Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

La santa Messa era iniziata proprio in quel momento. Vidi Gesù splendente di bellezza. Mi disse che esigeva si fondasse quel movimento d'anime e quell'unione tra di esse, di cui m'aveva parlato. «Penetra nei miei segreti €” proclamò €” e scopri l'abisso della mia misericordia. Fa' conoscere al mondo ciò che voglio. Con la loro preghiera, questi movimenti d'anime faranno da mediatori di misericordia fra la terra e il cielo». (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 6° settimana del tempo ordinario (Cattedra di San Pietro)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 13

1Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!".2Gesù gli rispose: "Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta".3Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte:4"Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?".

5Gesù si mise a dire loro: "Guardate che nessuno v'inganni!6Molti verranno in mio nome, dicendo: "Sono io", e inganneranno molti.7E quando sentirete parlare di guerre, non allarmatevi; bisogna infatti che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine.8Si leverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti sulla terra e vi saranno carestie. Questo sarà il principio dei dolori.
9Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per render testimonianza davanti a loro.10Ma prima è necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le genti.11E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo.12Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio e i figli insorgeranno contro i genitori e li metteranno a morte.13Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.

14Quando vedrete 'l'abominio della desolazione' stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti;15chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa;16chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello.17Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni!18Pregate che ciò non accada d'inverno;19perché quei giorni saranno 'una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione', fatta da Dio, 'fino al presente', né mai vi sarà.20Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni.21Allora, dunque, se qualcuno vi dirà: "Ecco, il Cristo è qui, ecco è là", non ci credete;22perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e portenti per ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti.23Voi però state attenti! Io vi ho predetto tutto.

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

'il sole si oscurerà
e la luna non darà più il suo splendore'
25'e gli astri si metteranno a cadere' dal cielo
'e le potenze che sono nei cieli' saranno sconvolte.

26Allora vedranno 'il Figlio dell'uomo venire sulle nub'i con grande potenza e gloria.27Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

28Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina;29così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte.30In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute.31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.32Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.

33State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso.34È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare.35Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino,36perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati.37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!".


Primo libro delle Cronache 3

1Questi sono i figli che nacquero a Davide in Ebron: il primogenito Amnòn, nato da Achinoàm di Izreèl; Daniele secondo, nato da Abigàil del Carmelo;2Assalonne terzo, figlio di Maaca figlia di Talmài, re di Ghesur; Adonia quarto, figlio di Agghìt;3Sefatìa quinto, nato da Abitàl; Itràm sesto, figlio della moglie Egla.4Sei gli nacquero in Ebron, ove egli regnò sette anni e sei mesi, mentre regnò trentatré anni in Gerusalemme.5I seguenti gli nacquero in Gerusalemme: Simèa, Sobàb, Natàn e Salomone, ossia quattro figli natigli da Betsabea, figlia di Ammièl;6inoltre Ibcàr, Elisàma, Elifèlet,7Noga, Nefeg, Iafia,8Elisamà, Eliadà ed Elifèlet, ossia nove figli.9Tutti costoro furono figli di Davide, senza contare i figli delle sue concubine. Tamàr era loro sorella.
10Figli di Salomone: Roboamo, di cui fu figlio Abia, di cui fu figlio Asa, di cui fu figlio Giòsafat,11di cui fu figlio Ioram, di cui fu figlio Acazia, di cui fu figlio Ioas,12di cui fu figlio Amazia, di cui fu figlio Azaria, di cui fu figlio Iotam,13di cui fu figlio Acaz, di cui fu figlio Ezechia, di cui fu figlio Manàsse,14di cui fu figlio Amòn, di cui fu figlio Giosia.15Figli di Giosia: Giovanni primogenito, Ioakìm secondo, Sedecìa terzo, Sallùm quarto.16Figli di Ioakìm: Ieconia, di cui fu figlio Sedecìa.
17Figli di Ieconia, il prigioniero: Sealtièl,18Malchiràm, Pedaià, Seneazzàr, Iekamià, Hosamà e Nedabia.19Figli di Pedaià: Zorobabele e Simei. Figli di Zorobabele: Mesullàm e Anania e Selomìt, loro sorella.20Figli di Mesullàm: Casubà, Oel, Berechia, Casadia, Iusab-chésed: cinque figli.21Figli di Anania: Pelatia, di cui fu figlio Isaia, di cui fu figlio Refaià, di cui fu figlio Arnan, di cui fu figlio Abdia, di cui fu figlio Secania.22Figli di Secania: Semaià, Cattùs, Igheal, Barìach, Naaria e Safàt: sei.23Figli di Naaria: Elioenài, Ezechia e Azrikàm: tre.24Figli di Elioenài: Odavià, Eliasìb, Pelaià, Akub, Giovanni, Delaià e Anani: sette.


