Sotto il Tuo Manto

Martedi, 3 giugno 2025 - San Carlo Lwanga (Letture di oggi)

Non si può capire il potere che un'anima pura ha sul buon Dio. Non è lei che fa la volontà  di Dio, è Dio che fa la sua. (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 2° settimana del Tempo di Pasqua

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 1

1Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.2Come è scritto nel profeta Isaia:

'Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.'
3'Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri',

4si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.5Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico7e predicava: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali.8Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo".

9In quei giorni Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.10E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba.11E si sentì una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto".

12Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto13e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.

14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva:15"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo".

16Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.17Gesù disse loro: "Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini".18E subito, lasciate le reti, lo seguirono.19Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti.20Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

21Andarono a Cafàrnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare.22Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi.23Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare:24"Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio".25E Gesù lo sgridò: "Taci! Esci da quell'uomo".26E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!".28La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.

29E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni.30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.31Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.

32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati.33Tutta la città era riunita davanti alla porta.34Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

35Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce37e, trovatolo, gli dissero: "Tutti ti cercano!".38Egli disse loro: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!".39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

40Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi guarirmi!".41Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, guarisci!".42Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.43E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse:44"Guarda di non dir niente a nessuno, ma va', presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro".45Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.


Secondo libro delle Cronache 2

1Salomone ingaggiò settantamila portatori, ottantamila scalpellini per lavorare in montagna e tremilaseicento sorveglianti.
2Salomone mandò a dire a Chiram, re di Tiro: "Come hai fatto con mio padre Davide, al quale avevi spedito legno di cedro per la costruzione della sua dimora, fa' anche con me.3Ecco ho deciso di costruire un tempio al nome del Signore mio Dio, per consacrarlo a lui sì che io possa bruciare profumi fragranti davanti a lui, esporre sempre i pani dell'offerta e presentare olocausti mattina e sera, nei sabati, nei noviluni e nelle feste del Signore nostro Dio. Per Israele questo è un obbligo perenne.4Il tempio, che io intendo costruire, deve essere grande, perché il nostro Dio è più grande di tutti gli dèi.5Ma chi avrà la capacità di costruirgli un tempio, quando i cieli e i cieli dei cieli non bastano per contenerlo? E chi sono io perché gli costruisca un tempio, anche solo per bruciare incenso alla sua presenza?6Ora mandami un uomo esperto nel lavorare l'oro, l'argento, il bronzo, il ferro, filati di porpora, di cremisi e di violetto e che sappia eseguire intagli di ogni genere; egli lavorerà con gli altri artigiani che io ho in Gerusalemme e in Giuda, preparati da mio padre Davide.7Mandami legno di cedro, di abete e di sandalo dal Libano. Io so, infatti, che i tuoi uomini sono abili nel tagliare gli alberi del Libano. Ora i miei uomini si uniranno ai tuoi8per prepararmi legno in grande quantità, perché il tempio che intendo costruire deve essere grande e stupendo.9Ecco, a quanti abbatteranno e taglieranno gli alberi io darò grano per vettovagliamento; ai tuoi uomini darò ventimila 'kor' di grano, ventimila 'kor' d'orzo, ventimila 'bat' di vino e ventimila 'bat' d'olio".
10Chiram re di Tiro mandò per iscritto a Salomone questo messaggio: "Per l'amore che il Signore porta al suo popolo, ti ha costituito re su di esso".11Quindi Chiram diceva: "Sia benedetto il Signore Dio di Israele, che ha fatto il cielo e la terra, che ha concesso al re Davide un figlio saggio, pieno di senno e di intelligenza, il quale costruirà un tempio al Signore e una reggia per sé.12Ora ti mando un uomo esperto, pieno di saggezza, Curam-Abi,13figlio di una donna della tribù di Dan e di un padre di Tiro. Egli sa lavorare l'oro, l'argento, il bronzo, il ferro, le pietre, il legno, i filati di porpora, di violetto, di bisso e di cremisi; sa eseguire ogni intaglio e concretare genialmente ogni progetto gli venga sottoposto. Egli lavorerà con i tuoi artigiani e con gli artigiani del mio signore Davide tuo padre.14Ora il mio Signore mandi ai suoi uomini il grano, l'orzo, l'olio e il vino promessi.15Noi taglieremo nel Libano il legname, quanto te ne occorrerà, e te lo porteremo per mare su zattere fino a Giaffa e tu lo farai salire a Gerusalemme".
16Salomone censì tutti gli stranieri che erano nel paese di Israele: un nuovo censimento dopo quello effettuato dal padre Davide. Ne furono trovati centocinquantatremilaseicento.17Ne prese settantamila come portatori, ottantamila come scalpellini perché lavorassero sulle montagne e tremilaseicento come sorveglianti perché facessero lavorare quella gente.


Qoelet 9

1Infatti ho riflettuto su tutto questo e ho compreso che i giusti e i saggi e le loro azioni sono nelle mani di Dio.
L'uomo non conosce né l'amore né l'odio; davanti a lui tutto è vanità.

2Vi è una sorte unica per tutti,
per il giusto e l'empio,
per il puro e l'impuro,
per chi offre sacrifici e per chi non li offre,
per il buono e per il malvagio,
per chi giura e per chi teme di giurare.

3Questo è il male in tutto ciò che avviene sotto il sole: una medesima sorte tocca a tutti e anche il cuore degli uomini è pieno di male e la stoltezza alberga nel loro cuore mentre sono in vita, poi se ne vanno fra i morti.4Certo, finché si resta uniti alla società dei viventi c'è speranza: meglio un cane vivo che un leone morto.5I vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; non c'è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce.6Il loro amore, il loro odio e la loro invidia, tutto è ormai finito, non avranno più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole.

7Va', mangia con gioia il tuo pane,
bevi il tuo vino con cuore lieto,
perché Dio ha già gradito le tue opere.
8In ogni tempo le tue vesti siano bianche
e il profumo non manchi sul tuo capo.

9Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole.10Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né scienza, né sapienza giù negli inferi, dove stai per andare.
11Ho visto anche sotto il sole che non è degli agili la corsa, né dei forti la guerra e neppure dei sapienti il pane e degli accorti la ricchezza e nemmeno degli intelligenti il favore, perché il tempo e il caso raggiungono tutti.12Infatti l'uomo non conosce neppure la sua ora: simile ai pesci che sono presi dalla rete fatale e agli uccelli presi al laccio, l'uomo è sorpreso dalla sventura che improvvisa si abbatte su di lui.

13Anche questo fatto ho visto sotto il sole e mi parve assai grave:14c'era una piccola città con pochi abitanti. Un gran re si mosse contro di essa, l'assediò e vi costruì contro grandi bastioni.15Si trovava però in essa un uomo povero ma saggio, il quale con la sua sapienza salvò la città; eppure nessuno si ricordò di quest'uomo povero.16E io dico:

È meglio la sapienza della forza,
ma la sapienza del povero è disprezzata
e le sue parole non sono ascoltate.
17Le parole calme dei saggi si ascoltano
più delle grida di chi domina fra i pazzi.
18Meglio la sapienza che le armi da guerra,
ma uno sbaglio solo annienta un gran bene.


Salmi 102

1'Preghiera di un afflitto che è stanco'
'e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia'.
2Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido.
3Non nascondermi il tuo volto;
nel giorno della mia angoscia
piega verso di me l'orecchio.
Quando ti invoco: presto, rispondimi.

4Si dissolvono in fumo i miei giorni
e come brace ardono le mie ossa.
5Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce,
dimentico di mangiare il mio pane.
6Per il lungo mio gemere
aderisce la mia pelle alle mie ossa.

7Sono simile al pellicano del deserto,
sono come un gufo tra le rovine.
8Veglio e gemo
come uccello solitario sopra un tetto.
9Tutto il giorno mi insultano i miei nemici,
furenti imprecano contro il mio nome.
10Di cenere mi nutro come di pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto,
11davanti alla tua collera e al tuo sdegno,
perché mi sollevi e mi scagli lontano.
12I miei giorni sono come ombra che declina,
e io come erba inaridisco.

13Ma tu, Signore, rimani in eterno,
il tuo ricordo per ogni generazione.
14Tu sorgerai, avrai pietà di Sion,
perché è tempo di usarle misericordia:
l'ora è giunta.
15Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre
e li muove a pietà la sua rovina.

