Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 5° settimana del tempo di Quaresima (San Giovanni Battista La Salle)
Vangelo secondo Marco 10
1Partito di là, si recò nel territorio della Giudea e oltre il Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l'ammaestrava, come era solito fare.2E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: "È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?".3Ma egli rispose loro: "Che cosa vi ha ordinato Mosè?".4Dissero: "Mosè ha permesso di 'scrivere un atto di ripudio e di rimandarla'".5Gesù disse loro: "Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma.6Ma all'inizio della creazione 'Dio li creò maschio e femmina';7'per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola'.8Sicché non sono più due, ma una sola carne.9L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto".10Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse:11"Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei;12se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio".
13Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.14Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.15In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso".16E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva.
17Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?".18Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.19Tu conosci i comandamenti: 'Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza', non frodare, 'onora il padre e la madre'".
20Egli allora gli disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza".21Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi".22Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
23Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!".24I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: "Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio!25È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio".26Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: "E chi mai si può salvare?".27Ma Gesù, guardandoli, disse: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio".
28Pietro allora gli disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito".29Gesù gli rispose: "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo,30che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.31E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi".
32Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore. Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto:33"Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani,34lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà".
35E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: "Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo".36Egli disse loro: "Cosa volete che io faccia per voi?". Gli risposero:37"Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra".38Gesù disse loro: "Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?". Gli risposero: "Lo possiamo".39E Gesù disse: "Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete.40Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato".
41All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni.42Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: "Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere.43Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore,44e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti.45Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti".
46E giunsero a Gèrico. E mentre partiva da Gèrico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare.47Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!".48Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!".
49Allora Gesù si fermò e disse: "Chiamatelo!". E chiamarono il cieco dicendogli: "Coraggio! Alzati, ti chiama!".50Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.51Allora Gesù gli disse: "Che vuoi che io ti faccia?". E il cieco a lui: "Rabbunì, che io riabbia la vista!".52E Gesù gli disse: "Va', la tua fede ti ha salvato". E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
Tobia 8
1Quando ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di andare a dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero nella camera da letto.2Tobia allora si ricordò delle parole di Raffaele: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce e li pose sulla brace dell'incenso.3L'odore del pesce respinse il demonio, che fuggì nelle regioni dell'alto Egitto. Raffaele vi si recò all'istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi.4Gli altri intanto erano usciti e avevano chiuso la porta della camera. Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: "Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza".5Essa si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: "Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli!6Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui.7Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Dègnati di aver misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia".8E dissero insieme: "Amen, amen!".9Poi dormirono per tutta la notte.
10Ma Raguele si alzò; chiamò i servi e andò con loro a scavare una fossa. Diceva infatti: "Caso mai sia morto, non abbiamo a diventare oggetto di scherno e di ribrezzo".11Quando ebbero terminato di scavare la tomba, Raguele tornò in casa; chiamò la moglie12e le disse: "Manda in camera una delle serve a vedere se è vivo; così, se è morto, lo seppelliremo senza che nessuno lo sappia".13Mandarono avanti la serva, accesero la lampada e aprirono la porta; essa entrò e li trovò che dormivano insieme, immersi in un sonno profondo.14La serva uscì e riferì loro che era vivo e che non era successo nulla di male.15Benedissero allora il Dio del cielo: "Tu sei benedetto, o Dio, con ogni pura benedizione. Ti benedicano per tutti i secoli!16Tu sei benedetto, perché mi hai rallegrato e non è avvenuto ciò che temevo, ma ci hai trattato secondo la tua grande misericordia.17Tu sei benedetto, perché hai avuto compassione dei due figli unici. Concedi loro, Signore, grazia e salvezza e falli giungere fino al termine della loro vita in mezzo alla gioia e alla grazia".18Allora ordinò ai servi di riempire la fossa prima che si facesse giorno.
19Raguele ordinò alla moglie di fare il pane in abbondanza; andò a prendere dalla mandria due vitelli e quattro montoni; li fece macellare e cominciarono così a preparare il banchetto.
20Poi chiamò Tobia e sotto giuramento gli disse: "Per quattordici giorni non te ne andrai di qui, ma ti fermerai da me a mangiare e a bere e così allieterai l'anima già tanto afflitta di mia figlia.21Di quanto possiedo prenditi la metà e torna sano e salvo da tuo padre. Quando io e mia moglie saremo morti, anche l'altra metà sarà vostra. Coraggio, figlio! Io sono tuo padre ed Edna è tua madre; noi apparteniamo a te come a questa tua sorella da ora per sempre. Coraggio, figlio!".
Giobbe 39
1Sai tu quando figliano le camozze
e assisti al parto delle cerve?
2Conti tu i mesi della loro gravidanza
e sai tu quando devono figliare?
3Si curvano e depongono i figli,
metton fine alle loro doglie.
4Robusti sono i loro figli, crescono in campagna,
partono e non tornano più da esse.
5Chi lascia libero l'asino selvatico
e chi scioglie i legami dell'ònagro,
6al quale ho dato la steppa per casa
e per dimora la terra salmastra?
7Del fracasso della città se ne ride
e gli urli dei guardiani non ode.
8Gira per le montagne, sua pastura,
e va in cerca di quanto è verde.
9Il bufalo si lascerà piegare a servirti
o a passar la notte presso la tua greppia?
10Potrai legarlo con la corda per fare il solco
o fargli erpicare le valli dietro a te?
11Ti fiderai di lui, perché la sua forza è grande
e a lui affiderai le tue fatiche?
12Conterai su di lui, che torni
e raduni la tua messe sulla tua aia?
13L'ala dello struzzo batte festante,
ma è forse penna e piuma di cicogna?
14Abbandona infatti alla terra le uova
e sulla polvere le lascia riscaldare.
15Dimentica che un piede può schiacciarle,
una bestia selvatica calpestarle.
16Tratta duramente i figli, come se non fossero
suoi,
della sua inutile fatica non si affanna,
17perché Dio gli ha negato la saggezza
e non gli ha dato in sorte discernimento.
18Ma quando giunge il saettatore, fugge agitando le
ali:
si beffa del cavallo e del suo cavaliere.
19Puoi tu dare la forza al cavallo
e vestire di fremiti il suo collo?
20Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo?
Il suo alto nitrito incute spavento.
21Scalpita nella valle giulivo
e con impeto va incontro alle armi.
22Sprezza la paura, non teme,
né retrocede davanti alla spada.
23Su di lui risuona la faretra,
il luccicar della lancia e del dardo.
24Strepitando, fremendo, divora lo spazio
e al suono della tromba più non si tiene.
25Al primo squillo grida: "Aah!..."
e da lontano fiuta la battaglia,
gli urli dei capi, il fragor della mischia.
26Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero
e spiega le ali verso il sud?
27O al tuo comando l'aquila s'innalza
e pone il suo nido sulle alture?
28Abita le rocce e passa la notte
sui denti di rupe o sui picchi.
29Di lassù spia la preda,
lontano scrutano i suoi occhi.
30I suoi aquilotti succhiano il sangue
e dove sono cadaveri, là essa si trova.
Salmi 106
1Alleluia.
Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Chi può narrare i prodigi del Signore,
far risuonare tutta la sua lode?
3Beati coloro che agiscono con giustizia
e praticano il diritto in ogni tempo.
4Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza,
5perché vediamo la felicità dei tuoi eletti,
godiamo della gioia del tuo popolo,
ci gloriamo con la tua eredità.
6Abbiamo peccato come i nostri padri,
abbiamo fatto il male, siamo stati empi.
7I nostri padri in Egitto
non compresero i tuoi prodigi,
non ricordarono tanti tuoi benefici
e si ribellarono presso il mare, presso il mar Rosso.
8Ma Dio li salvò per il suo nome,
per manifestare la sua potenza.
9Minacciò il mar Rosso e fu disseccato,
li condusse tra i flutti come per un deserto;
10li salvò dalla mano di chi li odiava,
li riscattò dalla mano del nemico.
11L'acqua sommerse i loro avversari;
nessuno di essi sopravvisse.
12Allora credettero alle sue parole
e cantarono la sua lode.
13Ma presto dimenticarono le sue opere,
non ebbero fiducia nel suo disegno,
14arsero di brame nel deserto,
e tentarono Dio nella steppa.
15Concesse loro quanto domandavano
e saziò la loro ingordigia.
16Divennero gelosi di Mosè negli accampamenti,
e di Aronne, il consacrato del Signore.
17Allora si aprì la terra e inghiottì Datan,
e seppellì l'assemblea di Abiron.
18Divampò il fuoco nella loro fazione
e la fiamma divorò i ribelli.
19Si fabbricarono un vitello sull'Oreb,
si prostrarono a un'immagine di metallo fuso;
20scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia fieno.
21Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
22prodigi nel paese di Cam,
cose terribili presso il mar Rosso.
23E aveva già deciso di sterminarli,
se Mosè suo eletto
non fosse stato sulla breccia di fronte a lui,
per stornare la sua collera dallo sterminio.
24Rifiutarono un paese di delizie,
non credettero alla sua parola.
25Mormorarono nelle loro tende,
non ascoltarono la voce del Signore.
26Egli alzò la mano su di loro
giurando di abbatterli nel deserto,
27di disperdere i loro discendenti tra le genti
e disseminarli per il paese.
28Si asservirono a Baal-Peor
e mangiarono i sacrifici dei morti,
29provocarono Dio con tali azioni
e tra essi scoppiò una pestilenza.
30Ma Finees si alzò e si fece giudice,
allora cessò la peste
31e gli fu computato a giustizia
presso ogni generazione, sempre.
32Lo irritarono anche alle acque di Meriba
e Mosè fu punito per causa loro,
33perché avevano inasprito l'animo suo
ed egli disse parole insipienti.
34Non sterminarono i popoli
come aveva ordinato il Signore,
35ma si mescolarono con le nazioni
e impararono le opere loro.
36Servirono i loro idoli
e questi furono per loro un tranello.
37Immolarono i loro figli
e le loro figlie agli dèi falsi.
38Versarono sangue innocente,
il sangue dei figli e delle figlie
sacrificati agli idoli di Canaan;
la terra fu profanata dal sangue,
39si contaminarono con le opere loro,
si macchiarono con i loro misfatti.
40L'ira del Signore si accese contro il suo popolo,
ebbe in orrore il suo possesso;
41e li diede in balìa dei popoli,
li dominarono i loro avversari,
42li oppressero i loro nemici
e dovettero piegarsi sotto la loro mano.
43Molte volte li aveva liberati;
ma essi si ostinarono nei loro disegni
e per le loro iniquità furono abbattuti.
44Pure, egli guardò alla loro angoscia
quando udì il loro grido.
45Si ricordò della sua alleanza con loro,
si mosse a pietà per il suo grande amore.
46Fece loro trovare grazia
presso quanti li avevano deportati.
47Salvaci, Signore Dio nostro,
e raccoglici di mezzo ai popoli,
perché proclamiamo il tuo santo nome
e ci gloriamo della tua lode.
48Benedetto il Signore, Dio d'Israele
da sempre, per sempre.
Tutto il popolo dica: Amen.
Isaia 24
1Ecco che il Signore spacca la terra,
la squarcia e ne sconvolge la superficie
e ne disperde gli abitanti.
2Avverrà lo stesso al popolo come al sacerdote,
allo schiavo come al suo padrone,
alla schiava come alla sua padrona,
al compratore come al venditore,
al creditore come al debitore,
a chi riceve come a chi da' in prestito.
3Sarà tutta spaccata la terra
sarà tutta saccheggiata,
perché il Signore ha pronunziato questa parola.
4È in lutto, languisce la terra;
è squallido, languisce il mondo,
il cielo con la terra perisce.