Proverbi 28

1L'empio fugge anche se nessuno lo insegue,
mentre il giusto è sicuro come un giovane leone.
2Per i delitti di un paese molti sono i suoi tiranni,
ma con un uomo intelligente e saggio l'ordine si mantiene.
3Un uomo empio che opprime i miseri
è una pioggia torrenziale che non porta pane.
4Quelli che violano la legge lodano l'empio,
ma quanti osservano la legge gli muovono guerra.
5I malvagi non comprendono la giustizia,
ma quelli che cercano il Signore comprendono tutto.
6Meglio un povero dalla condotta integra
che uno dai costumi perversi, anche se ricco.
7Chi osserva la legge è un figlio intelligente,
chi frequenta i crapuloni disonora suo padre.
8Chi accresce il patrimonio con l'usura e l'interesse,
lo accumula per chi ha pietà dei miseri.
9Chi volge altrove l'orecchio per non ascoltare la legge,
anche la sua preghiera è in abominio.
10Chi fa traviare gli uomini retti per una cattiva strada,
cadrà egli stesso nella fossa,
mentre gli integri possederanno fortune.
11Il ricco si crede saggio,
ma il povero intelligente lo scruta bene.
12Grande è la gioia quando trionfano i giusti,
ma se prevalgono gli empi ognuno si nasconde.
13Chi nasconde le proprie colpe non avrà successo;
chi le confessa e cessa di farle troverà indulgenza.
14Beato l'uomo che teme sempre,
chi indurisce il cuore cadrà nel male.
15Leone ruggente e orso affamato,
tale è il malvagio che domina su un popolo povero.
16Un principe privo di senno moltiplica le vessazioni,
ma chi odia la rapina prolungherà i suoi giorni.
17Un uomo perseguitato per omicidio
fuggirà fino alla tomba: nessuno lo soccorre.
18Chi procede con rettitudine sarà salvato,
chi va per vie tortuose cadrà ad un tratto.
19Chi lavora la sua terra si sazierà di pane,
chi insegue chimere si sazierà di miseria.
20L'uomo leale sarà colmo di benedizioni,
chi si arricchisce in fretta non sarà esente da colpa.
21Non è bene essere parziali,
per un pezzo di pane si pecca.
22L'uomo dall'occhio cupido è impaziente di arricchire
e non pensa che gli piomberà addosso la miseria.
23Chi corregge un altro troverà in fine più favore
di chi ha una lingua adulatrice.
24Chi deruba il padre o la madre e dice: "Non è peccato",
è compagno dell'assassino.
25L'uomo avido suscita litigi,
ma chi confida nel Signore avrà successo.
26Chi confida nel suo senno è uno stolto,
chi si comporta con saggezza sarà salvato.
27Per chi dà al povero non c'è indigenza,
ma chi chiude gli occhi avrà grandi maledizioni.
28Se prevalgono gli empi, tutti si nascondono,
se essi periscono, sono potenti i giusti.


Salmi 75

1'Al maestro del coro. Su "Non dimenticare". Salmo. Di Asaf. Canto.'
2Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie:
invocando il tuo nome, raccontiamo le tue meraviglie.

3Nel tempo che avrò stabilito
io giudicherò con rettitudine.
4Si scuota la terra con i suoi abitanti,
io tengo salde le sue colonne.

5Dico a chi si vanta: "Non vantatevi".
E agli empi: "Non alzate la testa!".
6Non alzate la testa contro il cielo,
non dite insulti a Dio.

7Non dall'oriente, non dall'occidente,
non dal deserto, non dalle montagne
8ma da Dio viene il giudizio:
è lui che abbatte l'uno e innalza l'altro.

9Poiché nella mano del Signore è un calice
ricolmo di vino drogato.
Egli ne versa:
fino alla feccia ne dovranno sorbire,
ne berranno tutti gli empi della terra.

10Io invece esulterò per sempre,
canterò inni al Dio di Giacobbe.
11Annienterò tutta l'arroganza degli empi,
allora si alzerà la potenza dei giusti.


