, perché ora riconosce l'Unigenito inviato -. Tu credi - dice - nel Figlio di Dio? E quello: Chi è, Signore, perché io creda in lui? Come impedito, non ancora vedente. E il Signore: Lo hai visto e colui che parla con te è proprio lui. L'ascolto di queste parole equivale a lavare il volto del cuore. Finalmente quello, lavato già il volto, con la vista del cuore disse: Credo, Signore, e gli si prostrò innanzi, e lo adorò 11. Rivolti al Signore...

1 - 1 Gv 1, 5.

2 - Mt 5, 8.

3 - Gv 1, 1-2. 14.

4 - Gv 1, 29.

5 - Gv 9, 7.

6 - Gv 9, 17.

7 - Gv 9, 31.

8 - Sal 81, 3.

9 - Lc 18, 13-14.

10 - Gv 6, 9.

11 - Gv 9, 34-38.


13 - Si narrano alcune opere di Maria santissima, tra le quali l'in­vio del simbolo della fede ai discepoli e agli altri credenti.

La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda

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222. La prudente Madre era tanto diligente, vigile e sol­lecita nel governo della sua famiglia, la Chiesa , che era proprio la donna forte della quale nei Proverbi si dice che sorveglia l'andamento della casa per non mangiare il pane oziosa. Considerò tutto con pienezza di sapienza e, poi­ché era adornata e vestita della porpora della carità e del candore della sua incomparabile purezza, come non era al­l'oscuro di niente così non trascurava in nessun modo quanto era utile ai suoi. Subito dopo la stesura del sim­bolo apostolico, ne fece di sua mano innumerevoli copie con l'assistenza dei suoi custodi, che la servivano come se­gretari e come messi affinché fossero recapitate senza di­lazione ai discepoli sparsi per la Palestina. Ne spedì alcu­ne per ciascuno, con una lettera particolare nella quale in­vitava a conservarne una e a dare le rimanenti ad altri, e rendeva noto in che maniera quelle definizioni fossero sta­te fissate, avvertendo che dovevano essere insegnate a co­loro che si convertivano, perché le credessero.

223. Dal momento che i cristiani si trovavano in paesi e luoghi diversi, ai più vicini fece pervenire tutto tramite dei loro fratelli, mentre dei più lontani incaricò gli angeli, che a certuni si mostravano. Ciò avveniva nella maggio­ranza dei casi, ma in altri essi lasciavano il plico senza far­si vedere, ispirando nei cuori mirabili effetti che aiutava­no a capire il motivo di tale consegna. Oltre a questo im­pegno personale, comandò ai Dodici di diffondere anch'essi il simbolo, in Gerusalemme e altrove, e di spiegare a tut­ti i membri della comunità che dovevano tenerlo in profon­da venerazione, per gli eccelsi misteri che conteneva e poi­ché era stato disposto dal Signore stesso, che aveva man­dato il Paràclito affinché lo ispirasse ed approvasse. Inol­tre, chiese loro di informare anche di come questo era ac­caduto e del resto che era necessario comunicare, perché ognuno comprendesse che quella fede era unica, invaria­bile e certa, ed andava confessata e annunciata per otte­nere la grazia e la vita beata.

224. Con simili indicazioni e premure la distribuzione del testo fu completata rapidamente, con eccezionale frut­to e consolazione di tutti, giacché, per il fervore che soli­tamente avevano, lo accoglievano con somma devozione. Lo Spirito Santo, che lo aveva ordinato per dare stabilità alla Chiesa, lo accreditò immediatamente con nuovi pro­digi, che venivano compiuti non solo dagli apostoli e dai discepoli, ma anche da altri; a tanti, per la loro riverenza verso di esso, apparve come luce divina che li circondava e li riempiva di scienza e di influssi celesti, e questo ac­cese altri di ardente desiderio di averlo. Ci fu chi, ponen­dolo sugli infermi, i defunti e gli indemoniati, risanava i primi, risuscitava i secondi e liberava gli ultimi. Un gior­no un giudeo incredulo, ascoltando un cattolico che lo sta­va leggendo piamente, si infuriò e avanzò verso di lui per strapparglielo via, ma cadde all'istante morto ai suoi pie­di. A quelli che venivano battezzati, essendo adulti, era in­giunto di professarlo subito, ed allora il Paràclito si ma­nifestava su di essi.

