Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 4° settimana del tempo di Quaresima
Vangelo secondo Matteo 5
1Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.2Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3"Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte,15né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.
17Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.18In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
20Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
21Avete inteso che fu detto agli antichi: 'Non uccidere'; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
23Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,24lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
25Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione.26In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!
27Avete inteso che fu detto: 'Non commettere adulterio';28ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
29Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna.30E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
31Fu pure detto: 'Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio';32ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: 'Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti';34ma io vi dico: non giurate affatto: né per 'il cielo', perché è 'il trono di Dio';35né per 'la terra', perché è 'lo sgabello per i suoi piedi'; né per 'Gerusalemme', perché è 'la città del gran re'.36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello.37Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.
38Avete inteso che fu detto: 'Occhio per occhio e dente per dente';39ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra;40e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.41E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due.42Da' a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
43Avete inteso che fu detto: 'Amerai il tuo prossimo' e odierai il tuo nemico;44ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori,45perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.46Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?48Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Genesi 19
1I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra.2E disse: "Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada". Quelli risposero: "No, passeremo la notte sulla piazza".3Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono.4Non si erano ancora coricati, quand'ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo.5Chiamarono Lot e gli dissero: "Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!".6Lot uscì verso di loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé,7disse: "No, fratelli miei, non fate del male!8Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all'ombra del mio tetto".9Ma quelli risposero: "Tirati via! Quest'individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!". E spingendosi violentemente contro quell'uomo, cioè contro Lot, si avvicinarono per sfondare la porta.10Allora dall'interno quegli uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero il battente;11quanto agli uomini che erano alla porta della casa, essi li colpirono con un abbaglio accecante dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta.
12Quegli uomini dissero allora a Lot: "Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo.13Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandati a distruggerli".14Lot uscì a parlare ai suoi generi, che dovevano sposare le sue figlie, e disse: "Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città!". Ma parve ai suoi generi che egli volesse scherzare.15Quando apparve l'alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: "Su, prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed esci per non essere travolto nel castigo della città".16Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuori della città.17Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: "Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!".18Ma Lot gli disse: "No, mio Signore!19Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato una grande misericordia verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia.20Vedi questa città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù - non è una piccola cosa? - e così la mia vita sarà salva".21Gli rispose: "Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato.22Presto, fuggi là perché io non posso far nulla, finché tu non vi sia arrivato". Perciò quella città si chiamò Zoar.
23Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar,24quand'ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore.25Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo.26Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.
27Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore;28contemplò dall'alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.
29Così, quando Dio distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.
30Poi Lot partì da Zoar e andò ad abitare sulla montagna, insieme con le due figlie, perché temeva di restare in Zoar, e si stabilì in una caverna con le sue due figlie.31Ora la maggiore disse alla più piccola: "Il nostro padre è vecchio e non c'è nessuno in questo territorio per unirsi a noi, secondo l'uso di tutta la terra.32Vieni, facciamo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui, così faremo sussistere una discendenza da nostro padre".33Quella notte fecero bere del vino al loro padre e la maggiore andò a coricarsi con il padre; ma egli non se ne accorse, né quando essa si coricò, né quando essa si alzò.34All'indomani la maggiore disse alla più piccola: "Ecco, ieri io mi sono coricata con nostro padre: facciamogli bere del vino anche questa notte e va' tu a coricarti con lui; così faremo sussistere una discendenza da nostro padre".35Anche quella notte fecero bere del vino al loro padre e la più piccola andò a coricarsi con lui; ma egli non se ne accorse, né quando essa si coricò, né quando essa si alzò.36Così le due figlie di Lot concepirono dal loro padre.37La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Costui è il padre dei Moabiti che esistono fino ad oggi.38Anche la più piccola partorì un figlio e lo chiamò "Figlio del mio popolo". Costui è il padre degli Ammoniti che esistono fino ad oggi.
Giobbe 34
1Eliu continuò a dire:
2Ascoltate, saggi, le mie parole
e voi, sapienti, porgetemi l'orecchio,
3Perché l'orecchio distingue le parole,
come il palato assapora i cibi.
4Esploriamo noi ciò che è giusto,
indaghiamo fra di noi quale sia il bene:
5poiché Giobbe ha detto: "Io son giusto,
ma Dio mi ha tolto il mio diritto;
6contro il mio diritto passo per menzognero,
inguaribile è la mia piaga benché senza colpa".
7Chi è come Giobbe
che beve, come l'acqua, l'insulto,
8che fa la strada in compagnia dei malfattori,
andando con uomini iniqui?
9Poiché egli ha detto: "Non giova all'uomo
essere in buona grazia con Dio".
10Perciò ascoltatemi, uomini di senno:
lungi da Dio l'iniquità
e dall'Onnipotente l'ingiustizia!
11Poiché egli ripaga l'uomo secondo il suo operato
e fa trovare ad ognuno secondo la sua condotta.
12In verità, Dio non agisce da ingiusto
e l'Onnipotente non sovverte il diritto!
13Chi mai gli ha affidato la terra
e chi ha disposto il mondo intero?
14Se egli richiamasse il suo spirito a sé
e a sé ritraesse il suo soffio,
15ogni carne morirebbe all'istante
e l'uomo ritornerebbe in polvere.
16Se hai intelletto, ascolta bene questo,
porgi l'orecchio al suono delle mie parole.
17Può mai governare chi odia il diritto?
E tu osi condannare il Gran Giusto?
18lui che dice ad un re: "Iniquo!"
e ai principi: "Malvagi!",
19lui che non usa parzialità con i potenti
e non preferisce al povero il ricco,
perché tutti costoro sono opera delle sue mani?
20In un istante muoiono e nel cuore della notte
sono colpiti i potenti e periscono;
e senza sforzo rimuove i tiranni,
21poiché egli tiene gli occhi sulla condotta
dell'uomo
e vede tutti i suoi passi.
22Non vi è tenebra, non densa oscurità,
dove possano nascondersi i malfattori.
23Poiché non si pone all'uomo un termine
per comparire davanti a Dio in giudizio:
24egli fiacca i potenti, senza fare inchieste,
e colloca altri al loro posto.
25Poiché conosce le loro opere,
li travolge nella notte e sono schiacciati;
26come malvagi li percuote,
li colpisce alla vista di tutti;
27perché si sono allontanati da lui
e di tutte le sue vie non si sono curati,
28sì da far giungere fino a lui il grido
dell'oppresso e fargli udire il lamento dei poveri.
29Se egli tace, chi lo può condannare?
Se vela la faccia, chi lo può vedere?
Ma sulle nazioni e sugli individui egli veglia,
30perché non regni un uomo perverso,
perché il popolo non abbia inciampi.
31Si può dunque dire a Dio:
"Porto la pena, senza aver fatto il male;
32se ho peccato, mostramelo;
se ho commesso l'iniquità, non lo farò più"?
33Forse, secondo le tue idee dovrebbe ricompensare,
perché tu rifiuti il suo giudizio?
Poiché tu devi scegliere, non io,
di', dunque, quello che sai.
34Gli uomini di senno mi diranno
con l'uomo saggio che mi ascolta:
35"Giobbe non parla con sapienza
e le sue parole sono prive di senno".
36Bene, Giobbe sia esaminato fino in fondo,
per le sue risposte da uomo empio,
37perché aggiunge al suo peccato la rivolta,
in mezzo a noi batte le mani
e moltiplica le parole contro Dio.
Salmi 37
1'Di Davide.'
Alef. Non adirarti contro gli empi
non invidiare i malfattori.
2Come fieno presto appassiranno,
cadranno come erba del prato.
3Bet. Confida nel Signore e fa' il bene;
abita la terra e vivi con fede.
4Cerca la gioia del Signore,
esaudirà i desideri del tuo cuore.
5Ghimel. Manifesta al Signore la tua via,
confida in lui: compirà la sua opera;
6farà brillare come luce la tua giustizia,
come il meriggio il tuo diritto.
7Dalet. Sta' in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l'uomo che trama insidie.
8He. Desisti dall'ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: faresti del male,
9poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera nel Signore possederà la terra.
10Vau. Ancora un poco e l'empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi.
