Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

Un giorno, in cui decisi di esercitarmi in una virtù determinata, caddi nel difetto opposto più del solito. Alla sera, mentre stavo riflettendo sul perché di questo fatto, una voce mi parlò, dicendo: «Hai contato troppo su te stessa e troppo poco su di me». Ora capisco più che mai che io sono debolissima: è alla grazia di Dio che devo tutto. (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 2° settimana del Tempo di Pasqua

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 10

1"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.2Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori.4E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei".6Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.11Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.12Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde;13egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,15come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.16E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.17Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.18Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio".
19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole.20Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?".21Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?".

22Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno.23Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone.24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente".25Gesù rispose loro: "Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza;26ma voi non credete, perché non siete mie pecore.27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.28Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.29Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.30Io e il Padre siamo una cosa sola".
31I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.32Gesù rispose loro: "Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?".33Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio".34Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: 'Io ho detto: voi siete dèi'?35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata),36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;38ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre".39Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.

40Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò.41Molti andarono da lui e dicevano: "Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero".42E in quel luogo molti credettero in lui.


Deuteronomio 18

1I sacerdoti leviti, tutta la tribù di Levi, non avranno parte né eredità insieme con Israele; vivranno dei sacrifici consumati dal fuoco per il Signore, e della sua eredità.2Non avranno alcuna eredità tra i loro fratelli; il Signore è la loro eredità, come ha loro promesso.3Questo sarà il diritto dei sacerdoti sul popolo, su quelli che offriranno come sacrificio un capo di bestiame grosso o minuto: essi daranno al sacerdote la spalla, le due mascelle e lo stomaco.4Gli darai le primizie del tuo frumento, del tuo mosto e del tuo olio e le primizie della tosatura delle tue pecore;5perché il Signore tuo Dio l'ha scelto fra tutte le tue tribù, affinché attenda al servizio del nome del Signore, lui e i suoi figli sempre.6Se un levita, abbandonando qualunque città dove soggiorna in Israele, verrà, seguendo il suo desiderio, al luogo che il Signore avrà scelto7e farà il servizio nel nome del Signore tuo Dio, come tutti i suoi fratelli leviti che stanno là davanti al Signore,8egli riceverà per il suo mantenimento una parte uguale a quella degli altri, senza contare il ricavo dalla vendita della sua casa paterna.
9Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio sta per darti, non imparerai a commettere gli abomini delle nazioni che vi abitano.10Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o l'augurio o la magia;11né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti,12perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore; a causa di questi abomini, il Signore tuo Dio sta per scacciare quelle nazioni davanti a te.13Tu sarai irreprensibile verso il Signore tuo Dio,14perché le nazioni, di cui tu vai ad occupare il paese, ascoltano gli indovini e gli incantatori, ma quanto a te, non così ti ha permesso il Signore tuo Dio.
15Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto.16Avrai così quanto hai chiesto al Signore tuo Dio, sull'Oreb, il giorno dell'assemblea, dicendo: Che io non oda più la voce del Signore mio Dio e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia.17Il Signore mi rispose: Quello che hanno detto, va bene;18io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò.19Se qualcuno non ascolterà le parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto.20Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire.21Se tu pensi: Come riconosceremo la parola che il Signore non ha detta?22Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l'ha detta il Signore; l'ha detta il profeta per presunzione; di lui non devi aver paura.


Siracide 3

1Figli, ascoltatemi, sono vostro padre;
agite in modo da essere salvati.
2Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli,
ha stabilito il diritto della madre sulla prole.
3Chi onora il padre espia i peccati;
4chi riverisce la madre è come chi accumula tesori.
5Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli
e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera.
6Chi riverisce il padre vivrà a lungo;
chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre.
7Chi teme il Signore rispetta il padre
e serve come padroni i genitori.
8Onora tuo padre a fatti e a parole,
perché scenda su di te la sua benedizione.
9La benedizione del padre consolida le case dei figli,
la maledizione della madre ne scalza le fondamenta.
10Non vantarti del disonore di tuo padre,
perché il disonore del padre non è gloria per te;
11la gloria di un uomo dipende dall'onore del padre,
vergogna per i figli è una madre nel disonore.
12Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia,
non contristarlo durante la sua vita.
13Anche se perdesse il senno, compatiscilo
e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore.
14Poiché la pietà verso il padre non sarà dimenticata,
ti sarà computata a sconto dei peccati.
15Nel giorno della tua tribolazione Dio si ricorderà di te;
come fa il calore sulla brina, si scioglieranno i tuoi peccati.
16Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore,
chi insulta la madre è maledetto dal Signore.

17Figlio, nella tua attività sii modesto,
sarai amato dall'uomo gradito a Dio.
18Quanto più sei grande, tanto più umìliati;
così troverai grazia davanti al Signore;
19perché grande è la potenza del Signore
20e dagli umili egli è glorificato.
21Non cercare le cose troppo difficili per te,
non indagare le cose per te troppo grandi.
22Bada a quello che ti è stato comandato,
poiché tu non devi occuparti delle cose misteriose.
23Non sforzarti in ciò che trascende le tue capacità,
poiché ti è stato mostrato
più di quanto comprende un'intelligenza umana.
24Molti ha fatto smarrire la loro presunzione,
una misera illusione ha fuorviato i loro pensieri.

25Un cuore ostinato alla fine cadrà nel male;
chi ama il pericolo in esso si perderà.
26Un cuore ostinato sarà oppresso da affanni,
il peccatore aggiungerà peccato a peccato.
27La sventura non guarisce il superbo,
perché la pianta del male si è radicata in lui.
28Una mente saggia medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

29L'acqua spegne un fuoco acceso,
l'elemosina espia i peccati.
30Chi ricambia il bene provvede all'avvenire,
al momento della sua caduta troverà un sostegno.


Salmi 89

1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".

6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.

9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.

12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.

16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.

20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.

23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.

27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.

31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.

34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".

39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.

43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.

47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?

50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.


