Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 2° settimana del Tempo di Pasqua (Santa Caterina da Siena)
Vangelo secondo Matteo 26
1Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli:2"Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso".
3Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa,4e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire.5Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo".
6Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso,7gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa.8I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: "Perché questo spreco?9Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!".10Ma Gesù, accortosene, disse loro: "Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me.11I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete.12Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.13In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei".
14Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti15e disse: "Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?". E quelli gli 'fissarono trenta monete d'argento'.16Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: "Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?".18Ed egli rispose: "Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli".19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
20Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.21Mentre mangiavano disse: "In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà".22Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: "Sono forse io, Signore?".23Ed egli rispose: "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.24Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!".25Giuda, il traditore, disse: "Rabbì, sono forse io?". Gli rispose: "Tu l'hai detto".
26Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo".27Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti,28perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.29Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".
30E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.31Allora Gesù disse loro: "Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti:
'Percuoterò il pastore
e saranno disperse le pecore del gregge,'
32ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".33E Pietro gli disse: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai".34Gli disse Gesù: "In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte".35E Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare".37E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.38Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me".39E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!".40Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?41Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole".42E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà".43E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.44E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: "Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.46Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina".
47Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.48Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!".49E subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò.50E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!". Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.
52Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.53Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?54Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?".55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.56Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.
57Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani.58Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
59I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;60ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.61Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni".62Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio".64"Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:
d'ora innanzi vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra di Dio,
e venire sulle nubi del cielo'".
65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;66che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!".67Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,68dicendo: "Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?".
69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: "Anche tu eri con Gesù, il Galileo!".70Ed egli negò davanti a tutti: "Non capisco che cosa tu voglia dire".71Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: "Costui era con Gesù, il Nazareno".72Ma egli negò di nuovo giurando: "Non conosco quell'uomo".73Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: "Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!".74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo!". E subito un gallo cantò.75E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: "Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte". E uscito all'aperto, pianse amaramente.
Esodo 8
1Il Signore disse a Mosè: "Comanda ad Aronne: Stendi la mano con il tuo bastone sui fiumi, sui canali e sugli stagni e fa' uscire le rane sul paese d'Egitto!".2Aronne stese la mano sulle acque d'Egitto e le rane uscirono e coprirono il paese d'Egitto.
3Ma i maghi, con le loro magie, operarono la stessa cosa e fecero uscire le rane sul paese d'Egitto.4Il faraone fece chiamare Mosè e Aronne e disse: "Pregate il Signore, perché allontani le rane da me e dal mio popolo; io lascerò andare il popolo, perché possa sacrificare al Signore!".5Mosè disse al faraone: "Fammi l'onore di comandarmi per quando io devo pregare in favore tuo e dei tuoi ministri e del tuo popolo, per liberare dalle rane te e le tue case, in modo che ne rimangano soltanto nel Nilo".6Rispose: "Per domani". Riprese: "Secondo la tua parola! Perché tu sappia che non esiste nessuno pari al Signore, nostro Dio,7le rane si ritireranno da te e dalle tue case, dai tuoi servitori e dal tuo popolo: ne rimarranno soltanto nel Nilo".8Mosè e Aronne si allontanarono dal faraone e Mosè supplicò il Signore riguardo alle rane, che aveva mandate contro il faraone.9Il Signore operò secondo la parola di Mosè e le rane morirono nelle case, nei cortili e nei campi.10Le raccolsero in tanti mucchi e il paese ne fu ammorbato.11Ma il faraone vide ch'era intervenuto il sollievo, si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva predetto il Signore.
12Quindi il Signore disse a Mosè: "Comanda ad Aronne: Stendi il tuo bastone, percuoti la polvere della terra: essa si muterà in zanzare in tutto il paese d'Egitto".13Così fecero: Aronne stese la mano con il suo bastone, colpì la polvere della terra e infierirono le zanzare sugli uomini e sulle bestie; tutta la polvere del paese si era mutata in zanzare in tutto l'Egitto.14I maghi fecero la stessa cosa con le loro magie, per produrre zanzare, ma non riuscirono e le zanzare infierivano sugli uomini e sulle bestie.15Allora i maghi dissero al faraone: "È il dito di Dio!". Ma il cuore del faraone si ostinò e non diede ascolto, secondo quanto aveva predetto il Signore.
16Poi il Signore disse a Mosè: "Alzati di buon mattino e presentati al faraone quando andrà alle acque; gli riferirai: Dice il Signore: Lascia partire il mio popolo, perché mi possa servire!17Se tu non lasci partire il mio popolo, ecco manderò su di te, sui tuoi ministri, sul tuo popolo e sulle tue case i mosconi: le case degli Egiziani saranno piene di mosconi e anche il suolo sul quale essi si trovano.18Ma in quel giorno io eccettuerò il paese di Gosen, dove dimora il mio popolo, in modo che là non vi siano mosconi, perché tu sappia che io, il Signore, sono in mezzo al paese!19Così farò distinzione tra il mio popolo e il tuo popolo. Domani avverrà questo segno".
20Così fece il Signore: una massa imponente di mosconi entrò nella casa del faraone, nella casa dei suoi ministri e in tutto il paese d'Egitto; la regione era devastata a causa dei mosconi.21Il faraone fece chiamare Mosè e Aronne e disse: "Andate a sacrificare al vostro Dio nel paese!".22Ma rispose Mosè: "Non è opportuno far così perché quello che noi sacrifichiamo al Signore, nostro Dio, è abominio per gli Egiziani. Se noi facciamo un sacrificio abominevole agli Egiziani sotto i loro occhi, forse non ci lapideranno?23Andremo nel deserto, a tre giorni di cammino, e sacrificheremo al Signore, nostro Dio, secondo quanto egli ci ordinerà!".24Allora il faraone replicò: "Vi lascerò partire e potrete sacrificare al Signore nel deserto. Ma non andate troppo lontano e pregate per me".25Rispose Mosè: "Ecco, uscirò dalla tua presenza e pregherò il Signore; domani i mosconi si ritireranno dal faraone, dai suoi ministri e dal suo popolo. Però il faraone cessi di burlarsi di noi, non lasciando partire il popolo, perché possa sacrificare al Signore!".26Mosè si allontanò dal faraone e pregò il Signore.27Il Signore agì secondo la parola di Mosè e allontanò i mosconi dal faraone, dai suoi ministri e dal suo popolo: non ne restò neppure uno.28Ma il faraone si ostinò anche questa volta e non lasciò partire il popolo.
Sapienza 18
1Per i tuoi santi risplendeva una luce vivissima;
essi invece, sentendone le voci, senza vederne l'aspetto.
li proclamavan beati, ché non avevan come loro sofferto
2ed erano loro grati perché, offesi per primi,
non facevano loro del male
e imploravano perdono d'essere stati loro nemici.
3Invece delle tenebre desti loro una colonna di fuoco,
come guida in un viaggio sconosciuto
e come un sole innocuo per il glorioso emigrare.
4Eran degni di essere privati della luce
e di essere imprigionati nelle tenebre
quelli che avevano tenuto chiusi in carcere i tuoi figli,
per mezzo dei quali la luce incorruttibile della legge
doveva esser concessa al mondo.
5Poiché essi avevan deciso di uccidere i neonati dei santi
- e un solo bambino fu esposto e salvato -
per castigo eliminasti una moltitudine di loro figli
e li facesti perire tutti insieme nell'acqua impetuosa.
6Quella notte fu preannunziata ai nostri padri,
perché sapendo a quali promesse avevano creduto,
stessero di buon animo.
7Il tuo popolo si attendeva
la salvezza dei giusti come lo sterminio dei nemici.
8Difatti come punisti gli avversari,
così ci rendesti gloriosi, chiamandoci a te.
9I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto
e si imposero, concordi, questa legge divina:
i santi avrebbero partecipato ugualmente
ai beni e ai pericoli,
intonando prima i canti di lode dei padri.
10Faceva eco il grido confuso dei nemici
e si diffondeva il lamento di quanti piangevano i figli.
11Con la stessa pena lo schiavo
era punito insieme con il padrone,
il popolano soffriva le stesse pene del re.
12Tutti insieme, nello stesso modo,
ebbero innumerevoli morti,
e i vivi non bastavano a seppellirli
perché in un istante perì la loro più nobile prole.