11I miti invece possederanno la terra
e godranno di una grande pace.
12Zain. L'empio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti.
13Ma il Signore ride dell'empio,
perché vede arrivare il suo giorno.
14Het. Gli empi sfoderano la spada
e tendono l'arco
per abbattere il misero e l'indigente,
per uccidere chi cammina sulla retta via.
15La loro spada raggiungerà il loro cuore
e i loro archi si spezzeranno.
16Tet. Il poco del giusto è cosa migliore
dell'abbondanza degli empi;
17perché le braccia degli empi saranno spezzate,
ma il Signore è il sostegno dei giusti.
18Iod. Conosce il Signore la vita dei buoni,
la loro eredità durerà per sempre.
19Non saranno confusi nel tempo della sventura
e nei giorni della fame saranno saziati.
20Caf. Poiché gli empi periranno,
i nemici del Signore appassiranno
come lo splendore dei prati,
tutti come fumo svaniranno.
21Lamed. L'empio prende in prestito e non restituisce,
ma il giusto ha compassione e dà in dono.
22Chi è benedetto da Dio possederà la terra,
ma chi è maledetto sarà sterminato.
23Mem. Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo
e segue con amore il suo cammino.
24Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano.
25Nun. Sono stato fanciullo e ora sono vecchio,
non ho mai visto il giusto abbandonato
né i suoi figli mendicare il pane.
26Egli ha sempre compassione e dà in prestito,
per questo la sua stirpe è benedetta.
27Samech. Sta' lontano dal male e fa' il bene,
e avrai sempre una casa.
28Perché il Signore ama la giustizia
e non abbandona i suoi fedeli;
Ain. gli empi saranno distrutti per sempre
e la loro stirpe sarà sterminata.
29I giusti possederanno la terra
e la abiteranno per sempre.
30Pe. La bocca del giusto proclama la sapienza,
e la sua lingua esprime la giustizia;
31la legge del suo Dio è nel suo cuore,
i suoi passi non vacilleranno.
32L'empio spia il giusto
e cerca di farlo morire.
33Il Signore non lo abbandona alla sua mano,
nel giudizio non lo lascia condannare.
34Kof. Spera nel Signore e segui la sua via:
ti esalterà e tu possederai la terra
e vedrai lo sterminio degli empi.
35Res. Ho visto l'empio trionfante
ergersi come cedro rigoglioso;
36sono passato e più non c'era,
l'ho cercato e più non si è trovato.
37Sin. Osserva il giusto e vedi l'uomo retto,
l'uomo di pace avrà una discendenza.
38Ma tutti i peccatori saranno distrutti,
la discendenza degli empi sarà sterminata.
39Tau. La salvezza dei giusti viene dal Signore,
nel tempo dell'angoscia è loro difesa;
40il Signore viene in loro aiuto e li scampa,
li libera dagli empi e dà loro salvezza,
perché in lui si sono rifugiati.
Ezechiele 35
1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, volgiti verso il monte Seir e profetizza contro di esso.3Annunzierai: Dice il Signore Dio:
Eccomi a te, monte Seir,
anche su di te stenderò il mio braccio
e farò di te una solitudine, un luogo desolato.
4Ridurrò le tue città in macerie,
e tu diventerai un deserto;
così saprai che io sono il Signore.
5Tu hai mantenuto un odio secolare contro gli Israeliti e li hai consegnati alla spada nel giorno della loro sventura, quando ho posto fine alla loro iniquità;6per questo, com'è vero ch'io vivo - dice il Signore Dio - ti abbandonerò al sangue e il sangue ti perseguiterà; tu hai odiato il sangue e il sangue ti perseguiterà.7Farò del monte Seir una solitudine e un deserto e vi eliminerò chiunque su di esso va e viene.8Riempirò di cadaveri i tuoi monti; sulle tue alture, per le tue pendici, in tutte le tue valli cadranno i trafitti di spada.9In solitudine perenne ti ridurrò e le tue città non saranno più abitate: saprete che io sono il Signore.10Poiché hai detto: Questi due popoli, questi due territori saranno miei, noi li possiederemo, anche se là è il Signore.11Per questo, com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore Dio - io agirò secondo quell'ira e quel furore che tu hai dimostrato nell'odio contro di loro e mi rivelerò in mezzo a loro quando farò giustizia di te:12saprai allora che io sono il Signore. Ho udito tutti gli insulti che tu hai proferiti contro i monti d'Israele: Sono deserti; son dati a noi perché vi pascoliamo.13Contro di me avete fatto discorsi insolenti, contro di me avete moltiplicato le parole: ho udito tutto.14Così dice il Signore Dio: Poiché tutto il paese ha gioito, farò di te una solitudine:15poiché tu hai gioito per l'eredità della casa d'Israele che era devastata, così io tratterò te: sarai ridotto a una solitudine, o monte Seir, e tu Edom, tutto intero; si saprà che io sono il Signore".
Atti degli Apostoli 27
1Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l'Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta.2Salimmo su una nave di Adramitto, che stava per partire verso i porti della provincia d'Asia e salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macèdone di Tessalonica.3Il giorno dopo facemmo scalo a Sidone e Giulio, con gesto cortese verso Paolo, gli permise di recarsi dagli amici e di riceverne le cure.4Salpati di là, navigammo al riparo di Cipro a motivo dei venti contrari5e, attraversato il mare della Cilicia e della Panfilia, giungemmo a Mira di Licia.6Qui il centurione trovò una nave di Alessandria in partenza per l'Italia e ci fece salire a bordo.7Navigammo lentamente parecchi giorni, giungendo a fatica all'altezza di Cnido. Poi, siccome il vento non ci permetteva di approdare, prendemmo a navigare al riparo di Creta, dalle parti di Salmóne,8e costeggiandola a fatica giungemmo in una località chiamata Buoni Porti, vicino alla quale era la città di Lasèa.
9Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era già passata la festa dell'Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo:10"Vedo, o uomini, che la navigazione comincia a essere di gran rischio e di molto danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre vite".11Il centurione però dava più ascolto al pilota e al capitano della nave che alle parole di Paolo.12E poiché quel porto era poco adatto a trascorrervi l'inverno, i più furono del parere di salpare di là nella speranza di andare a svernare a Fenice, un porto di Creta esposto a libeccio e a maestrale.
13Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, convinti di potere ormai realizzare il progetto, levarono le ancore e costeggiavano da vicino Creta.14Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l'isola un vento d'uragano, detto allora "Euroaquilone".15La nave fu travolta nel turbine e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balìa, andavamo alla deriva.16Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Càudas, a fatica riuscimmo a padroneggiare la scialuppa;17la tirarono a bordo e adoperarono gli attrezzi per fasciare di gòmene la nave. Quindi, per timore di finire incagliati nelle Sirti, calarono il galleggiante e si andava così alla deriva.18Sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno seguente cominciarono a gettare a mare il carico;19il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l'attrezzatura della nave.20Da vari giorni non comparivano più né sole, né stelle e la violenta tempesta continuava a infuriare, per cui ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta.
21Da molto tempo non si mangiava, quando Paolo, alzatosi in mezzo a loro, disse: "Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta; avreste evitato questo pericolo e questo danno.22Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave.23Mi è apparso infatti questa notte un angelo del Dio al quale appartengo e che servo,24dicendomi: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione.25Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato annunziato.26Ma è inevitabile che andiamo a finire su qualche isola".
27Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l'impressione che una qualche terra si avvicinava.28Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia.29Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno.30Ma poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e già stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora, Paolo disse al centurione e ai soldati:31"Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo".32Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare.
33Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: "Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell'attesa, senza prender nulla.34Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto".35Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.36Tutti si sentirono rianimati, e anch'essi presero cibo.37Eravamo complessivamente sulla nave duecentosettantasei persone.38Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.
39Fattosi giorno non riuscivano a riconoscere quella terra, ma notarono un'insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingere la nave verso di essa.40Levarono le ancore e le lasciarono andare in mare; al tempo stesso allentarono i legami dei timoni e spiegata al vento la vela maestra, mossero verso la spiaggia.41Ma incapparono in una secca e la nave vi si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa minacciava di sfasciarsi sotto la violenza delle onde.42I soldati pensarono allora di uccidere i prigionieri, perché nessuno sfuggisse gettandosi a nuoto,43ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo progetto; diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la terra;44poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.