225. Continuava il dono delle lingue, non solo in colo­ro ai quali era stato concesso fin dalla Pentecoste, ma pu­re in altri che lo avevano avuto in seguito e collaboravano nella predicazione e nell'istruzione dei neofiti: se si rivol­gevano contemporaneamente a gente di differenti nazio­nalità, ciascuno li sentiva parlare nel proprio idioma, ben­ché essi si esprimessero soltanto in aramaico; se, poi, am­maestravano alcuni di una stessa provenienza, lo facevano nella lingua di questi. Oltre a tali meraviglie, i Dodici ne facevano parecchie altre, poiché, quando imponevano le mani sui credenti o li confermavano nella fede, costoro ri­cevevano lo Spirito. I miracoli che sua Maestà operò in quegli anni iniziali furono tanti che per scriverli tutti ci sa­rebbe stato bisogno di svariati volumi. Negli Atti Luca ri­porta esclusivamente quelli che convenne annotare affin­ché non fossero totalmente ignorati, asserendo in genera­le che furono molti, perché non potevano essere racchiu­si in una breve narrazione.

226. Allorché conobbi ciò, mi recò grande ammirazio­ne l'immensa generosità dell'Eterno nell'inviare con quella frequenza il Paràclito in maniera palese. Al mio stupore fu risposto che questo permette innanzitutto di dedurre quan­to valore abbia nella sua sapienza e bontà il condurre tut­ti alla partecipazione della sua divinità nella gloria senza fine; dato che per il medesimo scopo il Verbo era disceso fra noi in carne visibile, accessibile e passibile, la terza Per­sona venne spesso in un'altra forma evidente sulla comu­nità primitiva, come era opportuno per impiantarla con sal­dezza e con dimostrazioni del potere dell'Altissimo e del­l'amore che egli ha per essa. In secondo luogo, i meriti del­la passione, uniti all'intercessione e alle suppliche della Ma­dre, erano assai recenti e - per il nostro modo di intende­re - avevano più efficacia presso il Padre; inoltre, non si erano ancora interposti i ripetuti e gravissimi peccati di cui i seguaci del Messia si sono macchiati, mettendo innume­revoli ostacoli ai benefici elargiti ed allo Spirito, a causa dei quali questi ormai non si rivela così familiarmente.

227. Passato un anno dalla crocifissione, per ispirazio­ne celeste gli apostoli presero la risoluzione di andare nel mondo intero, perché era giunto il momento di proclama­re ai popoli il nome del Signore e di additare la via della salvezza. Per avere notizia della ripartizione delle province e dei regni che dovevano essere assegnati ad ognuno, per consiglio della Vergine deliberarono di astenersi dal cibo e pregare per dieci giorni. Avevano conservato tale abitudine per le decisioni più difficili da quando, dopo l'ascensione, avevano perseverato nell'orazione e nel digiuno per dispor­si ad accogliere il Paràclito. Effettuati i suddetti esercizi, al termine del tempo concordato il vicario di Cristo celebrò la Messa e comunicò loro e Maria purissima, come in oc­casione della definizione del simbolo; poi, stettero tutti in profondo raccoglimento, invocando lo Spirito affinché li as­sistesse e aprisse loro il suo santo beneplacito.

228. Quindi, Pietro li esortò: «Carissimi fratelli, pro­striamoci insieme al cospetto dell'Onnipotente. Confessiamo con tutti noi stessi, con somma venerazione, che Ge­sù è vero Dio e nostro redentore, e professiamo la fede con il credo che ci è stato dato, dichiarandoci decisi ad aderi­re ai suoi decreti». Lo fecero e ad alta voce aggiunsero: «Supremo sovrano, noi, vili vermiciattoli e poveri uomini, che il vostro Unigenito per la benignità della sua clemen­za ha scelto come ministri per trasmettere il suo messag­gio e la sua legge e per edificare ovunque la Chiesa , ci in­chiniamo alla vostra presenza con un cuor solo e un'ani­ma sola. Siamo pronti al dolore e al sacrificio della vita per compiere il vostro volere testimoniando il Vangelo in tutta la terra come ci è stato ordinato. Non indietreggia­mo davanti ad alcuna fatica, tribolazione o sofferenza che sarà necessario sopportare per questo, fino a versare il san­gue. Diffidando, però, della nostra fragilità, vi imploriamo di mandare su di noi il vostro Spirito, che ci governi e in­dirizzi i nostri passi nel retto cammino e nell'imitazione del nostro Maestro, ci vesta di nuova fortezza ed ora ci in­dichi verso quali zone vi è più gradito che ciascuno di noi si diriga, per portarvi il buon annuncio».