16I popoli temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria,
17quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso in tutto il suo splendore.
18Egli si volge alla preghiera del misero
e non disprezza la sua supplica.

19Questo si scriva per la generazione futura
e un popolo nuovo darà lode al Signore.
20Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra,
21per ascoltare il gemito del prigioniero,
per liberare i condannati a morte;
22perché sia annunziato in Sion il nome del Signore
e la sua lode in Gerusalemme,
23quando si aduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il Signore.

24Ha fiaccato per via la mia forza,
ha abbreviato i miei giorni.
25Io dico: Mio Dio,
non rapirmi a metà dei miei giorni;
i tuoi anni durano per ogni generazione.
26In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani.
27Essi periranno, ma tu rimani,
tutti si logorano come veste,
come un abito tu li muterai
ed essi passeranno.

28Ma tu resti lo stesso
e i tuoi anni non hanno fine.
29I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
resterà salda davanti a te la loro discendenza.


Geremia 51

1Così dice il Signore:
"Ecco susciterò contro Babilonia
e contro gli abitanti della Caldea
un vento distruttore;
2io invierò in Babilonia spulatori che la spuleranno
e devasteranno la sua regione,
poiché le piomberanno addosso da tutte le parti
nel giorno della tribolazione".
3Non deponga l'arciere l'arco
e non si spogli della corazza.
Non risparmiate i suoi giovani,
sterminate tutto il suo esercito.
4Cadano trafitti nel paese dei Caldei
e feriti nelle sue piazze,
5aMa Israele e Giuda non sono vedove
del loro Dio, il Signore degli eserciti.
5bperché la loro terra è piena di delitti
davanti al Santo di Israele.
6Fuggite da Babilonia,
ognuno ponga in salvo la sua vita;
non vogliate perire per la sua iniquità,
poiché questo è il tempo della vendetta del Signore;
egli la ripaga per quanto ha meritato.
7Babilonia era una coppa d'oro in mano del Signore,
con la quale egli inebriava tutta la terra;
del suo vino hanno bevuto i popoli,
perciò sono divenuti pazzi.
8All'improvviso Babilonia è caduta, è stata infranta;
alzate lamenti su di essa;
prendete balsamo per il suo dolore,
forse potrà essere guarita.
9"Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita.
Lasciatela e andiamo ciascuno al proprio paese;
poiché la sua punizione giunge fino al cielo
e si alza fino alle nubi.

10Il Signore ha fatto trionfare la nostra giusta causa, venite, raccontiamo in Sion l'opera del Signore nostro Dio".

11Aguzzate le frecce,
riempite le faretre!
Il Signore suscita lo spirito del re di Media,
perché il suo piano riguardo a Babilonia
è di distruggerla;
perché questa è la vendetta del Signore,
la vendetta per il suo tempio.
12Alzate un vessillo contro il muro di Babilonia,
rafforzate le guardie,
collocate sentinelle,
preparate gli agguati,
poiché il Signore si era proposto un piano
e ormai compie quanto aveva detto
contro gli abitanti di Babilonia.
13Tu che abiti lungo acque abbondanti,
ricca di tesori,
è giunta la tua fine,
il momento del taglio.
14Il Signore degli eserciti lo ha giurato per se stesso:
"Ti ho gremito di uomini come cavallette,
che intoneranno su di te il canto di vittoria".
15Egli ha formato la terra con la sua potenza,
ha fissato il mondo con la sua sapienza,
con la sua intelligenza ha disteso i cieli.
16Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo.
Egli fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce lampi per la pioggia
e manda fuori il vento dalle sue riserve.
17Resta inebetito ogni uomo, senza comprendere;
resta confuso ogni orefice per i suoi idoli,
poiché è menzogna ciò che ha fuso
e non ha soffio vitale.
18Esse sono vanità, opere ridicole;
al tempo del loro castigo periranno.
19Non è tale l'eredità di Giacobbe,
perché egli ha formato ogni cosa.
Israele è la tribù della sua eredità,
Signore degli eserciti è il suo nome.

20"Un martello sei stata per me,
uno strumento di guerra;
con te martellavo i popoli,
con te annientavo i regni,
21con te martellavo cavallo e cavaliere,
con te martellavo carro e cocchiere,
22con te martellavo uomo e donna,
con te martellavo vecchio e ragazzo,
con te martellavo giovane e fanciulla,
23con te martellavo pastore e gregge,
con te martellavo l'aratore e il suo paio di buoi,
con te martellavo governatori e prefetti.

24Ma ora ripagherò Babilonia e tutti gli abitanti della Caldea di tutto il male che hanno fatto a Sion, sotto i vostri occhi. Oracolo del Signore.

25Eccomi a te, monte della distruzione,
che distruggi tutta la terra.
Io stenderò la mano contro di te,
ti rotolerò giù dalle rocce
e farò di te una montagna bruciata;
26da te non si prenderà più né pietra d'angolo,
né pietra da fondamenta,
perché diventerai un luogo desolato per sempre".
Oracolo del Signore.

27Alzate un vessillo nel paese,
suonate la tromba fra le nazioni;
preparate le nazioni alla guerra contro di essa,
convocatele contro i regni
di Araràt, di Minnì e di Aschenàz.
Nominate contro di essa un comandante,
fate avanzare i cavalli come cavallette spinose.

28Preparate alla guerra contro di essa le nazioni, il re della Media, i suoi governatori, tutti i suoi prefetti e tutta la terra in suo dominio.

29Trema la terra e freme,
perché si avverano contro Babilonia
i progetti del Signore
di ridurre il paese di Babilonia
in luogo desolato, senza abitanti.
30Hanno cessato di combattere i prodi di Babilonia,
si sono ritirati nelle fortezze;
il loro valore è venuto meno,
sono diventati come donne.
Sono stati incendiati i suoi edifici,
sono spezzate le sue sbarre.
31Corriere corre incontro a corriere,
messaggero incontro a messaggero
per annunziare al re di Babilonia
che la sua città è presa da ogni lato;
32i guadi sono occupati, le fortezze bruciano,
i guerrieri sono sconvolti dal terrore.
33Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele:
"La figlia di Babilonia è come un'aia
al tempo in cui viene spianata;
ancora un poco e verrà per essa
il tempo della mietitura".

34"Mi ha divorata, mi ha consumata
Nabucodònosor, re di Babilonia,
mi ha ridotta come un vaso vuoto,
mi ha inghiottita come fa il coccodrillo,
ha riempito il suo ventre,
dai miei luoghi deliziosi, mi ha scacciata.
35Il mio strazio e la mia sventura ricadano su Babilonia!"
dice la popolazione di Sion,
"il mio sangue sugli abitanti della Caldea!"
dice Gerusalemme.
36Perciò così parla il Signore:
"Ecco io difendo la tua causa,
compio la tua vendetta;
prosciugherò il suo mare,
disseccherò le sue sorgenti.
37Babilonia diventerà un cumulo di rovine,
un rifugio di sciacalli,
un oggetto di stupore e di scherno,
senza abitanti.
38Essi ruggiscono insieme come leoncelli,
rugghiano come cuccioli di una leonessa.
39Con veleno preparerò loro una bevanda,
li inebrierò perché si stordiscano
e si addormentino in un sonno perenne,
per non svegliarsi mai più.
Parola del Signore.
40Li farò scendere al macello come agnelli,
come montoni insieme con i capri".

41Sesac è stata presa e occupata,
l'orgoglio di tutta la terra.
Babilonia è diventata un oggetto di orrore
fra le nazioni!
42Il mare dilaga su Babilonia
essa è stata sommersa dalla massa delle onde.
43Sono diventate una desolazione le sue città,
un terreno riarso, una steppa.
Nessuno abita più in esse
non vi passa più nessun figlio d'uomo.

44"Io punirò Bel in Babilonia,
gli estrarrò dalla gola quanto ha inghiottito.
Non andranno più a lui le nazioni".
Perfino le mura di Babilonia sono crollate,
45esci da essa, popolo mio,
ognuno salvi la vita dall'ira ardente del Signore.