13Quelli rimasti increduli a tutto per via delle loro magie,
alla morte dei primogeniti confessarono
che questo popolo è figlio di Dio.
14Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose,
e la notte era a metà del suo corso,
15la tua parola onnipotente dal cielo,
dal tuo trono regale, guerriero implacabile,
si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio,
portando, come spada affilata, il tuo ordine inesorabile.
16Fermatasi, riempì tutto di morte;
toccava il cielo e camminava sulla terra.
17Allora improvvisi fantasmi di sogni terribili
li atterrivano;
timori impensabili piombarono su di loro.
18Cadendo mezzi morti qua e là,
ognuno mostrava la causa della morte.
19I loro sogni terrificanti li avevano preavvisati,
perché non morissero ignorando
il motivo delle loro sofferenze.
20La prova della morte colpì anche i giusti
e nel deserto ci fu strage di molti;
ma l'ira non durò a lungo,
21perché un uomo incensurabile si affrettò a difenderli:
prese le armi del suo ministero,
la preghiera e il sacrificio espiatorio dell'incenso;
si oppose alla collera e mise fine alla sciagura,
mostrando che era tuo servitore.
22Egli superò l'ira divina non con la forza del corpo,
né con l'efficacia delle armi;
ma con la parola placò colui che castigava,
ricordandogli i giuramenti e le alleanze dei padri.
23I morti eran caduti a mucchi gli uni sugli altri,
quando egli, ergendosi lì in mezzo, arrestò l'ira
e le tagliò la strada che conduceva verso i viventi.
24Sulla sua veste lunga fino ai piedi vi era tutto il mondo,
i nomi gloriosi dei padri intagliati
sui quattro ordini di pietre preziose
e la tua maestà sulla corona della sua testa.
25Di fronte a questo lo sterminatore indietreggiò,
ebbe paura,
poiché un solo saggio della collera bastava.
Salmi 89
1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".
6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.
9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.
12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.
16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.
20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.
23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.
27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.
31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.
34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".
39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.
43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.
47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?
50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.
Isaia 32
1Ecco, un re regnerà secondo giustizia
e i principi governeranno secondo il diritto.
2Ognuno sarà come un riparo contro il vento
e uno schermo dall'acquazzone,
come canali d'acqua in una steppa,
come l'ombra di una grande roccia su arida terra.
3Non si chiuderanno più gli occhi di chi vede
e gli orecchi di chi sente staranno attenti.
4Gli animi volubili si applicheranno a comprendere
e la lingua dei balbuzienti parlerà
spedita e con chiarezza.
5L'abietto non sarà chiamato più nobile
né l'imbroglione sarà detto gentiluomo,
6poiché l'abietto fa discorsi abietti
e il suo cuore trama iniquità,
per commettere empietà
e affermare errori intorno al Signore,
per lasciare vuoto lo stomaco dell'affamato
e far mancare la bevanda all'assetato.
7L'imbroglione - iniqui sono i suoi imbrogli -
macchina scelleratezze
per rovinare gli oppressi con parole menzognere,
anche quando il povero può provare il suo diritto.
8Il nobile invece si propone cose nobili
e agisce sempre con nobiltà.
9Donne spensierate, suvvia ascoltate la mia voce; figlie baldanzose, porgete l'orecchio alle mie parole.10Fra un anno e più giorni voi tremerete, o baldanzose, perché finita la vendemmia non ci sarà più raccolto.11Temete, o spensierate; tremate, o baldanzose, deponete le vesti, spogliatevi, cingetevi i fianchi di sacco.12Battetevi il petto per le campagne amene, per i fertili vigneti,13per la terra del mio popolo, nella quale cresceranno spine e pruni, per tutte le case in gioia, per la città gaudente;14poiché il palazzo sarà abbandonato, la città rumorosa sarà deserta, l'Ofel e il torrione diventeranno caverne per sempre, gioia degli asini selvatici, pascolo di mandrie.
15Ma infine in noi sarà infuso uno spirito dall'alto;
allora il deserto diventerà un giardino
e il giardino sarà considerato una selva.
16Nel deserto prenderà dimora il diritto
e la giustizia regnerà nel giardino.
17Effetto della giustizia sarà la pace,
frutto del diritto una perenne sicurezza.
18Il mio popolo abiterà in una dimora di pace,
in abitazioni tranquille,
in luoghi sicuri,
19anche se la selva cadrà
e la città sarà sprofondata.
20Beati voi! Seminerete in riva a tutti i ruscelli
e lascerete in libertà buoi e asini.
Atti degli Apostoli 10
1C'era in Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte Italica,2uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio.3Un giorno verso le tre del pomeriggio vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: "Cornelio!".4Egli lo guardò e preso da timore disse: "Che c'è, Signore?". Gli rispose: "Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, in tua memoria, innanzi a Dio.5E ora manda degli uomini a Giaffa e fa' venire un certo Simone detto anche Pietro.6Egli è ospite presso un tal Simone conciatore, la cui casa è sulla riva del mare".7Quando l'angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un pio soldato fra i suoi attendenti e,8spiegata loro ogni cosa, li mandò a Giaffa.
9Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare.10Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi.11Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi.12In essa c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo.13Allora risuonò una voce che gli diceva: "Alzati, Pietro, uccidi e mangia!".14Ma Pietro rispose: "No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo".15E la voce di nuovo a lui: "Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano".16Questo accadde per tre volte; poi d'un tratto quell'oggetto fu risollevato al cielo.17Mentre Pietro si domandava perplesso tra sé e sé che cosa significasse ciò che aveva visto, gli uomini inviati da Cornelio, dopo aver domandato della casa di Simone, si fermarono all'ingresso.18Chiamarono e chiesero se Simone, detto anche Pietro, alloggiava colà.19Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: "Ecco, tre uomini ti cercano;20alzati, scendi e va' con loro senza esitazione, perché io li ho mandati".21Pietro scese incontro agli uomini e disse: "Eccomi, sono io quello che cercate. Qual è il motivo per cui siete venuti?".22Risposero: "Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutto il popolo dei Giudei, è stato avvertito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli".23Pietro allora li fece entrare e li ospitò.
Il giorno seguente si mise in viaggio con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono.24Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli ed aveva invitato i congiunti e gli amici intimi.25Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo.26Ma Pietro lo rialzò, dicendo: "Alzati: anch'io sono un uomo!".27Poi, continuando a conversare con lui, entrò e trovate riunite molte persone disse loro:28"Voi sapete che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza; ma Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo.29Per questo sono venuto senza esitare quando mi avete mandato a chiamare. Vorrei dunque chiedere: per quale ragione mi avete fatto venire?".30Cornelio allora rispose: "Quattro giorni or sono, verso quest'ora, stavo recitando la preghiera delle tre del pomeriggio nella mia casa, quando mi si presentò un uomo in splendida veste31e mi disse: Cornelio, sono state esaudite le tue preghiere e ricordate le tue elemosine davanti a Dio.32Manda dunque a Giaffa e fa' venire Simone chiamato anche Pietro; egli è ospite nella casa di Simone il conciatore, vicino al mare.33Subito ho mandato a cercarti e tu hai fatto bene a venire. Ora dunque tutti noi, al cospetto di Dio, siamo qui riuniti per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato".
34Pietro prese la parola e disse: "In verità sto rendendomi conto che 'Dio non fa preferenze di persone',35ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto.36Questa è 'la parola che egli ha inviato' ai figli d'Israele, 'recando la buona novella' della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti.37Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni;38cioè come 'Dio consacrò in Spirito Santo' e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.39E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce,40ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse,41non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.42E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio.43Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome".
44Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso.45E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo;46li sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio.47Allora Pietro disse: "Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?".48E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Dopo tutto questo lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.
