Sotto il Tuo Manto

Martedi, 3 giugno 2025 - San Carlo Lwanga (Letture di oggi)

Oggi contempliamo il Cristo Re. Per noi la regalità  consiste nel dominio, potere, autorità , invece per Gesù nel servire, amare e nel dono di sé. Il Regno di Gesù non si manifesta in segni grandiosi. Quindi non cercarlo nelle grandi occasioni, bensì nella normalità . Cercalo nella carità  e lo troverai nella tua quotidianità  e nella vita semplice e nascosta. Sai, la tua piccola vita è legata all'eternità . Ogni tuo gesto di carità  è più grande di quello che sembra, e ti sarà  propizio nel giorno di Giudizio. Inutile cercare un varco per sfuggire alla tremenda serietà  di quel giorno senza ritorno. Ti salverà  la carità . (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 6° settimana del Tempo di Pasqua

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 11

1Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli".2Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite:

Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
4e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione".

5Poi aggiunse: "Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani,6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti;7e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli;8vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.

9Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.10Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?13Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!".

14Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate.15Ma alcuni dissero: "È in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni".16Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.17Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: "Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra.18Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl.19Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici.20Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.
21Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro.22Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.

23Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.

24Quando lo spirito immondo esce dall'uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito.25Venuto, la trova spazzata e adorna.26Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell'uomo diventa peggiore della prima".

27Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!".28Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!".

29Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona.30Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione.31La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui.32Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui.

33Nessuno accende una lucerna e la mette in luogo nascosto o sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché quanti entrano vedano la luce.34La lucerna del tuo corpo è l'occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre.35Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra.36Se il tuo corpo è tutto luminoso senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore".


37Dopo che ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola.38Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.39Allora il Signore gli disse: "Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità.40Stolti! Colui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'interno?41Piuttosto date in elemosina quel che c'è dentro, ed ecco, tutto per voi sarà mondo.42Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre.43Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze.44Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo".
45Uno dei dottori della legge intervenne: "Maestro, dicendo questo, offendi anche noi".46Egli rispose: "Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!47Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi.48Così voi date testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri.49Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno;50perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo,51dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.52Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l'avete impedito".
53Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti,54tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.


Primo libro di Samuele 4

1ae la parola di Samuele giunse a tutto Israele [c. 3]1bLa parola di Samuele si rivolse a tutto Israele.
In quei giorni i Filistei si radunarono per combattere contro Israele. Allora Israele scese in campo a dar battaglia ai Filistei. Essi si accamparono presso Eben-Ezer mentre i Filistei s'erano accampati in Afèk.2I Filistei si schierarono per attaccare Israele e la battaglia divampò, ma Israele ebbe la peggio di fronte ai Filistei e caddero sul campo, delle loro schiere, circa quattromila uomini.
3Quando il popolo fu rientrato nell'accampamento, gli anziani d'Israele si chiesero: "Perché ci ha percossi oggi il Signore di fronte ai Filistei? Andiamo a prenderci l'arca del Signore a Silo, perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici".4Il popolo mandò subito a Silo a prelevare l'arca del Dio degli eserciti che siede sui cherubini: c'erano con l'arca di Dio i due figli di Eli, Cofni e Pìncas.5Non appena l'arca del Signore giunse all'accampamento, gli Israeliti elevarono un urlo così forte che ne tremò la terra.6Anche i Filistei udirono l'eco di quell'urlo e dissero: "Che significa il risuonare di quest'urlo così forte nell'accampamento degli Ebrei?". Poi vennero a sapere che era arrivata nel loro campo l'arca del Signore.7I Filistei ne ebbero timore e si dicevano: "È venuto il loro Dio nel loro campo!", ed esclamavano: "Guai a noi, perché non è stato così né ieri né prima.8Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti? Queste divinità hanno colpito con ogni piaga l'Egitto nel deserto.9Risvegliate il coraggio e siate uomini, o Filistei, altrimenti sarete schiavi degli Ebrei, come essi sono stati vostri schiavi. Siate uomini dunque e combattete!".10Quindi i Filistei attaccarono battaglia, Israele fu sconfitto e ciascuno fu costretto a fuggire nella sua tenda. La strage fu molto grande: dalla parte d'Israele caddero tremila fanti.11In più l'arca di Dio fu presa e i due figli di Eli, Cofni e Pìncas, morirono.
12Uno della tribù di Beniamino fuggì dalle file e venne a Silo il giorno stesso, con le vesti stracciate e polvere sul capo.13Mentre giungeva, ecco Eli stava sul sedile presso la porta e scrutava la strada di Mizpa, perché aveva il cuore in ansia per l'arca di Dio. Venne dunque l'uomo e diede l'annuncio in città e tutta la città alzò lamenti.14Eli, sentendo il rumore delle grida, si chiese: "Che sarà questo grido di tumulto?". Intanto l'uomo si avanzò in gran fretta e narrò a Eli ogni cosa.15Eli era vecchio di novantotto anni, aveva gli occhi rigidi e non poteva più vedere.16Disse dunque quell'uomo a Eli: "Sono giunto dal campo. Sono fuggito oggi dalle schiere dei combattenti". Eli domandò: "Che è dunque accaduto, figlio mio?".17Rispose il messaggero: "Israele è fuggito davanti ai Filistei e nel popolo v'è stata grande strage; inoltre i tuoi due figli Cofni e Pìncas sono morti e l'arca di Dio è stata presa!".18Appena ebbe accennato all'arca di Dio, Eli cadde all'indietro dal sedile sul lato della porta, batté la nuca e morì, perché era vecchio e pesante. Egli aveva giudicato Israele per quarant'anni.
19La nuora di lui, moglie di Pìncas, incinta e prossima al parto, quando sentì la notizia che era stata presa l'arca di Dio e che erano morti il suocero e il marito, s'accosciò e partorì, colta dalle doglie.20Mentre era sul punto di morire, le dicevano quelle che le stavano attorno: "Non temere, hai partorito un figlio". Ma essa non rispose e non ne fece caso.21Ma chiamò il bambino Icabod, cioè: "Se n'è andata lungi da Israele la gloria!" riferendosi alla cattura dell'arca di Dio e al suocero e al marito.22La donna disse: "Se n'è andata lungi da Israele la gloria", perché era stata presa l'arca di Dio.


Proverbi 16

1All'uomo appartengono i progetti della mente,
ma dal Signore viene la risposta.
2Tutte le vie dell'uomo sembrano pure ai suoi occhi,
ma chi scruta gli spiriti è il Signore.
3Affida al Signore la tua attività
e i tuoi progetti riusciranno.
4Il Signore ha fatto tutto per un fine,
anche l'empio per il giorno della sventura.
5È un abominio per il Signore ogni cuore superbo,
certamente non resterà impunito.
6Con la bontà e la fedeltà si espia la colpa,
con il timore del Signore si evita il male.
7Quando il Signore si compiace della condotta di un uomo,
riconcilia con lui anche i suoi nemici.
8Poco con onestà è meglio
di molte rendite senza giustizia.
9La mente dell'uomo pensa molto alla sua via,
ma il Signore dirige i suoi passi.
10Un oracolo è sulle labbra del re,
in giudizio la sua bocca non sbaglia.
11La stadera e le bilance giuste appartengono al Signore,
sono opera sua tutti i pesi del sacchetto.
12È in abominio ai re commettere un'azione iniqua,
poiché il trono si consolida con la giustizia.
13Delle labbra giuste si compiace il re
e ama chi parla con rettitudine.
14L'ira del re è messaggera di morte,
ma l'uomo saggio la placherà.
15Nello splendore del volto del re è la vita,
il suo favore è come nube di primavera.
16È molto meglio possedere la sapienza che l'oro,
il possesso dell'intelligenza è preferibile all'argento.
17La strada degli uomini retti è evitare il male,
conserva la vita chi controlla la sua via.
18Prima della rovina viene l'orgoglio
e prima della caduta lo spirito altero.
19È meglio abbassarsi con gli umili
che spartire la preda con i superbi.
20Chi è prudente nella parola troverà il bene
e chi confida nel Signore è beato.
21Sarà chiamato intelligente chi è saggio di mente;
il linguaggio dolce aumenta la dottrina.
22Fonte di vita è la prudenza per chi la possiede,
castigo degli stolti è la stoltezza.
23Una mente saggia rende prudente la bocca
e sulle sue labbra aumenta la dottrina.
24Favo di miele sono le parole gentili,
dolcezza per l'anima e refrigerio per il corpo.
25C'è una via che pare diritta a qualcuno,
ma sbocca in sentieri di morte.
26L'appetito del lavoratore lavora per lui,
perché la sua bocca lo stimola.
27L'uomo perverso produce la sciagura,
sulle sue labbra c'è come un fuoco ardente.
28L'uomo ambiguo provoca litigi,
chi calunnia divide gli amici.
29L'uomo violento seduce il prossimo
e lo spinge per una via non buona.
30Chi socchiude gli occhi medita inganni,
chi stringe le labbra ha già commesso il male.
31Corona magnifica è la canizie,
ed essa si trova sulla via della giustizia.
32Il paziente val più di un eroe,
chi domina se stesso val più di chi conquista una città.
33Nel grembo si getta la sorte,
ma la decisione dipende tutta dal Signore.


Salmi 27

1'Di Davide.'

Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?
2Quando mi assalgono i malvagi
per straziarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici,
a inciampare e cadere.

3Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme;
se contro di me divampa la battaglia,
anche allora ho fiducia.

4Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per gustare la dolcezza del Signore
ed ammirare il suo santuario.

5Egli mi offre un luogo di rifugio
nel giorno della sventura.
Mi nasconde nel segreto della sua dimora,
mi solleva sulla rupe.
6E ora rialzo la testa
sui nemici che mi circondano;
immolerò nella sua casa sacrifici d'esultanza,
inni di gioia canterò al Signore.

7Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.
8Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto";
il tuo volto, Signore, io cerco.

9Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
10Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato,
ma il Signore mi ha raccolto.

11Mostrami, Signore, la tua via,
guidami sul retto cammino,
a causa dei miei nemici.

12Non espormi alla brama dei miei avversari;
contro di me sono insorti falsi testimoni
che spirano violenza.
13Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
14Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.


Osea 1

1Parola del Signore rivolta a Osea figlio di Beerì, al tempo di Ozia, di Iotam, di Acaz, di Ezechia, re di Giuda, e al tempo di Geroboàmo figlio di Ioas, re d'Israele.

2Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse:

"Va', prenditi in moglie una prostituta
e abbi figli di prostituzione,
poiché il paese non fa che prostituirsi
allontanandosi dal Signore".

3Egli andò a prendere Gomer, figlia di Diblàim: essa concepì e gli partorì un figlio.4E il Signore disse a Osea:

"Chiamalo Izreèl, perché tra poco
vendicherò il sangue di Izreèl sulla casa di Ieu
e porrò fine al regno della casa d'Israele.
5In quel giorno
io spezzerò l'arco d'Israele nella valle di Izreèl".

