Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Come sapete, abbiamo anche i nostri Fratelli che sono Missionari della Carità . Uno di essi ama i leb­brosi. In India ci stiamo prendendo cura di 49.000 lebbrosi. Questo Fratello li ama davvero. Arrivò qui un giorno, dopo che si era trovato in disaccordo con il suo superiore. Mi disse: « Amo i lebbrosi; voglio stare con loro, voglio dedicarmi ad essi, sento che la mia vo­cazione è quella di stare con i lebbrosi ». Gli dissi: « Fratello, stai commettendo un errore. La tua voca­zione non è quella di lavorare per i lebbrosi, la tua vocazione è quella di appartenere a Gesù. La tua opera per i lebbrosi è soltanto un tuo atto di amore per il Cristo; perciò non fa differenza a chi è dedicata la tua opera purché tu la compia per Lui, purché tu la faccia con Lui. Questo è quel che importa. Questa, cioè, è la completezza della tua vocazione, del tuo ap­partenere al Cristo ». (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 2° settimana del Tempo di Pasqua

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 18

1In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?".2Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:3"In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.4Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.

5E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
6Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
8Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.9E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
10Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.11È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto.

12Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?13Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.14Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.

15Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;16se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché 'ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni'.17Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.18In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.

19In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".

21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?".22E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

23A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.24Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti.25Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.26Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.27Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.28Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!29Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito.30Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto.32Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato.33Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?34E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.35Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello".


Secondo libro dei Re 17

1Nell'anno decimosecondo di Acaz re di Giuda divenne re in Samaria su Israele Osea figlio di Ela, il quale regnò nove anni.2Fece ciò che è male agli occhi del Signore, ma non come i re di Israele che erano stati prima di lui.3Contro di lui marciò Salmanassar re d'Assiria; Osea divenne suo vassallo e gli pagò un tributo.4Poi però il re d'Assiria scoprì una congiura di Osea, che aveva inviato messaggeri a So re d'Egitto e non spediva più il tributo al re d'Assiria, come faceva prima, ogni anno. Perciò il re d'Assiria lo fece imprigionare e lo chiuse in carcere.
5Il re d'Assiria invase tutto il paese, andò in Samaria e l'assediò per tre anni.6Nell'anno nono di Osea il re d'Assiria occupò Samaria, deportò gli Israeliti in Assiria, destinandoli a Chelach, alla zona intorno a Cabor, fiume del Gozan, e alle città della Media.
7Ciò avvenne perché gli Israeliti avevano peccato contro il Signore loro Dio, che li aveva fatti uscire dal paese d'Egitto, liberandoli dal potere del faraone re d'Egitto; essi avevano temuto altri dèi.8Avevano seguito le pratiche delle popolazioni distrutte dal Signore all'arrivo degli Israeliti e quelle introdotte dai re di Israele.9Gli Israeliti avevano proferito contro il Signore loro Dio cose non giuste e si erano costruiti alture in tutte le loro città, dai più piccoli villaggi alle fortezze.10Avevano eretto stele e pali sacri su ogni alto colle e sotto ogni albero verde.11Ivi avevano bruciato incenso, come le popolazioni che il Signore aveva disperso alla loro venuta; avevano compiuto azioni cattive, irritando il Signore.12Avevano servito gli idoli, dei quali il Signore aveva detto: "Non farete una cosa simile!".
13Eppure il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e dei veggenti, aveva ordinato a Israele e a Giuda: "Convertitevi dalle vostre vie malvage e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo ogni legge, che io ho imposta ai vostri padri e che ho fatto dire a voi per mezzo dei miei servi, i profeti".14Ma essi non ascoltarono, anzi indurirono la nuca rendendola simile a quella dei loro padri, i quali non avevano creduto al Signore loro Dio.15Rigettarono i suoi decreti e le alleanze che aveva concluse con i loro padri, e le testimonianze che aveva loro date; seguirono le vanità e diventarono anch'essi fatui, a imitazione dei popoli loro vicini, dei quali il Signore aveva comandato di non imitare i costumi.16Abbandonarono tutti i comandi del Signore loro Dio; si eressero i due vitelli in metallo fuso, si prepararono un palo sacro, si prostrarono davanti a tutta la milizia celeste e venerarono Baal.17Fecero passare i loro figli e le loro figlie per il fuoco; praticarono la divinazione e gli incantesimi; si vendettero per compiere ciò che è male agli occhi del Signore, provocandolo a sdegno.18Per questo il Signore si adirò molto contro Israele e lo allontanò dalla sua presenza e non rimase se non la sola tribù di Giuda.19Ma neppure quelli di Giuda osservarono i comandi del Signore loro Dio, ma piuttosto seguirono le usanze fissate da Israele.20Il Signore, perciò, rigettò tutta la discendenza di Israele; li umiliò e li mise in balìa di briganti, finché non li scacciò dalla sua presenza.21Difatti, quando Israele fu strappato dalla casa di Davide, e proclamò re Geroboamo, figlio di Nebàt, questi allontanò Israele dal seguire il Signore e gli fece commettere un grande peccato.22Gli Israeliti imitarono in tutto il peccato commesso da Geroboamo; non se ne allontanarono,23finché il Signore allontanò Israele dalla sua presenza, come aveva preannunziato per mezzo di tutti i suoi servi, i profeti; fece deportare Israele dal suo paese in Assiria, dove è fino ad oggi.
24Il re d'Assiria mandò gente da Babilonia, da Cuta, da Avva, da Amat e da Sefarvàim e la sistemò nelle città della Samaria invece degli Israeliti. E quelli presero possesso della Samaria e si stabilirono nelle sue città.25All'inizio del loro insediamento non temevano il Signore ed Egli inviò contro di loro dei leoni, che ne fecero strage.26Allora dissero al re d'Assiria: "Le genti che tu hai trasferite e insediate nelle città della Samaria non conoscono la religione del Dio del paese ed Egli ha mandato contro di loro dei leoni, i quali ne fanno strage, perché quelle non conoscono la religione del Dio del paese".27Il re d'Assiria ordinò: "Mandatevi qualcuno dei sacerdoti che avete deportati di lì: vada, vi si stabilisca e insegni la religione del Dio del paese".28Venne uno dei sacerdoti deportati da Samaria che si stabilì a Betel e insegnò loro come temere il Signore.
29Tuttavia ciascuna nazione si fabbricò i suoi dèi e li mise nei templi delle alture costruite dai Samaritani, ognuna nella città ove dimorava.30Gli uomini di Babilonia si fabbricarono Succot-Benòt; gli uomini di Cuta si fabbricarono Nergal; gli uomini di Amat si fabbricarono Asima.31Quelli di Avva si fabbricarono Nibcaz e Tartach; quelli di Sefarvàim bruciavano nel fuoco i propri figli in onore di Adram-Mèlech e di Anam-Mèlech, dèi di Sefarvàim.32Venerarono anche il Signore; si scelsero i sacerdoti delle alture, presi qua e là, e li collocavano nei templi delle alture.33Temevano il Signore e servivano i loro dèi secondo gli usi delle popolazioni, dalle quali provenivano i deportati.34Fino ad oggi essi seguono questi usi antichi: non venerano il Signore e non agiscono secondo i suoi statuti e i suoi decreti né secondo la legge e il comando che il Signore ha dato ai figli di Giacobbe, che chiamò Israele.35Il Signore aveva concluso con loro un'alleanza e aveva loro ordinato: "Non venerate altri dèi, non prostratevi davanti a loro, non serviteli e non sacrificate a loro,36ma temete il Signore, che vi ha fatti uscire dal paese d'Egitto con grande potenza e con braccio teso: davanti a lui solo prostratevi e a lui offrite sacrifici.37Osserverete gli statuti, i decreti, la legge e il comando che egli vi ha prescritti, mettendoli in pratica sempre; non venererete divinità straniere.38Non vi dimenticherete dell'alleanza conclusa con voi e non venererete divinità straniere,39ma venererete soltanto il Signore vostro Dio, che vi libererà dal potere di tutti i vostri nemici".40Essi però non ascoltarono: agirono sempre secondo i loro antichi costumi.
41Così quelle genti temevano il Signore e servivano i loro idoli; i loro figli e nipoti continuano a fare oggi come hanno fatto i loro padri.


Proverbi 7

1Figlio mio, custodisci le mie parole
e fa' tesoro dei miei precetti.
2Osserva i miei precetti e vivrai,
il mio insegnamento sia come la pupilla dei tuoi occhi.
3Lègali alle tue dita,
scrivili sulla tavola del tuo cuore.
4Di' alla sapienza: "Tu sei mia sorella",
e chiama amica l'intelligenza,
5perché ti preservi dalla donna forestiera,
dalla straniera che ha parole di lusinga.
6Mentre dalla finestra della mia casa
stavo osservando dietro le grate,
7ecco vidi fra gli inesperti,
scorsi fra i giovani un dissennato.
8Passava per la piazza, accanto all'angolo della straniera,
e s'incamminava verso la casa di lei,
9all'imbrunire, al declinare del giorno,
all'apparir della notte e del buio.
10Ecco farglisi incontro una donna,
in vesti di prostituta e la dissimulazione nel cuore.
11Essa è audace e insolente,
non sa tenere i piedi in casa sua.
12Ora è per la strada, ora per le piazze,
ad ogni angolo sta in agguato.
13Lo afferra, lo bacia
e con sfacciataggine gli dice:
14"Dovevo offrire sacrifici di comunione;
oggi ho sciolto i miei voti;
15per questo sono uscita incontro a te
per cercarti e ti ho trovato.
16Ho messo coperte soffici sul mio letto,
tela fine d'Egitto;
17ho profumato il mio giaciglio di mirra,
di aloè e di cinnamòmo.
18Vieni, inebriamoci d'amore fino al mattino,
godiamoci insieme amorosi piaceri,
19poiché mio marito non è in casa,
è partito per un lungo viaggio,
20ha portato con sé il sacchetto del denaro,
tornerà a casa il giorno del plenilunio".
21Lo lusinga con tante moine,
lo seduce con labbra lascive;
22egli incauto la segue,
come un bue va al macello;
come un cervo preso al laccio,
23finché una freccia non gli lacera il fegato;
come un uccello che si precipita nella rete
e non sa che è in pericolo la sua vita.
24Ora, figlio mio, ascoltami,
fa' attenzione alle parole della mia bocca.
25Il tuo cuore non si volga verso le sue vie,
non aggirarti per i suoi sentieri,
26perché molti ne ha fatti cadere trafitti
ed erano vigorose tutte le sue vittime.
27La sua casa è la strada per gli inferi,
che scende nelle camere della morte.