Capitolo V: L'attento esame di se stessi
Leggilo nella Biblioteca1. Non possiamo fare troppo affidamento su noi stessi, perché spesso ci manca la grazia e la capacità di sentire rettamente. Scarsa è la luce che è in noi, e subitamente la perdiamo per la nostra negligenza. Spesso poi non ci accorgiamo neppure di essere così ciechi interiormente: facciamo il male e, cosa ancora peggiore, ci andiamo scusando. Talora siamo mossi dalla passione, e la prendiamo per zelo; rimproveriamo negli altri piccole cose e passiamo sopra a quelle più grosse, commesse da noi. Avvertiamo con prontezza, e pesiamo ben bene ciò che gli altri ci fanno soffrire, ma non ci accorgiamo di quanto gli altri soffrono per causa nostra. Chi riflettesse bene e a fondo su se stesso, non giudicherebbe severamente gli altri. L'uomo interiore, prima di occuparsi di altre cose, guarda dentro di sé; e, intento diligentemente a se stesso, è portato a tacere degli altri. Solamente se starai zitto sugli altri, guardando specialmente a te stesso, giungerai a una vera e devota interiorità.
2. Se sarai tutto intento a te stesso e a Dio, ben poco ti scuoterà quello che sentirai dal di fuori. Sei forse da qualche parte, quando non sei presente in te? E se, dimenticando te stesso, tu avessi anche percorso il mondo intero, che giovamento ne avresti ricavato? Se vuoi avere pace e spirituale solidità, devi lasciar andare ogni cosa, e avere dinanzi agli occhi solamente te stesso. Grande sarà il tuo progresso se riuscirai a mantenerti libero da ogni preoccupazione terrena; se invece apprezzerai in qualche modo una qualsiasi cosa temporale, farai un gran passo indietro. Nulla per te sia grande, nulla eccelso, nulla gradito e caro, se non solamente Iddio, oppure cosa che venga da Dio. Considera vano ogni conforto che ti venga da qualsiasi creatura. L'anima che ama Dio disprezza tutto ciò che sia inferiore a Dio. Conforto dell'anima e vera letizia del cuore è soltanto Dio, l'eterno, l'incommensurabile, colui che riempie di sé l'universo.
DISCORSO 36 SU QUANTO È SCRITTO NEI PROVERBI: "CI SONO ALCUNI CHE PRESUMONO D'ESSERE RICCHI MENTRE NON HANNO NULLA E CI SONO ALCUNI CHE, PUR ESSENDO RICCHI, SI UMILIANO. RISCATTO PER L'ANIMO DELL'UOMO [SONO] LE SUE RICCHEZZE IL POVERO INVECE NON REGGE ALLE MINACCE"
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaValore delle ricchezze secondo la Scrittura.
1. La sacra Scrittura che vi è stata letta - o meglio, il Signore che per mezzo della Scrittura ci ordina di parlarvi - ci ha invitati a cercare insieme con voi e ad esporre cosa sia e cosa significhi quel che è stato letto: Ci sono alcuni che pretendono di passare per ricchi mentre non hanno nulla e ci sono alcuni che, pur essendo ricchi, si umiliano 1. Non si deve infatti supporre né credere assolutamente che la santa Scrittura si sia premurata di darci degli avvertimenti sulle ricchezze mondane di cui van gonfi i superbi - dico, di queste ricchezze visibili e terrene - affinché attribuiamo loro dell'importanza o ne temiamo la privazione. Qualcuno potrebbe dire: Che vantaggio ricava l'uomo dandosi l'aria di essere ricco, mentre non ha nulla? Ecco chi la Scrittura individua e chi rimprovera. Ma nemmeno è molto da invidiarsi o da imitarsi o da ritenersi per grand'uomo colui che [dalla stessa Scrittura] sembrerebbe presentato come degno di lode, se per ricchezze si intendono le ricchezze temporali e terrene. Dice: E ci sono alcuni che, pur essendo ricchi, si umiliano. Giustamente si riprova colui che, non avendo nulla, vuol far la figura di ricco; ma ci dovrà forse piacere quest'altro che, avendo delle ricchezze, si umilia? Forse ci piace perché si umilia, ma, per il fatto che è ricco, non ci piace.
2. Accettiamo però anche questo. Non è disdicevole, né disonesto, né inutile il fatto che le Scritture sante ci abbiano voluto encomiare dei ricchi umili. Nelle ricchezze infatti nulla è tanto da temersi quanto la superbia. L'apostolo Paolo ammonisce al riguardo Timoteo, dicendogli: Ai ricchi di questo mondo comanda di non nutrire sentimenti di superbia 2. Non lo spaventa il fatto-ricchezza ma la malattia prodotta dalla ricchezza, e questa malattia, prodotta dalla ricchezza, è l'aumento della superbia. È infatti un'anima superiore quella che tra le ricchezze non è tentata da questa malattia: è un'anima più grande delle sue ricchezze, che ella sa dominare non desiderandole ma disprezzandole. Gran ricco è dunque colui che non si crede grande perché ricco. Colui invece che per la ricchezza si reputa grande è superbo e quindi misero. Nella carne scoppia, nel cuore mendica: è gonfiato, non pieno. Se vedi due otri, uno pieno e un altro gonfiato, trovi nell'uno e nell'altro la stessa dimensione di grandezza ma non la stessa pienezza. A guardarli ti inganneresti; se li soppesi scopri [la verità]: quello che è pieno lo si sposta con difficoltà, quello che è gonfiato si fa presto a portarlo via.
Ricchezza e povertà. di Cristo.
3. Comanda dunque, dice, ai ricchi di questo mondo 3. Non aggiungerebbe: Di questo mondo, se non ci fossero degli altri ricchi che non sono di questo mondo. Quali ricchi non sono di questo mondo? Coloro che hanno per principe e capo colui del quale è stato detto: Essendo ricco si è reso povero per noi. Ma se egli fu il solo, a noi cosa giovò? Vedi come continua: Anche per la sua povertà voi diventaste ricchi 4. Credo che la povertà di Cristo non ci abbia portato un aumento di denaro ma di giustizia. Ma perché povero lui? Perché diventato mortale. Ne segue che la nostra vera ricchezza è l'immortalità; là infatti c'è la vera abbondanza dove non c'è scarsità di nulla. Ora, siccome noi non saremmo potuti diventare immortali se Cristo non fosse diventato mortale per noi, per questo è diventato povero pur essendo ricco. Non dice: È diventato povero pur essendo stato un tempo ricco, ma: È diventato povero pur essendo ricco. Assunse la povertà ma non perse la ricchezza: dentro ricco, povero fuori. Dio invisibile nella ricchezza, uomo visibile nella povertà. Osserva la sua ricchezza: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo. Egli era in principio presso Dio. Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui 5. Chi più ricco di colui ad opera del quale furono create tutte le cose? Il ricco può possedere il denaro, ma non può crearlo. Dopo dunque che ci sono state sottolineate queste sue ricchezze, considera la sua povertà: E il Verbo si è fatto carne e ha dimorato fra noi 6. Per questa sua povertà noi siamo divenuti ricchi, in quanto mediante il suo sangue emanato dal suo corpo - quel corpo che il Verbo assunse per abitare fra noi - fu squarciato il sacco dei nostri peccati. Ad opera del suo sangue gettammo via i cenci della nostra malizia, per rivestirci della stola dell'immortalità.
I buoni son ricchi nella coscienza.
4. I buoni fedeli son dunque tutti ricchi. Nessuno si deprima: sebbene povero nella dispensa, il buono è ricco nella coscienza. Ora chi è ricco nella coscienza dorme più tranquillo, sebbene per terra, di quanto non dorma, magari nella porpora, il ricco di denaro. Là sulla [nuda] terra non lo sveglia l'angosciosa preoccupazione proveniente dal cuore trafitto dalla colpa. Conserva nel tuo cuore le ricchezze che ti ha recato la povertà del tuo Signore; anzi prendi lui per tuo custode. Affinché dal cuore non svanisca quel che ti ha dato, provveda colui stesso che te l'ha dato. Son dunque ricchi tutti i buoni fedeli, ma non ricchi di questo mondo. Le loro ricchezze nemmeno loro le avvertono; le scopriranno più tardi. Vive la radice, ma d'inverno anche l'albero verde è simile all'albero secco. In effetti d'inverno e l'albero secco e l'albero vivo sono tutt'e due privi delle foglie che li adornano, privi dei frutti che li abbelliscono. Verrà l'estate e i due alberi appariranno diversi. La radice viva produrrà le foglie e riempirà di frutti la pianta, la radice secca resterà arida come lo era d'inverno. Pertanto all'una sarà preparato il magazzino 7; contro l'altra si ricorrerà alla scure, affinché si tagli e la si getti nel fuoco 8. In questo caso per nostra estate consideriamo la venuta del Signore. Nostro inverno è il nascondimento di Cristo, nostra estate la manifestazione di Cristo. Ora, agli alberi buoni e fedeli l'Apostolo rivolge questa apostrofe: Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio 9. Certamente morti, ma morti per quanto si vede, vivi invece nella radice. Nota poi come, in riferimento al futuro tempo dell'estate, prosegue dicendo: Quando apparirà Cristo, vostra vita, allora anche voi apparirete con lui nella gloria 10. Questi sono i ricchi, ma non ricchi di questo mondo.