229. Quando ebbero affermato questo, venne sul cena­colo un bagliore mirabile, che li circondò tutti, e si sentì una voce che diceva: «Il mio vicario dia ad ognuno la sua destinazione; io lo reggerò e sosterrò con la mia luce e con il mio Spirito». Sua Maestà gli affidò tale incarico per con­fermare ancora una volta l'autorità di capo e pastore uni­versale che gli aveva conferito, e affinché gli altri capisse­ro che dappertutto dovevano fondare la Chiesa sotto l'ob­bedienza di lui e dei successori, suoi rappresentanti; così compresero tutti e mi è stato svelato che questa fu la vo­lontà superna. Per eseguirla egli, appena ebbe udito quelle parole, cominciò a distribuire i regni: «O Eterno, mi offro di patire e morire seguendo il mio Salvatore e predicando il suo nome. Per adesso, ciò avvenga in Gerusalemme, quin­di nel Ponto, nella Galazia, nella Bitinia, nella Cappadòcia e nelle province dell'Asia. Fisserò la mia residenza prima ad Antiochia e poi a Roma, dove stabilirò la cattedra di Cri­sto perché lì stia la guida della comunità ecclesiale». Gli era stato comandato, infatti, di eleggere quella come sede e capitale della Chiesa universale; altrimenti non avrebbe determinato da solo una cosa tanto ardua ed importante.

230. Continuò: «Il servo di Cristo e nostro fratello ca­rissimo Andrea lo seguirà predicando nella Scizia europea, in Epiro e in Tracia; da Patrasso in Acaia governerà tutta quell'area e il resto che a lui spetta, per quanto potrà. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Giacomo il Mag­giore lo seguirà predicando in Giudea, in Samaria e in Spa­gna, da dove tornerà a insegnarne qui la dottrina. Il ca­rissimo fratello Giovanni esaudirà il desiderio che il Si­gnore gli manifestò dalla croce: adempirà il compito di fi­glio verso la nostra grande Regina, servendola con rive­renza e fedeltà e amministrandole il Santissimo Sacra­mento dell'eucaristia; in nostra assenza avrà anche cura dei devoti di questa città. Quando costei sarà sollevata al cielo da Gesù, egli lo seguirà predicando in Asia minore e si preoccuperà di quelle Chiese dall'isola di Patmos, nella quale si recherà a motivo della persecuzione. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Tommaso lo seguirà pre­dicando in India, in Persia, tra i Parti, i Medi, gli Ircani, i Bramani e nella Battriana; battezzerà i tre re Magi e li informerà di tutto, poiché essi sono in attesa di ciò ed an­dranno in cerca di lui per la fama dei suoi discorsi e dei suoi miracoli. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Giacomo lo seguirà come vescovo e pastore di Gerusa­lemme, dove predicherà ai giudei e aiuterà Giovanni nel­l'accudire Maria. Il servo di Cristo e nostro fratello caris­simo Filippo lo seguirà predicando e portando la lieta no­vella nella Frigia e nella Scizia asiatica, e nella città chia­mata Ieropoli di Frigia. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Bartolomeo lo seguirà predicando nella Licaonia, in parte della Cappadòcia in Asia, e quindi nell'India citeriore e nell'Armenia minore. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Matteo prima convertirà gli ebrei e poi lo seguirà passando a predicare in Egitto e in Etiopia. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Simone lo se­guirà predicando a Babilonia, in Persia ed anche nel re­gno d'Egitto. Il servo di Cristo e nostro fratello carissimo Giuda Taddeo lo seguirà predicando in Mesopotamia e poi si unirà a Simone a Babilonia e in Persia. Il servo di Cri­sto e nostro fratello carissimo Mattia lo seguirà predican­do nell'interno dell'Etiopia e in Arabia; da lì, rientrerà in Palestina. Lo Spirito dell'Altissimo ci accompagni tutti e ci assista, perché in ogni luogo e tempo facciamo il suo per­fetto volere, e per ora ci dia la sua benedizione, che io in suo nome vi impartisco».

231. Appena Pietro ebbe terminato di parlare, ci fu un tuono assordante e la stanza si riempì di splendore, come della presenza del Paràclito. In mezzo a questo fulgore si intese una voce soave e potente, che proclamò: «Ciascuno accetti la sorte che gli è toccata». Allora, si prostrarono a terra e tutti insieme esclamarono: «Maestro, obbediamo con prontezza e gioia a voi e al vostro vicario; il nostro in­timo è giubilante e colmo della vostra dolcezza tra simili meraviglie». Questo abbandono e questa docilità, benché effetto dell'ardente carità con la quale bramavano di mo­rire per la fede, in tale occasione li dispose affinché ve­nisse di nuovo su di essi lo Spirito del Padre, conferman­do loro i favori elargiti ed arricchendoli di altri. Ebbero più profonda cognizione di tutte le zone che erano state assegnate e ognuno apprese l'indole, le caratteristiche e i costumi degli abitanti di quelle che gli competevano, non­ché la loro localizzazione, tanto esattamente come se aves­sero avuto scritta in sé una carta geografica molto chiara e particolareggiata. Ricevettero una singolare dote di for­tezza per le fatiche e di agilità per i viaggi, anche se in essi li avrebbero soccorsi spesso i ministri superni. Furono accesi interiormente come serafini dalla fiamma dell'amo­re divino ed elevati al di sopra della condizione naturale.