Capitolo XLV: Non fare affidamento su alcuno: le parole facilmente ingannano
Leggilo nella Biblioteca1. "Aiutami, o Signore, nella tribolazione, perché è vana la salvezza che viene dagli uomini" (Sal 59,13). Quante volte non trovai affatto fedeltà, proprio là dove avevo creduto di poterla avere; e quante volte, invece, la trovai là dove meno avevo creduto. Vana è, dunque, la speranza negli uomini, mentre in te, o Dio, sta la salvezza dei giusti. Sii benedetto, o Signore mio Dio, in tutto quanto ci accade. Deboli siamo, e malfermi; facilmente ci inganniamo e siamo mutevoli. Quale uomo è tanto prudente e tanto attento da saper sempre custodire se stesso, così da non cadere mai in qualche delusione e incertezza? Ma non cadrà così facilmente colui che confida in te, o Signore, e ti cerca con semplicità di cuore. Che se incontrerà una tribolazione, in qualunque modo sia oppresso, subitamente ne sarà strappato da te, o sarà da te consolato, poiché tu non abbandoni chi spera in te, fino all'ultimo. Cosa rara è un amico sicuro, che resti tale in tutte le angustie dell'amico. Ma tu, o Signore, tu solo sei sempre pienamente fedele: non c'è amico siffatto, fuori di te.
2. Quale profonda saggezza ci fu in quell'anima santa che poté dire: il mio spirito è saldo, e fondato su Cristo! Se così fosse anche per me, non sarei tanto facilmente agitato da timori umani, né mi sentirei ferito dalle parole. Chi può mai prevedere ogni cosa e cautelarsi dai mali futuri? Se, spesso, anche ciò che era previsto riesce dannoso, con quanta durezza ci colpirà ciò che è imprevisto? Perché non ho meglio provveduto a me misero?; e perché mi sono affidato tanto leggermente ad altri? Siamo uomini, nient'altro che fragili uomini, anche se molti ci ritengono e ci dicono angeli. Oh, Signore, a chi crederò; a chi, se non a te? Tu sei la verità che non inganna e non può essere ingannata; mentre "l'uomo è sempre bugiardo" (Sal 115,11), debole, insicuro e mutevole, specie nelle parole, tanto che a stento ci si può fidare subito di quello che, in apparenza, pur ci sembra buono. Con quanta sapienza tu già ci avevi ammonito che ci dobbiamo guardare dagli uomini; che "nemici dell'uomo sono i suoi più vicini" (Mt 10,36); che non si deve credere se uno dice: "ecco qua, ecco là!" (Mt 24,23; Mc 13,21)! Ho imparato a mie spese, e voglia il cielo che ciò mi serva per acquistare maggiore prudenza e non ricadere nella stoltezza. Bada, mi dice taluno, bada bene, e serba per te quel che ti dico. Ma, mentre io sto zitto zitto, credendo che la cosa resti segreta, neppure lui riesce a tacere ciò per cui mi aveva chiesto il silenzio: improvvisamente mi tradisce, tradendo anche se stesso; e se ne va. Oh, Signore, difendimi da siffatte fandonie e dalla gente stolta, cosicché io non cada nelle loro mani, e mai non commetta simili cose. Da' alla mia bocca una parola vera e sicura, e lontana da me il linguaggio dell'inganno. Che io mi guardi in ogni modo da ciò che non vorrei dover sopportare da altri.
3. Quanta bellezza e quanta pace, fare silenzio intorno agli altri; non credere pari pari ad ogni cosa, né andare ripetendola; rivelare sé stesso soltanto a pochi; cercare sempre te, che scruti i cuori, senza lasciarsi portare di qua e di là da ogni vuoto discorso; volere che ogni cosa interiore ed esterna, si compia secondo la tua volontà! Quale tranquillità, fuggire le apparenze umane, per conservare la grazia celeste; non ambire a ciò che sembri assicurare ammirazione all'esterno, e inseguire invece, con ogni sollecitudine, ciò che assicura emendazione di vita e fervore! Di quanto danno fu, per molti, una virtù a tutti nota e troppo presto lodata. Di quanto vantaggio fu, invece, una grazia conservata nel silenzio, durante questa nostra fragile vita, della quale si dice a ragione che è tutta una tentazione e una lotta!
DISCORSO 38 SU LE PAROLE DELL'ECCLESIASTICO 2, 1-5: "FIGLIO, ACCOSTANDOTI A SERVIRE DIO" ECC. E SUL VERSETTO DEL SALMO 38, 7: "L'UOMO, È VERO, SI MUOVE COME UN'OMBRA" ECC. DELLA CONTINENZA E DELLA TEMPERANZA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa continenza e la sopportazione.
1. Due sono i precetti, sotto certi aspetti faticosi, che in questa vita ci vengono imposti dal Signore: contenerci e tollerare. Ci si comanda di contenerci nei confronti di quelle cose che in questo mondo si chiamano beni; ci si comanda di tollerare i mali che abbondano nel mondo presente. La prima dote si chiama continenza, l'altra sopportazione: due virtù che purificano l'anima e la rendono capace di [ospitare] la divinità. Della continenza abbiamo bisogno per frenare le passioni sregolate e porre un argine ai piaceri, in modo che quanto ci lusinga fuori posto non ci travii né ci snervi quel che chiamiamo prosperità. Occorre non prestar fede alla felicità mondana e aspirare sino alla fine alla felicità che non avrà fine. E come compito proprio della continenza è non prestar fede alla felicità del mondo, così la tolleranza ha il compito di non cedere di fronte all'infelicità del mondo. Sia dunque che ci troviamo nell'abbondanza sia che ci troviamo nella strettezza, dobbiamo aspirare al Signore, il quale ci dia ciò che è veramente buono e dilettevole e allontani da noi ciò che veramente è male.
A tutti il mondo riserva dolori e gioie.
2. I beni che Dio promette ai giusti son loro tenuti in serbo per la fine, e anche i mali che minaccia agli empi sono loro tenuti in serbo per la fine; quanto invece ai beni e ai mali che si trovano mescolati in questo mondo, non sono retaggio né dei soli buoni né dei soli cattivi. Qualunque cosa tu voglia chiamar "bene " in questo mondo, ce l'ha il buono e ce l'ha anche il cattivo. Ad esempio, la salute corporale: ce l'hanno i buoni e ce l'hanno i cattivi. Così le ricchezze: le trovi presso i buoni e presso i cattivi. Così la discendenza e i figli: vediamo che son doni comuni dei buoni e dei cattivi. Quanto poi alla vita lunga, vivono molti anni certi buoni, così come certi cattivi. Qualsiasi altro bene vorrai enumerare, fra quelli di questo mondo, lo troverai indistintamente e presso i buoni e presso i cattivi. E ora pensa alle varie molestie e tristezze della vita. Debbono tollerarle e i buoni e i cattivi. Così la fame, la malattia, i dolori, i danni, le oppressioni, le privazioni. È questa una fonte di lacrime comune a tutti. È facile scorgere tutto questo: come cioè i beni mondani siano presso i buoni e presso i cattivi e come parimenti buoni e cattivi debbano sopportare i mali di questo mondo. Per questo motivo a certuni vacillano i piedi nella via di Dio e minacciano di uscire di strada. Sono anzi molti coloro che smarriscono la via ed escono fuori strada, in quanto avevano intrapreso un certo genere di vita e s'erano prefissi di servire Dio allo scopo di abbondare di beni terreni e di essere sottratti ai mali materiali, evitandoli completamente. Questo si erano proposti e tale ricompensa s'erano prefissi per la loro pietà e religiosità. Vedendosi però in disagi e vedendo insieme gli iniqui essere nel fiore della prosperità, pensano d'aver quasi perduto la ricompensa, di essere stati ingannati da colui che l'ha chiamati, quasi che abbia loro imposto inutilmente la fatica colui che poi l'ha imbrogliati nella mercede; e così si allontanano da Dio. Ma a chi si rivolgono, miseri, voltando le spalle a colui dal quale sono stati creati e immergendosi nelle cose create? Quando cominceranno a venir meno le cose create, dove andrà a finire chi si è innamorato del tempo, perdendo [per questo] l'eternità?.