5La terra è stata profanata dai suoi abitanti,
perché hanno trasgredito le leggi,
hanno disobbedito al decreto,
hanno infranto l'alleanza eterna.
6Per questo la maledizione divora la terra,
i suoi abitanti ne scontano la pena;
per questo sono bruciati gli abitanti della terra
e sono rimasti solo pochi uomini.
7Lugubre è il mosto, la vigna languisce,
gemono tutti.
8È cessata la gioia dei timpani,
è finito il chiasso dei gaudenti,
è cessata la gioia della cetra.
9Non si beve più il vino tra i canti,
la bevanda inebriante è amara per chi la beve.
10È distrutta la città del caos,
è chiuso l'ingresso di ogni casa.
11Per le strade si lamentano, perché non c'è vino;
ogni gioia è scomparsa,
se ne è andata la letizia dal paese.
12Nella città è rimasta la desolazione;
la porta è stata abbattuta, fatta a pezzi.
13Perché così accadrà nel centro della terra,
in mezzo ai popoli,
come quando si bacchiano le ulive,
come quando si racimola, finita la vendemmia.
14Quelli alzeranno la voce, acclameranno
alla maestà del Signore.
Gridano dal mare:
"Acclamate, pertanto, popoli!
15Voi in oriente, glorificate il Signore,
nelle isole del mare, il nome del Signore, Dio d'Israele.
16Dagli angoli estremi della terra abbiamo udito il canto:
Gloria al giusto".
Ma io dico: "Guai a me!
Guai a me! Ohimè!".
I perfidi agiscono perfidamente,
i perfidi operano con perfidia.
17Terrore, fossa e laccio
ti sovrastano, o abitante della terra.
18Chi fugge al grido di terrore
cadrà nella fossa, chi risale dalla fossa
sarà preso nel laccio.
Le cateratte dall'alto si aprono
e si scuotono le fondamenta della terra.
19A pezzi andrà la terra,
in frantumi si ridurrà la terra,
crollando crollerà la terra.
20Certo, barcollerà la terra come un ubriaco,
vacillerà come una tenda;
peserà su di essa la sua iniquità,
cadrà e non si rialzerà.
21In quel giorno il Signore punirà
in alto l'esercito di lassù
e qui in terra i re della terra.
22Saranno radunati e imprigionati in una fossa,
saranno rinchiusi in un carcere
e dopo lungo tempo saranno puniti.
23Arrossirà la luna,
impallidirà il sole,
perché il Signore degli eserciti regna
sul monte Sion e in Gerusalemme
e davanti ai suoi anziani sarà glorificato.
Apocalisse 18
1Dopo ciò, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere e la terra fu illuminata dal suo splendore.
2Gridò a gran voce:
"È caduta, è caduta
Babilonia la grande
ed è diventata covo di demòni,
carcere di ogni spirito immondo,
carcere d'ogni uccello impuro e aborrito
e carcere di ogni bestia immonda e aborrita.
3Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino
della sua sfrenata prostituzione,
i re della terra si sono prostituiti con essa
e i mercanti della terra si sono arricchiti
del suo lusso sfrenato".
4Poi udii un'altra voce dal cielo:
"Uscite, popolo mio, da Babilonia
per non associarvi ai suoi peccati
e non ricevere parte dei suoi flagelli.
5Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo
e Dio si è ricordato delle sue iniquità.
6Pagatela con la sua stessa moneta,
retribuitele il doppio dei suoi misfatti.
Versatele doppia misura nella coppa con cui mesceva.
7Tutto ciò che ha speso per la sua gloria e il suo lusso,
restituiteglielo in tanto tormento e afflizione.
Poiché diceva in cuor suo:
Io seggo regina,
vedova non sono e lutto non vedrò;
8per questo, in un solo giorno,
verranno su di lei questi flagelli:
morte, lutto e fame;
sarà bruciata dal fuoco,
poiché potente Signore è Dio
che l'ha condannata".
9I re della terra che si sono prostituiti e han vissuto nel fasto con essa piangeranno e si lamenteranno a causa di lei, quando vedranno il fumo del suo incendio,10tenendosi a distanza per paura dei suoi tormenti e diranno:
"Guai, guai, immensa città,
Babilonia, possente città;
in un'ora sola è giunta la tua condanna!".
11Anche i mercanti della terra piangono e gemono su di lei, perché nessuno compera più le loro merci:12carichi d'oro, d'argento e di pietre preziose, di perle, di lino, di porpora, di seta e di scarlatto; legni profumati di ogni specie, oggetti d'avorio, di legno, di bronzo, di ferro, di marmo;13cinnamòmo, amòmo, profumi, unguento, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, greggi, cavalli, cocchi, schiavi e vite umane.
14"I frutti che ti piacevano tanto,
tutto quel lusso e quello splendore
sono perduti per te,
mai più potranno trovarli".
15I mercanti divenuti ricchi per essa, si terranno a distanza per timore dei suoi tormenti; piangendo e gemendo, diranno:
16"Guai, guai, immensa città,
tutta ammantata di bisso,
di porpora e di scarlatto,
adorna d'oro,
di pietre preziose e di perle!
17In un'ora sola
è andata dispersa sì grande ricchezza!".
Tutti i comandanti di navi e l'intera ciurma, i naviganti e quanti commerciano per mare se ne stanno a distanza,18e gridano guardando il fumo del suo incendio: "Quale città fu mai somigliante all'immensa città?".19Gettandosi sul capo la polvere gridano, piangono e gemono:
"Guai, guai, immensa città,
del cui lusso arricchirono
quanti avevano navi sul mare!
In un'ora sola fu ridotta a un deserto!
20Esulta, o cielo, su di essa,
e voi, santi, apostoli, profeti,
perché condannando Babilonia
Dio vi ha reso giustizia!".
21Un angelo possente prese allora una pietra grande come una mola, e la gettò nel mare esclamando:
"Con la stessa violenza sarà precipitata
Babilonia, la grande città
e più non riapparirà.
22La voce degli arpisti e dei musici,
dei flautisti e dei suonatori di tromba,
non si udrà più in te;
ed ogni artigiano di qualsiasi mestiere
non si troverà più in te;
e la voce della mola
non si udrà più in te;
23e la luce della lampada
non brillerà più in te;
e voce di sposo e di sposa
non si udrà più in te.
Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra;
perché tutte le nazioni dalle tue malìe furon sedotte.
24In essa fu trovato il sangue dei profeti e dei santi
e di tutti coloro che furono uccisi sulla terra".
Capitolo XI: La conquista della pace interiore e l'amore del progresso spirituale
Leggilo nella Biblioteca1. Se non ci volessimo impicciare di quello che dicono o di quello che fanno gli altri, e di cose che non ci riguardano, potremmo avere una grande pace interiore. Come, infatti, è possibile che uno mantenga a lungo l'animo tranquillo se si intromette nelle faccende altrui, se va a cercare all'esterno i suoi motivi di interesse, se raramente e superficialmente si raccoglie in se stesso? Beati i semplici, giacché avranno grande pace. Perché mai alcuni santi furono così perfetti e pieni di spirito contemplativo? Perché si sforzarono di spegnere completamente in sé ogni desiderio terreno, cosicché - liberati e staccati da se stessi - potessero stare totalmente uniti a Dio, con tutto il cuore. Noi, invece, siamo troppo presi dai nostri sfrenati desideri, e troppo preoccupati delle cose di quaggiù; di rado riusciamo a vincere un nostro difetto, anche uno soltanto, e non siamo ardenti nel tendere al nostro continuo miglioramento. E così restiamo inerti e tiepidi. Se fossimo, invece, totalmente morti a noi stessi e avessimo una perfetta semplicità interiore, potremmo perfino avere conoscenza delle cose di Dio, e fare esperienza, in qualche misura, della contemplazione celeste. Il vero e più grande ostacolo consiste in ciò, che non siamo liberi dalle passioni e dalle brame, e che non ci sforziamo di entrare nella via della perfezione, che fu la via dei santi: anzi, appena incontriamo una difficoltà, anche di poco conto, ci lasciamo troppo presto abbattere e ci volgiamo a consolazioni terrene.
2. Se facessimo di tutto, da uomini forti, per non abbandonare la battaglia, tosto vedremmo venire a noi dal cielo l'aiuto del Signore. Il quale prontamente sostiene coloro che combattono fiduciosi nella sua grazia; anzi, ci procura occasioni di lotta proprio perché ne usciamo vittoriosi. Che se facciamo consistere il progresso spirituale soltanto in certe pratiche esteriori, tosto la nostra religione sarà morta. Via, mettiamo la scure alla radice, cosicché, liberati dalle passioni, raggiungiamo la pace dello spirito. Se ci strappassimo via un solo vizio all'anno diventeremmo presto perfetti. Invece spesso ci accorgiamo del contrario; troviamo cioè che quando abbiamo indirizzata la nostra vita a Dio eravamo più buoni e più puri di ora, dopo molti anni di vita religiosa. Il fervore e l'avanzamento spirituale dovrebbe crescere di giorno in giorno; invece già sembra gran cosa se uno riesce a tener viva una particella del fervore iniziale.
3. Se facessimo un poco di violenza a noi stessi sul principio, potremmo poi fare ogni cosa facilmente e gioiosamente. Certo è difficile lasciare ciò a cui si è abituati; ancor più difficile è camminare in senso contrario al proprio desiderio. Ma se non riesci a vincere nelle cose piccole e da poco, come supererai quelle più gravi? Resisti fin dall'inizio alla tua inclinazione; distaccati dall'abitudine, affinché questa non ti porti, a poco a poco, in una situazione più ardua. Se tu comprendessi quanta pace daresti a te stesso e quanta gioia procureresti agli altri, e vivendo una vita dedita al bene, sono certo che saresti più sollecito nel tendere al tuo profitto spirituale.
Le lettere
Sant'Antonio Abate - Sant'Antonio Abate
Leggilo nella Biblioteca
Prima Lettera
1. Prima di ogni cosa, cari figli, Antonio vi saluta nel Signore. Credo che uomini e donne, che la grazia di Dio chiama alla predicazione per mezzo del Verbo, appartengano a tre generi di persone. Il primo è costituito da coloro che sono chiamati dalla legge naturale dell’amore posta fin dalla creazione nella loro anima. Quando sono stati toccati dalla parola di Dio, senza alcun indugio, l’hanno seguita sollecitamente. Così accadde per il nostro progenitore Abramo. Quando No vide che egli l’amava per la. legge naturale dell’amore, gli apparve e gli disse: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò» (Gen 12,1). Abramo senza alcuna esitazione si mostrò pronto alla chiamata. Egli è stato la figura della prima vita di questa istituzione che ancora oggi dura in quanti seguono le sue orme: se si adoperano con zelo cercando il timore di Dio nella pazienza e nella pace, ricevono lode per il loro comportamento perché disposti a seguire l’amore di Dio. Questo è il primo genere di vocazione.
Ecco il secondo: alcuni sentono che la legge scritta afferma che vi sono supplizi di ogni specie per i peccatori e sante promesse per coloro che portano frutto nel timore di Dio. Questa testimonianza della legge desta in loro il pensiero di obbedire alla vocazione. Così attestò Davide: «La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima» (Sal 18,8) e ancora: «La tua parola nel rivelarsi illumina, dona saggezza ai semplici» (Sal 118,130). Non mancano molti altri passi, ma non possiamo citarli tutti.
Infine, il terzo genere di vocazione. Alcuni dapprima sono stati duri di cuore e hanno perseverato nel peccato, ma Dio, per la sua misericordia, manda loro delle prove per emendarli perché, vinti da queste prove, abbiano coscienza delle loro colpe, si pentano, si convertano, ascoltino la parola, se si sono pentiti sinceramente, e compiano anch’essi opere meritevoli come quelli di cui abbiamo parlato prima. Questi sono i tre modi con cui gli uomini si incamminano sulla strada della conversione fino a ottenere la grazia e la vocazione di figli di Dio.