Salmi 118

1Alleluia.

Celebrate il Signore, perché è buono;
perché eterna è la sua misericordia.

2Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
3Lo dica la casa di Aronne:
eterna è la sua misericordia.
4Lo dica chi teme Dio:
eterna è la sua misericordia.

5Nell'angoscia ho gridato al Signore,
mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.
6Il Signore è con me, non ho timore;
che cosa può farmi l'uomo?
7Il Signore è con me, è mio aiuto,
sfiderò i miei nemici.

8È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell'uomo.
9È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.

10Tutti i popoli mi hanno circondato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
11Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
12Mi hanno circondato come api,
come fuoco che divampa tra le spine,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
13Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato mio aiuto.

14Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
15Grida di giubilo e di vittoria,
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto meraviglie,
16la destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto meraviglie.
17Non morirò, resterò in vita
e annunzierò le opere del Signore.

18Il Signore mi ha provato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.

19Apritemi le porte della giustizia:
voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.
20 È questa la porta del Signore,
per essa entrano i giusti.

21Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito,
perché sei stato la mia salvezza.
22La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d'angolo;
23ecco l'opera del Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
24Questo è il giorno fatto dal Signore:
rallegriamoci ed esultiamo in esso.

25Dona, Signore, la tua salvezza,
dona, Signore, la vittoria!
26Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore;
27Dio, il Signore è nostra luce.
Ordinate il corteo con rami frondosi
fino ai lati dell'altare.

28Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
29Celebrate il Signore, perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.


Isaia 22

1Oracolo sulla valle della Visione.
Che hai tu dunque, che sei salita
tutta sulle terrazze,
2città rumorosa e tumultuante,
città gaudente?
I tuoi caduti non sono caduti di spada
né sono morti in battaglia.
3Tutti i tuoi capi sono fuggiti insieme,
fatti prigionieri senza un tiro d'arco;
tutti i tuoi prodi sono stati catturati insieme,
o fuggirono lontano.
4Per questo dico: "Stornate lo sguardo da me,
che io pianga amaramente;
non cercate di consolarmi
per la desolazione della figlia del mio popolo".
5Poiché è un giorno di panico,
di distruzione e di smarrimento,
voluto dal Signore, Dio degli eserciti.
Nella valle della Visione un diroccare di mura
e un invocare aiuto verso i monti.
6Gli Elamiti hanno preso la faretra;
gli Aramei montano i cavalli,
Kir ha tolto il fodero allo scudo.
7Le migliori tra le tue valli
sono piene di carri;
i cavalieri si sono disposti contro la porta.
8Così egli toglie la protezione di Giuda.
Voi guardavate in quel giorno
alle armi del palazzo della Foresta;
9le brecce della città di Davide
avete visto quante fossero;
avete raccolto le acque della piscina inferiore,
10avete contato le case di Gerusalemme
e demolito le case per fortificare le mura;
11avete costruito un serbatoio fra i due muri
per le acque della piscina vecchia;
ma voi non avete guardato a chi ha fatto queste cose,
né avete visto chi ha preparato ciò da tempo.
12Vi invitava il Signore, Dio degli eserciti, in quel giorno
al pianto e al lamento,
a rasarvi il capo e a vestire il sacco.
13Ecco invece si gode e si sta allegri,
si sgozzano buoi e si scannano greggi,
si mangia carne e si beve vino:
"Si mangi e si beva, perché domani moriremo!".
14Ma il Signore degli eserciti si è rivelato ai miei orecchi:
"Certo non sarà espiato questo vostro peccato,
finché non sarete morti",
dice il Signore, Dio degli eserciti.

15Così dice il Signore, Dio degli eserciti:
"Rècati da questo ministro,
presso Sebnà, il maggiordomo,
16bche si taglia in alto il sepolcro
e si scava nella rupe la tomba:
16aChe cosa possiedi tu qui e chi hai tu qui,
che ti stai scavando qui un sepolcro?
17Ecco, il Signore ti scaglierà giù a precipizio, o uomo,
ti afferrerà saldamente,
18ti rotolerà ben bene a rotoli
come palla, verso un esteso paese.
Là morirai e là finiranno i tuoi carri superbi,
o ignominia del palazzo del tuo padrone!
19Ti toglierò la carica,
ti rovescerò dal tuo posto.
20In quel giorno chiamerò il mio servo
Eliakìm, figlio di Chelkia;
21lo rivestirò con la tua tunica,
lo cingerò della tua sciarpa
e metterò il tuo potere nelle sue mani.
Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme
e per il casato di Giuda.
22Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide;
se egli apre, nessuno chiuderà;
se egli chiude, nessuno potrà aprire.
23Lo conficcherò come un paletto in luogo solido
e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre.

24A lui attaccheranno ogni gloria della casa di suo padre: discendenti e nipoti, ogni vaso anche piccolo, dalle tazze alle anfore".
25In quel giorno - oracolo del Signore degli eserciti - cederà il paletto conficcato in luogo solido, si spezzerà, cadrà e andrà in frantumi tutto ciò che vi era appeso, perché il Signore ha parlato.


Seconda lettera ai Tessalonicesi 1

1Paolo, Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre nostro e nel Signore Gesù Cristo:2grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.

3Dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli, ed è ben giusto. La vostra fede infatti cresce rigogliosamente e abbonda la vostra carità vicendevole;4così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e tribolazioni che sopportate.5Questo è un segno del giusto giudizio di Dio, che vi proclamerà degni di quel regno di Dio, per il quale ora soffrite.6È proprio della giustizia di Dio rendere afflizione a quelli che vi affliggono7e a voi, che ora siete afflitti, sollievo insieme a noi, quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo con gli angeli della sua potenza8'in fuoco ardente, a far vendetta di quanti non conoscono Dio' e non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù.9Costoro saranno castigati con una rovina eterna, 'lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza',10quando egli verrà per esser glorificato nei suoi santi ed esser riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto, perché è stata creduta la nostra testimonianza in mezzo a voi. Questo accadrà, in quel giorno.
11Anche per questo preghiamo di continuo per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene e l'opera della vostra fede;12perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.


Capitolo XXI: In Dio, al di sopra di ogni bene e di ogni dono, dobbiamo trovare la nostra pace

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1. O anima mia, in ogni cosa e al di sopra di ogni cosa, troverai riposo, sempre, nel Signore, perché lui stesso costituisce la pace dei santi, in eterno. Dammi, dolcissimo e amabilissimo Gesù, di trovare quiete in te. In te, al di sopra di ogni creatura, di ogni ben e di ogni bellezza; al di sopra di ogni gloria ed onore, potere e autorità; al di sopra di tutto il sapere, il più penetrante; al di sopra di ogni ricchezza e capacità; al di sopra di ogni letizia e gioia, e di ogni fama e stima degli uomini; al di sopra di ogni dolcezza, consolazione, speranza o promessa umana; al di sopra di ogni ambita ricompensa, di ogni dono o favore che, dall'alto, tu possa concedere; al di sopra di ogni motivo di gaudio e di giubilo, che mente umana possa concepire e provare; infine, al di sopra degli Angeli, degli Arcangeli e di tutte le schiere celesti, al di sopra delle cose visibili e delle cose invisibili, e di tutto ciò che non sia tu, Dio mio. In verità, o Signore mio Dio, tu sei eccellentissimo su ogni cosa; tu solo sei l'altissimo e l'onnipotente; tu solo dai ogni appagamento e pienezza e ogni dolcezza e conforto; tu solo sei tutta la bellezza e l'amabilità; tu solo sei, più d'ogni cosa, ricco di nobiltà e di gloria; in te sono, furono sempre e saranno, tutti quanti i beni, compiutamente. Perciò, qualunque cosa tu mi dia, che non sia te stesso, qualunque cosa tu mi riveli di te, o mi prometta, senza che io possa contemplare o pienamente possedere te, è ben poco e non mi appaga. Ché, in verità, il mio cuore non può realmente trovare quiete, e totale soddisfazione se non riposi in te, portandosi più in alto di ogni dono e di ogni creatura.  

2. Cristo Gesù, mio sposo tanto amato, amico vero, signore di tutte le creature, chi mi darà ali di vera libertà, per volare e giungere a posarmi in te? Quando mi sarà dato di essere completamente libero da me stesso e di contemplare la tua soavità, o Signore mio Dio? Quando mi raccoglierò interamente in te, cosicché, per amor tuo, non mi accorga di me stesso, ma soltanto di te, al di là del limite di ogni nostro sentire e in un modo che non tutti conoscono? Ma eccomi qui ora a piangere continuamente e a portare dolorosamente la mia infelicità. Giacché, in questa valle di miserie, molti mali mi si parano innanzi: sovente mi turbano, mi rattristano e mi ottenebrano; sovente mi intralciano il cammino o me ne distolgono, tenendomi legato e impacciato, tanto da non poter accostarmi liberamente a te, a godere del gioioso abbraccio, costantemente aperto agli spiriti beati. Che il mio sospiro e la grande e varia desolazione di questo mondo abbiano a commuoverti, o Gesù, splendore di eterna gloria, conforto dell'anima pellegrina. A te è rivolta la mia faccia; senza che io dica nulla, è il mio silenzio che ti parla. Fino a quando tarderà a venire il mio Signore? Venga a me, che sono il suo poverello, e mi dia letizia; stenda la sua mano e strappi me misera da ogni angustia. Vieni, vieni: senza di te non ci sarà una sola giornata, anzi una sola ora, gioiosa, perché la mia gioia sei tu, e vuota è la mia mensa senza di te. Un pover'uomo, io sono, quasi chiuso in un carcere e caricato di catene, fino a che tu non mi abbia rifatto di nuovo, con la tua presenza illuminante, mostrandomi un volto benevolo, e fino a che tu non mi abbia ridato la libertà. Vadano altri cercando altra cosa, invece di te, dovunque loro piaccia. Quanto a me, nulla mi è ora gradito, nulla mi sarà mai gradito, fuori di te, mio Dio, mia speranza e salvezza eterna. Né tacerò, o smetterò di supplicare, fino a che non torni a me la tua grazia e la tua parola non si faccia sentire dentro di me.  