232. La Vergine era lì e le era palese quanto il potere dell'Eterno realizzasse in essi e in lei stessa. Partecipò de­gli influssi celesti più che tutti loro insieme, perché era im­mensamente superiore ad ogni creatura e l'aumento dei suoi doni doveva essere proporzionato e trascendere sen­za misura quello degli altri. Nel suo purissimo animo fu rinnovata la scienza infusa di tutti gli esseri, e specialmente delle nazioni in cui essi erano inviati. Penetrò ciò che in­tendevano, e meglio di loro, poiché conobbe individual­mente tutte le persone alle quali avrebbero dovuto tra­smettere l'annuncio, che le erano note come il suo orato­rio e chi vi si introduceva.

233. Questa sapienza era propria della suprema Ma­dre, maestra, governatrice e signora della Chiesa, che le era stata affidata, come già si è affermato e anche in se­guito sarà conveniente ripetere. Aveva il compito di pren­dersi cura di ciascuno, dal più grande al più piccolo nel­la santità, e dei miseri peccatori figli di Eva. Se non si doveva ottenere niente dalle mani del suo Unigenito sen­za che passasse dalle sue, era necessario che la fedelissi­ma dispensatrice della grazia fosse informata di tutti quel­li della sua casa, della cui salute bisognava che si preoc­cupasse come madre, e quale madre! Ed ella non aveva solo scienza infusa di quello che ho detto, ma anche co­noscenza attuale mentre gli apostoli e i discepoli diffon­devano la loro testimonianza. Le venivano, infatti, mo­strati i loro affanni, nonché le minacce e le trame che il demonio ordiva per ostacolarli, come pure le preghiere che essi e gli altri innalzavano perché li sostenesse o con le sue o per mezzo dei custodi o da se stessa, giacché lo faceva in tutte queste maniere, come rileveremo in pa­recchi episodi.

234. Qui voglio solamente avvertire che Maria, oltre che tramite le immagini o specie di ogni cosa, era illuminata su tutto anche in Dio, del quale aveva una continua visio­ne astrattiva. Tra le due vie, però, c'era una differenza: os­servando in lui le tribolazioni dei fedeli, dato che quella contemplazione la faceva traboccare di gaudio e parteci­pare in qualche modo della beatitudine, non sentiva dolo­re e pietà come quando le ponderava in se stesse, perché in questo caso ne era intensamente colpita e piangeva con materna compassione. Affinché non le mancasse tale me­rito ed eccellenza, le fu concessa tutta questa luce nel pe­riodo in cui fu viatrice. Insieme a quella pienezza di spe­cie, possedeva il dominio delle sue facoltà per non lascia­re spazio ad altre immagini al di fuori di quante erano in­dispensabili per le esigenze dell'esistenza o per delle azio­ni caritatevoli o virtuose. Per questo ornamento e con que­sta bellezza, evidente agli angeli e agli eletti, era oggetto per loro di ammirazione e di inni, con i quali celebravano l'Altissimo per avere impiegato così degnamente tutti i suoi attributi nella clemente Regina.

235. In tale circostanza, ella fece un'efficacissima sup­plica per la perseveranza e il coraggio dei Dodici nel co­municare la buona novella al mondo intero, e il Signore le promise che li avrebbe difesi e assistiti per manifestare in loro e attraverso di loro la sua gloria, premiandoli alla fine con un'adeguata retribuzione. Fu riempita di giubilo e di gratitudine da questa assicurazione e li esortò ad es­serne riconoscenti di tutto cuore e ad andare allegri e con­fidenti a convertire i popoli. Rivolgendo loro molte altre soavi parole di vita, postasi in ginocchio, in nome di Cri­sto si congratulò con tutti per l'obbedienza di cui avevano dato prova e li ringraziò per tanto zelo della sua esalta­zione e a vantaggio delle anime, all'evangelizzazione delle quali si sacrificavano. Baciò la mano ad ognuno, garan­tendo la sua intercessione e la sua sollecitudine; quindi, come al solito, domandò la benedizione e tutti, come sa­cerdoti, gliela dettero.