2. Credo che alcuni hanno intrapreso il cammino con tutto il cuore e si sono disposti ad affrontare tutte le lotte del nemico fino a sconfiggerlo; lo Spirito Santo li chiama in precedenza per rendere leggera la battaglia e dolci le fatiche della conversione e impone loro una misura stabilita per la penitenza del corpo e dell’anima fino a insegnare loro la via che porta a Dio creatore. E Dio fa violenza, per così dire, all’anima e al corpo perché entrambi siano puri e degni allo stesso modo di diventare eredi.
Il corpo diventa puro mediante molti digiuni e veglie, l’anima mediante la preghiera e ogni altra cosa che stronca il desiderio della carne. Lo Spirito di conversione guida costoro e li mette alla prova perché il nemico non li faccia retrocedere. Lo Spirito, poi, che guida le anime comincia ad aprire gli occhi dell’anima perché anch’essa si converta e diventi pura. Allora l’intelletto discerne l’anima dal corpo e lo Spirito gli insegna la purificazione dell’anima e del corpo per mezzo della penitenza. L’intelletto è istruito dallo Spirito e guida ogni nostro moto dell’anima e del corpo e lo rende puro. Lo Spirito discerne tutti i frutti della carne, caratteristici di ogni membro, e che furono la causa della prima trasgressione e riporta ogni membro del corpo alla primitiva condizione. Lo Spirito non ha nulla di estraneo che gli derivi dal nemico. E il corpo è sottomesso all’intelletto e istruito dallo Spirito, come afferma l’apostolo Paolo: «Tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù» (1 Cor 9,27). L’intelletto, infatti, si è purificato dai cibi, dalle bevande, dal sonno e per sempre da tutte le passioni e, in virtù della sua purezza, si è liberato da ogni rapporto naturale.
3. Nel corpo, secondo me, ci sono tre tipi di passioni. Vi è quel moto conforme per naturale disposizione al corpo che agisce solo dietro volontà dell’anima ed è ben noto. Vi è poi un altro moto che si ha quando si alimenta il corpo con abbondanti cibi e bevande; il sangue, riscaldato da quanto si è ingerito, eccita il corpo e quel primo moto viene sollecitato dalla concupiscenza.
Per questa ragione l’Apostolo dice: «Non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza» (Ef 5,18). E il Signore ordina ai discepoli nel vangelo: «State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni e ubriachezze» (Lc 21,34) soprattutto con la voluttà. A coloro che cercano la misura della purezza dobbiamo dire: «Tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù» (1Cor 9,27). Infine, il terzo moto deriva dagli spiriti malvagi che, invidiosi, tentano di distrarre quanti aspirano alla propria santificazione.
Se l’anima si mantiene salda di fronte a questi tre moti nel testimoniare ciò che lo Spirito insegna all’intelletto, allora sia la stessa anima che il corpo sono esenti dai suddetti tre mali. Ma se l’intelletto indugia nel testimoniare quanto lo Spirito attesta, allora gli spiriti malvagi seminano nel suo corpo e gli muovono guerra finché l’anima sia spossata e si chieda donde verrà l’aiuto, si converta, si sottometta alla testimonianza dello. Spirito e riabbia la vita. Allora l’anima crede che il suo riposo consiste nel dimorare con Dio e che Dio stesso è la sua pace.
4. Vi ho detto queste cose in merito alla conversione dell’anima e del corpo e in che modo occorre purificarli. Quando l’intelletto è così combattuto, allora si rivolge allo Spirito e comincia a discernere le passioni animalesche che gli derivano dalla sua volontà. Allora l’intelletto, osservando i precetti dello Spirito, diviene partecipe dello stesso Spirito e questo gli insegna a sanare ogni malattia dell’anima e a discernere le passioni conformi per naturale disposizione al corpo e le altre che derivano dall’esterno e sono state mescolate con il corpo dalla testa fino ai piedi a causa della propria volontà.
Lo Spirito fissa un limite agli occhi, perché vedano in modo retto e puro, perché non abbiano nulla di estraneo. Lo Spirito indirizza le orecchie ad ascoltare con pace ed esse non vogliono più sentire le maledizioni e le ingiurie degli uomini, ma soltanto parole di bontà e di misericordia per tutte le creature. Una volta, infatti, sia la vista che l’udito erano ammalati.
Poi lo Spirito insegnerà la purezza alla lingua; è infatti per causa sua che l’anima si è gravemente ammalata ed è mediante la lingua che l’anima palesa la sua malattia e ad essa ne attribuisce la colpa. La lingua è un organo dell’anima e questa per essa si è maggiormente ammalata. Dice in proposito l’apostolo Giacomo: «Se qualcuno pensa di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana» (Gc 1,26). In un altro passo dice pure: «La lingua è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose e contamina tutto il corpo» (Gc 3,5 6). Ci sono pure molti altri passi ma io non posso ricordarli tutti. Se l’intelletto è illuminato dallo Spirito, prima ne è purificato e allora ricerca e affida alla lingua parole che non hanno alcuna malvagità, né alcuna volontà del cuore. Si compie allora quel che dice Salomone: «Tutte le parole della mia bocca sono giuste; niente vi è in esse di fallace o perverso» (Pro 8,8). E in un altro passo aggiunge: «La lingua dei saggi risana» (Pro 12,18) e non mancano molte altre cose.
Lo Spirito sana anche le mani che un tempo, seguendo la volontà dell’intelletto, compivano cose sconvenienti; ora invece lo Spirito dona loro quel vigore necessario per raggiungere la purezza attraverso le preghiere e le opere di misericordia e le esorta a compiere queste opere. Così in esse si realizza quell’espressione detta a proposito della preghiera: «Le mani alzate come sacrificio della sera» (Sal 140,2), e ancora: «La mano operosa arricchisce» (Pro 10,4).
Lo Spirito purifica il ventre per quanto concerne i cibi e le bevande senza essere mai sazio (una volta la volontà sollecitava tale passione) e i demoni lo avevano vinto. Perciò lo Spirito Santo afferma per bocca di Davide: «Con chi aveva uno sguardo superbo e un cuore insaziabile, io non mangiavo» (Sal 100,5). Ma a coloro che chiedono la purezza anche nel cibo, lo Spirito stabilisce un limite sufficiente, adeguato al corpo, in modo che non si provi più la concupiscenza. Perciò Paolo attesta: «Sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio» (1Cor 10,31). A causa del ventre sazio i pensieri sono messi in movimento dalla fornicazione, allora lo Spirito istruisce l’intelletto che discerne tre diversi moti e gioisce di essere purificato.
Lo Spirito col suo aiuto e con la sua potenza spegne le passioni; lo stesso Spirito dà pace a tutto il corpo e frena i moti passionali. E quanto dice Paolo: «Mortificate quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi» (Col 3,5) e via di seguito. Poi l’intelletto, unificato dalla potenza dello Spirito, costringe i piedi, se non procedevano sulla via della salvezza che porta a Dio, a camminare secondo la volontà dello Spirito perché compiano opere migliori e tutto il corpo sia trasformato e sottomesso alla potenza dello Spirito. E quel corpo, secondo me, ha già ricevuto parzialmente quel corpo spirituale che riceverà nella risurrezione dei giusti. Ho trattato delle malattie dell’anima che, penetrate nel corpo, lo sconvolgono perché l’anima ha fatto da guida agli spiriti maligni facendoli operare nelle membra del corpo.
Ma l’anima, secondo me, ha anche altre passioni che le derivano dall’esterno; quali siano, le esamineremo ora. La superbia, per esempio, trae la sua origine dall’esterno, come la presunzione, l’orgoglio, l’odio, l’invidia, l’ira, la pusillanimità, l’impazienza e altre passioni di minor conto. Chi con tutto il cuore si affida a Dio, riceverà dal Signore, che è bontà, lo Spirito di conversione e lo Spirito, a sua volta, gli farà conoscere i suoi mali perché si possa pentire. I nemici però si adoperano per impedirgli di far penitenza, lo tentano e non gli consentono di pentirsi: ma se egli si mantiene saldo e obbedisce allo Spirito che lo istruisce sul modo di far penitenza, allora il Creatore ha misericordia delle sue fatiche fisiche, dei suoi prolungati digiuni, delle sue lunghe veglie, delle sue meditazioni sulla parola divina, delle sue continue preghiere, della sua rinuncia al mondo e alle opere umane, della sua umiltà, della sua povertà di spirito. Allora il Dio di bontà, vedendo la sua perseveranza in tutte queste cose e la sua pazienza nelle tentazioni, ha pietà di lui e lo aiuta.
Seconda lettera
1. Antonio vi saluta nel Signore, cari e stimati fratelli. Dio non ha visitato le sue creature una sola volta, ma con la sua bontà, la sua grazia e il suo spirito, ha seguito quanti fin dal principio del mondo hanno camminato verso il Creatore secondo la legge dell’alleanza. Gli esseri razionali, messi a morte nell’anima e nei se1si del loro cuore dalla legge dell’alleanza, no sono più in grado di far uso della loro intelligenza come nella condizione primitiva della creazione e, privati ormai della ragione, si fanno schiavi della creatura e non servi del Creatore. Il Creatore dell’universo per la sua grande bontà ci ha visitato per mezzo della legge dell’alleanza. Infatti la nostra natura è immortale. E tutti quelli che per mezzo della legge dell’alleanza sono stati istruiti dallo Spirito Santo e hanno ricevuto lo spirito di figli, hanno potuto adorare il loro Creatore in modo conveniente. Di questi l’apostolo Paolo dice: «Eppure tutti costoro non conseguirono la promessa» (Eb 11,39).
2. Il Creatore per il suo costante amore verso tutti voleva visitarci nelle nostre infermità e nelle nostre dissoluzioni e fece apparire il legislatore Mosè che ci consegnò la legge scritta e gettò le basi della casa della verità, cioè della chiesa cattolica che creò l’unità fra tutti. Dio infatti voleva farci ritornare alla nostra primitiva condizione. Mosè iniziò la costruzione della casa, ma non la portò a termine, l’abbandonò e morì. Dio poi per mezzo del suo Spirito fece apparire l’assemblea dei profeti e anch’essi costruirono sulle fondamenta di Mosè, ma non poterono completare il lavoro; anch’essi l’abbandonarono e morirono.
Tutti, rivestiti dello Spirito, videro che la ferita era insanabile perché non c’èra creatura capace di curarla se non il Figlio unigenito, vero intelletto del Padre, immagine di colui che creò a sua immagine ogni creatura razionale. Essi sapevano che il Salvatore è il grande medico, si radunarono tutti insieme e pregarono per noi, membra del loro corpo. Dicevano esclamando: «Non v’è forse balsamo in Galaad? Non c’è più nessun medico? Perché non si cicatrizza la ferita del mio popolo?» (Ger 8,22) e «Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita. Lasciatela e andiamo ciascuno al proprio paese» (Ger 51,9).
Dio poi per il suo infinito amore venne da noi e per mezzo dei suoi santi profeti diceva: «Tu, figlio dell’uomo, fa’ il tuo bagaglio da deportato, preparati a emigrare» (Ez 12,3). Egli infatti, «immagine di Dio» (2Cor 4,4), «non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,6 11). Dunque, miei cari, ora vi sia chiaro il senso di queste parole, cioè che il Padre buono «non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (Rm 8,32), «schiacciato per le nostre iniquità; per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,5). Con la sua potente parola ci ha radunati da tutte le nazioni, dai confini della terra ai confini del mondo, ha fatto risorgere i nostri intelletti, ha rimesso i nostri peccati, ci ha insegnato che siamo membra gli uni degli altri.