3. Ecco, sono qua; eccomi a te, che mi hai invocato. Le tue lacrime, il desiderio dell'anima tua, la tua umiliazione e il pentimento del tuo cuore mi hanno piegato e mi hanno fatto avvicinare a te. Dicevo io allora: ti avevo invocato, Signore, avevo desiderato di godere di te, pronto a rinunciare ad ogni cosa per te; ma eri stato tu, per primo, che mi avevi mosso a cercarti. Sii dunque benedetto, o Signore, tu che hai usato tale bontà con questo tuo servo, secondo la grandezza della tua misericordia. Che cosa mai potrà dire ancora, al tuo cospetto, il tuo servo, se non parole di grande umiliazione dinanzi a te, sempre ricordandosi della propria iniquità e della propria bassezza? Non c'è, infatti, tra tutte le meraviglie del cielo e della terra, cosa alcuna che ti possa somigliare. Le tue opere sono perfette, e giusti i tuoi comandi; per la tua provvidenza si reggono tutte le cose. Sia, dunque, lode e gloria a te, o sapienza del Padre. La mia bocca, la mia anima e insieme tutte le cose create ti esaltino e ti benedicano.


Lettera di Papa Leone a Flaviano vescovo di Costantinopoli su Eutiche

San Leone Magno - San Leone Magno

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Letta la lettera della Tua Dilezione (e ci meravigliamo che sia stata scritta così tardi), e scorso l'ordine degli atti dei vescovi, finalmente abbiamo potuto renderci conto dello scandalo sorto fra voi contro l'integrità della fede. Quello che prima sembrava oscuro, ci appare in tutta la sua chiarezza. Eutiche, che pareva degno di onore per la sua dignità di sacerdote, ora ne balza fuori come molto imprudente ed incapace. Si potrebbe applicare anche a lui la parola del profeta: Non volle capire per non dover agire rettamente. Ha meditato l'iniquità nel suo cuore.

Che vi può essere infatti di peggio, che essere empio e non volersi sottomettere ai più saggi e ai più dotti? Cadono in questa stoltezza quelli che, quando incontrano qualche oscura difficoltà nella conoscenza della verità, non ricorrono alle testimonianze dei profeti, alle lettere degli apostoli o alle affermazioni dei Vangeli, ma a se stessi, e si fanno, quindi, maestri di errore proprio perché non hanno voluto essere discepoli della verità. Quale conoscenza può avere dalle pagine sacre del nuovo e dell'antico Testamento chi non sa comprendere neppure i primi elementi del Simbolo? Ciò che viene espresso in tutto il mondo dalla voce di tutti i battezzandi non è ancora compreso dal cuore di questo vecchio.

Non sapendo perciò quello che dovrebbe pensare sulla incarnazione del Verbo di Dio, e non volendo applicarsi nel campo delle sacre scritture per attingervi luce per l'intelligenza, avrebbe almeno dovuto ascoltare con attenzione la comune e unanime confessione, con cui l'insieme dei fedeli professa di credere in Dio padre onnipotente, e in Gesù Cristo suo unico figlio, nostro signore, nato dallo Spirito santo e da Maria vergine: tre affermazioni da cui vengono distrutte le costruzioni di quasi tutti gli eretici. Se infatti si crede che Dio è onnipotente e padre, si dimostra con ciò che il Figlio è a lui coeterno, in nessuna cosa diverso dal Padre, perché è Dio nato da Dio, onnipotente da onnipotente, coeterno da eterno; e non è a lui posteriore nel tempo, inferiore per potenza, dissimile nella gloria, diverso per essenza. Questo eterno unigenito dell'eterno padre, inoltre, è nato dallo Spirito santo e da Maria vergine; e questa nascita nel tempo non ha tolto nulla, come nulla ha aggiunto, a quella divina ed eterna nascita, ma fu consacrata interamente alla redenzione dell'uomo, che era stato ingannato,- e a vincere la morte, e a distruggere col suo potere il diavolo, che aveva il dominio della morte. Noi non avremmo potuto vincere l'autore del peccato e della morte, se non avesse assunto e fatta sua la nostra natura colui che il peccato non avrebbe potuto contaminare e la morte avere in suo dominio. Egli infatti fu concepito dallo Spirito santo nel seno della vergine Madre, che lo diede alla luce nella sua integrità verginale, così come senza diminuzione della sua verginità l'aveva concepito.

Se poi Eutiche, non era capace di attingere da questa purissima fonte della fede cristiana il genuino significato, perché aveva oscurato lo splendore di una verità così evidente con la propria cecità, avrebbe dovuto sottomettersi alla dottrina del Vangelo. Matteo dice: Libro della genealogia di Gesù Cristo, figlio di David, figlio di Abramo. Egli avrebbe dovuto consultare anche l'insegnamento della predicazione apostolica; e leggendo nella lettera ai Romani: Paolo, servo di Gesù Cristo, chiamato apostolo, scelto Per la predicazione del Vangelo di Dio, che aveva già Promesso attraverso i Profeti nelle sacre scritture riguardo al Figlio suo, che gli è nato dalla stirpe di David, secondo la carne, avrebbe dovuto rivolgere la sua pia considerazione alle pagine dei profeti. Imbattendosi nella promessa di Dio ad Abramo, quando dice: nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti, per non dover dubitare della identità di questa discendenza, avrebbe dovuto seguire l'apostolo, che dice: Le Promesse sono state fatte ad Abramo e alla sua discendenza. Non dice: ai suoi discendenti, quasi che fossero molti; ma, quasi che fosse una: alla sua discendenza, che è Cristo. Avrebbe anche compreso con l'udito interiore la profezia di Isaia, quando dice: Ecco, una vergine concepirà nel suo seno e darà alla luce un figlio, e lo chiameranno Emmanuele, che viene interpretato Dio Con noi. Ed avrebbe letto con fede le parole dello stesso profeta: Ci è nato un fanciullo, ci è stato dato un figlio, il suo potere sarà sulle sue spalle. E lo chiameranno: angelo di somma prudenza, Dio forte, principe della Pace, Padre del secolo futuro; e non direbbe con inganno che il Verbo si è fatto carne in tal modo, che Cristo, nato dalla Vergine, avesse bensì la forma di un uomo, ma non la realtà del corpo di sua madre. Forse egli può aver pensato che nostro signore Gesù Cristo non aveva la nostra natura per il fatto che l'angelo mandato alla beata vergine Maria disse: Lo Spirito santo scenderà su di te, e la forza dell'Altissimo li coprirà della sua ombra. E perciò l'essere santo che nascerà da te sarà chiamato figlio di Dio, quasi che, dato che il concepimento della Vergine fu effetto di un'operazione divina, il corpo da essa concepito non provenisse dalla natura di chi lo concepiva. Non così dev'essere intesa quella generazione singolarmente mirabile e mirabilmente singolare, come se per la novità della creazione sia stato annullato ciò che è proprio del genere (umano). Ora, lo Spirito santo rese feconda la Vergine, ma la realtà del corpo proviene dal corpo. E mentre la sapienza si edificava una casa, il Verbo si fece carne e pose la sua dimora fra noi, con quella carne, cioè, che aveva assunta dall'uomo, e che lo spirito razionale animava.

Salva quindi la proprietà di ciascuna delle due nature, che concorsero a formare una sola persona, la maestà si rivestì di umiltà, la forza di debolezza, l'eternità di ciò che è mortale; e per poter annullare il debito della nostra condizione, una natura inviolabile si unì ad una natura capace di soffrire; e perché, proprio come esigeva la nostra condizione, un identico mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù potesse morire secondo una natura, non potesse morire secondo l'altra. Nella completa e perfetta natura di vero uomo, quindi, è nato il vero Dio, completo nelle sue facoltà, completo nelle nostre. Quando diciamo "nostre", intendiamo quelle facoltà che il creatore mise. in noi da principio, e che ha assunto per restaurarle. Quegli elementi, infatti, che l'ingannatore introdusse, e che l'uomo, ingannato, accettò, non lasciarono alcuna traccia nel Salvatore. Né perché volle partecipare a tutte le umane miserie, fu anche partecipe dei nostri peccati. Egli prese la forma di servo senza la macchia del peccato, elevando ciò che era umano, senza abbassare ciò che era divino; perché quell'abbassamento per cui egli da invisibile si fece visibile, e, pur essendo creatore e signore di tutte le cose, volle essere dei mortali, fu condiscendenza della misericordia non mancanza di potenza.

Perciò chi rimanendo nella forma di Dio fece l'uomo, si fece uomo nella forma di servo. Ciascuna natura, infatti, conserva senza difetto ciò che le è proprio. E come la natura divina non sopprime quella di servo, così la natura di servo non porta alcun pregiudizio a quella divina. Il diavolo, infatti, si gloriava che l'uomo, ingannato dalla sua frode, aveva perduto i doni divini; che era stato spogliato della dote dell'immortalità ed era andato incontro ad una dura sentenza di morte; che, quindi, egli, il diavolo, nei suoi mali aveva trovato un certo conforto nella comune sorte del prevaricatore; e che anche Dio, secondo la esigenze della giustizia verso l'uomo (quell'uomo che aveva innalzato a tanto onore, creandolo) aveva dovuto mutare il suo disegno. Fu necessario, allora, che, nell'economia del suo segreto consiglio, Dio, che è immutabile, e la cui volontà non può esser privata della stia innata bontà, completasse per così dire il primitivo disegno della sua benevolenza verso di noi con un misterioso e più profondo piano divino, e così l'uomo, spinto alla colpa dall'inganno della malvagità diabolica, non perisse contro il disegno di Dio.

Il Figlio di Dio, scendendo dalla sede dei cieli senza cessare di essere partecipe della gloria del Padre, fa l'ingresso in questo basso mondo, generato secondo un ordine ed una nascita del tutto nuovi: secondo un ordine nuovo, perché invisibile nella sua natura divina, si fece visibile nella nostra; perché incomprensibile, volle esser compreso; fuori del tempo, cominciò ad esistere nel tempo; Signore di tutte le cose, assunse la natura di servo, nascondendo l'immensità della sua maestà; incapace di soffrire perché Dio, non disdegnò di farsi uomo soggetto alla sofferenza, infine, perché immortale, volle sottoporsi alle leggi della morte. Generato secondo una nuova nascita, perché la verginità inviolata non conobbe passione e somministrò la materie della carne. Dalla madre il Signore ha assunto la natura non la colpa. E nel signore nostro Gesù Cristo, generato dal seno della Vergine, la nascita ammirabile non rende la natura dissimile dalla nostra. Colui, infatti, che è vero Dio, quegli è anche vero uomo. In questa unione non vi è nulla di incongruente, trovandosi insieme contemporaneamente la bassezza dell'uomo e l'altezza della divinità.