236. Pochi giorni dopo questa suddivisione, iniziarono ad uscire da Gerusalemme, in particolare coloro ai quali spettavano le province della Palestina, a cominciare da san Giacomo il Maggiore. Altri restarono più a lungo in città, perché sua Maestà desiderava che lì si predicasse con più forza ed abbondanza e che i giudei fossero chiamati ed in­vitati per primi alle nozze, se volevano prender parte ad esse'; nel beneficio della redenzione, infatti, Israele fu più favorito dei pagani, benché più ingrato. Finalmente, si av­viarono gli uni dopo gli altri ai regni che erano toccati lo­ro, secondo quello che richiedevano i tempi e le opportu­nità, regolandosi in ciò con la direzione dello Spirito, con il suggerimento della Principessa e con il comando di Pie­tro. Al momento della partenza visitavano i luoghi santi: l'orto, il calvario, il sepolcro, il monte dell'ascensione, Be­tania e gli altri, per quanto era possibile; li onoravano tut­ti con mirabile rispetto e con gemiti, riverendo la terra che Gesù aveva calpestato. Poi, si recavano al cenacolo e lo ve­neravano per i misteri che vi erano stati operati. Infine, si licenziavano dalla grande Signora, raccomandandosi di nuovo alla sua protezione, ed ella li salutava con espres­sioni dolcissime e colme di effetti divini.

237. Fu straordinaria la sua premura nel congedarli co­me una vera madre i suoi figli. Per ciascuno di loro tessé una tunica simile a quella del nostro Maestro, di colore tra il viola cupo e il grigio cenere, avvalendosi dei ministri su­perni; con questa attenzione, mandò gli apostoli vestiti sen­za distinzione e come lui, perché volle che anche nell'abi­to lo imitassero e fossero ravvisati come suoi seguaci. Fe­ce, inoltre, delle croci con aste della loro altezza e dette a ognuno la sua, affinché la tenesse nel peregrinare, sia in testimonianza di quello che proclamava sia come consola­zione nei travagli; tutti le conservarono e portarono sino alla morte. Dalle tante lodi che essi rendevano alla croce alcuni tiranni trassero il motivo per martirizzare su di es­sa quelli tra loro che felicemente perirono in tal modo.

238. La pietosa Vergine lavorò per ciascuno una picco­la cassettina di ottone con tre spine della corona del suo Unigenito e con alcuni pezzetti dei panni nei quali lo ave­va avvolto quando era bambino e di quelli con i quali ave­va raccolto il suo preziosissimo sangue sparso nella cir­concisione e nella passione. Li custodiva con sommo osse­quio, come madre e depositaria dei beni del cielo. Per do­narli loro, li convocò tutti insieme e parlò con solennità re­gale e con delicata benignità, dicendo che quello che con­segnava era il maggiore tesoro che aveva per arricchirli e accomiatarli; avrebbero, infatti, avuto con sé la memoria viva del Messia e un'attestazione certa di quanto egli li amas­se come figli e come servitori dell'Onnipotente. Con questo discorso li affidò loro ed essi li ricevettero con sospiri di de­vozione e di gaudio, la magnificarono per tale liberalità e si posero in adorazione davanti a quelle sacre reliquie. Quindi, abbracciandosi, si augurarono un buon viaggio. Per primo se ne andò Giacomo, che dette inizio alla missione.

239. In base a ciò che mi è stato fatto comprendere, però, essi non annunciarono il lieto messaggio solo nelle zone che erano state distribuite in tale occasione, ma an­che in molte altre, vicine a quelle o più remote. Non è dif­ficile afferrarlo, dato che spesso erano trasportati dagli an­geli da una parte all'altra, e non solo per evangelizzare, ma anche per consultarsi fra loro, e soprattutto con il vicario di Cristo; ancora più frequentemente erano condotti alla presenza di Maria, del cui soccorso e consiglio avevano bi­sogno nell'ardua impresa di fondare la fede tra nazioni co­sì diverse e tanto barbare. Se per somministrare il cibo a Daniele l'angelo trasportò il profeta Abacuc in Babilonia', non è sorprendente che questo prodigio avvenisse per i Do­dici e che essi fossero trasferiti dove era necessario mani­festare sua Maestà, far conoscere l'Eterno e stabilire la Chiesa universale per la salvezza di tutti. Ho già fatto men­zione di quando Filippo, uno dei settantadue, con l'inter­vento dell'inviato del Signore dalla strada per Gaza si ri­trovò ad Azoto, come riferisce Luca. Questi miracoli, ed innumerevoli altri di cui siamo all'oscuro, furono conve­nienti per disseminare alcuni uomini sprovveduti in tante province, che, allorché il Verbo incarnato venne a redime­re il mondo, erano tutte possedute dal demonio e piene di idolatrie, errori e abominazioni.