Ezechiele 16

1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, fa' conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini.3Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era Amorreo e tua madre Hittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato l'ombelico e non fosti lavata con l'acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale, né fosti avvolta in fasce.4.5Occhio pietoso non si volse su di te per farti una sola di queste cose e usarti compassione, ma come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna, il giorno della tua nascita.
6Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue7e cresci come l'erba del campo. Crescesti e ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta.
8Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l'età dell'amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia.9Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio;10ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di seta;11ti adornai di gioielli: ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo:12misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo.13Così fosti adorna d'oro e d'argento; le tue vesti eran di bisso, di seta e ricami; fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo; diventasti sempre più bella e giungesti fino ad esser regina.14La tua fama si diffuse fra le genti per la tua bellezza, che era perfetta, per la gloria che io avevo posta in te, parola del Signore Dio.
15Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori ad ogni passante.16Prendesti i tuoi abiti per adornare a vari colori le alture su cui ti prostituivi.17Con i tuoi splendidi gioielli d'oro e d'argento, che io ti avevo dati, facesti immagini umane e te ne servisti per peccare;18poi tu le adornasti con le tue vesti ricamate e davanti a quelle immagini presentasti il mio olio e i miei profumi.19Il pane che io ti avevo dato, il fior di farina, l'olio e il miele di cui ti nutrivo ponesti davanti ad esse come offerta di soave odore. Oracolo del Signore Dio.
20Prendesti i figli e le figlie che mi avevi generati e li sacrificasti loro in cibo. Erano forse poca cosa le tue infedeltà?21Immolasti i miei figli e li offristi a loro, facendoli passare per il fuoco.22Fra tutte le tue nefandezze e infedeltà non ti ricordasti del tempo della tua giovinezza, quando eri nuda e ti dibattevi nel sangue!23Ora, dopo tutta la tua perversione, guai, guai a te! Oracolo del Signore Dio.24In ogni piazza ti sei fabbricata un tempietto e costruita una altura;25ad ogni crocicchio ti sei fatta un altare, disonorando la tua bellezza, offrendo il tuo corpo a ogni passante, moltiplicando le tue prostituzioni.26Hai concesso i tuoi favori ai figli d'Egitto, tuoi corpulenti vicini, e hai moltiplicato le tue infedeltà per irritarmi.27Ed ecco io ho steso la mano su di te; ho ridotto il tuo cibo e ti ho abbandonato in potere delle tue nemiche, le figlie dei Filistei, che erano disgustate della tua condotta sfrontata.
28Non ancora sazia, hai concesso i tuoi favori agli Assiri; ma non soddisfatta29hai moltiplicato le tue infedeltà nel paese di Canaan, fino nella Caldea: e neppure allora ti sei saziata.30Come è stato abbietto il tuo cuore - dice il Signore Dio - facendo tutte queste azioni degne di una spudorata sgualdrina!31Quando ti costruivi un postribolo ad ogni crocevia e ti facevi un'altura in ogni piazza, tu non eri come una prostituta in cerca di guadagno,32ma come un'adultera che, invece del marito, accoglie gli stranieri!33Ad ogni prostituta si da' un compenso, ma tu hai dato il compenso a tutti i tuoi amanti e hai distribuito loro doni perché da ogni parte venissero da te per le tue prostituzioni.34Tu hai fatto il contrario delle altre donne, quando ti prostituivi: nessuno è corso dietro a te, mentre tu hai distribuito doni e non ne hai ricevuti, tanto eri pervertita.
35Perciò, o prostituta, ascolta la parola del Signore.36Così dice il Signore Dio: Per le tue ricchezze sperperate, per la tua nudità scoperta nelle prostituzioni con i tuoi amanti e con tutti i tuoi idoli abominevoli, per il sangue dei tuoi figli che hai offerto a loro,37ecco, io adunerò da ogni parte tutti i tuoi amanti con i quali sei stata compiacente, coloro che hai amati insieme con coloro che hai odiati, e scoprirò di fronte a loro la tua nudità perché essi la vedano tutta.
38Ti infliggerò la condanna delle adultere e delle sanguinarie e riverserò su di te furore e gelosia.
39Ti abbandonerò nelle loro mani e distruggeranno i tuoi postriboli, demoliranno le tue alture; ti spoglieranno delle tue vesti e ti toglieranno i tuoi splendidi ornamenti: ti lasceranno scoperta e nuda.40Poi ecciteranno contro di te la folla, ti lapideranno e ti trafiggeranno con la spada.41Incendieranno le tue case e sarà fatta giustizia di te sotto gli occhi di numerose donne: ti farò smettere di prostituirti e non distribuirai più doni.42Quando avrò saziato il mio sdegno su di te, la mia gelosia si allontanerà da te; mi calmerò e non mi adirerò più.43Per il fatto che tu non ti sei ricordata del tempo della tua giovinezza e mi hai provocato all'ira con tutte queste cose, ecco anch'io farò ricadere sul tuo capo le tue azioni, parola del Signore Dio; non accumulerai altre scelleratezze oltre tutti gli altri tuoi abomini.
44Ecco, ogni esperto di proverbi dovrà dire questo proverbio a tuo riguardo: Quale la madre, tale la figlia.45Tu sei la degna figlia di tua madre, che ha abbandonato il marito e i suoi figli: tu sei sorella delle tue sorelle, che hanno abbandonato il marito e i loro figli. Vostra madre era una Hittita e vostro padre un Amorreo.46Tua sorella maggiore è Samaria, che con le sue figlie abita alla tua sinistra; tua sorella più piccola è Sòdoma, che con le sue figlie abita alla tua destra.47Tu non soltanto hai seguito la loro condotta e agito secondo i loro costumi abominevoli, ma come se ciò fosse stato troppo poco, ti sei comportata peggio di loro in tutta la tua condotta.48Per la mia vita - dice il Signore Dio - tua sorella Sòdoma e le sue figlie non fecero quanto hai fatto tu e le tue figlie!49Ecco, questa fu l'iniquità di tua sorella Sòdoma: essa e le sue figlie avevano superbia, ingordigia, ozio indolente, ma non stesero la mano al povero e all'indigente:50insuperbirono e commisero ciò che è abominevole dinanzi a me: io le vidi e le eliminai.51Samaria non ha peccato la metà di quanto hai peccato tu. Tu hai moltiplicato le tue nefandezze più di loro, le tue sorelle, tanto da farle apparire giuste, con tutte le nefandezze che hai commesse.
52Devi portare anche tu la tua umiliazione, tu che hai giustificato le tue sorelle. Per i tuoi peccati che superano i loro esse sono più giuste di te: anche tu dunque devi essere svergognata e portare la tua umiliazione, perché hai giustificato le tue sorelle.53Ma io cambierò le loro sorti: cambierò le sorti di Sòdoma e delle città dipendenti, cambierò le sorti di Samaria e delle città dipendenti; anche le tue sorti muterò in mezzo a loro,54perché tu porti la tua umiliazione e tu senta vergogna di quanto hai fatto per consolarle.55Tua sorella Sòdoma e le città dipendenti torneranno al loro stato di prima; Samaria e le città dipendenti torneranno al loro stato di prima e anche tu e le città dipendenti tornerete allo stato di prima.56Eppure tua sorella Sòdoma non era forse sulla tua bocca al tempo del tuo orgoglio,57prima che fosse scoperta la tua malvagità? Perché ora tu sei disprezzata dalle figlie di Aram e da tutte le figlie dei Filistei che sono intorno a te, le quali ti dileggiano da ogni parte?58Tu stai scontando la tua scelleratezza e i tuoi abomini. Parola del Signore.59Poiché, dice il Signore Dio: Io ho ricambiato a te quello che hai fatto tu, che hai disprezzato il giuramento e violato l'alleanza.60Anch'io mi ricorderò dell'alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un'alleanza eterna.61Allora ti ricorderai della tua condotta e ne sarai confusa, quando riceverai le tue sorelle maggiori insieme a quelle più piccole e io le darò a te per figlie, ma non in forza della tua alleanza;62io ratificherò la mia alleanza con te e tu saprai che io sono il Signore,63perché te ne ricordi e ti vergogni e, nella tua confusione, tu non apra più bocca, quando ti avrò perdonato quello che hai fatto. Parola del Signore Dio".


Lettera di Giuda 1

1Giuda, servo di Gesù Cristo, fratello di Giacomo, agli eletti che vivono nell'amore di Dio Padre e sono stati preservati per Gesù Cristo:2misericordia a voi e pace e carità in abbondanza.

3Carissimi, avevo un gran desiderio di scrivervi riguardo alla nostra salvezza, ma sono stato costretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte.4Si sono infiltrati infatti tra voi alcuni individui - i quali sono già stati segnati da tempo per questa condanna - empi che trovano pretesto alla loro dissolutezza nella grazia del nostro Dio, rinnegando il nostro unico padrone e signore Gesù Cristo.

5Ora io voglio ricordare a voi, che già conoscete tutte queste cose, che il Signore dopo aver salvato il popolo dalla terra d'Egitto, fece perire in seguito quelli che non vollero credere,6e che gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la propria dimora, egli li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno.7Così Sòdoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all'impudicizia allo stesso modo e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno.
8Ugualmente, anche costoro, come sotto la spinta dei loro sogni, contaminano il proprio corpo, disprezzano il Signore e insultano gli esseri gloriosi.9L'arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: 'Ti condanni il Signore'!10Costoro invece bestemmiano tutto ciò che ignorano; tutto ciò che essi conoscono per mezzo dei sensi, come animali senza ragione, questo serve a loro rovina.
11Guai a loro! Perché si sono incamminati per la strada di Caino e, per sete di lucro, si sono impegolati nei traviamenti di Balaàm e sono periti nella ribellione di Kore.12Sono la sozzura dei vostri banchetti sedendo insieme a mensa senza ritegno, pascendo se stessi; come nuvole senza pioggia portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto, due volte morti, sradicati;13come onde selvagge del mare, che schiumano le loro brutture; come astri erranti, ai quali è riservata la caligine della tenebra in eterno.
14Profetò anche per loro Ènoch, settimo dopo Adamo, dicendo: "Ecco, il Signore è venuto con le sue miriadi di angeli per far il giudizio contro tutti,15e per convincere tutti gli empi di tutte le opere di empietà che hanno commesso e di tutti gli insulti che peccatori empi hanno pronunziato contro di lui".16Sono sobillatori pieni di acredine, che agiscono secondo le loro passioni; la loro bocca proferisce parole orgogliose e adùlano le persone per motivi interessati.

17Ma voi, o carissimi, ricordatevi delle cose che furono predette dagli apostoli del Signore nostro Gesù Cristo.18Essi vi dicevano: "Alla fine dei tempi vi saranno impostori, che si comporteranno secondo le loro empie passioni".19Tali sono quelli che provocano divisioni, gente materiale, privi dello Spirito.

20Ma voi, carissimi, costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo,21conservatevi nell'amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna.22Convincete quelli che sono vacillanti,23altri salvateli strappandoli dal fuoco, di altri infine abbiate compassione con timore, guardandovi perfino dalla veste contaminata dalla loro carne.

24A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e nella letizia,25all'unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e sempre. Amen!


Capitolo XXX: Chiedere l’aiuto di Dio, nella fiducia di ricevere la sua grazia

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1. O figlio, io sono "il Signore, che consola nel giorno della tribolazione" (Na 1,7). Vieni a me, quando sei in pena. Quello che pone maggiore ostacolo alla celeste consolazione è proprio questo, che troppo tardi tu ti volgi alla preghiera. Infatti, prima di rivolgere a me intense orazioni, tu vai cercando vari sollievi e ti conforti in cose esteriori. Avviene così che nulla ti è di qualche giovamento, fino a che tu non comprenda che sono io la salvezza di chi spera in me, e che, fuori di me, non c'è aiuto efficace, utile consiglio, rimedio durevole.

Ora, dunque, ripreso animo dopo la burrasca, devi trovare nuovo vigore nella luce della mia misericordia. Giacché ti sono accanto, dice il Signore, per restaurare ogni cosa, con misura, non solo piena, ma colma.

C'è forse qualcosa che per me sia difficile; oppure somiglierò io ad uno che dice e non fa? Dov'è la tua fede? Sta saldo nella perseveranza; abbi animo grande e virilmente forte. Verrà a te la consolazione, al tempo suo. Aspetta me; aspetta: verrò e ti risanerò.

E' una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti atterrisce. A che serve la preoccupazione di quel che può avvenire in futuro, se non a far sì che tu aggiunga tristezza a tristezza? "Ad ogni giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). Vano e inutile è turbarsi o rallegrarsi per cose future, che forse non accadranno mai.

2. Tuttavia, è umano lasciarsi ingannare da queste fantasie; ed è segno della nostra pochezza d'animo lasciarsi attrarre tanto facilmente verso le suggestioni del nemico. Il quale non bada se ti illuda o ti adeschi con cose vere o false; non badare se ti abbatta con l'attaccamento alle cose presenti o con il timore delle cose future.

"Non si turbi dunque il tuo cuore, e non abbia timore" (Gv 14,27). Credi in me e abbi fiducia nella mia misericordia. Spesso, quando credi di esserti allontanato da me, io ti sono accanto; spesso, quando credi che tutto, o quasi, sia perduto, allora è vicina la possibilità di un merito più grande. Non tutto è perduto quando accade una cosa contraria. Non giudicare secondo il sentire umano. Non restare così schiacciato da alcuna difficoltà, da qualunque parte essa venga; non subirla come se ti fosse tolta ogni speranza di riemergere.