Il tempo della fede e quello della visione.
3. Dio vuole che gli si presti fede e per quei beni che egli non concederà se non ai buoni e per quei mali che non infliggerà se non ai cattivi, poiché le due cose alla fine si renderanno manifeste. Quale potrà essere la ricompensa della fede? o come si può solamente parlare di fede, se ora pretendi di vedere quel che ti verrà dato? Non devi quindi vedere adesso ciò che ti sarà dato vedere in seguito. Adesso devi credere ciò che non vedi: devi crederlo per tutto il tempo che non lo vedi, per non dover arrossire quando [lo] vedrai. Insomma noi crediamo mentre dura il tempo della fede, prima che giunga il tempo nella visione. Così infatti dice l'Apostolo: Finché siamo in questo corpo, siamo pellegrini, lontani dal Signore; camminiamo infatti nella fede 1. Nella fede, dunque, finché crediamo ciò che non vediamo 2. Conseguiremo la visione quando [lo] vedremo faccia a faccia, così com'è 3. Anche l'apostolo Giovanni nella sua lettera distingue il tempo della fede e il tempo della visione dicendo: Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non si è ancora manifestato. Questo è il tempo della fede. Osservate ora il tempo della visione: Noi sappiamo - dice - che quando si manifesterà, saremo simili a lui poiché lo vedremo com'egli è 4.
4. Il tempo della fede è faticoso. Chi oserà negarlo? È faticoso, ma è questa la fatica di cui la visione è la ricompensa. Non esser pigro nel faticare, se ne desideri la ricompensa. Se infatti tu avessi preso qualcuno a giornata, certo non gli sborseresti la ricompensa prima d'averlo visto completare il lavoro. Gli diresti: Lavora e riceverai; né lui potrebbe dirti: Dammi e poi lavorerò. Così anche Dio. Essendo tu una persona timorata di Dio, non defraudi il tuo mercenario; e potrà defraudarti Dio, che ti comanda di non frodare il mercenario? Eppure, può succedere che tu non sia in grado di dare ciò che hai promesso. E anche se non c'è nel tuo cuore l'inganno per cui agisci con falsità, è certamente insita nella fragilità umana la miseria che ti mette in difficoltà. Ma nei riguardi di Dio cosa temeremo? Egli non può ingannare perché è la verità e, avendo creato tutte le cose, è nell'abbondanza di tutto.
La vita presente decresce continuamente.
5. Prestiamo dunque fede a Dio, o fratelli. Questo è il primo precetto, questo l'inizio della nostra religione e la regola della nostra condotta: avere il cuore radicato nella fede e poi, con questo cuore fisso nella fede, vivere bene, privarsi dei beni che seducono e sopportare i mali temporali. Finché gli uni carezzano e gli altri minacciano, avere saldo il cuore contro gli uni e contro gli altri, per non diventar molli nei riguardi dei primi e per non spezzarsi di fronte ai secondi. Se pertanto avrai la continenza e insieme anche la pazienza, quando saranno passati i beni temporali, quando più non ci saranno i mali a piombarci addosso, avrai come tuo bene Dio e sarai libero da ogni male. Cosa infatti ci è stato detto [al riguardo] nella lettura? Figlio, accostandoti a servire Dio, vivi nella giustizia e nel timore e prepara la tua anima alla tentazione. Umilia il tuo cuore e sii paziente, affinché al tempo della fine cresca la tua vita 5. Non adesso ma al tempo della fine. Affinché cresca al tempo della fine la tua vita. Quanto penseremo che cresca? Fino a diventare eterna. Al presente infatti la vita umana più si prolunga, o sembra prolungarsi, più decresce anziché crescere. State attenti e notatelo bene! Riflettete e osservate come davvero decresce. È nato un uomo, e Dio, per esempio, gli ha fissato settanta anni di vita. La vita si prolunga, noi diciamo, crescendo. Si prolunga o si abbrevia? Ecco, dei settanta anni ne ha vissuti sessanta: gliene son rimasti dieci. È diminuita la quantità [di anni] per lui stabilita, e quanto più vive, tanto meno gli resta da vivere. Insomma, quaggiù più si vive più si accorcia la vita, non si prolunga. Sta' saldo in ciò che Dio ti ha promesso, affinché cresca al tempo della fine la tua vita 6.
Detestare l'avarizia, amare la sapienza.
6. Viene appresso un brano che non è stato letto: Ricevi tutto ciò che ti sarà stato accordato, e nel dolore sopporta e nella tua umiliazione abbi pazienza. Poiché come l'oro e l'argento vengono saggiati nel fuoco, così gli uomini accetti [a Dio] nella fornace dell'umiliazione 7. Sembra duro, e tu sei venuto meno. O non è forse vero che hai perduto quel bene che non viene meno? Ma cos'è mai questo? Ci son molti che per del denaro, destinato a perire, sopportano molti disagi; com'è allora che tu non vuoi soffrire nulla per una vita che durerà per sempre? Rifiuti di affrontare disagi per le promesse di Dio, quasi che, non affrontandone per queste promesse divine, non ne dovessi affrontare per seguire le tue brame di piacere! Quanti mali non sopportano gli assassini per soddisfare la loro malvagità, quanti non ne sopportano gli scellerati per compiere le loro scelleratezze, quanti i lussuriosi per la loro perversione, quanti gli avari per la loro avarizia! Attraversano il mare, espongono il corpo e l'anima ai venti e alle tempeste, lasciando la propria casa e correndo verso l'ignoto. Se un giudice si pronunci per la condanna all'esilio, questo è una pena; se l'esilio lo comanda l'avarizia è [motivo] di esultanza! Ma cosa ti comanda di grande la sapienza, che non potrebbe esserti comandato parimenti dell'avarizia? E certamente, se te lo comanda l'avarizia, lo fai! Facendo poi quanto ti impone l'avarizia, cosa ne avrai? La casa piena di oro e di argento. Ma non hai letto le parole: L'uomo, è vero, si muove come un'ombra; ma vano è ogni suo turbamento: accumula tesori non sapendo per chi li raccolga 8? Perché dunque hai cantato e hai detto a Dio: Porgi l'orecchio alle mie lacrime, cioè: Ascolta con il tuo orecchio le mie lacrime 9? Perché tu con le tue orecchie non vuoi ascoltare le parole di colui che vuoi abbia ad ascoltare le tue lacrime? Se accuserai la tua avarizia, egli ti inviterà al banchetto della sua sapienza. Ma quando ti sarai sottoposto al giogo della sapienza, forse che questa sarà faticosa? Lo sarà certamente; tu però osserva quale ne sarà il fine, quale la ricompensa. Forse che, per quel che raccogli tramite la sapienza, ti succederà di non sapere per chi lo raccogli? Lo raccogli per te. Destati, svegliati, abbi il cuore della formica. È l'estate: raccogli ciò che potrà farti comodo d'inverno 10. Quando le cose ti van bene, è l'estate. Dunque quando le cose ti van bene, impara [à trovare] il sostentamento per il tempo in cui le cose ti si metteranno male. Stai bene? È l'estate. Non essere pigro, raccogli i grani dall'aia del Signore: le parole di Dio nella Chiesa di Dio. Raccoglile e nascondile nel tuo cuore. Sai che è il tempo della prosperità; ma verrà anche il male: la tribolazione raggiunge ogni uomo. E se adesso c'è completa serenità, certo all'avvicinarsi della morte ci sarà la tribolazione: quella tribolazione con cui si passa all'altra vita. Chi infatti può dire: La farò franca, e: Io non muoio?.
Il giovane ricco del Vangelo.