46Non si avvilisca il vostro cuore e non temete per la notizia diffusa nel paese; un anno giunge una notizia e l'anno dopo un'altra. La violenza è nel paese, un tiranno contro un tiranno.47Per questo ecco, verranno giorni nei quali punirò gli idoli di Babilonia. Allora tutto il suo paese sentirà vergogna e tutti i suoi cadaveri le giaceranno in mezzo.48Esulteranno su Babilonia cielo e terra e quanto contengono, perché da settentrione verranno i suoi devastatori. Parola del Signore.49Anche Babilonia deve cadere per gli uccisi di Israele, come per Babilonia caddero gli uccisi di tutta la terra.50Voi scampati dalla spada partite, non fermatevi; da questa regione lontana ricordatevi del Signore e vi torni in mente Gerusalemme.
51"Sentiamo vergogna nell'udire l'insulto; la confusione ha coperto i nostri volti, perché stranieri sono entrati nel santuario del tempio del Signore".
52"Perciò ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali punirò i suoi idoli e in tutta la sua regione gemeranno i feriti.53Anche se Babilonia si innalzasse fino al cielo, anche se rendesse inaccessibile la sua cittadella potente, da parte mia verranno i suoi devastatori". Oracolo del Signore.
54Udite! Un grido da Babilonia, una rovina immensa dal paese dei Caldei.55È il Signore che devasta Babilonia e fa tacere il suo grande rumore. Mugghiano le sue onde come acque possenti, risuona il frastuono della sua voce,56perché piomba su Babilonia il devastatore, sono catturati i suoi prodi, si sono infranti i loro archi. Dio è il Signore delle giuste ricompense, egli ricompensa con precisione.57"Io ubriacherò i suoi capi e i suoi saggi, i suoi governatori, i suoi magistrati e i suoi guerrieri; essi dormiranno un sonno eterno e non potranno più svegliarsi" dice il re, il cui nome è Signore degli eserciti.

58Così dice il Signore degli eserciti:
"Il largo muro di Babilonia sarà raso al suolo,
le sue alte porte saranno date alle fiamme.
Si affannano dunque invano i popoli,
le nazioni si affaticano per nulla".

59Ordine che il profeta Geremia diede a Seraià figlio di Neria, figlio di Maasia, quando egli andò con Sedecìa re di Giuda in Babilonia nell'anno quarto del suo regno. Seraià era capo degli alloggiamenti.
60Geremia scrisse su un rotolo tutte le sventure che dovevano piombare su Babilonia. Tutte queste cose sono state scritte contro Babilonia.61Geremia quindi disse a Seraià: "Quando giungerai a Babilonia, abbi cura di leggere in pubblico tutte queste parole62e dirai: Signore, tu hai dichiarato di distruggere questo luogo così che non ci sia più chi lo abiti, né uomo né animale, ma sia piuttosto una desolazione per sempre.63Ora, quando avrai finito di leggere questo rotolo, vi legherai una pietra e lo getterai in mezzo all'Eufrate64dicendo: Così affonderà Babilonia e non risorgerà più dalla sventura che io le farò piombare addosso".
Fin qui le parole di Geremia.


Atti degli Apostoli 15

1Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: "Se non vi fate circoncidere secondo l'uso di Mosè, non potete esser salvi".2Poiché Paolo e Bàrnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.3Essi dunque, scortati per un tratto dalla comunità, attraversarono la Fenicia e la Samarìa raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.4Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro.

5Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè.
6Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.7Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse:

"Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del vangelo e venissero alla fede.8E Dio, che conosce i cuori, ha reso testimonianza in loro favore concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi;9e non ha fatto nessuna discriminazione tra noi e loro, purificandone i cuori con la fede.10Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare?11Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro".
12Tutta l'assemblea tacque e stettero ad ascoltare Bàrnaba e Paolo che riferivano quanti miracoli e prodigi Dio aveva compiuto tra i pagani per mezzo loro.

13Quand'essi ebbero finito di parlare, Giacomo aggiunse:14"Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome.15Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto:

16'Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la
tenda di
Davide che era caduta; ne riparerò le rovine e la
rialzerò,'
17'perché anche gli altri uomini cerchino il Signore
e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio
nome,'
18'dice il Signore che fa queste cose da lui
conosciute dall'eternità'.

19Per questo io ritengo che non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani,20ma solo si ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dalla impudicizia, dagli animali soffocati e dal sangue.21Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe".

22Allora gli apostoli, gli anziani e tutta la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande considerazione tra i fratelli.23E consegnarono loro la seguente lettera: "Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!24Abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi.25Abbiamo perciò deciso tutti d'accordo di eleggere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo,26uomini che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo.27Abbiamo mandato dunque Giuda e Sila, che vi riferiranno anch'essi queste stesse cose a voce.28Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie:29astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a guardarvi da queste cose. State bene".

30Essi allora, congedatisi, discesero ad Antiòchia e riunita la comunità consegnarono la lettera.31Quando l'ebbero letta, si rallegrarono per l'incoraggiamento che infondeva.32Giuda e Sila, essendo anch'essi profeti, parlarono molto per incoraggiare i fratelli e li fortificarono.33Dopo un certo tempo furono congedati con auguri di pace dai fratelli, per tornare da quelli che li avevano inviati.34.35Paolo invece e Bàrnaba rimasero ad Antiòchia, insegnando e annunziando, insieme a molti altri, la parola del Signore.

36Dopo alcuni giorni Paolo disse a Bàrnaba: "Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno".37Bàrnaba voleva prendere insieme anche Giovanni, detto Marco,38ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro nella Panfilia e non aveva voluto partecipare alla loro opera.39Il dissenso fu tale che si separarono l'uno dall'altro; Bàrnaba, prendendo con sé Marco, s'imbarcò per Cipro.40Paolo invece scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore.

41E attraversando la Siria e la Cilicia, dava nuova forza alle comunità.


Capitolo XII: I vantaggi delle avversità

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1. E' bene per noi che incontriamo talvolta difficoltà e contrarietà; queste, infatti, richiamano l'uomo a se stesso, nel profondo, fino a che comprenda che quaggiù egli è in esilio e che la sua speranza non va riposta in alcuna cosa di questo mondo. E' bene che talvolta soffriamo contraddizione e che la gente ci giudichi male e ingiustamente, anche se le nostre azioni e le nostre intenzioni sono buone. Tutto ciò suol favorire l'umiltà, e ci preserva dalla vanagloria. Invero, proprio quando la gente attorno a noi ci offende e ci scredita, noi aneliamo con maggior forza al testimone interiore, Iddio.  

2. Dovremmo piantare noi stessi così saldamente in Dio, da non avere necessità alcuna di andar cercando tanti conforti umani. Quando un uomo di buona volontà soffre tribolazioni e tentazioni, o è afflitto da pensieri malvagi, allora egli sente di aver maggior bisogno di Dio, e di non poter fare nulla di bene senza di lui. E si rattrista e piange e prega, per il male che soffre; gli viene a noia che la vita continui; e spera che sopraggiunga la morte (2 Cor 1,8), così da poter scomparire e dimorare in Cristo (Fil 1,23). Allora egli capisce che nel mondo non può esserci completa serenità e piena pace.


LETTERA 138: Agostino, rispondendo all'Ep. 136 di Marcellino, confuta le obiezioni dei pagani criticanti che Dio avesse abrogato la Legge antica e il sacrificio ebraico.

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta nel 411/412.

Agostino, rispondendo all'Ep. 136 di Marcellino, confuta le obiezioni dei pagani criticanti che Dio avesse abrogato la Legge antica e il sacrificio ebraico, ordinandone uno nuovo (nn. 1-8); ribatte l'asserzione secondo la quale la dottrina di Cristo sarebbe dannosa allo Stato (nn. 9-17) e svela le infamie del culto pagano e le frodi dei maghi che i pagani esaltavano al di sopra dei miracoli di Cristo (nn. 18-20).

AGOSTINO SALUTA NEL SIGNORE MARCELLINO, SUO ECCELLENTE E MERITAMENTE ILLUSTRE SIGNORE, SUO CARISSIMO E AMATISSIMO FIGLIO

Soluzione dei quesiti posti da Marcellino.