3. Vi prego, fratelli, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, di capire questo grandioso piano di salvezza; egli si è fatto «come noi, escluso il peccato» (Eb 4,15). Ogni intelletto razionale, per il quale il Salvatore è venuto, deve comprendere come è stato plasmato, conoscere se stesso, distinguere il bene dal male, perché possa essere liberato per la sua venuta. Infatti coloro che sono stati liberati, grazie al suo disegno di salvezza, sono stati chiamati semi di Dio; questa non è ancora la perfezione, ma soltanto la giustizia del momento che conduce all’adozione filiale.
4. Ma il nostro Salvatore capì che questi sono vicini a ricevere lo spirito di figli; essi lo hanno conosciuto grazie all’insegnamento dello Spirito Santo e Gesù disse loro: «Non vi chiamo più servi; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). Così divennero audaci nello spirito, conobbero se stessi e la loro natura spiritual ed esclamarono: «Anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così» (2Cor 5,16). Ricevettero lo spirito di figli, come esclama Paolo: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre» (Rm 8,15). Ora, Signore, noi sappiamo che tu ci hai concesso di essere: «Figli di Dio, eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm 8,17). Vi sia ben chiaro questo, miei cari: chi trascura la sua crescita spirituale e non dedica ogni suo impegno in questa fatica, la venuta del Salvatore sarà il giorno del giudizio. Il Signore è: «per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita» (2Cor 2,16) perché «egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione» (Lc 2,34).
Vi prego, miei cari, in nome di Gesù Cristo di non trascurare la vostra salvezza, ma ciascuno di voi si laceri il cuore e non le vesti (Gi 2,13), perché non ci capiti di indossare invano l’abito esteriore e di prepararci alla condanna. Ora, infatti, è vicino il tempo in cui si manifesteranno le opere di ognuno di noi. Molte altre cose si dovrebbero dire su punti di minor conto, ma sta scritto: «Da’ consigli al saggio e diventerà ancora più saggio» (Pro 9,9). Saluto tutti voi nel Signore, dal piccolo al grande (At 8,10). Il Dio della pace custodisca voi tutti, miei cari. Amen.
Terza lettera
1. Antonio saluta voi, cari figli d’Israele, secondo la vostra natura spirituale. Poiché siete figli d’Israele, non è necessario che io ricordi tutti i vostri nomi. I nomi, infatti, appartenendo alle cose della terra, sono temporanei. Figli miei, il mio amore per voi non deriva dalla carne, ma dallo spirito che è opera di Dio. Perciò non mi stanco di pregare Dio per voi giorno e notte perché possiate conoscere la grazia che il Signore vi ha donato. Dio non visita una sola volta le sue creature, ma le assiste fin dalla creazione del mondo e in ogni generazione risveglia ciascuno con i doni della sua grazia.
Ora, figli, non trascurate di invocare Dio giorno e notte e di far violenza, per così dire, alla bontà del Padre ed egli dal cielo vi manderà colui che vi insegnerà a riconoscere ciò che è bene per voi. Figli, in verità noi abitiamo nella nostra morte, dimoriamo nella casa del ladro, siamo legati dai ceppi della morte. Dunque, non concedete sonno ai vostri occhi, né riposo alle vostre palpebre (Sal 131,4), ma offritevi vittime a Dio in tutta purezza, quella purezza che nessuno può ereditare se non ne sia già in possesso. Figli cari nel Signore, abbiate ben chiare queste parole: se farete il bene, sarete causa di consolazione per i santi, di felicità per gli angeli nel loro ministero, di gioia per Gesù nella sua venuta. Fino a quell’ora i santi e gli angeli non si daranno pace pensando a noi. E darete gioia anche alla mia anima, a me misero che abito in questa casa di fango.
In verità, cari figli, questa nostra infermità e questa nostra spiacevole condizione è motivo di dolore per tutti i santi, i quali piangono e gemono per noi davanti al Creatore di tutte le cose. Per questo, per il gemito dei santi Dio si adira per le nostre azioni malvagie. Ma se faremo progressi nella giustizia, daremo gioia all’assemblea dei santi ed essi con letizia e con gioia innalzano preghiere al Creatore. E il Creatore dell’universo gioisce per le nostre azioni, testimoniate dai suoi santi, e ci concede doni grandissimi.
2. Sappiate che Dio ama sempre le sue creature: la loro natura è immortale e non è destinata a dissolversi insieme col corpo. Dio ha visto la natura spirituale precipitare nell’abisso e trovarvi morte totale. La legge dell’alleanza si è inaridita ma Dio nella sua bontà ha visitato le creature per mezzo di Mosè (cf. II lettera 2). Mosè gettò le fondamenta della casa della verità e desiderò sanare la grande ferita, ma non vi riuscì e partì. Poi di nuovo ci fu l’assemblea dei profeti, i quali costruirono sulle basi di Mosè, ma anch’essi non riuscirono a sanare la grande ferita del genere umano e si riconobbero impotenti. Poi si riunì l’assemblea dei santi che pregarono il Creatore dicendo: «Non v’è forse balsamo in Galaad? Non c’è più nessun medico? Perché non si cicatrizza la ferita della figlia del mio popolo?» (Ger 8,22) e «Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita. Lasciatela e andiamo ciascuno al proprio paese» (Ger 51,9).
Tutti i santi imploravano la bontà del Padre riguardo al Figlio unigenito. Se non fosse venuto, nessuna creatura avrebbe potuto sanare la grande ferita dell’uomo e così il Padre, nella sua bontà, disse: «Tu, figlio dell’uomo, fa’ il tuo bagaglio da deportato, preparati a emigrare» (Ez 12,3). Il Padre «non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (Rm 8,32), «schiacciato per le nostre iniquità; per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,5). Ci ha radunati dai confini della terra, ha fatto risorgere il nostro intelletto dalla terra, ci ha insegnato che siamo membra gli uni degli altri.
3. Figli, fate attenzione perché non, si dica di noi ciò che Paolo afferma: «Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti» (Tt 1,16). Ognuno di voi laceri il suo cuore, pianga davanti a Dio e dica: «Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?» (Sal 115,12). Temo, o figli, che si applichi a noi la frase: «Quale vantaggio dalla mia morte, dalla mia discesa nella tomba?» (Sal 29,10). In verità, figli, a voi «parlo come a persone intelligenti» (1Cor 10,15) perché comprendiate quel che attesto: se ognuno di voi non odia tutto ciò che appartiene alla terra, se non rinuncia ad essa e a tutte le sue opere con tutto il cuore, se non innalza al cielo verso il Padre le mani del suo cuore, ebbene costui non potrà essere salvo.
Se uno, invece, farà come ho detto, Dio avrà misericordia della sua fatica, gli concederà il fuoco invisibile (= il dono dello Spirito), annienterà tutte le sue impurità e renderà puro lo spirito. Anche lo Spirito Santo abiterà con noi, Gesù starà accanto a noi e noi potremo adorare Dio come si conviene. Ma finché siamo legati alle cose del mondo, siamo nemici di Dio, dei suoi angeli e di tutti i suoi santi.
4. Ora, miei cari, in nome di nostro Signore Gesù Cristo vi prego di non trascurare la vostra salvezza. Questo breve tempo non vi faccia smarrire il tempo eterno, il corpo corruttibile non vi offuschi il regno della luce ineffabile, il luogo dove subite il castigo non vi faccia smarrire il trono degli angeli del giudizio. In verità, figli, il mio cuore si meraviglia e la mia anima è atterrita perché noi tutti ci dilettiamo come se fossimo ubriachi. Ognuno di voi ha venduto se stesso seguendo la propria volontà, noi ci lasciamo dominare da essa e non vogliamo volgere il nostro sguardo al cielo per cercare la gloria celeste, l’opera di tutti i santi per camminare sulle loro orme.
Dunque, capite: gli angeli del cielo, gli arcangeli, i troni, le dominazioni, i cherubini, i serafini, il sole, la luna, le stelle, i patriarchi, i profeti, gli apostoli, il diavolo, Satana, gli spiriti del male, il principe dell’aria, insomma, uomini e donne, fin dalla creazione appartengono a un’unica sostanza. Al di fuori di questa c’è soltanto la perfetta e beata Trinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Per il malvagio comportamento di alcune creature, Dio fu costretto a imporre loro un nome a seconda delle loro opere. Ma a quelle che maggiormente hanno progredito, darà gloria in abbondanza.
Quarta lettera
1. Antonio saluta nel Signore tutti i suoi cari fratelli di Arsinoe e delle vicinanze e tutti quelli che stanno con loro. Saluto nel Signore voi tutti, miei cari, che vi siete preparati a andare verso Dio, voi piccoli e grandi (At 8,10), uomini e donne, figli d’Israele per la vostra natura spirituale. Figli, veramente è grande la beatitudine che avete ricevuto perché grande è la grazia che è stata concessa a questa vostra generazione. Poiché siete santi visitati da Dio, è bene che nella lotta non vi lasciate prendere dal peso della fatica fino al momento in cui offriate voi stessi come vittime in tutta purezza a Dio. Senza purezza, infatti, nessuno è degno dell’eredità.
È importante, miei cari, che voi vi interroghiate sulla natura spirituale nella quale non vi è più né maschio né femmina, ma soltanto quella natura immortale che ha un inizio, ma mai una fine. Bisogna conoscere perché essa è precipitata a tal punto di bassezza e di vergogna da colpire tutti noi. Conta molto sapere questo perché la nostra natura è immortale e quindi non destinata a dissolversi col corpo.
2. Dio vide la gravità della ferita dell’uomo e nella sua misericordia visitò le sue creature. Dopo un certo tempo, per la sua bontà, diede loro la legge, venne in loro aiuto, si servì di Mosè (II Lettera, 2; III Lettera, 2) perché questi consegnasse la legge. Mosè per loro gettò le fondamenta della casa della verità e voleva sanare la grande ferita ma non poté terminare la costruzione della casa. Poi si radunò l’assemblea di tutti i santi e questi chiesero al Padre per la sua bontà di inviare il nostro Salvatore per la salvezza di tutti. Egli è il nostro grande, fedele sacerdote, il vero medico in grado di curare la nostra profonda ferita. Per volontà del Padre, egli fu senza gloria: «Pur essendo di natura divina, spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo (Fil 2,6-7) e consegnò se stesso per i nostri peccati. I nostri peccati lo hanno umiliato, ma «per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,5).
3. Per questo, miei cari figli nel Signore, voglio che sappiate che egli per la nostra stoltezza ha assunto la forma della stoltezza, per la nostra debolezza la forma della debolezza, per la nostra povertà la forma della povertà, per la nostra morte la forma mortale; per noi ha sopportato tutte queste cose. Perciò, miei cari nel Signore, non dobbiamo concedere sonno ai nostri occhi, né riposo alle nostre palpebre (Sal 131,4), ma preghiamo e invochiamo con forza la bontà del Padre finché non ci soccorra e possiamo così dare consolazione a Gesù nel giorno della sua venuta, dare efficacia al ministero dei santi che per noi si adoperano supplendo (Gv 4,36) alla nostra negligenza sulla terra ed esortarli a venirci in aiuto nel tempo delle nostre afflizioni. Così godranno «insieme chi semina e chi miete» (1Cor 10,15).
4. Figli, voglio che sappiate quale grande afflizione ho per voi. Vedo infatti la grande vergogna che si abbatte su tutti noi e considero la grande fatica dei santi e i loro gemiti davanti a Dio perché essi vedono tutta la fatica del Creatore e tutti i piani malvagi del demonio e dei suoi servi che meditano sempre il male per la nostra perdizione. I demoni riceveranno la loro eredità all’inferno e per questo vogliono la nostra perdizione perché così aumenta il numero dei dannati.