6La donna concepì di nuovo e partorì una figlia e il Signore disse a Osea:

"Chiamala Non-amata,
perché non amerò più
la casa d'Israele,
non ne avrò più compassione.
7Invece io amerò la casa di Giuda
e saranno salvati dal Signore loro Dio;
non li salverò con l'arco, con la spada, con la guerra,
né con cavalli o cavalieri".

8Dopo aver divezzato Non-amata, Gomer concepì e partorì un figlio.9E il Signore disse a Osea:

"Chiamalo Non-mio-popolo,perché voi non siete mio popolo
e io non esisto per voi".


Seconda lettera a Timoteo 1

1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, per annunziare la promessa della vita in Cristo Gesù,2al diletto figlio Timòteo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro.
3Ringrazio Dio, che io servo con coscienza pura come i miei antenati, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, notte e giorno;4mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia.5Mi ricordo infatti della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunìce e ora, ne sono certo, anche in te.

6Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani.7Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza.8Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio.9Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità,10ma è stata rivelata solo ora con l'apparizione del salvatore nostro Cristo Gesù, che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del vangelo,11del quale io sono stato costituito araldo, apostolo e maestro.
12È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti a chi ho creduto e son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno.13Prendi come modello le sane parole che hai udito da me, con la fede e la carità che sono in Cristo Gesù.14Custodisci il buon deposito con l'aiuto dello Spirito santo che abita in noi.
15Tu sai che tutti quelli dell'Asia, tra i quali Fìgelo ed Ermègene, mi hanno abbandonato.16Il Signore conceda misericordia alla famiglia di Onesìforo, perché egli mi ha più volte confortato e non s'è vergognato delle mie catene;17anzi, venuto a Roma, mi ha cercato con premura, finché mi ha trovato.18Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso Dio in quel giorno. E quanti servizi egli ha reso in Èfeso, lo sai meglio di me.


Capitolo IX: Riferire tutto a Dio, ultimo fine

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1. O figlio, se veramente desideri farti santo, devo essere io il tuo supremo ed ultimo fine: un fine che renderà puri i tuoi affetti, troppo spesso piegati verso te stesso e verso le creature; ed è male giacché, quando in qualche cosa cerchi te stesso, immediatamente vieni meno ed inaridisci. Tutto devi dunque ricondurre, in primo luogo, a me; perché tutto da me proviene. Considera ogni cosa come emanata dal sommo bene, e perciò riferisci tutto a me, come alla sua origine. Acqua viva attingono a me, come a fonte viva, l'umile e il grande, il povero e il ricco. Colui che si mette al mio servizio, con spontaneità e libertà di spirito, riceverà grazia. Invece colui che cerca onore e gloria, non in me, ma altrove; colui che cerca diletto in ogni bene particolare non godrà di quella gioia vera e duratura che allarga il cuore. Anzi incontrerà molti ostacoli ed angustie.

2. Nulla di ciò che è buono devi ascrivere a te; nessuna capacità, devi attribuire ad un mortale. Riconosci, invece, che tutto è di Dio, senza del quale nulla ha l'uomo. Tutto è stato dato da me, tutto voglio riavere; e chiedo con forza che l'uomo me ne sia grato. E' questa la verità, che mette in fuga ogni inconsistente vanteria. Quando verranno la grazia celeste e il vero amore, allora scompariranno l'invidia e la grettezza del cuore; perché l'amore di Dio vince ogni cosa e irrobustisce le forze dell'anima. Se vuoi essere saggio, poni la tua gioia e la tua speranza soltanto in me. Infatti "nessuno è buono; buono è soltanto Iddio" (Lc 18,19). Sia egli lodato, al di sopra di ogni cosa; e sia in ogni cosa benedetto.


DISCORSO 301/A NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI MACCABE [TENUTO A BULLA REGIA]

Discorsi - Sant'Agostino

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Il Vangelo, come uno specchio, non illude alcuno. Cristo parla meglio che non rendendosi presente e tacendo.

1. Vangelo e parola viva di Dio, che penetra le midolla dell'anima e scruta le profondità del cuore, salutarmente viene presentato a tutti noi, né illude alcuno, a meno che l'uomo voglia illudere se stesso. Ecco, ci è stato posto davanti come uno specchio, nel quale possiamo mirarci tutti e, se dal nostro volto sarà apparsa allo sguardo qualche bruttura, con premura affrettiamoci a detergerlo, per non arrossire quando torniamo a guardare nello specchio. Come abbiamo udito durante la lettura del Vangelo, dietro al Signore andava infatti molta gente, così che egli si volse a parlare a coloro che lo seguivano. Che se in ciò che disse si fosse riferito ai soli dodici Apostoli, ciascuno di noi poteva dire: ha parlato per loro, non per noi. Si crede che altro riguardi i pastori, altro i fedeli. Parlò alle turbe che lo seguivano, quindi anche a noi tutti ed a voi tutti. Non dobbiamo ritenere, perché a quel tempo noi non esistevamo, che non abbia parlato per noi: infatti anche noi crediamo in lui che quelli videro; noi possediamo nella fede colui sul quale quelli fissarono lo sguardo. E neppure ebbe molto effetto, evidentemente, la vista del Cristo con gli occhi del corpo: se avesse avuto vera efficacia, il popolo giudaico per primo avrebbe trovato la salvezza. È certo, anzi, che quelli e lo videro e, tuttavia, giunsero al disprezzo; per di più, finirono per uccidere colui che avevano veduto e disprezzato. Eppure crediamo, noi, che invece non abbiamo certamente veduto, eppure abbiamo accolto in cuore colui sul quale non abbiamo fissato lo sguardo. Ad uno dei suoi, che in quell'occasione si trovava tra i Dodici, poteva dire al riguardo: Perché hai veduto, hai creduto: beati coloro che non vedono eppure credono 1. Infatti, se ora fosse presente nel corpo il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo e, pur presente, tacesse, che ci gioverebbe? Ma se con la parola giovò, anche ora che si sta proclamando il Vangelo, egli parla. Nondimeno anche la sua presenza, come Dio, conferisce molti beni. Ma dove non è presente Dio, o quando mai Dio è assente? Tu non tenerti lontano da Dio e Dio è con te, soprattutto perché egli stesso ne ha fatto promessa e noi possediamo la sua promessa quasi documento autografo: Io sarò con voi sino alla fine dei secoli 2. Però aveva noi davanti a sé, a noi prometteva.

Tutti i Cristiani sono discepoli di Cristo. La semplicità cristiana. Chi avrà vinto le passioni si è sbarazzato di molto.

2. Riprendiamo dunque l'argomento e ascoltiamo la sua parola; inoltre, come ho detto, guardiamoci dentro e coltiviamo con assoluta diligenza tutto ciò che scopriamo ci manca a costituire quell'immagine di bellezza che piace agli occhi di lui. E, poiché da noi non siamo capaci di tanto, invochiamo il suo soccorso. A reintegrare la forma sia colui che ha formato, a ricreare sia colui che ha creato, in modo che colui al quale si deve l'origine, egli sia pure a ricostituire in perfezione. Così, dunque, parlò: Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono, comincino a deriderlo dicendo: Costui ha iniziato a costruire ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace. E concluse questi due paragoni in tal modo: Così, chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo 3. Se a quelli soltanto si attribuisse il nome di discepoli, Cristo non avrebbe parlato per noi; appunto perché, come attesta la Scrittura, tutti i cristiani sono discepoli di Cristo - uno solo, dice, è il vostro Maestro, il Cristo 4 - afferma di non essere discepolo di Cristo solo chi nega che Cristo è il Maestro. In realtà, non è che siamo vostri maestri in quanto vi parliamo da questa sede posta più in alto, poiché è il Maestro di tutti colui che ha la cattedra al di sopra di, tutti i cieli; ci troviamo insieme soggetti a lui in un'unica scuola, e voi e noi siamo condiscepoli; ma siamo qui ad ammonirvi come usano fare i più grandi della scuola. La torre e i mezzi, la fede e la pazienza: la torre è la fede, la pazienza equivale ai mezzi. Se alcuno sarà stato insofferente dei mali di questo mondo, non ebbe mezzi adeguati. Il re ostile con i ventimila è il diavolo, il re con i diecimila è il cristiano. Il semplice contro il doppio, la verità contro la falsità, perché la semplicità si oppone alla doppiezza. Sii semplice di cuore: non essere ipocrita dando a conoscere una cosa e celandone un'altra e vinci quel falso che si trasfigura in angelo di luce 5. Donde questi, donde quelli ebbero i mezzi? Dov'è la perfetta semplicità, e assolutamente stabile e del tutto irremovibile? In quel che segue e che risulta duro. Consiste proprio in ciò che ho detto: la parola di Dio non illude alcuno: Così - dice - chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo. Molti lo fecero, e rientrarono in se stessi, ancor prima che si rendesse imminente l'ora della persecuzione, e rinunziarono a tutte le cose proprie di questo mondo, e seguirono Cristo. Di essi fecero parte gli Apostoli, i quali asserirono: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito 6. Da parte loro non è propriamente che abbiano abbandonato gran che, poiché furono tutti poveri; ma si riconosce che hanno abbandonato proprio molti averi quanti avranno vinto tutte le passioni.

Non tutti i beni rendono buoni.

3. I discepoli si espressero appunto così con il Signore allora che videro allontanarsi contristato quel ricco che, in risposta alla sua domanda, dal Maestro sommamente verace aveva udito il consiglio in ordine alla vita eterna. Infatti, un giovane ricco si presentò spontaneamente al Signore e gli chiese: Maestro buono, che devo fare di bene per meritare la vita eterna? 7 Come suppongo, nella profusione degli agi che fluivano dalle sue ricchezze, era tormentato da inquietudine per l'inevitabilità della morte e se ne struggeva; sapendo inoltre che niente di quanto possedeva poteva portare con sé nell'altra vita, persino nell'abbondanza dei beni materiali languiva di inedia nell'anima. Com'è da ritenere, vedendo addensarsi intorno a sé il continuo affluire delle sue ricchezze, faceva interiormente di queste considerazioni: Sono dei beni, hanno una loro bellezza, procurano delizie, si gustano con piacere, ma quando quell'unica ultima ora sarà sopraggiunta, bisogna lasciare tutte le cose. Nessuna parte di esse può esser portata via di qui. Rimane la vita e, sola, la coscienza. Dopo la morte del corpo resta la vita dell'anima e, sola, la coscienza. Questa se sarà.... non già vita, ma seconda morte, e anche peggiore si deve ritenere: niente infatti è peggiore di quella morte dove la morte non muore. Egli che aveva di tali pensieri in mezzo ai suoi godimenti, da possessore di tanti beni si presentò al Signore. Andava così dicendo a se stesso: Se oltre a tutti questi beni avrò avuto anche la vita eterna, chi più felice di me? In base a ciò che gli premeva, pose perciò la domanda; disse: Maestro buono, che devo fare di bene per meritare la vita eterna? Per prima cosa gli rispose il Signore: Perché mi chiami buono? nessuno è buono, fuorché Dio solo 8. È come dire: Non ti rende felice altri che Dio. Sono infatti dei beni le cose possedute dai ricchi, ma tali beni non rendono buoni. Se realmente quei beni rendessero buoni, ognuno tanto più sarebbe buono quanto più ne avesse in abbondanza. Poiché appunto notiamo che molti sono tanto peggiori quanto più ricchi, indubbiamente vanno ricercati altri beni che rendono buoni. Infatti sono proprio quei beni che non possono essere posseduti dai cattivi: la giustizia, la pietà, la temperanza, la religiosità, la carità, il culto di Dio, da ultimo Dio stesso. Verso tale Bene dobbiamo affrettarci insieme: né lo possiamo raggiungere senza esserci disfatti di questi altri beni.