Non sperate nelle ricchezze incerte.
5. Né è da pensarsi che i ricchi di questo mondo siano stati trascurati. Anche loro con la sua povertà si conquistò colui che, essendo ricco, si è fatto povero per noi 11. Se infatti li avesse trascurati e avesse ricusato d'ammetterli nel numero dei suoi, l'Apostolo non avrebbe comandato a Timoteo - come riferivo sopra - di impartire loro dei precetti dicendo: Comanda ai ricchi di questo mondo 12. Tra questi, coloro che son ricchi nella fede non sono che una porzione dei cosiddetti ricchi di questo mondo. Comanda loro, in quanto anche loro son diventati membra di quel Povero; presenta loro quel che per essi temi da parte della ricchezza. Non debbono aver pensieri di superbia né sperare nelle ricchezze, che sono incerte 13. In effetti il ricco insuperbisce perché spera nelle ricchezze, che pur sono incerte. Se riflettesse con attenzione sull'incertezza delle medesime, mai si insuperbirebbe ma sarebbe in continuo timore: quanto più fosse ricco tanto più sarebbe preoccupato, e ciò anche a livello della vita attuale, non solo di quella avvenire. Difatti in mezzo ai capovolgimenti del tempo presente molti poveri son risultati al sicuro, mentre molti altri a causa della loro ricchezza sono stati insidiati e puniti. Molti han dovuto piangere su ciò che non hanno potuto conservare per sempre. Molti si son pentiti per non aver accolto il consiglio del loro Signore, il quale diceva: Non ammassatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano. Ammassate piuttosto dei tesori nei cieli 14. Non vi dico di buttarli via ma di trasferirli altrove. Molti, è vero, non vollero mettere in pratica questi suggerimenti, però dovettero rammaricarsi per non aver obbedito; infatti non solo persero i loro beni ma, a causa dei beni, andarono loro stessi in rovina. Quindi comanda ai ricchi di questo mondo di non avere sentimenti di superbia 15, e allora si verificherà in essi ciò che abbiamo udito nel proverbio di Salomone: Ci sono alcuni che si umiliano, pur essendo ricchi 16. E la cosa è fattibile, stando alle ricchezze di quaggiù. Sia umile! Goda maggiormente perché è cristiano che non perché è ricco. Non si gonfi, non monti in superbia. Tenga in considerazione il fratello povero e non si disdegni d'essere chiamato fratello del povero. Per quanto infatti voglia essere ricco, Cristo è più ricco: quel Cristo che volle avere per fratelli coloro per i quali versò il sangue.
Accumulare tesori per l'altra vita.
6. Perché poi i ricchi non dicessero di non saper cosa fare con le loro ricchezze, ecco [l'Apostolo] ammonire Timoteo in modo da sorreggerli col consiglio e non solamente frenarli col precetto. Aveva detto: Non sperare nelle ricchezze, che sono incerte. Perché non pensassero di aver perso ogni speranza continuò: Sperino piuttosto nel Dio vivo, che a noi somministra in abbondanza tutte le cose perché ne godiamo 17. O, più esattamente, le cose temporali perché ce ne serviamo, le cose eterne perché ne godiamo. E della loro ricchezza cosa dovranno fare? Dice: Siano ricchi nelle opere di bene, distribuiscano con facilità 18. A questo deve giovarti la ricchezza: a non aver difficoltà nel fare elargizioni. Il povero vorrebbe ma non può, il ricco vuole e può. Distribuiscano con facilità, siano generosi, si accumulino per l'avvenire un tesoro posto su solide basi, in modo da conseguire la vera vita 19. Questa vita infatti è falsa. Ingannato dalla falsità della vita presente, quel tale che vestiva di porpora e bisso disprezzava il povero che giaceva coperto di piaghe dinanzi alla sua porta. In realtà, il povero, leccato dai cani, si preparava un tesoro eterno nel seno di Abramo, e ciò, se non con l'abbondanza dei beni posseduti, certo con la volontà pia e molto ben disposta. Quanto invece al ricco, che si reputava grande nella sua porpora e bisso, morì e fu sepolto. E cosa trovò? Un'eterna sete, delle fiamme perenni. Alla porpora e al bisso tenne dietro il fuoco. Ardeva in quella tunica che non poteva deporre. Invece dei banchetti la sete e il desiderio d'una goccia [d'acqua] che sgorgasse da un dito del povero, come quel povero aveva desiderato delle briciole che cadessero dalla mensa del ricco. Ma la povertà dell'uno doveva essere momentanea, la pena dell'altro duratura 20. A questo badino i ricchi di questo mondo e non nutrano sentimenti di superbia. Distribuiscano con facilità, siano generosi. Si accumulino per l'avvenire - là dove sono i veri ricchi, ricchi non di questo mondo - un tesoro posto su solide basi in modo da conseguire la vera vita 21.
Poveri e ricchi di doti spirituali.
7. È probabile, pertanto, che la divina Scrittura ci abbia dato questi ammonimenti quando diceva: Ci sono certuni che pretendono passare per ricchi, mentre non hanno nulla 22. Avrebbe parlato in riferimento ai cenciosi superbi. In effetti, se si sopporta a stento un ricco superbo, chi potrebbe sopportare un povero superbo? Son quindi preferibili i ricchi che si umiliano. Tuttavia la Scrittura manifesta di voler parlare di altre ricchezze. Proseguendo infatti aggiungeva: Riscatto per l'anima dell'uomo [sono] le sue ricchezze, il povero invece non regge alle minacce 23. Dobbiamo intendere "il povero " per non so quale altra povertà e "il ricco" per non so quali altre ricchezze. Ricchi, dico, in senso più alto: ricchi nel cuore, pieni di fortezza, ben pasciuti nella pietà, larghi nella carità; sono ricchi quanto a se stessi, sono ricchi nel di dentro. Ci sono alcuni che pretendono passare per ricchi, pur essendo poveri 24. Si dàn l'aria d'essere giusti, mentre in realtà sono peccatori. Ricchezze di questo genere dobbiamo intendere, poiché la Scrittura ci manifesta cosa ha voluto dire: Riscatto per l'anima dell'uomo [sono] le sue ricchezze 25. Dice: Comprendi quali siano le ricchezze che ti inculco. Ti avevo detto: Ci sono alcuni che pretendono passare per ricchi, mentre non hanno nulla, e ci sono alcuni che, pur essendo ricchi, si umiliano 26; e tu col pensiero andavi alle ricchezze temporali e terrene e visibili. Io invece non intendo queste, ma quali siano te l'avverto in quel che segue: Riscatto per l'anima dell'uomo [sono] le sue ricchezze 27. Quindi, coloro che non hanno la redenzione dell'anima - in quanto sono iniqui e presumono d'apparire giusti - essendo essi degli ipocriti, di loro si dice: Ci sono alcuni che pretendono passare per ricchi mentre non hanno nulla 28. Vogliono apparire giusti, mentre nella stanza della coscienza non hanno l'oro della giustizia. E sono pieni coloro dei quali - quanto più umili tanto più [son] ricchi - è detto: Beati i poveri di spirito, poiché di essi è il regno dei cieli 29.
Riluce l'oro, ma più lucente è la fede.