Diletti nel Signore, a voi «parlo come a persone intelligenti» perché conosciate tutto il disegno della salvezza che il nostro Creatore ha disposto per noi e che ci è stato rivelato mediante la predicazione pubblica e nascosta. Si dice che noi siamo esseri razionali, ma in realtà abbiamo uno spirito irrazionale. Voi non sapete quali siano le numerose macchinazioni e arti del diavolo; egli ci invidia da quando ha saputo che noi abbiamo cercato di riconoscere la nostra vergogna e abbiamo anche cercato il modo di sfuggire a quelle opere che ci rendono suoi complici. E noi non solo non vogliamo obbedire ai malvagi consigli che i demoni seminano nei nostri cuori, ma molti di noi si beffano delle loro macchinazioni. I demoni poi sanno che il Creatore ci ha concesso il suo perdono, che Egli rappresenta la loro morte in questo mondo e che per loro eredità ha preparato la Geenna a causa della loro malvagità.
5. Figli, desidero che sappiate che io prego incessantemente, giorno e notte, Dio per voi affinché egli apra gli occhi del vostro cuore perché vediate i molti mali occulti che i demoni giorno dopo giorno seminano in noi in questo nostro tempo. Voglio che Dio vi conceda la sapienza del cuore e lo spirito di discernimento, perché possiate offrire i vostri cuori quali vittime pure al Padre con molta purezza, senza macchia. In verità, figli, i demoni a ogni occasione danno prova della loro invidia nei nostri riguardi con i loro cattivi disegni, con le loro occulte persecuzioni, con azioni maliziose, con attività seduttrici, con pensieri blasfemi, e inoltre ogni giorno seminano l’infedeltà nei nostri cuori, sollecitano la nostra ammirazione e il nostro stupore per le loro opere.
Seminano poi, giorno dopo giorno, la sofferenza in noi, ci avviliscono per fiaccare il nostro vigore, ci insegnano ad essere iracondi l’un l’altro, a maledirci a vicenda, a giustificare le nostre azioni, a condannare quelle degli altri e, anche quando siamo soli, ci sollecitano a giudicare il nostro prossimo. Seminano nei nostri cuori il disprezzo per mezzo della superbia. Per causa loro noi diventiamo duri di cuore, a vicenda ci disprezziamo, nutriamo amarezza gli uni per gli altri, ci scambiamo parole dure, siamo sempre afflitti, accusiamo sempre gli altri e mai noi stessi. Pensiamo che le nostre sofferenze siano causate dal nostro prossimo, e lo giudichiamo dalle apparenze, mentre il ladro ha fissato la sua dimora in casa nostra. Per le contese e le divisioni che ci sono tra di noi cerchiamo la giustificazione nelle parole per apparire giusti davanti a noi stessi.
I demoni ci spingono a compiere opere superiori alle nostre possibilità e poi ci impediscono quelle che potremmo fare e chef ci sarebbero di vantaggio. Perciò ci fanno ridere quando dovremmo piangere e ci fanno piangere quando dovremmo ridere; cercano in tutti i modi di allontanarci dalla via della purezza e si servono di molti altri inganni per ridurci in loro schiavitù. Ma non è questo il momento per manifestarvi tutto ciò che riguarda i demoni.
Quando i nostri cuori sono pieni di tutti questi pensieri che costituiscono il nostro alimento, allora Dio, dopo aver sopportato a lungo la nostra malvagità, ha pietà di noi e viene a visitarci per convertirci e farci abbandonare questo nostro grave corpo. Allora il male che abbiamo commesso si manifesterà nel nostro corpo perché esso sia tormentato con disprezzo e poi noi di nuovo rivestiremo questo corpo per la bontà di Dio e così la nostra condizione sarà peggiore della prima (Lc 11,26). Non cessate, dunque, di invocare la bontà del Padre perché il suo aiuto ci accompagni e vi insegni quali cose siano migliori per voi.
6. Figli miei, in verità vi dico che questo corpo nel quale abitiamo è per noi perdizione, è casa dove domina la guerra. Io vi dico che gli spiriti maligni come riempiono l’aria così albergheranno nell’anima di chi si sarà compiaciuto della propria volontà, si sarà sottomesso ai suoi pensieri, accoglierà ciò che viene seminato nel suo cuore e ne godrà, e qui riporrà la speranza del suo cuore come se si trattasse di un grande mistero e se ne servirà per giustificare le sue azioni. La sua anima gli consiglierà il male e mediante il corpo custodirà i mali segreti che tiene celati in se stesso. Su un uomo simile, grande è il potere dei demoni, perché egli non ha voluto disonorarli davanti a tutti.
Non conoscete le loro molteplici macchinazioni? Se le conosceremo, potremo evitare i demoni. Anche se vai in cerca, non troverai il loro peccato, né la loro iniquità è materialmente tangibile perché essi non hanno un corpo visibile. Siamo invece noi che offriamo loro i nostri corpi; la nostra anima accoglie la loro malvagità e l’anima, accogliendo i demoni, li introduce nei nostri corpi. Perciò, figli, non concediamo loro spazio, altrimenti provocheranno l’ira di Dio contro di noi e i demoni prenderanno dimora nelle nostre case e ci scherniranno. Infatti essi sanno che la nostra perdizione viene dal prossimo e dal prossimo ci viene la vita. Chi mai ha visto Dio? Chi gioirà con lui e lo terrà accanto a sé perché non fugga via da lui, ma lo assista nella sua dolorosa condizione? Chi mai ha visto il diavolo farci guerra, impedirci di compiere il bene, aggredirci, assumere un corpo materiale perché lo temiamo e fuggiamo da lui? I demoni agiscono segretamente, siamo noi che li manifestiamo attraverso le loro opere.
7. Tutti quei demoni hanno un’identica sostanza. Quando si separarono da Dio, si formò di loro una grande varietà per la diversità del loro comportamento. Per questa ragione hanno nomi diversi a seconda della loro attività. Alcuni sono stati chiamati arcangeli, altri troni, dominazioni, principati, potestà, cherubini. Hanno avuto questi nomi perché hanno obbedito alla volontà del loro Creatore. Per quanto riguarda gli altri, per il loro malvagio comportamento, sono stati chiamati, e non poteva essere diversamente, calunniatore, Satana; altri furono chiamati demoni, spiriti malvagi e impuri, spiriti seduttori, principi di questo mondo. Di loro vi sono molte altre specie.
Alcuni uomini, nonostante il peso del corpo nel quale abitiamo, hanno fatto loro resistenza. Di questi alcuni hanno ricevuto il nome di patriarchi, altri di profeti, re, sacerdoti, giudici, apostoli e molti altri sono stati eletti per le loro rette azioni. Tutti questi nomi furono dati a uomini come a donne, a seconda delle loro azioni, perché tutti hanno una stessa origine. Perciò chi pecca contro il suo prossimo, pecca contro se stesso; chi fa del male al prossimo, fa del male a se stesso; e così chi fa del bene al prossimo, fa del bene a se stesso. In verità, chi può fare del male a Dio? Chi è in grado di nuocergli o di offrirgli riposo? Chi potrebbe servirlo oppure benedirlo come se gli fosse necessaria la sua benedizione? Chi può tributargli l’onore che gli è dovuto? Chi può glorificarlo secondo la sua grandezza?
Per questo, finché siamo rivestiti del peso di questo corpo, destiamo Dio in noi stessi esortandoci reciprocamente e consegnandoci alla morte per la salvezza delle nostre anime e per amore l’uno dell’altro; in tal modo manifesteremo quella misericordia che è stata usata per noi. Chi conosce se stesso, conosce tutti; perciò è scritto: «Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza» (Sap 1,14). Queste parole della Scrittura ci istruiscono sulla natura spirituale racchiusa in questo corpo corruttibile. E questa natura spirituale, che non fa parte del corpo fin dall’inizio, un giorno gli verrà tolta. Chi sa di amare se stesso, ama tutti.
8. Miei cari figli, vi prego di non considerare fatica, né di avere a noia l’amore reciproco. Prendete questo corpo di cui siete rivestiti e fatene un altare; su quest’altare collocate tutti i vostri pensieri e davanti a Dio abbandonate ogni malvagio proposito: «Alzate le mani verso il tempio» (Sal 133,2) di Dio, vale a dire innalzate il vostro spirito e implorate da Dio il suo grande fuoco invisibile perché scenda dal cielo su di voi e distrugga l’altare e quanto sopra vi è posto; e tutti i profeti di Baal, i vostri nemici e le loro opere inique, abbiano timore e fuggano davanti a voi come davanti al profeta Elia (1Re 18,38 40). Allora vedrete sul mare come delle orme di uomo che vi porteranno una pioggia spirituale, la consolazione dello Spirito Paraclito.
Miei cari figli nel Signore, stirpe d’Israele, non occorre proclamare la beatitudine o menzionare i nomi del vostro essere corporeo perché questo è destinato alla morte. Voi ben sapete l’amore che nutro per voi: non è un amore carnale, ma spirituale, opera di Dio. Perciò sono sicuro che la vostra grande beatitudine consiste nel fatto che avete cercato sia di conoscere la vostra miseria che di rinsaldare la vostra natura invisibile che non è destinata a morire col corpo. Perciò credo che vi sia stata concessa la beatitudine in questa vita. Vi sia ben chiaro questo: non crediate che l’intraprendere l’opera di Dio e il progredire in essa sia opera vostra, ma dipende da una certa potenza che sempre vi soccorre.
Cercate sempre di offrire voi stessi come vittime a Dio (Rm 12,1) e accogliete con amore la potenza che vi aiuta. Consolerete così Gesù nel suo ritorno, tutta l’assemblea dei santi e anche me, povero uomo che sono rivestito di questo corpo fatto di fango e di tenebra. Vi dico queste cose per confortarvi e vi prego perché noi tutti siamo stati creati da un’unica natura invisibile che ha un principio, ma non una fine. Quelli che conoscono se stessi, sanno che la natura che ci unisce è immortale.
9. Voglio che sappiate che il nostro Signore Gesù Cristo è il vero intelletto del Padre. Da lui sono state create tutte le nostre nature spirituali a immagine della sua immagine, perché egli è il capo di tutto il creato e del corpo che è la chiesa (Col 1,18). Perciò noi tutti siamo membra, gli uni degli altri «corpo di Cristo» (1Cor 12,27), e «la testa non può dire ai piedi: non ho bisogno di voi» (1Cor 12,11) e «se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme» (1Cor 12,26). E così se un membro si rende estraneo al corpo e non comunica con la testa, ma si compiace delle passioni del corpo, riceve una ferita incurabile e ha dimostrato quale è il suo principio e quale la sua fine.
Perciò il Padre della creazione ebbe pietà per questa nostra ferita che non poteva essere sanata da nessuna creatura, ma soltanto dalla bontà dello stesso Padre. Ci mandò allora il suo Figlio unigenito che ha assunto «la condizione di servo» (Fil 2,7) per la nostra schiavitù e ha consegnato se stesso per i nostri peccati. Le nostre iniquità lo hanno umiliato, ma «per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,5). Ci ha radunati da tutte le nazioni per far risorgere dalla terra i nostri cuori e per insegnarci che noi tutti abbiamo un’unica natura e siamo membra gli uni degli altri. Perciò dobbiamo amarci a vicenda perché chi ama il suo prossimo, ama Dio e chi ama Dio, ama la propria anima.