Ha lasciato tutto il mondo chi nulla si è riservato. Il comportamento di molti, anche senatori e nobilissime dame.

4. Posso io illudervi, dal momento che il Vangelo non illude né voi, né noi? Esorto la Carità vostra, fratelli, con le parole dell'Apostolo: Il tempo si è fatto breve. Quanto a quel che ne resta - egli dice - quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero, coloro che piangono come se non piangessero, e quelli che godono come se non godessero, quelli che comprano come se non possedessero, e quelli che usano del mondo come se non ne usassero 9. Così gli Apostoli, a quel tempo, lasciarono tutto quello che avevano e perciò Pietro disse: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto. Che hai lasciato, Pietro? Una modesta barca e una sola rete. Mi risponderebbe: Ho lasciato tutto il mondo perché nulla mi sono riservato. La povertà assoluta, cioè di uno che è povero di tutto, ha scarse risorse, però ha una grande avidità. Dio non sta a badare a quel che può avere, ma a ciò che desidera: ad essere giudicata è la volontà che è invisibilmente sotto lo sguardo scrutatore di colui che è invisibile. Lasciarono perciò tutto e, in realtà, lasciarono tutto il mondo, poiché esclusero ogni speranza in questo mondo e seguirono colui che creò il mondo, credettero alle sue promesse; anzi, dopo di loro, lo fecero molti. Ed è cosa mirabile, fratelli miei, che a fare come loro chi fu? Proprio coloro che misero a morte il Signore. E là, a Gerusalemme - salito al cielo il Signore e adempiuta la promessa dieci giorni dopo per aver inviato lo Spirito Santo - ripieni di Spirito Santo, i discepoli parlarono le lingue di tutte le nazioni 10. Allora i molti Giudei presenti a Gerusalemme, che ascoltavano meravigliandosi e atterriti dal dono di grazia del Salvatore, trasalendo e come attoniti, andavano chiedendosene la ragione. Ricevettero in risposta dagli Apostoli che questo aveva concesso per mezzo del suo Spirito colui che essi stessi avevano ucciso; quindi vollero sapere come ottenere salvezza. Disperavano infatti e giudicavano che un così grave delitto non potesse esser perdonato a loro che avevano messo a morte il Creatore di tutte le cose; vennero però rassicurati dagli Apostoli. Avendo avuto la sicurezza del perdono e della remissione di ogni pena, abbracciarono la fede. Quanti vendevano tutto quello che possedevano deposero il prezzo dei loro beni ai piedi degli Apostoli 11, quanto più nel timore, tanto più buoni. Un più grande timore li costrinse a privarsi del godimento dei beni. Agirono così quelli che misero a morte il Signore; molti in seguito si regolarono in tal modo; anche al presente sono in molti. Ne siamo a conoscenza, ne abbiamo sotto gli occhi gli esempi, in molti troviamo conforto, in molti è la nostra compiacenza, perché la parola di Dio non resta senza frutto in coloro che ascoltano con fede. Alcuni invece non lo fecero, preferirono usare del mondo come se non ne usassero e furono messi alla prova dal sopraggiungere della persecuzione. Non solo i plebei, non solo i comuni artigiani, non solo i poveri, i bisognosi, non quelli di modeste condizioni, ma molti, anche di assai ricchi, senatori, persino donne nobilissime, con il sopraggiungere della persecuzione, rinunziarono a tutti i loro beni pur di portare a termine la torre e superare con la semplicità della forza e della pietà il diavolo doppio e ingannatore.

Non è male possedere, ma l'esser posseduti. Chi opera contro la verità nega Cristo. Colui che perde il suo cuore è il peggior nemico di se stesso.

5. Perciò, esortando al martirio, Cristo Signore disse a tutti: Così, chi non rinunzia a tutto quanto possiede non può essere mio discepolo 12. Mi rivolgo ora a te, anima cristiana. Se ti dirò quel che fu detto al ricco: anche tu va, vendi tutto ciò che possiedi e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e segui 13 Cristo, forse anche tu ti allontaneresti triste? Così appunto anche quel giovane si allontanò triste: tuttavia, non altri che un cristiano può udire le parole citate. O che hai potuto rifiutarti all'ascolto contro il tuo bene quando è stata data lettura del Vangelo? Hai udito: Chi non rinunzia a tutto quanto possiede, non può essere mio discepolo. Rifletti in te stesso: sei diventato un fedele, sei battezzato, hai creduto, non hai lasciato quel che possiedi. Interpello però la tua fede: come sei giunto a credere? Ecco sopraggiungere un pericolo per la fede; ti si dice: "Se perseveri, porto via quanto hai". Mi rivolgo alla tua anima. Se interiormente dici: "Prenda pure quanto possiedo, non abbandono la fede", e conservi e ne hai fatto rinunzia. Possiedi infatti e non sei posseduto. In realtà, non è male possedere: il male sta nell'essere posseduti. Manca però la persecuzione e non hai modo di dar prova al Signore di quanto hai promesso. Le responsabilità che ogni giorno comporta provano gli uomini. Che sarebbe infatti se un giorno ti chiami a deporre una falsa testimonianza un non so chi, e si tratti di persona potente che al presente possa incutere timore e, se avrà minacciato, possa recare un danno temporale e voglia persuaderti ad attestare il falso? Non ti dice: "Rinnega Cristo"; a questo ti ci preparavi infatti. Quel perfido si è introdotto in modo che tu non pensavi, con il quale non ti confrontavi. "Deponi - dice - una falsa testimonianza: se non l'avrai data, metterò in atto questo e quello". Minaccia confisca, minaccia morte. È qui che devi provare te stesso, qui confrontarti. Attesti il falso? Hai abbandonato Cristo, perché egli stesso ha detto: Io sono la verità 14. Hai dato una falsa testimonianza, hai agito contro la Verità, dunque hai abbandonato Cristo. Minacciando una confisca, riducendoti in povertà, quel tale che ti avrebbe fatto? Che ti sarebbe venuto a mancare se con te era Dio? Ma minacciava di più. In che consiste questo stesso "più"? La minaccia di ucciderti riguardava la vita del corpo. L'anima forse? Tu fai caso a ciò che quello minaccia e non sei attento a quello che devi fare tu? Quello giunge a minacciare la vita del corpo: Ma una bocca che mentisce, uccide l'anima 15. Siete in due: il nemico e tu; tuttavia anche quello un uomo come te, entrambi soggetti a corruzione quanto al corpo, entrambi immortali quanto all'anima, entrambi temporaneamente di passaggio ed ospiti e pellegrini su questa terra. Quello minaccia di uccidere ignorando se lo sorprenda la morte prima di effettuare quel che minaccia; pur tuttavia fa' conto che porti a termine ciò che fa temere. Vi sottopongo ad un esame, vediamo chi sia il tuo peggior nemico: se quello oppure tu. Quello mette mano alla spada per toglierti la vita del corpo; tu tiri fuori la lingua bugiarda per far perire la tua anima. Chi ha colpito in modo più grave? Chi ha inferto una morte peggiore? Chi si è addentrato più nel profondo? Quello fino alle ossa, quello fino alle viscere: tu fino al cuore. Non ti sei riservato nulla di sano quando hai perduto l'anima tua. Una bocca che mentisce - dice il Signore - uccide, non la carne, ma l'anima.

Dio ci riserva se stesso, non le sue promesse.

6. Di questo genere sono le tentazioni che gli uomini incontrano ogni giorno. Quando capiterà di trovarsi da vicino al male, per cui o commetti il male o subisci quelle cose che Dio avrà voluto che tu soffra per qualche tempo, è il momento di fare attenzione a quel 'doppio', è quello il caso di calcolare le spese della torre. Ma riflettendo, ti vengono meno le forze: implora chi ti ha comandato. Aiuti egli in te i suoi ordini, e farà da sé scaturire per te le sue promesse. E che ci promette Dio? Fratelli miei, che potrei dire per suscitarne in noi il desiderio? Che dirò? È oro? È argento? Sono dei poderi, sono gli onori? È tutto ciò che conosciamo sulla terra? È cosa vile. Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano 16. Dico subito: non le sue promesse, ma se stesso. È al di sopra di tutte le cose colui che ha creato tutte le cose: è più bello di tutte le forme colui che ha dato forma a tutto: è superiore ad ogni potere colui che ha conferito energia ad ogni cosa. Pertanto, tutto ciò che noi amiamo sulla terra è nulla paragonato con Dio. È poco dire: È niente quanto noi amiamo; anche noi stessi siamo un nulla. La persona stessa che ama, nei confronti di quello che deve essere amato, necessariamente perde ogni valore ai propri occhi. Essa è quella carità che viene comandata: Con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente 17. Ma proseguì a dire: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti 18; così che, quando avrai amato il Signore, tu comprenda che allora ami te stesso, se ami il Signore. Ma se non ami Dio, neppure te stesso ami. Perciò, quando avrai appreso ad amarti, nell'amore di Dio, trascina il prossimo verso Dio, per godere insieme del bene, del bene così grande quale è Dio.