Come, infatti, Dio non muta per la sua misericordia, così l'uomo non viene annullato dalla dignità divina. Ognuna delle due nature, infatti, opera insieme con l'altra ciò che le è proprio: e cioè il Verbo, quello che è del Verbo; la carne, invece, quello che è della carne. L'uno brilla per i suoi miracoli, l'altra sottostà alle ingiurie. E come al Verbo non viene meno l'uguaglianza nella gloria paterna, così la carne non abbandona la natura umana. La stessa e identica persona, infatti, - cosa che dobbiamo ripetere spesso - è vero figlio di Dio e vero figlio dell'uomo: Dio, per ciò, che in principio esisteva il Verbo: e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; uomo, per ciò, che: il Verbo si fece carne e stabilì la sua dimora fra noi; Dio, perché tutte le cose sono state fatte per mezzo suo, e senza di lui nulla è stato fatto, uomo, perché nacque da una donna sottoposto alla legge La nascita della carne manifesta l'umana natura; il parto di una Vergine è segno della divina potenza. L'infanzia del bambino è attestata dall'umile culla; la grandezza dell'Altissimo è proclamata dalle voci degli angeli. Nel suo nascere è simile agli altri uomini quegli che Erode tenta ampiamente di uccidere; ma è Signore di ogni cosa quello che i Magi godono di poter adorare prostrati. Già quando si recò dal suo precursore Giovanni per il battesimo, perché non restasse nascosto che sotto il velo della carne si celava la divinità, la voce del Padre, tonando dal cielo, disse: Questi è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto. A colui, perciò, che l'astuzia del demonio tentò come uomo, a lui come ad un Dio rendono i loro uffici gli angeli. Aver fame, aver sete, stancarsi e dormire, evidentemente è proprio degli uomini; ma saziare cinquemila uomini con cinque pani, dare alla samaritana l'acqua viva, che produca l'effetto in chi beve di non aver più sete; camminare sul dorso del mare senza che i piedi sprofondino, e render docili i flutti furiosi dopo aver rimproverato la tempesta: tutto ciò senza dubbio è cosa divina. Come, quindi, per tralasciare molte cose, non è della stessa natura piangere con affetto pietoso un amico morto e richiamarlo alla vita, redivivo, al solo comando della voce, tolta di mezzo la pietra di una tomba chiusa già da quattro giorni; o pendere dalla croce e sconvolgere gli elementi della natura, trasformando la luce in tenebre; o essere trapassato dai chiodi e aprire le porte del paradiso alla fede del ladrone; così non è della stessa natura dire: Io e il Padre siamo una cosa sola, e dire: Il Padre è maggiore di me. Quantunque, infatti, nel signore Gesù Cristo vi sia una sola persona per Dio e per l'uomo, altro però è l'elemento da cui sgorga per l'uno e per l'altro l'offesa, altro ciò da cui promana per l'uno e l’altro la gloria. Dalla nostra natura egli ha un'umanità inferiore al Padre; dal Padre gli deriva una divinità uguale a quella del Padre.

Proprio per questa unità di persona, da intendersi come propria di ognuna delle due nature, si legge che il Figlio dell'uomo discese dal cielo, mentre fu il Figlio di Dio che assunse la carne dalla Vergine da cui è nato; e, d'altra parte, si dice che il Figlio di Dio fu crocifisso e sepolto, quantunque non abbia subito questo nella stessa divinità, per cui l'unigenito è coeterno e consostanziale al Padre, ma nella infermità della natura umana. Proprio per questo confessiamo tutti anche nel Simbolo che il Figlio unigenito di Dio è stato crocifisso e sepolto, secondo le parole dell'apostolo: Se infatti l'avessero conosciuta, non avrebbero mai crocifisso il Signore della gloria. E lo stesso nostro Signore e Salvatore, volendo istruire con le sue domande i discepoli nella fede: Chi dicono gli uomini, disse, che sia il Figlio dell'uomo? Essi riferiscono le varie opinioni degli altri. E voi, riprese, chi dite che io sia?: io, che sono il Figlio dell’uomo, e che voi vedete sotto l'aspetto di un servo e nella verità della carne, chi dite che sia? Fu allora che S. Pietro divinamente ispirato e destinato a giovare a tutti i popoli con la sua confessione, Tu sei il Cristo, disse, il Figlio del Dio vivo . E bene a ragione fu chiamato beato dal Signore; e dalla pietra principale trasse la solidità della virtù e del nome, lui che per rivelazione del Padre riconobbe in lui il Figlio di Dio e il Cristo, poiché accettare una cosa senza l'altra, non avrebbe giovato alla salvezza. E vi era uguale pericolo nel credere che il signore Gesù Cristo fosse o solo Dio, senza essere uomo, o uomo soltanto, senza che fosse anche Dio.

Dopo la resurrezione del Signore, poi, che avvenne certamente nel vero corpo, poiché non altri risuscitò se non quegli che era stato crocifisso ed era morto, che altro Egli fece, nello spazio di quaranta giorni, se non rendere pura ed integra la nostra fede da ogni errore? Per questo Egli parlava con i suoi discepoli e, vivendo e mangiando con essi, permetteva loro, scossi com'erano dal dubbio, di avvicinarlo e di avere frequentemente contatto con lui, entrò a porte chiuse dai discepoli e col suo soffio diede loro lo Spirito santo; e donava luce all'intelligenza e svelava il senso misterioso e profondo delle sacre Scritture; e mostrava ripetutamente la stessa ferita del suo fianco, e i fori dei chiodi, e tutti i segni della recentissima passione, dicendo: Guardate le mie mani e i miei piedi: sono io, toccate: uno spirito non ha carne ed ossa, Come voi invece vedete che io ho perché si potesse costatare che le proprietà della natura divina e di quella umana rimanevano in lui; e così sapessimo che il Verbo non è la stessa cosa che la carne, e confessassimo che il Verbo e la carne costituiscono un solo Figlio di Dio.

Dinanzi a questo sacramento della fede Eutiche si dimostra ben sprovvisto, egli che nell'Unigenito di Dio né attraverso l'umiltà di uno stato soggetto alla morte, né attraverso la gloria della resurrezione ha riconosciuta la nostra natura; né è restato scosso dalle parole del beato Giovanni, apostolo ed evangelista, quando dice: Chiunque confessa che Gesù Cristo è apparso nella carne, è da Dio. E chiunque divide Gesù, non è da Dio; anzi è l'anticristo . E che cos'è dividere Gesù, se non separare da lui la natura umana e con vanissime ciance annullare il mistero per cui soltanto siamo stati salvati? Inoltre, chi brancola nelle tenebre per quanto riguarda la natura del corpo di Cristo, bisogna per forza che vaneggi con la stessa cecità anche per quanto riguarda la sua passione. Se, infatti, non ritiene falsa la croce del Signore e non dubita che sia stata vera la morte, accettata per la salvezza del mondo, dovrà pure ammettere la carne di chi crede essere morto. Né potrà rifiutarsi di ammettere che sia stato uomo con un corpo simile al nostro colui che riconosce avere sofferto. Perché negare la verità della carne, è negare la realtà della passione corporea.

Se, quindi, egli accetta la fede cristiana, e non trascura di ascoltare la parola del Vangelo, consideri quale natura, trapassata dai chiodi, sia stata appesa sul legno della croce, e il fianco del crocifisso squarciato dalla lancia; da dove sia sgorgato il sangue e l'acqua, perché la chiesa di Dio fosse irrigata da un lavacro e da una fonte. Ascolti il beato apostolo Pietro predicare che la santificazione avviene con l'aspersione del sangue di Cristo. Legga, riflettendo, le espressioni dello stesso apostolo, quando dice: Sappiate che non siete stati redenti con l'oro e con l'argento, cose che periscono, dal vostro vano modo di vivere secondo la tradizione dei Padri, ma dal sangue prezioso di Gesù Cristo, agnello Puro ed immacolato .

E non resista neppure alla testimonianza del beato apostolo Giovanni, che dice: Il sangue di Gesù, figlio di Dio, ci purifica da ogni Peccato. Ed anche: Questa è la vittoria che vince il mondo, la nostra fede. Chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il figlio di Dio? A lui che è venuto attraverso l'acqua e il sangue, Gesù Cristo,- non nell'acqua solo, ma nell'acqua e nel sangue. Ed è lo Spirito a rendere testimonianza, Poiché lo Spirito è verità. Poiché sono tre che rendono testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue. E questi tre sono una cosa sola. Naturalmente si deve intendere dello spirito di santificazione, del sangue della redenzione, dell'acqua del battesimo: tre cose che sono una stessa cosa, eppure conservano la loro individualità, e nessuna di esse è separata dalle altre. Perché la chiesa cattolica vive e progredisce di questa fede: che nel Cristo Gesù non vi è umanità senza vera divinità, né divinità senza vera umanità.

Esaminato e interrogato da voi Eutiche rispose: "Confesso che Nostro Signore avesse due nature prima della loro unione; ma che ne avesse una sola dopo l'unione", mi meraviglio come una professione di fede così assurda e perversa non abbia trovato nei giudici una severa riprensione; e che un discorso così sciocco sia potuto passare come se non contenesse nulla di offensivo. Eppure è ugualmente empia l'affermazione: che l'unigenito Figlio di Dio prima dell'incarnazione abbia avuto due nature, e l'altra affermazione: che dopo che il Verbo si è fatto carne, vi sia stata in lui una sola natura.

Perché, dunque Eutiche non debba credere di avere fatto questa affermazione o conforme a verità, o almeno tollerabilmente (per il fatto che non sia stato confutato da nessuna sentenza in contrario), noi esortiamo il tuo amore sempre sollecito, fratello carissimo, perché, se per grazia della misericordia di Dio la causa si va risolvendo in modo soddisfacente, l'imprudenza di un uomo così ignorante sia purificata anche da questa peste del suo pensiero. Egli, come documenta la relazione degli atti, aveva rettamente cominciato a rinunziare alle sue idee quando, costretto dalla vostra sentenza, affermava di ammettere quanto prima non ammetteva, e di aderire a quella fede, da cui prima si era mostrato alieno. Ma per il fatto che egli non volle dare il suo assenso quando si trattò di condannare l'empia dottrina, la fraternità vostra ben comprese che egli rimaneva nella sua perfida opinione, ed era degno di ricevere un giudizio di condanna. Se quindi egli sinceramente ed utilmente si pente di tutto ciò, e riconosce, benché tardi, con quanta ragione si sia mossa l'autorità dei vescovi, se a piena soddisfazione egli condannerà a viva voce e firmando di sua mano tutti i suoi errori, nessuna misericordia, per quanto grande, sarà degna di biasimo. Nostro Signore, infatti, vero e buon pastore, che diede la sua vita per le pecore, e che venne a salvare le anime degli uomini, non a perderle, desidera che noi siamo imitatori della sua pietà. E se la giustizia deve reprimere chi manca, la misericordia non può respingere chi si converte. E’ allora, infatti, che la vera fede è difesa con abbondantissimo frutto, quando l'errore viene condannato anche da quelli che lo sostengono.

