Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Siamo circondati dalle insidie di ogni genere. Il diavolo come leone ruggente ci gira intorno per divorare quello che può. Non dobbiamo dare l'occasione a satana per farci del male. A volte noi siamo come quel bambino che per curiosità  tocca il filo scoperto dell'elettricità , e poi si lamenta di aver preso una scossa. Da parte nostra, non facciamo nulla che possa facilitare a satana di avvicinarsi. E se il Signore, per farci crescere nella perfezione, permette certe prove, non perdiamo fiducia e affidiamoci a Lui, corriamo alla preghiera e ai sacramenti, affinché le tribolazioni si trasformano in meriti. Benediciamo il Signore nelle prove. Restiamo umili, fiduciosi, pazienti, e pensiamo che ciò confonde e allontana satana e glorifica Dio. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 2° settimana del Tempo di Pasqua

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 13

1Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!".2Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta".3Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte:4"Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?".

5Gesù si mise a dire loro: "Guardate che nessuno v'inganni!6Molti verranno in mio nome, dicendo: "Sono io", e inganneranno molti.7E quando sentirete parlare di guerre, non allarmatevi; bisogna infatti che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine.8Si leverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti sulla terra e vi saranno carestie. Questo sarà il principio dei dolori.
9Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per render testimonianza davanti a loro.10Ma prima è necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le genti.11E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo.12Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio e i figli insorgeranno contro i genitori e li metteranno a morte.13Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.

14Quando vedrete 'l'abominio della desolazione' stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti;15chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa;16chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello.17Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni!18Pregate che ciò non accada d'inverno;19perché quei giorni saranno 'una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione', fatta da Dio, 'fino al presente', né mai vi sarà.20Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni.21Allora, dunque, se qualcuno vi dirà: "Ecco, il Cristo è qui, ecco è là", non ci credete;22perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e portenti per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti.23Voi però state attenti! Io vi ho predetto tutto.

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

'il sole si oscurerà
e la luna non darà più il suo splendore'
25'e gli astri si metteranno a cadere' dal cielo
'e le potenze che sono nei cieli' saranno sconvolte.

26Allora vedranno 'il Figlio dell'uomo venire sulle nub'i con grande potenza e gloria.27Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

28Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina;29così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte.30In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute.31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.32Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.

33State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso.34È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare.35Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino,36perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati.37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!".


Primo libro dei Maccabei 10

1Nell'anno centosessanta Alessandro Epìfane, figlio di Antioco, s'imbarcò e occupò Tolemàide; vi fu riconosciuto re e cominciò a regnare.2Quando lo seppe, il re Demetrio radunò un esercito molto grande e gli mosse contro per fargli guerra.3Demetrio mandò anche lettere a Giònata con espressioni di amicizia per esaltarlo.4Diceva infatti: "Preveniamo costoro con la proposta di far pace con noi, prima che Giònata concluda un'alleanza con Alessandro contro tutti noi.5Si ricorderà certo di tutti i mali che abbiamo causati a lui, ai suoi fratelli e al suo popolo".6Gli concesse facoltà di raccogliere milizie, di preparare armi e considerarsi suo alleato e gli fece restituire gli ostaggi che erano nell'Acra.7Giònata venne in Gerusalemme e lesse le lettere davanti a tutto il popolo e a quelli dell'Acra.8Questi ebbero grande timore quando sentirono che il re gli aveva concesso facoltà di arruolare milizie.9Quelli dell'Acra restituirono gli ostaggi ed egli li rese ai loro genitori.10Giònata pose la residenza in Gerusalemme e incominciò a ricostruire e rinnovare la città.11Ordinò ai costruttori di edificare le mura e la cinta muraria del monte Sion con pietre quadrate per fortificazione, e così fecero.12Gli stranieri che stavano nelle fortezze edificate da Bàcchide fuggirono;13ognuno abbandonò la sua posizione e tornò alla sua terra;14solo in Bet-Zur erano rimasti alcuni traditori della legge e dei comandamenti; fu quello il loro rifugio.
15Il re Alessandro seppe dell'ambasciata che Demetrio aveva mandato a Giònata; gli narrarono anche le battaglie e gli atti di valore che egli e i suoi fratelli avevano compiuto e le fatiche sopportate16e disse: "Troveremo un altro come lui? Facciamocelo amico e alleato".17Scrisse e spedì a lui questa lettera:
18"Il re Alessandro al fratello Giònata salute.19Abbiamo sentito dire di te che sei uomo forte e potente e disposto ad essere nostro amico.20Noi dunque ti nominiamo oggi sommo sacerdote del tuo popolo e amico del re - gli aveva inviato anche la porpora e la corona d'oro - perché tu favorisca la nostra causa e mantenga amicizia con noi".21Giònata indossò le vesti sacre nel settimo mese dell'anno centosessanta nella festa delle Capanne e arruolò soldati e fece preparare molte armi.
22Demetrio venne a sapere queste cose e si rattristò e disse:23"Perché abbiamo lasciato che Alessandro ci prevenisse nell'accaparrarsi l'amicizia dei Giudei a suo sostegno?24Scriverò anch'io parole d'invito e proposte di onori e di doni, perché passino dalla nostra parte".25Scrisse loro in questi termini: "Il re Demetrio al popolo dei Giudei salute.26Avete osservato le nostre alleanze e siete rimasti nella nostra amicizia e non siete passati ai nostri nemici: l'abbiamo saputo e ne siamo felici.27Continuate dunque a mantenerci la vostra fedeltà e ricambieremo con favori quello che farete per noi.28Vi concederemo ampie immunità e vi invieremo doni.29Fin da ora dispenso voi ed esonero tutti i Giudei dal tributo e dalla tassa del sale e dalle corone.30Rinuncio anche da oggi in poi a riscuotere dalla Giudea e dai tre distretti che le sono annessi, dalla Samaria e dalla Galilea, la terza parte del grano e la metà dei frutti degli alberi che mi spetta, da oggi per sempre.31Gerusalemme sia santa ed esente con il suo distretto e così siano sacre le decime e i tributi.32Rinuncio anche al potere sull'Acra in Gerusalemme e la concedo al sommo sacerdote perché vi stabilisca uomini da lui scelti a presidiarla.33Rimetto in libertà senza compenso anche ogni persona giudea, fatta prigioniera fuori del paese di Giuda in tutti i miei domìni; tutti siano esonerati dai tributi, anche da quelli del bestiame.34Tutte le feste e i sabati e i noviluni e il triduo prima e il triduo dopo la festa siano tutti giorni di esenzione e di immunità per tutti i Giudei che sono nel mio regno;35nessuno avrà il potere di intentare causa contro di loro o di disturbarli per alcun motivo.36Si potranno arruolare nell'esercito del re fino a tremila Giudei e sarà dato loro il soldo, come spetta a tutte le forze del re.37Saranno posti di stanza alcuni di loro nelle più grandi fortezze del re, alcuni di loro saranno anche preposti agli affari di fiducia del regno; i loro superiori e i comandamenti saranno scelti tra di loro e potranno regolarsi secondo le loro leggi, come ha prescritto il re anche per la Giudea.38I tre distretti assegnati alla Giudea, detraendoli dalla regione della Samaria, saranno riconosciuti dalla Giudea e considerati come sottoposti a uno solo e non dipendenti da altra autorità che non sia quella del sommo sacerdote.39Assegno Tolemàide e le sue dipendenze come dono al tempio di Gerusalemme per le spese necessarie al santuario.40Io personalmente assegno ogni anno quindicimila sicli d'argento prelevati dai diritti del re sulle località più convenienti.41Gli ulteriori contributi che non sono stati versati dagli incaricati come negli anni precedenti, d'ora in poi saranno corrisposti per le opere del tempio.42Oltre a ciò i cinquemila sicli che venivano prelevati dall'ammontare delle entrate annuali del tempio sono anche condonati perché appartengono ai sacerdoti che vi prestano servizio.43Chiunque si rifugerà nel tempio di Gerusalemme e nella sua zona con debiti da rendere al re o per qualunque motivo, sarà dichiarato libero con quanto gli appartiene nel mio regno.44Per le costruzioni e i restauri nel tempio le spese saranno sostenute dalla cassa del re.45Anche per la costruzione delle mura e delle fortificazioni intorno a Gerusalemme le spese saranno sostenute dall'erario del re e così la costruzione di mura nella Giudea".
46Quando Giònata e il popolo intesero simili espressioni, non vi prestarono fede e non le accettarono, ricordando le grandi iniquità da lui compiute contro Israele e quanto li avesse fatti soffrire.47Ma preferirono Alessandro, perché questi era stato il primo ad avviare trattative di pace, e gli furono sempre alleati.
48Il re Alessandro raccolse grandi forze e uscì in campo contro Demetrio.49I due re attaccarono battaglia e l'esercito di Demetrio fu messo in fuga; Alessandro lo inseguì ed ebbe la meglio sulle sue truppe;50la battaglia infuriò fino al tramonto del sole e Demetrio cadde ucciso in quel giorno.
51Alessandro mandò allora ambasciatori al re Tolomeo con questo messaggio:52"Poiché sono rientrato nel mio regno e mi sono seduto sul trono dei miei padri, ho ripreso il comando e ho sconfitto Demetrio - egli si era impadronito del mio territorio53ma io gli ho mosso guerra ed egli e il suo esercito furono sconfitti dal nostro e ci siamo seduti sul trono del suo regno -54concludiamo tra di noi amicizia; tu concedimi in sposa tua figlia, io sarò tuo genero e offrirò a te e a lei doni degni di te".
55Tolomeo rispose: "Felice il giorno in cui sei tornato nella terra dei tuoi padri e ti sei seduto sul trono del loro regno.56Io farò quanto hai proposto nella lettera, ma tu vienimi incontro fino a Tolemàide, perché ci vediamo a vicenda, e io diventerò tuo suocero, come hai chiesto".
57Tolomeo partì dall'Egitto con la figlia Cleopatra e si recò a Tolemàide nell'anno centosessantadue.58Gli andò incontro il re Alessandro: Tolomeo gli diede sua figlia Cleopatra e celebrò le nozze con lei in Tolemàide secondo lo stile dei re con grande sfarzo.
59Il re Alessandro scrisse a Giònata di venirgli incontro.60Egli andò con grande parata a Tolemàide e s'incontrò con i due re; offrì loro e ai loro amici oro e argento e molti doni e si guadagnò il loro favore.61Si accordarono però contro di lui uomini pestiferi d'Israele, traditori della legge, per deporre contro di lui, ma il re non prestò loro ascolto.62Il re invece diede ordine di far deporre a Giònata le sue vesti e di rivestirlo della porpora e l'ordine fu eseguito.63Il re lo fece sedere accanto a sé e disse ai suoi ufficiali: "Attraversate con lui la città e proclamate che nessuno porti accuse contro di lui per qualunque motivo e nessuno gli rechi molestia in alcun modo".64Ora, quando i suoi accusatori videro gli onori che riceveva, come proclamava il banditore, e che era stato rivestito di porpora, si dileguarono tutti.65Il re gli conferì onori e lo ascrisse tra i suoi primi amici e lo costituì stratega e governatore della provincia.66Così Giònata tornò a Gerusalemme in pace e gioia.
67Nell'anno centosessantacinque Demetrio, figlio di Demetrio, venne da Creta nella terra dei suoi padri.68Il re Alessandro, quando lo seppe, ne fu assai preoccupato e tornò in Antiochia.69Demetrio affidò il governo della Celesiria ad Apollonio e questi raccolse un grande esercito, si accampò presso Iamnia e inviò al sommo sacerdote Giònata questo messaggio:
70"Soltanto tu ti sei alzato contro di noi e io sono diventato oggetto di derisione e di scherno a causa tua. Perché ti fai forte contro di noi stando sui monti?71Ora, se sei tanto sicuro delle tue forze, scendi contro di noi nella pianura e qui misuriamoci, perché con me c'è la forza delle città.72Infòrmati e sappi chi sono io e chi sono gli altri miei alleati. Questi ti diranno: Non potrete tener saldo il piede davanti a noi, perché già due volte sono stati da noi sconfitti i tuoi padri nella loro terra.73Così ora non potrai resistere alla cavalleria e a un esercito come il nostro in pianura, ove non c'è roccia né scoglio né luogo in cui rifugiarsi".74Quando Giònata intese le parole di Apollonio, ne ebbe l'animo irritato; scelse diecimila uomini e uscì da Gerusalemme. Suo fratello Simone gli venne incontro per aiutarlo.75Si accampò presso Giaffa, ma gli abitanti avevano chiuso la città, perché a Giaffa vi era un presidio di Apollonio. Le diedero l'assalto;76i cittadini spaventati aprirono e Giònata fu padrone di Giaffa.77Apollonio lo seppe e mise in campo tremila cavalli e molte truppe e si mosse verso Asdòd, come se intendesse fare quel percorso, ma subito si spinse nella pianura, poiché aveva una cavalleria numerosa sulla quale contava.78Giònata lo inseguì alle spalle in direzione di Asdòd e gli eserciti attaccarono battaglia.79Apollonio aveva lasciato un migliaio di cavalieri nascosti dietro di loro;80Giònata però si era accorto che c'era un appostamento dietro di lui. Quelli circondarono il suo schieramento e lanciarono frecce contro le truppe da mattina fino a sera.81Ma le truppe tennero fermo come aveva ordinato Giònata, mentre i cavalli di quelli si stancarono.82Allora Simone fece uscire le sue riserve e attaccò la falange e poiché la cavalleria ormai era esausta, quelli furono travolti e si diedero alla fuga;83i cavalieri si dispersero nella pianura e gli altri si rifugiarono in Asdòd ed entrarono in Bret-Dagon, il tempio del loro idolo, in cerca di scampo.84Giònata allora incendiò Asdòd e le città all'intorno, prese le loro spoglie e diede alle fiamme anche il tempio di Dagon e quanti vi si erano rifugiati.85Gli uccisi di spada e i morti tra le fiamme assommarono a circa ottomila uomini.86Poi Giònata tolse il campo di là e si accampò di fronte ad Ascalòna e i cittadini gli vennero incontro con grandi onori.87Così Giònata tornò in Gerusalemme con i suoi uomini carichi di bottino.88Il re Alessandro, udendo queste notizie, aumentò gli onori a Giònata;89gli inviò la fibbia d'oro che si usa inviare ai parenti del re e gli diede in possesso Ekròn e tutto il suo territorio.