10. Vi sia ben chiaro, miei cari figli nel Signore, santa stirpe d’Israele, che voi vi preparate ad andare verso il Signore e ad offrire voi stessi come vittime a Dio in tutta purezza, quella purezza che nessuno può ereditare senza già possederla. Non sapete forse, miei cari, che i nemici della virtù meditano il male contro la verità? Perciò siate vigili, non concedete sonno ai vostri occhi, né riposo alle vostre palpebre (Sal 131,4), invocate il vostro Creatore giorno e notte perché dall’alto vi soccorra e preservi in Cristo i vostri cuori e i vostri pensieri.
Noi, o figli, abitiamo nella gasa del ladro e siamo legati dai ceppi della morte. In noi c’è negligenza, bassezza, estraneità al bene e tutto questo non solo ci danneggia, ma è causa di sofferenza per tutti gli angeli e i santi di Cristo perché per noi sono afflitti. Questa nostra deplorevole condizione, figli cari, rattrista tutti i santi; invece la nostra salvezza e la nostra glorificazione li rende gioiosi. Sappiate ancora che la bontà del Padre, fin dal suo inizio a tutt’oggi, non cessa di farci del bene, perché sfuggiamo alla morte che abbiamo meritato. Siccome siamo stati creati liberi, i demoni continuamente ci cercano. Ecco perché sta scritto: «L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva» (Sal 33,8).
11. Ora voglio, figli, che sappiate che da quando Dio si è mosso in nostro soccorso fino ad oggi, tutti quelli che si sono allontanati dal bene e hanno compiuto le opere malvagie dei demoni sono considerati figli degli stessi demoni. Lo sanno coloro che appartengono al loro numero e per questo hanno tentato di far sì che ciascuno di noi segua la propria volontà. Sanno che il diavolo è precipitato dal cielo a causa della superbia e per questa ragione aggrediscono soprattutto coloro che hanno raggiunto un notevole grado di santità perché essi si servono del nostro orgoglio e della nostra vanagloria. Sanno che in questo modo ci hanno allontanati da Dio, sanno che chi ama il prossimo ama Dio, e così i nemici della virtù piantano la loro fonte di divisione nei nostri cuori perché fra di noi ci sia un’inimicizia tale da non consentirci di parlare, neppure a distanza, col nostro prossimo.
Voglio, o figli, che sappiate che ci sono stati molti altri che nella loro vita hanno sostenuto grandi fatiche, ma, perché privi di discernimento, sono periti. In verità, figli, non credo che ci si debba stupire se per negligenza e per mancanza di discernimento, voi cadrete al livello del diavolo per aver pensato di essere vicini a Dio e in attesa della luce finirete avvolti dalle tenebre. Perciò Gesù ha voluto che voi vi cingiate di un panno e laviate i piedi ai più piccoli di voi (Gv 13,4 5). Egli stesso ci ha dato l’esempio per insegnarci a non dimenticare la nostra origine. La superbia infatti ha segnato l’inizio della nostra caduta; la superbia è apparsa per prima. Disponetevi, dunque, alla più grande umiltà con tutto il vostro cuore, con tutta la vostra mente, con tutta la vostra anima, con tutto il vostro corpo: solo così erediterete il regno di Dio.
12. In verità, figli miei nel Signore, io prego giorno e notte il mio Creatore dal quale ho ricevuto lo Spirito di aprire gli occhi del vostro cuore perché conosciate l’amore che nutro per voi e di aprire le orecchie del vostro cuore perché possiate intendere la vostra miseria. Chi comprende il suo disonore, cerca subito la grazia alla quale è chiamato, chi comprende la sua condizione mortale, comprende pure la vita eterna. Figli miei, vi «parlo come a persone intelligenti» (1Cor 10,15). In verità temo che lungo la strada siate colpiti dalla fame proprio in un luogo in cui dovreste essere ben forniti. Avrei voluto vedervi di persona, faccia a faccia, ma aspetto il tempo in cui ci potremo vedere l’un l’altro, quando non ci saranno più «né lutto, né lamento, né affanno» (Ap 21,4), quando «felicità perenne splenderà sul capo» (Is 35,10) di tutti. Avrei voluto dirvi ancora altre cose, ma «Da’ consigli al saggio e diventerà ancora più saggio» (Pro 9,9). Vi saluto tutti, figli dilettissimi, uno per uno.
Quinta lettera
1. Figli, «conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). Così, con la sua schiavitù ci ha liberato, con la sua debolezza ci ha confortato, con la sua stoltezza ci ha fatto sapienti. E poi con la sua morte ci darà la risurrezione e ad alta voce potremo dire: «Se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così. Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,16 17). In verità, miei cari nel Signore, se dovessi dettagliatamente parlarvi della parola della libertà con la quale siamo stati liberati, dovrei dirvi molte altre cose, ma non è ancora il tempo di parlarne.
Per ora, miei cari figli nel Signore, stirpe santa di Israele, vi saluto tutti secondo la vostra natura spirituale. E bene che voi, che vi siete avvicinati al vostro Creatore, cerchiate la salvezza della vostra anima nella legge dell’alleanza. Per i numerosi peccati, per la cattiveria del nostro animo, per la concupiscenza delle passioni, la promessa si è inaridita e le nostre anime sono cadute. Perciò, per la morte nella quale siamo precipitati, non possiamo comprendere la nostra gloriosa natura spirituale. Ecco perché nelle Sacre Scritture è scritto: «Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,22). Cristo, infatti, è la vita di ogni intelligenza spirituale fra le creature fatte a immagine dell’immagine, che è Cristo stesso, perché egli è il vero intelletto del Padre, è la sua immagine immutabile. Le creature, fatte a sua immagine, hanno una natura mutevole; per questo ci ha colpito quella sventura nella quale tutti incontriamo la morte e perdiamo la nostra natura spirituale.
Perciò, per tutte le cose che sono estranee alla natura, abbiamo acquistato una casa tenebrosa dominata dalla guerra. Sappiate che noi non avevamo alcuna conoscenza della virtù. Dio, nostro Padre, vide la nostra debolezza e, poiché non potevamo abbracciare la verità, per la sua bontà, venne a visitare le sue creature mediante il ministero dei santi.
2. Prego tutti voi, miei cari nel Signore, di capire quel che scrivo perché nutro per voi un amore spirituale, opera di Dio, e non un amore carnale. Preparatevi ad andare dal vostro Creatore, «laceratevi il cuore e non le vesti» (Gi 2,13), sappiate cosa possiamo offrire al Signore per la grazia che ha fatto a noi che qui miseramente abitiamo. Nella sua grande bontà e nel suo infinito amore il Signore si ricorda di noi e non ci ha ripagato, come meritavamo, per le nostre colpe. Egli è stato con noi così buono che ci ha donato il sole in questa valle di tenebre e così pure la luna e le stelle perché confortassero noi, destinati alla morte, per la nostra vanità.
Ci sono pure molte altre potenze che egli ha posto al nostro servizio, ma sono nascoste e noi non siamo in grado di vederle con i nostri occhi dei sensi. Cosa daremo noi in cambio al Signore nel giorno del giudizio? Quale dono non ci ha fatto? I patriarchi non hanno forse sofferto per noi? I sacerdoti non ci hanno dato i loro insegnamenti? I giudici e i re non combattevano per noi? I profeti non sono morti per noi? Gli apostoli non sono stati perseguitati per noi? Il Figlio diletto non è morto per noi tutti? Dobbiamo ora prepararci ad andare dal nostro Creatore con purezza. Egli vide che nessun santo o piuttosto nessuna creatura poteva sanare la grande ferita inferta alle sue membra.
Perciò il Padre, conoscendo la debolezza dello spirito delle sue creature, ha donato loro la sua misericordia e il suo amore e «non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (Rm 8,32), per i nostri peccati. Le nostre iniquità lo hanno umiliato, ma «per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,5). Con la potenza della sua parola egli ci ha radunato da tutte le nazioni, ha fatto risorgere il nostro spirito dalla terra e ci ha insegnato che siamo membra gli uni degli altri.
3. È opportuno perciò che noi tutti, che siamo andati verso il Creatore, adoperiamo la nostra intelligenza e i nostri sensi per discernere il bene dal male e per riconoscere il piano di salvezza di Gesù grazie alla sua venuta. Egli, infatti, si è fatto «come noi, escluso il peccato» (Eb 4,15). Per la nostra grande malvagità, per il turbamento causato dal male, per la nostra grave incostanza, la venuta di Gesù è stata tentazione per alcuni, profitto per altri, per alcuni sapienza e potenza (1Cor 1,23 24), per altri risurrezione e vita. Vi sia ben chiaro che la sua venuta è stata giudizio per tutto il mondo. Infatti si legge: «Ecco, verranno giorni – dice il Signore – in cui tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore» (Ger 31,31.34) nome del Signore è arrivato fino ai confini della terra «perché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio» (Rm 3,19).
Gli uomini, infatti, «pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria» (Rm 1,21), come al loro Creatore a causa della loro stoltezza che non ha concesso loro di capire la sua sapienza. Ognuno di noi ha venduto se stesso alla propria volontà facendo il male e diventandone schiavo. Perciò Gesù si è privato della sua gloria, si è fatto servo per renderci liberi mediante la sua schiavitù. Noi siamo diventati stolti e per la nostra stoltezza abbiamo fatto ogni specie di male; Cristo si è rivestito di stoltezza per farci sapienti mediante la sua stoltezza. Siamo diventati poveri e per la nostra povertà ogni forza ci è venuta meno; perciò egli si fece povero per farci ricchi di ogni sapienza e di ogni intelligenza mediante la sua povertà.
Ma non basta. Egli si è rivestito anche della nostra debolezza per consolarci con la sua debolezza. E al Padre si fece «obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,8) per darci, con la sua morte, la risurrezione e per distruggere colui che aveva il potere della morte, cioè il diavolo. Se veramente libereremo noi stessi con la sua venuta, saremo riconosciuti discepoli di Gesù ed entreremo in possesso dell’eredità di Dio.
4. Ma, miei cari nel Signore, il mio spirito è molto scosso e turbato. Abbiamo l’abito e il nome dei santi, ce ne vantiamo di fronte ai non credenti, ma temo che la parola di Paolo si riferisca proprio a noi: «Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti» (Tt 1,16). Per l’amore che nutro per voi, prego Dio per voi perché meditiate sulla vostra vita e sulla vostra invisibile eredità. In verità, figli, anche se impegneremo tutte le nostre forze per cercare Dio, non faremo nulla di eccezionale; infatti cerchiamo la nostra mercede che ci appartiene per natura. Ogni uomo che cerca Dio o lo serve, cerca secondo la sua natura. Il peccato invece di cui siamo responsabili è al di fuori della nostra natura.
In verità, cari figli nel Signore, a vi che vi siete preparati per offrirvi quali vittime a Dio in purezza, noi non abbiamo tenuto nascosta alcuna cosa giovevole ma «testimoniamo quel che abbiamo veduto» (Gv 3,11). Il perché i nemici del bene meditano sempre il male contro la verità. Sappiate che «colui che era nato secondo la carne perseguitava quello nato secondo lo spirito» (Gal 4,29) e «tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati» (2Tm 3,12). Anche Gesù sapeva delle sofferenze e delle tentazioni che avrebbero colpito gli apostoli sulla terra e sapeva pure che con la loro pazienza avrebbero annientato tutte le potenze del nemico, cioè l’idolatria. Perciò li confortava dicendo loro: «Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). E li istruiva dicendo: «Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi» (Rm 8,18) e «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). Se dovessi riferire dettagliatamente ogni parola, dovrei dilungarmi molto, ma sta scritto: «Da’ consigli al saggio e diventerà ancora più saggio» (Pro 9,9).