Per condurre a termine piamente e fedelmente la questione, abbiamo mandato come nostri rappresentanti i nostri fratelli Giulio, vescovo, e Renato, presbitero del titolo di S. Clemente, oltre a mio figlio Ilario, diacono. Abbiamo aggiunto ad essi Dolcizio, nostro notaio, la cui fedeltà a tutta prova ci è nota. E confidiamo che ci assista l'aiuto divino, perché colui che ha errato, condannato il suo malvagio modo di sentire, sia salvo. Dio ti custodisca sano, fratello carissimo.


ANNI 1915-1916

Il diario di Santa Teresa di Los Andes - Santa Teresa di Los Andes

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Uno scatto di collera

Uscimmo dall'Ospedale San Vicente e poco tempo dopo ce ne andammo a Chacabuco che papà aveva preso in affitto. Però non potevo montare a cavallo e ciò era per me una rinuncia molto grande, non c è nulla che mi piaccia più del cavallo. Ci trovavamo molto bene. Ci furono le missioni. Spesso c'era la messa e mi sentivo molto felice.

Per mia maggior umiliazione racconterò una arrabbiatura che mi prese, che fu tanto grande da sembrare che fossi impazzita. Il motivo fu che mia sorella e mia cugina che si trovavano con noi non vollero fare il bagno con noi perché eravamo molto piccole. Mi disgustò che mi dicessero piccola e non volevo andare a fare il bagno, ma mi obbligarono. Mentre già ci stavamo vestendo arrivarono le ragazze a farci affrettare, ma risposi che non mi sarei vestita se non se ne fossero andate. Ma esse non vollero andarsene. Mamma mi disse di vestirmi, ma io, imbronciata, non volli. Mamma mi picchiò ma tutto fu inutile. Piangevo ed era tanta la rabbia che provavo che avrei voluto gettarmi nell'acqua. "Mamita'' incominciò a vestirmi, ma continuavo ad essere risentita. Quando fui pronta mi pentii di ciò che avevo fatto e andai a domandare perdono alla mia mamma la quale era molto addolorata nel vedermi così e diceva che se ne tornava a Santiago per non rimanere con una bambina così collerica. Ella non volle perdonarmi e ciò mi faceva piangere inconsolabile. Mi scacciò dalla sua stanza e andai a nascondermi per piangere liberamente. Venne l'ora di fare lo spuntino e non volevo andarci, finché mi obbligarono, ma avevo vergogna e non volevo guardare nessuno, avendo dato un così cattivo esempio. Non so quante volte chiesi perdono, finché la sera mamma mi disse che avrebbe osservato come sarebbe stata in avvenire la mia condotta.

Io credo che di questo peccato ho avuto la contrizione perfetta perché l'ho pianto non so quante volte. E ogni volta che me ne ricordo mi addoloro di essere stata tanto ingrata con Nostro Signore che mi aveva appena ridato la vita.

Oggi compio quindici anni

(13 luglio) Oggi compio quindici anni. Quindici anni! L'età che tutti vorrebbero avere: i bambini per essere considerati più grandi e gli anziani e quelli che hanno oltrepassato questa età, che hanno venticinque anni, vorrebbero ritornare a questa età perché è la più felice.

Ma penso: quindici anni, quindici anni in cui Dio mi ha conservato in vita. Me la diede nel 1900. Mi preferì tra migliaia di esseri per creare proprio me.

Nel 1914, l'anno scorso, fui ammalata da rischiare la morte e mi diede un'altra volta la vita. Che cosa ho fatto da parte mia per un favore così grande perché Dio mi abbia data la vita due volte?

Quindici anni! Di che cosa mi sono occupata in questi quindici anni? Che cosa ho fatto per piacere a questo Re onnipotente, a questo Creatore misericordioso che mi creò? Perché mi ha preferito a tante creature?

L' avvenire non mi si è svelato, ma Gesù ha sollevato il velo ed ho intravisto le belle spiagge del Carmelo.

Quante volte ho chiesto a Dio che mi portasse via da questo mondo ed Egli ha quasi ascoltato le mie suppliche e mi ha mandato malattie dalle quali si credeva che non mi sarei salvata. Ma Gesù mi ha insegnato che non devo domandare questo e mi ha posto come termine del mio viaggio ancora nove anni nel porto benedetto del Carmelo.

Questi quindici anni, per una ragazza è l'età più pericolosa, è l'entrata nel mare tempestoso del mondo. Ho quindici anni, Gesù ha preso il comando della mia barchetta e l'ha tirata in disparte dall'incontro con altre navi. Mi ha mantenuta solitaria con Lui. Per questo il mio cuore, conoscendo questo Capitano è stato preso dall'amo dell'amore e qui mi tiene prigioniera in esso. Quanto amo questa prigione e questo Re potente che mi tiene prigioniera, questo Capitano che fra i flutti dell'oceano non mi ha lasciato naufragare.

Gesù mi nutre quotidianamente con la sua carne adorabile e, insieme a questo cibo, ascolto una voce dolce e soave come gli echi armoniosi degli angeli del cielo. Questa è la voce che mi guida, che scioglie le vele della nave della mia anima perché non soccomba e perché non affondi. Sento sempre quella cara voce che è quella del mio Amato, la voce di Gesù in fondo alla mia anima; e nelle mie angosce, nelle mie tentazioni, Egli è il mio consolatore, egli è il mio Capitano.

Conducimi sempre, Gesù mio, per il cammino della croce. E la mia anima si alzerà in volo dove si trova l'aria che vivifica e la quiete.

All'internato - La mia vocazione

Durante queste vacanze le scrissi, Madre, facendole conoscere la mia vocazione, che lei aveva indovinato.

Tornammo nel mese di marzo ed entrai in collegio, ma lei, Madre mia era già ammalata. Che dispiacere ne ebbi e quanto pregai per il suo miglioramento. Ma il Signore non concesse il miglioramento e le fece bere il calice di amarezza che Egli dà a quelli che ama. La portarono alla Maestranza. Che dolore mi causò questa separazione! Però lo offrii insieme a Lei a nostro Signore e, vedendola così coraggiosa ed eroica, mi riempivo di coraggio e mi chiedevo: forse non è Gesù il suo appoggio e non è Lui che sta per soccorrerla?

Le scrìssi una lettera in cui manifestavo il mio cuore e dopo pochi giorni andai a farle visita, senza immaginare che ben presto anch'io mi sarei trovata là.

Durante il semestre mamma ci comunicò che saremmo entrate come interne. Nonostante la mia pena non potei fare a meno di ringraziare Nostro Signore, che mi preparava il cammino per stare più separata dalle cose del mondo e mi chiamava a vivere vicino a Lui perché mi abituassi a vivere separata dalla mia famiglia prima di entrare al Carmelo. Quello che soffrii lo si può vedere dalle righe che scrivevo tutti i giorni ogni sera e che sono una specie di Diario.

Giovedì 2 settembre 1915. Oggi è un mese e due giorni che ci dissero che saremmo entrate come interne.

Io credo che non mi abituerò mai a vivere lontana dalla mia famiglia: dal papà dalla mamma, da quegli esseri che amo tanto. Se sapessero quanto soffro mi compatirebbero! Eppure mi devo consolare. Vivrò forse tutta la vita senza separarmi da loro? Così vorrei ripagarli con le mie attenzioni di quanto essi hanno fatto per me. Ma la voce di Dio comanda di più, devo seguire Gesù fino ai confini del mondo se Lui lo vuole. In Lui trovo tutto. Egli solo occupa il mio pensiero. Tutto il resto, fuori di Lui, è ombra, afflizione e vanità. Per Lui lascerò tutto ed andrò a nascondermi dietro le grate del Carinelo, se è sua volontà e vivrò solo per Lui. Che gioia, che piacere! il cielo sulla terra.

Ma nel frattempo gli anni sembrano secoli durante i quali bisogna attendere per poter dare a lui il dolce nome di Sposo. Che tristi sono i giorni dell'esilio. Ma Egli è vicino a me e mi dice molto spesso: "Amica molto cara". Ciò mi infonde coraggio e proseguo sforzandomi per diventare un po' meno indegna del nome che porterò. Quale sarà il luogo dove celebreremo le nostre nozze e il luogo dove vivremo uniti? Mi ha detto il Carmelo. Ma ogni volta che voglio vederlo più da vicino sembra che Egli lo copra con un velo perché non veda nulla e senza speranza mi rìtiro triste e desolata. Vedo che il mio corpo non resisterà e tutti quelli che sono al corrente me lo ripetono: quell'Ordine è molto austero e tu sei molto delicata. Però tu, Gesù sei mio Amico e come tale mi. procuri sollievo. Il giorno che tornai a casa trovai che la Madre Superiora del Carmen~, senza conoscermi, mi aveva mandato una immagine di Teresa di Gesù Bambino, tramite la mamma; ciò mi ha procurato molto piacere. Mi raccomanderò a Teresina perché mi guarisca e possa essere Carmelitana. Ma non voglio se non che si compia la volontà di Dio. Lui sa meglio ciò che mi conviene. Gesù, ti amo, ti adoro con tutta l'anima mia!

Mal di denti - Voti religiosi - Visite

Venerdì 3. - Ieri sera venne Madre Izquierdo a trovarmi nel dormitorio. Quando le dissi che avevo un forte mal di denti e che tutto il giorno avevo avuto mal di testa, mi disse queste parole che Gesù in altre circostanze penose mi aveva detto: "Figlia mia, Gesù ti ama molto, ti circonda con la sua croce. Offrigli questo dolore come fiore per la comunione di domani". Voglio molto bene a questa Madre: è una vera santa.

Mercoledì 81. - Oggi due novizie hanno pronunciato i voti, mi ha fatto molta impressione. Avanzarono e davanti all'Ostia Santa promisero di essere Sue spose. Che sublime dignità! Quando potrò dire al mondo il mio ultimo addio! Anche una postulante ha ricevuto l'abito. Si può dire che è la fidanzata di Gesù.

Vennero poi le ragazze dell'esternato e ci fu permesso di stare con loro fino alle undici e mezzo.

Vidi alcune Madri di là, tra esse Madre Popelaire che per quattro anni fu mia maestra. Le voglio bene e non so perché ebbi pena e mi misi a piangere, per cui Rebeca mi imitò. Allora capii che era necessario mi rasserenassi per consolarla e in effetti fu così.