7. Abbiamo appena ammirato l'intrepida lotta dei sette fratelli Maccabei e della loro madre. Che lotta, fratelli miei, se le nostre menti sono capaci di ammirare! Ponete a confronto con questo santo spettacolo i piaceri e i divertimenti dei teatri. Lo sguardo, là, si fa torbido; i cuori, qui, ne restano purificati: chi assiste a questo spettacolo, se sarà giunto all'imitazione, si rende meritevole di lode; ivi, al contrario, e lo spettatore è turpe, e sfacciato l'imitatore. Insomma, amo i martiri, ammiro i martiri: quando si dà lettura delle 'passioni' dei martiri, resto ammirato. Dimmi "Sii tale" ed hai fatto una lode. Compiaciti di un mimo, ammira un pantomimo; io ti dirò: "Sii come lui", e tu non ti adirare. Ma se ti dico: "Sii come lui ", e tu vai in collera, non sono le mie parole a condannarti, ma la reazione della tua ira. Ti giudichi da te stesso mostrandoti molto offeso: ecco che cosa tu ami: quello che hai timore di essere. Mi è sembrato opportuno, di fronte allo spettacolo dei santi Maccabei dei quali oggi commemoriamo la vittoria, ammonire la vostra Carità sugli spettacoli dei teatri. Fratelli, abitanti di Bulla, tutto all'intorno, in quasi tutte le città a voi vicine la dissolutezza dell'empietà non ha più voce. Non vi vergognate che solo presso di voi si vende immoralità? O magari provate soddisfazione persino a far commercio di immoralità, oltre a frumento, vino, olio e tutte le altre cose poste in vendita nelle piazze rifornite da Roma, o mercati? E può darsi che a un tal genere di commercio vengano qui dei forestieri, e si dice: "Che cerchi? dei mimi, delle meretrici? ne ottieni in Bulla". Ve ne gloriate? Non so se possa trovarsi un'infamia maggiore. Insomma, fratelli miei, e parlo con dolore, le altre città a voi limitrofe vi condannano davanti agli uomini e nel giudizio di Dio. Chi vuole imitare il male, guarda a voi. Nella nostra Ippona - dove tali cose sono ormai pressoché scomparse - persone turpi di tal genere sono importate dalla vostra città. Ma forse voi dite: "Noi somigliamo agli abitanti di Cartagine". Come c'è a Cartagine una moltitudine virtuosa e pia, così nella grande città è tanta la varietà della popolazione che tutti si giustificano riferendosi agli altri. A Cartagine si può dire: "Sono i pagani a farlo, sono i Giudei a farlo"; in questo luogo, chiunque è ad agire, si tratta sempre di cristiani. Con grande dolore vi diciamo queste cose: voglia il Cielo che la ferita del nostro cuore risani con la vostra emendazione! Ci rivolgiamo alla Carità vostra, conosciamo in nome di Dio la cittadinanza, e la vostra e quella delle zone limitrofe, quanta è qui l'affluenza di gente, quanto il popolo: potete non essere noti a chi vi è ministro della parola e del sacramento? Chi trova scuse da questa immoralità? Ecco, si danno gli spettacoli: non intervengano i cristiani, e vediamo se saranno disertati al punto che la stessa immoralità arrossisca di sé. Vediamo se si convertiranno al Signore e si renderanno libere proprio le persone disoneste, oppure, se insisteranno nell'immoralità, si allontaneranno da questa città. Cristiani, prendete per voi questa decisione: non frequentate i teatri.

I catecumeni sono distinti dai fedeli.

8. Mi accorgo però che siete in pochi. Ecco, verrà il giorno della Passione di Cristo, ecco verrà la Pasqua e questi spazi non potranno contenervi, tanto sarete numerosi. Allora, ad occupare questi luoghi sarete voi stessi che al presente avete gremito i teatri? Almeno confrontate gli ambienti e battetevi il petto. Voi dite forse: Fate bene voi che siete chierici, voi che siete vescovi, a tenervi lontani da questi teatri, non invece noi laici. Davvero vi sembra di aver detto proprio la parola giusta? Che siamo noi allora se voi andate perduti? Altro è quel che siamo per noi stessi, altro quel che siamo per voi. Per quel che ci riguarda personalmente, siamo cristiani, non per altro che per voi siamo chierici e vescovi. Ma voi siete membra di Cristo 19. Quando l'Apostolo si esprimeva così, non parlava a chierici, non a vescovi e sacerdoti. Si rivolgeva a gente del popolo, a fedeli, si rivolgeva a cristiani: Ma voi siete membra di Cristo. Badate di quale corpo voi siete le membra, fate attenzione sotto quale Capo, nella compagine di un unico corpo, voi abbiate a vivere; considerate che unico è lo Spirito che avete ricevuto da lui. Vi ripeto proprio le parole dell'Apostolo: Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? 20 E i nostri cristiani non solo tengono in gran conto le prostitute, ma ne fanno persino un'istituzione: non solo reclutano quante già lo erano, ma inducono ad esserlo quelle che non lo erano; come se non abbiano anch'esse l'anima, come se non sia stato versato il sangue di Cristo anche per loro, come non sia stata detta l'affermazione: Le prostitute e i pubblicani vi precedono nel regno dei cieli 21. Mentre pertanto dovremmo darci da fare per la loro salvezza, si preferisce andare con loro in perdizione. E questa è opera di cristiani: non voglio dire, anche di fedeli. Forse un catecumeno prova confusione di sé e dice: Sono catecumeno. Sei catecumeno? Catecumeno. Una tua fronte ha ricevuto il segno di Cristo ed un'altra tu porti al teatro? Vuoi andare? Cambia fronte e va'. Di conseguenza, non perdere quella fronte che non puoi cambiare. Su di te viene invocato il nome di Dio, Cristo viene invocato su di te, Dio viene invocato su di te, ti viene tracciato e fissato sulla fronte il segno della croce di Cristo. Tutti voglio esortare, a tutti infondere coraggio: vi accorgerete quanto la vostra dignità di uomini sarà più grande nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

Da imitare l'esempio della vicina colonia di Simittù. Le lodi degli ascoltatori sono un peso, non un onore per Agostino.

9. Giungo persino a dire: Vedete di imitare una città a voi vicina, la vicina città di Simittù, questa imitate. Non vi dico altro. Nel nome dei Signore Gesù Cristo, vi dico più chiaramente: Là nessuno frequenta il teatro, nessuno là è rimasto corrotto. Il legato volle instaurarvi immoralità di tal genere: non vi è intervenuto alcun cittadino importante, nessuno del basso popolo, nessun giudeo. Non sono persone oneste costoro? non è una città quella? quella non è una colonia tanto più rispettabile quanto più libera da queste cose? Non vi faremmo certo di questi discorsi se venissimo a sapere di voi cose buone: al contrario, tacendo, temo di meritare condanna allo stesso modo che voi. È stata volontà di Dio, fratelli miei, di trovarmi a passare da queste parti. Il mio fratello nell'episcopato mi ha trattenuto, ha comandato, mi ha pregato, mi ha costretto a parlarvi. Di che trattare se non di ciò che mi fa maggiormente temere? di che trattare se non di quanto mi procura più grande dolore? Non sapete che io e noi tutti dobbiamo rendere strettissimo conto delle vostre lodi? Credete che queste lodi siano per noi un onore? Sono un onere, non un onore. Si rende un conto assai severo di quelle lodi; ho tanto timore che nel suo giudizio il Cristo ci debba dire: Cattivi servi, mostravate di compiacervi delle lodi del mio popolo senza fargli capire di trovarsi nella morte. Ma il Signore Dio nostro concederà che d'ora innanzi possiamo aver di voi buone notizie e che nella sua misericordia possiamo essere consolati dalla vostra emendazione: sarà infatti tanto più grande la gioia quanto ora è grande l'afflizione.

 

1 - Gv 20, 29.

2 - Mt 28, 20.

3 - Lc 14, 28-33.

4 - Mt 23, 10.

5 - Cf. 2 Cor 11, 14.

6 - Lc 18, 28.

7 - Mt 19, 16.

8 - Mt 19, 17.

9 - 1 Cor 7, 29-31.

10 - Cf. At 2, 4.

11 - Cf. At 2, 44-45.

12 - Lc 14, 33.

13 - Mt 19, 21

14 - Gv 14, 6.

15 - Sap 1, 11.

16 - 1 Cor 2, 9.

17 - Mt 22, 37.

18 - Mt 22, 39-40.

19 - 1 Cor 6, 15.

20 - 1 Cor 6, 15.

21 - Mt 21, 31.


Capitolo 7 - Maria santissima e le pie donne si recano al Calvario

La Passione di Gesù - Anna Caterina Emmerick

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Dopo il doloroso incontro con il Signore la santa Vergine aveva perso i sensi; le compagne la ricondussero nel palazzo per sottrarla alla plebaglia infuriata. Il portone si chiuse tra lei e il Figlio carico della croce.

Le pie donne trovarono immediato rifugio nella casa di Lazzaro, luogo di conforto per Maria santissima. Presto ella fu presa di nuovo dall'ardente desiderio dì soffrire accanto al Figlio, il che le rese i forza di ripercorrere la via della passione. Ripartì con Maria Maddalena e le pie donne. Erano in diciassette, velate e piene di dolore. Marta, Maria Maddalena e le altre piangevano sulle sofferenze del loro Signore, indifferenti alle ingiurie e al sarcasmo della plebaglia. Ciò nonostante, imponevano a molti un senti mento di rispetto.

Le vidi baciare la terra su cui Gesù era stato caricato della croce, quindi proseguirono il doloroso cammino da lui percorso.

L'Addolorata mostrò alle pie discepole le varie stazioni santificate dal sangue e dai dolori del suo amatissimo Figlio, e tutte fecero oggetto di venerazione. Così esse diedero pubblicamente inizio alla devozione più commovente nella tradizione della Chiesa, fissata per la prima volta nel cuore della Vergine dalla profezia del vecchio Simeone.

Fin dai tempi più antichi gli Ebrei venerarono i luoghi santi della loro storia e vi si recavano a pregare.

Allo stesso modo nacque il culto della Via Crucis, affermatosi mediante i dolorosi pellegrinaggi della Vergine e delle pie donne, non già per un disegno meditato, ma per servire i disegni di Dio sul suo popolo.

Le pie donne ripararono a casa di Veronica per non incontrare Pilato con i suoi cavalieri che stava rientrando per la stessa via.

Le vidi molto commosse di fronte al santo volto di Gesù impresso nel sudario.

Più tardi, presero il vaso di vino aromatizzato e si di ressero verso il Golgota.

Giunte in cima al Calvario, la Madre di Gesù, sua nipote Maria, figlia di Cleofa, e Salomè avanzarono fino al promontorio delle croci. Con loro c'era anche Giovanni. Marta, Maria Heli, Veronica, Giovanna Cusa e Susanna si man tennero più distanti, accanto a Maria Maddalena che sembrava uscita fuori di sé. Più lontano si trovavano altre set te donne circondate da alcune persone compassionevoli.

E impossibile descrivere il dolore della Vergine Maria quando vide il luogo della crocifissione: la terribile croce, i martelli, le corde, i chiodi spaventosi e gli orrendi carnefici, i quali, mezzo nudi e ubriachi, compivano il loro lavoro lanciando continue imprecazioni. Il suo sguardo andò oltre, posandosi sui farisei a cavallo, che, impazienti di vedere Gesù crocifisso, impartivano ordini e andavano su e giù dal promontorio.

Di fronte a quella scena tremenda, la Madre di Gesù si sentì morire e patì interiormente le sofferenze del suo Figlio dilettissimo.

Il martirio della Vergine fu ancora più doloroso perché non vide Gesù e tremava al pensiero degli indicibili tormenti a cui sarebbe stato sottoposto.

Dall'alba fino alle dieci, ora in cui era stata pronunciata la condanna del Signore, grandinò a tratti, poi il cielo si rischiarò, ma verso mezzogiorno una nebbia rossastra velò completamente il sole.

Gesù è spogliato delle vesti. La compassione di Jonadab

«Gli offrirono vino mescolato con mirra» (Marco 15,23) ».


Gesù, richiuso nella piccola caverna, aveva pregato il Padre di dargli la forza necessaria per affrontare il supremo supplizio. Quattro sgherri lo fecero uscire dalla prigione e lo trascinarono verso la croce.

Nemmeno questa volta gli risparmiarono calci, pugni e maltrattamenti d'ogni genere. Non era di meno il popolo che insultava il Signore facendo uso dei più abominevoli improperi. I soldati romani mantenevano l'ordine con atteggiamento altero e distaccato.