Non crederti abbandonato del tutto, anche se io ti ho mandato, a suo tempo, qualche tribolazione o se ti ho privato della sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel regno dei cieli. Senza dubbio, per te e per gli altri miei servi, essere provati dalle avversità è più utile che avere tutto a comando. Io conosco i pensieri nascosti; so che, per la tua salvezza, è molto bene che tu sia lasciato talvolta privo di soddisfazione, perché tu non abbia a gonfiarti del successo e a compiacerti di ciò che non sei. Quel che ho dato posso riprenderlo e poi restituirlo, quando mi piacerà. Quando avrò dato, avrò dato cosa mia; quando avrò tolto, non avrò tolto cosa tua; poiché mio è "tutto il bene che viene dato"; mio è "ogni dono perfetto" (Gc 1,17).

3.  Non indignarti se ti avrò mandato una gravezza o qualche contrarietà; né si prostri l'animo tuo: io ti posso subitamente risollevare, mutando tutta la tristezza in gaudio. Io sono giusto veramente, e degno di molta lode, anche quando opero in tal modo con te.

Se senti rettamente, se guardi alla luce della verità, non devi mai abbatterti così, e rattristarti, a causa delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e rendere grazie; devi anzi considerare gaudio supremo questo, che io non ti risparmi e che ti affligga delle sofferenze.

"Come il padre ha amato me, così anch'io amo voi" (Gv 15,9), dissi ai miei discepoli diletti. E, per vero, non li ho mandati alle gioie di questo mondo, ma a grandi lotte; non li ho mandati agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica, non a godere tranquillità, ma a dare molto frutto nella sofferenza.

Ricordati, figlio mio, di queste parole.


LIBRO QUINTO

La Trinità - Sant'Agostino

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Ciò che Agostino chiede a Dio, ciò che chiede ai lettori

1. 1. Incominciando ora a trattare di quelle cose che nessuno - almeno io no di certo - può esprimere in maniera adeguata a come le pensa - anche il nostro pensiero stesso si sente superato di molto, quando meditiamo su Dio Trinità, dall’oggetto cui si applica e non lo può attingere qual è, ma anzi, anche persone della grandezza dell’apostolo Paolo, come dice la Scrittura, lo vedono per specchio, in enigma 1 - è anzitutto al Signore Dio nostro, al quale sempre dobbiamo pensare senza potervi pensare degnamente, al quale, con la lode, è dovuta in ogni momento la benedizione 2, senza che vi sia parola capace di esprimerlo adeguatamente, che domando soccorso, per comprendere e spiegare ciò che mi propongo, e perdono per i miei eventuali errori. Tengo infatti ben presente non solo la mia intenzione, ma anche la mia debolezza. Anche ai miei lettori chiedo di scusarmi se si accorgeranno che non ho potuto esprimere, come avrei voluto, ciò che essi o comprendono meglio di me, o che l’oscurità del mio linguaggio li impedisce di comprendere; come io li scuso se è la loro lentezza di spirito che li impedisce di comprendere.

Dio è qualcosa di molto migliore di ciò che c’è di meglio in noi

1. 2. Ci perdoneremo più facilmente a vicenda se avremo compreso, o almeno avremo creduto con fermezza, che tutto ciò che si afferma della natura immutabile e invisibile, vita somma e che basta a se stessa, si ha da giudicare con misura diversa da quella costituita dalle consuete realtà visibili, mutevoli, mortali, miserabili. Noi ci affanniamo per farci una conoscenza scientifica di ciò che cade sotto i nostri sensi corporei e di ciò che noi siamo nella nostra vita interiore, e non ci riusciamo. Tuttavia non c’è arroganza, se nella ricerca del divino ed ineffabile che ci supera si infiamma la pietà sincera, non quella che si gonfia per la presunzione delle proprie forze, ma quella che si infiamma per la grazia dello stesso Creatore e Salvatore. Con quale intelletto infatti conosce Dio l’uomo che non conosce ancora il suo stesso intelletto con il quale vuol conoscere Dio? E se lo comprende avverta con diligenza che non c’è nella sua natura nulla di migliore e veda se scopre in esso lineamenti di forme, splendore di colori, grandezza spaziale, distanza di parti, estensione di una mole, spostamenti spaziali, o qualsiasi cosa di questo genere. Certamente non troviamo nulla di questo in ciò che vi è di migliore in noi, cioè nel nostro intelletto, con il quale attingiamo la sapienza, quanta ne siamo capaci. Ebbene ciò che non troviamo in ciò che vi è di migliore in noi, non dobbiamo cercarlo in Colui che è molto migliore di ciò che vi è di migliore in noi. Concepiamo dunque Dio, se possiamo, per quanto lo possiamo, buono senza qualità, grande senza quantità, creatore senza necessità, al primo posto senza collocazione, contenente tutte le cose ma senza esteriorità, tutto presente dappertutto senza luogo 3, sempiterno senza tempo, autore delle cose mutevoli pur restando assolutamente immutabile ed estraneo ad ogni passività. Chiunque concepisce Dio a questo modo, sebbene non possa ancora scoprire perfettamente ciò che è, evita almeno con pia diligenza, per quanto può, di attribuirgli ciò che non è 4.

Dio è l’Essere

2. 3. Dio è tuttavia senza alcun dubbio sostanza, o, se il termine è più proprio, essenza, che i Greci chiamano . Come infatti dal verbo sapere si è fatto derivare sapientia, da scire scientia, dal verbo esse si è fatto derivare essentia 5. E chi è dunque più di Colui che ha dichiarato al suo servo Mosè: Io sono colui che sono 6. Dirai ai figli di Israele: Colui che è, mi ha mandato a voi 7? Ma tutte le altre essenze o sostanze che conosciamo, comportano degli accidenti, da cui derivano ad esse trasformazioni grandi o piccole. Dio però è estraneo a tutto questo e perciò vi è una sola sostanza immutabile o essenza, che è Dio, alla quale conviene nel senso più forte e più esatto, questo essere dal quale l’essenza deriva il suo nome. Perché ciò che muta non conserva l’essere, e ciò che può mutare, anche se di fatto non muta, può non essere ciò che era. Perciò solo ciò che, non soltanto non muta, ma soprattutto non può assolutamente mutare, merita senza riserve ed alla lettera il nome di essere.

L’argomentazione degli Ariani

3. 4. Cominciamo dunque a rispondere agli avversari della nostra fede anche su queste questioni in cui né l’espressione eguaglia il pensiero, né il pensiero la realtà. Fra i tanti argomenti che gli Ariani sogliono contrapporre alla fede cattolica ve n’è uno che essi sembrano considerare come l’espediente più ingegnoso. È quando dicono: "Quanto si enuncia o si pensa di Dio, si predica non in senso accidentale, ma in senso sostanziale. Perciò il Padre possiede l’attributo di ingenerato secondo la sostanza, come anche il Figlio possiede secondo la sostanza l’attributo di generato. Ma non è la stessa cosa essere ingenerato ed essere generato. Di conseguenza la sostanza del Padre e la sostanza del Figlio sono differenti" 8. Noi rispondiamo: "Se tutto ciò che si predica di Dio, si predica secondo la sostanza, allora l’affermazione: Io e il Padre siamo una cosa sola 9, riguarda la sostanza. Perciò unica è la sostanza del Padre e del Figlio". Ovvero, se questa affermazione non concerne la sostanza, allora c’è qualcosa che non si attribuisce a Dio secondo la sostanza e non siamo più obbligati ad intendere in senso sostanziale "ingenerato" e "generato". Similmente si afferma del Figlio: Non stimò una rapina essere uguale a Dio 10; uguale in qual senso? chiediamo. Infatti se non è detto uguale in senso sostanziale, essi ammettono che non tutto ciò che si predica di Dio concerne la sostanza. Ammettano allora che "ingenerato" e "generato" non si debbano intendere secondo la sostanza. Se non lo ammettono, perché pretendono che tutto ciò che si attribuisce a Dio ha valore sostanziale, allora il Figlio è uguale al Padre secondo la sostanza.

La mutazione è essenziale ad ogni accidente

4. 5. Accidente designa ordinariamente una realtà che una mutazione nella cosa cui appartiene può far scomparire. Certo vi sono degli accidenti, come si dice, inseparabili, i Greci li chiamano come il colore nero delle piume del corvo, tuttavia esse perdono il colore, non fino a quando sono piume, ma perché cessano di essere piume. Ecco perché la stessa materia è soggetta al mutamento e per il fatto che cessa di esistere quell’animale o quella piuma e quel corpo tutto intero si muta e converte 11 in terra, essa perde evidentemente anche quel colore. Certo anche l’accidente che si chiama separabile scompare non per separazione, ma per mutazione. Così, ad esempio, il nero dei capelli umani, poiché i capelli possono incanutire, si chiama accidente separabile. Ma per gli osservatori attenti appare sufficientemente evidente che non vi è separazione, come se qualche cosa emigrasse dalla testa che incanutisce, in modo tale che il nero si ritiri e se ne vada altrove per lasciar posto al bianco, ma che qui c’è proprio un mutamento ed una trasformazione della qualità del colore. Perciò nulla è accidente in Dio, perché in lui nulla vi è che possa mutare e che possa scomparire. Se poi si vuole chiamare accidente anche ciò che, sebbene non scompaia, tuttavia diminuisce e si accresce, come la vita dell’anima - per tutto il tempo infatti che l’anima esiste, vive, e poiché l’anima esiste sempre, sempre essa vive; ma essa vive più intensamente quando è saggia, meno finché è insipiente, ed è questo una specie di mutamento, che non fa cessare la vita, come all’insensato viene a mancare il buon senso, ma la diminuisce - nemmeno qualcosa di questo genere accade in Dio, perché egli rimane assolutamente immutabile.