Ci trattenemmo con Madre Julia Rios. Che grande piacere! E siccome faccio il possibile per immaginarmi di essere al Carmelo, mi sedetti per terra ai piedi della Madre, e varie ragazze seguirono l'esempio.

Domenica andrò da Madre Julia Rios da sola. Questo mi spaventa perché penso di raccontarle tutto il cambiamento che si è operato in me dall'operazione, la mia vocazione al Carmelo, tutto insomma. Non so come farò perché mi costa molto esprimere tutto ciò che mi succede.

Sono stata tutto il giorno molto felice, ma, come fa sempre, Gesù mi inviò un regalino: era una croce e ciò mi piacque molto.

Sabato 11 - Sebbene voglio scrivere il mio Diario tutti i giorni, mi è impossibile. Oggi mi sono confessata. Che sollievo ho avuto perché avevo dei peccati ed anche se sono involontari, non mi piace averli perché con essi mi allontanano da Gesù e mi causano molta pena. Siccome Lo amo preferirei piuttosto morire che offenderlo.

Ieri e oggi non ho mangiato caramelle, le ho offerte a Gesù perché Gli piacciono più che a me.

Da mercoledì 8 a venerdì 24 settembre, per esattezza con il calendario, bisogna correggere Juanita che erroneamente scrisse: Mercoledì 6, Sabato 9 ecc.

Colloquio decisivo

Domenica 12. - Ho molto da raccontare e soprattutto da ringraziare molto Gesù che mi ha concesso di incontrare Madre Julfa Rìos e di dirle quasi tutto. Abbiamo parlato molto. Le dissi che non mi abituavo affatto (nell'internato) e mi diede ragione per l'età a cui ero entrata. Passammo rapidamente su questo poiché ella desiderava sapere ciò che avevo accennato nella mia lettera.

Incominciò a parlarmi per prima cosa dell'operazione. Mi fece vedere il grande scopo a cui Dio mi destinava ridonandomi la vita e i numerosi favori che mi aveva concesso. Le confidai la mia risoluzione e mi disse che l'aveva già indovinata, perché Dio si proponeva qualcosa nel darmi due volte la vita.

Le parlai delle mie civetterie, mi domandò come potevo flirtare dopo tante chiamate di Dio, e che, anche se non era peccato, riflettessi sul fatto che Colui che mi sceglieva era il Re dei cieli e della terra, e chi ero io per giocare così? Non ero forse una vile e miserabile creatura? E perché davo il mio amore a un uomo quando lo desiderava Dio? Se fosse un uomo che mi amasse e lo accettassi, non avrei il coraggio di divertirmi, perché dunque lo fàcevo con Dio? Era una cosa molto grave, era più che un matrimonio. Dovevo stare attenta perché non era per un giorno né per tutta la vita ma per Veternità. Che l'amore umano si estingue, ma l'amore divino abbraccia tutto. Che mi dovevo ricordare che erano molte le chiamate ma poche le elette. Che ogni volta che mi comunicavo dovevo parlare a Gesù di questo e procurare di essere per Lui ogni giorno più bella, possedendo più virtù; che avrei dovuto fare la mia orazione con la faccia a terra perché parlavo con l'Onnipotente che si era abbassato a me per scegliermi come sposa.

Le dissi anche che desideravo entrare al Carmelo. Mi chiese: "E la salute? Potrai resistere?". Non penso mai a questo corpo miserabile! Vorrei volare ed esso non può. Come ti detesto vaso di corruzione che ti opponi ai desideri della mia anima! Sei delicato. Ti fanno male le austerità e hai bisogno che ti accarezzino. Ma Gesù farà ciò che vuole. Si compia in tutto la sua volontà. Questa crudele incertezza è una specie di agonia per la mia anima. Meglio. Posso così unirmi meglio a Gesù nell'orto e consolarlo un po'. È il calice che mi avvicina alle labbra, ma credo che non me lo farà bere sino a vuotarlo.

Madre Julia Rios mi disse che avrebbe pregato molto per me e per la mia salute, e che pensava solo che sarei diventata la sposa di Gesù.

Mi raccomandò di leggere la vita di Santa Teresa e di suor Teresa di Gesù Bambino. Le dissi che le avevo lette varie volte traendone molto profitto perché la loro anima ha alcuni punti simili alla mia; e anche perché come loro ho ricevuto molti benefici da Nostro Signore, anche se loro sono arrivate molto presto alla perfezione mentre ripago così male Gesù. Questo mi intenerisce e le prometto di diventare migliore.

Arrivò Rebeca e dovetti andarmene con gran pena.

Vacanze di settembre

Martedì 14. - Oggi è la festa della Madre Izquierdol. È stato giorno di ricreazione. L'abbiamo trascorso molto contente. Abbiamo giocato a nascondino e poi alle bandierine; abbiamo vinto noi.

Ci hanno consegnato i risultati del concorso di ortografia. Sono la prima. Nessun errore, per caso. La Reverenda Madre ci disse di avvicinarci a ricevere una immagine, e quando andai per riceverla, Madre Julia Rios ha riso con me, cosa che mi fece molto piacere.

Oggi siamo uscite. Ne siamo felici. Siamo andate a confessarci e poi a passeggio alla "Alameda". Ma ero tanto indifferente a questo passeggio perché pensavo chi avrebbe pensato a Lui e procuravo di unirmi il più possibile; così gioivo.

Abbiamo visto Miguel che sta facendo il militare ed era da più di un mese che non lo vedevo. Gli voglio tanto bene... E stato promosso caporale. Sono molto contenta.

Mercoledì. - Oggi sono andata a Messa e poi al centro con Lucia. Nel pomeriggio siamo state a visitare Inés e Maria Salas. Poi vennero le Zegeres. Più tardi andammo dalle Salas Edwards perché Sylvia era stata operata di appendicite. Di là andammo a visitare Carmen de Castro, ma non la trovammo. Solo quando tornavamo la vidi un momento in strada. Ci abbracciammo. Eravamo felici, da tanto tempo non ci vedevamo... L'amo tanto!

Giovedì 16. - Mi trovo in campagna. Siamo arrivate alle cinque; siamo andate dappertutto. Che felicità!

Venerdì 17. - Siamo uscite a cavallo. Siamo andate a trovare lo zio Francisco e Maria Càceres (una anziana domestica), abbiamo visto anche Juan Luis Dominguez, è molto ammalato, ha degli attacchi. Ma qui, grazie a Dio, sta meglio.

Sabato 18. - Siamo usciti presto a cavallo con i miei cugini. Ci siamo divertiti molto. Poi alle due abbiamo alzato aquiloni, un gioco che mi piace molto.

Domenica 19. - Abbiamo ascoltato la Messa. Sono stata molto distratta, perché i miei cugini stavano nel presbiterio e ci guardavano. Questo mi faceva ridere. Abbiamo cantato ma non mi sono insuperbita per la mia voce. In questo Gesù mi aiuta a superarmi. Lo ringrazio con tutto il cuore.

Martedì 21. - Oggi ho avuto la gioia di comunicarmi. Mi sentivo così unita a Lui, Lo amavo tanto che mi sembrava di stare in cielo ed ho continuato in questa unione durante tutta la giornata. Gesù mio non separarti da me!

Venerdì 24. - Oggi siamo tornate in collegio. Sento disperazione e una voglia pazza di piangere. A Te, mio Gesù, offro questa pena, perché voglio soffrire per assomigliare a Te, Gesù, amore mio.

 

Soffrire con gioia

Lettere alla Vergine Maria

Sposa di Gesù - Unico Amore

Oggi, da quando mi sono alzata sono molto triste. Sembra che improvvisamente mi si spezzi il cuore. Gesù mi ha detto che voleva che soffrissi con gioia. Ciò costa molto, ma basta che Egli lo chieda perché cerchi di farlo. Mi piace la sofferenza per due ragioni: la prima perché Gesù ha sempre preferito la sofferenza dalla sua nascita fino a morire sulla croce. Quindi deve essere qualcosa di molto grande perché l'Onnipotente cerchi in tutto la sofferenza. Secondo: mi piace perché sull'incudine del dolore si modellano le anime. E perché Gesù alle anime che ama di piu invia questo regalo che tanto piacque a Lui.

Mi dico che Egli era salito al Calvario e si è steso sulla croce con gioia per la salvezza degli uomini. “Non sei forse tu quella che mi cerca e che vuole somigliare a me? Vieni dunque con me e prendi la croce con amore e gioia”.

Trovo anche in un quaderno uno scritto intitolato: "Il mio specchio".

"Il mio specchio deve essere Maria. Poiché sono sua figlia devo somigliare a Lei, così somiglierò a Gesù".

“ Non devo amare se non Gesù. Dunque il mio cuore deve avere il sigillo dell'amore di Dio. I miei occhi devono fissarsi su Gesù Crocifisso”.

"La mia lingua deve esprimergli il mio amore. Il mio piede deve incamminarsi al Calvario. Per questo il mio andare deve essere lento e raccolto. Le mie mani devono stringere il crocifisso, cioè quell'immagine divina che deve imprimersi nel mio cuore

Trovo anche una lettera che scrissi una sera in cui non ne potevo più di soffrire: "Madre cara, Madre quasi idolatrata, ti scrivo per dar sfogo al mio cuore spezzato dal dolore. Non voglio che Tu riunisca i suoi pezzi, Madre dell'anima mia, ma che zampilli, che distilli un po' di sangue. Mi soffoca il dolore, Madre. Soffro, ma sono felice soffrendo. Ho tolto la croce al mio Gesù. Egli riposa. Quale maggiore felicità per me?

Sono sola, Madre. Mamma se ne va a Villa a trovare Ignacito e noi rimarremo qui. Fino a quando? Non lo so. Finché lo vorrà Gesù, non ti pare? Soffro... non ne posso più... Solo ti domando di guarire gli infermi. Tu sai chi sono. Tu, Madre, se vuoi, lo puoi fare. Madre mia, mostra che mi sei Madre. Ascolta il grido di un'anima peccatrice che soffre e beve il calice del dolore fino alla feccia, ma non importa. Soffro ma amo solo Gesù. Voglio che Egli sia il padrone del mio cuore. Digli che lo amo, che lo adoro. Digli che voglio soffrire, che voglio morire di amore e di dolore. Che non mi importa il mondo ma soltanto Lui. Si, Madre, sono sola. Mi unisco alla Tua solitudine. Consolami, incoraggiami, consigliami, accompagnami e benedicimi.