7. Ebbene, se ami la vita e temi la morte, questo stesso timore della morte è come un inverno quotidiano. Detto timore si fa particolarmente pungente quando ci si trova nella prosperità, poiché quando le cose van male non temiamo la morte, mentre quando ci van bene allora il timore della morte si fa più acuto. Così quel ricco che si dilettava molto della sua ricchezza: aveva infatti una grande ricchezza e molti possedimenti. Credo che veniva chiamato in una specie di giudizio dal timore della morte e si rodeva in mezzo alle sue delizie, pensando di dover abbandonare i suoi beni. Li aveva ammassati, senza sapere per chi, e desiderava qualcosa di eterno 11. Venne dal Signore e gli disse: Maestro buono, qual bene devo compiere per conseguire la vita eterna? 12. Starei bene, ma vedo che quanto posseggo mi sfugge via. Starei bene, ma fa presto a scomparire quel che posseggo. Dimmi come possa appropriarmi di ciò che sarà per sempre; dimmi come possa giungere al possesso di ciò che non debba mai perdere. E il Signore a lui: Se vuoi venire alla vita, osserva i comandamenti 13. Chiese: Quali comandamenti? Sentitane la risposta, replicò che tali comandamenti li aveva osservati fin dalla fanciullezza 14. Gli dice il Signore, suggerendogli un consiglio di vita eterna: Ti manca una cosa sola 15. Se vuoi essere perfetto, va' vendi tutto ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo 16. Non ti dico: Butta via ma metti da parte, e poi vieni e seguimi. Quel tale però era uno che riponeva la sua felicità nelle ricchezze e in tanto cercava dal Signore qual bene dovesse compiere per avere la vita eterna in quanto voleva passare dalle sue gioie ad altre gioie. Siccome aveva paura di perdere le cose che costituivano la sua felicità, se ne partì triste dirigendosi ai suoi tesori terreni 17. Non volle credere che il Signore avrebbe potuto tenergli in serbo nel cielo ciò che in terra era destinato a perire. Non seppe amare secondo verità il suo tesoro. Standoci malamente attaccato, lo perse; amandolo esageratamente, se lo lasciò sfuggire. Difatti se lo avesse amato a dovere, lo avrebbe spedito in cielo dov'egli poi lo avrebbe seguito. Dio gli indicò la casa dove spedirlo, non il luogo dove dissiparlo. Proseguendo infatti diceva: Dove sarà il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore 18.
Riporre in Dio i propri beni.
8. Ma gli uomini vogliono vedere le proprie ricchezze! Poni che qui in terra abbiano accumulato tesori. Forse che non temono di far vedere le proprie ricchezze? Eccoli scavare, coprire la buca e sotterrare [il tesoro]. Forse che possono vedere quel che posseggono? Non lo va a guardare nemmeno il padrone. Desidera che sia celato [a tutti], teme che lo si scopra. Vuol essere ricco nella stima [altrui], non nella realtà dei fatti. Quasi che basti averne la convinzione, dal momento che [i beni] li tiene nascosti sotto terra! Oh, che coscienza più elevata e più pulita avresti, se ti fossero conservati in cielo ! Quando quaggiù li sotterri, temi che li scopra il tuo servo, te li rubi e fugga. Quaggiù temi che te li rubi il tuo servo; lassù non temeresti nulla, poiché sa bene conservarteli il tuo padrone. Tu ribatti: Ma io ho un servo fedele che, pur sapendo [dov'è il denaro] non lo dice a nessuno e non se ne appropria. Mettilo a confronto col tuo Signore! Se sei riuscito a trovare un servo fedele, forse che il tuo Padrone ti ha qualche volta imbrogliato? E se il tuo servo non è capace di appropriarsi [del tuo], può tuttavia perderlo. Il tuo Signore non può né appropriarsene né perderlo, né permettere che vada perduto. Lo tiene in serbo per te: esso resta a te; te ne libera e ti rende [possessore] stabile. Non lascerà che tu vada in perdizione, né perderà ciò che tu gli avrai consegnato. Ti dice: Vieni, prendi quel che hai depositato presso di me. Ma via! Dio non ti dice questo. Ecco quel che ti dice: Io, che pur ti ho proibito d'esercitare l'usura, ho ricevuto ad usura da te. Tu volevi aumentare il tuo capitale mediante l'usura e lo davi al tuo simile perché te lo restituisse maggiorato: e vedevi costui godere nel prendere e piangere nel restituire. Tu avresti voluto far questo, ma io te lo proibivo. Dicevo infatti: Colui che non ha prestato il suo denaro con usura 19. Ti proibivo l'usura. Ecco, ora ti comando l'usura: fa' usura con me. Questo ti dice il tuo Signore: Vuoi dar poco e riprendere parecchio? Lascia in pace l'uomo, che faresti piangere quando andrai a riscuotere. Vieni in cerca di me che godo quando restituisco. Eccomi, ti dice. Da' e prendi! Al tempo della restituzione ti ripagherò. E come ti ripagherò? Mi hai dato poco, prenditi molto; mi hai dato cose terrene, prenditi cose celesti; mi hai dato cose temporali, prenditi cose eterne; mi hai dato cose mie, prenditi me stesso. Difatti, ciò che mi hai dato non l'avevi forse preso da me? E allora, non ti rifonderò di quello che mi hai dato se sono stato io a darti le cose che hai potuto donarmi? Io sono stato colui che ti ha dato te stesso, che tu poi mi hai donato; io ti ho dato Cristo a cui tu hai fatto il tuo dono e che ti ha detto: Quando l'avrete fatto a uno di questi miei, fosse anche il più piccolo, l'avete fatto a me 20. Ecco chi è la persona a cui doni. Ti pasce e per te ha fame; dona ed è bisognoso. Quando dona vuoi ricevere; quando ha bisogno non vorresti dare... Cristo è nel bisogno tutte le volte che un povero è nel bisogno. Colui che è disposto a dare la vita eterna a tutti i suoi si degna di ricevere nel tempo nella persona di ogni povero.
I poveri sono i nostri facchini.
9. E ti dà il consiglio dove trasferire [i tuoi beni]. Sì, ti ha consigliato dove li debba trasferire. Trasferisci [te e le tue cose] dalla terra al cielo, se non vuoi che vadano perdute. Quanta gente c'è, infatti, che perde ciò che custodiva gelosamente, ma nemmeno dopo una tal lezione si ravvedono e imparano a collocarlo in cielo! Orbene, eccoti per caso che viene uno a dirti: Trasferisci le tue ricchezze dall'occidente all'oriente, se vuoi che non ti vadano perdute. Tu ti arrovelleresti, ti affaticheresti, ti daresti da fare, computeresti l'ammontare delle tue possessioni e ti accorgeresti che, proprio per la quantità delle cose possedute, non ti sarebbe facile trasferirle in un paese lontano. Probabilmente piangeresti per essere costretto a partire senza trovare il modo di portare con te quello che avevi ammassato. A regioni ben più lontane t'ha imposto di trasferirti colui che non ti ha detto: Dall'occidente rècati in oriente, ma: Dalla terra sollèvati al cielo. Sei turbato: pensi di trovarti di fronte ad una difficoltà insormontabile, e fra te e te vai dicendo: Se non trovavo bestie da soma né navi per trasferirmi dall'occidente all'oriente, dove troverò le scale per recarmi dalla terra al cielo? Dio ti dice: Non angustiarti! Io che ti ho reso ricco, io che ti ho dato delle cose da poter distribuire, ho fatto anche i poveri, che sono come i tuoi facchini. Per esempio, se t'imbattessi in un povero d'oltremare o del paese cui tu ti apprestassi ad andare, se trovassi, proveniente proprio da quelle regioni, un cittadino posto in necessità, diresti a te stesso: Questo cittadino proviene dalla terra dov'io intendo recarmi. Lui ha bisogno qui e io gli do le cose che egli mi restituirà là [nella sua patria]. Ecco, ci sono quaggiù i poveri, che hanno bisogno, e i poveri sono cittadini del regno dei cieli. Perché stenti a fare il contratto? Coloro che fanno così dànno qualcosa per riceverlo maggiorato quando saranno giunti a quei luoghi dove è di casa colui che l'ha ricevuto. Facciamo così anche noi.