1. 1. All'illustre, chiarissimo e carissimo Volusiano mi sono limitato a rispondere solo riguardo ai quesiti da lui proposti. Quanto poi ai quesiti che tu stesso nella tua lettera mi hai proposto di spiegare a fondo e di risolvere come suggeriti o indicati da Volusiano o da altri, ho creduto doveroso inviarli a te particolarmente spiegati e risolti secondo le mie forze, non come si trattano questi argomenti in lavori che richiedono dei libri, ma nella misura che può bastare ad una corrispondenza epistolare, di modo che tu, se lo credi opportuno, possa leggere questa lettera ai tuoi amici, di cui nella conversazione quotidiana conosci per esperienza le obiezioni. Se però questo mio scritto non basta ai loro orecchi meno educati ai sentimenti religiosi della fede, trattiamo prima tra noi a fondo ciò che tu pensi possa loro bastare e alla fine si proponga loro la soluzione formulata. Anche se in molti punti la loro mentalità aborre e reagisce, col tempo, a forza di ragionamenti più copiosi e più sottili o almeno in base ad un'autorità a cui stimerebbero essi stessi cosa indegna l'opporsi, potranno forse acquistare la persuasione.

Primo quesito: Muta la Provvidenza mutando le cose?

1. 2. Ordunque, nella tua lettera affermi che alcuni obiettano " perché mai Dio, che si afferma essere il Dio anche dell'Antico Testamento, abbia disprezzato gli antichi sacrifici e si sia compiaciuto di nuovi. Asseriscono che non è lecito correggere se non ciò che si dimostra essere stato fatto male in precedenza, o dicono che in nessun modo si sarebbe dovuto mutare ciò che una volta è stato fatto bene. Dicono ancora che le cose ben fatte non si possono mutare se non ingiustamente" 1. Queste parole le ho, trascritte in questa mia dalla tua lettera. Se volessi rispondere sufficientemente a tali obiezioni, mi mancherebbe prima il tempo che gli esempi con cui provare che la natura delle cose e le opere umane possono mutare in base a una precisa disposizione, secondo l'opportunità dei tempi, senza che si alteri tuttavia la ragione stessa per cui queste cose mutano. Citerò solo alcuni esempi, affinché l'attenzione dello spirito ridestata in qualche modo da essi, corra sveglia alla ricerca d'un maggior numero di esempi somiglianti. All'inverno non succede forse l'estate col crescere man mano del calore? Alle ore del giorno non succedono forse, in alterne vicende, le ore della notte? Quante volte cangiano le nostre età! La fanciullezza, destinata a non più tornare, cede il posto all'adolescenza; all'adolescenza succede la gioventù, neppur essa destinata a rimanere; la vecchiaia, che pone fine alla giovinezza, è troncata dalla morte. Tutte queste cose mutano, ma non muta la disposizione della Provvidenza di Dio, per cui avviene che queste cose mutino. Non muta, credo, il principio razionale dell'agricoltura, quando il contadino, in estate, dà ordini diversi da quelli che dà in inverno, e non muta sistema di vita chi la mattina si alza dopo aver riposato la notte. Il maestro dà al giovane suggerimenti diversi da quelli che soleva dargli da fanciullo. La dottrina rimane costante: pur cambiando i precetti, non muta, ma impartisce nuove istruzioni.

Risposta di Vindiciano sulla diversità delle medicine.

1. 3. Vindiciano, famoso medico dei nostri tempi, consultato da un paziente, gli ordinò di applicare alla parte dolente la medicina che pareva opportuna per la circostanza. Quello l'applicò e guarì. Trascorsi alcuni anni e apparsa la stessa infermità fisica, il paziente credette di dover usare la stessa prescrizione medica; la usò, ma peggiorò. Meravigliato, ricorse al medico e gli spiegò il fatto; ma egli, acuto com'era, gli rispose: " Ti sei conciato male perché non sono stato io a prescriverti questa medicina ", talché gli astanti che l'udirono e lo conoscevano poco, credettero facesse meno assegnamento nell'arte medica che in non so quale diabolica virtù. Quando perciò alcuni, stupiti, più tardi lo interrogarono, spiegò loro ciò che non avevano capito, che cioè ormai non avrebbe più suggerito quel rimedio a un'età diversa. Tanta importanza ha dunque il dover cambiare le cose secondo le varie epoche, senza che mutino i criteri fondamentali e i precetti delle arti.

Non ben fatto è quanto non conviene alla diversità dei tempi.

1. 4. Non è quindi vero ciò che si dice, che " una cosa fatta bene una volta non deve essere assolutamente mutata ". Mutate le condizioni dei tempi, la stessa retta norma esige per lo più che si muti ciò che prima era ben fatto, sicché mentre essi dicono che non si agirebbe bene se si cambiasse, la verità proclama invece che si farebbe male a non cambiare, poiché l'una e l'altra cosa saranno ben fatte se saranno diverse secondo la diversità dei tempi. Può accadere nello stesso tempo che, trattandosi di persone diverse, sia lecito ad una compiere impunemente ciò che ad un'altra non è lecito, non perché sia diversa la cosa, ma perché è diverso chi la compie 2; allo stesso modo una medesima persona deve agire, in tempi diversi, a volte in un modo, a volte in un altro, non perché sia diversa da sé stessa la persona che agisce, ma perché è mutato il tempo.

Il sacrificio dell'Antico Testamento sostituito con uno più conveniente.

1. 5. Il problema ha un campo assai vasto di applicazioni: lo può ben vedere chi è capace di scoprire né disdegna di considerare la differenza che corre tra ciò che è bello e ciò che è conveniente, e ch'è per così dire diffusa nell'universo. Si considera bello per sé stesso e viene lodato ciò, il contrario del quale è il brutto e il deforme. Ciò che invece è conveniente, il cui contrario è lo sconveniente, pende come legato ad un'altra cosa né si giudica in sé stesso, ma dall'oggetto cui è connesso. Naturalmente anche il decente e l'indecente o è la medesima cosa o si considera allo stesso modo. Orbene, applica alla questione, di cui si tratta, le considerazioni fatte finora. Il sacrificio, che Dio aveva ordinato, era adatto ai primi tempi, ma ora non lo è più. Ecco perché ha prescritto un altro sacrificio, che fosse adatto al nostro tempo. Egli, immutabile creatore e moderatore delle cose mutevoli, molto più dell'uomo sa ciò che è opportuno per ciascuna età ' ciò che a un dato momento deve dare, aggiungere, portar via, detrarre, accrescere o diminuire fino a che la bellezza dell'universo, particelle del quale sono le cose adatte a ciascun tempo, non si svolga e si compia come il concerto di un ineffabile artista, e poi coloro che adorano Dio come si deve anche nel tempo in cui occorre credere, non passino all'eterna contemplazione della Bellezza assoluta.

I sacrifici servono non a Dio ma all'uomo.

1. 6. S'ingannano poi quanti credono che Dio imponga questi sacrifici per un proprio vantaggio o piacere e perciò giustamente non sanno spiegarsi perché Dio abbia operato questi mutamenti, come se per un piacere mutevole prescrivesse che gli si offrisse un sacrificio nel tempo passato e un altro nel tempo presente. Ma la cosa non sta così. Dio non ordina nulla che giovi a lui stesso, ma a colui al quale dà ordini. Vero signore è colui che non ha bisogno di servo, ma di cui ha bisogno il servo. Nella Scrittura, chiamata Antico Testamento, anche in quel tempo in cui si offrivano sacrifici che ora non si offrono più, si trova questa espressione: Ho detto al Signore: Tu sei il mio Signore, poiché non hai bisogno dei miei beni 3. Iddio dunque non aveva bisogno di questi sacrifici né ha mai bisogno di alcuna cosa, ma sono simboli dei beni largiti da Dio per impregnare l'anima di virtù o per farci ottenere la salvezza eterna; nel compierne la celebrazione si esercitano doveri di pietà utili non a Dio, bensì a noi.

I riti sacri del Nuovo Testamento annunciati dai Profeti.