I santi e i giusti, rivestiti di Spirito Santo, pregano sempre per noi perché ci umiliamo davanti a Dio e riacquistiamo la nostra primitiva gloria e indossiamo quell’abito di cui ci siamo spogliati e che è conforme alla nostra natura spirituale. Spesso da parte di Dio Padre arriva una voce a coloro che sono stati rivestiti di Spirito: «Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme» (Is 40,1 2).
Dio infatti visita le sue creature e mostra loro la sua bontà. In verità, miei cari, se dovessi ancora dettagliatamente parlarvi di questa parola di libertà, grazie alla quale siamo stati liberati, dovrei aggiungere molte altre cose ma sta scritto: «Da’ consigli al saggio e diventerà ancora più saggio» (Pro 9,9).
Il Dio della pace vi conceda la grazia e lo spirito di sapienza perché intendiate le cose che scrive: sono comandamenti del Signore. Il Dio di ogni grazia vi custodisca santi nel Signore fino alla vetta dell’ascensione spirituale. Io prego sempre Dio per la vostra salvezza, miei cari nel Signore, e «la grazia del Signore Gesù Cristo sia con tutti voi» (2Cor 13,13). Amen.
Sesta lettera
1. L’essere razionale che si è preparato ad essere libero per l’avvento di Gesù, conosce se stesso secondo la propria natura spirituale. Chi conosce se stesso, conosce il disegno di salvezza del Creatore e quanto egli compie per le sue creature. Miei cari nel Signore, nostre membra e coeredi dei santi, nel nome di Gesù Cristo prego Dio perché vi conceda il dono dello spirito di sapienza per discernere e conoscere tutto l’amore che nutro per voi. Non è un amore della carne, ma dello Spirito, opera di Dio. Non è necessario che io vi scriva i vostri nomi secondo la carne perché essi sono corruttibili; quando un uomo ha conosciuto il suo vero nome, conoscerà allora anche il nome di verità. Per questo anche Giacobbe (Gn 32,23-31), quando lottò una notte intera con un angelo, conservò il nome di Giacobbe, ma quando spuntò la luce, ebbe il nome di Israele. Il senso di questo nome è spirito che vede Dio.
Penso che non ignoriate che nemici del bene meditano sempre il male contro la verità. Per questo motivo Dio non ha visitato le sue creature una sola volta, ma fin da principio alcuni per mezzo della legge dell’alleanza si sono preparati a venire dal loro Creatore. Da essa sono stati istruiti sul modo di adorarlo. La legge dell’alleanza si è inaridita per la sua grande debolezza, per la pesantezza del corpo, per le cattive preoccupazioni e le attività dell’anima si sono fiaccate. Non era possibile il ritorno al primitivo stato della creazione. E poiché la natura è immortale e non si distrugge insieme col corpo, non può essere liberata per i meriti della giustizia; per questa ragione Dio, nella sua bontà, sì è mosso a compassione di lei, e mediante la legge scritta, le ha insegnato come adorare Dio. Dio è uno e la natura spirituale poggia sull’unità. Vi sia ben chiaro questo, miei cari: dove non c’è concordia, la guerra è in agguato.
2. Il Creatore vide la gravità della ferita umana e che era necessaria l’opera del medico. Gesù stesso, Creatore degli uomini, è il medico che li ha guariti, ma ha mandato davanti a sé dei precursori. Mosè che ci ha dato la legge, non avremo timore di affermarlo, è stato uno dei suoi profeti. Lo Spirito che era con Mosè aiutò pure l’assemblea dei santi: tutti hanno pregato Dio perché inviasse il suo Figlio unigenito. Pure Giovanni è uno dei suoi profeti; per questo è scritto: «la Legge e i profeti fino a Giovanni» (Lc 16,16) e «il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11,12). Coloro che erano rivestiti di Spirito videro che nessuna fra le creature poteva sanare la profonda ferita, ma soltanto la bontà del Padre, cioè il suo Figlio unigenito che il Padre ha mandato come Salvatore di tutta l’umanità. Egli è il grande medico che può sanare la grande ferita. Perciò pregarono Dio e la sua bontà.
3. Il Padre delle creature per la salvezza di noi tutti «non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (Rm 8,32). Le nostre iniquità lo hanno umiliato, ma «per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,5). Con la potenza della sua parola ci ha radunati da tutte le nazioni, da un confine all’altro del mondo, ha fatto risorgere dalla terra, i nostri cuori e ci ha insegnato che siamo membra gli uni degli altri. Vi prego, miei cari nel Signore, di capire che queste cose che vi ho scritto sono comandamenti di Dio. Dobbiamo capire la condizione che Gesù ha assunto per noi: si è fatto simile a noi in tutto, «escluso il peccato» (Eb 4,15).
Dobbiamo pure accettare di essere liberati con la sua venuta. Egli infatti è venuto per farci sapienti con la sua stoltezza, per farci ricchi con la sua povertà, per consolarci con la sua debolezza, per dare a noi tutti la risurrezione e annientare colui che aveva il potere sulla morte. Allora cesseremo di invocare Gesù secondo la carne perché la sua venuta ci sorregge nel retto servizio fino a distruggere le nostre iniquità. Allora Gesù ci dirà: «Vi ho chiamati amici» (Gv 15,15) e non più servi. Quando gli apostoli giunsero ad accogliere lo spirito di figli, allora lo Spirito Santo insegnò loro ad adorare il Padre in modo conveniente.
A me, povero e maledetto di Cristo, l’età cui sono giunto mi ha portato gioia, gemito e pianto.
Infatti molti della nostra generazione hanno indossato la veste di Dio, ma hanno negato la sua potenza. Quelli che si sono preparati ad essere liberati per l’avvento di Gesù, mi arrecano gioia. Ma quelli che trafficano sul nome di Gesù e fanno la volontà del proprio cuore e del proprio corpo, mi arrecano afflizione. Io piango su coloro che hanno considerato la lunghezza del tempo, si sono scoraggiati, si sono privati della veste di Dio e sono diventati simili a bestie. Sappiate che per uomini simili la venuta di Gesù è grande condanna. Ma voi, miei cari nel Signore, sappiate conoscere voi stessi e discernere i tempi e preparatevi ad offrirvi come vittime gradite a Dio.
4. Io scrivo a voi «come a persone intelligenti» (1Cor 10,15) perché voi siete capaci di capire voi stessi. Voi sapete che chi conosce se stesso, conosce Dio è il suo disegno di salvezza per le sue creature. Vi sia ben chiaro che l’amore che nutro per voi non è carnale, ma spirituale, opera di Dio che «è tremendo nell’assemblea dei santi, grande e terribile tra quanti lo circondano» (Sal 88,8). Finché abbiamo degli intercessori presso Dio, preparatevi ad offrire ai vostri cuori quel fuoco che Gesù è venuto a portare sulla terra (Lc 12,49). Esercitate i vostri cuori e i vostri sensi a discernere il bene dal male, la destra dalla sinistra, la saldezza dalla debolezza. Gesù sapeva che la materia di questo mondo è in potere del diavolo. Perciò chiamò i suoi discepoli e disse loro: «Non accumulatevi tesori sulla terra. Non affannatevi per il domani perché il domani avrà già le sue inquietudini» (Mt 6,19.34). In verità, miei cari, il timoniere di una nave si vanta quando i venti sono calmi, ma la perizia del timoniere si vede quando soffiano venti violenti e contrari. Cercate ora di capire il tempo nel quale siamo giunti. Se dovessi parlarvi dettagliatamente della libertà, dovrei aggiungere molte altre cose ma «Da’ consigli al saggio e diventerà ancora più saggio» (Pro 9,9). Vi saluto, cari figli nel Signore, «piccoli e grandi» (At 8,10). Amen.
Settima lettera
1. Antonio vi saluta nel Signore, cari fratelli. Gioite! Non mi stancherò di ricordarmi di voi, membri di questa chiesa cattolica. Voglio che sappiate che l’amore che nutro per voi non è carnale, ma spirituale, opera di Dio. L’amore carnale, infatti, è debole, instabile, sconvolto da venti estranei. Tutti quelli che temono Dio e osservano i suoi comandamenti, sono servi di Dio; non c’è ancora perfezione in questo servizio ma giustizia che conduce allo spirito di figli. Per questo anche i profeti, gli apostoli e tutta l’assemblea dei santi, quelli che sono stati eletti da Dio e ai quali è affidata la predicazione apostolica, furono incatenati da Gesù Cristo per la bontà del Padre. Dice infatti l’apostolo Paolo: «Io Paolo, il prigioniero di Cristo» (Ef 3,1).
La legge scritta vi sorregga in questo buon servizio fino a che siamo in grado di vincere tutte le passioni del corpo e di raggiungere la perfezione nella virtù secondo l’insegnamento apostolico. A chi è vicino a ricevere la grazia Gesù dirà: «Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15).
Quelli che si sono avvicinati alla grazia e sono stati istruiti dallo Spirito Santo, hanno conosciuto la loro natura spirituale. Perciò Paolo dice loro: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre”» (Rm 8,15). Così riconoscono il dono che hanno ricevuto da Dio. Noi infatti «siamo figli, eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm 8,17).
2. Fratelli cari, voi siete partecipi dell’eredità dei santi e tutte le virtù vi appartengono, sono vostre. Non vi lasciate contaminare dalla vita secondo la carne, ma siate sempre presenti davanti a Dio: «La sapienza non entra in un’anima che opera il male né abita in un corpo schiavo del peccato. Il santo spirito, che ammaestra, rifugge dalla finzione» (Sap 1,4 5). In verità, miei cari, scrivo a voi «come a persone intelligenti» (1Cor 10,15). Voi siete capaci di conoscere voi stessi e chi conosce se stesso conosce Dio, e chi ha conosciuto Dio deve adorarlo in modo conveniente. Miei cari nel Signore, conoscete voi stessi. Chi infatti ha conosciuto se stesso, conosce anche il tempo in cui vive; e chi ha imparato a conoscere il tempo, resta ben saldo e non si lascia deviare da insegnamenti diversi.
Circa Ario che in Alessandria levò la sua voce per sostenere dottrine estranee all’Unigenito ponendo un tempo a colui che è fuori del tempo e un limite, come a una creatura, a colui che non ha limiti e un movimento a chi è fuori del movimento, io dico queste parole: «Se un uomo pecca contro un altro uomo, Dio potrà intervenire in suo favore, ma se l’uomo pecca contro il Signore, chi potrà intercedere per lui?» (1Sam 2,25). Quest’uomo si è accinto ad una grande impresa, ma la sua ferita è incurabile. Se costui avesse conosciuto se stesso, la sua lingua non avrebbe detto cose che ignorava. Ma per quel che è accaduto, è evidente che egli non ha conosciuto se stesso.
Ottava lettera (a Teodoro)
Antonio saluta nel Signore il diletto figlio Teodoro!
Sapevo che Dio non avrebbe fatto alcuna cosa se non per rivelare ai profeti suoi servi la sua salvifica dottrina. Credevo perciò di non doverti manifestare quanto il Signore da tempo mi aveva rivelato. Ma, dopo che ho visto i tuoi confratelli che erano con Teofilo e con Copre, ho ritenuto di comunicarti la rivelazione: molti di coloro che adorano il Cristo secondo verità peccano anche dopo essere stati battezzati, e questo accade un po’ da per tutto. Ma se implorano la misericordia divina e con animo contrito si pentono, il Signore cancella tutti i loro peccati. Nel giorno in cui questa mia lettera ti sarà consegnata, leggila dunque ai tuoi confratelli perché essi ne possano trarre giovamento. Salutali da parte mia, così come i miei salutano te. Ti auguro ogni bene nel Signore.