Ezechiele 9

1Allora una voce potente gridò ai miei orecchi: "Avvicinatevi, voi che dovete punire la città, ognuno con lo strumento di sterminio in mano".2Ecco sei uomini giungere dalla direzione della porta superiore che guarda a settentrione, ciascuno con lo strumento di sterminio in mano. In mezzo a loro c'era un altro uomo, vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco. Appena giunti, si fermarono accanto all'altare di bronzo.3La gloria del Dio di Israele, dal cherubino sul quale si posava si alzò verso la soglia del tempio e chiamò l'uomo vestito di lino che aveva al fianco la borsa da scriba.4Il Signore gli disse: "Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un 'tau' sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono".5Agli altri disse, in modo che io sentissi: "Seguitelo attraverso la città e colpite! Il vostro occhio non perdoni, non abbiate misericordia.6Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: solo non toccate chi abbia il 'tau' in fronte; cominciate dal mio santuario!". Incominciarono dagli anziani che erano davanti al tempio.7Disse loro: "Profanate pure il santuario, riempite di cadaveri i cortili. Uscite!". Quelli uscirono e fecero strage nella città.8Mentre essi facevano strage, io ero rimasto solo: mi gettai con la faccia a terra e gridai: "Ah! Signore Dio, sterminerai tu quanto è rimasto di Israele, rovesciando il tuo furore sopra Gerusalemme?".
9Mi disse: "L'iniquità di Israele e di Giuda è enorme, la terra è coperta di sangue, la città è piena di violenza. Infatti vanno dicendo: Il Signore ha abbandonato il paese: il Signore non vede.10Ebbene, neppure il mio occhio avrà compassione e non userò misericordia: farò ricadere sul loro capo le loro opere".11Ed ecco l'uomo vestito di lino, che aveva la borsa al fianco, fece questo rapporto: "Ho fatto come tu mi hai comandato".


Atti degli Apostoli 18

1Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto.2Qui trovò un Giudeo chiamato Aquila, oriundo del Ponto, arrivato poco prima dall'Italia con la moglie Priscilla, in seguito all'ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro3e poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì nella loro casa e lavorava. Erano infatti di mestiere fabbricatori di tende.4Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci.
5Quando giunsero dalla Macedonia Sila e Timòteo, Paolo si dedicò tutto alla predicazione, affermando davanti ai Giudei che Gesù era il Cristo.6Ma poiché essi gli si opponevano e bestemmiavano, scuotendosi le vesti, disse: "Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente; da ora in poi io andrò dai pagani".7E andatosene di là, entrò nella casa di un tale chiamato Tizio Giusto, che onorava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga.8Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e anche molti dei Corinzi, udendo Paolo, credevano e si facevano battezzare.
9E una notte in visione il Signore disse a Paolo: "Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere,10'perché io sono con te' e nessuno cercherà di farti del male, perché io ho un popolo numeroso in questa città".11Così Paolo si fermò un anno e mezzo, insegnando fra loro la parola di Dio.

12Mentre era proconsole dell'Acaia Gallione, i Giudei insorsero in massa contro Paolo e lo condussero al tribunale dicendo:13"Costui persuade la gente a rendere un culto a Dio in modo contrario alla legge".14Paolo stava per rispondere, ma Gallione disse ai Giudei: "Se si trattasse di un delitto o di un'azione malvagia, o Giudei, io vi ascolterei, come di ragione.15Ma se sono questioni di parole o di nomi o della vostra legge, vedetevela voi; io non voglio essere giudice di queste faccende".16E li fece cacciare dal tribunale.17Allora tutti afferrarono Sòstene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale ma Gallione non si curava affatto di tutto ciò.

18Paolo si trattenne ancora parecchi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s'imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era fatto tagliare i capelli a causa di un voto che aveva fatto.19Giunsero a Èfeso, dove lasciò i due coniugi, ed entrato nella sinagoga si mise a discutere con i Giudei.20Questi lo pregavano di fermarsi più a lungo, ma non acconsentì.21Tuttavia prese congedo dicendo: "Ritornerò di nuovo da voi, se Dio lo vorrà", quindi partì da Èfeso.22Giunto a Cesarèa, si recò a salutare la Chiesa di Gerusalemme e poi scese ad Antiòchia.
23Trascorso colà un po' di tempo, partì di nuovo percorrendo di seguito le regioni della Galazia e della Frigia, confermando nella fede tutti i discepoli.

24Arrivò a Èfeso un Giudeo, chiamato Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, versato nelle Scritture.25Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore parlava e insegnava esattamente ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni.26Egli intanto cominciò a parlare francamente nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio.27Poiché egli desiderava passare nell'Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto colà, fu molto utile a quelli che per opera della grazia erano divenuti credenti;28confutava infatti vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo.