Salmi 112

1Alleluia.

Alef. Beato l'uomo che teme il Signore
Bet. e trova grande gioia nei suoi comandamenti.
2Ghimel. Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
Dalet. la discendenza dei giusti sarà benedetta.
3He. Onore e ricchezza nella sua casa,
Vau. la sua giustizia rimane per sempre.

4Zain. Spunta nelle tenebre come luce per i giusti,
Het. buono, misericordioso e giusto.
5Tet. Felice l'uomo pietoso che dà in prestito,
Iod. amministra i suoi beni con giustizia.
6Caf. Egli non vacillerà in eterno:
Lamed. Il giusto sarà sempre ricordato.

7Mem. Non temerà annunzio di sventura,
Nun. saldo è il suo cuore, confida nel Signore.
8Samech. Sicuro è il suo cuore, non teme,
Ain. finché trionferà dei suoi nemici.
9Pe. Egli dona largamente ai poveri,
Sade. la sua giustizia rimane per sempre,
Kof. la sua potenza s'innalza nella gloria.

10Res. L'empio vede e si adira,
Sin. digrigna i denti e si consuma.
Tau. Ma il desiderio degli empi fallisce.


Salmi 18

1'Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici,2 e dalla mano di Saul. Disse dunque:'

Ti amo, Signore, mia forza,
3Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore;
mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo, mia potente salvezza.
4Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

5Mi circondavano flutti di morte,
mi travolgevano torrenti impetuosi;
6già mi avvolgevano i lacci degli inferi,
già mi stringevano agguati mortali.
7Nel mio affanno invocai il Signore,
nell'angoscia gridai al mio Dio:
dal suo tempio ascoltò la mia voce,
al suo orecchio pervenne il mio grido.

8La terra tremò e si scosse;
vacillarono le fondamenta dei monti,
si scossero perché egli era sdegnato.
9Dalle sue narici saliva fumo,
dalla sua bocca un fuoco divorante;
da lui sprizzavano carboni ardenti.
10Abbassò i cieli e discese,
fosca caligine sotto i suoi piedi.

11Cavalcava un cherubino e volava,
si librava sulle ali del vento.
12Si avvolgeva di tenebre come di velo,
acque oscure e dense nubi lo coprivano.
13Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi
con grandine e carboni ardenti.
14Il Signore tuonò dal cielo,
l'Altissimo fece udire la sua voce:
grandine e carboni ardenti.
15Scagliò saette e li disperse,
fulminò con folgori e li sconfisse.
16Allora apparve il fondo del mare,
si scoprirono le fondamenta del mondo,
per la tua minaccia, Signore,
per lo spirare del tuo furore.

17Stese la mano dall'alto e mi prese,
mi sollevò dalle grandi acque,
18mi liberò da nemici potenti,
da coloro che mi odiavano
ed eran più forti di me.
19Mi assalirono nel giorno di sventura,
ma il Signore fu mio sostegno;
20mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.

21Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia,
mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani;
22perché ho custodito le vie del Signore,
non ho abbandonato empiamente il mio Dio.
23I suoi giudizi mi stanno tutti davanti,
non ho respinto da me la sua legge;
24ma integro sono stato con lui
e mi sono guardato dalla colpa.
25Il Signore mi rende secondo la mia giustizia,
secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi.