 

Insegnamento della Regina del cielo

240. Mia diletta, in questo capitolo ti esorto a piange­re amaramente con intimi lamenti, con gemiti e con la­crime di sangue la differenza tra lo stato attuale della co­munità ecclesiale e quello che ebbe al suo sorgere, con­statando come si è annerito l'oro purissimo della santità e come è cambiato il suo sano colore, poiché essa ha smar­rito l'antica bellezza nella quale fu eretta e cerca altri ab­bellimenti e tinte estranee ed ingannevoli per coprire la bruttezza e la confusione dei vizi, che la tengono tanto pe­nosamente ottenebrata e colma di terribile orrore. Affin­ché questa verità penetri sin dal suo principio e basamen­to, occorre che rinnovi in te stessa la luce che ti è stata infusa, per renderti conto del vigore con cui l'Altissimo si inclina a trasmettere la sua bontà e le sue perfezioni alle creature. È così veemente l'impeto con il quale diffonde la sua corrente nelle anime che può arrestarlo soltanto la vo­lontà umana, che lo deve accogliere con il libero arbitrio da lui concessole a tal fine e, se con esso resiste ai suoi influssi, gli fa violenza - a tuo modo di intendere -, con­tristandone l'infinita tenerezza nella generosissima natura. Se egli non incontrasse ostacoli e potesse agire con la sua efficacia, inonderebbe e riempirebbe tutti della partecipa­zione dei suoi attributi, solleverebbe dalla polvere i cadu­ti, farebbe ricchi i poveri discendenti di Adamo, li innal­zerebbe dalle loro miserie e li collocherebbe con i princi­pi nella sua gloria.

241. Da ciò, carissima, capirai due cose che l'intelli­genza terrena ignora. La prima è il servizio e il compiaci­mento che danno al sommo Bene coloro che, con ardente zelo del suo onore e con impegno e sollecitudine, lo aiu­tano a rimuovere l'intralcio che molti hanno messo con le proprie mani al venire giustificati e all'effusione di tante elargizioni quante sono quelle possibili alla sua immensa magnanimità e che egli desidera per loro. Nell'esistenza pe­ritura non si può ponderare la gioia che gli offrono con una simile collaborazione. Per questo è sublime il compi­to degli apostoli, dei sacerdoti e dei predicatori, i quali, su­bentrando a chi ha edificato la Chiesa , si affaticano per la sua dilatazione e conservazione; infatti, tutti devono esse­re cooperatori ed esecutori del suo sconfinato amore per coloro che ha plasmato per comunicare ad essi la sua di­vinità. La seconda cosa su cui riflettere è la larghezza ed abbondanza dei benefici che il suo potere illimitato pro­digherà a quanti non pongono impedimento. Egli palesò fin dall'inizio tale verità ai suoi, affinché per gli altri che poi si sarebbero uniti a loro rimanesse testimoniata con le tante meraviglie che compì inviando così frequentemente lo Spirito con segni visibili, con i prodigi di cui hai scrit­to che furono fatti dai fedeli, con il "Credo" e con altri fa­vori nascosti che questi ricevevano da lui.

242. Quelli nei quali rifulse di più la sua benignità e grandezza, però, furono i Dodici e i discepoli, perché in loro non c'era niente che trattenesse l'inalterabile volere di Dio ed essi furono autentici strumenti della sua carità, imi­tatori e successori di Gesù e suoi seguaci: perciò furono sollevati ad un'ineffabile partecipazione dei suoi attributi, in particolare della scienza, della santità e dell'onnipoten­za, con i quali facevano per se stessi e per gli altri mira­coli tali che i mortali non possono magnificarli come con­viene. Dopo nacquero al loro posto altri figli della Chiesa' e in essi la sapienza superna si trasmise di generazione in generazione con i suoi effetti. Tralasciando adesso i mol­tissimi martiri, che sparsero il loro sangue per il Vangelo, considera i fondatori degli ordini religiosi e gli eminenti santi che in essi sono fioriti, i dottori, i vescovi, i prelati e gli uomini apostolici, nei quali la benevolenza e la forza dell'Eterno si rivelarono tanto, affinché nessuno avesse scu­se se in essi, ministri della salute degli altri, e nei restan­ti devoti egli non avesse realizzato i portenti che aveva fat­to allora e continuava in chi riscontrava adeguato.