Le pie donne diedero del denaro ai carnefici affinché permettessero a Gesù di bere il vino aromatizzato di Veronica, ma i furfanti presero il denaro e si bevvero il vino.

I carnefici avevano portato due vasi di color bruno, dei quali uno conteneva aceto e fiele e un altro vino mescolato a fiele. Da quest'ultimo ne presentarono una coppa a Gesù, che bagnò appena le labbra riarse, ma non bevve.

Sul promontorio delle crocifissioni vidi diciotto sgherri: i sei che avevano flagellato Gesù, i quattro che l'avevano trascinato, i due che avevano tenuto le funi attaccate alla croce e sei crocifissori. Erano uomini piccoli e forti dal l'aspetto truce, quasi animalesco; servivano per denaro i Romani e i Giudei.

Vidi quegli uomini crudeli guidati da figure demoniache che li ispiravano a compiere le azioni più infami.

Sopra il Salvatore vidi gli angeli piangenti, e anche sulla Vergine e i fedeli di Gesù si libravano creature celesti.

Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la sua propria cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa. Non riuscendo a sfilargli la tunica inconsutile, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo.

Il Signore rimase con un panno attorno alle reni e lo scapolare di lana che gli proteggeva le spalle; il medesimo si era appiccicato alle piaghe del corpo ed egli patì dolori strazianti quando glielo strapparono.

La profonda ferita scavata sulla spalla dall'enorme peso della croce gli provocava una sofferenza indicibile; il dorso e le spalle erano lacerati fino all'osso, il corpo nudo era orribilmente sfigurato, gonfio e piagato.

Gesù, sfinito per questi ultimi tormenti, minacciava di perdere conoscenza. Tuttavia i carnefici lo fecero sedere su un masso, gli rimisero la corona di spine e gli presentarono il vaso colmo di fiele e aceto, ma egli chinò il capo in silenzio e anche questa volta non bevve. Allorché gli aguzzini lo aiutarono ad alzarsi e gli strapparono la fascia dalle reni, si sollevarono tra i suoi amici grida di dolore e morii d'indignazione per questa ennesima ignominia.

Sua Madre pregava ardentemente e già pensava di precipitarsi da suo Figlio per coprirlo col proprio velo, quando vide che Dio l'aveva già esaudita: un uomo uscì dalla folla e si gettò ai piedi del Signore tendendogli un lino con il quale Gesù si avvolse le reni.

L'uomo, inviato da Dio in seguito alla preghiera della Vergine, impressionò i carnefici per il suo coraggio. Egli mostrò loro il pugno e disse:

«Lasciate che questo poveretto si copra! ».

Poi scomparve rapidamente tra la folla.

Costui si chiamava Jonadab, era nipote di san Giuseppe e abitava nei dintorni di Betlemme; non aveva mai avuto interesse per l'insegnamento di Gesù e durante la crocifissione si trovava nel tempio per assistere alle celebrazioni. All'improvviso, sentendosi profondamente indignato dalle crudeltà che il Signore stava soffrendo, ebbe la santa intuizione di correre sui Golgota per coprirne la nudità.

Dopo il magnifico atto di carità, Jonadab sentì il suo cuore purificato. Ancora commosso, rientrò a casa e narrò a sua moglie la crocifissione di Gesù, il Cristo, che lui aveva servito per ispirazione divina.

Jonadab restò illuminato in Cristo e si unì alla comunità cristiana.

Gesù, vera immagine di dolore, fu disteso dai carnefici sul letto della sua morte. Dopo avergli sollevato il braccio destro, questi poggiarono la sua mano sul foro praticato nel braccio della croce e ve la legarono strettamente. Poi uno dei due crocifissori pose il ginocchio sui sacratissimo petto del Signore, mentre gli manteneva aperta la mano che si contraeva, e subito l'altro gli conficcò nel palmo di quella stessa mano un chiodo spesso e lungo, dalla punta acuminata. Quindi gli diede sopra dei pesanti colpi di martello.

Il Salvatore emise un gemito di dolore e il suo sangue sprizzò sulle braccia dei carnefici.

Contai i colpi di martello, ma ne ho dimenticato il numero.

I mazzuoli dei carnefici erano di ferro, avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname, però erano più grandi e formavano un pezzo unico col manico. I chiodi, la cui dimensione aveva fatto fremere Gesù, erano talmente lunghi che quando furono conficcati nelle mani e nei piedi del Redentore uscivano dietro la croce.

Dopo aver inchiodato la mano destra di Gesù al legno della croce, i carnefici si accorsero che l'altra mano non arrivava al foro praticato nell'asse sinistro della croce. Allora legarono una fune al braccio sinistro di Gesù e, puntando i piedi contro la croce, lo tirarono con tutte le loro forze, finché la sua mano raggiunse il foro.

Gesù soffriva indicibilmente perché gli avevano slogato interamente il braccio.

I crocifissori s'inginocchiarono sopra le braccia e sui petto del Signore e conficcarono il chiodo nella sua mano sinistra, che subito sprizzò un gettito di sangue.

I gemiti di dolore del Salvatore si udivano attraverso il rumore dei pesanti colpi di mazzuolo.

La santissima Vergine risentiva nel corpo e nello spirito la crocifissione di Gesù; il suo viso era pallido come la cera e interrotte esclamazioni di dolore uscivano frementi dalle sue labbra. Fu condotta più indietro, accanto alle pie donne, per evitare gli insulti che le indirizzavano i farisei.

Maria Maddalena era come uscita di senno, si graffiava il volto e aveva gli occhi e le gote insanguinate.

Sul piede della croce, a circa un terzo della sua altezza, era stato collocato uno zoccolo di legno che doveva servire a sostenere Gesù, in modo che egli fosse più in piedi che appeso alla croce. In quel pezzo di legno era stato praticato un foro per il chiodo che doveva trapassare i piedi, nel legno della croce era stato inciso un incavo per appoggiare i talloni.

I carnefici distesero le gambe del Signore, che si erano ritratte verso il corpo a causa della violenta tensione delle braccia, e le legarono con le corde. Non riuscendo però a far arrivare i piedi al supporto di legno destinato a sostenerlo, essi rinnovarono gli insulti contro di lui. Intervennero alcuni crocifissori propensi a fare nuovi fori per i chiodi conficcati nelle mani perché sembrava difficile spostare lo zoccolo di legno che avrebbe dovuto sostenere i piedi, altri però esclamarono:

«Non vuole allungarsi? Ebbene, lo aiuteremo noi!».

Detto questo, legarono con le funi la gamba destra e la tirarono con violenza crudele finché non raggiunse lo zoccolo di legno, provocando a Gesù un'orribile stiramento. Era così estrema la tensione del corpo, che il petto di Cristo crepitò. Egli gemendo esclamò:

«Mio Dio! Mio Dio!».

Essi gli avevano legato il petto e le braccia perché le mani non si staccassero dai chiodi. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro, presero un chiodo ben più lungo di quello delle mani e glielo infissero, conficcandolo fin nel legno della croce. Io guardai quel chiodo trapassare i due piedi del Signore e il supporto di legno. La chiodatura dei piedi fu più crudele di ogni altra, a causa della tensione di tutto il corpo.

Gesù è crocifisso

«Al di sopra del capo posero scritta la causa della sua condanna» (Matteo 23,37).

Ho contato trentasei colpi di martello, tutti accompagnati dai dolorosi gemiti del Signore.

Durante l'orribile supplizio vidi molti angeli in lacrime.

La santa Vergine era appena ritornata sul promontorio delle crocifissioni. Quando udì i gemiti di suo Figlio misti ai colpi del martello, e vide l'atroce chiodatura dei piedi, cadde di nuovo svenuta fra le braccia delle sue compagne. I farisei a cavallo le si avvicinarono per coprirla d'ingiurie. I suoi amici la trasportarono distante.

Gesù pregò ininterrottamente fino alla morte. I suoi gemiti sommessi interrompevano appena le preghiere e i passaggi dei salmi e dei profeti, che egli recitò nei diversi momenti della sua passione.

Ho ripetuto con lui le sue sante parole, ma sono tanto oppressa dal dolore che non saprei ripeterle.

Il centurione aveva fatto attaccare sulla croce l'iscrizione di Pilato, e poiché i Romani ridevano del titolo di re dei Giudei, numerosi farisei fecero ritorno in città per chiedere di nuovo al procuratore un'altra iscrizione.

Intanto si continuava a lavorare di scalpello intorno alla buca in cui doveva essere piantata la croce di Gesù. Straordinariamente la buca risultava sempre troppo piccola e il suolo era durissimo in quel punto.

I carnefici, che avevano bevuto il vino aromatico di santa Veronica, si erano ubriacati e sentivano in corpo un fuoco tale che li aveva resi frenetici, chiamavano Gesù stregone ed erano furiosi per la sua paziente sopportazione.

A turno, discesero più volte il Calvario per bere il latte d'asina e rinfrescare il loro ventre infiammato, poiché sotto al monte si trovavano alcune donne che mungevano due asine e ne vendevano il latte.

Era circa mezzogiorno e un quarto quando la croce fu innalzata con Gesù crocifisso.

Nello stesso momento si udirono le trombe del tempio che annunziavano il sacrificio dell'agnello pasquale.

Innalzamento della croce

Quando la croce fu innalzata, e fu lasciata cadere di peso nella buca, tremò tutta per il contraccolpo. Gesù levò un profondo gemito di dolore, le sue ferite si allargarono, il sangue ne sgorgò più copioso e le sue ossa slogate si urtarono. La testa, cinta dalla corona di spine, sanguinò violentemente.

La croce fu fissata nella buca con cinque cunei attorno al suo piede, uno a destra, uno a sinistra, uno davanti e due dietro. Il legno della morte oscillò e poi s'innalzò fra gli insulti dei carnefici, dei farisei e della marmaglia. Fu un momento molto drammatico.

Verso il Crocifisso non si levarono solo insulti e improperi, ma anche le voci sofferenti dei suoi devoti. Le sante voci dell'Addolorata, delle pie donne e di tutti coloro che avevano il cuore puro salutarono con tristi lamenti l'elevazione del Verbo incarnato.

Durante la crocifissione di Gesù, e la successiva erezione della croce, le pie donne avevano lanciato grida di orrore e di sgomento:

«Perché mai la terra non inghiotte questi miserabili? Per ché il fuoco del cielo non scende a consumarli!».

A queste parole i nemici di Gesù avevano risposto con tremende offese.

I carnefici appoggiarono le scale alla croce e slegarono le funi che avevano trattenuto il santo corpo di Gesù durante la chiodatura; in tal modo il sangue riprese a circolare improvvisamente affluendo alle sue piaghe. Ciò causò al Signore altri indicibili dolori.

Sfinito dalle sofferenze, Gesù chinò il capo sul petto e rimase come morto per circa sette minuti.

Subentrò un profondo silenzio, in cui tutti sembrarono rapiti da un sentimento sconosciuto fino allora.