26Con l'uomo buono tu sei buono
con l'uomo integro tu sei integro,
27con l'uomo puro tu sei puro,
con il perverso tu sei astuto.
28Perché tu salvi il popolo degli umili,
ma abbassi gli occhi dei superbi.
29Tu, Signore, sei luce alla mia lampada;
il mio Dio rischiara le mie tenebre.
30Con te mi lancerò contro le schiere,
con il mio Dio scavalcherò le mura.

31La via di Dio è diritta,
la parola del Signore è provata al fuoco;
egli è scudo per chi in lui si rifugia.
32Infatti, chi è Dio, se non il Signore?
O chi è rupe, se non il nostro Dio?
33Il Dio che mi ha cinto di vigore
e ha reso integro il mio cammino;
34mi ha dato agilità come di cerve,
sulle alture mi ha fatto stare saldo;
35ha addestrato le mie mani alla battaglia,
le mie braccia a tender l'arco di bronzo.

36Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza,
la tua destra mi ha sostenuto,
la tua bontà mi ha fatto crescere.
37Hai spianato la via ai miei passi,
i miei piedi non hanno vacillato.
38Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti,
non sono tornato senza averli annientati.
39Li ho colpiti e non si sono rialzati,
sono caduti sotto i miei piedi.
40Tu mi hai cinto di forza per la guerra,
hai piegato sotto di me gli avversari.

41Dei nemici mi hai mostrato le spalle,
hai disperso quanti mi odiavano.
42Hanno gridato e nessuno li ha salvati,
al Signore, ma non ha risposto.
43Come polvere al vento li ho dispersi,
calpestati come fango delle strade.
44Mi hai scampato dal popolo in rivolta,
mi hai posto a capo delle nazioni.
Un popolo che non conoscevo mi ha servito;
45all'udirmi, subito mi obbedivano,
stranieri cercavano il mio favore,
46impallidivano uomini stranieri
e uscivano tremanti dai loro nascondigli.

47Viva il Signore e benedetta la mia rupe,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
48Dio, tu mi accordi la rivincita
e sottometti i popoli al mio giogo,
49mi scampi dai nemici furenti,
dei miei avversari mi fai trionfare
e mi liberi dall'uomo violento.

50Per questo, Signore, ti loderò tra i popoli
e canterò inni di gioia al tuo nome.
51Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato,
a Davide e alla sua discendenza per sempre.


Ezechiele 32

1Il primo giorno del dodicesimo mese dell'anno decimosecondo, mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, intona un lamento sul faraone re d'Egitto dicendo:

Leone fra le genti eri considerato;
ma eri come un coccodrillo nelle acque,
erompevi nei tuoi fiumi
e agitavi le acque con le tue zampe,
intorbidandone i corsi".
3Dice il Signore Dio:
"Tenderò contro di te la mia rete
con una grande assemblea di popoli
e ti tireranno su con la mia rete.
4Ti getterò sulla terraferma
e ti abbandonerò al suolo.
Farò posare su di te tutti gli uccelli del cielo
e sazierò di te tutte le bestie della terra.
5Spargerò per i monti la tua carne
e riempirò le valli della tua carogna.
6Farò bere alla terra il tuo scolo,
il tuo sangue, fino ai monti,
e i burroni saranno pieni di te.
7Quando cadrai estinto, coprirò il cielo
e oscurerò le sue stelle,
velerò il sole di nubi e la luna non brillerà.8Oscurerò tutti gli astri del cielo su di te
e stenderò sulla tua terra le tenebre.
Parola del Signore Dio.

9Sgomenterò il cuore di molti popoli, quando farò giungere la notizia della tua rovina alle genti, in regioni a te sconosciute.10Per te farò stupire molti popoli e tremeranno i loro re a causa tua, quando sguainerò la spada davanti a loro. Ognuno tremerà ad ogni istante per la sua vita, nel giorno della tua rovina".11Poiché dice il Signore Dio: "La spada del re di Babilonia ti raggiungerà.

12Abbatterò la tua moltitudine con la spada dei prodi,
dei popoli più feroci;
abbatteranno l'orgoglio dell'Egitto
e tutta la sua moltitudine sarà sterminata.
13Farò perire tutto il suo bestiame
sulle rive delle grandi acque,
che non saranno più turbate da piede d'uomo,
né unghia d'animale le intorbiderà.
14Allora farò ritornare tranquille le loro acque
e farò scorrere i loro canali come olio.
Parola del Signore Dio.
15Quando avrò fatto dell'Egitto una terra desolata,
tutta priva di quanto contiene,
quando avrò percosso tutti i suoi abitanti,
allora si saprà che io sono il Signore.

16Questo è un lamento e lo si canterà. Lo canteranno le figlie delle genti, lo canteranno sull'Egitto e su tutta la sua moltitudine". Oracolo del Signore Dio.

17Ai quindici del primo mese, dell'anno decimosecondo, mi fu rivolta questa parola del Signore:18"Figlio dell'uomo, intona un canto funebre sugli abitanti dell'Egitto. Falli scendere insieme con le figlie di nazioni potenti, nella regione sotterranea, con quelli che scendono nella fossa.

19Di chi tu sei più bello?
Scendi e giaci con i non circoncisi.

20Cadranno fra gli uccisi di spada; la spada è già consegnata. Colpite a morte l'Egitto e tutta la sua gente.21I più potenti eroi si rivolgeranno a lui e ai suoi ausiliari e dagli inferi diranno: Vieni, giaci con i non circoncisi, con i trafitti di spada.22Là è Assur e tutta la sua gente, intorno al suo sepolcro, uccisi, tutti trafitti di spada;23poiché le loro sepolture sono poste nel fondo della fossa e la sua gente è intorno alla sua tomba: uccisi, tutti, trafitti di spada, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi.
24Là è Elam e tutto il suo esercito, intorno al suo sepolcro. Uccisi, tutti, trafitti di spada, scesi non circoncisi nella regione sotterranea, essi che seminavano il terrore nella terra dei viventi. Ora portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa.25In mezzo ai trafitti posero il suo giaciglio e tutta la sua gente intorno al suo sepolcro, tutti non circoncisi, trafitti di spada; perché avevano sparso il terrore nella terra dei viventi, portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa; sono stati collocati in mezzo ai trafitti di spada.
26Là è Mesech, Tubal e tutta la sua gente, intorno al suo sepolcro: tutti non circoncisi, trafitti di spada, perché incutevano il terrore nella terra dei viventi.27Non giaceranno al fianco degli eroi caduti da secoli, che scesero negli inferi con le armi di guerra, con le spade disposte sotto il loro capo e con gli scudi sulle loro ossa, perché tali eroi erano un terrore nella terra dei viventi.28Così tu giacerai fra i non circoncisi e con i trafitti di spada.
29Là è Edom, i suoi re e tutti i suoi prìncipi che, nonostante il loro valore, sono posti con i trafitti di spada: giacciono con i non circoncisi e con quelli che scendono nella fossa.30Là sono tutti i prìncipi del settentrione, tutti quelli di Sidòne, che scesero con i trafitti, nonostante il terrore sparso dalla loro potenza; giacciono i non circoncisi con i trafitti di spada e portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa.
31Il faraone li vedrà e si consolerà alla vista di tutta questa moltitudine; il faraone e tutto il suo esercito saranno trafitti di spada. Oracolo del Signore Dio.32Perché aveva sparso il terrore nella terra dei viventi, ecco giace in mezzo ai non circoncisi, con i trafitti di spada, egli il faraone e tutta la sua moltitudine". Parola del Signore Dio.


Lettera agli Ebrei 11

1La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono.2Per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona testimonianza.
3Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede.
4Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, attestando Dio stesso di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora.
5Per fede Enoch fu trasportato via, in modo da non vedere la morte; e 'non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via'. Prima infatti di essere trasportato via, ricevette la testimonianza di 'essere stato gradito a Dio'.6Senza la fede però è impossibile essergli graditi; chi infatti s'accosta a Dio deve credere che egli esiste e che egli ricompensa coloro che lo cercano.
7Per fede Noè, avvertito divinamente di cose che ancora non si vedevano, costruì con pio timore un'arca a salvezza della sua famiglia; e per questa fede condannò il mondo e divenne erede della giustizia secondo la fede.
8Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
9Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa.10Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
11Per fede anche Sara, sebbene fuori dell'età, ricevette la possibilità di diventare madre perché ritenne fedele colui che glielo aveva promesso.12Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa 'come le stelle del cielo e come la sabbia innumerevole che si trova lungo la spiaggia del mare'.
13Nella fede morirono tutti costoro, pur non avendo conseguito i beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati di lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sopra la terra.14Chi dice così, infatti, dimostra di essere alla ricerca di una patria.15Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto possibilità di ritornarvi;16ora invece essi aspirano a una migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non disdegna di chiamarsi loro Dio: ha preparato infatti per loro una città.
17Per fede Abramo, 'messo alla prova, offrì Isacco' e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì 'il suo unico figlio',18del quale era stato detto: 'In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome'.19Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo.
20Per fede Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù anche riguardo a cose future.
21Per fede Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e 'si prostrò, appoggiandosi all'estremità del bastone'.
22Per fede Giuseppe, alla fine della vita, parlò dell'esodo dei figli d'Israele e diede disposizioni circa le proprie ossa.
23Per fede Mosè, appena nato, fu tenuto nascosto per tre mesi dai suoi genitori, perché videro che il bambino era bello; e non ebbero paura dell'editto del re.
24Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di esser chiamato figlio della figlia del faraone,25preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato.26Questo perché stimava l'obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto; guardava infatti alla ricompensa.
27Per fede lasciò l'Egitto, senza temere l'ira del re; rimase infatti saldo, come se vedesse l'invisibile.
28Per fede celebrò la pasqua e fece l'aspersione del sangue, perché lo sterminatore dei primogeniti non toccasse quelli degli Israeliti.
29Per fede attraversarono il Mare Rosso come fosse terra asciutta; questo tentarono di fare anche gli Egiziani, ma furono inghiottiti.
30Per fede caddero le mura di Gèrico, dopo che ne avevano fatto il giro per sette giorni.
31Per fede Raab, la prostituta, non perì con gl'increduli, avendo accolto con benevolenza gli esploratori.
32E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti,33i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni,34spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri.35Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione.36Altri, infine, subirono scherni e flagelli, catene e prigionia.37Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati -38di loro il mondo non era degno! -, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra.
39Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa:40Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.