Dio è fedele nelle sue promesse.
10. Per far questo, occorre credere, occorre destare la fede. Il resto è un turbarsi inutilmente. Perché ci turbiamo inutilmente? Mentre Cristo dormiva sulla barca, i discepoli stavano sul punto di naufragare. Gesù dormiva e i discepoli erano turbati. Soffiavano furiosi i venti, s'innalzavano i marosi e la nave andava a picco 21. Perché? Perché Gesù dormiva. Così è anche di te. Quando in questo mondo infuriano le tempeste delle tentazioni, il tuo cuore si turba, quasi fosse la tua barca. Perché questo, se non perché dorme la tua fede? Così infatti dice l'apostolo Paolo: Cristo abita nei nostri cuori mediante la fede 22. Desta dunque Cristo dentro il tuo cuore, sia vigile la tua fede, sia tranquilla la tua coscienza, e la tua nave sarà liberata. Convinciti che chi ti ha fatto le promesse è verace. Non te l'ha mostrato, perché non è ancora tempo di mostrartelo; ma ti ha già mostrato parecchie cose. Ti ha promesso il suo Cristo e te l'ha dato; ti ha promesso la sua resurrezione e te l'ha data; ti ha promesso il suo Vangelo e te l'ha dato; ti ha promesso la sua Chiesa, assicurandoti che si sarebbe diffusa per tutta la terra, e te l'ha data; ti ha predetto che nel mondo ti avrebbero circondato molte tribolazioni e calamità, e te ne ha dato la dimostrazione. Quante sono le cose che rimangono? Ecco, è adempiuto ciò che era stato promesso, è adempiuto ciò che era stato predetto. E sei in dubbio che non venga quel che rimane? Dovresti temere se non vedessi [realizzato] ciò che era stato predetto. Ci sono le guerre, c'è la fame, ci sono le tribolazioni. Un regno è sopra un altro regno, ci sono terremoti, innumerevoli calamità, abbondanza di scandali, il raffreddamento della carità, la diffusione dell'iniquità 23. Leggi tutte queste cose: sono state predette. Leggi, constata come tutte le cose che vedi erano state predette. Enumerando le cose già avvenute, credi che avrai da vedere anche quel che non è ancora successo. Quanto poi a te, vedendo come Dio ti fa toccare con mano le cose che ha predette, come fai a non credere che egli ti darà anche quello che ti ha promesso? Lì devi cominciare a credere, dove è cominciato il tuo turbamento.
Sospiriamo verso la patria celeste.
11. Se siamo alla fine del mondo, dobbiamo esulare dal mondo, non amare il mondo. Ecco, il mondo è sconvolto, e lo si ama! Che faresti se il mondo fosse tranquillo? Come ti attaccheresti al mondo, se fosse bello, quando ti attacchi ad esso, pur così brutto? Come coglieresti i suoi fiori, se non ritrai la mano dal coglierne le spine? Non vuoi lasciare il mondo, ma il mondo lascia te, anche se vuoi seguirlo. Ebbene, o carissimi, mondiamo il nostro cuore e non perdiamo la sopportazione; appropriamoci della sapienza e teniamoci saldi nella continenza. La fatica passa, viene il riposo. Passano le false delizie; viene il bene che l'anima fedele ha [costantemente] desiderato, il bene verso il quale sospira con ardore ogni pellegrino in questo mondo. Viene la patria beata, la patria celeste, la patria popolata dagli angeli, la patria dove nessun cittadino muore, dove non può entrare alcun nemico, la patria dove per l'eternità Dio ti sarà amico e dove non temerai alcun avversario.
1 - 2 Cor 5, 6.
2 - 1 Cor 13, 12.
3 - 1 Gv 3, 2.
4 - 1 Gv 3, 2.
5 - Sir 2, 1-3.
6 - Sir 2, 1-3.
7 - Sir 2, 4-5.
8 - Sal 38, 7.
9 - Sal 38, 13.
10 - Cf. Prv 6, 6-8.
11 - Cf Sal 38, 7.
12 - Mt 19, 16.
13 - Mt 19, 17.
14 - Cf. Mt 19, 18-20.
15 - Mc 10, 21.
16 - Mt 19, 21.
17 - Cf Mt 19, 22.
18 - Mt 6, 21.
19 - Sal 14, 5.
20 - Mt 25, 40.
21 - Cf. Mt 8, 23-25.
22 - Cf. Ef 3, 17.
23 - Cf. Mt 24, 6-12.
7 - Come l'Altissimo diede inizio alle sue opere
La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca80. Causa di tutte le cause, e creatore di tutto quello che esiste, fu Dio. Egli, col potere del suo braccio, volle dare inizio a tutte le sue ammirabili opere ad extra quando e come fu sua volontà. L'ordine e l'inizio di questa creazione viene da Mosè riferito nel primo capitolo del libro della Genesi e poiché il Signore me ne ha dato la comprensione, dirò qui quello che conviene, per indagare sin dal loro principio le opere e i misteri dell'incarnazione del Verbo e della nostra redenzione.
81. Il capitolo primo della Genesi alla lettera dice così: In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno. In questo primo giorno, la Genesi dice che in principio Dio creò il cielo e la terra, perché da ciò il Dio potente incominciò ad operare, stando nel suo essere immutabile e quasi uscendone per creare fuori da se stesso le creature, che in quel momento cominciarono ad esistere in se stesse. E in certo qual modo Dio cominciò a ricrearsi nelle sue creature, quali opere adeguatamente perfette. Inoltre, affinché anche il loro ordine fosse perfettissimo, prima di creare creature intellettuali e razionali, formò il cielo per gli angeli e gli uomini, e la terra, dove i mortali dovevano essere viatori. Tali luoghi erano così proporzionati ai loro fini e così perfetti, che, come dice Davide, i cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento e la terra annunziano le opere delle sue mani. I cieli, con la loro armonia, manifestano la magnificenza e la gloria, perché sono deposito del premio preparato per i santi; il firmamento della terra annunzia che devono esservi creature e uomini che l'abitino, innalzandosi per suo mezzo al Creatore. Ma prima di crearli, l'Altissimo volle preparare loro, creandolo, tutto il necessario per questo e per la vita che li avrebbe mandati a vivere, affinché da ogni parte si trovino costretti ad ubbidire e ad amare il loro Creatore e benefattore, e conoscano, per mezzo delle sue opere, l'ammirabile suo nome e le infinite sue perfezioni.
82. Della terra, la Genesi dice che era informe e non lo dice del cielo, perché in esso Dio creò gli angeli nell'istante in cui disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Infatti non parla della luce materiale soltanto, ma anche delle luci angeliche e intellettuali. Né volle far più chiara menzione di loro che chiamandoli con questo nome (luci), per l'indole degli ebrei troppo facile ad attribuire la divinità a cose nuove ed altresì inferiori agli spiriti angelici. Tuttavia molto appropriata fu la metafora della luce nell'indicare la natura degli angeli e, misticamente, la luce della scienza e della grazia con cui nella loro creazione furono illuminati. Unitamente al cielo empireo Dio creò la terra, per formare nel suo centro l'inferno, poiché, nell'istante in cui fu creata, per divina disposizione rimasero nel mezzo di questo globo molte profonde e spaziose caverne, adatte per l'inferno, il limbo e il purgatorio. Nell'inferno ad un tempo fu creato fuoco materiale e le altre cose che lì, al presente, servono di pena ai dannati. Il Signore doveva dividere subito la luce dalle tenebre e chiamare la luce giorno, come le tenebre notte. Questo non avvenne solo tra la notte e il giorno naturali, bensì anche tra gli angeli buoni e i cattivi, dando ai buoni, che chiamò giorno, e giorno eterno, l'eterna luce della sua visione; al contrario, chiamò i cattivi notte del peccato, precipitandoli nelle tenebre eterne dell'inferno, affinché comprendiamo tutti quanto nel castigo andarono congiunte la liberal misericordia del Creatore e vivificatore e la giustizia del rettissimo giudice.