Capitolo XLV: Non fare affidamento su alcuno: le parole facilmente ingannano

Leggilo nella Biblioteca

1. "Aiutami, o Signore, nella tribolazione, perché è vana la salvezza che viene dagli uomini" (Sal 59,13). Quante volte non trovai affatto fedeltà, proprio là dove avevo creduto di poterla avere; e quante volte, invece, la trovai là dove meno avevo creduto. Vana è, dunque, la speranza negli uomini, mentre in te, o Dio, sta la salvezza dei giusti. Sii benedetto, o Signore mio Dio, in tutto quanto ci accade. Deboli siamo, e malfermi; facilmente ci inganniamo e siamo mutevoli. Quale uomo è tanto prudente e tanto attento da saper sempre custodire se stesso, così da non cadere mai in qualche delusione e incertezza? Ma non cadrà così facilmente colui che confida in te, o Signore, e ti cerca con semplicità di cuore. Che se incontrerà una tribolazione, in qualunque modo sia oppresso, subitamente ne sarà strappato da te, o sarà da te consolato, poiché tu non abbandoni chi spera in te, fino all'ultimo. Cosa rara è un amico sicuro, che resti tale in tutte le angustie dell'amico. Ma tu, o Signore, tu solo sei sempre pienamente fedele: non c'è amico siffatto, fuori di te.

2. Quale profonda saggezza ci fu in quell'anima santa che poté dire: il mio spirito è saldo, e fondato su Cristo! Se così fosse anche per me, non sarei tanto facilmente agitato da timori umani, né mi sentirei ferito dalle parole. Chi può mai prevedere ogni cosa e cautelarsi dai mali futuri? Se, spesso, anche ciò che era previsto riesce dannoso, con quanta durezza ci colpirà ciò che è imprevisto? Perché non ho meglio provveduto a me misero?; e perché mi sono affidato tanto leggermente ad altri? Siamo uomini, nient'altro che fragili uomini, anche se molti ci ritengono e ci dicono angeli. Oh, Signore, a chi crederò; a chi, se non a te? Tu sei la verità che non inganna e non può essere ingannata; mentre "l'uomo è sempre bugiardo" (Sal 115,11), debole, insicuro e mutevole, specie nelle parole, tanto che a stento ci si può fidare subito di quello che, in apparenza, pur ci sembra buono. Con quanta sapienza tu già ci avevi ammonito che ci dobbiamo guardare dagli uomini; che "nemici dell'uomo sono i suoi più vicini" (Mt 10,36); che non si deve credere se uno dice: "ecco qua, ecco là!" (Mt 24,23; Mc 13,21)! Ho imparato a mie spese, e voglia il cielo che ciò mi serva per acquistare maggiore prudenza e non ricadere nella stoltezza. Bada, mi dice taluno, bada bene, e serba per te quel che ti dico. Ma, mentre io sto zitto zitto, credendo che la cosa resti segreta, neppure lui riesce a tacere ciò per cui mi aveva chiesto il silenzio: improvvisamente mi tradisce, tradendo anche se stesso; e se ne va. Oh, Signore, difendimi da siffatte fandonie e dalla gente stolta, cosicché io non cada nelle loro mani, e mai non commetta simili cose. Da' alla mia bocca una parola vera e sicura, e lontana da me il linguaggio dell'inganno. Che io mi guardi in ogni modo da ciò che non vorrei dover sopportare da altri.

3. Quanta bellezza e quanta pace, fare silenzio intorno agli altri; non credere pari pari ad ogni cosa, né andare ripetendola; rivelare sé stesso soltanto a pochi; cercare sempre te, che scruti i cuori, senza lasciarsi portare di qua e di là da ogni vuoto discorso; volere che ogni cosa interiore ed esterna, si compia secondo la tua volontà! Quale tranquillità, fuggire le apparenze umane, per conservare la grazia celeste; non ambire a ciò che sembri assicurare ammirazione all'esterno, e inseguire invece, con ogni sollecitudine, ciò che assicura emendazione di vita e fervore! Di quanto danno fu, per molti, una virtù a tutti nota e troppo presto lodata. Di quanto vantaggio fu, invece, una grazia conservata nel silenzio, durante questa nostra fragile vita, della quale si dice a ragione che è tutta una tentazione e una lotta!


DISCORSO 198 CONTRO LE FESTE PAGANE DEL 1° GENNAIO

Discorsi - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca


La festa pagana di capodanno.