 

Le relazioni divine

5. 6. Dunque in Dio nulla ha significato accidentale, perché in lui non vi è accidente, e tuttavia non tutto ciò che di lui si predica, si predica secondo la sostanza. Nelle cose create e mutevoli, ciò che non si predica in senso sostanziale, non può venir predicato che in senso accidentale. In esse è accidente tutto ciò che può scomparire o diminuire: le dimensioni, le qualità e le relazioni, come le amicizie, parentele, servitù, somiglianze, uguaglianze e le altre cose di questo genere; la posizione, il modo di essere, lo spazio e il tempo, l’azione e la passione 12. Ma in Dio nulla si predica in senso accidentale, perché in Lui nulla vi è di mutevole; e tuttavia non tutto ciò che si predica, si predica in senso sostanziale. Infatti si parla a volte di Dio secondo la relazione 13; così il Padre dice relazione al Figlio e il Figlio al Padre, e questa relazione non è accidente, perché l’uno è sempre Padre, l’altro sempre Figlio. Sempre non nel senso che il Padre non cessi di essere Padre dal momento della nascita del Figlio, o perché da questo momento il Figlio non cessa mai di essere Figlio, ma nel senso che il Figlio è nato da sempre e non ha mai cominciato ad essere Figlio. Perché se avesse cominciato in un certo tempo ad essere Figlio, ed un giorno cessasse di esserlo, questa sarebbe una denominazione accidentale. Se invece il Padre fosse chiamato Padre in rapporto a se stesso e non in relazione al Figlio, e se il Figlio fosse chiamato Figlio in rapporto a se stesso e non in relazione al Padre, l’uno sarebbe chiamato Padre, l’altro Figlio in senso sostanziale. Ma poiché il Padre non è chiamato Padre se non perché ha un Figlio ed il Figlio non è chiamato Figlio se non perché ha un Padre, queste non sono denominazioni che riguardano la sostanza. Né l’uno né l’altro si riferisce a se stesso, ma l’uno all’altro e queste sono denominazioni che riguardano la relazione e non sono di ordine accidentale, perché ciò che si chiama Padre e ciò che si chiama Figlio è eterno ed immutabile. Ecco perché, sebbene non sia la stessa cosa essere Padre ed essere Figlio, tuttavia la sostanza non è diversa, perché questi appellativi non appartengono all’ordine della sostanza, ma della relazione; relazione che non è un accidente, perché non è mutevole.

 

Argomentazione degli Ariani sulla voce "Ingenerato"

6. 7. Gli Ariani credono di controbattere queste argomentazioni nel modo seguente: Padre è una denominazione relativa al Figlio, e Figlio al Padre, ma "ingenerato" e "generato" non implicano alcuna relazione; si dicono invece in rapporto a se stessi. Infatti dire "ingenerato" non è la stessa cosa che dire "Padre", perché anche se non avesse generato il Figlio, nulla impedirebbe di chiamarlo ingenerato, e quando qualcuno genera un figlio non per questo è egli stesso ingenerato. Generati da altri uomini, gli uomini ne generano essi stessi degli altri. Dicono dunque: "Padre" è un nome relativo al Figlio, e "Figlio" un nome relativo al Padre, ma "ingenerato" è un nome assoluto, come pure "generato". Perciò, se ogni nome assoluto concerne la sostanza e d’altra parte non è la stessa cosa essere ingenerato ed essere generato, ne consegue che la sostanza è diversa. Quando parlano così non comprendono che fanno sull’"ingenerato" un’asserzione che richiede un esame più attento. Infatti non perché uno è ingenerato è per questo padre, né perché padre è per questo ingenerato, e perciò si ritiene che "ingenerato" non ha senso relativo, ma assoluto. Non avvertono a causa di uno straordinario accecamento che "generato" invece non può non avere un senso relativo. Perciò è chiaro che uno è figlio perché generato, e generato perché figlio. Ma come figlio dice relazione a padre, così generato a genitore, e come padre dice relazione a figlio, così genitore a generato. Dunque genitore e ingenerato sono due concetti distinti. Certo l’uno e l’altro appellativo è attribuito a Dio Padre: tuttavia l’uno è relativo al generato, cioè al Figlio, cosa che nemmeno gli Ariani negano, l’altro - "ingenerato" - è assoluto, come essi affermano. Perciò dicono: "Se è attribuita al Padre una denominazione di ordine assoluto, che non può essere attribuita in senso assoluto al Figlio, e d’altra parte ogni denominazione assoluta concerne la sostanza, poiché "ingenerato", appellativo che non si può applicare al Figlio, ha senso assoluto, ne consegue che "ingenerato" si dice in senso sostanziale, e così il Figlio, perché non si può chiamare ingenerato, non è della stessa sostanza" 14. Ecco come si risponde a questa argomentazione astuta per costringerli a dire in che cosa il Figlio sia uguale al Padre: è uguale per ciò che è in senso assoluto o per la relazione al Padre? Ora non è uguale in quanto dice relazione al Padre, perché figlio è un termine relativo a padre, ma il padre non è figlio, bensì padre. Infatti padre e figlio non sono dei correlativi, come amici o vicini. Si parla di amico in relazione ad un amico e, se i due si amano ugualmente, l’amicizia è identica in ambedue. Così pure si parla di vicino in relazione ad un vicino; e, poiché i vicini sono ugualmente vicini tra loro (perché l’uno è tanto vicino all’altro, quanto questo a quello) la vicinanza è identica in ambedue. Ma figlio non dice relazione al figlio, ma ad un padre e perciò non è nel senso della sua relazione al Padre che il Figlio è uguale al Padre. Il Figlio dunque non può essere uguale che in senso assoluto. Ma tutto ciò che si afferma in senso assoluto concerne la sostanza; perciò l’uguaglianza del Figlio non può essere che di ordine sostanziale. Dunque il Padre ed il Figlio sono di una stessa sostanza. Ma quando si dice che il Padre è ingenerato, non si designa ciò che è, bensì ciò che non è 15, mentre la negazione del relativo non è una negazione di ordine sostanziale, perché il relativo non concerne la sostanza.

 

La negazione non muta il predicamento

7. 8. Ciò apparirà più chiaro con alcuni esempi. Anzitutto occorre osservare che "generato" ha lo stesso senso di "figlio". Infatti uno è figlio perché generato e generato perché figlio. Di conseguenza, quando si dice "ingenerato" si nega che sia figlio. Ma "generato" e "ingenerato" sono parole correnti, mentre in latino, se c’è il termine filius, il linguaggio usuale non autorizza la parola infilius. Tuttavia si conserva integro il senso se si dice: non filius, come pure se si dice: non genitus; dato che "ingenerato" non significa altro che "non generato". Allo stesso modo "vicino" ed "amico" sono termini ugualmente relativi, ma non si può tuttavia dire: invicinus, come si dice: inimicus. Perciò nelle cose non bisogna badare a ciò che permette o non permette l’uso del nostro linguaggio, ma quale senso riflettano le cose stesse. Non diciamo qui, dunque, "ingenerato" benché il latino lo permetta, ma in suo luogo diciamo: "non generato", che ha lo stesso senso. Ma allora non è lo stesso che dire "non figlio"? Premettere la particella negativa non conferisce un senso sostanziale a un termine che, privo di essa, ha un senso relativo. Si nega soltanto ciò che senza di essa veniva affermato, come negli altri predicamenti. Quando diciamo, per esempio, "È un uomo", designiamo la sostanza. Chi dice dunque: "Non è un uomo" non enuncia un’altra specie di predicamento, ma soltanto nega il medesimo. Come ha un senso sostanziale la mia affermazione: "È un uomo", ha un senso sostanziale la mia negazione, quando dico: "Non è un uomo". E se qualcuno mi chiede la statura di quest’uomo e rispondo: Quadripedalis, cioè "quattro piedi", la mia affermazione concerne la quantità, e chi dice: "Non è di quattro piedi", la sua negazione concerne la quantità. "È bianco" è un’affermazione che si riferisce alla qualità; "Non è bianco" è una negazione che riguarda la qualità. "È vicino", è un’affermazione di relazione; "Non è vicino" è una negazione di relazione. È la posizione che affermo, quando dico: "Giace"; ed è la posizione che nego quando dico: "Non giace". È la maniera esteriore di essere che affermo, quando dico: "È armato"; è questa maniera di essere che nego, quando dico: "Non è armato"; ed è la stessa cosa se dico: "È inerme". Quando dico: "È di ieri", affermo il tempo; nego il tempo quando dico: "Non è di ieri". E quando dico: "È a Roma", la mia affermazione riguarda il luogo, e la mia negazione si riferisce al luogo quando dico: "Non è a Roma". Parlo dell’azione quando affermo: "Percuote"; e pure dell’azione nella negazione: "Non percuote", per dire che non fa questo. Infine, quando dico: "È percosso", chiamo in causa il predicamento detto passione, ed escludo questo stesso predicamento dicendo: "Non è percosso". E così non c’è alcun tipo di predicamento riferendoci al quale noi vogliamo formulare un’affermazione, senza che siamo costretti a negare nei termini dello stesso predicamento, se noi vogliamo far uso, preponendola, della particella negativa 16. Stando così le cose 17, se mi riferisco alla sostanza quando dico "Figlio", alla sostanza si riferisce la mia negazione quando dico: "Non figlio". Ma poiché alla relazione si riferisce la mia affermazione, quando dichiaro: "È figlio", perché dice relazione ad un padre, la mia negazione ha pure un senso relativo quando dirò: "È non figlio", perché lo riferisco al Padre, volendo dimostrare che non ha un padre. Ma se dire figlio ha lo stesso senso che dire "generato", come abbiamo detto prima, dire "non generato" ha lo stesso senso che dire "non figlio". Ora ha un senso negativo la nostra negazione: "Non figlio"; dunque anche la nostra negazione: "Non generato". Ma "ingenerato" è una cosa diversa da "non generato"? Non si esce dunque dal predicamento della relazione quando si dice "ingenerato". Il termine "generato" non si rapporta al soggetto in se stesso, ma significa che esso ha origine dal genitore; così quando si dice "ingenerato", non si indica un rapporto al soggetto in se stesso, ma si vuole dire che questo non ha un genitore. Ora tuttavia tutte e due le espressioni appartengono al medesimo predicamento, quello chiamato relazione. Ora un termine relativo non significa la sostanza. Di conseguenza, nonostante la diversità di "generato" e "ingenerato", essi non indicano una diversità di sostanza, perché, come "figlio" si riferisce a "padre", e "non-figlio" a "non-padre", così "generato" dice relazione necessariamente a "genitore" e "non-generato" a "non-genitore".