Tu sei mia Madre e ti dico che soffro. Prima avevo una tregua al mio dolore, un raggio di luce nel mio oscuro cuore, ma quel raggio di luce ora non mi illumina né mi sorride. Quel sorriso di mia mamma mi faceva vivere e c'era due volte la settimana, ora non l'avrò. Domani sarà mercoledì e nessuno mi chiamerà in parlatorio. Vieni Tu con Tuo Figlio e la mia felicità sarà completa.

"Fa che sappia le mie lezioni, i miei ripassi, i miei esami. Che ottenga dei premi per vedere felice Te, il mio Gesù, e i miei genitori. Madre mia, Maria, ascoltami. Tua figlia".

Il 7 dicembre scrissi: "Domani è il giorno più grande della mia vita. Diventerò sposa di Gesù. Chi sono io e chi è Lui? Egli Onnipotente, Immenso, la Sapienza, Bontà e Purezza stessa si unirà ad una povera peccatrice. O Gesù, mio amore, mia consolazione, mia vita; mia gioia, mio tutto! Domani sarò tua! Gesù, amore mio!

Madre, domani sarò doppiamente tua figlia. Diventerò sposa di Gesù. Porrà al mio dito Vanello nuziale. Sono felice, perché posso dire in verità che l'unico amore del mio cuore è stato solo Lui.

Il confessore mi ha permesso di fare voto di castità per nove giorni e dopo mi indicherà le date. Sono felice. Ho scritto la mia formula: "Oggi, 8 dicembre 1915, all'età di quindici anni, faccio voto, davanti alla SS Trinità, in presenza della Vergine Maria e di tutti i santi del Cielo, di non ammettere altro Sposo se non il Signore Gesù Cristo che amo con tutto il cuore e che voglio servire fino all'ultimo istante della mia vita. Fatto durante la novena dell’Immacolata e da rinnovare con il permesso del mio confessore

Questo è tutto ciò che ho per quest’anno. Non ho più scritto il mio Diario. Ho però il mio ritiro e una lettera che scrissi a mia sorella Rebeca per comunicarle la mia vocazione Carmelitana e per chiederle che mi aiutasse. Le scrissi il giorno del suo compleanno.

Lettera a mia sorella Rebeca

15 aprile 1916

Cara Rebeca.

Approfitto un istante dello studio per farti mille auguri nel giorno del tuo compleanno, perché un anno in più di vita deve farti più seria e riflessiva e deve essere anche motivo per riflettere sulla vocazione che Dio ti ha affidato.

Credimi, Rebeca, che a quattordici o quindici anni si capisce la propria vocazione. Si sente una voce e una luce che mostra la via della propria vita.

Quel faro si è acceso per me a quattordici anni. Cambiai direzione e mi proposi il cammino che dovevo seguire e oggi vengo a farti confidenze sui progetti ideali che mi sono formato.

Fino ad oggi ci ha illuminato la stessa stella, ma domani forse non saremo unite sotto la sua ombra protettrice. Questa stella è la casa, la famiglia. E necessario separarci e i nostri cuori, che erano uno solo, domani forse si separeranno. Mi sembra che ieri non avresti capito il mio linguaggio, ma oggi hai quattordici anni, un'età in cui puoi capirmi. Credo perciò che sarai favorevole e mi darai ragione.

In poche parole ti confiderò il segreto della mia vita. Presto ci separeremo e quel desiderio che abbiamo sempre custodito dalla nostra fanciullezza, di vivere sempre unite, sarà presto infranto per un altro ideale più alto della nostra gioventù. Dovremo seguire cammini diversi nella vita. A me è toccata la parte migliore come la Maddalena. Il Divino Maestro ha avuto pietà di me, avvicinandosi mi ha detto sottovoce: "Lascia tuo padre, tua madre e tutto quanto possiedi e seguimi".

Chi potrà rifiutare la mano dell'Onnipotente che si abbassa alla più indegna delle sue creature? Come sono felice sorellina cara! Sono stata catturata nelle reti amorose del Divino Pescatore. Vorrei farti comprendere questa felicità. Posso dirti con certezza che sono sua promessa sposa e che presto celebreremo le nostre nozze al Carmelo. Sarò Carmelitana; cosa ti pare? Non vorrei avere nessuna piega nell'anima nascosta a te. Ma tu sai che non posso dirti a voce tutto ciò che sento, per questo ho deciso di farlo per iscritto.

Mi sono consegnata a Lui. L's dicembre, mi sono fidanzata. Quanto lo amo è impossibile dirlo. Il mio pensiero non si occupà che di Lui. È il mio ideale. E un ideale infinito. Sospiro il giorno nel quale entrerò al Carmelo, per non occuparmi che di Lui, per confondermi in Lui e non vivere se non la sua vita: amare e soffrire per salvare le anime. Sì, sono assetata di esse perché so che è ciò che più ama il mio Gesù. Lo amo tanto!

Vorrei infiammarti di questo amore. Che gioia la mia se potessi donarti a Lui! Non ho mai bisogno di nulla perché in Gesù trovo tutto ciò che cerco! Egli non mi abbandona mai. Il suo amore non diminuisce mai. E tanto puro. E tanto bello. È la stessa Bontà. PregaLo per me, piccola Rebeca. Ho bisogno di preghiere. Vedo che la mia vocazione è molto grande: salvare anime, dare operai alla vigna di Cristo. Tutti i sacrifici che possiamo fare sono poca cosa in confronto al valore di un'anima. Dio ha dato la sua vita per esse, e noi, come trascuriamo la sua salvezza!

Come sua promessa sposa, devo avere sete di anime, offrire al mio Fidanzato il sangue che per ognuna di esse ha sparso. E qual è il mezzo per guadagnare anime? L'orazione, la mortificazione e la sofferenza.

È venuto con una croce e su di essa vi era scritto una sola parola che ha commosso il mio cuore fino alle più intime fibre: "Amore". Com'è bello con la sua tunica insanguinata! Quel sangue vale per me più che i gioielli e i diamanti di tutta la terra.

Quelli che si amano sulla terra, mia cara Rebeca, come tu lo vedi in Lucia e Chiro, non cercano se non di avere un'anima sola e un solo ideale. Ma i loro sforzi sono vani perché le creature sono tanto impotenti. Questo non avviene nella nostra unione. Gesù vive già nel mio cuore. Cerco di unirmi, di assomigliarmi, di confondermi con Lui. Io sono la goccia di acqua e devo perdermi nell'Oceano Infinito. Ma c'è un abisso che la goccia non può varcare, allora l'oceano straripa purché la goccia di acqua rimanga nel più completo abbandono di se stessa, purché viva in un sussurro continuo, invocando l'Oceano Divino.

Ma io non sono se non un povero uccellino senza ali. Chi me le darà per andare a fare il nido per sempre vicino a Lui? L'amore: sì, lo amo e vorrei morire per Lui. Lo amo così tanto che vorrei essere martirizzata per dimostrargli che lo amo.

Senza dubbio il tuo cuore di sorella è straziato all'udirmi parlare di separazione, all'udirmi mormorare questa parola: addio per sempre sulla terra per rinchiudermi al Carmelo. Ma non temere, cara sorellina; non esisterà mai separazione tra le nostre anime. Io vivrò in Lui, cerca Gesù e in Lui mi troverai e li tutti e tre proseguiremo gli intimi colloqui che dovremo continuare là nell'eternità. Come sono felice! Ti invito a passare con Gesù nel fondo della tua anima. Ho letto di Elisabetta della Trinità che questa Santina" aveva detto a nostro Signore di fare della sua anima la sua casetta. Facciamo anche noi così. Viviamo con Gesù dentro di noi stesse, mia cara piccola, Egli ci dirà cose sconosciute. E così dolce la sua voce d'amore. E così, come Elisabetta, troveremo il cielo sulla terra, perché il cielo è Dio.

Domanderemo a Gesù nella comunione di costruire nelle nostre anime una casetta, noi forniremo il materiale che saranno i nostri atti di rinuncia e l'oblio di noi stesse, facendo sparire l'io che è il dio che adoriamo interiormente. Questo costa e ci strapperà grida di dolore. Ma Gesù chiede questo trono ed è necessario darglielo. La carità deve essere l'arma per combattere quel dio.

Occupiamoci del prossimo, di servirlo, anche se il farlo ci causa ripugnanza. In questo modo otterremo che il trono del nostro cuore sia occato da suo Padre, da Dio nostro creatore.

Sforziamo di vincerci. Ubbidiamo in tutto. Siamo umli. Siamo così miserabili! iamo pazienti e puri come gli angeli e avremo la felicità di vedere che Gesù, che è un buon architetto, edificherà una seconda casa di Betania, dove tu ti occuperai di servirio nella persona del tuo prossimo, come faceva Maria, ed io, come Maddalena, rimarrò contemplandolo e ascoltando la Sua Parola di vita. È impossibile che, mentre siamo in collegio, Egli esiga da noi quell'unione totale che consiste nell'occuparsi solo di Lui, ma possiamo ad ogni ora offrirgli un mazzolino di amore.

Amiamo il Divino Bambino che soffre tanto senza trovare conforto nelle creature. Egli trovi nelle nostre anime un rifugio, un asilo dove rifugiarsi in mezzo all'odio dei suoi nemici, e un giardino di delizie che gli faccia dimenticare l'oblio dei suoi amici.

Termino, addio. Rispondi a questa mia lettera. Conservami il più completo segreto. Tua sorella che ti ama in Gesù.

Esercizi anno 1916

Per far bene gli esercizi sono necessarie due cose:

1° coraggio e generosità;

2° mettersi nelle mani di Dio.

Prima Meditazione. - Da Dio, di Dio e per Dio. Questo è il fine di ogni creatura. Fummo creati da Dio. Che bontà quella di Dio! Ci teneva nella sua mente dall'eternità e poi ci trasse dal nulla. Sono un po' di fango, ma in me c'è qualcosa di più grande: la mia anima, che Dio fece a sua immagine e somiglianza. Quindi l'unica cosa di valore in me è l'anima, perché è immortale. Perciò è più grande del mondo. Di conseguenza è di Dio, l'unico capace di saziarla perché è infinito. Sono di Dio. Egli mi creò. È’ il mio principio e il mio fine. Per essere interamente sua devo compiere perfettamente la sua divina volontà. Se Lui è mio Padre e conosce il presente, il passato e l'avvenire, perché non abbandonarmi a Lui in piena fiducia?

Conversazione. - Sull'esame particolare. Su un peccato o difetto capitale o per raggiungere una virtù.