Il suono delle trombe del tempio era svanito nell'aria e tutti i presenti erano sfiniti di rabbia o di dolore.

I puri di cuore tesero in alto le loro mani, verso lo Sposo delle loro anime.

Perfino l'inferno restò annichilito dalla pesante scossa della croce: per alcuni minuti cessò di ispirare bestemmie e oltraggi ai suoi seguaci.

Vidi le anime dei defunti sospirare di gioia perché quel la croce piantata nella terra apriva le porte della loro sospirata redenzione.

Di fronte ad essa molti cuori pentiti compresero le parole di Giovanni Battista: «Ecco l'Agnello di, Dio che toglie i peccati dal mondo».

I piedi di Gesù si trovavano a un'altezza tale che i suoi amici potevano venerarli. Il suo volto era girato verso nord ovest.


Crocifissione dei due ladroni

«Venivano condotti anche due malfattori, per essere giustiziati insieme con Gesù» (Luca 23,32).

Durante la crocifissione del Signore i due ladroni erano rimasti sul lato orientale del Calvario sorvegliati dalle guardie. Entrambi erano stati condannati per l'assassinio di una giovane donna ebrea e dei suoi figli.

Il cosiddetto ladrone di sinistra, il più anziano, era stato il corruttore e il maestro di quello che poi si sarebbe convertito.

I due sono chiamati Dismas e Gesma; il primo è il buon ladrone.

Avevano fatto parte di quella banda di assassini sotto il cui tetto aveva pernottato la santa famiglia durante la fuga in Egitto. Dismas era il ragazzo lebbroso sanato nell'acqua dov'era stato bagnato il bambino Gesù.

La guarigione miracolosa fu il frutto della carità e dell'amore che sua madre aveva usato verso la Vergine.

Dio aveva reso possibile, per mezzo dell'intercessione della Vergine, la salvezza fisica di quell'anima sciagurata, la cui salvezza spirituale sarebbe avvenuta sulla croce con la promessa di Cristo.

Dismas non aveva una natura cattiva, si era pervertito col tempo; non poteva ricordarsi di Gesù, ma la mite pazienza del Signore l'aveva commosso profondamente. In attesa della propria crocifissione egli così discuteva col suo compagno:

«Questa gente si comporta in modo orribile contro il Galileo, forse egli ha commesso qualche delitto più grave del nostro, ma ha una pazienza enorme e un potere grandissimo sopra tutti gli uomini».

Rispose Gesma:

«Ma che potere avrebbe mai costui sugli altri? Se fosse davvero potente, come dice, potrebbe liberarsi e aiutare noi».

Così parlavano tra loro, quando vennero gli sgherri e dissero:

«Ora tocca a voi!».

Slegarono i ladroni e li portarono vicino ciascuno alla propria croce, in tutta fretta, poiché il cielo si era oscurato e si preannunciava un forte temporale. Sulle croci erano state montate le assi trasversali. Dopo averli spogliati delle misere tuniche, diedero loro a bere aceto e mirra e li costrinsero a salire sulle scale a pioli tempestandoli di calci e di pugni. Furono legati sulle croci con solide corde fatte di corteccia d'albero. Li legarono così stretti che le giunture e le ossa delle mani e dei piedi scricchiolarono e i loro muscoli sanguinarono.

Tra le atroci sofferenze, il buon ladrone disse ai carnefici:

«Se ci aveste maltrattati come quel povero Galileo, non avreste più avuto bisogno di legarci qui sopra».


La veste di Gesù è giocata a sorte

«Essi divisero le sue vesti tirandole a sorte» (Luca 23,34).

 

Vidi i crocifissori di Gesù che avevano fatto dei suoi indumenti piccoli mucchietti per dividerseli. Il mantello, più stretto sopra che sotto, fu lacerato in lunghe strisce; si divisero anche il suo scapolare, la cintura e la biancheria.

Decisero di giocare a sorte la tunica inconsutile già lacera, perché quei brandelli, se divisi, non sarebbero serviti loro a nulla.

Avevano appena preso i dadi nelle mani, quando giunse un inviato di Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea ad avvertirli che ai piedi del monte si trovava gente disposta ad acquistare le vesti di Gesù. I crocifissori, raccolti in fretta gli indumenti, corsero giù e li vendettero. Così quelle sante reliquie entrarono in possesso dei cristiani.


Gesù in mezzo ai due ladroni

«Crocifissero lui e i malfattori, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra» (Luca 23,33).


Piena di dolore guardavo nostro Signore in croce.

Il mio cuore era colmo di languore e di profondo amore per lui. Credetti che fosse già morto.

Sentivo la mia testa come se fosse incoronata di spine, mentre il mio intelletto si perdeva nel nulla. Le mani e i piedi mi bruciavano come se fossero arsi dalle fiamme, mentre le membra e le viscere mi procuravano tormenti inauditi. Queste tremende sofferenze non erano altro che amore puro per Gesù Salvatore. Nelle cupe tenebre io vedevo solo il mio Sposo in croce che recava consolazione alle anime del mondo.

Contemplai con tenera compassione il mio Signore con l'orribile corona di spine, il sangue che gli riempiva gli occhi, la bocca semiaperta, la chioma e la barba insanguinata, il capo abbattuto sul petto. Dopo lo svenimento, a causa del peso della corona di spine, egli rialzò la testa con fatica. Il suo petto si era rialzato, scavando al di sotto una depressione profonda, l'addome era cavo e rientrato; le spalle, i gomiti, i polsi, le cosce e le gambe tutte slogate. Le sue membra erano tese e i muscoli dilaniati, al punto tale che era possibile contarne le ossa.

Il suo santo corpo era ricoperto di macchie orribili, nere, blu e giallastre. Il sangue gli colava dalle mani lungo le braccia e scorreva dal foro prodotto nei suoi sacratissimi piedi, irrorando la parte inferiore dell'albero della croce.

Il sangue, dapprima rosso vivo, divenne alla fine pallido e acquoso.

Eppure, anche così sfigurato, il santo corpo del Signore, simile a un cadavere dissanguato, conservava un'esprimibile luce di maestosa potenza.

Nonostante i maltrattamenti e le atroci torture, il Figlio di Dio restava bello e santo in quel corpo d'Agnello pasquale, immolato sotto il peso dei peccati del mondo.

Il petto di Gesù era alto e ampio, non era villoso come quello di Giovanni Battista.

Le sue ginocchia erano forti e robuste, tipiche di un uomo che ha viaggiato spesso e si è inginocchiato a pregare; le gambe erano lunghe e muscolose. I suoi piedi avevano una forma solida e graziosa, sotto la cui pianta la pelle era divenuta callosa a motivo del molto camminare; le mani erano belle, con dita lunghe e delicate.

Il collo era moderatamente lungo, robusto e muscoloso, la testa non troppo grande, la fronte alta e spaziosa, l'ovale del viso era ben tratteggiato dalla carnagione pallida, simile a quella della santa Vergine. Il suo aspetto era purissimo.

Gesù aveva i capelli bruno dorati, lunghi e ricadenti sul le spalle; la barba non era lunga, ma terminava a punta ed era divisa in due parti sotto il mento.

Adesso, sulla croce, la sua capigliatura era in parte strappata e piena di sangue raggrumato, il corpo era una piaga sola e si era talmente assottigliato che non copriva nemmeno interamente l'albero della croce.

La croce di Gesù era stata costruita con alcuni legni di color bruno e altri giallastri. Il tronco era di colore scuro, come quello del legno che è stato a lungo immerso nell'acqua. Tra le croci dei ladroni e quella del Signore vi era uno spazio sufficiente per il passaggio di un uomo a cavallo.

I due ladroni presentavano uno spettacolo ripugnante, sopratutto Gesma, quello che era stato crocifisso alla sinistra del Signore. Era completamente ebbro e ripeteva pesanti imprecazioni e ingiurie.

I due corpi sospesi erano slogati, i loro volti erano lividi con gli occhi iniettati di sangue.

Il dolore causato dalle corde strappava loro grida spaventose.


La prima parola di Gesù in croce


Dopo la crocifissione dei ladroni, i carnefici raccolsero i loro strumenti e lanciarono al Signore gli ultimi insulti prima di ritirarsi.

I farisei, a loro volta, passando a cavallo davanti a Gesù gli indirizzarono alcune parole oltraggiose e poi si ritirarono anch'essi.

Cinquanta soldati romani, al comando dell'arabo Abenadar, diedero il cambio ai primi cento.

Dopo la morte di Gesù, Abenadar si fece battezzare prendendo il nome di Ctesifon. Il comandante in seconda si chiamava Cassio, e anch'egli divenne cristiano col nome di Longino.

Sopraggiunsero sul monte altri dodici farisei, dodici sadducei, dodici scribi e parecchi anziani. Tra questi ultimi si trovavano coloro che avevano chiesto a Pilato di modificare l'iscrizione e erano esasperati perché il procuratore non aveva voluto nemmeno riceverli. Quelli a cavallo fecero il giro della piattaforma e scacciarono la santa Vergine chiamandola donna perversa.

Giovanni la condusse tra le braccia di Maria Maddalena e di Marta.

I farisei, arrivati di fronte a Gesù, scuoterono la testa con disprezzo e lo beffeggiarono con queste parole:

«Vergognati, impostore! Come farai a distruggere il tempio e a ricostruirlo in tre giorni? Hai sempre voluto aiutare gli altri e non hai neppure la forza di aiutare te stesso. Se sei figlio del Dio d'Israele, discendi da quel la croce e fatti aiutare da lui!».

Anche i soldati romani lo schernivano dicendo:

«Se tu sei il re lei Giudei e il Figlio di Dio, salva te stesso!».

Gesù stava crocifisso privo di sensi. Allora Gesma disse:

«Il suo demoni l'ha abbandonato!».

Intanto un soldato romano pose sopra un bastone una spugna inzuppata di aceto e l'innalzò fino alle labbra di Gesù, il quale ne gustò un poco. Compiendo quel gesto, il sol dato fece da eco al ladrone e disse:

«Se sei il re di Giudei, aiutati da te stesso!».

Il Signore sollevò un poco la testa e disse:

«Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno.

Poi proseguì la sua preghiera in silenzio.

Nell'udire qu parole, Gesma gli gridò:

«Se tu sei il Cristo, aiuta te e noi!».

E così dicendo continuò a schernirlo.

Ma Dismas, il ladrone alla destra, si commosse profondamente quando udì Gesù pregare per i suoi nemici.

Udendo la voce di suo Figlio, la Vergine Maria si precipitò verso la croce seguita da Giovanni, da Salomè e da Maria di Cleofa, incapaci di trattenerla.

Il centurione di guardia non li respinse e li lasciò passare.

Appena la Madre si avvicinò alla croce, si sentì confortata dalla preghiera di Gesù. Nello stesso momento, illuminato dalla grazia, Dismas riconobbe che Gesù e sua Madre l'avevano guarito nella sua infanzia, e con voce forte e rotta dall'emozione gridò:

«Come potete ingiuriare Gesù mentre prega per voi? Egli ha sofferto pazientemente tutte le vostre ingiurie e i vostri affronti. Costui è veramente il Profeta, il nostro Re e il Figlio di Dio».