Capitolo V: Mirabili effetti dell’amore vero Dio

Leggilo nella Biblioteca

1. Ti benedico, o Padre celeste, padre del mio Signore Gesù Cristo, perché ti sei degnato di ricordarti della mia miseria. Ti ringrazio, o Padre delle misericordie, Dio di ogni consolazione (2Cor 1,3), che, con il tuo conforto, talora mi ritempri, quantunque io ne sia totalmente indegno. In ogni momento ti benedico e do gloria a te, con l'unigenito tuo Figlio e con lo Spirito Santo Paraclito, per tutti i secoli. Oh!, mio Signore, che sei santo e mi ami, come esulteranno tutte le mie viscere, quando verrai nel mio cuore! "In te è la mia gloria, la gioia del mio cuore, la mia speranza e il mio rifugio nel giorno della tribolazione" (Sal 3,4; 118; 111; 58,17). Poiché, però, il mio amore per te è ancora fiacco, e deboli sono le mie forze, ho bisogno del tuo aiuto e del tuo conforto. Vieni a me, dunque, il più spesso, e istruiscimi nella via della santità; liberami dalle passioni malvage e risana il mio cuore da tutti gli affetti sregolati, cosicché, interiormente risanato e del tutto purificato, io diventi pronto nell'amarti, forte nel patire, fermo nel perseverare.  

2. Grande cosa è l'amore. Un bene grande, veramente. Un bene che, solo, rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile; porta il peso, senza fatica, e rende dolce e gustosa ogni cosa amara. Il nobile amore di Gesù spinge ad operare grandi cose e suscita desideri di sempre maggiore perfezione. L'amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Esige di essere libero e staccato da ogni affetto umano, cosicché non abbia ostacoli a scrutare nell'intimo, non subisca impacci per interessi temporali, non sia sopraffatto da alcuna difficoltà. Niente è più dolce dell'amore; niente è più forte, più alto o più grande: niente, né in cielo né in terra, è più colmo di gioia, più completo o più buono: perché l'amore nasce da Dio e soltanto in Dio, al di sopra di tutte le cose create, può trovare riposo. Chi ama vola, corre lietamente; è libero, e non trattenuto da nulla; dà ogni cosa per il tutto, e ha il tutto in ogni cosa, perché trova la sua pace in quell'uno supremo, dal quale discende e proviene tutto ciò che è buono; non guarda a ciò che gli viene donato, ma, al di là dei doni, guarda a colui che dona. Spesso l'amore non consce misura, in un fervore che oltrepassa ogni confine. L'amore non sente gravezza, non tiene conto della fatica, anela a più di quanto non possa raggiungere, non adduce a scusa la sua insufficienza, perché ritiene che ogni cosa gli sia possibile e facile. Colui che ama può fare ogni cosa, e molte cose compie e manda ad effetto; mentre colui che non ama viene meno e cade. L'amore vigila; anche nel sonno, non s'abbandona; affaticato, non è prostrato; legato, non si lascia costringere; atterrito, non si turba: erompe verso l'alto e procede sicuro, come fiamma viva, come fiaccola ardente.  

3. Questo mio grido l'intende appieno colui che possiede amore. Un grande grido agli orecchi di Dio è lo slancio stesso ardente dell'anima, che esclama: Dio mio, mio amore, tu sei interamente mio ed io sono interamente tua. Accrescimi nell'amore, affinché io impari a gustare nell'intimo quanto l'amore è soave; impari a sciogliermi nell'amore e ad immergermi in esso. Che io sia tutto preso dall'amore, che mi elevi sopra me stesso, in estasi appassionata, che io canti il canto dell'amore e che mi innalzi con te, o mio diletto; venga meno, nel lodarti, l'anima mia, nella gioia dell'amore. Che io ti ami più che me stesso, e me stesso soltanto per te; che in te io ami tutti coloro che ti amano veramente, come comanda la legge dell'amore, luce che da te proviene.  

4. L'amore è sollecito, sincero e devoto; lieto e sereno; forte e paziente; fedele e prudente; longanime; virile e sempre dimentico di sé: ché, se uno cerca se stesso, esce fuori dall'amore. L'amore è attento, umile e sicuro; non fiacco, non leggero, né intento a cose vuote; sobrio, casto, costante, quieto e vigilante nei sensi. L'amore è sottomesso, basso e disprezzato ai suoi propri occhi; devoto e grato a Dio. In Dio confida e spera sempre, anche quando non lo sente vicino, perché non si vive nell'amore senza dolore. Colui che non è pronto a soffrire ogni cosa e ad ubbidire al suo Diletto, non è degno di essere chiamato uomo d'amore; questi deve abbracciare con slancio tutte le avversità e le amarezze per il suo Diletto, senza da ciò deflettere, qualsiasi evidenza si frapponga.


DISCORSO 293/C NEL NATALE DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Discorsi - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca


Giovanni prima di Cristo, la voce prima della Parola.

1. In tutta la Chiesa di Cristo, diffusa in ogni dove, oggi si celebra la nascita di Giovanni Battista, l'amico dello Sposo e il precursore del Signore. Io devo un discorso a questa solennità e voi l'attenzione, tutti noi siamo tenuti alla pietà religiosa. Infatti: Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista 1; il solo che gli venne anteposto è Colui per il quale egli venne creato. In realtà avvenne il fatto mirabile che, con la nascita, dovesse precedere Colui senza l'opera del quale non poteva assolutamente venire al mondo. A ragione questi è "voce", quello è Parola; infatti costui disse: Io sono voce di uno che grida nel deserto 2; ma di quello fu detto: In principio era il Verbo 3. Qualcosa di simile è trattato a lungo in diversi nostri discorsi: prima nasce la parola nella mente, quindi si fa voce di chi parla; la voce viene espressa dalla bocca, per cui la parola può rendersi nota a chi ascolta. In tal modo Cristo, per il quale Giovanni, come tutte le cose, doveva essere creato, rimase nel Padre; Giovanni, per il quale Cristo doveva essere conosciuto da tutti, derivò l'esistenza dalla madre. Egli il Verbo in principio, prima del mondo; costui in ultimo, voce prima del Verbo. La parola si esterna dopo l'intelligenza, la voce dopo il silenzio: così Maria credette generando il Cristo; Zaccaria, che avrebbe generato Giovanni, ammutolì. Insomma, Cristo nacque da una vergine nel fiore dell'età, Giovanni da una vecchiaia in declino: nella mente di chi pensa la parola è feconda, la voce si spegne nell'orecchio di chi ascolta. Forse rimanda anche a questo l'espressione: Bisogna che egli cresca ed io, invece, diminuisca 4. Infatti ogni annunzio autentico e profetico, espresso prima della venuta di Cristo, è stato come "voce" che precede la Parola, fino a Giovanni, con il quale cessarono le ultime "figure". Di qui la grazia della buona novella e la predicazione esplicita del Regno dei cieli, il quale non avrà fine, fruttifica e si diffonde nel mondo intero.

Come crebbe Cristo, come diminuì Giovanni. L'uomo, senza Dio, è capace solo di peccare.