8. Perché cerchi ricchezze che soddisfino occhi umani e carnali? Riluce l'oro, ma più lucente è la fede. Scegli cosa debba avere nel cuore. Dentro infatti devi essere pieno, là dove Dio vede la tua ricchezza, pur senza che l'uomo la veda. E tuttavia non per il fatto che l'uomo non la veda devi valutare poco ciò che hai dentro. Vuoi constatare come anche agli occhi degli iniqui la fede sia più rilucente dell'oro? Prendi un padrone avaro. Come sa lodare un servo fedele! Dice che nulla gli è più prezioso di lui, anzi attesta che quel servo non ha assolutamente prezzo. "Ho un servo - dice - che non ha prezzo". Aspetti che te ne spieghi il motivo? Forse è un buon saltimbanco, forse un cuoco eccellente. No. Osserva come sia interiore la sua lode. Dice: "Non c'è nulla di più fidato". Ti piace, o uomo, il tuo servo fedele, e tu non vuoi essere un servo fedele di Dio? Rifletti che, se hai un servo, hai anche un padrone. Il tuo servo te lo sei potuto acquistare, non creare. Il tuo Signore e ti ha creato con la sua parola e ti ha redento col suo sangue. Se hai perso la retta valutazione di te stesso, ripensa al prezzo. Se anche di questo ti sei dimenticato, leggi il Vangelo, il tuo documento autentico. Ami la fedeltà nel tuo servo, e pensi che il Signore non la esiga dal suo? Da' quello che esigi. Da' a chi ti è superiore ciò che ti fa piacere quando t'è dato da chi ti è inferiore. Ami il servo che custodisce con fedeltà il tuo oro: non disprezzare il Signore che misericordiosamente custodisce il tuo cuore. Sì veramente, tutti hanno gli occhi per lodare la fedeltà, ma quando esigono che venga usata con loro. Quando la si esige da loro stessi, chiudono gli occhi e non vogliono vedere quanto sia bella. O forse, mossi da stolta insensatezza, non vogliono usarla per paura di perderla, come quando uno teme di perdere il denaro: quando lo si dà via non lo si possiede più. Non così è della fede: la si dà e la si possiede. Mirabile a dirsi! Anzi, se non la si dà non la si possiede.
L'elemosina è un'eccellente opera di misericordia.
9. Riscatto per l'anima dell'uomo [sono] le sue ricchezze 30. Si comprende benissimo come di quel ricco pieno di boria si prese gioco Iddio, al fine di ammonirci a non imitarlo: dico di quel ricco cui capitò [d'avere un campo che gli produsse] abbondanti raccolti, al segno che l'abbondanza lo turbò più di quanto non avrebbe fatto la scarsità 31. Pensò fra sé e sé dicendo: Che farò? Dove radunerò i miei raccolti? 32. Dopo essersi angosciato perché tutto era troppo stretto, alla fine gli sembrò d'aver trovato la soluzione. Solo che era una soluzione inane, trovata non dalla prudenza ma dall'avarizia. Disse: Demolirò le vecchie dispense, che sono troppo piccole, e ne farò di nuove e ben ampie, e le riempirò. Poi dirò alla mia anima: Anima mia, hai molti beni, saziatene e sta' allegra. Gli disse: Stolto... 33. Là dove credi di essere sapiente sei stolto, e cosa dici? Dico alla mia anima: Hai molti beni, saziatene! Questa notte ti sarà tolta l'anima e le cose che hai messe da parte di chi saranno? 34. Difatti cosa gioverebbe all'uomo se anche conquistasse tutto il mondo ma ne avesse a soffrire del danno quanto all'anima? 35. Per questo, riscatto per l'anima dell'uomo [sono] le sue ricchezze 36. Tali ricchezze quell'uomo vanaglorioso e stolto non possedeva. Non riscattava infatti la sua anima con elemosine, ma riponeva [nelle dispense] dei frutti destinati a perire. Lui perituro- dico -nascondeva frutti perituri, non donando nulla al Signore dinanzi al quale avrebbe un giorno dovuto presentarsi. Che faccia farà in quel giudizio, quando comincerà ad udire: Ebbi fame e voi non mi deste da mangiare? 37. Desiderava infatti saziare se stesso con vivande superflue ed esagerate, e, superbissimo, trascurava di guardare il ventre vuoto di tanti poveri. Non sapeva che il ventre dei poveri era più sicuro dei suoi magazzini, tant'è vero che quanto riponeva in quei magazzini poteva, forse, essere asportato dai ladri. Se viceversa l'avesse nascosto nel ventre dei poveri, sarebbe stato digerito e si sarebbe confuso con la terra, ma sarebbe stato conservato con molta sicurezza nel cielo. Pertanto, riscatto per l'anima dell'uomo [sono] le sue ricchezze 38.
Chi sa resistere all'oppressore.
10. E cosa aggiunge? Il povero invece non regge alle minacce 39. Il povero: vale a dire chi è privo di giustizia, colui che dentro non ha la pienezza dello spirito, gli ornamenti spirituali, la suppellettile spirituale e tutto ciò che non si vede con gli occhi ma piuttosto si valuta con la mente. Questo povero, non avendo al di dentro tali cose, non regge alle minacce. Gli vien detto da qualche potente: "Di' questo e questo contro il mio nemico; di' una falsa testimonianza, affinché io opprima e sottometta quel tale che mi sono proposto. Forse tenta [d'opporsi]: "Non lo farò, non voglio gravarmi di peccato". Si rifiuta finché il ricco non comincia a minacciare. Ma, essendo povero, non regge alle minacce. Che significa: Essendo povero? Che non ha le ricchezze interiori che avevano i martiri, i quali per la verità e la fede in Cristo disprezzarono tutte le minacce del mondo. Non persero nulla dal cuore, e in cielo quanta ricchezza trovarono! Dunque, il povero non regge alle minacce 40. Non può dire al ricco che lo costringe a offendere qualcuno o a dire una falsa testimonianza: "Non lo faccio". Non ha dentro di sé risorse per rispondere, non è saldo né ripieno nel tesoro interiore. Non è capace di rispondere, non ha la forza di rispondere. Non è capace di dire: "Cosa puoi farmi tu che mi minacci? Per dir tanto, mi toglierai i miei averi. Mi togli ciò che debbo abbandonare; mi togli ciò che, anche se non me lo togliessi tu, forse perderei ugualmente [in altre maniere] durante la vita. Dalla cassaforte interiore però non voglio perdere nulla. Quando mi minacci di togliermi ciò che ho dentro, vuoi veramente togliermi ciò che è il mio possesso interiore? Quel che ho nella cassaforte puoi sì togliermelo e impadronirtene; ma se minacci di togliermi la fede io la perdo e tu non te ne appropri. Non eseguirò quindi il tuo consiglio, non curerò le tue minacce. È vero: infuriando contro di me puoi anche esiliarmi dalla patria; ma nuocerai solo se potrai esiliarmi in qualche luogo dove non trovo il mio Dio. Forse sarai in grado anche di uccidermi. Cadendo la mia casa di carne, io mi ritirerò (abitatore incolume) e mi rifugerò sicuro presso colui al quale ho conservato la fede; e non avrò più alcun timore di te. Considera bene dunque ciò che mi minacci per farmi dire una falsa testimonianza. Minacci la morte, ma la morte corporale. Io temo di più colui che ha detto: La bocca che mentisce uccide l'anima 41". Pieno interiormente di queste ricchezze e di esse sazio, può veramente dare di queste risposte a colui che lo minaccia, o ne darà anche migliori. Il povero invece non regge alle minacce 42.
Il fariseo e il pubblicano.