 

Alcuni attributi si applicano a Dio in senso sostanziale, altri in senso relativo, altri in senso figurato

8. 9. Pertanto teniamo anzitutto ben fermo questo: tutto ciò che a quella eccelsa e divina sublimità si attribuisce in senso assoluto ha significato sostanziale; ciò che si attribuisce nel senso della relazione 18 non concerne la sostanza, ma la relazione. Teniamo ben fermo anche che nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo l’identità di sostanza è talmente potente che tutto ciò che si attribuisce a ciascuno di essi in senso assoluto va inteso non al plurale collettivo, ma al singolare. Così il Padre è Dio, anche il Figlio è Dio, ugualmente lo Spirito Santo è Dio, e questo è un appellativo di ordine sostanziale, nessuno ne dubita; tuttavia non sono tre dèi, ma noi diciamo che la eccelsa Trinità è un Dio solo. Così il Padre è grande, grande è il Figlio, grande anche lo Spirito Santo; né tuttavia vi sono tre grandi, ma un solo grande. Non è infatti soltanto del Padre, come gli Ariani ritengono a torto, ma del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo che è stato scritto: Tu sei il solo Dio, grande 19. Così pure il Padre è buono, il Figlio è buono, lo Spirito Santo è buono; ma non vi sono tre buoni, bensì un solo buono, del quale la Scrittura dice: Nessuno è buono se non Dio 20. Infatti il Signore Gesù per non essere considerato soltanto un uomo da colui che si era rivolto a lui come ad un uomo, invocandolo: Maestro buono 21, non disse: "Nessuno è buono, se non il Padre solo", ma: Nessuno è buono, se non Dio solo. Perché nel nome "Padre" è designato il Padre personalmente, ma nel nome di Dio è designato Lui e il Figlio e lo Spirito Santo, perché la Trinità è un Dio solo. Invece la posizione, il modo di essere, il luogo, il tempo non si predicano di Dio in senso proprio, ma in senso figurato e metaforico. Così si dice che sta seduto sui Cherubini 22, facendo riferimento alla posizione; vestito dell’abisso come di un abito 23, facendo riferimento al modo di essere; è detto inoltre: I tuoi anni non avranno fine 24, espressione che si riferisce al tempo; ed anche: Se salirò al cielo, lassù sei 25, e questo si riferisce al luogo. Per quanto riguarda l’azione, forse essa si predica solo di Dio in senso pienamente vero; solo Dio infatti fa, senza essere fatto lui stesso, né subisce nulla nella sua sostanza in virtù della quale è Dio. Perciò: "Il Padre è onnipotente, il Figlio è onnipotente, lo Spirito Santo è onnipotente: tuttavia non vi sono tre onnipotenti, ma un solo Onnipotente, dal quale, per mezzo del quale, per il quale sono tutte le cose; a Lui la gloria 26". Dunque tutto ciò che si attribuisce a Dio in senso assoluto, si attribuisce con tre affermazioni ad ogni singola Persona, cioè al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, e nello stesso tempo alla Trinità stessa; non al plurale, ma al singolare. E questo perché per Dio essere ed essere grande non sono cosa diversa, ma per Lui essere ed essere grande sono la stessa cosa. Perciò, come non parliamo di tre essenze, non parliamo di tre grandezze, ma di una sola essenza e d’una sola grandezza. Dico "essenza" per esprimere ciò che in greco si dice , ma noi usiamo più correntemente il termine "sostanza".

 

Un’essenza, tre Persone

8. 10. I Greci usano anche la parola , ma ignoro che differenza pongano tra e , e la maggior parte di coloro che fra noi trattano di queste cose, in greco dicono abitualmente: , , in latino: unam essentiam, tres substantias.

9. 10. Ma poiché presso di noi il linguaggio parlato ha fatto sì che la parola essenza significhi la stessa cosa che la parola sostanza, non osiamo dire: "un’essenza, tre sostanze", ma: "un’essenza o sostanza e tre persone". Di questa formula molti latini che hanno trattato di queste questioni e meritano credito hanno fatto uso, non trovando un’espressione più appropriata per esprimere con parole ciò che concepivano senza parole. In effetti, poiché il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, e lo Spirito Santo, che è anche chiamato dono di Dio 27, non è né il Padre né il Figlio, sono tre evidentemente, per questo la Scrittura dice al plurale: Io e il Padre siamo una sola cosa 28. Non disse infatti: "è una sola cosa", come pretendono i Sabelliani 29, ma: siamo una sola cosa. Tuttavia se si chiede che cosa sono questi Tre, dobbiamo riconoscere l’insufficienza estrema dell’umano linguaggio. Certo si risponde: "tre persone", ma più per non restare senza dir nulla, che per esprimere quella realtà.

 

In Dio non ci sono tre grandezze, né tre grandi

10. 11. Dunque, come non diciamo tre essenze, così non diciamo tre grandezze, né tre grandi. Infatti nelle cose che sono grandi per partecipazione alla grandezza e per le quali essere ed essere grandi non è la stessa cosa, come: una grande casa, una grande montagna, un grande spirito; in queste cose altro è la grandezza, altro ciò che la grandezza rende grande; una grande casa non è evidentemente la grandezza. Ma la vera grandezza è quella che non solo rende grande una casa che è grande, grande ogni montagna che è grande, ma quella che fa grande tutto ciò che è grande, in modo che una cosa sia la grandezza, un’altra ciò che per essa riceve l’attributo di grande. Questa grandezza è grande originariamente e molto superiore a ciò che è grande perché ad essa partecipa. Dio non è grande di una grandezza che sia altra cosa che Lui stesso, come se Dio ad essa partecipasse per essere grande. Altrimenti quella grandezza sarebbe più grande di Dio, mentre non c’è nulla che sia più grande di Dio. Perciò Egli è grande di quella grandezza che fa di Lui la stessa grandezza. Perciò, come non diciamo tre essenze, così non diciamo tre grandezze, perché per Dio essere è la stessa cosa che essere grande. Per la stessa ragione non diciamo tre grandi, ma un solo grande, perché Dio non è grande per la partecipazione alla grandezza, ma è grande perché è Lui stesso grande, dato che egli è la sua stessa grandezza. Altrettanto si deve dire della bontà, dell’eternità, dell’onnipotenza, di tutti i predicamenti che si possono applicare a Dio e che abbiano significato assoluto e si applichino in senso proprio, non figurato e metaforico; ammesso però che la bocca dell’uomo possa dire di Lui qualcosa in senso proprio.

 

Gli attributi relativi nella Trinità

11. 12. Invece le attribuzioni fatte in senso proprio a ogni singola persona della Trinità non riguardano aspetti assoluti, ma concernono le relazioni delle Persone tra loro o con le creature, e perciò si predicano in senso relativo, non in senso sostanziale. Nel senso in cui la Trinità si dice un solo Dio, grande, buono, eterno, onnipotente, nel senso in cui Dio può dirsi la sua stessa deità, la sua stessa grandezza, la sua stessa Trinità, la sua stessa onnipotenza, non può invece la Trinità dirsi Padre se non forse in senso traslato, rispetto alle creature a motivo della filiazione adottiva. Infatti il testo biblico: Ascolta, Israele, il Signore Dio tuo è l’unico Signore 30, non deve intendersi escludendo il Figlio e lo Spirito Santo. E questo unico Signore nostro Dio lo chiamiamo giustamente anche nostro Padre 31, in quanto ci rigenera con la sua grazia. Al contrario la Trinità non si può chiamare Figlio in alcun modo 32. Quanto a Spirito Santo è un’espressione che si può prendere in senso generale, come nella Scrittura: Dio è Spirito 33, perché anche il Padre è Spirito, anche il Figlio è Spirito, come pure anche il Padre è santo, anche il Figlio è santo. Perciò il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, poiché sono un Dio solo, e Dio è santo e Dio è Spirito, si possono chiamare Trinità e Spirito Santo 34. Ma tuttavia lo Spirito Santo, non nel senso della Trinità ma di una persona della Trinità, quando si chiama Spirito Santo per distinguerlo dalle altre Persone, si intende relativamente, riferendolo al Padre e al Figlio, perché lo Spirito Santo è Spirito del Padre e del Figlio 35. La relazione stessa però non appare in questo nome, appare invece nell’appellativo dono di Dio 36. Infatti è un dono sia del Padre che del Figlio, perché procede dal Padre 37, come dice il Signore, e ciò che afferma l’Apostolo: Chi non ha lo Spirito di Cristo, non è di lui 38, concerne certamente lo Spirito Santo. Così quando diciamo: "dono del donatore", e: "donatore del dono", usiamo l’una e l’altra espressione in senso reciprocamente relativo. Lo Spirito Santo è dunque una specie di ineffabile comunione tra il Padre ed il Figlio, e forse è chiamato così proprio perché questa stessa denominazione può convenire al Padre e al Figlio. Infatti per lui è nome proprio quello che per gli altri è nome comune, perché anche il Padre è spirito, e spirito è anche il Figlio, anche il Padre è santo e santo anche il Figlio. Affinché dunque una denominazione, che conviene ad ambedue, indichi la loro reciproca comunione, si chiama Spirito Santo il dono di entrambi. Ecco la Trinità, Dio unico e solo, buono, grande, eterno, onnipotente: Lui stesso la sua unità, la sua divinità, la sua grandezza, la sua bontà, la sua eternità, la sua onnipotenza.