2. Questo indicarono la nascita e la passione di Giovanni e di Cristo. In realtà, Giovanni nacque quando la luce del giorno entra in declino; Cristo quando la luce del giorno comincia a crescere. Il diminuire di quello fu un alludere alla decapitazione; la crescita di Cristo all'esaltazione della croce. Vi è parimenti un altro significato, alquanto più riposto, che il Signore schiude a chi bussa; che cosa bisogna intendere riguardo a ciò che Giovanni disse del Cristo: Bisogna che egli cresca e che io, invece, diminuisca. Tutto ciò che è proprio della giustizia umana, fin dove può giungere lo sforzo progressivo dell'uomo, aveva trovato il suo compimento in Giovanni; certo, di lui la Verità affermò: Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista 5. Ne segue che nessun uomo può essere più grande di lui: ma egli è soltanto uomo, Cristo, invece, Dio-uomo. Peraltro, poiché nella grazia di Cristo questo soprattutto si raccomanda, questo si apprende: che nessuno si vanti nell'uomo, ma chi si vanta, si vanti nel Signore 6, l'uomo di Dio, il servo del Signore: Bisogna che egli cresca - dice - e che io, invece, diminuisca 7. Dio, certamente, né diminuisce, né si accresce in se stesso, ma negli uomini; per quanto avanziamo progredendo nella vera pietà, la grazia divina si accresce, diminuisce il predominio umano, finché sia portato a quella perfezione il tempio di Dio, che è in tutte le membra di Cristo, in modo che, soppresso ogni dominio e potere e forza, Dio sia tutto in tutti 8. Giovanni, l'Evangelista, dice: Era la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo 9; Giovanni, il Battista, dice: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto 10. Perciò quando la luce - che di per sé è immutabile nella sua integrità - è tuttavia in crescita in colui che ne viene illuminato, questi, quanto a sé, immancabilmente tende a venir meno, poiché viene eliminato ciò che era stato al di fuori di Dio. Infatti, senza Dio, l'uomo è capace solo di peccare: allora diminuisce il predominio umano, quando prevale la distruttrice dei peccati, la grazia divina. La debolezza della creatura si arrende alla potenza del Creatore, l'autosufficienza dell'amore privato finisce in amore sociale, proclamando Giovanni, nella nostra miseria, riferendosi alla misericordia di Cristo: Bisogna che egli cresca e io, invece, diminuisca.

 


1 - Mt 11, 11.

2 - Gv 1, 23.

3 - Gv 1, 1.

4 - Gv 3, 30.

5 - Mt 11, 11.

6 - 2 Cor 10, 17.

7 - Gv 3, 30.

8 - 1 Cor 15, 28.

9 - Gv 1, 9.

10 - Gv 1, 16.


4 - Si narra come Maria beatissima, tre giorni dopo la disce­sa dal cielo, si manifesta agli apostoli parlando loro di per­sona.

La mistica Città di Dio - Libro settimo - Suor Maria d'Agreda

Leggilo nella Biblioteca

39. Consiglio di nuovo a quelli che leggeranno questa Storia di non meravigliarsi delle vicende nascoste di Ma­ria santissima in essa contenute e di non ritenerle incre­dibili per il solo fatto che il mondo le abbia finora igno­rate. Anche se la Chiesa fino ad oggi non ha avuto notizie autentiche delle opere straordinarie da lei compiute dopo che suo Figlio fu salito al Padre, noi non possiamo nega­re che queste dovettero essere molte e grandiose, essendo ella maestra, custode e madre della legge evangelica che si stava diffondendo sotto la sua protezione. E se l'Altissimo la rinnovò per tale ministero e a suo favore manifestò la sua onnipotenza, allora nessun beneficio, seppur enorme, può essere negato a colei che fu unica e singolare tra le creature ove non sia in contrasto con le verità cattoliche.

40. La Regina rimase tre giorni nelle altezze contem­plando Dio e poi tornò sulla terra il giorno corrisponden­te alla domenica dopo l'ascensione, chiamata "infra otta­va" della festa. Per altri tre giorni lo splendore con cui era venuta da lassù rifulse in lei, e poi a poco a poco si atte­nuò. Solo san Giovanni fu iniziato al mistero perché non sembrava opportuno svelarlo agli altri apostoli, non es­sendo essi ancora in grado di recepirlo; sebbene ella fosse con loro, la luce che irradiava venne celata dal Signore, giacché lo stesso Evangelista, a cui fu concesso di poterla guardare, cadde prostrato al suolo, nonostante fosse so­stenuto da una grazia speciale. Né d'altronde conveniva che fosse privata subito e in una volta sola degli effetti este­riori ed interiori ricevuti nell'empireo. Meglio se sua Mae­stà, nella sua infinita sapienza, li avesse temperati piano piano, fintanto che ella fosse tornata allo stato visibile più comune e avesse potuto conversare con gli Undici e con gli altri fedeli.

41. Il miracolo di essere stata personalmente sul trono della Trinità non è in contrasto con il racconto degli altri apostoli, laddove si riferisce che essi e le sante donne do­po l'ascensione perseverarono unanimi nella preghiera. La concordanza di questo con ciò che ho detto è inconfondi­bile: san Luca riporta quello che egli e i suoi compagni avevano visto nel cenacolo di Gerusalemme, non potendo quindi fare menzione di quanto ignorava. Il corpo puris­simo della Vergine era presente in due luoghi, quantunque l'attenzione e l'uso delle facoltà e dei sensi fossero più per­fetti nel cielo. Era pure vero che ella si trovava con gli Un­dici, rimirata da tutti, e che, allo stesso modo, li guarda­va dall'alto e univa le sue suppliche alle loro, offrendole al suo Unigenito, stando alla sua destra e ottenendo per la loro costanza doni particolari.

42. La Signora , nei tre giorni in cui dimorò nel cena­colo godendo degli effetti della gloria mentre diminuiva la luminosità che da quella le era ridondata, rimase impe­gnata nelle divine e ardenti manifestazioni di amore, gra­titudine e ineffabile sottomissione, a tal punto che non tro­vo parole adatte a palesare quello che ho compreso di que­sto arcano, quantunque ciò che ho dichiarato risulti mol­to poco rispetto alla verità. Risvegliò una nuova ammira­zione negli angeli e nei serafini che l'assistevano, i quali si interrogavano se fosse maggiore il miracolo compiuto dal­l'Onnipotente nell'innalzare una semplice creatura a tanti e tali favori oppure quello che ella, dopo essere stata ele­vata allo stato sublime e adornata di grazia e gloria sopra ogni altro essere, si umiliasse sino a reputarsi l'ultima di tutti. Gli stessi serafini erano come sospesi, a nostro mo­do di intendere, in questo stupore e afferrati da esso di­scorrevano tra di loro dicendo: «I demoni non si sarebbe­ro sollevati in superbia se, prima di cadere, fossero giunti a conoscere questo raro modello di umiltà, che senza al­cun difetto o mancanza ha sopperito in pienezza ai limiti e alle lacune di tale virtù di tutti gli altri. Ella sola pon­derò degnamente la magnificenza e la grandezza del Crea­tore e la piccolezza di tutto il creato: sa quando e come egli voglia essere obbedito e adorato, e, sapendolo, pron­tamente si impegna ad eseguire la sua volontà. Come è possibile che la terra, in mezzo alle spine seminate tra i discendenti di Adamo, abbia prodotto questo purissimo gi­glio così gradito a Dio e così fragrante per i mortali? O che dal deserto del mondo, disabitato dalla grazia, sia sor­to un essere così celestiale, ricolmo delle delizie dell'Altis­simo? Siano eternamente lodate la sua sapienza e la sua bontà per aver formato una creatura così ordinata e degna di venerazione, per santa emulazione della nostra natura e per esempio e onore dell'umanità. E voi, benedetta fra le donne, scelta ed eletta fra tutti, siate conosciuta, esalta­ta e rispettata da tutte le generazioni. Godete per sempre del sublime dono che vi elargì vostro Figlio. Possa egli trovare in voi il suo gradimento e la sua compiacenza per la bellezza delle sue opere e dei suoi benefici! Possa l'im­menso amore con il quale desidera la giustificazione di tut­ti essere saziato! Voi gli darete soddisfazione per tutti ed egli, guardando voi sola, non si pentirà di avere plasmato tanti ingrati. Se essi poi lo irritano e lo offendono, voi lo placate e lo rendete misericordioso e benevolo. Non me­ravigliamoci che si mostri indulgente e benigno verso gli uomini, dal momento che voi vivete con loro ed essi sono il vostro popolo».

43. Con tali elogi e altri cantici i ministri celesti cele­brarono l'umiltà e le azioni virtuose della nostra sovrana e, prima di ritornare nell'empireo, la scortarono e la lascia­rono nel cenacolo. Trascorsi i primi tre giorni dalla sua di­scesa, Maria avvertì che era già giunta l'ora di trattare e conversare con i fedeli. E così fece. Si rivolse con tenerez­za materna verso gli apostoli e i discepoli, accompagnan­doli nella preghiera che innalzavano e offrendola con la­crime a Gesù intercedendo per i presenti e per tutti quelli che nei secoli a venire avrebbero ricevuto la fede cattolica. Ogni giorno, senza tralasciarne alcuno fino a che visse, im­plorò il Signore di accelerare il tempo in cui nella Chiesa si potessero celebrare i divini misteri nelle festività, come egli aveva promesso. Gli chiese di inviare nel mondo per la conversione dei peccatori persone di singolare e sublime santità. L'ardore della sua carità verso i cristiani era a tal punto profondo che avrebbe potuto farle perdere anche la vita e, per recarle conforto e per moderare la forza della sua struggente brama, il Redentore le mandò uno dei se­rafini più alti, affinché l'assicurasse che i suoi aneliti sa­rebbero stati soddisfatti e le manifestasse i disegni della Provvidenza in ordine alla salvezza dei mortali.