83. Gli angeli furono creati nel cielo empireo e nello stato di grazia affinché, per mezzo di essa, il merito precedesse il premio della gloria. Infatti, quantunque fossero nel luogo di tale gloria, tuttavia la Divinità non si era manifestata loro faccia a faccia, né con chiarezza, fino a che, per mezzo della grazia, quelli che obbedirono alla divina volontà lo meritarono. E così questi angeli santi, non altrimenti che gli altri apostati, rimasero assai poco nello stato di viatori, perché la creazione, lo stato e il termine loro consistettero in tre stazioni, divise con qualche intervallo in tre stadi o momenti. Nel primo furono tutti creati e adornati di grazia e doni, restando bellissime e perfette creature. A questo momento seguì una stazione, nella quale a tutti fu proposta e intimata la volontà del loro Creatore e fu loro ordinato di operare riconoscendolo come supremo Signore, adempiendo così al fine per cui li aveva creati. In questa stazione, si verificò, tra san Michele con i suoi angeli e il drago con i suoi, quella grande battaglia, che san Giovanni riporta nel capitolo dodicesimo dell'Apocalisse: gli angeli buoni, perseverando nella grazia, meritarono la felicità eterna, mentre i disobbedienti, levandosi contro Dio, meritarono la pena che scontano.
84. Ora, benché in questa seconda stazione tutto poté succedere molto brevemente, in considerazione della natura angelica e del potere divino, nondimeno intesi che la pietà dell'Altissimo si trattenne alquanto, e con qualche intervallo presentò loro il bene e il male, la verità e la falsità, il giusto e l'ingiusto, la sua grazia ed amicizia e la malizia del peccato e l'inimicizia di Dio, il premio e il castigo eterno, nonché la perdizione per Lucifero e per coloro che lo avessero seguito. Mostrò loro anche l'inferno con le sue pene ed essi lo videro tutto, perché nella loro natura tanto superiore ed eccellente si possono vedere tutte le cose come sono in se stesse, essendo create e limitate, di modo che, prima di decadere dalla grazia, videro chiaramente il luogo del castigo. E sebbene non abbiano conosciuto in egual misura il premio della gloria, tuttavia ebbero di essa un'altra conoscenza e la promessa manifesta ed esplicita del Signore. Con questo l'Altissimo giustificò la sua causa ed operò con somma equità e rettitudine. Ma poiché tutta questa bontà e giustificazione non bastò a trattenere Lucifero e i suoi seguaci, essi furono puniti come pertinaci e precipitati nel profondo delle caverne infernali, mentre i buoni furono confermati in grazia e in gloria eterna. Tutto questo avvenne nel terzo momento, nel quale si conobbe, con tale fatto, che nessuna creatura fuori di Dio è per sua natura impeccabile, dal momento che l'angelo, che la possiede tanto eccellente e che la ricevette adorna con tanti doni di scienza e di grazia, alla fine peccò e fu perduto. Ora, che farà la fragilità umana, se il potere divino non la difende qualora essa lo obblighi ad abbandonarla?
85. Resta da sapere la motivazione di Lucifero e dei suoi seguaci nel loro peccato, motivazione che vado cercando e da cui presero l'occasione per la loro disubbidienza e caduta. Riguardo a ciò compresi che poterono commettere molti peccati secundum reatum, benché non abbiano commesso gli atti di tutti, ma, da quelli che con la loro volontà depravata commisero, rimase loro un'abituale inclinazione per tutti gli atti malvagi, inducendovi altri ed approvando quei peccati che non potevano operare da soli. Per il malvagio desiderio che allora ebbe Lucifero, incorse in un disordinatissimo amore di se stesso; questo gli venne dal vedersi con doni maggiori e con maggiore bellezza di natura e di grazia rispetto a tutti gli altri angeli inferiori. In tale cognizione si trattenne soverchiamente, e la còmpiacenza, che provò di se stesso, lo ritardò e intiepidi nella riconoscenza che doveva al suo Dio, come alla causa unica di tutto quello che aveva ricevuto. E rivolgendosi di nuovo a rimirarsi, si compiacque nuovamente della sua bellezza e delle sue grazie, le attribuì a se stesso e le amò come sue. Questo disordinato amor proprio non solamente lo fece peccare di vanagloria per quello che aveva ricevuto da un'altra superiore virtù, ma altresì lo spinse ad invidiare e a bramare altri doni ed eccellenze altrui, che egli non possedeva. Quindi, non potendole conseguire, concepi un odio ed uno sdegno mortale contro Dio - che lo aveva creato dal niente - e contro tutte le sue creature.
86. Da qui ebbero origine la disobbedienza, la presunzione, l'ingiustizia, l'infedeltà, la bestemmia ed anzi quasi una specie di idolatria, perché desiderò per sé l'adorazione e la riverenza dovute a Dio solo. Bestemmiò la sua grandezza e santità, venne meno alla fede e alla lealtà che doveva e pretese di distruggere tutte le creature e presunse di potere tutto questo e molto di più; ne derivò che la sua superbia cresce sempre e persevera, benché la sua arroganza sia maggiore della sua fortezza, perché in questa non può crescere, mentre nel peccato un abisso chiama un altro abisso. Il primo angelo che peccò fu Lucifero, come consta dal capitolo quattordicesimo di Isaia; egli indusse altri a seguirlo e così si chiama principe dei demoni non già per natura, giacché per essa non poté avere questo titolo, ma per la colpa. D'altra parte quelli che peccarono non furono solamente di una gerarchia o di un ordine, ma furono in molti a cadere.
87. Ora per rendere manifesto, come mi fu dimostrato, quale fu l'onore e l'eccellenza che con tanta superbia bramò e invidiò Lucifero, faccio presente che, come nelle opere di Dio vi fu equità, peso e misura, così, prima che gli angeli si potessero orientare a diversi fini, la sua provvidenza decise di manifestare loro, immediatamente dopo la loro creazione, il fine per cui li aveva creati di una così alta ed eccellente natura. Di tutto ciò ricevettero spiegazione in questa forma: prima ebbero intelligenza molto chiara dell'essere di Dio, uno nella sostanza e trino nelle Persone, e ricevettero ordine di adorarlo e riverirlo come loro creatore e sommo Signore, infinito nel suo essere e nei suoi attributi. A quell'ordine si arresero tutti, seppure con qualche differenza; infatti gli angeli buoni ubbidirono per amore e per un principio di giustizia, assoggettando il loro affetto di buona volontà, ammettendo e credendo ciò che era superiore alle loro forze, e ubbidendo con gioia. Lucifero invece si assoggettò perché gli pareva che fosse impossibile il contrario. Non lo fece dunque con carità perfetta, perché divise la volontà dandone parte a se stesso e parte alla verità infallibile del Signore. Questo fece sì che il precetto gli riuscisse alquanto violento e arduo e che non lo compisse con affetto pieno di amore e di giustizia; così si dispose a non perseverare in esso. Sebbene questa remissione e tiepidezza nell'operare questi primi atti con ritrosia non gli togliesse la grazia, nondimeno di qui cominciò la sua cattiva disposizione, riportandone una certa debolezza nella virtù e svogliatezza nello spirito, tanto che la sua bellezza non rifulse come doveva. L'effetto che questa rilassatezza e difficoltà, a mio parere, procurò in Lucifero, fu somigliante a quello che fa nell'anima un peccato veniale avvertito. Non affermo con questo che abbia allora peccato mortalmente né venialmente, poiché adempì il precetto di Dio, ma questo adempimento fu debole ed imperfetto, e più per esservi spinto dalla forza della ragione che per amore e volontà di ubbidire; così si dispose a cadere.