 

Per esprimere la relazione mutua talvolta manca il vocabolo correlativo

12. 13. Non c’è da sorprendersi che lo Spirito Santo, non inteso come la stessa Trinità, ma in senso relativo come una persona della Trinità, non abbia il suo vocabolo correlativo. Noi infatti diciamo servo del padrone e padrone del servo, figlio del padre e padre del figlio, perché questi sono termini correlativi. Ma in questo caso non possiamo esprimerci così. Diciamo infatti Spirito Santo del Padre 39, ma non in senso inverso Padre dello Spirito Santo, perché non si creda che lo Spirito Santo è figlio di Lui. Così pure diciamo Spirito Santo del Figlio 40, ma non diciamo Figlio dello Spirito Santo, affinché non si consideri lo Spirito Santo padre di lui. In molti relativi accade di non trovare alcun termine che esprima il legame reciproco delle realtà relative. C’è per caso un termine più chiaramente relativo di pegno? Un pegno si riferisce evidentemente alla cosa di cui è pegno, e il pegno è sempre pegno di qualche cosa. Ora se noi diciamo pegno del Padre e del Figlio 41, possiamo anche dire inversamente Padre del pegno e Figlio del pegno? Altrettanto quando diciamo del Padre e del Figlio, certo non possiamo dire Padre del dono e Figlio del dono, ma perché vi sia una corrispondenza reciproca diciamo dono del donatore e donatore del dono; in questo caso infatti si può trovare un’espressione corrente; nell’altro caso, no.

 

Senso relativo del termine "principio" applicato alla Trinità

13. 14. Dunque il Padre è chiamato così in senso relativo, pure in senso relativo è chiamato principio o forse con un altro nome. Ma lo si chiama Padre in relazione al Figlio, principio invece in rapporto a tutto ciò che da lui proviene. Come pure il Figlio si chiama così in senso relativo ed in senso relativo si chiama Verbo o Immagine. Tutti questi termini implicano relazione al Padre, perciò nessuno di essi si applica al Padre. Il Figlio si chiama anche principio. Infatti alla domanda: Tu chi sei? rispose: Il principio, io che parlo a voi 42. Ma è per caso il principio del Padre? Evidentemente dicendo di essere principio ha voluto rivelarsi quale Creatore, proprio come principio delle creature è il Padre, in quanto tutte le creature da Lui ricevono l’essere. Creatore dice relazione alla creatura, come padrone a servo. Così quando noi chiamiamo il Padre principio 43, e principio il Figlio 44, non intendiamo dire che vi siano due principi della creazione, perché il Padre e il Figlio in ordine alla creazione sono insieme un solo principio, un Creatore unico 45 ed un Dio unico. Ma se tutto ciò che rimanendo in se stesso genera o fa qualcosa è principio per quella cosa che genera o fa, non possiamo negare che sia esatto chiamare principio anche lo Spirito Santo, in quanto non gli rifiutiamo l’appellativo di Creatore e la Scrittura afferma di lui che opera 46, ed opera rimanendo in se stesso: egli infatti non si trasforma e converte 47 in alcuna delle cose che opera. Osserva quali sono le cose che opera: La manifestazione dello Spirito Santo, dice la Scrittura, è data a ciascuno per l’utilità comune. Infatti dallo Spirito ad uno è dato il linguaggio della sapienza, ad un altro il linguaggio della scienza, secondo il medesimo Spirito; ad un altro la fede nel medesimo Spirito Santo; ad un altro il dono delle guarigioni, nell’unico Spirito; ad uno il dono di operare miracoli, ad un altro la profezia; ad uno il discernimento degli spiriti; ad un altro le diversità delle lingue; ad un altro l’interpretazione delle lingue. Ora tutte queste cose le compie un solo e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno in particolare come vuole 48, cioè come Dio vuole, perché chi è capace di operare tante meraviglie, se non Dio? È uno stesso Dio che opera tutto in tutti 49. Del resto se ci si interroga sullo Spirito Santo singolarmente, rispondiamo con tutta verità che è Dio e un solo Dio 50, con il Padre e il Figlio. Perciò in rapporto alla creatura Dio è considerato un principio unico, non due o tre princìpi.

 

Il Padre e il Figlio principio dello Spirito Santo

14. 15. Nella mutua relazione all’interno della Trinità, se chi genera è principio in rapporto a ciò che egli genera, il Padre è principio in rapporto al Figlio, perché lo genera. Ma non è questione di poco conto chiarire se il Padre sia principio ugualmente in rapporto allo Spirito Santo, perché la Scrittura dice dello Spirito Santo: Procede dal Padre 51. Se infatti lo è, il Padre non è più soltanto principio di ciò che genera o fa, ma anche di ciò che Egli dà. E qui si trova un po’ di luce sulla questione che suole preoccupare molti, cioè: perché anche lo Spirito Santo non è figlio, dato che anch’egli esce dal Padre, come si legge nel Vangelo 52? Certo egli esce dal Padre, ma come dono, non come nato e perciò non si chiama figlio perché né è nato come l’Unigenito, né è stato fatto, come noi, per nascere in virtù della grazia quali figli adottivi 53. Ciò che è nato dal Padre dice relazione, secondo l’espressione "Figlio", solo al Padre e perciò si tratta del Figlio del Padre e non anche nostro 54. Ma ciò che è stato dato, dice relazione a Colui che ha dato e a coloro ai quali l’ha dato. Per questo lo Spirito Santo è detto non soltanto Spirito del Padre e del Figlio, che lo hanno dato, ma anche nostro, perché lo abbiamo ricevuto 55. Altrettanto la salvezza si dice: Salvezza del Signore 56, per indicare Lui, e: salvezza nostra 57, per indicare noi che la riceviamo. Lo Spirito è dunque Spirito di Dio, perché lo ha dato, e nostro perché lo abbiamo ricevuto. Ma non si tratta dello spirito che è fonte della nostra esistenza, spirito proprio all’uomo 58 ed a lui immanente, ma quello Spirito è nostro in altra maniera, nel senso in cui diciamo anche: Dacci il pane nostro 59. È vero che abbiamo ricevuto anche quello spirito, considerato come proprio dell’uomo: Che hai, dice l’Apostolo, che non abbia ricevuto? 60. Ma una cosa è ciò che abbiamo ricevuto per farci essere, un’altra ciò che abbiamo ricevuto per farci essere santi. Perciò di Giovanni la Scrittura ha detto che doveva venire nello spirito e nella forza di Elia 61. È detto lo spirito di Elia, cioè si tratta dello Spirito Santo che Elia ricevette. In questo stesso senso si deve intendere ciò che a proposito di Mosè dice il Signore: Prenderò dello spirito che è sopra di te e lo metterò su di loro 62. Cioè darò ad essi dello Spirito Santo che ho già dato a te. Dunque, se ciò che è dato ha come principio Colui che lo dà, perché questi non ha ricevuto da altri ciò che procede da Lui, bisogna ammettere che il Padre e il Figlio sono un solo principio dello Spirito Santo, non due princìpi; come il Padre ed il Figlio sono un solo Dio e nei riguardi della creazione un solo Creatore ed un solo Signore, così riguardo allo Spirito Santo sono un solo principio, e in rapporto alle creature il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo principio, come sono un solo Creatore ed un solo Signore.

 

Lo Spirito Santo era dono anche prima di essere dato?

15. 16. Ma, per penetrare più in profondità ci si chiede se, come il Figlio deve alla sua nascita non solo di essere Figlio, ma di essere semplicemente, così lo Spirito Santo debba al fatto di essere dato non soltanto l’essere dono, ma l’essere semplicemente, e se di conseguenza fosse prima di essere dato, ma senza essere dono, oppure se per il fatto stesso che Dio l’avrebbe dato, fosse già dono prima di essere dato. Ma se non procede che quando è dato e non procederebbe certo prima che esista qualcuno al quale darlo, come poteva egli esistere sostanzialmente, se non a condizione di essere dato, come il Figlio deve alla sua nascita non solo l’essere figlio, appellativo che appartiene all’ordine della relazione, ma l’essere sostanzialmente? O forse lo Spirito Santo procede sempre e non nel tempo, ma dall’eternità? Ma allora, poiché procedeva per essere dato, era già dono, prima che esistesse qualcuno al quale darlo 63? Infatti una cosa si intende quando si dice "dono", un’altra quando si dice "donato". Perché vi può essere un dono anche prima che sia stato donato, ma non si può parlare assolutamente di "donato", senza che il dono sia stato effettivamente fatto 64.