Capitolo VI: La gioia di una coscienza retta
Libro II:Dell'interna conversazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. Giusto vanto dell'uomo retto è la testimonianza della buona coscienza. Se sarai certo, in coscienza, di aver agito rettamente, sarai sempre nella gioia. La buona coscienza permette di sopportare tante cose ed è piena di letizia, anche nelle avversità. Al contrario, se sentirai in coscienza di aver fatto del male, sarai sempre timoroso ed inquieto. Dolce riposo sarà il tuo, se il cuore non avrà nulla da rimproverarti. Non rallegrarti se non quando avrai fatto del bene. I cattivi non godono mai di una vera letizia e non sentono mai la pace dell'anima, giacché "non c'è pace per gli empi", dice il Signore (Is 48,22; 57,21). E se la gente dice: "siamo in pace, non ci accadrà alcun male (Mic 3,11), chi mai oserà farci del male?", non creder loro; ché improvvisa si leverà la collera di Dio, "e quello che hanno fatto andrà in fumo, e i loro piani svaniranno" (Sal 145,4). Per colui che ama Iddio, non è difficile trovare la propria gloria nella sofferenza, poiché ciò significa trovarla nella croce del Signore. La gloria data o ricevuta dagli uomini dura poco; e una certa tristezza le si accompagna sempre. Invece la gloria dei giusti viene dalla loro coscienza, non dalle parole della gente; la loro letizia viene da Dio ed è in Dio; la loro gioia viene dalla verità. Colui che aspira alla gloria vera ed eterna non si preoccupa di quella temporale; invece colui che cerca questa gloria caduca, anziché disprezzarla dal profondo dell'animo, evidentemente ama di meno la gloria celeste. Grande serenità di spirito possiede colui che non bada alle lodi né ai rimproveri della gente; giacché, se ha la coscienza pulita, si sentirà facilmente contento e tranquillo.
2. Tu non sei maggiormente santo se ricevi delle lodi, né maggiormente cattivo se ricevi dei rimproveri; sei quello che sei, e non puoi essere ritenuto più grande di quanto tu non sia agli occhi di Dio. Se fai attenzione a quello che tu sei in te stesso, interiormente, non baderai a ciò che possano dire di te gli uomini. L'uomo vede in superficie, Dio invece vede nel cuore; l'uomo guarda alle azioni esterne. Dio giudica invece le intenzioni. Agire bene, sempre, e avere poca stima di se medesimi, è segno di umiltà di spirito; non cercare conforto da alcuna creatura è segno di grande libertà e di fiducia interiore. Chi non cerca per sé alcuna testimonianza dal di fuori, evidentemente si abbandona del tutto a Dio. Infatti, come dice S. Paolo, "non riceve il premio colui che si loda da sé, ma colui che è lodato da Dio" (2Cor 10,18). Procedere tenendo Dio nel cuore, e non essere stretto da alcun legame che venga di fuori, ecco la condizione dell'uomo spirituale.
22-22 Agosto 28, 1927 Dolore del Voler Divino in ciascuna cosa creata. Concepimento di Gesù. Amore dell’anima.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Stavo secondo il mio solito seguendo gli atti del Voler Supremo. Ma mentre ciò facevo il mio dolce Gesù è uscito da dentro il mio interno ed era tanto afflitto, affannato e sospirava con intenso dolore ed io gli ho detto: “Che c’è, che c’è Amor mio? Perché sei così afflitto e dolente? ” E Gesù:
(2) “Figlia mia, se tu sapessi quanti dolori riceve la mia Volontà piangeresti meco. Essa in tutta la Creazione tiene il suo moto ed il suo atto continuo, coinvolge tutto ed in tutte le cose create porge il suo atto incessante a ciascuna creatura e non trovando la sua stessa Volontà in esse per dare l’atto suo, anzi trova volontà umane infangate, è costretta per conservarle, a deporre il suo atto. Si sente straziare dal dolore, ché depone nel fango la nobiltà, la santità, la purezza dei suoi atti Divini. Non trova il corteggio della sua stessa Volontà Divina nell’atto suo che depone nella creatura e ne soffre intensamente. Ed Io sento il suo dolore in ogni atto suo ed in ogni atto che fa fare alle stesse creature. Se la creatura parla, opera e cammina, è la mia Volontà Divina che si fa primo moto della parola, dell’opera, dei passi di loro, eppure non viene guardata, viene messa da parte come se il mio Volere fosse estraneo a loro, mentre vi tiene la parte vitale ed essenziale dell’atto loro ed oh! come si duole in ogni atto delle creature, nel vedersi né riconosciuta, né amata, né guardata. Non c’è cosa nella Creazione che il mio Volere non fa: Nel sole fa il suo atto di luce incessante per dare luce alle creature e cerca in loro il suo stesso Volere per ricevere il corteggio, la gloria alla sua luce e non trovandolo si duole, perché non trova in esse chi pareggia alla sua luce; anzi trova in loro tenebre e freddezza che offendono la sua luce ed il suo calore. Che dolore! il mio Volere fa il suo atto continuato nell’aria e respirando in essa, forma nell’aria un atto vitale che, respirandolo le creature sentono la vita e mentre dà la vita non trova in loro il respiro del suo stesso Voler Divino, che respirando insieme formerebbe la Vita Divina nella creatura. Che dolore dar la vita e non poterle formare in loro. Il mio Volere forma il cibo, tiene in esercizio tanti elementi: La terra, il vento, il sole, l’aria, l’acqua, il germe, per formare questo cibo per darlo alle creature, per trovare in loro la sua Volontà. Macché, invano ed il suo dolore si fa più intenso. Che cosa non fa la mia Volontà nella Creazione? Non c’è cosa in cui non tiene il suo primo atto di Vita e corre e corre incessantemente verso la creatura, corre nel vento, nell’acqua, nella terra, nei prati fioriti, nelle onde del mare, nel cielo disteso, dovunque e corre per trovare la sua Volontà nelle creature e non trovandola sente in tutte le cose un dolore, si sente strappare gli atti suoi senza che servono al suo stesso Volere. Oh! se la creatura potesse leggere i caratteri del mio Fiat Divino, leggerebbe in tutto ciò che vede, sente, tocca e prende, dolore incessante di questo mio Volere, che corre e correrà sempre solo per trovare la mia Volontà in loro, scopo unico perché fu creato l’uomo e tutta la Creazione. E se la conserva, è per raggiungere il suo scopo e mettere tregua ad un dolore sì lungo. Ecco perciò tutte le mie premure per far conoscere la mia Volontà Divina, affinché regni e domini. Tutto sarà dato ai figli di Essa, perché essi soli toglieranno i caratteri del dolore e vi metteranno i caratteri della gioia, della gloria, della felicità in tutte le cose create, perché Volontà Divina riceveranno per mezzo di esse e Volontà Divina faranno trovare in loro che renderanno i giusti omaggi e la gloria dovuta agli atti che il mio Volere esercita in tutta la Creazione”.
(3) Onde continuavo a seguire gli atti del Supremo Volere e giunta al punto quando la Sovrana Regina concepì nel suo seno purissimo, dicevo tra me: “L’Altezza della mia Madre Celeste somministrò il suo sangue, il suo amore e la Volontà Divina che regnava in Essa per formare in Lei il concepimento del Verbo. Anch’io voglio somministrare il mio amore, le mie pene ed il Voler Divino che regna in me, mentre concepisce nel suo seno, affinché anch’io ci metto del mio nel concepimento di Gesù, per adorare l’Eterno Fiat in un atto sì grande e anche per fare che avendo dato del mio, resti concepito in me”. Ma mentre ciò facevo pensavo tra me: “Sono le mie solite stranezze, ma del resto è amore che voglio dare a Gesù, è la sua stessa Volontà Divina per onore del suo concepimento”. E Gesù, movendosi nel mio interno, mi ha detto:
(4) “Figlia mia, sono Io che muovo l’animo tuo a fare ciò che voglio e molte volte non ti dico neppure la ragione. Tu devi sapere che la mia Divina Volontà ebbe il suo atto primo nel concepimento di Me, Verbo Eterno ed il tuo amore e atti tuoi sono atti di giustizia e sono necessari per il concepimento della Volontà Divina nell’Umanità del tuo Gesù, perché il primo regno che stendeva fu nella mia Umanità. Ora per darti il diritto che potesse regnare in te, esigeva con giustizia il tuo amore mentre concepiva nella mia Umanità. E siccome per il mio Supremo Fiat non esiste passato e futuro, ma tutto è presente, mentre concepivo nella Sovrana Regina, concepivo nel tuo amore, nelle tue pene, in quel suo stesso Volere che doveva regnare in te. Sicché tu adesso non fai altro che darle i diritti suoi, somministrarle ciò che ci vuole per farla concepire in te, per ricevere tu i diritti di farle stendere il suo regno e di prendere in mano lo scettro del comando con assoluto dominio. Onde ciò che a te sembra nulla e stranezza, entra nell’atto primo della DivinaVolontà ed il tuo Gesù, guidandoti e prendendoti per mano, ti porta nell’atto quando concepì nel seno materno per farti mettere il tuo amore, le tue pene, affinché non mancasse l’atto tuo in un atto sì grande che dava il principio al regno della mia Volontà Divina nell’umana famiglia. Ed è questa la causa perché in tutti gli atti che Io feci stando sulla terra, chiamo il tuo amore a vincolarsi a quegli atti, né voglio che te ne sfugga nessuno. Sono diritti di giustizia che esige il mio Volere e sono anelli di congiunzione per darti il diritto che Esso potesse regnare in te. Perciò segui il tuo Gesù senza darti pensiero”.
(5) Onde ritornando a pensare al dolore che sente la Divina Volontà nella Creazione, avrei voluto tante vite per quanti dolori Essa sente, per raddolcire un dolore sì lungo e pensavo in che stato doloroso si trova il Fiat nelle creature. Ed il mio amabile Gesù uscendo da dentro il mio interno mi ha detto:
(6) “Figlia mia, tu devi sapere che il mio Voler Divino non può ammettere gli atti della mia Volontà nella creatura se non trova la sua, perché manca in loro la capacità, dignità, santità, spazio per poter contenere un atto solo della Volontà Suprema. E questo è un altro suo dolore; ma per natura di sua bontà comunica i soli effetti. Succede come al sole che comunica i suoi effetti alla terra, ma non rimane in essa, altrimenti la terra resterebbe raggiante, luminosa; invece, come passa il sole così resta corpo scuro qual è, ma gli effetti servono a conservarla e a farle produrre piante, fiori e frutti. Succede pure come l’acqua che comunica i suoi effetti alla terra, ma non la sorgente della sua vita. Tanto vero che quando non piove la terra resta asciutta e non ha forza di produrre un filo di erba. E perciò la terra, non possedendo né la vita del sole, né quella dell’acqua, ha bisogno che il sole comunica i suoi effetti giornalieri e l’acqua spesso spesso la bagna per conservarsi e poter produrre. Così succede per gli atti del mio Voler Divino, Esso vuol darsi affinché la creatura diventi sole, per poter formare la sua Vita e non trovando la sua Volontà, nel suo dolore, preso da eccessi della sua bontà comunica i suoi effetti, che servono per conservare il soggetto dei suoi dolori. Nessuno può dirti che valore, che potenza, che santità, luce ed immensità che contiene un atto del mio Fiat Divino, se non che il tuo Gesù e solo chi possiede un Voler Divino può contenere gli atti di Esso, perciò solo il Fiat può innalzare la creatura alla Santità e nobiltà Divina che dà la somiglianza del suo Creatore; tutti gli altri, per quanto buoni e decantati per abilità, ingegno, dottrina, operosità, resteranno sempre come terra che, non possedendo né sorgente di luce, né di acqua, gli sarano dati come poveri mendichi gli effetti del mio Supremo Volere”.