Liturgia delle Ore - Letture
Settimana Santa - Domenica delle Palme
Vangelo secondo Luca 11
1Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli".2Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
4e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione".
5Poi aggiunse: "Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani,6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti;7e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli;8vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
9Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.10Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?13Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!".
14Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate.15Ma alcuni dissero: "È in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni".16Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.17Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: "Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra.18Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl.19Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici.20Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.
21Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro.22Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.
23Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.
24Quando lo spirito immondo esce dall'uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito.25Venuto, la trova spazzata e adorna.26Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell'uomo diventa peggiore della prima".
27Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!".28Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!".
29Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona.30Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione.31La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c'è qui.32Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c'è qui.
33Nessuno accende una lucerna e la mette in luogo nascosto o sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché quanti entrano vedano la luce.34La lucerna del tuo corpo è l'occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre.35Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra.36Se il tuo corpo è tutto luminoso senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore".
37Dopo che ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola.38Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.39Allora il Signore gli disse: "Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità.40Stolti! Colui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'interno?41Piuttosto date in elemosina quel che c'è dentro, ed ecco, tutto per voi sarà mondo.42Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre.43Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze.44Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo".
45Uno dei dottori della legge intervenne: "Maestro, dicendo questo, offendi anche noi".46Egli rispose: "Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!47Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi.48Così voi date testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri.49Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno;50perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo,51dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.52Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l'avete impedito".
53Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti,54tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
Giudici 1
1Dopo la morte di Giosuè, gli Israeliti consultarono il Signore dicendo: "Chi di noi andrà per primo a combattere contro i Cananei?".2Il Signore rispose: "Andrà Giuda: ecco, ho messo il paese nelle sue mani".3Allora Giuda disse a Simeone suo fratello: "Vieni con me nel paese, che mi è toccato in sorte, e combattiamo contro i Cananei; poi anch'io verrò con te in quello che ti è toccato in sorte". Simeone andò con lui.4Giuda dunque si mosse e il Signore mise nelle loro mani i Cananei e i Perizziti; sconfissero a Bezek diecimila uomini.5Incontrato Adoni-Bezek a Bezek, l'attaccarono e sconfissero i Cananei e i Perizziti.6Adoni-Bezek fuggì, ma essi lo inseguirono, lo catturarono e gli amputarono i pollici delle mani e dei piedi.7Adoni-Bezek disse: "Settanta re con i pollici delle mani e dei piedi amputati, raccattavano gli avanzi sotto la mia tavola. Quello che ho fatto io, Dio me lo ripaga". Lo condussero poi a Gerusalemme dove morì.
8I figli di Giuda attaccarono Gerusalemme e la presero; la passarono a fil di spada e l'abbandonarono alle fiamme.
9Poi andarono a combattere contro i Cananei che abitavano le montagne, il Negheb e la Sefela.10Giuda marciò contro i Cananei che abitavano a Ebron, che prima si chiamava Kiriat-Arba, e sconfisse Sesai, Achiman e Talmai.11Di là andò contro gli abitanti di Debir, che prima si chiamava Kiriat-Sefer.12Allora Caleb disse: "A chi batterà Kiriat-Sefer e la prenderà io darò in moglie Acsa mia figlia".13La prese Otniel, figlio di Kenaz, fratello minore di Caleb, e questi gli diede in moglie sua figlia Acsa.14Ora, mentre andava dal marito, egli la indusse a chiedere un campo a suo padre. Essa scese dall'asino e Caleb le disse: "Che hai?".15Essa rispose: "Fammi un dono; poiché tu mi hai dato una terra arida, dammi anche qualche fonte d'acqua". Egli le donò la sorgente superiore e la sorgente inferiore.
16I figli del suocero di Mosè, il Kenita, salirono dalla città delle Palme con i figli di Giuda nel deserto di Giuda, a mezzogiorno di Arad; andarono dunque e si stabilirono in mezzo al popolo.17Poi Giuda marciò con Simeone suo fratello: sconfissero i Cananei che abitavano in Sefat, votarono allo sterminio la città, che fu chiamata Corma.18Giuda prese anche Gaza con il suo territorio, Ascalon con il suo territorio ed Ekron con il suo territorio.19Il Signore fu con Giuda, che scacciò gli abitanti delle montagne, ma non poté espellere gli abitanti della pianura, perché muniti di carri di ferro.20Come Mosè aveva ordinato, Ebron fu data a Caleb, che da essa scacciò i tre figli di Anak.
21I figli di Beniamino non scacciarono i Gebusei che abitavano Gerusalemme, perciò i Gebusei abitano con i figli di Beniamino in Gerusalemme fino ad oggi.
22Anche la casa di Giuseppe marciò contro Betel e il Signore fu con loro.23La casa di Giuseppe mandò a esplorare Betel, città che prima si chiamava Luz.24Gli esploratori videro un uomo che usciva dalla città e gli dissero: "Insegnaci una via di accesso alla città e noi ti faremo grazia".25Egli insegnò loro la via di accesso alla città ed essi passarono la città a fil di spada, ma risparmiarono quell'uomo con tutta la sua famiglia.26Quell'uomo andò nel paese degli Hittiti e vi edificò una città che chiamò Luz: questo è il suo nome fino ad oggi.
27Manàsse non scacciò gli abitanti di Beisan e delle sue dipendenze, né quelli di Taanach e delle sue dipendenze, né quelli di Dor e delle sue dipendenze, né quelli d'Ibleam e delle sue dipendenze, né quelli di Meghiddo e delle sue dipendenze; i Cananei continuarono ad abitare in quel paese.28Quando Israele divenne più forte, costrinse ai lavori forzati i Cananei, ma non li scacciò del tutto.29Nemmeno Efraim scacciò i Cananei, che abitavano a Ghezer, perciò i Cananei abitarono in Ghezer in mezzo ad Efraim.
30Zàbulon non scacciò gli abitanti di Kitron, né gli abitanti di Naalol; i Cananei abitarono in mezzo a Zàbulon e furono ridotti in schiavitù.31Aser non scacciò gli abitanti di Acco, né gli abitanti di Sidòne, né quelli di Aclab, di Aczib, di Elba, di Afik, di Recob;32i figli di Aser si stabilirono in mezzo ai Cananei che abitavano il paese, perché non li avevano scacciati.33Nèftali non scacciò gli abitanti di Bet-Semes, né gli abitanti di Bet-Anat e si stabilì in mezzo ai Cananei che abitavano il paese; ma gli abitanti di Bet-Semes e di Bet-Anat furono da loro costretti ai lavori forzati.34Gli Amorrei respinsero i figli di Dan sulle montagne e non li lasciarono scendere nella pianura.35Gli Amorrei continuarono ad abitare Ar-Cheres, Aialon e Saalbim; ma la mano della casa di Giuseppe si aggravò su di loro e furono costretti ai lavori forzati.36Il confine degli Amorrei si estendeva dalla salita di Akrabbim, da Sela in su.
Sapienza 5
1Allora il giusto starà con grande fiducia
di fronte a quanti lo hanno oppresso
e a quanti han disprezzato le sue sofferenze.
2Costoro vedendolo saran presi da terribile spavento,
saran presi da stupore per la sua salvezza inattesa.
3Pentiti, diranno fra di loro,
gemendo nello spirito tormentato:
4"Ecco colui che noi una volta abbiamo deriso
e che stolti abbiam preso a bersaglio del nostro scherno;
giudicammo la sua vita una pazzia
e la sua morte disonorevole.
5Perché ora è considerato tra i figli di Dio
e condivide la sorte dei santi?
6Abbiamo dunque deviato dal cammino della verità;
la luce della giustizia non è brillata per noi,
né mai per noi si è alzato il sole.
7Ci siamo saziati nelle vie del male e della perdizione;
abbiamo percorso deserti impraticabili,
ma non abbiamo conosciuto la via del Signore.
8Che cosa ci ha giovato la nostra superbia?
Che cosa ci ha portato la ricchezza con la spavalderia?
9Tutto questo è passato come ombra
e come notizia fugace,
10come una nave che solca l'onda agitata,
del cui passaggio non si può trovare traccia,
né scia della sua carena sui flutti;
11oppure come un uccello che vola per l'aria
e non si trova alcun segno della sua corsa,
poiché l'aria leggera, percossa dal tocco delle penne
e divisa dall'impeto vigoroso,
è attraversata dalle ali in movimento,
ma dopo non si trova segno del suo passaggio;
12o come quando, scoccata una freccia al bersaglio,
l'aria si divide e ritorna subito su se stessa
e così non si può distinguere il suo tragitto:
13così anche noi, appena nati, siamo già scomparsi,
non abbiamo avuto alcun segno di virtù da mostrare;
siamo stati consumati nella nostra malvagità".
14La speranza dell'empio è come pula portata dal vento,
come schiuma leggera sospinta dalla tempesta,
come fumo dal vento è dispersa,
si dilegua come il ricordo dell'ospite di un sol giorno.
15I giusti al contrario vivono per sempre,
la loro ricompensa è presso il Signore
e l'Altissimo ha cura di loro.
16Per questo riceveranno una magnifica corona regale,
un bel diadema dalla mano del Signore,
perché li proteggerà con la destra,
con il braccio farà loro da scudo.
17Egli prenderà per armatura il suo zelo
e armerà il creato per castigare i nemici;
18indosserà la giustizia come corazza
e si metterà come elmo un giudizio infallibile;
19prenderà come scudo una santità inespugnabile;
20affilerà la sua collera inesorabile come spada
e il mondo combatterà con lui contro gli insensati.
21Scoccheranno gli infallibili dardi dei fulmini,
e come da un arco ben teso,
dalle nubi, colpiranno il bersaglio;
22dalla fionda saranno scagliati
chicchi di grandine colmi di sdegno.
Infurierà contro di loro l'acqua del mare
e i fiumi li sommergeranno senza pietà.