1. 7. Sarebbe troppo lungo trattare convenientemente della verità dei simboli, che prendono nome di " sacramenti " quando si riferiscono alle cose divine. Allo stesso modo che l'uomo non cambia perché di mattina fa una cosa e di sera un'altra, in questo mese o anno fa una cosa diversa che in un altro mese o in un altro anno, così Iddio non è mutevole perché volle che nella prima epoca dell'universo gli si offrisse un sacrificio e nella posteriore uno diverso, affinché, senza che Egli mutasse per nulla, convenientemente disponesse, nel corso dei tempi che mutano, dei simboli appropriati all'insegnamento quanto mai salutare della religione. Coloro che s'impressionano di questi cambiamenti, sappiano che ciò esisteva già nella ragione divina e che, quando furono istituiti i nuovi sacrifici, non dispiacquero all'improvviso a Dio i precedenti, come se la sua volontà fosse cambiata, ma un simile disegno era già fisso e decretato nella stessa sapienza di Dio al quale anche a proposito di mutamenti maggiori la medesima Sacra Scrittura dice: Tu muterai quelle cose ed esse saranno mutate, ma Tu sei sempre lo stesso 4. A costoro bisogna far capire bene che tale mutazione dei riti sacri dell'Antico e del Nuovo Testamento fu anche predetta dai Profeti. In tal modo capiranno, se riuscirà loro possibile, che ciò che è nuovo nel tempo non lo è al cospetto di Colui che creò i tempi e che, senza tempo, possiede tutte le cose che distribuisce nei diversi tempi secondo la loro varietà 5. Nello stesso salmo di cui ho citato un versetto per dimostrare che Dio non ha bisogno dei nostri sacrifici, e cioè: Ho detto al Signore: Tu sei il mio Signore, poiché non hai bisogno dei miei beni, si legge poco dopo ciò ch'è posto in bocca a Cristo: Non convocherò le loro riunioni col sangue 6, cioè con le vittime di animali, con cui si riunivano prima le assemblee dei Giudei. Altrove dice: Non accetterò vitelli dalla tua mano né caproni dai tuoi greggi 7. Un altro Profeta: Ecco verranno i giorni, dice, che sancirò con la casa di Giacobbe una nuova alleanza, non come l'alleanza che feci per i loro padri, quando li trassi fuori dalla terra d'Egitto 8. Vi sono anche molti altri passi di questo genere, che ora sarebbe troppo lungo ricordare, nei quali è stato predetto che Dio avrebbe fatto ciò.

Riti diversi per Cristo venturo e per Cristo venuto.

1. 8. Forse è ormai apparso abbastanza evidente che una cosa, che in un dato tempo è stata ordinata bene, può in un altro tempo essere mutata sapientemente ad opera di Colui che la muta, senza che sia mutata la disposizione contenuta nell'ordine stabilito dalla sua intelligenza. In essa sono racchiuse insieme, senza successione nel tempo, le cose che non possono accadere tutte insieme nei diversi tempi, dato che questi non trascorrono tutti insieme in una sola volta. A questo punto qualcuno potrebbe forse attendersi di sapere da me le cause di questo mutamento, ma tu sai quanto sarebbe lunga la spiegazione. Nondimeno si potrebbe esprimere in breve questo concetto, che a una persona intelligente potrebbe forse bastare: che cioè l'avvento futuro di Cristo era opportuno fosse preannunciato con alcuni riti sacri, la venuta di Cristo invece fosse annunciata con altri, a quel modo che adesso noi, pur dicendo la medesima cosa, siamo stati costretti dalla diversità dei fatti a mutare anche le parole, se è vero che " l'essere preannunciati " è cosa diversa dall'" essere annunciati " come pure " l'avvento futuro " è tutt'altra cosa che " la venuta ".

Secondo quesito: La mitezza cristiana contraria al bene dello Stat.?

2. 9. Vediamo ora qual è il quesito che segue nella tua lettera. Hai soggiunto che gli oppositori dicono che " la predicazione e la dottrina di Cristo non si confanno in alcun modo alle leggi di uno Stato poiché, come si sa, essa prescrive che a nessuno dobbiamo restituire male per male 9, che dobbiamo offrire l'altra guancia a chi ci schiaffeggia, dare il mantello a chi tenta di portarci via la tunica, percorrere un doppio tratto di strada con chi ci costringe ad accompagnarlo " 10; cose tutte contrarie, così si afferma, alle leggi di uno Stato. " Chi infatti, dicono essi, si lascerebbe portar via qualcosa dal nemico o non vorrebbe, per diritto di guerra, ricambiare il male ai saccheggiatori di una provincia romana? " 11 Io forse confuterei con maggiore impegno questa o altre simili espressioni di censori che parlano spinti non tanto dal desiderio di censurare quanto d'indagare tale problema, se non discutessi con persone provviste d'una cultura liberale. Ma che bisogno c'è di affaticarsi troppo a lungo? Chiediamo piuttosto ad essi stessi in che modo poterono governare e accrescere lo Stato che da " piccolo e povero di mezzi resero grande e potente " gli antichi Romani che preferivano perdonare un torto ricevuto anziché vendicarsi 12? In che modo Cicerone, esaltando i costumi di Cesare, che fu certo capo dello Stato, poteva dire di lui che " nient'altro voleva dimenticare tranne le offese " 13? Cicerone diceva ciò o lodando Cesare o adulandolo esageratamente: se lo lodava, lo riconosceva come tale; se lo adulava, mostrava che un capo dello Stato doveva essere come egli falsamente lo esaltava. Orbene, che cos'è il non rendere male per male se non aborrire dalla brama di vendetta e cioè voler perdonare un torto ricevuto piuttosto che vendicarsi e non desiderare altro che dimenticare le offese?

Perdono e concordia cristiani, basi di ogni Stato.

2. 10. Quando queste espressioni si leggono nei loro scrittori, la gente prorompe in grida di approvazione e in applausi, si ha l'impressione che si rappresentino ed esaltino quei costumi, per cui era giusto che s'innalzasse lo Stato alla potenza con cui dominare su tutti i popoli, poiché i suoi cittadini preferivano " perdonare un torto ricevuto anziché vendicarsene ". Quando invece si legge che per comando di Dio non si deve rendere male per male 14, quando questo ammonimento così salutare risuona da un luogo più alto nelle adunanze dei fedeli, come a scuole pubbliche dell'uno e dell'altro sesso e di ogni età e grado sociale, si accusa la religione come nemica dello Stato. Se invece, come sarebbe giusto, si desse ascolto a questa religione, essa darebbe allo Stato un fondamento, una consacrazione, una forza, un accrescimento maggiore di quanto non fecero Romolo, Numa, Bruto e tutti gli altri famosi personaggi ed eroi del popolo romano. Che cos'è infatti lo Stato se non il bene comune del popolo? 15 Il bene comune di tutti e quindi senz'altro il bene dei cittadini d'uno Stato. Che cos'è d'altronde una comunità di cittadini se non una moltitudine di persone unite tra loro dal vincolo della concordia? Presso gli scrittori pagani infatti si legge: Una moltitudine dispersa e randagia formò in breve uno Stato in virtù della concordia 16. Ma quali precetti di concordia pensarono mai i Romani di far leggere nei loro templi, dal momento che quei poveri sventurati erano costretti a cercare il modo di poter onorare degli dèi discordi tra loro senz'offenderne alcuno? Se avessero voluto imitare gli dèi nella discordia, si sarebbe infranto il vincolo della concordia e lo Stato sarebbe andato in rovina: cosa che s'incominciò a realizzare a poco a poco in seguito alle guerre civili quando i costumi si guastarono e si corruppero.

Il male si vince col bene.

2. 11. Chi mai, per quanto estraneo alla religione cristiana, è talmente balordo da ignorare quanti precetti di concordia, non ricercati mediante discussioni umane, ma fissati per iscritto dall'autorità divina, vengon letti continuamente nelle chiese? A questo si riferiscono quei precetti che si preferisce criticare anziché imparare: offrire cioè l'altra guancia a chi ci dà uno schiaffo, dare il mantello a chi ci vuol portar via la tunica, fare un doppio tratto di strada con chi ci costringe ad andare con lui. Con questo precetto si mira a far si che il malvagio sia vinto da chi è buono o, a dir meglio, che nell'uomo cattivo il male sia vinto dal bene e l'uomo si liberi non dal male esteriore ed estraneo, ma da quello intimo ch'è veramente suo, ben più grave e dannoso della crudeltà d'ogni nemico esterno che lo massacri. Chi dunque vince il male col bene, sopporta con pazienza la perdita dei vantaggi temporali per insegnare quanto siano da disprezzare, a vantaggio della fede e della giustizia, quei beni per il cui eccessivo amore si diviene cattivi. In questo modo chi ha offeso, apprende dalla persona da lui offesa che cosa valgono i beni per cui ha offeso e vinto, non dalla violenza di chi lo perseguita, ma dalla benevolenza di chi lo sopporta, si pente e viene conquistato alla concordia, di cui nulla è più utile allo Stato. Un tal modo di agire è inoltre plausibile quando si crede che gioverà alla persona alla quale si vogliono apportare correzione e concordia. E' con questa intenzione che si deve certamente agire, anche se ne verrà fuori un risultato diverso e, se l'individuo cui è stata somministrata la medicina per correggerlo e pacificarlo e, per così dire, curarlo e guarirlo, si rifiuterà di venire corretto e pacificato.