 

Gli attributi divini improntati al tempo non sono accidentali, suppongono la mutazione nelle creature, non in Dio

16. 17. Né deve creare difficoltà il fatto che, pur essendo lo Spirito Santo coeterno al Padre e al Figlio, gli si attribuisce qualche appellativo legato al tempo, come appunto quello di "donato" 65. Infatti lo Spirito è eternamente dono, ma temporalmente donato. Se uno non si chiama padrone che dal momento in cui ha un servo, anche questa denominazione relativa di signore è applicata a Dio sul piano del tempo; infatti la creatura di cui Dio è Signore non è eterna. Allora come proveremo che nemmeno questi relativi sono degli accidenti, in quanto nulla di temporale può esistere in Dio, che non è mutevole, come l’abbiamo dimostrato all’inizio di questa discussione? Ebbene Dio non è eternamente Signore, altrimenti saremmo obbligati ad ammettere anche l’eternità della creatura, perché Egli non dominerebbe eternamente, se questa eternamente non lo servisse; come non c’è servo senza padrone, così non c’è padrone senza servo. Qualcuno potrà dire che senza dubbio Dio solo è eterno, che i tempi invece non sono eterni per la loro instabilità e mutevolezza; ma i tempi non hanno cominciato nel tempo (perché non c’era tempo prima che cominciassero i tempi; di conseguenza non è accaduto nel tempo a Dio di essere signore, perché era Signore dei tempi, che certamente non hanno cominciato nel tempo). Ma che risponderà questi a proposito dell’uomo? L’uomo infatti è stato creato nel tempo e Dio non era evidentemente suo Signore prima che esistesse appunto l’uomo di cui Dio fosse il Signore. Certamente che Dio sia il Signore dell’uomo, gli è accaduto nel tempo e, per chiudere, sembra, ogni controversia, è accaduto a Dio nel tempo di essere tuo Signore o mio, perché noi esistiamo da poco. Ma se anche questo, a causa dell’oscurità del problema dell’anima, appare incerto, che dire di Dio come Signore del popolo di Israele? Supponendo anche che la realtà dell’anima esistesse già, anima che quel popolo possedeva - lasciamo da parte per il momento questa questione - certo quel popolo non esisteva ancora e si sa in quale momento ha incominciato ad esistere. Infine è accaduto nel tempo a Dio di essere Signore di questo albero e di questa messe, che hanno cominciato ad esistere da poco. Perché, sebbene la materia stessa esistesse già, una cosa è essere signore della materia, un’altra essere signore della materia formata. Anche l’uomo d’altra parte è proprietario del legno in un determinato momento, ed in un altro momento è proprietario dell’armadio, sebbene questo sia stato fabbricato con quel legno e così acquista un attributo che non aveva quand’era solamente padrone del legno. Come proveremo dunque che nulla di accidentale si predica di Dio? Soltanto affermando che la sua natura sfugge a tutto ciò che potrebbe modificarla, mentre gli accidenti relativi sono quelli che implicano una mutazione nella cosa della quale si predicano. Così amico è una denominazione relativa. Non si incomincia ad essere amici, se non quando si incomincia ad amare; si produce dunque una mutazione della volontà, perché si possa parlare di amico. Ma una moneta dice relazione quando la si chiama prezzo; questa moneta però non è cambiata diventando prezzo; nemmeno muta quando viene chiamata pegno o qualche altra cosa di simile. Ebbene se una moneta senza mutare in alcun modo può assumere tante volte una denominazione relativa, senza che, ricevendola o perdendola, il suo essere o la sua forma di moneta sia modificata, con quanta maggiore facilità dobbiamo ammettere, nei riguardi della immutabile sostanza di Dio, che essa possa ricevere una denominazione relativa alla creazione senza con questo intendere che vi sia stata qualche mutazione nella sostanza di Dio, ma invece nella creatura che è il termine di questa relazione? La Scrittura dice: Signore, tu sei divenuto il nostro rifugio 66. Il Signore è detto nostro rifugio in senso relativo; infatti si riferisce a noi e Dio diviene nostro rifugio, quando ci rifugiamo in lui. Ma si produce allora nel suo essere qualcosa che non c’era prima che ci rifugiassimo in lui? È in noi dunque che avviene un cambiamento: infatti eravamo peggiori prima che ci rifugiassimo in lui, e rifugiandoci in lui diventiamo migliori, ma in lui non avviene alcun cambiamento. Così egli comincia ad essere nostro Padre quando siamo rigenerati per mezzo della sua grazia, perché ci ha dato il potere di divenire figli di Dio 67. Il nostro essere si cambia dunque in meglio, quando diventiamo suoi figli; nello stesso tempo anche lui comincia ad essere nostro Padre, ma senza alcuna modificazione del suo essere. Gli appellativi di origine temporale che si applicano a Dio e che prima non si predicavano in lui, hanno chiaramente un senso relativo, ma non indicano degli accidenti in Dio come se qualche cosa gli accadesse, ma indicano gli accidenti dell’essere in rapporto al quale Dio riceve un nome relativo nuovo. Ancora, per il fatto che l’amico di Dio 68 comincia ad essere giusto, muta. Ma quanto a Dio non sogniamoci neppure di pensare che egli ami qualcuno nel tempo, quasi si trattasse di un amore nuovo che in lui prima non c’era; in lui per il quale il passato non passa ed il futuro esiste già. Perché tutti i suoi santi li ha amati prima della creazione del mondo 69, come li ha anche predestinati, ma quando si convertono e lo incontrano, si dice che cominciano ad essere amati da lui, per parlare in modo accessibile alla nostra comprensione. Allo stesso modo quando si dice che è irritato con i cattivi e amabile con i buoni, sono essi che cambiano, non lui. Egli è come la luce: insopportabile agli occhi malati, gradevole ai sani. Ma sono gli occhi che cambiano, non la luce.

 


 

1 - 1 Cor 13, 12.

2 - Sal 33, 2.

3 - Cf. Agostino, Confess. 1, 3, 3: NBA, I; De lib. arb. 14, 37, 38: NBA, III/2; De mor. Eccl. cath. 1, 11, 19: NBA, XIII/1; In Io. Ev. tract. 1, 8, 30-33: NBA, XXIV/1-2; C. Ep. fund. 15, 20; Ambrogio, De fide 1, 16, 106; Girolamo, Ephes. 1, 2, 13-14; Plotino, Enn. 6, 4; Origene, Princ. 4, 3, 30; Basilio, De Spir. Sancto 9, 22; Spir. 2; Giovanni Crisostomo, De incompr. Dei nat. 1, 3; In Ps. 138, 2; Ilario, De Trin. 2, 6; In Ps. 118, 8; 129, 3; 144, 21.

4 - Cf. Eccli 43, 34-37.

5 - Cf. Agostino, De civ. Dei 12, 2: NBA, V/2; Quintiliano, Instit. 2, 14, 2; Seneca, Ep. 58, 6; Tertulliano, Apol. 21; Adv. Prax. 2; 26.

6 - Es 3, 14.

7 - Ibid.

8 - Cf. Alessandro, vescovo di Alessandria, Ep. ad Alexandrum constantinopol.: PL 18, 547-572; Ambrogio, De Incarnat. 8, 79; De fide 4, 8, 81.

9 - Gv 10, 30.

10 - Fil 2, 6.

11 - Cicerone, De orat. 3, 45, 177; Orat. part. 7, 23.

12 - Cf. Aristotele, Categ. 4, 1b, 25; 2a, 3.

13 - Cf. Aristotele, Categ. 7, 6a, 36; 8b, 24; Pseudo-Agostino, Categ. X ex Arist. 11.

14 - Cf. Basilio, Adv. Eun. 4, spur. 2, 2.

15 - Ibid.

16 - Cf. Aristotele, Categ. 4, 1b, 25; 2a, 3.

17 - Cicerone, In Catil. 1, 5, 10.

18 - Cf. Aristotele, Categ. 6, 6a, 36; 8b, 24; Pseudo-Agostino, Categ. X ex Arist. 11.

19 - Sal 85, 10.

20 - Mc 10, 18; Lc 18, 19.

21 - Mt 19, 16; Mc 10, 17; Lc 18, 18.

22 - 1 Sam (Volgata: 1 Re) 4, 4; 2 Re (Volgata: 4 Re) 19, 15; 1 Cr 13, 6; Is 37, 16; Dn 3, 55; Sal 79, 2; 98, 1.

23 - Sal 103, 6.

24 - Sal 101, 28; Eb 1, 12.

25 - Sal 138, 8.

26 - Rm 11, 36; 1 Cor 8, 6.

27 - At 8, 20; Gv 4, 10.

28 - Gv 10, 30.

29 - Cf. Eusebio da Vercelli, Trin. 4, 34-37.

30 - Dt 6, 4.

31 - Mt 6, 9.

32 - Cf. 1 Pt 1, 3.

33 - Gv 4, 24.

34 - Cf. Ambrogio, De Spir. Sancto 3, 18; De fide 2, 12.

35 - Cf. Mt 10, 20; Gal 4, 6.

36 - At 8, 20; Gv 4, 10.

37 - Gv 15, 26.

38 - Rm 8, 9.

39 - Mt 10, 20.

40 - Gal 4, 6.

41 - 2 Cor 1, 22; 5, 5; Ef 1, 14.

42 - Gv 8, 25.

43 - Ap 1, 8; 21, 6.

44 - Gv 8, 25.

45 - Eccli 1, 8.

46 - Cf. 1 Cor 12, 11.

47 - Cicerone, De orat. 3, 45, 177.

48 - 1 Cor 12, 7-11.

49 - 1 Cor 12, 6.

50 - Cf. Gv 4, 26; Tomus Damasi, Anath. 24-25.

51 - Gv 15, 26.

52 - Ibid.

53 - Cf. Gal 4, 5; Ef 1, 5; Rm 8, 15.23; Gv 1, 12.

54 - Cf. Gv 7, 39; Rm 5, 5.

55 - Cf. 1 Cor 2, 12.

56 - Sal 3, 9.

57 - Rm 13, 11.

58 - Cf. 1 Cor 2, 11-14; Gn 1, 2.

59 - Mt 6, 11; Lc 11, 3.

60 - 1 Cor 4, 7.

61 - Lc 1, 17.

62 - Nm 11, 17.

63 - Cf. Gv 15, 26.

64 - Cf. Gv 7, 39; Rm 5, 5.

65 - Cf. At 9, 20; Gv 4, 10; 7, 39; Rm 5, 5.

66 - Sal 89, 1.

67 - Gal 4, 5; Ef 1, 5; Rm 8, 15.23.

68 - Gdt 8, 22; Gc 2, 23.

69 - Gv 17, 24; Ef 1, 4.