Seconda Meditazione. - Perché siamo stati creati? Per servire e amare Dio sopra ogni cosa. Dio dotò l'uomo di ragione perché comprendesse il beneficio della creazione. Come dobbiamo servire Dio? Come un servo il suo padrone, facendo ciò che a lui piace. Dio ci manifesta la sua volontà, se la compio lo glorifico, ma facendo sempre ciò che è più perfetto. Per servire Dio dobbiamo essere indifferenti a tutto quello che non gli dà gloria. Dobbiamo porre Dio come fine del nostro agire, guardare all’amore che ha per noi in ogni avvenimento che ci manda, guardare tutto come dei gradini che ci avvicinano a Lui. Il nostro cuore non deve attaccarsi alle cose del mondo, ma a Dio. Tenerlo puro da ogni amore disordinato, poiché tutto è perituro, e amare ciò che ci porta a Dio.

Terza Meditazione. - Il peccato è un mostro. I primi due peccati. Lucifero in cielo, per un solo peccato di pensiero, è diventato demonio. E quanti peccati ho commesso nella mia vita? E Dio non mi ha castigato, anzi, al contrario mi ha colmato di grazie. Quante volte mi ha perdonato! Rigettò invece per una sola disobbedienza i nostri progenitori. Come potrò ripagarti, mio Dio? Allontanati, peccato, da me. Ti aborrisco con odio terribile. Voglio esser di Dio. Voglio morire piuttosto che commetterti. Perdono, mio Dio, perdono, bontà e misericordia infinita. Preferisco morire piuttosto che offenderti, sia pure con la più leggera mancanza. Ti amo e il peccato mi allontana da te.

Conversazione. - Sulla vanità della vita. Dell'amore ordinato che dobbiamo avere per tutte le cose. Che il nostro cuore deve appartenere sempre alla SS. Trinità. Voglio vivere dentro la mia anima in modo da contemplare sempre Dio in essa.

Vi sono tre stati d'animo: 1) quando si è in peccato mortale, si è attratti dalla sensualità e si vive in essa; 2) quando si è in grazia, si sente pace, consolazioni interiori e desideri di essere buona; 3) quando l'anima non sente nessuna consolazione interiore, ma sente gli impulsi della grazia, li segue e resiste alla natura. È lo stato migliore perché viviamo nell'umiltà.

Quarta Meditazione. - La Maddalena pentita. Signore, come sei grande nella tua misericordia, mi prostro ai tuoi piedi e li lavo con il pianto. Si, Gesù adorato, ho peccato, ma tu mi hai salvato. Vengo ad umiliarmi davanti al tuo ministro che ti rappresenta. Sì, Gesù, tu che hai perdonato la Maddalena, perdona una peccatrice più grande di lei. Io ti ho amato tutta la vita e spero di amarti fino alla fine. Perdonami, Gesù, non sapevo cosa facevo quando ti offendevo. Sì, Gesù, morire piuttosto che offenderti.

Come la Maddalena voglio ritirarmi a servirti per stare sempre vicino a Te. Non amo altri che Te. Voglio unirmi a Te per sempre, perché la felicità consiste solo nell'amarti.

Quinta Meditazione. - Parabola di un re che invita i suoi sudditi a conquistare una terra infedele. Gesù ci invita alla conquista del regno del suo Sacro Cuore. Per questo dobbiamo: 1) Riformare noi stessi. Essere disposti a tutte le sofferenze per godere poi con Lui nel cielo. 2) Sceglie per me tutti questi doni. Non dovrò riceverli con gioia dal momento che Egli mi creò preferendomi a tante anime, che mi conserva in vita, che mi ha liberato dall'inferno e più ancora, che ha sofferto durante trentatré anni ogni sorta di travagli ed infine che morì sulla croce come il più infame degli uomini, fra due ladroni, ritenuto un malfattore, stregone, traditore, pazzo e bestemmiatore? E non desidererò soffrire nulla per suo amore! Io che sono "un nulla criminale", mentre Egli soffre essendo Dio ed avendo diritto ad essere adorato e servito dalle sue creature. O Gesù, eccomi prostrata davanti alla tua divina Maestà, piena di confusione e vergogna nel vedere la mia piccolezza e miseria e i miei molti peccati. Fino a quando, Gesù avrai pietà di questa peccatrice? Fin d'ora mi pongo tra le tue mani divine. Fa di me ciò che vuoi! Si, sono disposta ad essere umiliata per castigare il mio orgoglio. Voglio, sposo adorato, vivere nascosta, sparire in te, non avere altra vita che la tua, nòn occuparmi se non di te. Ed ora che sono purificata voglio che la SS. Trinità venga ad abitare nella mia anima per adorarla e vivere costantemente alla sua presenza. Ed infine ti dico che faccio voto in presenza della SS. Trinità, della Santissima Vergine, di San Giuseppe, dei Santi e angeli del cielo, di non avere altro sposo che Gesù, unico amore della mia anima'.

J.MJ. Risoluzioni A.M.D.G.

Maria, Madre mia, benedicimi

1) Farò l'esame particolare.

2) Praticherò il terzo grado di umiltà che consiste nel cercare disprezzi, disonori, umiliazioni con gioia e per amore di Gesù Cristo, considerandomi indegna di soffrire qualcosa per Lui.

3) Mi rialzerò e mi imporrò una mortificazione, se me lo permettono, ogni volta che cadrò. Gesù mio, ora ho visto che tutto ciò che è del mondo è vanità; che una sola cosa è necessaria: amarti e servirti con fedeltà, assomigliarmi in tutto a Te. In questo consisterà la mia ambizione. Con Te voglio accettare tutti gli affronti con gioia. E se per debolezza cado, Gesù, Ti guarderò mentre sali al calvario e con il Tuo aiuto mi rialzerò. Non permettere che ti offenda neppure lievemente. Preferisco mille morti piuttosto che darti la più leggera pena.

Madre, giglio tra le spine, insegnami la via del calvario. Conducimi per mano per quel sentiero. San Giuseppe, custode delle vergini, custodiscimi.


13-54 Gennaio 25, 1922 Ogni verità contiene in sé una beatitudine, felicità, gioia e bellezza distinta. Che significarà conoscere una verità di più sulla Divina Volontà quando l’anima sarà in Cielo.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio sempre amabile Gesù nel venire mi ha detto:

(2) “Figlia mia, quante verità di più ti manifesto, tante specialità di beatitudini ti faccio dono; ogni verità contiene in sé una beatitudine, felicità, gioia e bellezza distinta, sicché ogni verità di più che conosci, porta in te beatitudine, felicità, gioia, bellezza, di cui tu resti arricchita; sono semi divini che l’anima riceve, che manifestandoli agli altri, comunica questi semi ed arricchisce chiunque li riceve. Ora, le verità conosciute in terra, essendo semi divini che germogliano beatitudini, gioia, ecc., in Cielo quando l’anima sarà nella sua patria saranno fili elettrici di comunicazione, cui la Divinità sprigionerà dal suo seno tanti atti di beatitudine per quante verità ha conosciuto, oh! come ne resterà inondata come da tanti diversi mari immensi. Già il germe lo tieni, col tenere il germe tieni il vuoto dove poter ricevere questi mari immensi di felicità, di gioia e di bellezza. Chi non tiene il germe, chi non ha conosciuto una verità in terra, manca il vuoto per poter ricevere queste beatitudini. Succede come quando un piccino non ha voluto studiare tutte le lingue, facendosi grande e sentendo parlare in quelle lingue che lui non volle o non gli venne dato di poter studiare, non ne capirà nulla, perché la sua intelligenza col non voler studiare restò chiusa, e non fece nessuno sforzo per preparare un posticino per comprendere quelle lingue, al più resterà ammirato, goderà della felicità altrui, ma lui né la possederà né sarà causa di felicità agli altri. Vedi dunque che significa conoscere una verità di più o una verità di meno; se tutti lo sapessero che grandi beni si perdono, farebbero a gara per fare acquisto di verità. Ora, le verità sono i segretari delle mie beatitudini, e se Io non le manifesto alle anime, loro non rompono il segreto che contengono, nuotano nella mia Divinità aspettando il loro turno per fare da agenti divini e farmi conoscere, quante beatitudini di più contengo e quanto più a lungo sono state occultate nel mio seno, tanto più, con fragore e maestà escono fuori per inondare le creature e manifestare la gloria mia. Credi tu che tutto il Cielo sia a giorno di tutti i miei beni? No, no! Oh! quanto le resta da godere che oggi non gode! Ogni creatura che entra in Cielo che ha conosciuto una verità di più, dagli altri non conosciuta, porterà in sé il seme per far sprigionare da Me nuovi contenti, nuove gioie e nuova bellezza, di cui quella anima ne sarà come causa e fonte, e gli altri ne prenderanno parte. Non verrà l’ultimo dei giorni, se non trovo anime disposte per rivelare tutte le mie verità, per fare che la celeste Gerusalemme risuoni della mia completa gloria, e tutti i beati prendano parte a tutte le mie beatitudini, chi come causa diretta per aver conosciuto la verità, e chi come causa indiretta, per mezzo di colei che l’ha conosciuto.

(3) Ora figlia mia, voglio dirti per consolarti e per fare che sia attenta ad ascoltare le mie verità, le verità che più mi glorificano, e sono quelle che riguardano la mia Volontà, causa primaria con cui creai l’uomo, che la sua volontà fosse una col suo Creatore, ma l’uomo essendosi sottratto dalla mia Volontà si rese indegno di conoscere i valori e gli effetti e tutte le verità che Essa contiene. Ecco perciò tutte le premure con te, per fare che tra Me e te i volere corressero insieme e stessero sempre in sommo accordo, perché, per fare che l’anima potesse aprire le porte e rendersi disposta per conoscere le verità che la mia Volontà contiene, lo primo è voler vivere del mio Volere, lo secondo è volerlo conoscere, lo terzo è apprezzarlo. Onde, con te ho aperto le porte della mia Volontà, affinché ne conoscessi i segreti che l’uomo aveva sepolto nel mio seno, gli effetti ed il valore che Essa contiene; e quante verità conosci della mia Volontà, tanti semi ricevi e tanti segretari divini ti fanno corteggio. Oh! come ne fanno festa intorno a te, avendo trovato a chi confidare il loro segreto, ma la festa più bella la faranno quando ti condurranno al Cielo, quando la Divinità al tuo primo entrare sprigionerà tante diverse beatitudini distinte tra loro, di gioia, di felicità e di bellezza, che non solo inonderanno te, ma tutti i beati ne prenderanno parte. Oh! come il Cielo aspetta la tua venuta per godere questi nuovi contenti!”