11. Siamo dunque ricchi e temiamo di essere poveri. Cerchiamo di fare in modo che il nostro cuore sia colmato di ricchezze da colui che è veramente ricco. E se ciascuno di voi, entrando nel suo cuore, non vi trova di tali ricchezze, bussi alla porta del Ricco, diventi pio mendico alla porta di quel Ricco, perché possa diventare, per dono di lui, un ricco soddisfatto. E veramente, miei fratelli, dobbiamo confessare dinanzi al Signore nostro Dio la nostra povertà e miseria. Questo stato confessava quel pubblicano che non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo 43. Essendo peccatore, non aveva alcun sostegno per tenere alzati gli occhi. Volgeva lo sguardo alla sua inanità, ma insieme riconosceva la pienezza del Signore. Sapeva d'essere venuto alla fonte, lui assetato. Mostrava la gola riarsa, devotamente bussava alle mammelle che l'avrebbero riempito. Diceva battendosi il petto e volgendo gli occhi a terra: Signore, sii propizio verso di me peccatore 44. Mentre pensava e supplicava in questa maniera, dico io, era, almeno parzialmente, ricco. Se infatti fosse stato povero sotto ogni aspetto, da dove avrebbe potuto tirar fuori le gemme d'una simile confessione? Tuttavia dal tempio uscì ancor più ricco e colmo, in quanto uscì giustificato 45. Viceversa il fariseo: era venuto per pregare, ma non chiese nulla. Dice: Si recarono al tempio per adorare 46. Ma in realtà l'uno prega, l'altro no. Ora quel [fariseo] donde proveniva? Ci son di quelli che si reputano ricchi mentre non han nulla 47. Diceva: Signore, io ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini: ingiusti, rapinatori, adulteri, e nemmeno come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana, pago le decime di tutto ciò che posseggo 48. Si vantava; ma questo non era pienezza, bensì gonfiore. Si credeva ricco, mentre non aveva niente. L'altro si riconobbe povero e già cominciò ad avere qualcosa. Per non aggiungere altro dico che aveva la pietà che lo portava alla confessione. E uscirono tutt'e e due; ma - dice - fu giustificato il pubblicano a differenza del fariseo 49. Poiché chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato 50.
1 - Prv 13, 7.
2 - 1 Tm 6, 17.
3 - 1 Tm 6, 17.
4 - 2 Cor 8, 9.
5 - Gv 1, 1-3.
6 - Gv 1, 14.
7 - Cf. Mt 13, 30.
8 - Cf. Mt 3, 10.
9 - Col 3, 3.
10 - Col 3, 4.
11 - 2 Cor 8, 9.
12 - 1 Tm 6, 17.
13 - 1 Tm 6, 17.
14 - Mt 6, 19-20.
15 - 1 Tm 6, 17.
16 - Prv 13, 7.
17 - 1 Tm 6, 17.
18 - 1 Tm 6, 18.
19 - 1 Tm 6, 19.
20 - Cf. Lc 16, 19-31.
21 - 2 Tm 6, 17-19.
22 - Prv 13, 7.
23 - Prv 13, 8.
24 - Prv 13, 7.
25 - Prv 13, 8.
26 - Prv 13, 7.
27 - Prv 13, 8.
28 - Prv 13, 7.
29 - Mt 5, 3.
30 - Prv 13, 8.
31 - Cf. Lc 12, 16-21.
32 - Lc 12, 17.
33 - Lc 12, 18-20.
34 - Lc 12, 20.
35 - Mt 16, 26.
36 - Prv 13, 8.
37 - Mt 25, 42.
38 - Prv 13, 8.
39 - Prv 13, 8.
40 - Prv 13, 8.
41 - Sap 1, 11.
42 - Prv 13, 8.
43 - Cf. Lc 18, 13.
44 - Lc 18, 13.
45 - Cf. Lc 18, 14.
46 - Lc 18, 10.
47 - Prv 13, 7.
48 - Lc 18, 11-12.
49 - Cf. Lc 18, 14.
50 - Lc 18, 14.
11 - Con nuovi benefici il Signore sollevò Maria santissima.
La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca595. La Signora del cielo, trovandosi nella disposizione da me narrata nel capitolo ottavo, fu nutrita con il cibo assegnatole da Dio per i milleduecentosessanta giorni menzionati dall'Evangelista nell'Apocalisse. Questo lasso di tempo corrisponde più o meno a tre anni e mezzo, trascorsi i quali Maria santissima compì sessant'anni. Ciò accadde nel quarantacinquesimo anno del Signore. E come la pietra aumenta di velocità avvicinandosi al centro, verso il quale si muove naturalmente, così più la Regina dell'universo si approssimava al termine della sua santa vita, più erano forti gli impeti del suo desiderio e rapidi i voli della sua anima purissima per giungere al centro della sua eterna pace. Nell'istante della sua immacolata concezione era uscita, simile a un ricco fiume, dall'oceano della Trinità, dalla quale era stata pensata da sempre e, grazie alle correnti di molteplici doni, favori, virtù e meriti, era cresciuta in modo che ormai il mondo creato le risultava angusto. Con un movimento accelerato e quasi impaziente della sua sapienza e della sua carità, si affrettava a ritornare ad unirsi al mare dal quale era fluita per traboccare poi un'altra volta, con materna clemenza, sulla Chiesa.
596. Già negli ultimi anni, per la dolce violenza dell'amore, ella viveva una sorta di martirio continuo. Infatti, è senza dubbio verità filosofica che in questi moti dello spirito il centro attragga con forza crescente ciò che gli si avvicina. Ora, tra l'infinito, sommo Bene e la beatissima Vergine c'era una prossimità tale che solo il muro della mortalità li separava - come ella disse nel Cantico - senza tuttavia impedire loro di vedersi e guardarsi reciprocamente con amore; ed era un amore tanto impaziente di soffrire a causa degli ostacoli all'unione con l'oggetto amato da non volere altro che vincerli per giungere a realizzarla. Il Figlio bramava questa unione, ma lo tratteneva il bisogno della Chiesa di avere una simile maestra; anche la dolcissima Madre vi aspirava e, benché si trattenesse dal domandare di morire per conseguirla, non poteva raffreddare il fervore che provava nell'intimo, per il quale sentiva acutamente il tormento della vita terrena e delle sue catene che le frenavano il volo.
597. Ella intanto pativa i dolori dell'amore, che è forte come la morte, finché non fosse arrivato il tempo stabilito dall'eterna Sapienza. In mezzo a quelle pene, chiamava l'amato perché uscisse fuori dalle sue stanze segrete, scendesse nella campagna, si fermasse nel suo villaggio e vedesse i fiori fragranti e i dolci frutti della sua vigna. Con le frecce dei suoi sguardi e dei suoi desideri ella ferì l'amato nell'intimo, lo fece volare dalle altezze e venire alla sua presenza. Un giorno avvenne che l'ardente anelito del la Tuttasanta crebbe talmente che ella poteva veramente affermare di essere malata d'amore. Infatti, pur non avendo i difetti delle nostre umane passioni, si ammalò per gli slanci del cuore, che si mosse dal suo posto. Il Signore lo permise affinché, come egli stesso era la causa dell'infermità, così lo fosse gloriosamente della guarigione. Gli spiriti celesti che aiutavano la Regina , meravigliati per la forza e per gli effetti della sua carità, le parlarono con il linguaggio loro proprio per darle un po' di sollievo con la sicura speranza del bramato possesso dell'amato. Simili rimedi, però, non spegnevano la fiamma, ed anzi la ravvivavano maggiormente. Sua Altezza li scongiurò di riferire al suo diletto che era malata d'amore ed essi replicarono consegnandole i contrassegni da lei desiderati; ma per la veemenza dei dolori, dovette essere sorretta dai suoi custodi lì presenti in forma visibile. In questa e in altre circostanze dei suoi ultimi anni, si realizzarono nell'unica e degna sposa tutti i misteri nascosti nel Cantico di Salomone.