23Si scatenerà contro di loro un vento impetuoso,
li disperderà come un uragano.
L'iniquità renderà deserta tutta la terra
e la malvagità rovescerà i troni dei potenti.
Salmi 105
1Alleluia.
Lodate il Signore e invocate il suo nome,
proclamate tra i popoli le sue opere.
2Cantate a lui canti di gioia,
meditate tutti i suoi prodigi.
3Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
4Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto.
5Ricordate le meraviglie che ha compiute,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca:
6voi stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
7È lui il Signore, nostro Dio,
su tutta la terra i suoi giudizi.
8Ricorda sempre la sua alleanza:
parola data per mille generazioni,
9l'alleanza stretta con Abramo
e il suo giuramento ad Isacco.
10La stabilì per Giacobbe come legge,
come alleanza eterna per Israele:
11"Ti darò il paese di Cànaan
come eredità a voi toccata in sorte".
12Quando erano in piccolo numero,
pochi e forestieri in quella terra,
13e passavano di paese in paese,
da un regno ad un altro popolo,
14non permise che alcuno li opprimesse
e castigò i re per causa loro:
15"Non toccate i miei consacrati,
non fate alcun male ai miei profeti".
16Chiamò la fame sopra quella terra
e distrusse ogni riserva di pane.
17Davanti a loro mandò un uomo,
Giuseppe, venduto come schiavo.
18Gli strinsero i piedi con ceppi,
il ferro gli serrò la gola,
19finché si avverò la sua predizione
e la parola del Signore gli rese giustizia.
20Il re mandò a scioglierlo,
il capo dei popoli lo fece liberare;
21lo pose signore della sua casa,
capo di tutti i suoi averi,
22per istruire i capi secondo il suo giudizio
e insegnare la saggezza agli anziani.
23E Israele venne in Egitto,
Giacobbe visse nel paese di Cam come straniero.
24Ma Dio rese assai fecondo il suo popolo,
lo rese più forte dei suoi nemici.
25Mutò il loro cuore
e odiarono il suo popolo,
contro i suoi servi agirono con inganno
26Mandò Mosè suo servo
e Aronne che si era scelto.
27Compì per mezzo loro i segni promessi
e nel paese di Cam i suoi prodigi.
28Mandò le tenebre e si fece buio,
ma resistettero alle sue parole.
29Cambiò le loro acque in sangue
e fece morire i pesci.
30Il loro paese brulicò di rane
fino alle stanze dei loro sovrani.
31Diede un ordine e le mosche vennero a sciami
e le zanzare in tutto il loro paese.
32Invece delle piogge mandò loro la grandine,
vampe di fuoco sul loro paese.
33Colpì le loro vigne e i loro fichi,
schiantò gli alberi della loro terra.
34Diede un ordine e vennero le locuste
e bruchi senza numero;
35divorarono tutta l'erba del paese
e distrussero il frutto del loro suolo.
36Colpì nel loro paese ogni primogenito,
tutte le primizie del loro vigore.
37Fece uscire il suo popolo con argento e oro,
fra le tribù non c'era alcun infermo.
38L'Egitto si rallegrò della loro partenza
perché su di essi era piombato il terrore.
39Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte.
40Alla loro domanda fece scendere le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
41Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque,
scorrevano come fiumi nel deserto,
42perché ricordò la sua parola santa
data ad Abramo suo servo.
43Fece uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.
44Diede loro le terre dei popoli,
ereditarono la fatica delle genti,
45perché custodissero i suoi decreti
e obbedissero alle sue leggi.
Alleluia.
Ezechiele 1
1Il cinque del quarto mese dell'anno trentesimo, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del canale Chebàr, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine.2Il cinque del mese - era l'anno quinto della deportazione del re Ioiachìn -3la parola del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechiele figlio di Buzì, nel paese dei Caldei, lungo il canale Chebàr. Qui fu sopra di lui la mano del Signore.
4Io guardavo ed ecco un uragano avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinìo di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente.5Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l'aspetto: avevano sembianza umana6e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali.7Le loro gambe erano diritte e gli zoccoli dei loro piedi erano come gli zoccoli dei piedi d'un vitello, splendenti come lucido bronzo.8Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d'uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali,9e queste ali erano unite l'una all'altra. Mentre avanzavano, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava diritto avanti a sé.
10Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d'uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d'aquila.11Le loro ali erano spiegate verso l'alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo.12Ciascuno si muoveva davanti a sé; andavano là dove lo spirito li dirigeva e, muovendosi, non si voltavano indietro.
13Tra quegli esseri si vedevano come carboni ardenti simili a torce che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori.14Gli esseri andavano e venivano come un baleno.15Io guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno una ruota al loro fianco, di tutti e quattro.
16Le ruote avevano l'aspetto e la struttura come di topazio e tutt'e quattro la medesima forma, il loro aspetto e la loro struttura era come di ruota in mezzo a un'altra ruota.17Potevano muoversi in quattro direzioni, senza aver bisogno di voltare nel muoversi.18La loro circonferenza era assai grande e i cerchi di tutt'e quattro erano pieni di occhi tutt'intorno.19Quando quegli esseri viventi si muovevano, anche le ruote si muovevano accanto a loro e, quando gli esseri si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano.20Dovunque lo spirito le avesse spinte, le ruote andavano e ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell'essere vivente era nelle ruote.21Quando essi si muovevano, esse si muovevano; quando essi si fermavano, esse si fermavano e, quando essi si alzavano da terra, anche le ruote ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell'essere vivente era nelle ruote.
22Al di sopra delle teste degli esseri viventi vi era una specie di firmamento, simile ad un cristallo splendente, disteso sopra le loro teste,23e sotto il firmamento vi erano le loro ali distese, l'una di contro all'altra; ciascuno ne aveva due che gli coprivano il corpo.24Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell'Onnipotente, come il fragore della tempesta, come il tumulto d'un accampamento. Quando poi si fermavano, ripiegavano le ali.25Ci fu un rumore al di sopra del firmamento che era sulle loro teste.
26Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve come una pietra di zaffiro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane.27Da ciò che sembrava essere dai fianchi in su, mi apparve splendido come l'elettro e da ciò che sembrava dai fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. Era circondato da uno splendore28il cui aspetto era simile a quello dell'arcobaleno nelle nubi in un giorno di pioggia. Tale mi apparve l'aspetto della gloria del Signore. Quando la vidi, caddi con la faccia a terra e udii la voce di uno che parlava.
Atti degli Apostoli 13
1C'erano nella comunità di Antiòchia profeti e dottori: Bàrnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d'infanzia di Erode tetrarca, e Saulo.2Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: "Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati".3Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono.
4Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Selèucia e di qui salparono verso Cipro.5Giunti a Salamina cominciarono ad annunziare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con loro anche Giovanni come aiutante.6Attraversata tutta l'isola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Iesus,7al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona di senno, che aveva fatto chiamare a sé Bàrnaba e Saulo e desiderava ascoltare la parola di Dio.8Ma Elimas, il mago, - ciò infatti significa il suo nome - faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole dalla fede.9Allora Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo, fissò gli occhi su di lui e disse:10"O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore?11Ecco la mano del Signore è sopra di te: sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il sole". Di colpo piombò su di lui oscurità e tenebra, e brancolando cercava chi lo guidasse per mano.12Quando vide l'accaduto, il proconsole credette, colpito dalla dottrina del Signore.
13Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Panfilia. Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme.14Essi invece proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, si sedettero.15Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: "Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!".
16Si alzò Paolo e fatto cenno con la mano disse: "Uomini di Israele e voi timorati di Dio, ascoltate.17Il Dio di questo popolo d'Israele scelse i nostri padri ed esaltò il popolo durante il suo esilio in terra d'Egitto, 'e con braccio potente li condusse via di là'.18Quindi, 'dopo essersi preso cura di loro per circa quarant'anni nel deserto',19'distrusse sette popoli nel paese di Canaan e concesse loro in eredità' quelle terre,20per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei Giudici, fino al profeta Samuele.21Allora essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Cis, della tribù di Beniamino, per quaranta anni.22E, dopo averlo rimosso dal regno, suscitò per loro come re Davide, al quale rese questa testimonianza: 'Ho trovato Davide', figlio di Iesse, 'uomo secondo il mio cuore'; egli adempirà tutti i miei voleri.
23Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore, Gesù.24Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di penitenza a tutto il popolo d'Israele.25Diceva Giovanni sul finire della sua missione: Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali.
26Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata questa parola di salvezza.27Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e condannandolo hanno adempiuto le parole dei profeti che si leggono ogni sabato;28e, pur non avendo trovato in lui nessun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso.29Dopo aver compiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro.30Ma Dio lo ha risuscitato dai morti31ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono i suoi testimoni davanti al popolo.
32E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta,33poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo:
'Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.'
34E che Dio lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione, è quanto ha dichiarato:
'Darò a voi le cose sante promesse a Davide, quelle
sicure.'
35Per questo anche in un altro luogo dice:
'Non permetterai che il tuo santo subisca la
corruzione.'
36Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, morì e fu unito ai suoi padri e subì la corruzione.37Ma colui che Dio ha risuscitato, non ha subìto la corruzione.38Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera di lui vi viene annunziata la remissione dei peccati39e che per lui chiunque crede riceve giustificazione da tutto ciò da cui non vi fu possibile essere giustificati mediante la legge di Mosè.40Guardate dunque che non avvenga su di voi ciò che è detto nei Profeti:
41'Mirate, beffardi,
stupite e nascondetevi,
poiché un'opera io compio ai vostri giorni,
un'opera che non credereste, se vi fosse
raccontata'!".
42E, mentre uscivano, li pregavano di esporre ancora queste cose nel prossimo sabato.43Sciolta poi l'assemblea, molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, li esortavano a perseverare nella grazia di Dio.
44Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio.45Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando.46Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: "Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani.47Così infatti ci ha ordinato il Signore:
'Io ti ho posto come luce per le genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della
terra'".
48Nell'udir ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna.49La parola di Dio si diffondeva per tutta la regione.50Ma i Giudei sobillarono le donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li scacciarono dal loro territorio.51Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio,52mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.
Capitolo XII: Colui che si appresta a comunicarsi con Cristo vi si deve preparare con scrupolosa diligenza
Leggilo nella BibliotecaVoce del Diletto
1. Io sono colui che ama la purezza; io sono colui che dona ogni santità. Io cerco un cuore puro: là è il luogo del mio so. Allestisci e "apparecchia per me un'ampia sala ove cenare (Mc 14,15; Lc 22,12), e farò la Pasqua presso di te con i miei discepoli". Se vuoi che venga a te e rimanga presso di te, espelli "il vecchio fermento" (1Cor 5,7) e purifica la dimora del tuo cuore. Caccia fuori tutto il mondo e tutto il disordine delle passioni; sta "come il passero solitario sul tetto" (Sal 101,8) e ripensa, con amarezza di cuore, ai tuoi peccati. Invero, colui che ama prepara al suo caro, da cui è amato, il luogo migliore e più bello: di qui si conosce l'amorosa disposizione di chi riceve il suo diletto. Sappi tuttavia che, per questa preparazione - anche se essa durasse un intero anno e tu non avessi altro in mente - non potresti mai fare abbastanza con le tue sole forze. E' soltanto per mia benevolenza e per mia grazia, che ti viene concesso di accostarti alla mensa: come se un poveretto fosse chiamato al banchetto di un ricco e non avesse altro modo per ripagare quel beneficio che farsi piccolo e rendere grazie. Fa' dunque tutto quello che sta in te; fallo con tutta attenzione, non per abitudine, non per costrizione. Il corpo del tuo Diletto Signore Dio, che si degna di venire a te, accoglilo con timore, con venerazione, con amore. Sono io ad averti chiamato; sono io ad aver comandato che così fosse fatto; sarò io a supplire a quel che ti manca. Vieni ed accoglimi. Se ti concedo la grazia della devozione, che tu ne sia grato al tuo Dio; te la concedo, non già per il fatto che tu ne sia degno, ma perché ho avuto misericordia di te. Se non hai questa devozione, e ti senti piuttosto arido, insisti nella preghiera, piangi e bussa, senza smettere finché non avrai meritato di ricevere almeno una briciola o una goccia della grazia di salvezza. Sei tu che hai bisogno di me, non io di te. Sono io che vengo a santificare te e a farti migliore, non sei tu che vieni a dare santità a me. Tu vieni per ricevere da me la santità, nell'unione con me; per ricevere nuova grazia, nel rinnovato, ardente desiderio di purificazione. "Non disprezzare questa grazia" (1Tm 4,14); prepara invece il tuo cuore con ogni cura e fa' entrare in te il tuo diletto.
2. Ancora, occorre, non solo che tu ti disponga a pietà, avanti la Comunione, ma anche che tu ti conservi in essa, con ogni cura, dopo aver ricevuto il Sacramento. La vigilanza di poi non deve essere inferiore alla devota preparazione di prima; ché tale attenta vigilanza è a sua volta la migliore preparazione per ottenere una grazia più grande. Taluno diventa assai mal disposto, proprio per essersi subito abbandonato a consolazioni esteriori. Guardati dal molto parlare; tieniti appartato, a godere del tuo Dio. E' lui che tu possiedi; neppure il mondo intero te lo potrà togliere. Io sono colui al quale devi darti interamente, così che tu non viva più in te, ma in me, fuori da ogni affanno.
LETTERA 88: A nome dei chierici d'Ippona Agostino si lamenta con Gennaro per le sevizie dei Circoncellioni contro i Cattolici
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta tra il 406 e il 408.
A nome dei chierici d'Ippona Agostino si lamenta con Gennaro per le sevizie dei Circoncellioni contro i Cattolici (n. 1, 6-9) e la loro ostinatezza contro i decreti dei Concili (n. 2-5); chiede che l'errore e la discordia vengano eliminati (n. 10-12).
IL CLERO CATTOLICO DELLA CIRCOSCRIZIONE ECCLESIASTICA D'IPPONA A GENNARO
Denunzia delle violenze dei Circoncellioni.
1. I vostri chierici e i vostri Circoncellioni si accaniscono contro di noi mettendo in atto una persecuzione di nuovo genere e di inaudita crudeltà. Anche se rendessero male per male, agirebbero in ogni modo contro la legge di Cristo. Ora però, esaminando attentamente tutte le vostre azioni e le nostre, risulta evidente che noi sperimentiamo a nostro danno ciò che sta scritto: Mi rendevano male per bene 1 e ciò che si legge in un altro salmo: Con quelli che avevano in odio la pace, ero pacifico; quando parlavo loro, mi perseguitavano senza ragione 2. Siccome poi sei in età assai avanzata, pensiamo che conoscerai come la setta di Donato, che dapprima a Cartagine era chiamata setta di Maggiorino, accusò senza motivo Ceciliano, allora vescovo della Chiesa di Cartagine, presso l'Imperatore di allora, il famoso Costantino. Nel timore però che la tua Nobiltà abbia per caso dimenticato questo particolare o dissimuli di conoscerlo, oppure forse realmente lo ignori (cosa che peraltro noi non pensiamo), accludiamo in questa nostra la copia del rapporto ufficiale del proconsole di quel tempo, Anulino, al quale la setta di Maggiorino si era rivolta perché dallo stesso fossero notificate all'imperatore le colpe da essi attribuite a Ceciliano.
AI NOSTRI AUGUSTI IMPERATORI L'EX CONSOLE ANULINO, PROCONSOLE D'AFRICA
Rapporto di Anulino a Costantino.
2. Il tuo devotissimo servo, ricevuti e venerati gli scritti divini della tua Maestà, ha procurato di comunicarli ufficialmente a Ceciliano e a quelli che vivono sotto di lui [ai suoi sudditi] chiamati chierici; ho esortato costoro a concludere l'unità con l'accordo di tutti, dato che, per grazioso indulto della tua Maestà, si vedono liberati da ogni servizio pubblico; li ho esortati a dedicarsi alle cose divine mantenendo la dovuta santità nella religione cattolica. Pochi giorni dopo però sono venuti fuori alcuni con una gran folla di gente unitasi ad essi per opporsi a Ceciliano. Costoro hanno presentato al tuo umilissimo servo un fascicolo di pergamena e un libretto senza sigillo, e mi hanno chiesto caldamente di spedirlo al sacro e venerato Tribunale imperiale della tua sacra Maestà. Il tuo umilissimo servo ha procurato di spedire tutto alla tua Maestà, unitamente ai processi verbali dei medesimi fatti, affinché possa esaminarli e decidere in merito: Ceciliano ad ogni modo rimane nella sua cattedra. Sono stati inviati pure due fascicoli, uno in pergamena intitolato Denuncia della Chiesa Cattolica contro le colpe di Ceciliano presentata dal partito di Maggiorino, l'altro senza sigillo unito alla stessa in pergamena. Consegnato il 15 aprile in Cartagine al Signore Nostro Costantino Augusto, Console per la terza volta.
I Concili di Roma e Arles riconoscono l'innocenza di Ceciliano.
3. Ricevuto quel rapporto, l'imperatore diede ordine alle parti di convenire a Roma perché i vescovi discutessero la causa e la definissero giudizialmente. Orbene, gli Atti ecclesiastici dimostrano chiaramente come la causa fu dibattuta e definita: Ceciliano fu giudicato innocente. Ormai, dopo quel sereno ed equilibrato giudizio, sarebbe dovuta cessare qualunque ostinazione di rivalità e d'animosità. Ecco invece i vostri antenati tornare alla carica presso l'imperatore, lamentandosi che il processo non si era svolto secondo le norme giuridiche e la causa non era stata esaminata in tutti i suoi aspetti. Ecco allora l'imperatore concedere che si celebrasse un secondo processo ad Arles, città della Gallia: lì però molti vescovi della vostra setta condannarono l'inutile e diabolico scisma e tornarono in comunione con Ceciliano; altri, invece, animati da irriducibile ostinazione e da immane mania di litigare, si appellarono di nuovo al medesimo imperatore. Anch'egli allora si vide costretto a definire la causa dei vescovi già dibattuta tra le parti e fu il primo ad emanare una legge contro la vostra setta: in forza di essa i luoghi delle vostre adunanze dovevano passare in proprietà del tesoro imperiale. Se volessimo accludere i documenti di tutti questi fatti, ne verrebbe fuori un volume e non una semplice lettera. Non dobbiamo però in nessun modo passare sotto silenzio il fatto che per l'insistenza dei vostri presso l'imperatore fu discussa e definita in pubblico processo la causa di Felice di Aptungi; di colui cioè che i vostri, nel vostro concilio di Cartagine, presieduto da Secondo, primate di Tigisi, dichiararono ch'era stato la prima causa di tutti i mali. La prova? E' lo stesso imperatore, già ricordato, ad attestare in una sua lettera, di cui riportiamo la copia qui appresso, che furono i vostri a inoltrargli accuse ed appelli incessanti a proposito di quella causa.
GLI IMPERATORI CESARI FLAVIO COSTANTINO MASSIMO E VALERIO LICINIANO LICINIO, A PROBIANO, PROCONSOLE DELL'AFRICA
Lettera di Costantino sulla petulanza dei Donatisti.