1. Vedo, fratelli, che oggi vi siete riuniti come per celebrare una grande festa e che siete più numerosi del solito. Esorto pertanto la vostra Carità a ricordare quello che ora avete cantato, perché non avvenga che mentre la lingua grida il cuore rimanga muto ma ciò che avete fatto risuonare vicendevolmente alle vostre orecchie con la voce lo gridiate con amore presso le orecchie di Dio. Cantavate questo versetto del Salmo: Salvaci, Signore Dio nostro radunaci di mezzo alle genti, affinché esaltiamo il tuo santo nome 1. Ora sarete veramente radunati di mezzo alle genti se non vi fate attrarre dalla festa che i pagani celebrano oggi con gioia mondana e carnale, con strepito di futili e osceni canti, con conviti e danze turpi, con la celebrazione stessa di una festa che non ha motivo di essere; se non provate interesse insomma per quello che fanno i pagani.

La separazione tra i cristiani e i pagani.

2. Voi dunque avete cantato - e il suono di questo sacro canto echeggia ancora nei vostri orecchi -: Salvaci, Signore Dio nostro radunaci di mezzo alle genti. Chi può essere radunato di mezzo alle genti se non quando diventa salvato? E pertanto coloro che ancora si mescolano ai pagani non sono salvati. Coloro che vengono radunati di mezzo alle genti vengono salvati con la salvezza della fede, della speranza, dell'autentica carità, con la salvezza spirituale con la salvezza delle promesse di Dio. Chi crede, spera e ama non per questo si può ritenere salvato; bisogna vedere che cosa crede in che cosa spera, che cosa ama. Qualunque tipo di vita si conduca nessuno vive senza questi tre sentimenti dell'animo: la fede, la speranza, l'amore. Se non credi le stesse cose che credono i pagani, se non speri nelle stesse cose in cui sperano i pagani, se non ami le stesse cose che amano i pagani, allora vieni radunato di mezzo alle genti, vieni segregato, cioè separato dalle genti. Se c'è una così profonda separazione dell'animo, non temere se non ci può essere ancora quella fisica. Ci può essere separazione maggiore di questa, che mentre i pagani ritengono dèi i demoni, tu credi nell'unico e vero Dio? I pagani sperano nelle cose futili del mondo, tu speri nella vita eterna insieme a Cristo? i pagani amano il mondo, mentre tu ami l'artefice del mondo? Chi dunque crede diversamente dai pagani, chi spera in altre cose, chi ama altre cose, lo dimostri con la vita, lo provi con i fatti. Se parteciperai alla festa delle strenne, come un qualunque pagano, se giocherai ai dadi, se ti ubriacherai, in che modo credi diversamente, speri diversamente, ami beni diversi? Come puoi cantare a fronte alta: Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci di mezzo alle genti? Sarai separato dai pagani se, pur materialmente vivendo insieme ad essi, condurrai una vita diversa. Quale sia questa vostra separazione dai pagani guardatela voi, dal modo come vi comportate, da come ne date prova. Il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, che per noi si è fatto uomo, ha già pagato per noi un prezzo. Sì, egli ha pagato il suo prezzo: e lo ha pagato per riscattarci, per radunarci di mezzo alle genti. Se tu ti mescoli ai pagani, non vuoi seguire colui che ti ha riscattato; e ti mescoli ai pagani se conduci la stessa vita, fai le stesse cose, hai gli stessi sentimenti, se credi, speri e ami come loro. Ti mostri ingrato al tuo Redentore, non tieni conto del prezzo per te pagato, del sangue dell'Agnello immacolato. Per seguire il tuo Redentore, che ti ha riscattato con il suo sangue, non mescolarti ai pagani con l'avere lo stesso comportamento e il fare le stesse cose. Essi si scambiano le strenne, voi fate le elemosine; essi si divertono con canti lascivi, voi ricreatevi con l'ascolto delle Scritture; essi corrono al teatro, voi correte alla chiesa; essi si ubriacano, voi digiunate. Se oggi non potete digiunare, per lo meno consumate un pasto sobrio. Se farete così, sarete coerenti con quanto avete cantato: Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci di mezzo alle genti.

Vita dei cristiani e vita dei pagani.