598. Il Redentore scese dal paradiso a visitarla seduto su un trono di gloria e accompagnato da migliaia di angeli che lo lodavano e magnificavano. Accostandosi alla gran Signora, la confortò nel suo struggimento e la rinvigorì, dicendole allo stesso tempo: «Dilettissima Madre mia, scelta per il nostro beneplacito, i gemiti e i sospiri del vostro cuore amorevole hanno ferito il mio. Venite, mia colomba, alla patria beata dove la vostra sofferenza si cambierà in gaudio, le vostre lacrime in gioia; là vi riposerete dalle vostre pene». Subito le schiere celesti, per ordine del Signore, posero Maria santissima sul trono accanto a lui e tra musiche divine salirono tutti all'empireo, dove ella adorò la Tri nità. L'umanità di Cristo nostro salvatore la teneva sempre vicino a sé, procurando giubilo accidentale ai cortigiani del cielo; quand'ecco che sua Maestà, mostrando di voler parlare e quasi chiedendo - a nostro modo d'intendere - nuova attenzione ai santi, si rivolse così all'Eterno:
599. «Padre mio, questa è la donna che mi diede forma d'uomo nel suo talamo verginale, che mi nutrì al suo seno e mi sostentò col suo lavoro, che mi accompagnò nei miei affanni e cooperò con me alla redenzione umana, che fu sempre fedelissima e obbedì indefettibilmente alla nostra volontà col nostro pieno compiacimento. È immacolata e pura, in quanto degna madre mia; per ciò che ha fatto ha raggiunto la santità perfetta che la nostra infinita potenza le ha comunicato. Quando aveva già conquistato il premio e avrebbe potuto goderne definitivamente, se ne privò per la sola nostra gloria, ritornando nella Chiesa militante al fine di collaborare alla sua fondazione, al suo governo e al suo' magistero. Inoltre, poiché vivendo in essa sosteneva i fedeli, le abbiamo differito il riposo imperituro di cui più volte avrebbe avuto il diritto. Nella somma benevolenza ed equità della nostra provvidenza, è giusto che ella venga ricompensata dell'amore e delle opere con cui ci obbliga più di tutti, né per lei deve valere la legge comune agli altri esseri umani. Sebbene io abbia guadagnato loro premi e grazie senza misura, è giusto che colei che mi generò, la più alta delle creature, ne riceva di maggiori, giacché col suo agire corrisponde perfettamente alla nostra generosità e niente in lei ostacola la manifestazione della forza del nostro braccio e la partecipazione, da parte sua, ai nostri tesori quale regina dell'universo».
600. A queste parole il Padre rispose: «Figlio mio, nel quale ho posto la mia compiacenza, voi siete il primogenito e il capo dei predestinati, ogni cosa ho messo nelle vostre mania affinché giudichiate rettamente le tribù, le generazioni e tutti i viventi'. Distribuite i miei inesauribili doni e comunicateli a vostro arbitrio alla nostra Diletta, che vi vestì di carne mortale, conformemente al suo titolo e al suo merito, tanto stimabili ai nostri occhi».
601. Il Redentore promise all'augusta genitrice che da allora in avanti, quando la domenica ella terminava gli esercizi corrispondenti alla risurrezione, fosse innalzata dagli angeli in paradiso e, stando alla presenza dell'Altissimo, celebrasse là in anima e corpo il gaudio di quel mistero. Così stabilì il Verbo incarnato con il beneplacito dell'Eterno e davanti ai santi; inoltre decise che al momento della comunione le avrebbe mostrato la sua santissima umanità e divinità in un modo nuovo, mirabile, diverso dal precedente, cosicché tale beneficio fosse una ricca caparra della gloria che egli le aveva preparato nell'eternità. I beati conobbero quanto fosse giusto che, in onore di Dio e a dimostrazione della sua grandezza, Maria santissima ricevesse simili favori a motivo della propria santità e dignità e della conveniente retribuzione che ella sola rendeva per quelle azioni; e insieme agli spiriti celesti intonarono nuovi cantici di lode al Signore, che è santo, giusto e ammirabile in tutto ciò che compie.
602. Cristo nostro bene, poi, si rivolse alla gran Signora: «Amatissima Madre mia, vi do la mia parola: finché rimarrete sulla terra starò sempre con voi, in una maniera straordinaria sinora ignorata dagli uomini e dagli angeli. Con la mia presenza non proverete mai la solitudine; dove sono io, lì sarà la mia patria; in me troverete riposo dalle vostre ansie amorose. Io compenserò il vostro esilio, che pure è di breve durata. Non siano più una pena i legami del corpo mortale, perché presto ne sarete libera. Fintantoché non giungerà quel giorno, io sarò la fine delle vostre afflizioni e di tanto in tanto aprirò la cortina che impedisce la realizzazione delle vostre aspirazioni». La Vergine ascoltava tali promesse di grazia mantenendosi profondamente umile, lodando, esaltando e ringraziando l'Onnipotente per la generosità del grande beneficio accordatole, e ritenendosi un nulla. Un simile spettacolo non si può spiegare né intendere in questa vita: Dio che innalza giustamente la sua degna Madre a così sublime altezza e nella sua sapienza e volontà tanto la stima, ed ella che è come in lotta col potere divino per abbassarsi e annientarsi, meritando proprio con ciò l'esaltazione che riceve!
603. Dopo questo fu illuminata e le sue facoltà vennero accresciute - come già altre volte si è detto -, affinché fosse pronta per la visione beatifica. Fu aperto il velo e vide Dio intuitivamente, godendo per alcune ore la fruizione e la gloria essenziale più di tutti i beati. Beveva le acque della vita alla loro stessa sorgente, appagava i suoi ardentissimi desideri, giungeva al suo centro e cessava quel movimento velocissimo per poi riprenderlo daccapo. Al termine di quella visione rese grazie alla beatissima Trinità e ancora pregò per la Chiesa. Completamente rinnovata e confortata, fu ricondotta dagli spiriti celesti all'oratorio, dove sembrava che fosse rimasto il suo corpo - secondo le modalità da me narrate altre volte - perché non si venisse a sapere della sua assenza. Appena scesa dalla nuvola nella quale era stata portata al cospetto della divina Maestà, si prostrò a terra come al suo solito e si umiliò più di quanto abbiano fatto i figli di Adamo riconoscendo la loro indegnità in seguito al peccato. Da quel giorno si adempì in lei la promessa del Signore: ogni domenica, quando, passata la mezzanotte, finiva gli esercizi della passione e giungeva l'ora della risurrezione, veniva sollevata dai suoi angeli su un trono di nube e trasportata in paradiso, dove suo Figlio le andava incontro e con una sorta d'ineffabile abbraccio la univa a sé. Non sempre le si manifestava intuitivamente la Divinità ; tuttavia quella visione, che non era gloriosa, aveva effetti analoghi che superavano ogni capacità umana. In tali circostanze le schiere beate le cantavano "Regina coeli, laetare, alleluia" e quello era giorno di grande festa per i santi, specialmente per san Giuseppe, sant'Anna, san Gioacchino, per i più stretti congiunti della gran Signora e per i suoi angeli custodi. Ella subito parlava col Signore delle questioni più complesse della Chiesa, pregava per essa e per ciascuno degli apostoli e ritornava sulla terra colma di ricchezze, simile alla nave del mercante menzionata da Salomone nei Proverbi.
604. Maria aveva in qualche modo diritto a questo favore, che pur restava singolare dono dell'Altissimo, per due motivi: primo, perché ella stessa aveva rinunciato volontariamente alla visione beatifica che le era dovuta per i suoi meriti; se ne era infatti privata per occuparsi del governo della Chiesa. L:intensità dell'amore e della brama di vedere Dio la condusse molte volte vicino alla morte, cosicché il mezzo più adatto a conservarla in vita era quello di trasportarla di tanto in tanto alla sua presenza; e ciò che era possibile e opportuno veniva ad essere come debito del Figlio verso la Madre. L'altro motivo consisteva nel fatto che doveva risuscitare con Gesù, lei che ogni settimana ne rinnovava in sé la passione e in un certo senso moriva di nuovo con lui. Siccome sua Maestà si trovava già glorioso nel cielo, era logico che con la sua presenza rendesse la Ver gine partecipe e imitatrice del gaudio della risurrezione, affinché con quella gioia raccogliesse il frutto dei dolori e delle lacrime che aveva seminato.
605. Riguardo al secondo beneficio che Cristo le promise a proposito dell'eucaristia, avverto che, fino al tempo di cui sto parlando, in alcuni giorni la gran Regina non si cibava del pane celeste, come durante il viaggio ad Efeso, o quando san Giovanni era assente, o se capitavano altri contrattempi. La sua profonda umiltà la obbligava ad adattarsi alle evenienze senza chiedere nulla agli apostoli, rimettendosi a quanto essi avrebbero disposto. In tutto infatti fu modello e maestra di perfezione, insegnandoci l'abbandono necessario anche in ciò che ci pare molto santo e opportuno. Ma il Salvatore, che riposa nei cuori semplici e che soprattutto voleva dimorare in quello di sua Madre rinnovandovi spesso i suoi prodigi, ordinò che ella si comunicasse quotidianamente per il resto della sua vita. Sua Altezza conobbe nel cielo la volontà del Figlio, ma, essendo prudentissima nell'agire, decise che questa si compisse per mezzo dell'obbedienza e di san Giovanni, al fine di comportarsi in ogni cosa che la riguardava come inferiore, umile, soggetta a chi la guidava.