A quelle parole di biasimo, uscite dalla bocca di un assassino sul patibolo, scoppiò un grande tumulto fra gli astanti. Molti presero delle pietre per lapidarlo, ma Abenadar non lo permise, li fece disperdere e ristabilì l'ordine.

Rivolto al suo compagno, che continuava ad ingiuriare Gesù, Dismas gli disse:

«Non temi dunque il Signore, tu che sei condannato al lo stesso supplizio? Noi ci troviamo giustamente qui per ché la pena l'abbiamo meritata con le nostre azioni, ma lui non ha fatto nulla di male, ha sempre consolato il prossimo. Pensa alla tua ultima ora e convertiti!».

Quindi, profondamente commosso, confessò a Gesù tutti i suoi peccati dicendogli:

«Signore, se tu mi condanni, è secondo giustizia; ma, ciò nonostante, abbi pietà di me!».

Gesù gli rispose:

«Tu proverai la mia misericordia!».

Così Dismas ottenne la grazia di un sincero pentimento.

Tutto quanto è stato narrato avvenne tra mezzogiorno e mezzogiorno e mezzo. Mentre il buon ladrone si pentiva, si verificavano nella natura segni straordinari che riempirono tutti di spavento.

Verso le dieci, momento in cui fu pronunziato il giudizio di Pilato, aveva grandinato a tratti, poi il cielo si era schiarito ed era uscito il sole. A mezzogiorno, nubi fitte e rossastre coprirono il cielo; a mezzogiorno e mezzo, che corrisponde alla cosiddetta ora sesta dei Giudei, vi fu l'oscuramento miracoloso del sole.

Per grazia divina «ho vissuto molti particolari di quel l'avvenimento prodigioso, ma non riesco a descriverli in modo adeguato».

Posso solo dire che fui trasportata nell'universo, dove mi ritrovai fra miriadi di vie celesti che si incrociano in un'armonia meravigliosa. La luna, simile a un globo di fuoco, apparve a oriente e si mise rapidamente davanti al sole già coperto dalle nubi.

Poi, sempre in spirito, discesi a Gerusalemme, da dove, con spavento, vidi al lato orientale del sole un corpo oscuro che presto lo coprì interamente.

Il fondo di questo corpo era giallo scuro, aureolato da un cerchio rosso come il fuoco.

Un poco alla volta, il cielo intero s'incupì e si tinse di rosso. Uomini e bestie furono afferrati dalla paura; il bestiame fuggì via e gli uccelli cercarono riparo verso le col line del Calvario. Erano così spaventati che passavano rasenti al suolo e si lasciavano catturare con le mani. Le strade della città erano avvolte in una fitta nebbia, gli abitanti cercavano il cammino a tentoni. Molti giacevano a terra con il capo coperto, altri si battevano il petto gemendo di dolore. Gli stessi farisei guardavano con timore il cielo: essi erano talmente spaventati da quelle tenebre rossastre che cessarono perfino d'ingiuriare Gesù. Tuttavia cercavano di fare intendere questi fenomeni come naturali.


Le tenebre. Seconda e terza parola di Gesù in croce

«Era quasi l'ora sesta, quando le tenebre si stesero su tutta la terra, fino all'ora nona» (Luca 23,44).


Ma molti non si lasciarono convincere e, continuando a torcersi le mani, gridavano:

«Che il suo sangue ricada sugli assassini!». Quindi, gettandosi in ginocchio, imploravano il perdono del Signore. Gesù volse i suoi occhi sofferenti verso di loro.

Con l'intensificarsi delle tenebre molte persone hanno abbandonato la croce, tranne la santa Vergine e gli amici più fedeli di Gesù. Profondamente pentito, Dismas rivolse al Signore parole di timida speranza:

«Signore, pensa a me quando sarai nel tuo regno!».

Gesù gli rispose:

«In verità ti dico: tu sarai oggi con me in paradiso».

Adesso la Madre di Gesù, Maria Maddalena, Maria di Cleofa e Giovanni stavano fra la croce di Gesù e quelle dei ladroni, e guardavano il Signore. Maria santissima prega va interiormente il Figlio di permetterle di morire con lui. Il Salvatore comprese quella preghiera e la guardò con ineffabile tenerezza, poi rivolse lo sguardo a Giovanni e disse a sua Madre:

«Donna, ecco tuo figlio. Egli ti sarà tale più che se tu lo avessi generato!».

Quindi disse a Giovanni:

«Ecco tua Madre!».

Giovanni abbracciò rispettosamente la Madre di Gesù divenuta ormai anche la sua.

A queste ultime disposizioni del Figlio, accasciata dal dolore, la Vergine cadde priva di sensi sotto la croce; fu subito sorretta dalle pie donne e fatta sedere su un terrapieno poco distante.

Giovanni, l'apostolo spirituale, era divenuto figlio di Dio perché Cristo già viveva in lui. Non fa meraviglia, infatti, che il Signore abbia dato Giovanni per figlio a colei che l'angelo aveva salutato «piena di grazia», perché il nome Giovanni significa appunto “grazia”.

 

Il tempio durante le tenebre. Angoscia di Pilato

 

La gente, gemendo per la paura, vagava disorientata per le strade o si era rinchiusa in casa.

Vidi Pilato nella casa di Erode. I due scrutavano costernati il cielo: si trovavano sulla medesima terrazza dalla quale Erode aveva guardato il Signore in balìa della marmaglia.

Essi erano convinti che tutto quello che stava accadendo aveva certamente relazione con la condanna di Gesù.

Più tardi, scortati da numerose guardie, si recarono al palazzo del procuratore romano; con il cuore angustiato, attraversarono a grandi passi il loro deserto. Pilato non osò nemmeno guardare il tribunale detto Gabbata.

Rientrato nel suo palazzo, egli fece convocare gli anziani del popolo ebraico per conoscere la loro opinione riguardo i segni del cielo. Il procuratore sosteneva davanti ai sinedriti che la crocifissione del Galileo, provocata dalla loro ostinazione, era la causa della collera degli dèi e aveva suscitato i segni contrari della natura. Ma i Giudei, niente affatto pentiti, continuavano a considerare quei sinistri presagi come fenomeni naturali. Molti altri però si erano già convertiti, come le guardie che erano cadute davanti al santo nome del Signore.

Davanti al palazzo di Pilato vidi un grande affollamento. La gente urlava:

«Il suo sangue cada sui suoi assassini! Abbasso il giudice iniquo!».

Erano gli stessi che al mattino avevano gridato: «Crocifiggilo!».

Il miserabile Pilato replicò, gridando, che egli non c'entrava nulla con la condanna del Galileo; disse che i Giudei l'avevano voluta e che costui era il loro re e profeta, e non il suo.

Anche nel tempio aveva regnato l'angoscia durante l'immolazione dell'agnello pasquale. Quando il cielo si era oscurato completamente, i fedeli erano caduti in preda al terrore. Alcune volte crollarono, il velo del “santo dei santi” si squarciò e i fedeli videro i morti risuscitati.

I sommi sacerdoti avevano tentato in tutti i modi di tranquillizzare la folla. Accesero perfino tutti i candelieri, il panico era continuato a crescere.

Lasciai la città mentre l'oscurità si faceva sempre più cupa. Alla periferia nord-est di Gerusalemme, vicino al muro di cinta, si aprì il terreno che copriva alcune tombe.


Abbandono di Gesù.

Quarta parola in croce

«Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della cr ce» (iPietro 2,24).


In un primo momento l'oscurità non fu notata sul Calvario, perché vi regnava una grande agitazione: i crocifissori occupati a rizzare la croce e a lanciare bestemmie, le urla dei due ladroni sulle croci, gli insulti a Gesù da parte dei farisei a cavallo, il cambio dei soldati romani e la tumultuosa partenza dei carnefici ebbri... Poi venne il pentimento di Dismas, e i farisei si sdegnarono contro di lui.

Ma quando le tenebre divennero fitte produssero un'impressione terribile nei presenti, i quali, molto preoccupati, si allontanarono dalla croce.

Fu allora che Gesù raccomandò sua Madre a Giovanni e la Vergine fu subito dopo allontanata perché svenne.

Seguì un momento di silenzio solenne, in cui la maggior parte degli astanti rivolse gli occhi al cielo e alle stelle, che scintillavano di luce vermiglia. Alcuni guardarono il Crocifisso e conobbero la grazia del pentimento: in tal modo la loro coscienza si risvegliò straordinariamente alla vera vita.

Infine quasi tutti andarono via e la calma regnò intorno alla croce. Vidi una schiera di angeli levarsi accanto al Salvatore crocifisso, abbandonato nelle profondità del suo martirio.

Fu l'unico conforto prima di restare solo nell'oscurità.

Il Signore concludeva nelle tenebre più scure la sua missione umana, in intimità di preghiera con il suo Padre celeste. Lo pregava con amore raccomandandogli i suoi nemici, mentre recitava i salmi che andavano compiendosi. Egli patì l'angoscia più profonda, come un povero uomo privato di ogni consolazione umana e divina. Quando la fede, la carità e la speranza restano vuote e spoglie nel deserto della prova, questo dolore è inesprimibile.

Abbandonato completamente nell'oscurità più fitta, Gesù donò se stesso e tutti i suoi infiniti meriti per noi peccatori, affinché non dovessimo più discendere soli nella notte interiore.

Verso le tre Gesù si lamentò:

«Eh, Eh, lama sabachtani!», che significa: «Mio Dio! Mio Dio! Perché mi hai lasciato?».

Con questo grido di dolore filiale il Signore permise agli afflitti di riconoscere Dio come Padre.

Nell'udire il suo lamento lacerante, uno di quelli che lo oltraggiavano disse:

«Chiama Elia!».

Un altro intervenne:

«Vedremo se Elia verrà a soccorrerlo!».

La Vergine santa corse di nuovo ai piedi della croce, seguita da Giovanni, da Maria figlia di Cleofa, da Maria Maddalena e Salomè.

Una trentina di cavalieri stranieri, provenienti dai dintorni di Giaffa, nel vedere Gesù sopra la croce, gridarono con rabbia:

«Se non vi fosse il tempio di Dio, questa città meriterebbe di essere bruciata! ».

Il grido di sdegno, uscito dalla bocca di quegli uomini di rango, provocò la protesta dei Giudei rimasti vicino alla croce.

Tra questi ultimi si erano formati spontaneamente due gruppi: da uno provenivano gemiti di dolore, dall'altro, che protestò al grido degli stranieri, si levavano solo ingiurie e bestemmie contro il Redentore.

I farisei erano diventati meno arroganti e, temendo un'insurrezione popolare, chiesero al centurione Abenadar di chiudere la porta più vicina alla città; furono pure richiesti consistenti rinforzi a Pilato e a Erode.

Appena dopo le quindici, il cielo si schiarì e la luna incominciò ad allontanarsi dal sole nella direzione opposta, ma il sole apparve annebbiato, privo di raggi e rosso. A poco a poco riapparvero i raggi del sole e le stelle scomparvero, e tuttavia il cielo rimase offuscato.