3. Molti oggi si sentiranno a disagio in coscienza di fronte a questo discorso che hanno ascoltato. Abbiamo detto: Non fate le strenne, fate piuttosto le elemosine ai poveri. Anzi, non è sufficiente che facciate le elemosine, ma fatele in misura più abbondante del solito. Non volete farle in maniera più abbondante? Ma almeno fatele! Tu mi dirai: Quando faccio la strenna ne ricevo anch'io in cambio. E che? Quando fai l'elemosina ai poveri non ne ricevi niente in contraccambio? Certo, l'oggetto della tua fede e della tua speranza deve essere diverso da quello dei pagani. Ma se dici che dando ai poveri non te ne viene niente, sei diventato uno dei pagani. Invano allora hai cantato: Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci di mezzo alle genti. Non dimenticare quel proverbio che dice: Chi dà ai poveri mai sarà nel bisogno 2. Hai già dimenticato ciò che dirà il Signore a coloro che avranno aiutato i poveri: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno 3? E ciò che verrà detto a coloro che invece non li avranno aiutati: Mandateli al fuoco eterno 4? Ora insieme a coloro che hanno ascoltato con gioia queste parole ci saranno certamente anche alcuni che non le hanno ascoltate con molto piacere. Io ora parlo ai cristiani autentici. Se diversa è la vostra fede, diversa la vostra speranza, diverso il vostro amore rispetto ai pagani, vivete anche diversamente da essi e dimostrate con un comportamento differente che differente è la vostra fede, la vostra speranza e la vostra carità. Ascoltate il consiglio dell'Apostolo: Non ritornate sotto il giogo degli infedeli. Quale relazione ci può essere fra la giustizia e l'iniquità? O quale unione tra la luce e le tenebre? O qual parte ha il fedele con l'infedele? Qual rapporto tra il tempio di Dio e gli idoli? 5. E altrove dice: Ciò che i pagani sacrificano è sacrificato ai demoni e non a Dio. Ora io non voglio che voi siate in comunione con i demoni 6. Perciò il loro comportamento soddisfa i loro dèi. Ma l'Apostolo che ha detto: Non voglio che voi siate in comunione con i demoni, volle che i cristiani si distinguessero nel modo di vivere e di comportarsi da coloro che adorano i demoni. Infatti quei demoni si dilettano dei canti frivoli, si dilettano degli spettacoli poco seri, delle varie sconcezze teatrali, delle demenze del circo, delle crudeltà dell'anfiteatro, delle contese violente di coloro che attaccano liti e dispute fino a crearsi delle inimicizie per fare tifo per uomini funesti, per un mimo, un commediante, un pantomimo, un auriga, un gladiatore. Chi fa queste cose è come se bruciasse ai demoni l'incenso del suo cuore. Gli spiriti ingannatori infatti godono di quelli che riescono ad ingannare e si nutrono dei cattivi costumi e della vita turpe e disonesta di coloro che hanno ingannato e sedotto. Ma quanto a voi - dice l'Apostolo - non è cosi che vi è stato insegnato Cristo, se ben lo avete inteso e se siete stati in lui ammaestrati 7. Non abbiate alcun rapporto con loro. Eravate un tempo tenebre, ma ora siete luce nel Signore: vivete dunque da figli della luce 8: affinché anche noi che vi stiamo comunicando la parola di Dio possiamo alla fine, con voi e per voi, godere di quella luce intramontabile.

 


1 - Sal 105, 47.

2 - Prv 28, 26.

3 - Mt 25, 34.

4 - Cf. Mt 25, 41.

5 - 2 Cor 6, 14-16.

6 - 1 Cor 10, 20.

7 - Ef 4, 20-21.

8 - Ef 5, 7-8.


15 - Maria santissima continua a dimorare con il bambino Gesù nella grotta della natività fino alla venuta dei Magi.

La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda

Leggilo nella Biblioteca

540. La nostra gloriosa Regina, per la scienza infusa che aveva delle divine Scritture e per le sublimi e sovrane rivelazioni che riceveva, sapeva che i re Magi dall'Oriente sarebbero venuti a riconoscere e ad adorare il suo Figlio santissimo come vero Dio. In modo speciale era stata di recente istruita circa questo mistero, poiché la notizia della nascita di Gesù era stata recata loro dall'angelo, e la vergine Madre conosceva ogni cosa. San Giuseppe non'era a conoscenza di questo mistero, perché non gli era stato rivelato, né la prudentissima sposa gli aveva comunicato il suo segreto, poiché in tutto era saggia e prudente, ed aspettava che la divina volontà operasse in questi misteri con la sua opportuna e soave disposizione. Perciò il santo sposo, celebrata la circoncisione, disse alla Regina del cielo che gli pareva necessario lasciare quel luogo disagiato e povero, ove era così difficile proteggere lei e il bambino, e che ormai in Betlemme si sarebbe trovato qualche albergo libero dove alloggiare, finché giungesse il tempo di poter portare il bambino a Gerusalemme, per presentarlo al tempio. Nella sua preoccupazione e sollecitudine, il fedelissimo sposo propose ciò perché non voleva che, a causa della sua povertà, gli mancassero l'abbondanza e gli agi che desiderava per servire il figlio e la madre, però disse che si rimetteva in tutto alla volontà della sua divina sposa.