44. La visione astrattiva di Dio rendeva così ineffabile l'incendio dell'ardore divino nel suo purissimo e castissimo intimo che ella sorpassava incomparabilmente i serafini più infiammati e vicini alla Trinità. Se talvolta discendeva un poco da queste altezze e percepiva meno gli effetti di que­sta fiamma, ciò accadeva perché potesse contemplare l'u­manità del suo Unigenito: ella infatti non riconosceva den­tro di sé nessuna immagine o rappresentazione di altre co­se visibili, ad eccezione di quando si poneva in relazione attraverso i sensi con le creature. In questa viva memoria del suo diletto sentiva una certa naturale nostalgia per la sua lontananza, benché moderata e perfettissima come con­viene ad una madre sommamente saggia. Dal momento che nel cuore del Figlio corrispondeva l'eco di questo affetto, egli si lasciava ferire dai suoi desideri, adempiendosi così la parola del Cantico dei cantici, dove si afferma che gli oc­chi con cui lo guardava la sua diletta Madre e sposa lo fa­cevano volare e lo attiravano a tal punto da non potersi trattenere a discendere sulla terra.

45. Ciò avvenne molte volte, come dirò più avanti. La prima fu in uno dei pochi giorni che passarono prima del­la venuta dello Spirito Santo, quando ella era tornata tra noi e non ne erano ancora trascorsi sei dacché aveva in­cominciato a conversare con gli apostoli. In questo lasso di tempo sua Maestà scese in persona per farle visita e riempirla di nuovi doni e di ineffabili consolazioni. La can­didissima colomba era malata di amore e come - in deli­quio, che confessò esserle causato dal fervore inebriante della cella del Re. Egli, avvicinandosi a lei, la tenne stret­ta al suo seno con la mano sinistra della sua umanità di­vinizzata e con quella destra della divinità la illuminò, l'ar­ricchì e la colmò di nuovi influssi che le diedero vita e for­za. Si calmarono le ansie di questa cerva ferita potendo ella bere a sazietà alle sorgenti della salvezzas e sentirsi co­sì ristorata e rinfrancata, ma solo per accendere sempre più la fiamma del suo fuoco amoroso che mai si estinse. Sollevata da questo male, si sentì immediatamente ancor più addolorata; guarì per ammalarsi di nuovo; tornò alla vita per morire nuovamente in preda alla morte del suo amore: questa infermità non conosce altra medicina né tol­lera altro rimedio. Quando la tenerissima Vergine recuperò un po' di energie e Cristo concesse vigore ai suoi sensi, gli si prostrò innanzi manifestandogli tutta la riconoscenza e la gratitudine perché le era stato concesso di vederlo, e lo supplicò con enorme ossequio di benedirla ulteriormente.

46. La prudentissima Regina non si aspettava tale be­neficio, non solo perché era passato così poco tempo dal momento in cui ne era rimasta priva, ma anche perché il suo Unigenito non le aveva fatto sapere quando l'avrebbe visitata e la sua profonda umiltà non le permetteva di pen­sare che la bontà superna fosse incline a confortarla. Que­sta fu la prima volta che lo ricevette e il suo stupore fu tanto grande che rimase umiliata pensando bassamente di sé. Trascorse cinque ore rallegrandosi della presenza e del­le carezze di Gesù e gli apostoli allora non intesero che cosa fosse successo, benché il suo aspetto esteriore e al­cuni suoi gesti facessero presumere che si trattasse di qual­cosa di straordinario e miracoloso; ma nessuno di loro eb­be il coraggio di interrogarla per il timore e il rispetto re­verenziale che nutrivano verso di lei. Per separarsi dal Sal­vatore, quando realizzò che egli voleva ascendere si stese di nuovo al suolo e, chiedendogli ancora la benedizione, lo pregò, qualora si fosse degnato di recarsi ancora da lei come aveva fatto in quell'occasione, di concederle di rico­noscere il difetto, che le sembrava di aver avuto, di non corrispondere con una gratitudine proporzionata ai molte­plici favori ottenuti. Rivolse questa domanda sia perché lo stesso Signore le stava promettendo che sarebbe tornato altre volte da lei, sia perché, quando ancora vivevano in­sieme, era solita prostrarsi davanti a lui, confessandosi in­degna dei suoi doni e lenta - almeno così le pareva - nel contraccambiarli, come si è detto nella seconda parte. E sebbene non potesse accusarsi di colpa alcuna, perché nes­suna ne commise colei che era signora della santità, e nep­pure per ignoranza persuadersi di averne, essendo madre della sapienza, egli le permise di dare una giusta stima del debito che come pura creatura doveva a Dio in quanto Dio: in questa sublime conoscenza è profonda umiltà, le sem­brava poco tutto quello che operava in contraccambio di grazie tanto straordinarie. Attribuiva tale sproporzione a sé e, pur non avendo alcuna responsabilità, voleva almeno ammettere l'inferiorità dell'essere terreno paragonato con la divina eccellenza.

47. Tra gli ineffabili benefici che le furono concessi, fu mirabile l'attenzione che Maria ebbe affinché gli Undici e gli altri discepoli si preparassero degnamente a ricevere lo Spirito Santo. Capiva quanto prezioso fosse ciò che il Pa­dre della luce elargiva loro; conosceva anche la tenerezza e l'affezione che essi nutrivano verso il Maestro e come la tristezza che sentivano per la sua assenza li avrebbe tur­bati. Ora, per guarire questo loro difetto e renderli migliori sotto tutti gli aspetti ella, non appena fu arrivata in cielo, mandò uno dei suoi angeli al cenacolo, per manifestare lo­ro la sua volontà e quella del Figlio: si elevassero e stes­sero in Dio, dove dimorava il loro amore attraverso la fe­de, piuttosto che in se stessi; non si lasciassero trascinare dalla sola vista della sua umanità, ma si servissero di es­sa come porta e strada per inoltrarsi nella divinità, dove avrebbero trovato la piena soddisfazione e il riposo. Dopo essere tornata quaggiù, la Signora li consolò nell'afflizione e li rincuorò nello sconforto: ogni giorno passava un'ora in conversazione con loro spiegando i misteri della fede a lei insegnati da Cristo, non usando il tono di maestra, ma scegliendo la forma della condivisione e dello scambio. Li consigliò inoltre di fermarsi a parlare tra sé un'altra ora, trattando intorno ai consigli, alle promesse, alla dottrina del Redentore. Una parte del giorno usassero l'orazione vo­cale recitando il ?Padre nostro? e alcuni salmi; il resto lo dedicassero a quella mentale; verso sera prendessero un pasto di pane e pesce e alla fine si concedessero un son­no moderato. Con la preghiera e col digiuno si preparas­sero così alla venuta del Paraclito.

48. Fin da quando era alla destra dell'Unigenito la vigi­lante Madre si era presa così cura di questa fortunata fa­miglia. Per dare a tutte le sue opere il massimo grado di perfezione, dopo essere scesa dall'empireo, non parlò mai agli apostoli senza che Pietro e Giovanni glielo chiedesse­ro espressamente. Perciò domandò ed ottenne da Gesù che li ispirasse in tal senso, cosicché potesse essere loro sot­tomessa in tutto come a suoi vicari e sacerdoti. Le sue sup­pliche e i suoi desideri vennero esauditi. Ella obbediva co­me serva, dissimulando la dignità di regina, senza attri­buirsi autorità o potere o superiorità alcuna, ma anzi com­portandosi come se fosse stata l'ultima fra tutti. Durante quei giorni dischiuse loro il mistero della santissima Tri­nità in termini altissimi e arcani, ma in una forma intel­ligibile e adatta alla capacità di comprensione di ciascuno. Successivamente espose loro quello dell'unione ipostatica, dell'incarnazione e tutto ciò che aveva appreso, e comu­nicò loro che, per acquisire una cognizione più profonda, sarebbero stati di lì a poco illuminati dallo Spirito Santo.

49. Insegnò l'orazione mentale e spiegò il pregio singo­lare e la necessità di questo genere di preghiera: il princi­pale compito e la più nobile occupazione degli esseri do­tati di ragione deve consistere nell'innalzarsi con l'intelletto e la volontà sopra il creato per conoscere e amare Dio; nessun'altra cosa o preoccupazione venga anteposta a que­sto o frapposta per evitare che l'anima sia privata di un si­mile bene, il supremo della vita e il principio della felicità eterna. Indicò loro come dovessero essere grati al Padre del­le misericordie per averci donato il Figlio come nostro sal­vatore e guida, e li fece anche riflettere sull'amore con cui egli ci aveva redenti pagando il prezzo della passione e del­la morte e sulla predilezione con cui li aveva scelti e chia­mati ad essere suoi ministri tra tutti gli altri uomini, per vivere uniti a lui in un rapporto intimo e familiare e di­ventare i fondatori della Chiesa. Con tali esortazioni ri­schiarò gli Undici e gli altri, li infiammò e li aiutò affinché si preparassero a ricevere lo Spirito e le sue sante opera­zioni. E dal momento che la Principessa era in grado di penetrare i loro cuori, conoscendo il temperamento e le at­titudini naturali di ciascuno, si adattava a tutti secondo le singole necessità, secondo la grazia e la disposizione che coglieva in essi, affinché esercitassero le virtù con gioia, consolazione e fortezza. Li esortò inoltre ad adorare l'im­mensità dell'Altissimo anche attraverso forme esteriori umi­li, quali le prostrazioni o altre azioni di culto e riverenza.