Con il ritorno della luce i nemici di Gesù ripresero la loro baldanza, ma il centurione Abenadar impose l'ordine, impedendo che Gesù fosse lapidato.


La morte di Gesù.

Quinta, sesta e settima parola


«Sapendo Gesù che già tutto era compiuto, affinché si adempisse la Scrittura, disse: “Ho sete”» (Giovanni 19,28).

Quando tornò la luce del giorno, si vide il santo corpo del Signore appeso alla croce, esangue, livido e più bianco di prima a causa del sangue versato.

Gesù era moribondo; con la lingua riarsa pronunciò:

«Ho sete».

Ma poiché i suoi amici fedeli continuavano a guardarlo dolorosamente senza far niente, il Signore chiese:

«Non potreste darmi una goccia d'acqua?».

Egli voleva intendere che durante l'oscurità nessuno li avrebbe visti. Giovanni rispose addolorato:

«Oh, Signore! Ti abbiamo dimenticato!».

Questa dimenticanza da parte dei suoi più intimi amici deluse Gesù al punto tale che egli sussurrò interiormente:

«Anche i miei più prossimi dovevano dimenticarmi e non darmi da bere, affinché ciò che sta scritto trovasse compimento».

Gli amici di Gesù offrirono denaro alle guardie perché gli portassero un po' d'acqua, ma anche questi ultimi presero il compenso e non gli diedero nulla. Uno di loro immerse una spugna nell'aceto, in un bariletto di scorza, e vi aggiunse del fiele per darglielo a bere. Il centurione Abenadar non lo permise: strappò dalle mani del soldato la spugna, la svuotò e l'impregnò d'aceto puro. Poi l'adattò a una canna d'issopo e la pose in cima alla sua lancia, che portò fino alla bocca del Signore. Gesù pronunciò alcune parole, di cui ricordo solo queste:

«Quando io non avrò più la mia voce, parlerà la bocca dei morti!».

L'ultima ora del Signore era ormai prossima. Egli lotta va contro la morte come un uomo comune; un sudore freddo gli copriva tutto il corpo e il petto ansimava sempre più forte.

Giovanni, sotto la croce, gli asciugava i piedi con un sudario.

Maria Maddalena, distrutta dal dolore, era appoggiata dietro la croce. La Vergine si manteneva in piedi fra la croce di Gesù e quella del buon ladrone, sostenuta da Salomè e da Maria di Cleofa.

Giunto all'estremo, Gesù disse:

«Tutto è compiuto! ».

Sollevò il capo e gettò un grido forte e soave che penetrò il cielo e la terra:

«Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito!

Quando il Signore chinò il capo e rese lo spirito, erano passate da poco le ore quindici. Vidi la sua anima discendere nel limbo come una figura luminosa.

Giovanni e le pie donne caddero con la fronte nella polvere.

Tutto si era ormai compiuto, l'anima del Signore aveva abbandonato il santo corpo. L'ultimo grido del Santo dei santi aveva fatto tremare la terra e quelli che lo avevano udito; la roccia del Calvario si spaccò e numerose case crollarono.

Le poche persone ancora presenti sul Golgota si percossero il petto e si affrettarono a rincasare. Le vidi profondamente commosse, mentre si laceravano le vesti e si cospargevano il capo di polvere.

Giovanni e le pie donne si rialzarono e prestarono amorevoli cure alla Vergine.

Abenadar, dopo aver presentato l'aceto al Salvatore, rimasto stranamente impressionato: fermo sul suo cavallo, egli non poteva più distogliere gli occhi dal santo volto di Gesù coronato di spine.

Perfino il cavallo abbassò il capo e il centurione gli allentò le redini.

In quel momento la luce della grazia lo illuminò ed e, si sentì trasformato. Il cuore orgoglioso del fiero centurione si era infranto come la roccia del Calvario. Egli gettò lontano la lancia, si battè il petto con forza ed emise il grido dell'uomo nuovo:

«Benedetto sia il Signore onnipotente, il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe! Questi era certamente un giusto, ed è veramente il Figlio di Dio!».

I suoi soldati gli fecero eco, perfino alcuni farisei si batterono il petto.

Pronunciate le parole di redenzione, Abenadar consegnò il cavallo a Cassio e gli affidò il comando, poi prese commiato dai suoi soldati e lasciò il Calvario. Lo vidi annunciare la morte del Salvatore ai discepoli nella valle di Gihon, infine si diresse al palazzo di Pilato.

Il Signore aveva ormai affidato la sua anima al Padre e abbandonato il suo santo corpo alla morte. Egli aveva pagato il suo debito d'amore all'umanità.

Con un'estrema convulsione, il corpo di Cristo divenne esangue e impallidì in modo straordinario, mentre le sue ferite, dalle quali era fuoruscito il sangue in abbondanza, risaltavano come macchie scure. Il suo volto si era allungato, perché le gote erano afflosciate, il naso sembrava più affilato e gli occhi pieni di sangue erano rimasti aperti a metà.

Nell'affidarsi completamente alla morte, Gesù aveva sollevato la sua testa coronata di spine lasciandola ricadere sotto il peso dei dolori; le sue labbra, divenute livide e contratte, si erano socchiuse senza più alcuna tensione, così le sue mani sostenute dai chiodi si distesero, come anche le braccia.

Il suo dorso si irrigidì lungo la croce e tutto il peso del corpo poggiò sui piedi, le ginocchia si piegarono tutte da un lato ed i suoi piedi trafitti si girarono un poco intorno al chiodo.

La Vergine guardò quel santo corpo, concepito per opera dello Spirito Santo nella più assoluta purezza, come carne della sua carne, ossa delle sue ossa, cuore del suo cuore, adesso privato di ogni bellezza e separato dalla sua anima santissima.

La Madre lo contemplò con una sofferenza indicibile:

sospeso alla croce, tra i due ladroni, sfigurato e disprezzato da coloro che era venuto a salvare.

Adesso, pur così sfigurato, il santo corpo del Signore imponeva rispetto e toccava il cuore degli uomini. La sua dolorosa passione e l'atroce morte sulla croce ispirarono profondamente la conversione di numerosi peccatori. Gesù stesso aveva detto: «Se il seme non muore non porta frutto ! ».

I ladroni erano in preda a frequenti convulsioni. Dismas pregò per tutto il tempo del suo supplizio sulla croce.

I farisei tentarono di misurare con le corde la profondità della spaccatura della roccia, ma non riuscendo a toccarne il fondo lasciarono il Calvario, salutati dai lamenti degli amici di Gesù.

I soldati romani andarono a rinforzare quelli che custodivano le porte della città, perché si temeva una sommossa.

Il silenzio e il lutto regnavano intorno al corpo del Signore. Di fronte alla croce vidi solo gli amici di Gesù.

Dalle valli circostanti qualche discepolo del Signore guardava con inquietudine verso il Calvario.

L'aria si era rinfrescata, ma la luce del sole era ancora offuscata.


17-20 Ottobre 23, 1924 La Divina Volontà operante e dominante nella creatura forma un dolce incanto alle pupille divine, e disarma la Giustizia Divina.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Passo giorni amari per la privazione del mio dolce Gesù. Oh! come rimpiango la sua amabile presenza! Anche il solo ricordo delle sue dolci parole sono ferite al mio povero cuore e dico tra me: “E adesso, dov’è? Dove rivolse i suoi passi? Dove potrei ritrovarlo? Ahi! il tutto è finito, non più lo vedrò! Non ascolterò più la sua voce, non più pregheremo insieme, come è dura la mia sorte, che strazio! Che pena! Ah! Gesù, come ti sei cambiato! Come da me sei fuggito? Ma sebbene lontana, ti mando sulle ali del tuo Volere, dovunque Tu sia, i miei baci, il mio amore, il mio grido di dolore che ti dice: “Vieni, ritorna alla povera esiliata, alla piccola neonata, che non può vivere senza di Te!” Ma mentre ciò dicevo ed altro, il mio amabile Gesù si è mosso nel mio interno, e stendendomi le braccia mi ha stretto forte forte, ed io gli ho detto: “Mia vita, mio Gesù, non ne posso più, aiutami, dammi la forza, non mi lasciare più, portami con Te, me ne voglio venire!” E Gesù, spezzando il mio dire, mi ha detto:

(2) “Figlia mia, non vuoi fare la mia Volontà?”.

(3) Ed io: “Certo che voglio fare la tua Volontà, ma anche in Cielo c’è la tua Volontà, sicché, se finora l’ho fatta in terra, d’ora in poi voglio venire a farla in Cielo, perciò, presto, portami, non mi lasciare più, mi sento che più non posso, abbi pietà di me”.

(4) E Gesù di nuovo: “Figlia mia, tu non sai che cosa è la mia Volontà in terra, si vede che dopo tante mie lezioni non l’hai ben capito. Devi sapere che l’anima che fa vivere la mia Volontà in essa, come prega, come soffre, come opera, come ama, ecc. ecc., forma un dolce incanto alle pupille divine, in modo che racchiude in quell’incanto, coi suoi atti, lo sguardo di Dio, in modo che preso dalla dolcezza di questo incanto, molti castighi che si attirano le creature coi loro gravi peccati, questo incanto ha virtù d’impedire che la mia giustizia si riversi con tutto il suo furore sulla faccia della terra, perché anche la mia giustizia subisce l’incanto della mia Volontà che opera nella creatura. Ti par poco che il Creatore veda nelle creature, vivendo ancora sulla terra, la loro Volontà operante, trionfante, dominante, con quella libertà con cui opera e domina in Cielo? Questo incanto non c’è nel Cielo, perché la mia Volontà nel mio Regno domina come in casa sua, e l’incanto viene formato in Me stesso, non fuori di Me, sicché sono Io, è la mia Volontà che incanta con una forza rapitrice tutti i beati, in modo che le loro pupille sono racchiuse nel mio incanto per bearsi eternamente; sicché non loro mi formano il dolce incanto, ma Io a loro, sicché le mie pupille sono libere, non subiscono nessuno affascinamento. Invece, la mia Volontà vivendo nella creatura che valica l’esilio, è come operante e dominante in casa della creatura, ed è perciò che mi forma l’incanto, mi affascina e fa subire al mio sguardo un’attrattiva tali da rapirmi a fissare le mie pupille su di lei, senza poterle spostare. Ah! tu non sai quanto sia necessario questo incanto in questi tempi, quanti mali verranno! I popoli saranno costretti a mangiarsi l’un l’altro; saranno presi da tale rabbia, da inferocire l’uno contro dell’altro, ma la colpa maggiore è dei capi. Poveri popoli! Hanno per capi veri carnefici, diavoli incarnati che vogliono fare carneficina dei loro fratelli. Se i mali non dovessero essere gravi, il tuo Gesù non ti lasciava come priva di lui; tu temi che sia per altre cose che ti privo di Me, no, no, rassicurati, è la mia giustizia che privandoti di Me vuole sgravarsi sulle creature. Tu però, non uscire mai dalla mia Volontà, affinché il suo dolce incanto possa risparmiare i popoli dai mali peggiori”.