243. Perché sia maggiore la confusione dei cattivi sa­cerdoti presenti oggi, devi essere informata che nei decre­ti immutabili con cui il supremo Re determinò di comu­nicare i suoi tesori inesauribili in primo luogo li indirizzò ai prelati e ai dispensatori della sua parola; dunque, per quanto dipendeva dalla sua volontà, sarebbero stati tutti irreprensibili, più somiglianti ad angeli che ad esseri uma­ni, avrebbero goduto di privilegi ed esenzioni di natura e di grazia tra gli altri viventi e con questi singolari doni si sarebbero resi suoi servi idonei, se non avessero perverti­to l'ordine della sua eccelsa provvidenza e avessero corri­sposto alla dignità alla quale erano stati chiamati ed elet­ti fra tutti. Questa incommensurabile pietà è sempre la me­desima che nella comunità primitiva, l'inclinazione dell'Al­tissimo ad arricchirci non è cambiata né ciò è concepibi­le, la sua generosità non è diminuita, l'affetto verso i suoi è lo stesso, la misericordia è ugualmente rivolta alle mise­rie e queste ora sono senza misura, i gemiti delle pecorel­le del Salvatore sono arrivati al culmine, i ministri ordi­nati non sono mai stati tanti. Dunque, se le cose stanno così, a chi si deve attribuire la perdita di innumerevoli ani­me, la rovina della cristianità, il fatto che i pagani non so­lo non entrino nella Chiesa, ma la tengano tanto afflitta ed amareggiata, e che il clero non risplenda come nei secoli passati, né sua Maestà in esso?

244. Carissima, ti invito a versare lacrime su questa de­solazione: pensa alle pietre del santuario disperse nelle piaz­ze delle città; guarda come i sacerdoti sono divenuti simili al popolo, mentre lo dovrebbero rendere santo e confor­me ad essi. La loro elevata condizione e le sue preziose ve­sti di virtù sono infangate per il contagio con i mondani; gli unti del Signore, consacrati solo per il suo culto, sono decaduti dalla loro nobiltà, che li avvicina a lui; hanno per­so il proprio decoro per abbassarsi ad azioni vili, non con­facenti alla loro sublime eccellenza. Affettano la vanità, van­no dietro all'avidità e all'avarizia, sono dominati dall'inte­resse, amano il denaro, pongono la speranza nell'oro e nel­l'argento, si assoggettano ad adulare ed ossequiare persone frivole e potenti; e, ciò che conta di più, si sottomettono addirittura alla bassezza delle donne e talvolta si fanno par­tecipi delle congreghe e dei consigli di malvagità. Nel gregge del Redentore c'è appena chi riconosca in essi la voce del pastore o ritrovi il rigoglioso pascolo e il nutrimento della perfezione, della quale dovrebbero essere maestri. I bambini chiedono il pane e non c'è chi lo distribuisca lo­ro. E, quando lo si fa per il compenso o per mera ceri­monia, come la mano, piena di lebbra, darà alimento sa­lutare al bisognoso e all'infermo? Come il sovrano medico affiderà ad essa il rimedio in cui consiste la vita? Se colo­ro che devono essere intercessori e mediatori si sono mac­chiati di colpe gravi, come otterranno clemenza per i re­sponsabili di altre minori o pari ad esse?

245. Queste sono le cause per le quali i presbiteri dei nostri giorni non fanno quanto compirono i Dodici e i pri­mi discepoli, nonché gli altri che si comportarono nella stessa maniera con ardente zelo dell'esaltazione di Gesù e della conversione dei fratelli. I tesori della passione, che egli lasciò ai suoi, non sono guadagnati né da loro né dal resto dell'umanità; infatti, se essi stessi li disdegnano e omettono di trarne vantaggio per sé, come avranno cura di amministrarli agli altri figli di questa famiglia? Perciò adesso gli infedeli non aderiscono come allora al Vangelo, benché abbiano di fronte principi ecclesiastici e predica­tori. La Chiesa è più dotata che mai di risorse temporali e di possessi, è traboccante di uomini dotti per la scienza acquisita, di grandi prelature e di abbondanti dignità. Do­vendosi confessare che questi favori provengono dal san­gue dell'Unigenito, tutto si dovrebbe orientare al suo ser­vizio e alla sua venerazione adoperandosi nel diffondere la lieta novella, nel sostenere i suoi poveri e nel far brillare il sacro culto e l'adorazione del suo nome.

246. Se si faccia o meno così, lo dicano pure gli schia­vi che si riscattano con le rendite della Chiesa, coloro che abbracciano la fede, le eresie che si estirpano e la quan­tità di averi che si utilizzano a tale scopo; lo dicano an­cora i palazzi che con essi si sono fabbricati, i maggiora­schi che si sono fondati, le torri di vento che si sono in­nalzate e, quello che è più deplorevole, gli usi profani e as­solutamente turpi in cui molti li consumano, disonorando il sommo sacerdote Cristo e stando tanto distanti dall'imi­tazione di lui e degli apostoli ai quali sono succeduti quan­to la gente più terrena. Se l'annuncio dei ministri della di­vina parola si vede morto e senza efficacia per edificare chi ode, ciò non va imputato alla veridicità e all'insegna­mento della Scrittura, ma al cattivo impiego di essa per la loro distorta intenzione. Cambiano il fine della gloria del Salvatore con il prestigio e la sterile considerazione di se stessi, e il bene spirituale con la meschina attrattiva dello stipendio; e, ove si siano conseguite le due cose, non si preoccupano di altro risultato. Per questo, tolgono alla sa­na dottrina la sincerità e la purezza, e talora anche l'au­tenticità con cui la redassero gli autori e la spiegarono i dottori, riducendola a sottigliezze del proprio ingegno, che provocano più ammirazione e piacere che profitto agli ascoltatori. Siccome arriva adulterata alle orecchie dei pec­catori, questi la comprendono più come frutto dell'intelli­genza di chi la proclama che della carità del Signore, per cui non porta con sé forza per penetrare i cuori.