4. Il tuo predecessore Eliano, mentre adempiva le funzioni di Vero, uomo perfettissimo e vicario dei prefetti della nostra Africa, impedito da infermità, credette opportuno, a giusta ragione, di avocare al proprio esame ed alla propria giurisdizione, tra tutte le altre cause, anche la questione dell'ostilità che sembra sia stata sollevata contro Ceciliano, vescovo della Chiesa Cattolica. Di fatto ordinò che si presentassero a lui il centurione Superio, il magistrato di Aptungi Ceciliano, l'ex capo dei curiali Saturnino, Celibio il giovane, capo dei curiali della medesima città e Solo, usciere municipale della suddetta città, e li giudicò nei modi conformi alla legge, in merito all'accusa imputata a Ceciliano: questa gli rinfacciava d'essere stato ordinato dal vescovo Felice, che a sua volta sarebbe stato - al dire degli avversari - colpevole di aver consegnato e dato alle fiamme le Sacre Scritture. Sennonché risultò che Felice era innocente dell'imputazione mossagli. Ultimamente Massimo accusò Ingenzio, decurione della città di Zicca, d'aver falsificato la lettera di Ceciliano ex duumviro. Constatammo anzi coi nostri occhi, negli Atti municipali giacenti nell'archivio, come lo stesso Ingenzio era stato arrestato, ma non torturato in quanto aveva dichiarato di essere decurione della città di Zicca. Ordiniamo quindi che il citato Ingenzio sia da te inviato sotto buona scorta al Tribunale imperiale di me, Costantino Augusto. Potrà in tal modo comparire davanti a quelli che attualmente intentano il processo e non cessano di appellarsi ogni giorno all'imperatore; ad essi, che saranno presenti di persona, potrà proclamare e persuaderli che istigano, senza alcun ragionevole motivo, un movimento ostile a Ceciliano ed hanno cercato di sollevarsi con la forza contro di lui. Solo così potrà ottenersi che, messe da parte simili contese, il popolo pratichi la propria religione col dovuto ossequio.
Gli stessi Donatisti provocarono i verdetti imperiali contro di loro.
5. Orbene, vedendo che i fatti stanno così, perché mai cercate di sollevare contro di noi l'odiosità, derivante dalle disposizioni imperiali promulgate contro di voi? Non siete stati forse proprio voi i primi a fare tutto quello che ora ci rimproverate? Se gli imperatori in simili questioni non devono intervenire con le loro disposizioni, se una siffatta sollecitudine non compete a imperatori cristiani, chi costrinse i vostri antenati a deferire la causa di Ceciliano all'imperatore per tramite del proconsole? Chi li costrinse ad accusare di nuovo presso di lui quel vescovo contro il quale, pur assente, avevate comunque già pronunciata la sentenza? E dopo che era stato dichiarato innocente, chi vi costrinse a tramare altre calunnie presso l'imperatore a danno di Felice, che lo aveva ordinato vescovo? E attualmente quale sentenza contraria alla vostra setta conserva ancora la sua validità tranne quella di Costantino il Grande? Non fu essa preferita dai vostri stessi antenati a quella dei vescovi ed estorta con insistenti appelli all'imperatore? Le sentenze imperiali vi dispiacciono? Ebbene, chi furono i primi a costringere gli imperatori ad emanarle? Adesso voi gridate contro la Chiesa Cattolica per i decreti promulgati contro di voi dagli imperatori! Allo stesso modo avrebbero voluto gridare contro Daniele quelli che, dopo che egli era stato liberato, furono gettati nella fossa dei leoni, dai quali prima volevano che egli fosse divorato 3! S'avvera quel che sta scritto: Non c'è differenza tra le minacce del re e l'ira del leone 4. I nemici con le loro calunnie fecero gettare Daniele nella fossa dei leoni, ma la sua innocenza trionfò sulla loro malvagità. Daniele uscì illeso dalla fossa, ove furono gettati loro, trovandovi la morte. Nello stesso modo i vostri antenati, per togliere di mezzo Ceciliano e i suoi compagni, li gettarono in pasto all'ira del monarca; ma la sua innocenza trionfò ed ora voi subite da parte degli imperatori le stesse pene che i vostri avrebbero voluto far subire a quelli. Si avvera così quanto è scritto: Chi prepara la fossa al prossimo, vi cadrà lui stesso 5.
Crimini dei Donatisti; i criminali premiati.
6. Qual motivo dunque avete di lamentarvi di noi? Eppure, nonostante tutto, la mansuetudine della Chiesa Cattolica sarebbe rimasta completamente soddisfatta anche solo di quelle disposizione imperiali, ma i vostri chierici e i vostri Circoncellioni, a causa delle loro mostruose scellerataggini e delle violenze da forsennati, con cui avete turbato e sconvolto la nostra tranquillità, l'hanno costretta a ricordare queste vostre imprese e a metterle nuovamente in luce. Di fatto, prima che fossero giunte in Africa le disposizioni più recenti, di cui vi lamentate, i vostri erano soliti tendere agguati nelle strade ai nostri vescovi, rompere le ossa dei nostri chierici a forza di orribili percosse, infliggere gravissime ferite ai nostri laici e appiccare il fuoco alle loro case! Arrivarono perfino a trascinare via di casa un prete che aveva preferito aderire di sua spontanea volontà all'unità della nostra comunione: dopo essersi sfogati a batterlo con cinica ed atroce voluttà, lo rotolarono in una pozzanghera melmosa, poi, dopo avergli messo addosso una specie di camiciotto di giunchi, durante la processione svoltasi per celebrare il loro scellerato trionfo, lo condussero in giro, fatto oggetto di compassione per alcuni, per altri di scherno; trascinatolo infine lontano di là, dove loro piacque, lo rimandarono libero, dopo ben dodici giorni. Fu allora convocato Proculiano dal nostro vescovo, mediante intimazione del municipio; ma egli fece solo finta di fare le indagini, per cui fu convocato una seconda volta: allora dichiarò nei verbali pubblici che non avrebbe detto una parola di più! E oggi gli autori di quel delitto sono vostri preti che ancora ci incutono terrore e ci perseguitano a loro talento!
Volontà di pace dei cattolici ed ostinato ostruzionismo dei Donatisti.
7. Ciononostante, il nostro vescovo non presentò alcuna denuncia all'imperatore per tutti quei vostri oltraggi e persecuzioni, a cui era stata fatta segno allora la Chiesa Cattolica in questa nostra contrada. In un Concilio fu invece decisa una conferenza per discutere pacificamente con voi e indurvi, se possibile, a incontrarvi tra voi stessi affinché, tolto di mezzo l'errore dell'eresia, la carità dei fratelli si potesse rallegrare nel vincolo della pace 6. Ora, nella detta conferenza, Proculiano dapprima rispose che avreste tenuto un Concilio per esaminare la risposta da dare; in seguito però, convocato di nuovo, a proposito della sua promessa dichiarò espressamente nei verbali pubblici che non voleva saperne di una discussione pacifica, come la tua Nobiltà può informarsi direttamente dagli Atti ufficiali. Siccome poi la mostruosa ferocia dei vostri chierici e Circoncellioni, arcinota a tutti, non cessava, fu celebrato il processo e Proculiano fu giudicato eretico con Crispino; la mansuetudine dei Cattolici però non permise che fosse colpito dalla multa delle dieci libbre d'oro comminate dagli imperatori contro gli eretici. Ciononostante egli credette suo dovere di appellarsi agli imperatori. E che cosa costrinse a dare quella risposta al suo appello, se non la precedente malvagità dei vostri che vi aveva spinti pure a inoltrare l'appello? E tuttavia, anche dopo il rescritto di condanna, grazie ai buoni uffici interposti dai nostri vescovi presso l'imperatore, egli non fu colpito dalla multa di dieci libbre d'oro. Dal Concilio poi i nostri vescovi inviarono ambasciatori alla Corte imperiale, per ottenere che la multa delle dieci libbre d'oro, stabilita contro gli eretici, non colpisse tutti i vescovi e i chierici del vostro partito, ma solo quelli nel cui territorio la Chiesa Cattolica subisse violenze da parte dei vostri. Quando però gli ambasciatori giunsero a Roma, l'imperatore era già rimasto talmente impressionato dai segni delle orribili e recentissime ferite ricevute dal vescovo cattolico di Bagai, che emanò le leggi le quali poi furono pure spedite. E quando esse giunsero in Africa e cominciavano a sollecitarvi verso il bene anziché verso il male, cos'altro mai avreste potuto fare, se non mandare a dire ai nostri vescovi che, allo stesso modo ch'essi vi avevano invitati a conferire con loro, così voi l'invitavate a vostra volta, affinché nella conferenza apparisse chiara la verità?
Inaudita crudeltà dei Circoncellioni.
8. Orbene, non solo non lo faceste, ma ancora adesso i vostri compiono azioni ben peggiori contro di noi. Non solo ci rompono le ossa a bastonate o ci uccidono a stoccate, ma sono arrivati ad escogitare l'incredibile e criminale espediente di accecare i nostri versando nei loro occhi della calce mista ad aceto! Saccheggiando poi le nostre case si fabbricano armi, con le quali vanno scorrazzando per tutte le direzioni, minacciosi e assetati di stragi, rapine, incendi e accecamenti. Per tutti questi misfatti siamo stati costretti a presentare le nostre proteste anzitutto a te, perché la tua Nobiltà voglia considerare quanti di voi, anzi tutti voi che vi dite vittime della persecuzione, pure essendo sotto le leggi imperiali, da voi giudicate come efferate, ve ne state tuttavia tranquilli e indisturbati nei vostri possedimenti mentre noi subiamo inaudite violenze da parte dei vostri. Voi vi andate proclamando vittime della persecuzione e intanto noi veniamo massacrati dalle vostre bastonate e stoccate! Voi vi andate proclamando vittime della persecuzione e noi frattanto abbiamo le nostre case devastate e saccheggiate dai vostri sgherri! Voi vi andate proclamando vittime della persecuzione e intanto i nostri occhi vengono spenti dai vostri scherani con calce ed aceto! Ma non basta; anche se qualcuno si dà la morte da se stesso, si cerca che tale genere di morte procuri a noi odiosità, a voi al contrario celebrità! Non vogliono riconoscersi colpevoli del male che fanno a noi, mentre poi rigettano su di noi la colpa del male che si fanno da se stessi! Vivono da briganti, muoiono da Circoncellioni e infine vengono venerati come martiri. Eppure non abbiamo mai sentito dire nemmeno a proposito dei briganti, che abbiano talora accecato delle persone dopo averle depredate! Tolgono sì alla luce quelli che uccidono, ma non tolgono la luce a quelli che lasciano vivi!