541. L'umile Regina gli rispose senza manifestargli il mistero, e gli disse: «Sposo e signor mio, io mi rimetto all'ubbidienza vostra, e dove sarà di vostra volontà, vi seguirò con vivo compiacimento: disponete ciò che vi parrà meglio». La divina Signora era in qualche modo affezionata alla grotta per l'umiltà e la povertà del luogo, e perché il Verbo incarnato l'aveva consacrata con i misteri della sua nascita e circoncisione, e con ciò che attendeva dai Magi, benché non conoscesse il tempo della loro venuta. Pio era questo affetto e pieno di devozione e venerazione, ma con tutto ciò preferì l'ubbidienza del suo sposo alla sua particolare inclinazione, e ad essa si rimise per essere in tutto esemplare e modello di perfezione altissima. Questa rassegnazione ed uguaglianza suscitò in san Giuseppe una maggiore sollecitudine, perché egli desiderava che la sua sposa determinasse ciò che dovevano fare. In questa circostanza, il Signore rispose per via dei santi principi Michele e Gabriele, che assistevano corporalmente al servizio del loro Dio e Signore, ed alla grande Regina, e questi dissero: «La volontà divina ha ordinato che in questo stesso luogo adorino il Verbo incarnato i Magi, i tre re della terra che vengono in cerca del Re del cielo dall'Oriente. Sono dieci giorni che viaggiano, perché hanno avuto immediatamente notizia del santo natale, e subito si sono messi in cammino. Essi giungeranno qui tra breve, e si adempiranno così gli oracoli dei profeti, che assai da lontano conobbero e profetizzarono questo evento».

542. Questa inaspettata notizia lasciò san Giuseppe pieno di giubilo ed informato della volontà del Signore, e la sua sposa Maria santissima gli disse: «Signor mio, questo luogo scelto dall'Altissimo per misteri così magnifici, benché sia povero e disagiato agli occhi del mondo, a quelli però della sua sapienza è ricco, prezioso, stimabile ed il migliore della terra, giacché il Signore dei cieli se ne è appagato, consacrandolo con la sua reale presenza. Egli è potente, e fa sì che in questo luogo, che è la vera terra promessa, godiamo della sua vista. Se sarà sua volontà, ci darà qualche sollievo e riparo contro i rigori del tempo per i pochi giorni in cui ancora vi dimoreremo». Si consolò san Giuseppe e si animò assai con tutte queste ragioni della prudentissima Regina, a cui rispose che, siccome il bambino avrebbe adempita la legge della presentazione al tempio come aveva fatto rispetto a quella della circoncisione, sino a quel giorno avrebbero potuto trattenersi in quel sacro luogo senza. ritornare prima a Nazaret, essendo questa così distante ed il tempo inclemente. In caso poi che il rigore del freddo li obbligasse a ritirarsi nella città per ripararsene, lo potevano facilmente fare, poiché da Betlemme a Gerusalemme non vi era distanza maggiore di due leghe.

543. Maria santissima si conformò in tutto alla volontà del suo vigilante sposo, inclinando sempre il suo desiderio a non abbandonare quel sacro luogo, più santo e venerabile del Sancta Sanctorum del tempio, finché giungesse il tempo di presentare in esso il suo unigenito, per il quale preparò tutto l'occorrente per difenderlo dai rigori del tempo. Sistemò anche la grotta per la venuta dei Magi, ripulendola tutta per quanto lo permettesse la naturale rustichezza e l'umile povertà del luogo. Quanto al bambino, la maggior diligenza e cautela che usò verso di lui fu di tenerlo sempre nelle sue braccia, quando non era necessario lasciarlo. Soprattutto usò del suo potere di Signora e regina di tutte le creature, quando infuriavano le intemperie invernali, perché comandava al freddo, ai venti, alle nevi ed ai geli di non danneggiare il loro Creatore, ma di usare su di lei sola i loro rigori, e gli aspri influssi che esercitavano. Diceva la celeste Signora: «Trattenete la vostra ira contro il vostro creatore e Signore, autore e conservatore, che vi ha dato l'essere, la forza e il principio attivo. Avvertite, o creature del mio diletto, che il vostro rigore vi è stato dato a causa della colpa, ed è indirizzato a castigare la disubbidienza del primo Adamo e della sua progenie. Però verso il secondo, che viene a riparare quella caduta e che non poteva aver parte in essa, dovete essere cortesi, portando rispetto e non facendo offesa a colui cui dovete ossequio e soggezione. Io vi comando in nome suo di non procurargli molestia alcuna».