50. Tutti i giorni, mattino e sera, si recava da loro a chiedere la benedizione: prima da Pietro, poi da Giovanni e quindi dagli altri secondo il grado di anzianità. All'inizio tutti cercavano di sottrarsi dal compiere questo rito, per­ché la consideravano loro sovrana e madre del loro Si­gnore, ma ella obbligò tutti a benedirla, spiegando l'alta dignità, i compiti del loro ministero e il sommo rispetto dovuto. Poiché in questa gara si trattava di sapere chi più si sarebbe umiliato, era già certo in anticipo che la Mae ­stra dell'umiltà dovesse vincere e i discepoli rimanere su­perati e istruiti dal suo esempio. D'altra parte le sue pa­role erano tanto soavi, ardenti e capaci di commuovere che quei primi fedeli vennero illuminati e furono guidati ad esercitare tutto ciò che vi era di più perfetto nelle virtù. Ora, riconoscendo essi stessi questi ineffabili effetti, ne par­lavano gli uni con gli altri pieni di stupore: «Veramente in questa pura creatura ritroviamo il medesimo insegnamen­to e conforto che ci erano stati tolti nel momento in cui Cristo ascese al cielo. Le sue azioni, i suoi consigli e la co­municazione colma di dolcezza e mitezza ci ammaestrano e ci inducono all'impegno, proprio come succedeva quan­do il nostro Redentore conversava con noi. Adesso i nostri cuori si accendono nello stesso modo. Non vi è alcun dub­bio che l'Eterno abbia colmato la Vergine di scienza e for­za. Possiamo ormai asciugare le lacrime, perché egli ce l'ha donata come modello e consolazione e ci ha concesso di avere con noi questa viva Arca dell'alleanza, dove ha de­positato la sua legge, la sua verga dei prodigi e la dolcis­sima manna per la nostra vita».

51. Se gli apostoli e i primi discepoli ci avessero la­sciato scritto ciò che come testimoni oculari appresero da lei, ciò che compresero dalla sua eminente sapienza, ciò che da lei intesero e che si dissero in così lungo tempo, certamente avremmo una cognizione più chiara della sua santità e delle sue opere eroiche. Saremmo anche giunti alla convinzione che il suo Unigenito l'aveva resa parteci­pe di una specie di virtù divina simile alla sua, quantun­que essa stesse in lui come nella sua fonte e nella sua ori­gine e in lei come in un canale o acquedotto attraverso cui si comunicava a tutti e si continua a comunicare. Gli Undici furono privilegiati dal fatto di poter bere le acque del Salvatore e della dottrina della Regina castissima, at­tingendo alla stessa sorgente e ricevendole per mezzo dei sensi come conveniva a ragione del compito affidato loro: fondare la Chiesa e seminare la fede evangelica in tutto il mondo.

52. Per il tradimento e la morte di Giuda, il più infeli­ce tra tutti i nati, il suo ministero era vacante e, come af­fermò Davide, si rendeva necessario consegnare il suo apo­stolato ad un'altra persona che fosse degna di sostenerlo, perché era volontà dell'Altissimo che, alla venuta del Pa­raclito, si trovasse compiuto il numero di dodici, come il Maestro li aveva contati al momento della chiamata. Ma­ria notificò questo ordine agli apostoli durante una con­versazione e tutti accettarono la proposta e la supplicaro­no di indicare colui che ritenesse il più meritevole e ido­neo a diventare uno di loro. Ella non ignorava chi fosse il prescelto perché teneva scritti nel suo cuore i loro nomi, incluso quello di san Mattia; tuttavia, nella sua umile e profonda saggezza, pensò che fosse conveniente affidare ta­le scrutinio a Pietro, perché cominciasse ad espletare nel­la comunità ecclesiale l'incarico di pontefice. Quindi gli suggerì di procedere con l'elezione davanti ai fedeli, cosic­ché tutti lo vedessero operare come loro capo supremo. Egli fece come gli fu comandato.

53. San Luca riferisce come questo avvenne nel primo capitolo degli Atti. Racconta che, in quei giorni intermedi tra l'ascensione e la venuta dello Spirito Santo, il vicario di Cristo, avendo riunito i fratelli, gli stessi centoventi che era­no stati presenti allorché sua Maestà era salito all'empireo, spiegò loro come avrebbe dovuto realizzarsi la profezia di Davide riguardo al tradimento di Giuda. Quest'ultimo, in­fatti, che faceva parte dei dodici, infelicemente aveva pre­varicato e fatto da guida a quelli che avevano arrestato Ge­sù; lo aveva venduto al prezzo stabilito e col denaro aveva comprato il campo che nella lingua comune si chiamava Akeldamà. Alla fine, indegno della misericordia divina, si era impiccato ed era morto spargendo fuori tutte le sue vi­scere. La cosa era diventata nota a tutti gli abitanti di Ge­rusalemme e perciò era indispensabile nominare un'altra persona al suo posto per essere testimone della resurrezio­ne. Era dunque opportuno che il nuovo eletto fosse tra i compagni che avevano seguito il Signore sin dal principio della predicazione e dal battesimo di Giovanni.

54. Terminato il discorso ed essendo tutti d'accordo di procedere all'elezione, ne fu affidata a Pietro la modalità. Egli stabilì che fra i settandue discepoli se ne scegliessero due, espressamente Giuseppe detto il Giusto e Mattia, e che poi su questi due si gettassero le sorti e venisse asso­ciato colui il cui nome fosse uscito per primo. Tale modo di agire ebbe l'approvazione di tutti: era per quel tempo molto sicuro perché la virtù divina compiva grandi mera­viglie per fondare la Chiesa. Scrissero i nomi di entrambi su due foglietti con l'aggiunta "discepolo e apostolo di Ge­sù" e li posero in un vaso dove non potessero essere ve­duti. Tutti si misero a implorare Dio, che conosce il cuo­re di ciascuno, di aiutarli ad eleggere colui che fosse gra­dito alla sua volontà. Pietro estrasse dal vaso il biglietto in cui era scritto: "Mattia discepolo e apostolo di Gesù". Nel gaudio generale costui fu accettato come legittimo aposto­lo, i suoi compagni lo abbracciarono e la Vergine , che era stata sempre presente, gli chiese la benedizione, cosa che fecero anche gli altri. Poi tutti continuarono a pregare e a fare digiuno fino alla venuta dello Spirito Santo.

 

Insegnamento della Regina del cielo

55. Carissima, a ragione ti sei sorpresa dei segreti e su­blimi favori che mi furono elargiti dalla destra di mio Figlio e dell'umiltà con cui li accoglievo e ne ero grata, co­me anche della carità e dell'attenzione che, in tale gioia, nutrivo verso i bisogni degli apostoli e dei credenti. È or­mai tempo che tu raccolga il frutto di questa conoscenza: per adesso non puoi intendere di più e io non sento altra brama riguardo a te se non quella di avere una figlia fe­dele e una discepola che venga dietro a me con fervore. Accendi dunque il fuoco della tua viva fede, pensa che io sono tanto potente per aiutarti e fidati che lo farò supe­rando le tue aspirazioni, e sarò generosa e prodiga nel­l'arricchirti e colmarti di beni e doni enormi. Ma per ri­ceverli tu devi sottometterti più della terra e considerarti l'ultima tra le creature, perché, quanto a te, sei più inuti­le della più vile e disprezzata polvere e non sei altro che miseria e necessità. Alla luce di questo, soppesa attenta­mente quanta e quale sia verso di te la clemenza e la be­nevolenza dell'Altissimo, e quale grado di corrispondenza e riconoscenza tu gli debba: se colui che paga non ha mo­tivo di gloriarsi fino a che non abbia saldato il conto per intero, tu, che non puoi soddisfare un debito così grande, è giusto che resti umiliata, perché rimarresti sempre debi­trice anche se ti dessi da fare continuamente e secondo le tue possibilità. Che cosa succederebbe allora se ti com­portassi da persona tiepida e negligente?