Odio dei Donatisti, amore dei Cattolici.
9. Se talvolta noi riusciamo ad avere nelle nostre mani qualcuno dei vostri seguaci, badiamo con grande affetto a conservarli illesi, conversiamo con essi e leggiamo loro tutto ciò con cui si può confutare vittoriosamente l'eresia che separa i fratelli dai fratelli; mettiamo così in pratica l'ordine dato dal Signore per bocca del profeta Isaia, nel passo che dice: Udite la parola del Signore, voi che l'ascoltate con timoroso ossequio. A quelli che vi odiano o vi ripudiano dite: " Nostri fratelli voi siete " affinché il nome del Signore sia venerato e appaia loro nella gioia e restino confusi 7. In tal modo ricongiungiamo alla fede che essi perdettero alcuni di loro, ricongiungiamo alla carità dello Spirito Santo e al corpo di Cristo [la Chiesa] quelli che considerano l'evidenza della verità e la bellezza della pace; non li ricongiungiamo però al battesimo da essi già ricevuto e che, per quanto disertori, conservano come distintivo indelebile del re. Poiché sta scritto: Purificando i loro cuori con la fede 8; come pure: La carità copre la moltitudine dei peccati 9. Ma se rifiutano di ritornare in armonia con l'unità di Cristo per ostinazione o per vergogna, non essendo capaci di sopportare gli insulti di coloro con i quali blateravano tante falsità e tramavano tante malvagità contro di noi, o più spesso, per evitare di subire d'ora in poi da noi le prepotenze che prima compivano contro di noi; in tal caso, come li abbiamo trattenuti illesi, così pure vengono lasciati andare illesi. Rivolgiamo poi ogni specie di ammonizioni possibili anche ai nostri laici di trattenerli presso di loro illesi e di condurli a noi per correggerli ed istruirli. Orbene, alcuni ci danno ascolto e, se possono, agiscono così; altri invece li trattano come briganti, essendo in realtà vittime delle loro angherie brigantesche. Alcuni cioè sono costretti a ferirli per non essere feriti prima essi stessi e a respingere i colpi pronti ad abbattersi sulle loro teste. Alcuni li agguantano e poi li consegnano ai giudici e non perdonano loro neppure quando c'interponiamo con le nostre suppliche, poiché hanno una terribile paura di subire mali orrendi da parte di essi. Ad ogni modo essi non desistono dall'agire come briganti e poi pretendono di essere onorati come martiri.
Desiderio di una discussione pacifica.
10. Questo è dunque il nostro desiderio che esprimiamo alla tua Nobiltà mediante la presente lettera e che ti comunichiamo anche per bocca dei fratelli a te inviati. Cercate anzitutto di svolgere possibilmente una pacifica discussione coi nostri vescovi per raggiungere i seguenti scopi: eliminare l'errore nella parte ove si troverà, senza punire persone ma correggendole; cercare di decidervi a tenere tra voi la riunione da voi già respinta. Tanto meglio poi se delle decisioni, che prenderete, invierete una relazione scritta e sottoscritta all'imperatore, anziché alle autorità civili, le quali non possono ormai far altro che eseguire fedelmente le leggi emanate contro di voi. Risulta infatti che i vostri colleghi, i quali si erano recati per mare alla Corte, dissero ai Prefetti che essi erano andati per avere udienza. Fecero a questo proposito il nome di quel nostro santo padre, il vescovo Valentino, che si trovava allora alla Corte, affermando che volevano essere ascoltati con lui. Il giudice però non poteva concedere una simile cosa perché doveva ormai giudicare a norma delle leggi già promulgate contro di voi: il vescovo poi non si era recato a Corte per quello scopo e neppure aveva avuto un simile mandato da parte dei vescovi della sua comunità. Quanto meglio dunque potrà pronunciare un giudizio su tutta la vertenza (anche se già dibattuta e chiusa), l'imperatore in persona, quando gli verrà letta la relazione della vostra conferenza; non essendo egli soggetto alle stesse leggi, ha il potere di fare altre leggi. Noi però vogliamo trattare con voi non per definire una seconda volta la vertenza, ma per dimostrare a quelli, che ancora non lo sanno, ch'essa è già definita. E se i vostri vescovi acconsentiranno a fare ciò, che cosa avete da perdere? Vi guadagnate anzi, perché apparirà sempre più chiara la vostra disposizione d'animo e non vi potrà essere rimproverata ragionevolmente la vostra diffidenza. Pensate forse per caso che ciò non sia lecito, sebbene non ignoriate che Cristo Signore parlò della Legge perfino col diavolo 10? Inoltre non sapete forse che discussero con l'apostolo Paolo non solo i Giudei, ma anche i filosofi pagani della setta degli Stoici e degli Epicurei 11? Forse che le attuali leggi dell'imperatore non vi permettono di abboccarvi coi nostri vescovi? Ebbene abboccatevi intanto con i vostri vescovi della regione di Ippona, dove noi siamo vittime di tanti maltrattamenti da parte dei vostri! Quanto sarebbe invece più corretto da parte dei vostri e a noi più accetto, se ci arrivassero vostre lettere piuttosto che le loro armi!
Perché mai i Donatisti non fanno essi stessi quanto pretendono dagli altri?
11. Insomma, inviateci una risposta scritta, quale noi ci auguriamo, per il tramite dei nostri fratelli che vi abbiamo inviato! Se poi rifiutate pure questo, ascoltateci almeno insieme ai vostri, da parte dei quali subiamo i maltrattamenti già accennati. Mostrateci il vero motivo per cui andate dicendo che siete vittime d'una persecuzione, mentre siamo proprio noi le vittime di orribili crudeltà da parte dei vostri! Infatti, anche se proverete che siamo in errore, forse ci potete almeno concedere di non essere ribattezzati da voi. Crediamo sia giusto che una tale grazia sia concessa a noi che siamo stati battezzati da coloro che voi condannaste senza processare. La medesima grazia non la concedeste forse a coloro che erano stati battezzati da Feliciano di Musti e da Protestato di Assuri per sì lungo tempo, quando, in base a ordinanze giudiziarie, tentavate di cacciarli dalle basiliche perché erano in comunione con Massimiano insieme al quale erano stati condannati espressamente e nominatamente nel Concilio di Bagai? Tutti questi fatti ve li proviamo coi verbali ufficiali dell'autorità giudiziaria e municipale; quei verbali a cui voi allegaste perfino gli Atti del vostro concilio, volendo dimostrare per qual motivo avevate cacciato dalle basiliche i vostri scismatici. Nonostante tutto questo, voi che vi siete separati col vostro scisma nientemeno che dal Discendente di Abramo nel quale sono benedette tutte le genti 12, non volete essere cacciati dalle basiliche, e non per intimazione dei giudici così come voi scacciaste i vostri scismatici, ma in forza di leggi dei capi supremi della terra i quali, secondo la profezia avveratasi 13, adorano Cristo e al cui tribunale accusaste Ceciliano; siccome però foste sconfitti, doveste battervela in ritirata.
La Chiesa non sarà abbandonata da Dio.
12. Se però non volete né ascoltarci né informarci, venite oppure mandate con noi nel territorio d'Ippona persone che vedano i vostri soldati armati: che dico soldati? Nessun soldato aggiunge al numero delle sue armi calce e aceto da gettare negli occhi dei barbari! Se non volete fare neppure questo, scrivete almeno a quei vostri masnadieri che cessino di compiere le loro scelleratezze, si astengano dal massacrare i nostri, dal fare rapine, dall'accecare le persone! Non vogliamo dirvi: " Condannateli ". Sarà affare vostro vedere come non riescano a contaminarvi costoro appartenenti alla vostra comunione e che vi abbiamo più su dimostrato essere dei briganti, e come invece noi saremmo contaminati da coloro che non siete mai riusciti a dimostrare esser stati dei " traditori ". Scegliete quel che più vi piace. Se poi voi disprezzate queste nostre denunce, noi non ci pentiremo affatto di aver voluto trattare con voi con disposizioni pacifiche. Il Signore non mancherà d'assistere la sua Chiesa in modo che sarete piuttosto voi a dovervi pentire d'aver disprezzato la nostra moderazione.
1 - Sal 34, 12.
2 - Sal 119, 7.
3 - Dn 6, 16-24.
4 - Prv 19, 12.
5 - Sir 27, 29.
6 - Ef 4, 3.
7 - Is 66, 5.
8 - At 15, 9.
9 - 1 Pt 4, 8.
10 - Mt 4, 1-10.
11 - At 17, 18 ss.
12 - Gn 22, 18.
13 - Cf. Sal 71, 14.
Capitolo 3 - Gesù condotto da Pilato
La Passione di Gesù - Anna Caterina Emmerick
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«Condussero allora Gesù dalla casa di Caifa al pretorio» (Giovanni 18,28).
Vidi Gesù trascinato con le funi: il suo viso era gonfio e contuso. Egli appariva sfigurato dalle percosse e dagli oltraggi della notte, indossava soltanto la tunica inconsutile, insudiciata di sputi e macchiata di sangue. La plebaglia affluiva da ogni parte e seguiva il corteo lanciando grida e invettive contro il Galileo. Nel vederlo in quelle condizioni, sanguinante e pieno di lividi, molti amici esclusero Gesù dal loro cuore, la loro fede si affievolì e si ritirarono scoraggiati, mentre i più superficiali si unirono alla marmaglia. Essi non riuscivano a persuadersi che il Signore, così barcollante e malandato, potesse essere il Re, il Profeta, il promesso Messia e il Figlio di Dio.