606. Per tale ragione non volle essere lei a manifestare all'Evangelista quello che sapeva del volere divino. Un giorno accadde che il santo Apostolo fu molto occupato nella predicazione e l'ora consueta della comunione passò. L'umilissima Signora consultò i santi angeli su ciò che dovesse fare ed essi le risposero che si doveva eseguire il comando di Cristo, che avrebbero avvertito san Giovanni e gli avrebbero ingiunto l'ordine del Maestro. Subito uno di loro si recò dove egli stava predicando e apparendogli disse: «Giovanni, il Signore vuole che sua Madre, nostra regina, lo riceva sacramentato tutti i giorni finché vivrà nel mondo». All'udire il messaggio, l'Evangelista ritornò immediatamente nel cenacolo, dove Maria si trovava in raccoglimento, aspettando la comunione. Le disse: «Madre e signora mia, un angelo mi ha manifestato l'ordine del nostro Dio di amministrarvi ogni giorno il suo corpo sacramentato». Ed ella rispose: «Voi che cosa mi ordinate al proposito?». Replicò san Giovanni: «Che si faccia ciò che il vostro Figlio comanda». Ed ella: «Ecco la sua schiava pronta ad ubbidirvi». In seguito a questo episodio partecipò al sacro convito quotidianamente per tutto il resto della sua vita. Quanto ai tre giorni degli esercizi, soltanto il venerdì e il sabato riceveva l'eucaristia, perché - lo si è detto precedentemente - la domenica essa era sostituita dalla sua salita all'empireo.
607. Da allora in avanti, quando si cibava del pane divino, le si rivelava il Verbo come uomo, dell'età che egli aveva quando aveva istituito il santo sacramento. In tale circostanza, benché la Divinità le si svelasse solamente con la visione astrattiva che sempre aveva, l'umanità santissima le si manifestava gloriosa, molto più risplendente ed ammirabile che nella trasfigurazione sul Tabor. Questa sublime esperienza, di cui godeva per tre ore di seguito e con effetti inesprimibili a parole, fu il secondo beneficio che suo Figlio le aveva promesso per compensarla un po' della dilazione della gloria eterna preparata per lei. Sua Maestà operò quella meraviglia anche per essere ripagato anzitempo dell'ingratitudine, della tiepidezza e della cattiva disposizione che noi figli di Adamo avremmo avuto lungo i secoli nell'accostarci al sacro mistero del suo corpo e del suo sangue. Se la Vergine immacolata non avesse supplito alla mancanza di tutte le creature, tale favore non sarebbe stato degnamente riconosciuto da parte della Chiesa e Cristo non sarebbe rimasto soddisfatto della corrispondenza che gli uomini gli devono per essersi d to a loro in questo sacramento.
Insegnamento della Regina del cielo
608. Figlia mia, quando i mortali giungono al termine del fugace corso della loro esistenza, fissato da Dio perché meritino quella imperitura, svaniscono anche i loro inganni con l'esperienza dell'eternità, nella quale entrano per ricevere la gloria o la pena senza fine. Allora conoscono i giusti la loro felicità, i reprobi la loro perdizione. Oh, quanto è fortunata, figlia mia, l'anima che nel breve tempo della sua vita procura di acquistare anticipatamente la scienza divina di ciò che così presto dovrà imparare per esperienza! Questa è la vera sapienza: non aspettare di conoscere la meta alla conclusione della corsa, ma farlo al principio per correre con qualche sicurezza e non con tanti dubbi di conseguirla. Adesso, dunque, considera tu come si comporterebbero quelli che, all'inizio di una gara, guardassero all'inestimabile premio posto al traguardo e dovessero guadagnarlo correndo fin là con ogni diligenza. Certamente costoro correrebbero alla massima velocità senza distrarsi e, se non lo facessero, sarebbero considerati pazzi o ignari di quello che perdono.
609. Così è la vita terrena degli uomini: è limitata nel tempo ma le è preparata, quale ricompensa o punizione, un'eternità di gloria oppure di tormento, che mette termine alla corsa. Si nasce per parteciparvi con l'uso della ragione e con il libero arbitrio; in tale verità nessuno può addurre la scusa dell'ignoranza, tantomeno i figli della Chiesa. Dov'è dunque il senno di quanti professano la fede cattolica? Perché si lasciano irretire dalla vanità? Perché o a quale scopo s'inviluppano nell'amore per ciò che è fallace? Perché ignorano pervicacemente la fine a cui giungeranno tanto in fretta? Come mai fingono di misconoscere quello che li attende? Non sanno, forse, che nascono per morire, che il loro passaggio sulla terra è veloce, la morte ineluttabile, il premio o il castigo inevitabile ed eterno? Che cosa rispondono a tutto questo coloro che vivono secondo la carne, che consumano la loro esistenza transeunte - giacché ogni vita lo è - acquistando beni, accumulando onori, impiegando le proprie capacità ed energie nel godere di piaceri corruttibili e vilissimi?
610. Guarda, figlia mia: è falso e sleale il mondo nel quale sei nata e che hai davanti agli occhi. Voglio che tu, abitando in esso, sia mia discepola ed imitatrice, parto dei miei desideri e frutto delle mie preghiere. Dimenticalo interamente con intima ripugnanza; non perdere di vista la meta verso cui cammini sollecita e il fine per cui il tuo Creatore ti formò dal nulla. Questa sia sempre la tua brama, l'oggetto dei tuoi pensieri e dei tuoi desideri; non volgerti verso realtà vane e transitorie; viva in te solo la carità divina e consumi tutte le tue forze, poiché quella che le lascia libere di amare un'altra cosa e non le assoggetta, doma e mortifica non è vera carità. In te essa sia forte come la morte, affinché tu venga rinnovata conforme al mio volere. Non ostacolare la volontà del mio Figlio santissimo in ciò che intende operare con te e sii certa della sua fedeltà, che rimunera dando il cento per uno. Medita con umile venerazione in quale modo egli finora si sia manifestato a te. Inoltre, ti esorto a fare ancora esperienza della sua verità, secondo il mio comando. Tenendo presenti queste finalità, appena avrai finito di scrivere questa Storia continuerai i miei esercizi con attenzione sempre vigile. Rendi grazie al Signore per il grande e stimabile beneficio di aver disposto, per mezzo dei tuoi superiori, che tu lo riceva ogni giorno sacramentato e, preparandoti alla comunione sul mio esempio, continua le preghiere che ti ho insegnato.
8 marzo 1942
Madre Pierina Micheli
Non voglio andare al riposo senza avere ubbidito nello scrivere quanto mi è passato nella mia permanenza a Milano. Dalla sera dell'arrivo, 24 febbraio, alla partenza 7 di marzo non ho avuto una notte di tranquillità. Quasi tutte le notti, trasportata nelle cantine e là, gettata da ogni parte, battuta, tenuta come soffocata. Molte volte come un corpo di pietra nell'impossibilità di muovermi, in preda alla disperazione, spinta ad imprecare... Non so dire i momenti di spavento passati, ma attribuisco all'aiuto Divino, se non ho ceduto, tanto mi sentiva sfinita... Fui terribilmente tentata nella fede, in certi momenti mi sembrava proprio di essere come quei mondani che non credono a nulla.. quanti atti di fede ho fatto in quei giorni...
Quello che mi disgustò è l'essere stata vista da Suor Emanuele, mentre gettata a terra non potevo muovermi. Essa mi pose una immagine di S. Silvestro e poi poté rialzarmi.
Gesù sputacchiato... dunque perché lamentarmi di queste umiliazioni... eppure ne soffro tanto. Il demonio tentò di allontanarmi dal Padre... ma dopo aver parlato, mi ritornò la calma. Oggi ricominciò l'assalto su questo punto, ma, palesatolo, sparì... O S. Silvestro aiutami!