56. Con questa prudenza ed attenzione capirai come tu mi debba imitare nel cammino della fede viva, della spe­ranza certa, della carità perfetta, dell'umiltà profonda e an­che come esprimere il culto e la riverenza davanti all'infi­nita grandezza del Signore. Ti avviso nuovamente che la sa­gacia del serpente è molto vigile e pronta contro i mortali, perché non si curino della devozione e del culto verso l'E­terno e con vano ardire disprezzino questa virtù e tutte le altre che essa contiene in sé. Nei mondani e viziosi il dia­volo insinua uno stoltissimo oblio delle verità cattoliche af­finché la fede divina non ricordi loro il timore e la venerazione di Dio, e li rende con ciò molto simili ai pagani che non lo conoscono. Negli altri che desiderano la virtù e fanno alcune opere buone, suscita una pericolosa tiepidez­za e negligenza: se la passano spensierati senza riflettere su quanto perdano per la mancanza di zelo. Infine cerca di in­gannare con una grossolana confidenza coloro che voglio­no avvicinarsi ad un grado di maggiore perfezione, perché, sia per i benefici che ottengono sia per la clemenza che sperimentano, si considerino molto intimi e familiari del­l'Onnipotente e trascurino quell'umile atteggiamento di os­sequio con cui dovrebbero stare alla presenza di colui in­nanzi al quale tremano le potestà del cielo, come esorta la santa Chiesa. E poiché in altre occasioni ti ho ammonita e avvisata di tale pericolo, ora è sufficiente che te lo ricordi.

57. Pretendo però che tu sia fedele e puntuale nel se­guire questa dottrina, nel confessarla e nel metterla in pra­tica, agendo con semplicità e senza affettazioni, perché con l'esempio e le parole insegni a tutti coloro con cui con­verserai il santo timore e il rispetto dovuti al Creatore da parte delle creature, e particolarmente desidero che incul­chi alle tue religiose questa scienza. Il più efficace inse­gnamento deve essere il tuo esempio quando agisci ed espleti il tuo dovere: non occultare né tralasciare le tue azioni per paura della vanità. Questo obbligo vale ancora di più per chi è chiamato al servizio dell'autorità, perché è suo compito esortare, indirizzare e far camminare i sud­diti nel santo timore di Dio, e ciò avviene più efficacemente con l'esempio che con le parole. Soprattutto devi ammo­nire sulla stima che si deve avere per i sacerdoti, unti e consacrati del Signore. Imitandomi, chiedi loro sempre la benedizione, ogni volta che ti avvicinerai per ascoltarli o ti allontanerai prendendo licenza. E quando ti sembrerà di essere più favorita dalla bontà divina, volgi allora gli oc­chi alle necessità e alle sofferenze del tuo prossimo, al pe­ricolo in cui si trovano i peccatori e prega per tutti con viva fede e confidenza, perché non è legittimo amore verso l'Autore della vita quello che si accontenta solo di gioire e si dimentica dei fratelli. Impegnati sollecita a implorare che quel sommo Bene che conosci e di cui partecipi si co­munichi a tutti: egli non esclude nessuno, ciascuno è bi­sognoso della sua comunicazione e del suo aiuto. Cerca di riconoscere rettamente il mio affetto e di ricalcare le mie orme, e così saprai come comportarti in ogni circostanza.


10 luglio 1943

Maria Valtorta

Dice Gesù:
   «Ascolta, Maria. Conosci la parabola[136] di quel padre che ha due figli: uno dice: “Sì, padre mio”, e poi non fa nulla; l’altro dice: “No, padre mio”, e poi fa quello che il padre gli chiede?

   Non voglio qui farti meditare sui doveri dei figli e sulla bellezza dell’ubbidienza. No. Dico solo che forse quel padre non era un modello di padre. Prova ne sia che i figli non lo amavano: uno mentisce, l’altro risponde con un rifiuto che supera poi con sforzo soprannaturale.

   Non tutti i figli sono perfetti, ma anche è verità che non tutti i genitori sono perfetti. Il comandamento dice[137]: “Onora il padre e la madre”, e chi lo contravviene pecca e sarà punito dalla Giustizia divina. Ma la Giustizia non sarebbe giustizia se non usasse la stessa misura verso chi non onora i figli. Onorare nel linguaggio antico vuol dire: trattare con del riguardo riverenziale una persona. Ora, se è doveroso onorare coloro che ci hanno dato la vita ed hanno provveduto ai nostri bisogni di infante e di fanciullo, non è meno vero che anche si deve, dai genitori, onorare le creature che Dio ha concesso di avere ed ha affidato alle creature che le hanno generate perché le allevino santamente.

   Troppo sovente i padri e le madri non riflettono che essi divengono depositari e custodi di un prodigio di Dio Creatore. Poiché ogni esistenza nuova è un prodigio del Creatore. Troppo sovente i genitori non pensano che dentro quella carne, generata dalla carne e dal sangue umano, vi è un’anima creata da Dio e che deve essere cresciuta ad una dottrina di spirito e verità per essere riconsegnata a Dio degnamente.

   Ogni figlio è un talento[138] affidato dal Signore ad un suo servo. Ma guai a quel servo che non lo fa fruttare, lo lascia inerte disinteressandosene, oppure, peggio ancora, lo disgrega e corrompe. Se a colui che non veglia ad arricchire il talento vivo del buon Dio, Dio chiederà con voce severa il perché e comminerà un lungo castigo, a colui che disperde e uccide l’anima di un figlio, Iddio, padrone e giudice di tutto ciò che è, con inesorabile verdetto comminerà eterna pena al genitore omicida della parte più preziosa del figlio: la sua anima.

   Questo nel campo generale. Ora al lato particolare.

   Sai come devi tu amare tua madre per poterla continuare ad amare? Di un amore unicamente spirituale. L’altro... è inutile.

   Ella non lo vede, non lo capisce, non lo sente. E vi calpesta sopra facendoti sanguinare nella tua umanità. Perciò ti dico: amala solo spiritualmente. Ama cioè e adoperati per la sua povera anima. Né ti dico oltre, poiché sei figlia e non voglio che insieme si manchi d’onore ad una madre. Io sono Dio e Giudice. Lo potrei fare. Ma con te non lo voglio fare. Anche se un genitore manca, va rispettato perché è “genitore”.

   Ama la sua povera anima. Ha molto bisogno della tua carità di figlia. I padri e le madri che peccano verso i figli hanno bisogno, in ordine alla vita eterna, dell’aiuto dei figli e del perdono dei figli per avere alleggerita la pena.

   Rifletti molto su quanto dico senza che Io abbia bisogno di aggiungere altro. Se tu ti fermi a considerarla come donna non puoi onorarla. Ne convengo. Ma considera che è un’anima figlia di Dio e molto, molto, molto rudimentale. La tua carità di figlia deve adoperarsi a riparare le sue deficienze, devi arricchirla tu perché non si presenti troppo povera al Dio Giudice.

   Hai pietà degli infermi e hai amore per i pargoli. Ma quale puerizia spirituale è più puerizia di quella di tua madre? E quale infermità spirituale è più infermità di quella di tua madre? Abbraccia perciò il suo spirito oscuro e pesante e alzalo verso la Luce.

   Difficile amore quello spirituale. Lo so. Ma è amore di perfezione. È l’amore che ho avuto Io per tanti, mentre ero mortale. Io sapevo chi mi avrebbe tradito. Sapevo chi mi avrebbe rinnegato. Sapevo chi sarebbe fuggito nell’ora tremenda. Nulla mi era oscuro. Ebbene, ho compiuto prodigi immisurabili d’amore spirituale - poiché la mia Carne e il mio Sangue fremevano di ripulsione quando sentivano a sé vicini i pavidi, i rinnegatori e specie il traditore - per cercare di salvare i loro spiriti.

   Molti ne ho salvati così. Solo i posseduti completamente dal demonio, completamente dico, furono tetragoni al mio lavacro d’amore spirituale. Gli altri, posseduti da una passione sola, furono salvati avanti o dopo la mia Morte. Giuda, Caifa, Anna e qualche altro, no, poiché i sette principi dei demoni li tenevano avvinghiati con sette corde, e coorti di demoni erano in loro a compiere il lavoro che fece di loro le gemme dell’Inferno.

   Tu ama così. Farai il tuo dovere e mi ti mostrerai discepola vera. Riguardo a lei, lascia a Me l’uffizio di Giudice.

   Va’ in pace, anima cara, e non peccare.»

   E ci voleva proprio parola e carezza!… Perché, se dovessi davvero guardare alla umanità…, ci sarebbe da scappare in cima al Monte Bianco.

   Questo ultimo brano mi è stato dettato alle 7 di mattina, e alle 11 di mattina per poco vado al Creatore tanto si scatenò la ingiusta e crudele prepotenza di mia madre. Glielo dicevo ieri che è in un periodo feroce? Non ho esagerato. Ora che mi ha fatto stare male - è sera e ancora il cuore è agitato, a detta del medico ho risicato la morte, e l’ho sentita - è contenta.
   Amen. Ubbidisco a Gesù e offro questo dolore fisico e morale per la sua anima.

[136] parabola, che è in Matteo 21, 28-32.
[137] dice in Esodo 20, 12; Deuteronomio 5, 16.
[138] un talento, come nella parabola riportata in Matteo 25, 14-30; Luca 19, 11-27.