I farisei dicevano a quelli che osservavano dubbiosi:
«Vedete il vostro re? Riveritelo!».
Dopo una breve visita notturna al tribunale di Caifa, la Madonna era rimasta nel cenacolo immersa nel suo muto dolore, in costante unione spirituale con Gesù. Quando il Signore fu fatto uscire dalla prigione per essere condotto nuovamente davanti ai giudici, ella si alzò per andare a vedere personalmente il suo Figlio diletto. La Vergine mise il velo e il manto, mentre diceva a Maria Maddalena e a Giovanni:
«Seguiamo mio Figlio fino al palazzo di Pilato, lo voglio rivedere!».
I tre uscirono e percorsero un sentiero obliquo, quindi aspettarono il corteo in un luogo dove sapevano che sarebbe passato.
Vidi la santa Madre nascosta dietro l'angolo di un edificio, e con lei c'erano Giovanni e Maria Maddalena. Essi attendevano il passaggio dell'infame corteo. Maria santissima aveva impresse nel cuore le sofferenze del Figlio divino, tuttavia anche i suoi occhi interiori non potevano immaginare come la cattiveria degli uomini lo avesse sfigurato.
Vidi la miserabile processione sfiorare la Madre: prima i diabolici principi dei sacerdoti, poi gli accusatori, gli scribi e i farisei, infine Gesù, seguito dalla plebaglia agitata che gli urlava contro ingiurie e maledizioni.
Alla vista del suo diletto Figlio, così orribilmente sfigurato, ella esclamò tra le lacrime:
«Questo è mio Figlio! Come hanno ridotto il mio Gesù!».
Il Signore la guardò commosso e la Vergine santa si sentì mancare; Giovanni e Maria Maddalena la condussero subito via.
Davanti a Pilato
Ma egli non rispose neppure una parola, sicché il procuratore se ne meravigliò assai» (Matteo 27,14).
Riavutasi da quell'orrendo spettacolo, la Vergine si fece condurre da Giovanni e da Maria Maddalena al palazzo di Pilato.
Questo edificio è situato in una posizione sopraelevata e vi si accede salendo per una gradinata di marmo. Esso domina un ampio piazzale circondato da portici, sotto i quali ci sono i mercati. Il palazzo è circondato da un grande muro di cinta interrotto dal “foro”, ossia quattro ingressi disposti secondo i punti cardinali, presidiati da un consistente corpo di guardia. Il palazzo di Pilato è congiunto dal lato nord con il foro e dal lato sud con il pretorio, dove Pilato pronunciava i suoi giudizi.
Di fronte alla colonna della flagellazione, presso il corpo di guardia, si eleva una loggia chiamata “Gabbata” una sorta di tribunale all'aperto, elevato e cilindrico, con i sedili di pietra, dove Pilato emanava i giudizi più solenni; vi si accede per mezzo di alcuni scalini.
Invece la scalinata di marmo, che sale al palazzo del pro curatore, conduce a una terrazza scoperta dalla quale Pilato parlava con gli accusatori, i quali sedevano su alcune panche di pietra all'entrata del foro.
Non lontano dal corpo di guardia e dalla colonna della flagellazione si trovano le prigioni sotterranee in cui erano stati rinchiusi due ladroni.
Dietro al palazzo del procuratore ci sono altre terrazze con chioschi e giardini che conducono alla dimora di Claudia Procla, moglie di Pilato.
Erano circa le sei del mattino, secondo il nostro modo di calcolare il tempo, quando il triste corteo raggiunse il palazzo di Pilato. Sfigurato orribilmente dai maltrattamenti, Gesù fu condotto fin sotto la scala del procuratore, mentre i sinedriti si erano disposti davanti al pretorio senza varcarne la soglia per non contaminarsi. La striscia che essi non dovevano oltrepassare era tracciata sul selciato del cortile. Pilato stava sopra la grande terrazza sporgente, disteso su una lettiga; davanti a sé aveva una piccola tavola a tre pie di sulla quale erano collocate le insegne del suo rango.
Accanto a lui c'erano ufficiali e soldati con i fregi e le insegne del potere romano.
Quando Pilato vide arrivare Gesù in mezzo a un gran de tumulto, si alzò e parlò con un'aria sprezzante:
«Perché venite così presto? Come mai avete ridotto quest'uomo in così miserabili condizioni? Cominciate di buon'ora a percuotere e scorticare le vostre vittime!», e indicò Gesù in mezzo a loro.
I Giudei, senza rispondere, urlarono agli sgherri:
«Avanti, conducetelo al tribunale!».
Poi si rivolsero a Pilato:
«Ascolta le nostre accuse contro questo malfattore. Noi non possiamo entrare nel tuo tribunale, perché secondo la nostra legge ci renderemmo impuri».
Solo gli sgherri salirono i gradini di marmo trascinando Gesù sulla grande terrazza sporgente.
Pilato aveva spesso sentito parlare di Gesù di Nazaret, “il Galileo”. Ora, nel vederlo così sfigurato e maltrattato, sentì aumentare il suo disgusto per i sacerdoti del tempio. Con tono imperioso e sprezzante il procuratore romano chiese loro:
«Di che cosa accusate quest'uomo?».
«Se non fosse un malfattore non te l'avremmo condotto»,risposero irritati.
«E meglio che lo giudichiate secondo le vostre leggi», replicò Pilato.
«Tu sai che abbiamo pesanti limitazioni riguardo alla pena capitale», risposero i sacerdoti con voce ansiosa, per ché volevano uccidere Gesù prima della festa solenne.
Pilato dimostrò di non essere disposto a condannare Gesù senza prove e intimò loro di produrre i capi d'accusa. Essi ne presentarono tre, per ognuno dei quali erano pronti a deporre dieci testimoni. I sinedriti volevano persuadere a tutti i costi Pilato che Gesù era reo innanzi tutto contro l'imperatore, in modo che fosse condannato dal procuratore romano.
Essi presentarono Gesù di Nazaret come agitatore delle masse, colpevole di avere turbato l'ordine pubblico; aggiunsero che egli violava il sabato perché operava guarigioni in quel giorno sacro. A questo punto furono interrotti da Pilato:
«A quanto sembra, voi non siete malati, diversamente le sue guarigioni non vi avrebbero scandalizzati».
Senza badare all'ironia del procuratore romano i sinedriti continuarono:
«Attira il popolo con insegnamenti orrendi, dice che per ottenere la vita eterna bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue».
Rendendosi conto dell'accanimento col quale essi presentavano le accuse, Pilato, sorridendo ai suoi ufficiali, disse ai Giudei:
«Sembra che anche voi seguiate la sua dottrina, perché avete fretta di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue!».
Imperturbati, essi passarono al secondo capo d'accusa. Dissero che il Nazareno sobillava il popolo a non pagare il tributo all'imperatore. Nell'udire queste parole Pilato ebbe un moto di collera e li interruppe con tono tagliente:
«Questa è una grande menzogna perché io l'avrei saputo prima di voi!».
E, senza reagire, i Giudei mossero contro Gesù la terza accusa:
«Comunque sia, quest'uomo di bassa origine ha formato un grande partito e ha profetato la caduta di Gerusalemme. Inoltre diffonde tra il popolo parabole a doppio senso circa un re che prepara le nozze di suo figlio. Costui ha radunato sopra una montagna una moltitudine di gente che lo ha proclamato re.
Ma il Galileo ha trovato che il tempo non era ancora maturo per quest'evento e si è tenuto nascosto, uscendo fuori solo recentemente per assumere la dignità regale. Infatti è stato accolto trionfalmente dalla folla osannante di Gerusalemme che lo acclamava: “Figlio di Davide! Bene detto sia il regno del nostro padre Davide!”. Si è fatto chiamare Cristo, re dei Giudei, l'unto del Signore, il re promesso agli Ebrei!».
Su queste ultime parole, confermate da dieci testimoni, Pilato apparve molto pensoso; passò nell'ultima sala del tribunale e ordinò alle guardie di portargli Gesù per interrogarlo.
Pilato era un pagano superstizioso e alquanto superficiale, facile a turbarsi. Aveva sentito parlare vagamente dei «figli degli dèi romani»; non ignorava neppure che i profeti dell'antichità giudaica avevano preannunciato «l'Unto del Signore», il Messia promesso ai Giudei.
Sapeva inoltre che dall'Oriente erano venuti alcuni re a visitare il vecchio Erode, il quale aveva fatto massacrare molti lattanti. Pilato non credeva che Gesù, caduto in tali compassionevoli condizioni, potesse essere il re della promessa, ma lo volle interrogare ugualmente perché era accusato di voler usurpare i diritti dell'imperatore.
Quando Gesù gli fu dinanzi, Pilato, dopo averlo scrutato con stupore, gli chiese:
«Sei dunque il re dei Giudei? ».
Gesù gli disse:
«Mi chiedi questo spontaneamente o altri ti hanno parlato di me?».
«Sono io forse un ebreo per interessarmi di simili miserie? Il tuo popolo ti ha consegnato a me perché io ti con danni a morte. Dimmi: che cosa hai fatto?», gli chiese Pilato in tono sprezzante.
L'interrogato rispose:
«Sì, sono re, come tu dici. Sono nato e venuto in questo mondo per rendere testimonianza alla Verità. Chiunque è dalla Verità ascolta la mia voce».
Pilato, alzandosi, lo guardò e disse:
«Cos'è mai la verità?».
Egli aveva ormai compreso che Gesù non poteva danneggiare l'imperatore romano. Fece ritorno sulla terrazza e sentenziò, rivolto ai sinedriti:
«Non trovo alcuna colpa in quest'uomo!».