Che vuol dire: Porgere l'altra guancia.

2. 12. Del resto, se volessimo considerare attentamente le parole e badare alla loro proprietà, non si deve offrire la guancia destra se sarà percossa la sinistra, poiché l'Evangelo dice: Se uno ti percoterà nella guancia destra, porgigli anche la sinistra 17. E' piuttosto la sinistra ad essere percossa, perché questa si percuote più facilmente con la destra. Ma l'espressione suole essere intesa come se fosse detto: " Se uno ti molesterà per ottenere la parte migliore, offrigli anche la peggiore, per evitare che per amore della vendetta più che della pazienza tu non disprezzi i beni eterni per i temporali, mentre questi sono da reputare molto meno preziosi di quelli eterni, come la sinistra è di minor pregio della destra ". Questa fu sempre la disposizione d'animo dei santi martiri, poiché la punizione si reclama giustamente in ultima istanza, quando oramai non resta più alcuna possibilità per la correzione, cioè nell'ultimo e supremo giudizio. Adesso invece si deve badare a non perdere, per non dire altro, la pazienza stessa di cui bisogna fare più conto di ogni altra cosa che il nemico possa strapparci nostro malgrado. Un altro evangelista per vero, nel citare la stessa frase, non accennò affatto alla destra ma ricordò solo l'una e l'altra guancia 18, perché si capisse un po' più distintamente nell'altro evangelista, mentre egli si limitò a raccomandare la pazienza. La persona giusta e pia deve dunque essere pronta a sopportare con pazienza la cattiveria di coloro che desidera far diventare buoni, senza unirsi anch'essa con eguale malvagità al numero dei cattivi.

Come reagì Cristo schiaffeggiato.

2. 13. Questi precetti infine, tendono alla disposizione spirituale, cioè interiore, anziché all'azione esteriore e visibile a tutti, affinché nel segreto del cuore si possegga la pazienza congiunta alla benevolenza e appaia invece visibile ciò che giova a coloro a cui dobbiamo voler bene. Ciò è dimostrato chiaramente dal fatto che lo stesso Cristo nostro Signore, esempio singolare di pazienza, quando fu schiaffeggiato in faccia replicò: Se ho parlato male, riprendimi per ciò che ho detto di male; se invece ho parlato bene, perché mi percuoti? 19 Se consideriamo le parole, egli non adempì il suo precetto, poiché non presentò l'altra guancia a chi lo percosse, ma piuttosto impedì che colui che lo aveva offeso accrescesse l'offesa. E dire ch'era venuto disposto non solo ad essere percosso in viso, ma anche a morire crocifisso per coloro da parte dei quali subiva questi affronti e per i quali, quando pendeva dalla croce, implorò: Padre, perdona loro, perché non sanno che cosa fanno 20. Pare che nemmeno l'apostolo Paolo adempisse al precetto del suo Signore e Maestro allorché anch'egli, essendo stato percosso, disse al principe dei sacerdoti: Ti percuoterà Dio, o parete imbiancata. Tu siedi per giudicarmi secondo la Legge e dai ordine che contro la Legge mi si percuota 21. E poiché gli astanti esclamarono: Tu insulti il principe dei sacerdoti, volle in tono di scherno ricordare loro che cosa aveva detto, perché gli intelligenti capissero che ormai la venuta di Cristo doveva distruggere la parete imbiancata, cioè l'ipocrisia del sacerdozio dei Giudei. Rispose infatti: Non sapevo, o fratelli, ch'egli fosse il sommo sacerdote, poiché sta scritto: Non maledire il principe del tuo popolo 22, mentre senza dubbio Paolo cresciuto in mezzo a quel popolo ed istruito colà secondo la Legge, non poteva ignorare che il sommo sacerdote era quello e a coloro, ai quali era tanto noto, non poteva in alcun modo dare a intendere che egli non lo sapesse.

Il castigo può esser segno d'amore.

2. 14. Questi comandamenti di pazienza debbono essere custoditi sempre nella buona disposizione del cuore e la stessa benevolenza si deve realizzare nella volontà di non rendere male per male 23. Però bisogna usare molti accorgimenti, ricorrendo anche al castigo dei riottosi, con un'asprezza per, così dire benigna: si deve badare alla loro utilità più che alla loro volontà. Fu questa saggezza che gli scrittori romani elogiarono con somma eloquenza nel capo dello Stato 24. Per questo motivo un padre, nel correggere per quanto duramente si voglia il figlio, non perde mai il suo affetto di padre; egli tuttavia, nonostante la sua ripugnanza e la pena che prova, corregge chi a suo giudizio deve essere risanato anche suo malgrado e con dolore. Se quindi lo Stato terreno osservasse i precetti di Cristo, neppure le guerre stesse si farebbero senza quella benevolenza, in modo che si provvederebbe più facilmente ai vinti in vista d'una società pacificata nell'amore e nella giustizia. Colui infatti al quale si toglie la possibilità di fare il male è vinto con proprio vantaggio; poiché non v'è nulla di più infelice della felicità dei peccatori, da cui è alimentata l'impunità penale, e la volontà del male, come un nemico interno, è rafforzata. Ma i cuori perversi e sviati dei mortali stimano felice la condizione degli uomini allorché si bada allo splendore dei palazzi e non alle macchie dell'anima; si costruiscono colossali teatri e si abbattono le fondamenta della virtù, quando è esaltata la pazza prodigalità e si deridono le opere di misericordia, quando gl'istrioni scialacquano le ricchezze di cui abbondano i ricchi, mentre i poveri hanno a mala pena il necessario per vivere; quando i popoli empi bestemmiano Dio, che per bocca dei predicatori della sua dottrina tuona contro questo male pubblico, mentre si cercano dèi in onore dei quali celebrare in teatro spettacoli sconci, che disonorano il corpo e l'anima. Quando Dio permette che queste brutture aumentino, allora si sdegna più terribilmente; qualora le lasci impunite, allora punisce con maggiore durezza. Quando invece abbatte il sostegno ai vizi e toglie i mezzi per soddisfare le passioni alimentate dalle abbondanti ricchezze, allora si oppone con animo misericordioso. Con tale spirito di misericordia, se fosse possibile, i buoni farebbero anche le guerre, per far si che, riportando vittoria sulle passioni licenziose, si eliminassero questi vizi che da un governo giusto si dovrebbero estirpare o reprimere.

Nella morale cristiana la salvezza dello Stato.

2. 15. Se la dottrina cristiana condannasse ogni specie di guerre, ai soldati che nel Vangelo chiedono il consiglio per salvarsi, prescriverebbe di gettar via le armi e di sottrarsi completamente agli obblighi del servizio militare. Invece è stato loro detto: Non fate violenza a nessuno e non calunniate; siate contenti della vostra paga 25. Evidentemente non si vieta di attendere al servizio militare a coloro cui è comandato di accontentarsi della propria paga; pertanto coloro che affermano che la dottrina del Cristo è nemica dello Stato, ci diano un tale esercito, quale la dottrina di Cristo volle che fossero i soldati: ci diano tali provinciali, tali mariti, tali sposi, tali genitori, tali figli, tali padroni, tali servi, tali re, tali giudici, infine tali contribuenti e tali esattori del fisco, quali prescrive che siano la dottrina cristiana, e poi osino chiamarla nemica dello Stato e non esitino piuttosto a confessare che, se essa fosse osservata, sarebbe la potente salvezza dello Stato.

Rovina dello Stato i vizi dei pagani.