88. In secondo luogo, Dio manifestò loro che avrebbe creato una natura umana e creature razionali inferiori perché amassero, temessero e riverissero Dio, come loro autore e bene eterno. Manifestò loro che avrebbe molto favorito tale natura, che anzi la seconda Persona della stessa Trinità santissima si sarebbe incarnata e fatta uomo, innalzando la natura umana all'unione ipostatica e alla persona divina e che essi dovevano riconoscere come capo quella persona, uomo e Dio, non solo in quanto Dio, ma anche in quanto uomo; lo avrebbero dovuto riverire e adorare, dovendo essere essi, gli angeli, inferiori a lui in dignità e grazia, e suoi servi. Inoltre fece loro comprendere la convenienza, l'equità, la giustizia e la ragione che c'era in questo, perché era appunto l'accettazione dei meriti previsti di quell'uomo-Dio che aveva loro meritato la grazia che possedevano e la gloria che avrebbero posseduto; per la sua gloria essi stessi erano stati creati e sarebbero state create le altre creature, dovendo egli essere a tutte superiore e dovendo, quelle che fossero capaci di conoscere e godere Dio, essere tutte popolo e membra di quel capo per riconoscerlo e riverirlo. Tutto questo, senza indugio, fu ordinato agli angeli.
89. A tale comando tutti gli angeli ubbidienti e santi si arresero e prestarono ossequioso assenso, con umile ed amoroso affetto e con tutta la loro volontà. Ma Lucifero con superbia ed invidia oppose resistenza e provocò gli angeli suoi seguaci perché facessero altrettanto, come di fatto fecero, seguendo lui e disobbedendo al divino mandato. Il reo principe li persuase che sarebbe stato loro capo e che avrebbe costituto un principato indipendente e separato da Cristo. L'invidia e la superbia poterono causare in un angelo tanta cecità e un affetto così disordinato da essere origine e contagio, perché si comunicasse a tanti altri il peccato.
90. Qui segui la grande battaglia, di cui san Giovanni parla, che avvenne nel cielo. Poiché gli angeli obbedienti e santi, con ardente zelo di difendere la gloria dell'Altissimo e l'onore del Verbo contemplato già nella sua incarnazione, chiesero il permesso e il beneplacito al Signore per resistere e opporsi al drago e fu loro concesso. In questo, peraltro, si compì un nuovo mistero: quando a tutti gli angeli si propose di ubbidire al Verbo incarnato, si diede loro un terzo precetto, in forza del quale dovevano ritenere ugualmente superiore una donna, nelle membra della quale avrebbe assunto la natura umana l'Unigenito del Padre. Tale donna sarebbe stata loro regina e padrona di tutte le creature, distinta e avvantaggiata nei doni di grazia e di gloria più di tutte le creature angeliche ed umane. Gli angeli buoni, obbedendo a questo precetto del Signore, accrebbero la loro umiltà, per cui non solo lo accolsero, ma lodarono anche il potere e i misteri dell'Altissimo. Non così Lucifero e i suoi compagni: essi, per questo precetto e mistero, si levarono in superbia e in vanità anche maggiori, a tal punto che, disordinatamente furibondo, egli bramò per se stesso il privilegio di essere capo di tutta la stirpe umana e di tutti gli ordini angelici; e se ciò fosse avvenuto mediante l'unione ipostatica, che questa si operasse in lui stesso.
91. Quanto all'essere inferiore alla Madre del Verbo incarnato e signora nostra, vi si oppose con orrende bestemmie, prorompendo in uno sdegno sfrenato contro l'Autore di così grandi meraviglie. Di conseguenza, provocando anche gli altri, questo drago diceva loro: «Questi ordini sono ingiusti e si fa affronto alla mia grandezza; però questa natura a cui tu, Signore, guardi con tanto amore e che ti proponi di favorire tanto, io la perseguiterò e distruggerò, e in questo impiegherò il mio potere e la mia cura. Io precipiterò questa donna, Madre del Verbo, dallo stato in cui tu prometti di porla e nelle mie mani dovrà perire il tuo intento».
92. Questo superbo vaneggiare irritò il Signore al punto che, umiliando Lucifero, gli disse: «Questa donna, che tu non hai voluto rispettare, sarà quella che ti schiaccerà il capo, e da lei sarai vinto ed annientato. Infatti, se per la tua superbia facesti entrare la morte nel mondo, per l'umiltà di questa donna vi entrerà la vita e la salvezza di tutti i mortali; questi godranno il premio e la corona, che tu e i tuoi seguaci avete perduto». Ciononostante, a tutto questo il drago replicava con sdegnosa superbia contro quanto intendeva della divina volontà e dei suoi decreti e minacciava tutto il genere umano. Per questo gli angeli buoni, conoscendo il giusto sdegno dell'Altissimo contro Lucifero e i suoi apostati, con le armi dell'intelletto, della ragione e della verità combatterono contro di loro.
93. Un altro mirabile mistero operò qui l'Onnipotente. Manifestato per intelligenza a tutti gli angeli il grande mistero dell'unione ipostatica, mostrò loro la santissima Vergine in un segno, o figura, a somiglianza delle nostre visioni immaginarie, secondo il nostro modo d'intendere. E così presentò e fece conoscere loro la natura umana pura in una perfettissima donna, nella quale il braccio potente dell'Altissimo doveva rendersi più ammirabile che in tutto il resto delle creature, perché in lei depositava le grazie e i doni della sua destra in grado superiore ed eminente.
Questo segno, ossia questa visione della Regina del cielo e madre del Verbo incarnato, fu noto e manifesto a tutti gli angeli, sia buoni che cattivi. I buoni a quella vista ammutolirono di ammirazione, prorompendo in cantici di lode, e fin da allora cominciarono a difendere l'onore del Dio incarnato e della sua Madre santissima, armati di questo ardente zelo e dello scudo inespugnabile di quel segno. Il drago e i suoi alleati, invece, concepirono un implacabile furore e odio contro Cristo e la sua santissima Madre; avvenne così tutto ciò che si trova nel capitolo dodicesimo dell'Apocalisse, la cui spiegazione esporrò, come mi fu data, nel capitolo che segue.
Cuore immacolato e addolorato di Mammina
Beata Alexandrina Maria da Costa
Solo oggi, giorno 5, e già a notte tento con la mia ignoranza di
dettare il doloroso colloquio che ebbi con Gesù e Mammina il 2 dicembre
[1° sabato].
... È venuta la Mamma addolorata; nel centro del Suo petto aveva il
Cuore santissimo ferito da frecce intramezzate da spine che Glielo
circondavano completamente. Da ogni ferita delle spine sgocciolava
sangue; sul suo Volto tristissimo scorrevano copiose lacrime.
Contemplavo questa scena dolorosa. - Figlia mia, sono triste come lo è
Gesù; come il Suo, in uguale dolore, soffre il mio Cuore. Consolaci,
soccorri le anime. Povero mondo, cosa soffrirà mai! - Ho avvicinato le
mie labbra al Cuore Immacolato di Mammina per riceverne le gocce di
sangue mentre con le mani le asciugavo le lacrime. - O Mammina, il mio
cuore Ti dica ciò che la ignoranza non mi permette di dirti. - Ella mi
accarezzò... (diario, 2-12-1950).
... Oggi, giorno 14 [anziché venerdì 8], riassumerò brevemente perché
ancora non ho le forze. ... Il mio cuore ha sofferto molto in questi
giorni perché ho sentito quasi continuamente le gocce di sangue che
cadevano dal Cuore immacolato di Mammina e le lacrime che cadevano
dai suoi Occhi santissimi. Giovedì scorso il mio Orto fu dolorosissimo
perché in quel giorno lacrime e sangue cadevano raddoppiati nel mio
povero cuore: erano gocce di Sangue dei due Cuori amorosi uniti in un
solo Cuore, erano lacrime sparse come da un solo paio di occhi: erano
di Gesù ed erano di Mammina. Nella mattina del venerdì dell'Immacolata
mi si aprì il cammino al Calvario con il ripetersi della scena del
sangue e delle lacrime che io sentivo e vedevo disprezzate e
calpestate. Mio Dio, che dolore infinito! Il mio corpo ardeva di febbre
e stava come disfatto dal dolore. Senza essere in grado di ricevere
alcuno, feci l'indicibile sacrificio di ricevere tutti, ripetendo
sovente nel mio intimo: « Mammina, è per Tuo amore, per la Tua
Immacolata Concezione; consola per me Gesù... »... (diario, 8-12-1950).