I nemici di Gesù reagirono scagliando contro di lui un mare di accuse e d'improperi. Siccome il Salvatore restava silenzioso e orante, Pilato gli disse:
«Non hai nulla da obiettare a queste accuse?».
Gesù non proferì parola.
Il procuratore romano aggiunse:
«Costoro inventano menzogne contro di te!».
Intanto gli accusatori gli continuavano a gridare furiosi:
«Non trovi colpa in un miserabile che ha sollevato la popolazione dalla Galilea fino qui?».
Udendo nominare la Galilea, Pilato domandò:
«Ma quest'uomo è Galileo, quindi suddito di Erode?».
«Sì!», risposero i sinedriti. «La sua residenza attuale è a Cafarnao e i suoi genitori hanno avuto dimora a Nazaret».
«Se è suddito di Erode, conducetelo dinanzi a lui. Egli è qui per la festa e potrà giudicarlo».
Detto questo, Pilato inviò un messo a Erode e fece condurre Gesù fuori del tribunale. Così fu felice d'aver evitato il giudizio su Gesù, perché questo compito gli era assai increscioso.
Inoltre Pilato desiderava mostrarsi gentile con Erode, con il quale era in urto per motivi politici. Il procuratore romano sapeva che il tetrarca era molto curioso di vedere Gesù.
Furiosi per l'affronto subito di fronte al popolo, i sinedriti fecero ricadere tutta la loro collera sul Redento re. Lo fecero frustare selvaggiamente e, coprendolo di insulti, lo trascinarono da Erode. Attraversando la folla che gremiva le vie di Gerusalemme giunsero alla reggia del tetrarca.
Origine della Via Crucis
La santa Vergine, Giovanni e Maria Maddalena avevano assistito con angoscia a quanto si era svolto nel pretorio. Essi erano rimasti nascosti e avevano udito le ingiurie pronunciate dai sinedriti.
Mentre Gesù veniva condotto da Erode, Giovanni fece percorrere alla Vergine e a Maria Maddalena la Via Crucis. Dal palazzo di Caifa a quello di Anna, fino al monte degli Ulivi e al Getsemani, essi unirono le loro sofferenze a quelle del Signore, venerando i luoghi dove egli era caduto e aveva sofferto in modo atroce. Maria santissima si prostrava spesso al suolo baciando la terra santificata dalle cadute e dal sangue del Figlio.
Con gli occhi pieni di lacrime, Giovanni cercava di con solare Maria Maddalena e l'addolorata Vergine.
Questa fu l'origine della Via Crucis, la dolorosa con templazione della passione di Gesù.
Pilato e il sogno della moglie Claudia Procla
«Ora, mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: “Non t'impicciare nelle cose di quel giusto, perché oggi ho molto sofferto in sogno a motivo di lui”» (Matteo 27,19).
Claudia Procla, la moglie del procuratore romano, osservava da una galleria segreta il corteo che conduceva Gesù da Erode. Profondamente turbata, inviò un domestico da Pilato perché desiderava parlargli.
Claudia era una donna di bell'aspetto, portava sul capo un velo che le scendeva sul dorso e un diadema fermava la sua folta capigliatura. Sul petto aveva un fermaglio prezioso che manteneva la lunga veste ad ampie pieghe.
La vidi parlare a lungo col suo sposo. Gli raccontò le meravigliose visioni che aveva avuto in sogno riguardo al Figlio di Dio. Era pallida in volto e scongiurò Pilato di non fare del male a Gesù.
Mentre Claudia raccontava a Pilato i sogni avuti quella notte, la maggior parte di essi passò davanti alla mia vista interiore.
La consorte di Pilato aveva visto i principali episodi della vita del Signore e aveva sofferto tutta la notte. Aveva appreso molte verità penose, come il massacro degli innocenti, la profezia di Simeone, la passione di nostro Signore e i dolori della sua santa Madre.
I nemici di Gesù si erano manifestati nel sogno visionario di Claudia sotto forme mostruose.
La donna stava vedendo molti miracoli e verità meravigliose, quando improvvisamente fu risvegliata dal rumore del corteo che conduceva Gesù attraverso il foro.
Nel vedere il Signore così sfigurato e maltrattato, il suo cuore ne fu assai sconvolto e mandò a chiamare Pilato.
Dopo aver ascoltato attentamente il racconto e la supplica della sua sposa, che si era espressa con tanta tenerezza, egli la rassicurò:
«Non ho trovato colpa in quest'uomo, perciò non emetterò nessuna condanna nei suoi confronti; ho riconosciuto la sua innocenza e la malizia degli Ebrei»
Come pegno della sua solenne promessa Pilato le diede un anello. Così si separarono.
Il procuratore romano era un uomo corrotto e superbo, capace di ricorrere a qualsiasi bassezza pur di ottenere i suoi vantaggi, ma allo stesso tempo era molto superstizioso.
La sua concezione religiosa era molto confusa; egli offriva segretamente l'incenso ai suoi dèi per invocarne l'aiuto. Temeva che essi si vendicassero di lui se avesse riconosciuto l'innocenza di Gesù, nella quale egli tuttavia credeva. Le meravigliose visioni narrate da sua moglie lo convinsero a liberare il Galileo. Il corpo di guardia del pretorio fu messo in allarme e tutti i luoghi importanti di Gerusalemme furono fatti presidiare dai soldati romani.
Gesù davanti a Erode Antipa
«Erode, insieme con le sue guardie, lo trattò con disprezzo e si prese gioco di lui...» (Luca 23,11).
Il palazzo di Erode Antipa si innalza nella parte nuova della città, non lontano dal pretorio. Vidi alcuni soldati romani che scortavano il corteo dei Giudei con Gesù prigioniero.
Il popolo, intanto, istigato dai farisei, affluiva nella zona del mercato, affollando i paraggi della reggia di Erode.
Il tetrarca, avvertito dal messo di Pilato, aspettava il Galileo nella sala più sontuosa; lo vidi assiso su una specie di trono fatto di cuscini, circondato dalla corte e da alcune guardie armate.
Erode si sentiva molto lusingato per il fatto che Pilato gli avesse riconosciuto il diritto di giudicare un suo suddito alla presenza dei sacerdoti del tempio.
Gesù giunse da Erode completamente sfigurato, con la faccia sanguinante e la veste macchiata di sangue. Il tetrarca, assalito da un moto di pietà mista a ribrezzo, disse ai sacerdoti:
«Come vi permettete di portarmelo in queste condizioni? Prima lavatelo e pulitelo!».
Allora gli sgherri lavarono Gesù nell'atrio senza cessare di tormentano, al punto di sfregargli un panno ruvido sul volto ferito. Erode rimproverò aspramente i sacerdoti per la loro crudeltà, ma fece questo solo perché voleva imitare Pilato.
Appena finirono di lavarlo, le guardie riportarono Gesù davanti a Erode Antipa. Il quale dimostrò molta benevolenza verso il Galileo, addirittura gli fece portare un calice di vino per farlo ristorare; ma Gesù non bevve, restò silenzioso e fermo come una statua.
Erode invece parlò molto, rivolgendo parole elevate e cortesi al Signore e facendogli una serie di domande. Gesù non pronunciò parola e tenne lo sguardo fisso a terra.
Senza lasciar trapelare la sua ira e il suo disappunto per l'atteggiamento di Gesù, l'Antipa continuò con le domande e le lusinghe, invitandolo a fare un miracolo alla sua presenza:
«E vero che sei il Figlio di Dio... o chi sei veramente? Perché taci? Mi hanno parlato molto dei tuoi discorsi, dei miracoli e delle prodigiose guarigioni che riesci a produrre. Vuoi mostrarmi qualcosa? Tu sai che io posso farti li berare»
Vedendo che Gesù restava impassibile, egli riprese le sue domande con maggior vigore:
«Ho saputo di te cose meravigliose: hai reso la vista ai ciechi nati, hai sfamato migliaia di persone con pochi pani, hai ridestato Lazzaro dalla morte. Perché adesso non possiedi più questo potere? Sei tu colui che sei sfuggito al la morte che fu data a numerosi bambini sotto il regno di mio padre? Mi rammento che alcuni re dell'Oriente erano venuti da mio padre per vedere un neonato re degli Ebrei; il neonato di cui parlo eri tu? Oppure vuoi utilizzare quest'episodio per diventare re?».
Poiché il Signore continuava a non degnare di uno sguardo quell'adultero incestuoso, assassino di Giovanni Battista, Erode sentenziò con voce grave:
«Non vedo in te niente di regale, vedo solo un pazzo!». I sinedriti, approfittando del disgusto del tetrarca provocato dal silenzio di Gesù, rinforzarono le loro accuse. Essi adoperarono gli argomenti più convincenti per fare in modo che Erode intravedesse il suo trono in pericolo se Gesù fosse stato rimesso in libertà.
Ciò nonostante, il tetrarca non era disposto a condannare il Redentore per una serie di motivi: innanzi tutto per ché davanti al Signore provava un intimo terrore e il rimorso per aver fatto uccidere Giovanni; inoltre disprezzava i capi dei sacerdoti, i quali l'avevano allontanato dai sacrifici a causa del suo adulterio; infine, non voleva fare un affronto a Pilato che aveva dichiarato Gesù innocente.
Umiliato però dal persistente silenzio di Gesù, lo consegnò ai servi e alle guardie della sua reggia, che erano più di duecento, dando loro quest'ordine:
«Rendete a questo re da strapazzo gli onori che si merita!».
Il Salvatore venne trascinato in un grande cortile e colà fu vittima di nuovi e crudelissimi oltraggi, mentre Erode si godeva il supplizio da una terrazza di marmo.