3. 16. Ma perché dovrei rispondere quando affermano che per causa di alcuni imperatori cristiani molte sventure piombarono sull'impero romano? Questa lagnanza generica è calunniosa. Se citassero più chiaramente alcune colpe dei passati imperatori, anch'io potrei citarne di simili o forse di più gravi di imperatori non cristiani, per far capire che sono difetti propri degli uomini non della dottrina, o che sono imputabili non agli imperatori ma ad altri subordinati, senza i quali gli imperatori non potrebbero far nulla. E' ben chiaro da qual tempo lo Stato romano incominciò ad andare in rovina, poiché ne parlano i libri dei loro scrittori. Molto prima che il nome di Cristo brillasse sulla terra, fu detto: O città venale e pronta ad andare in rovina, se trovasse un compratore 26. Anche nel libro della guerra di Catilina, scritto certamente prima della venuta di Cristo, il medesimo loro storico famosissimo non passa sotto silenzio quando l'esercito del popolo romano prese ad assuefarsi ai turpi amori, al vino, ad ammirare e ad apprezzare statue, quadri, vasi cesellati, a rubarli per conto proprio e in nome dello Stato, a spogliare templi, a insozzare ogni cosa sacra e profana 27. Quando dunque l'avidità e la rapacità, la corruzione e la dissolutezza non risparmiava né gli uomini né quelli che essi credevano dèi, allora lo splendore, la magnificenza e la salvezza dello Stato presero a rovinare. Sarebbe ora troppo lungo esporre quali progressi abbiano compiuto questi pessimi vizi e quanto abbiano prosperato quelle iniquità che causarono tante sciagure al genere umano. Ascoltino un loro poeta satirico che, mordendoli, dice il vero:
Un tempo le umili condizioni serbavano caste le donne del Lazio e difesa contro il vizio era la povertà delle case e il faticare e il poco dormire, erano le mani incallite e rovinate dal filare la lana toscana, il terrore di Annibale che si avvicinava a Roma e i mariti raccolti a difesa sulla torre Collina. Ora subiamo i danni di una lunga pace. Ci è piombato addosso il lusso, più crudele delle armi, e fa le vendette del mondo da noi vinto. Non ci manca nessun delitto, nessun misfatto della lussuria da quando è sparita la povertà di Roma 28.
Perché dunque aspetti che io ponga in evidenza quanti mali abbia portato l'iniquità, invogliata da prosperi successi, dal momento che gli stessi scrittori più prudenti ed attenti videro che c'era più da dolersi della perdita della povertà che dell'opulenza romana? La povertà conservava l'integrità dei costumi; a causa dell'opulenza invece la funesta perversione dei cittadini, più perniciosa di qualsiasi nemico, non fece irruzione contro le mura della città, ma invase l'animo degli stessi cittadini.

La croce, segnacolo di salvezza temporale ed eterna.

3. 17. Ringraziamo il Signore nostro Dio che contro tali sciagure c'inviò un soccorso singolare. Dove non ci trascinerebbe, chi non travolgerebbe, in qual abisso non ci sprofonderebbe questo torrente dell'orrenda malvagità del genere umano, se la croce di Cristo non s'elevasse ad altezze senza confronto, piantata com'è per così dire sull'inconcusso pilastro d'una si potente autorità, affinché afferrandoci al suo legno potessimo avere un fermo punto d'appoggio e non esser trascinati e inghiottiti dal vasto e turbinoso gorgo di coloro che in questo mondo ci consigliano il male e ci spingono al male? In un tal guazzabuglio di pessimi costumi, in una tale corruzione dell'antica educazione, era necessario che accorresse in nostro aiuto l'autorità celeste la quale c'inducesse ad abbracciare la povertà volontaria, la continenza, la benevolenza, la giustizia, la concordia, la vera pietà e le altre virtù che sono come la luce e il sostegno della vita, non solo per trascorrere la vita terrena con tutta onestà né solo per mantenere la più completa concordia nella Città terrena, ma anche per arrivare alla salvezza eterna e alla Città celeste e divina del popolo - diciamo così - eterno, della quale ci fa entrare a far parte come cittadini la fede la speranza la carità. Finché viviamo come esuli sulla terra, l'autorità di Cristo ci fa sopportare, anche se non riusciamo a correggerli, coloro che vorrebbero mantenere saldo uno Stato senza punire i vizi, mentre i primi Romani lo fondarono e l'accrebbero con le virtù, sebbene non avessero per il vero Dio la vera pietà, capace di condurli per il tramite della salutare religione nella Città eterna, ma conservarono una specie di probità della loro stirpe che era sufficiente a fondare, ad accrescere e a conservare la Città terrena. Dio mostrò così nel ricchissimo e famoso impero romano quanta forza avessero le virtù civili anche senza la vera religione, affinché si comprendesse che, qualora ci sia anche la vera religione, gli uomini diventano cittadini della Città celeste, ove regna come regina la Verità, come legge la Carità e che ha per durata l'Eternità.

Infamie del culto pagano e della magia.

4. 18. Chi non stimerebbe ridicolo il fatto che si cerca di paragonare o anche di preferire a Cristo un Apollonio e un Apuleio e altri versatissimi nelle arti magiche, per quanto sia più tollerabile quando lo mettono a confronto con questi personaggi che non con i loro dèi? Apollonio valeva molto di più, bisogna confessarlo, del protettore ed autore di tanti stupri che si chiama Giove. Ma queste, dicono i pagani, sono favole. Lodino dunque ancora la lussuriosa, licenziosa e del tutto sacrilega prosperità dello Stato che inventò tali infamie, degli dèi, e che non solo le ha raccontate nei libri delle favole perché fossero ascoltate, ma le ha rappresentate anche negli spettacoli teatrali ove apparivano più delitti che divinità: gli dèi stessi lasciavano attribuire volentieri quei delitti a loro stessi, mentre avrebbero dovuto punire i loro adoratori solo perché assistevano con pazienza a quegli spettacoli. " Ma non sono gli dèi che vengono esaltati con siffatte finzioni " replicano quelli. Chi sono dunque costoro che vengono placati con la celebrazione di simili infamie? La dottrina cristiana è chiamata nemica dello Stato perché ha smascherato e svelato a tutto il mondo la perversità e la falsità di questi demoni, per mezzo dei quali anche le arti magiche ingannano le menti degli uomini, perché ha distinto gli angeli santi dalla malignità dei demoni, perché ha ammonito di guardarsene e insegnato il modo come farlo? Quasi che, se si fosse dovuta ottenere la felicità temporale per opera di questi demoni, non sarebbe stata preferibile l'infelicità! Ma Dio non volle che si dubitasse neppure su questo punto. Il Signore colmò d'ogni felicità temporale gli Ebrei, il primo popolo a onorare il vero Dio e a disprezzare gli dèi falsi e bugiardi, durante il tempo che fu necessario che rimanesse velato l'Antico Testamento, che è l'ombra e il velo del Nuovo Testamento, per far capire ad ognuno che la felicità non è in potere dei demoni, ma solo di Colui al quale obbediscono gli angeli, e davanti al quale tremano i demoni 29.

Apuleio deluso dalle arti magiche.

4. 19. Quanto poi ad Apuleio, per parlare soprattutto di lui, che essendo africano è più noto a noi Africani, con tutte le sue arti magiche non poté pervenire non dico ad essere imperatore, ma neppure un alto funzionario nei tribunali dello Stato, benché nato da nobile famiglia della sua patria, educato in modo liberale e dotato di grande eloquenza. Si dirà forse che in qualità di filosofo disprezzò di sua volontà questi onori? Oh, no! Sappiamo invece che, essendo sacerdote d'una provincia, tenne in gran conto celebrare spettacoli, abbigliare quelli che combattevano con le fiere, promuovere un processo contro alcuni cittadini per una statua da innalzare in suo onore ad Oea, di cui era originaria la moglie. Perché i posteri non ignorassero questo fatto, tramandò per iscritto il discorso pronunciato per la medesima causa. Quel mago dunque fu ciò che poté essere per ottenere la felicità terrena; risulta chiaro quindi che egli non fu più grande, non perché non lo volle, ma perché non poté esserlo. Del resto si difese con somma eloquenza anche contro alcuni che gli avevano mosso l'accusa di praticare le arti magiche. Mi meraviglio quindi che i suoi elogiatori, che lo esaltano per aver operato con quelle arti non so quali miracoli, tentino poi di essere testimoni contro la sua difesa. Ma se la vedano loro, se sono essi a fornire la testimonianza vera o se fu invece Apuleio a fare una falsa difesa. Coloro che apprendono le arti magiche solo per la felicità terrena o per una biasimevole curiosità o che, senza praticarle, le lodano tuttavia con pericolosa ammirazione, considerino, se sono saggi, e comprendano come il nostro David, senza bisogno di simili arti, da pastore di pecore giunse alla dignità regale. Eppure la Scrittura che è sincera, non passò sotto silenzio i peccati né i meriti di lui, perché conoscessimo i modi di non offendere Dio e una volta offeso placarlo.