Capitolo LIII: La grazia di Dio non si confonde con ciò che ha sapore di cose terrene

Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis

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1. Preziosa, o figlio, è la mia grazia; essa non tollera di essere mescolata a cose esteriori e a consolazioni terrene. Perciò devi buttar via tutto ciò che ostacola la grazia, se vuoi che questa sia infusa in te. Procurati un luogo appartato, compiaciti di stare solo con te stesso, non andare cercando di chiacchierare con nessuno; effondi, invece, la tua devota preghiera a Dio, per conservare compunzione d'animo e purezza di coscienza. Il mondo intero, consideralo un nulla; alle cose esteriori anteponi l'occuparti di Dio. Ché non potresti attendere a me, e nello stesso tempo trovare godimento nelle cose passeggere. Occorre allontanarsi dalle persone che si conoscono e alle quali si vuole bene; occorre tenere l'animo sgombro da ogni conforto temporale. Ecco ciò che il santo apostolo Pietro chiede, in nome di Dio: che i seguaci di Cristo si conservino in questo mondo "come forestieri e pellegrini" (1Pt 2,11). Quanta sicurezza in colui che muore, senza essere legato alla terra dall'attaccamento per alcuna cosa. Uno spirito debole, invece, non riesce a mantenere il cuore tanto distaccato: l'uomo materiale non conosce la libertà dell'uomo interiore. Che se uno vuole veramente essere uomo spirituale, egli deve rinunciare a tutti, ai lontani e ai vicini; e guardarsi da se stesso più ancora che dagli altri. Se avrai vinto pienamente te stesso, facilmente soggiogherai tutto il resto. Trionfare di se medesimi è vittoria perfetta; giacché colui che domina se stesso - facendo sì che i sensi obbediscano alla ragione, e la ragione obbedisca in tutto e per tutto a Dio - questi è, in verità il vincitore di sé e signore del mondo.

2. Se brami elevarti a questa somma altezza, è necessario che tu cominci con coraggio, mettendo la scure alla radice, per poter estirpare totalmente la tua segreta inclinazione, contraria al volere di Dio e volta a te stesso e a tutto ciò che è tuo utile materiale. Da questo vizio, dall'amore di sé, contrarissimo alla volontà divina, deriva, si può dire, tutto quanto deve essere stroncato radicalmente. Domato e superato questo vizio, si farà stabilmente una grande pace e una grande serenità. Ma sono pochi quelli che si adoprano per morire del tutto a se stessi, e per uscire pienamente da se stessi. I più restano avviluppati, né sanno innalzarsi spiritualmente sopra di sé. Coloro che desiderano camminare con me senza impacci debbono mortificare tutti i loro affetti perversi e contrari all'ordine voluto da Dio, senza restare attaccati di cupido amore personale ad alcuna creatura.


36-4 Aprile 25, 1938 Il segno che regna nell’anima la Divina Volontà, è sentire il bisogno d’amarlo incessantemente. Il gran male di non operare il bene nel Voler Divino. La piccola fiammella alimentata dalla gran luce di Dio.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) La mia povera mente corre, vola nel Fiat Divino, e se ciò non faccio mi sento inquieta, senza forza, senza alimento, senza aria per respirare, mi sento senza piedi per camminare, senza mani per operare, senza cuore per amare, e perciò sento il bisogno di correre nel suo Volere per trovare gli atti suoi, per formarmi con essi piedi che corrono, mani che abbracciano tutto e operano, amore senza cuore che prende l’Amore dell’Eterno per non mai cessare d’amare. Ma mentre pensavo tanti spropositi, il mio sempre amabile Gesú, ripetendomi la sua breve visitina, compiacendosi dei miei spropositi, tutto amore mi ha detto:

(2) “Figlia mia benedetta, non ti meravigliare dei tuoi spropositi, è proprio questo che succede: Chi vive nella mia Volontà lascia l’essere suo e la sua volontà, entrando nella mia se ne serve delle opere nostre, come per formarsi le nuove membra che ci vogliono per vivere in Essa, perciò acquista nuovi passi, nuovi moti, nuovo amore, per potersi immedesimare con le nostre opere e fare ciò che facciamo Noi. Perciò il segno più certo che la mia Volontà Divina regna e domina nell’anima, è il moto continuo dell’amore, e perché sa che essa non tiene un amore che mai cessa, né opere molteplici per darmele, per amarmi, essa che fa? Entra negli interminabili recinti del mio Volere, vede il gran teatro della Creazione, la sontuosità e lo sfarzo dell’amore di cui sono investite, e corre da un’opera nostra all’altra, e va raccogliendo tutto il nostro Amore che abbiamo sparso in tutta la Creazione, se lo mette come in grembo e viene innanzi alla nostra Maestà per darci tante varietà distinte d’amore che abbiamo messo nel creato, e fa risuonare le sue note d’amore nelle svariate note d’amore del nostro Amore creante; ed oh! i contenti che ci dà, le feste che ci apre tra il Cielo e la terra, i mari d’amore con cui circonda il nostro trono, e poi, dopo che ci ha fatto la festa di tutta la Creazione, per amarci maggiormente e con duplicato amore scende dal nostro trono e va spargendo di nuovo, su tutte le cose create, il nostro duplicato amore, e con la Potenza della nostra Volontà che tiene in suo potere, ci fa dire da tutte: “Amore, amore al nostro Creatore”. Chi vive in Essa la possiamo chiamare la nostra festa continua, lo sbocco del nostro Amore”.

(3) Poi ha soggiunto con un accento dolente:

(4) “Figlia mia, come la creatura scende nel basso quando non vive nella nostra Volontà, e ancorché facesse il bene, siccome manca la Luce di Essa, la Forza della nostra Santità, il bene che fa resta coperto di fumo che acceca la vista e produce stima propria, vanagloria, amor di sé stesso, si può dire che resta avvelenato, in modo che non può produrre gran bene, né per sé né per gli altri, povere opere buone senza della mia Volontà, sono come campanelli senza suono, come metalli senza l’immagine del re, che non tengono valore di monete, al più si converte in propria soddisfazione. Ed Io, che molto amo le creature, sono costretto molte volte ad amareggiare il bene che fanno, affinché entrino in loro stessi e cerchino d’operare retti e santi. Invece, per chi vive nel nostro Volere non vi è pericolo che il fumo della propria stima entri, anche nelle opere più grandi che può fare; essa è la piccola fiammella, alimentata dalla gran Luce che è Dio, e la luce si sa sbarazzare dalle tenebre delle passioni, dal fumo della propria stima; e siccome è luce, tocca con mano che tutto ciò che fa di bene, è Dio che opera nel suo proprio nulla, e se questo nulla non è sgombrato di tutto ciò che non appartiene a Dio, Dio non scende nel basso del suo proprio nulla per fare opere grandi degne di Lui. Sicché nel nostro Volere neppure l’umiltà vi entra, ma il proprio nulla, conoscersi ch’è nulla e tutto ciò di bene che entra in essa non è altro che l’operato divino; e succede che Dio è il portatore del nulla, ed il nulla è il portatore di Dio. Perciò, nel mio Volere tutte le cose cambiano per la creatura, non è altro che la piccola luce che deve subire, per quanto può, la gran Luce del mio Fiat, in modo che non fa altro che alimentarsi di Luce, d’Amore, di Bontà, di Santità Divina, che onore essere alimentata da Dio, quindi non è maraviglia che essendo la creatura la piccola fiammella, Dio si alimenti di essa”.

(5) Poi ha soggiunto: “Oltre, all’amore incessante vi è un altro segno se l’anima vive nel mio Volere e vi regna in essa, e questo è l’immutabilità, non mutarsi mai dal bene al male è solo di Dio; un carattere fermo, costante, né essere facile a cambiare azione, che solo una pazienza divina può avere, la costanza di fare sempre un atto senza mai stancarsi, senza mai provare fastidio, rincrescimento, è solo di Dio. Ora, chi vive nel nostro Fiat sente la sua immutabilità, e si sente investire di tale fermezza, che non cambierebbe azione, né per il Cielo, né per la terra, si contenterebbe di morire anziché di lasciare e di ripetere continuamente ciò che sta facendo, molto più che ciò che si fa con animo fermo, senza mai cambiarsi, ha tenuto per principio Iddio, quindi sente Dio nell’atto suo, e come ripete l’atto se lo sente scorrere, e anima la sua azione Dio stesso. Come può mai cessare di ripetere ciò che incominciò insieme col nostro Essere Supremo? Dovrebbe uscire dalla nostra Volontà per farla cambiare azione; Essa quando opera non cambia mai, così rende chi vive nel suo Volere, ed oh! come si vede subito chi non vive in Essa, oggi vuol fare una cosa, domani un’altra; una volta le piace di fare un sacrificio, l’altra volta lo fugge, non si può fidare di essa, sempre una canna che si muove al soffio dei venti delle sue passioni. La mutabilità della volontà umana è tanta, che giunge a rendere la creatura lo zimbello di sé stessa, e forse anche degli stessi demoni, ecco perciò chiamo la creatura a vivere nel nostro Volere, perché fosse sostenuta, rafforzata dal nostro, e così potesse far onore alla nostra opera creatrice, perché solo l’uomo è volubile, mentre tutte le altre nostre opere non si cambiano mai, il cielo sta sempre fisso, né si stanca mai di stare disteso; il sole fa sempre il suo corso, né cambia mai azione di dare la sua luce a bene di tutta la terra; l’aria sta sempre in atto di farsi respirare, tutte le cose, come sono state create da Noi, così si mantengono, e fanno sempre la stessa azione, solo l’uomo, col non voler vivere nel nostro Voler Divino, discende dai modi del suo Creatore e non sa condurre a termine le sue opere, quindi non le sa amare né apprezzare, né ricevere il merito delle opere sue”.