Intanto Anna e Caifa tentavano con ogni mezzo di con vincere il tetrarca a condannare Gesù a morte, ma egli disse loro:
«Condannarlo sarebbe da parte mia un delitto contro il giudizio di Pilato, che ebbe la cortesia di mandarlo a me!».
Vedendo che questi era deciso a non condannare Gesù, i sacerdoti incaricarono i farisei di sollevare il popolo contro il Galileo. Alcuni dei più acerrimi nemici del Signore, temendo che Pilato lo rimettesse in libertà, distribuirono denaro ai servi di Erode affinché lo maltrattassero fino a provocargli la morte.
Vidi Gesù martoriato dai duecento servi di Erode. Gli misero un gran sacco bianco come mantello e lo percossero a più non posso, lo tiravano come per farlo ballare, poi lo gettavano a terra trascinandolo per il cortile. Il suo sacro capo sbatté più volte contro le colonne di marmo. Lo rialzavano e ricominciavano a martoriarlo, sputandogli addosso e coprendolo d'insulti.
I servi, prezzolati dai nemici di Gesù, gli assestavano colpi sul sacratissimo capo. Il Signore li guardava con compassione, mentre sospirava per i dolori atroci; i suoi gemiti strazianti suscitavano le risate deliranti dei suoi torturatori; nessuno sentiva pietà di lui.
Completamente insanguinato, Gesù cadde tre volte sotto i feroci colpi di bastone. Vidi gli angeli che gli ungevano il sacratissimo capo, piangevano ed erano molto addolorati. Mi fu rivelato che senza la loro celeste assistenza il Redentore sarebbe certamente morto.
Dopo quest'orrenda infamia, Erode Antipa rinviò Gesù da Pilato.
Gesù ricondotto da Pilato
«Barabba era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio» (Luca 23,19).
Così ridotto, ancora coperto con il sacco bianco di cotone, Gesù fu riportato a Pilato.
I sacerdoti erano furiosi perché neanche Erode aveva voluto condannarlo.
Pieni di rabbia, perché costretti a ripresentarsi davanti al procuratore romano, essi tormentarono Gesù in tutti i modi.
Per mostrano in quello stato ignominioso, gli fecero per correre un cammino due volte più lungo del normale. I sommi sacerdoti fecero questo anche per lasciar tempo ai farisei di sobillare la popolazione contro Gesù.
Per via gli aguzzini non cessarono un solo istante di torturare il Redentore. Egli cadde più volte e fu fatto rialzare a furia di pugni, calci e bastonate, mentre il popolo, facendosi sempre più numeroso al suo passaggio, l'oltraggiava senza fine.
Stremato e deriso dalla marmaglia istigata dai farisei, Gesù pregò il Padre di non farlo morire prima del tempo.
Alle otto e un quarto il corteo, attraversando il foro, giunse davanti all'ingresso orientale del palazzo di Pilato. Il procuratore romano era stato preavvertito da un messo di Erode sull'esito del giudizio. Nel suo messaggio a Pilato, l'Antipa gli esternava la sua gratitudine e lo pregava di riprendersi il Galileo, avendo visto in lui solo un pazzo muto ma nessuna colpa. Il procuratore fu molto contento di apprendere che Erode era stato del suo stesso parere e non aveva condannato Gesù; allora gli inviò i suoi complimenti e i due divennero nuovamente amici.
Vedendo il popolo in tumulto, scatenato dai farisei, Pilato aveva mobilitato circa mille soldati provenienti dalle province italiche. Essi occupavano il pretorio, il corpo di guardia, gli ingressi del foro e quelli del suo palazzo.
La santa Vergine, Maria Maddalena e circa venti discepole si erano messe in un luogo appartato da dove potevano vedere e udire ogni cosa. Giovanni era con loro.
Gli sgherri spinsero Gesù sulla gradinata che conduce alla terrazza di Pilato, il quale l'attendeva con i suoi ufficiali. A causa delle spinte grossolane dei suoi aguzzini, il Signore incespicò nella veste di cui era stato ricoperto e cadde sui gradini di marmo bianco, macchiandoli col suo sangue. La plebaglia rise della sua caduta, ridacchiarono pure i suoi aguzzini, i quali lo fecero rialzare a calci e lo costrinsero a salire fino alla sommità della gradinata.
Il procuratore romano si alzò dalla sua lettiga, avanzò sulla terrazza e disse con voce ferma:
«Mi avete presentato quest'uomo come un agitatore di popolo, ma io, dopo averlo interrogato alla vostra presenza, non ho trovato in lui nessuna colpa. Nemmeno Erode lo ha trovato colpevole, poiché non ne avete ottenuto la sentenza di morte. Lo farò flagellare e poi lo libererò».
Contro questa decisione di Pilato si levò un possente mormorio di protesta. Il procuratore accolse con grande disprezzo quelle rimostranze del popolo sobillato.
Manipolata dagli agitatori, prezzolati dai farisei, la folla chiese che fosse liberato un prigioniero in occasione del la festa solenne. Per indurre la massa a sollecitare la libe razione di Gesù, Pilato fece comparire accanto al Salvatore un bandito della peggiore specie.
«E consuetudine che io, per la Pasqua, vi liberi un prigioniero. Chi volete che vi liberi: Barabba o Gesù, il re dei Giudei, colui che dice di essere l'unto del Signore?».
A questa domanda del procuratore, dopo una prima esitazione, la folla gridò in coro:
«Barabba! ».
I farisei, guidati dai sacerdoti e dai sinedriti, si agitava no tra la moltitudine distribuendo denaro e incitandola contro Gesù.
In disparte dalla folla, sotto un porticato, vidi la Vergine Maria, Maria Maddalena e le altre pie donne profondamente afflitte dal dolore. Giovanni andava in giro per il foro con la speranza di raccogliere qualche buona notizia, poiché correva voce che Pilato volesse liberare Gesù. Ben ché la Vergine santa sapesse che l'unico mezzo di salvezza per gli uomini era la morte del Figlio, il suo cuore materno anelava a strappano dal supplizio. E come Gesù, fattosi uomo, soffriva le pene di un qualsiasi innocente torturato e inviato a morte, così Maria pativa il tormento di una madre che vede il proprio figlio sfigurato dal popolo ingrato e crudele. Questa Madre soffriva in modo indicibile e supplicava Dio con le stesse parole pronunciate da Gesù nell'orto degli Ulivi: «Se è possibile, si allontani da me questo calice».
Intanto Pilato era stato chiamato da un servo di Claudia Procla, la quale gli aveva rinviato l'anello da lui donato per rammentargli la promessa.
Dopo aver restituito il pegno alla sua consorte per assicurarla che avrebbe mantenuto la promessa, il procuratore ritornò sui loggione e ripeté:
«Insomma, chi volete che vi liberi: Barabba o Gesù?».
Con profondo stupore, egli udì un grido unanime:
«Noi vogliamo libero Barabba! ».
Dsse ancora:
«Cosa debbo fare di Gesù, chiamato il Cristo, il re dei Giudei?».
Un coro tumultuoso si levò in alto:
«Sia crocifisso! Sia crocifisso! ».
«Ma che cosa ha dunque fatto di male? Non vedo nulla in lui che meriti la morte; per questo lo farò flagellare e poi lo rimetterò in libertà».
A queste parole echeggiò un grido simile a un tuono:
«Crocifiggilo! Crocifiggilo! ».
Così Pilato liberò il malfattore Barabba e fece flagellare Gesù.
8-48 Settembre 5, 1908 A seconda che si cambia la creatura così sente i diversi effetti della presenza di Dio.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Parlando col confessore, lui diceva: “Quanto sarà terribile vedere Dio sdegnato! Tanto vero, che nel giorno del giudizio i cattivi diranno: Monti, seppelliteci, distruggeteci, affinché non vediamo la faccia di Dio sdegnato”.
(2) Ed io che dicevo: “In Dio non ci può essere sdegno, ma è piuttosto secondo lo stato dell’anima: Se buona, la presenza divina, le sue qualità, i suoi attributi, la attirano tutta in Dio, ed essa si consuma d’immergersi tutta in Dio. Se cattiva, la sua presenza la schiaccia, la ributta lontano da Sé, e l’anima, vedendosi ributtata e non sentendo in sé germe d’amore verso un Dio sì Santo, sì Bello, ed essa sì brutta, cattiva, vorrebbe disfarsi dalla sua presenza, se possibile anche distruggendosi. Quindi in Dio non c’è mutazione, ma a seconda che noi siamo così si provano gli effetti”. Onde dopo pensavo tra me: “Quanti spropositi che ho detto”. Perciò, facendo nel giorno la meditazione, appena è venuto e mi ha detto:
(3) “Figlia mia, sta ben detto, non mi cambio, ma a seconda che si cambia la creatura così sente i diversi effetti della mia presenza. Difatti, come può temere chi mi ama, se si sente scorrere tutto il mio Essere nel suo e vi forma la sua stessa vita? Può temere della mia Santità, se alla stessa Santità essa vi prende parte? Può vergognarsi della mia Bellezza, se sempre più cerca di abbellirsi per piacere e per rassomigliarsi a Me? Si sente scorrere nel suo sangue, nelle sue mani, nei suoi piedi, nel suo cuore, nella mente, tutto tutto l’Essere Divino, di modo che è cosa sua, tutto suo, e può temere, può vergognarsi di sé stesso? Ciò è impossibile. Ah! figlia mia, è il peccato che getta tanto scompiglio nella creatura, fino a volersi distruggere per non sostenere la mia presenza. Nel giorno del giudizio sarà terribile per i cattivi, non vedendo in loro germe d’amore, anzi odio verso di Me, la mia giustizia impone di non farmeli amare; quindi le persone che non si amano non si vogliono tenere vicino, e si usano dei mezzi per allontanarle, Io non vorrò tenerli con Me, quelli non vorranno stare, ci fuggiremo a vicenda, l’amore solo è quello che unisce tutto e felicita tutto”.