Nessun profeta o mago paragonabile a Cristo.

4. 20. Riguardo ai miracoli che appaiono meravigliosi ai sensi degli uomini, errano molto coloro che paragonano i maghi coi santi Profeti, che sono di gran lunga superiori per la celebrità dei grandi miracoli. Quanto più sbagliano se li mettono a confronto con Cristo del quale i Profeti, con cui nessun mago affatto è da paragonare, preannunziarono la venuta sia secondo la natura umana, che prese dalla Vergine, sia secondo la divinità, che giammai si separa dal Padre. Mi accorgo di avere scritto una lettera molto prolissa, senza aver detto tuttavia di Cristo tutto quello che in qualunque modo potesse bastare sia a quelli che non riescono a comprendere la realtà divina a causa dell'indole per così dire naturale, sia a quelli che, pur avendo un ingegno sveglio e acuto, sono impediti dal capire per la smania di litigare e per la prevenzione dell'errore inveterato. Cerca tuttavia di conoscere le obiezioni che faranno alle mie spiegazioni e scrivimi di nuovo, perché io le possa ribattere tutte con l'aiuto di Dio, sia per mezzo di lettere che per mezzo di libri. Sii felice in Dio per sua grazia e misericordia, signore esimio e meritatamente insigne, figlio carissimo e desideratissimo.


 

1 - Cf. Ep. 136.

2 - TEREN., Adel. 823-825.

3 - Sal 15, 2.

4 - Sal 101, 28.

5 - Cf. De spir. et litt. 15, 27.

6 - Sal 15, 4.

7 - Sal 49, 9.

8 - Ger 31, 31-32 (sec. LXX: 38, 31-32).

9 - Rm 12, 17.

10 - Mt 5, 39.

11 - Cf. Ep. 135, 2.

12 - SALLUST., Catil. 9, 5; 52, 19.

13 - CICER., Pro Q. Ligar. 12, 35.

14 - Rm 12, 17; cf. 1 Pt 3, 9; 1 Ts 5, 15.

15 - CICER., De rep. 1, 39.

16 - Sallust., Catil. 6, 2.

17 - Mt 5, 39.

18 - Lc 6, 29.

19 - Gv 18, 23.

20 - Lc 23, 34.

21 - At 23, 3.

22 - Es 22, 27.

23 - Rm 12, 17; 1 Ts 5, 15; 1 Pt 3, 9.

24 - CICER., De rep. 5, 8.

25 - Lc 3, 14.

26 - SALLUST., Iugurt. 35, 10.

27 - SALLUST., Catil. 11, 6.

28 - IUVEN., Sat. 6.

29 - Gc 2, 19.


Capitolo XI: La conquista della pace interiore e l'amore del progresso spirituale

Libro I: Libro della imitazione di Cristo e del dispregio del mondo e di tutte le sue vanità - Tommaso da Kempis

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1. Se non ci volessimo impicciare di quello che dicono o di quello che fanno gli altri, e di cose che non ci riguardano, potremmo avere una grande pace interiore. Come, infatti, è possibile che uno mantenga a lungo l'animo tranquillo se si intromette nelle faccende altrui, se va a cercare all'esterno i suoi motivi di interesse, se raramente e superficialmente si raccoglie in se stesso? Beati i semplici, giacché avranno grande pace. Perché mai alcuni santi furono così perfetti e pieni di spirito contemplativo? Perché si sforzarono di spegnere completamente in sé ogni desiderio terreno, cosicché - liberati e staccati da se stessi - potessero stare totalmente uniti a Dio, con tutto il cuore. Noi, invece, siamo troppo presi dai nostri sfrenati desideri, e troppo preoccupati delle cose di quaggiù; di rado riusciamo a vincere un nostro difetto, anche uno soltanto, e non siamo ardenti nel tendere al nostro continuo miglioramento. E così restiamo inerti e tiepidi. Se fossimo, invece, totalmente morti a noi stessi e avessimo una perfetta semplicità interiore, potremmo perfino avere conoscenza delle cose di Dio, e fare esperienza, in qualche misura, della contemplazione celeste. Il vero e più grande ostacolo consiste in ciò, che non siamo liberi dalle passioni e dalle brame, e che non ci sforziamo di entrare nella via della perfezione, che fu la via dei santi: anzi, appena incontriamo una difficoltà, anche di poco conto, ci lasciamo troppo presto abbattere e ci volgiamo a consolazioni terrene.  

2. Se facessimo di tutto, da uomini forti, per non abbandonare la battaglia, tosto vedremmo venire a noi dal cielo l'aiuto del Signore. Il quale prontamente sostiene coloro che combattono fiduciosi nella sua grazia; anzi, ci procura occasioni di lotta proprio perché ne usciamo vittoriosi. Che se facciamo consistere il progresso spirituale soltanto in certe pratiche esteriori, tosto la nostra religione sarà morta. Via, mettiamo la scure alla radice, cosicché, liberati dalle passioni, raggiungiamo la pace dello spirito. Se ci strappassimo via un solo vizio all'anno diventeremmo presto perfetti. Invece spesso ci accorgiamo del contrario; troviamo cioè che quando abbiamo indirizzata la nostra vita a Dio eravamo più buoni e più puri di ora, dopo molti anni di vita religiosa. Il fervore e l'avanzamento spirituale dovrebbe crescere di giorno in giorno; invece già sembra gran cosa se uno riesce a tener viva una particella del fervore iniziale.  

3. Se facessimo un poco di violenza a noi stessi sul principio, potremmo poi fare ogni cosa facilmente e gioiosamente. Certo è difficile lasciare ciò a cui si è abituati; ancor più difficile è camminare in senso contrario al proprio desiderio. Ma se non riesci a vincere nelle cose piccole e da poco, come supererai quelle più gravi? Resisti fin dall'inizio alla tua inclinazione; distaccati dall'abitudine, affinché questa non ti porti, a poco a poco, in una situazione più ardua. Se tu comprendessi quanta pace daresti a te stesso e quanta gioia procureresti agli altri, e vivendo una vita dedita al bene, sono certo che saresti più sollecito nel tendere al tuo profitto spirituale.


4-86 Settembre 10, 1901 L’unire nostre azioni con Gesù è continuare la sua vita sulla terra.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Continuando a fare ciò che Gesù benedetto m’insegnò di fare il giorno 4 di detto mese, sebbene qualche volta mi distraggo; ma mentre qualche volta mi dimentico, Gesù pare che nel mio interno si mette in guardia e lo fa Lui per me, onde io vedendo ciò arrossisco e subito mi unisco insieme e ne faccio l’offerta di ciò che attualmente sto facendo, e questo fosse pure uno sguardo, una parola, vado dicendo: “Signore, tutta quella gloria che le creature dovrebbero darvi con la bocca e non vi danno, io intendo di darvela con la mia, ed impetro a loro di fare buono e santo uso della bocca, unendomi sempre con la stessa bocca di Gesù”. Ora mentre in tutte le cose mie ciò facevo, è venuto e mi ha detto:

(2) “Ecco la continuazione della mia vita, quale era la gloria del Padre ed il bene delle anime; se in ciò persevererai, tu formerai la mia vita, ed Io la tua, tu sarai il mio respiro ed Io il tuo”.

(3) Dopo ciò Gesù si metteva a riposare sul cuor mio, ed io sul cuore di Lui, e pareva che Gesù tirasse il respiro da me, ed io lo tiravo per mezzo di Gesù. Che felicità, qual gaudio, che vita celeste esperimentavo in quella posizione. Sia sempre ringraziato e benedetto il Signore, che tanta misericordie usa con questa peccatrice.