247. O carissima, non devi stupirti che in castigo di si­mili vanità e abusi, e di altri che il mondo non ignora, la giustizia di Dio abbia abbandonato tanto i prelati, i mini­stri e i predicatori, e che la Chiesa cattolica sia oggi in uno stato così abietto, avendone avuto uno così sublime ai suoi inizi. Se taluni non sono inviluppati in vizi a tal punto de­precabili, questo è un beneficio da ritenere speciale in un periodo in cui sua Maestà è pesantemente offeso e disob­bligato da tutti. Verso costoro egli è liberalissimo, ma so­no assai rari, come è testimoniato dalla rovina del popolo dei battezzati e dal disprezzo in cui il clero è caduto; in­fatti, se i perfetti e gli zelatori delle anime fossero nume­rosi, indubbiamente i rei si emenderebbero e riformereb­bero, parecchi diverrebbero cristiani, tutti li rispetterebbe­ro e starebbero a sentire con riverenza e timore, stiman­doli per la loro dignità e santità, e non per l'autorità e per il fasto con il quale si procurano un ossequio che deve chiamarsi piuttosto plauso mondano e senza utilità. Non intimidirti e non scoraggiarti per aver raccontato tutto que­sto, poiché essi stessi sanno che è vero; e tu non lo fai di tua volontà, ma per obbedire a me, per piangere tanta di­sgrazia ed invitare il cielo e la terra ad aiutarti in ciò, giac­ché sono pochi quelli che lo fanno e questa è la maggio­re ingiuria che il tuo Maestro riceve dai credenti.


«Sono amore, mi do in amore, chiedo amore»

Beata Alexandrina Maria da Costa


Quanto è afflitta la mia anima! Nascondo la mia agonia. I miei sfoghi più prolungati sono con Gesù e Mammina. Quei Cuori amorosi comprendono bene quanto soffro; vedono le spine e i pugnali che attorniano e trapassano il cuore; sanno le mie intenzioni; sanno che è per amore, solo per amore Loro e per le anime.

Povera me, se il mondo fosse il mio giudice! Soffro in silenzio, nascondo il più possibile il mio dolore e lo faccio per amore. Soffro sotto tutti gli aspetti; soffro e scopro che mi lamen­to: ho scrupolo a dire ciò che soffro. Soffro e temo la soffe­renza; mi spaventa; sento di non poter sopportare il minimo aumento di martirio.

Attorno a me tutto è dolore: sono come se fossi sola in mezzo al mondo che mi martirizza. Approfitto anche dei più piccoli sacrifici per offrirli a Gesù per varie intenzioni e per il buon esito della missione che si sta svolgendo [in parrocchia].

... - Dammi forza, o Gesù; voglio soffrire tutto, non sol­tanto per consolarti, per salvare le anime, ma per il mondo intero e perché si converta tutta la mia parrocchia, incomin­ciando da me ... - (diario, 2-11-1951).

...Ieri abbracciai l'Orto o Qualcuno lo abbracciò nel mio cuore: fu un abbraccio eterno.

Gesù, con la sua Luce, mi fece vedere e comprendere che era il Suo abbraccio con le anime, che era la sua Vita eterna di amore con loro. Lo stesso abbraccio è avvenuto oggi sul Calvario e la stessa luce mi ha fatto vedere e comprendere che soltanto at­traverso l'Orto e il Calvario avremmo potuto avere il Cielo, avremmo potuto vivere eternamente nell'amore divino. Gesù mi ha fatto sentire l'unione delle anime con Lui in cielo e l'infinito amore delle anime con Lui. Che unione in­dicibile! Che amore inesprimibile!

... - Io sono amore, mi do tutto in amore e chiedo amore. Sono amore perché amo; mi do in amore perché sono soltanto amore; chiedo amore perché voglio essere amato. Amatemi, amatemi, o cuori puri, e fate che lo sia amato. Ho sete, ho sete e sono così pochi coloro che vogliono amarmi. Voglio essere amato e voglio che le anime Mi posseggano interamente. Lavorate, lavorate, amati dal mio Cuore. Conducete a Me mi­lioni di anime, tutte le anime... - ... (diario, 9-11-1951).