544. Degna sarebbe stata della nostra ammirazione ed imitazione la pronta ubbidienza delle creature irrazionali alla volontà divina, intimata ad esse dalla Madre di Dio, poiché accadeva, quando ella comandava, che la neve e la pioggia non le si avvicinassero più di tanto, rimanendo a oltre otto metri di distanza, e i venti si contenessero, e il clima si mitigasse fino a cambiarsi in un caldo temperato. A questa meraviglia se rie aggiungeva un'altra. Infatti, nello stesso tempo in cui il bambino nelle sue braccia riceveva quest'ossequio dagli elementi, come se se ne stesse al coperto, la vergine Madre ne sperimentava gli influssi, e veniva ferita dal freddo e dall'asprezza delle inclemenze con tutta l'intensità che potevano raggiungere con la loro forza naturale. Ciò accadeva perché essi in tutto le ubbidivano, ed ella non voleva liberarsi dal peso da cui preservava il suo tenero bambino e magnifico Signore, come madre amorosa e Signora delle creature, su cui dominava. Il privilegio del dolce bambino si estendeva al santo e fortunato Giuseppe, e questi conosceva il cambiamento del tempo rigido in temperato, ma non sapeva che quegli effetti si verificassero per comando della sua divina sposa, e che fossero opera della sua potenza, perché ella non gli manifestava questo privilegio, finché non ne avesse avuto ordine dall'Altissimo.

545. Il modo che osservava la grande Regina del cielo, nell'alimentare il suo bambino Gesù, era di allattarlo con il suo latte verginale tre volte al giorno, e sempre con così grande venerazione, che prima gliene chiedeva il permesso, e lo pregava di perdonarle la sua indegnità, umiliandosi e riconoscendosi inferiore. Per lunghi intervalli, quando lo teneva nelle sue braccia, stava genuflessa adorandolo e, se era necessario sedersi, gliene domandava sempre il permesso. Con la medesima riverenza lo porgeva a san Giuseppe, e lo riceveva da lui. Molte volte gli baciava i piedi e, quando doveva baciarlo più volte, gli chiedeva interiormente il consenso. A queste carezze di Madre il suo dolcissimo Figlio le corrispondeva, non solamente mostrando gratitudine nel riceverle, accompagnata sempre da maestà, ma ancora con altre azioni che faceva al modo degli altri bambini, benché con differente serenità e serietà. Era sua consuetudine reclinarsi amorosamente sul petto della purissima Madre ed altre volte sulla spalla, stringendole il collo con le sue braccine. In queste carezze era così attenta e prudente l'imperatrice Maria, che non lo sollecitava a farle vezzeggiamenti e coccole, come sogliono le altre madri, né l'obbligava a ritirarsi con timore. In tutto era prudentissima e perfetta, senza difetto né eccesso riprovevole, ed il maggior amore del suo Figlio santissimo, e la manifestazione di questo amore, non serviva che a farla ancor più chinare verso la polvere, lasciandola con una profonda riverenza, che misurava i suoi affetti e dava ad essi maggiori risalti di magnificenza.

546. Un'altra maniera di carezze più sublime si scambiavano il bambino divino e la vergine Madre, perché, oltre al fatto che grazie alla luce divina ella conosceva sempre gli atti interni dell'anima santissima del suo unigenito, accadeva anche molte volte che, mentre lo teneva tra le braccia, con un altro nuovo beneficio le si manifestasse l'umanità del figlio come un vetro cristallino, e per essa ed in essa contemplava l'unione ipostatica, l'anima di Gesù, e tutti gli atti interiori che faceva quando pregava l'eterno Padre per il genere umano. La nostra Signora andava imitando queste intime disposizioni e suppliche, restando tutta assorta e trasformata nel suo medesimo Figlio. Perciò sua Maestà la guardava con inaspettata delizia, come ricreandosi nella purezza di tale creatura, e rallegrandosi d'averla creata. Inoltre si compiaceva del fatto che la Divinità si fosse incarnata per formare una così viva immagine di se stessa, e dell'umanità che aveva preso dalla sua sostanza verginale. In questo mistero mi venne alla mente ciò che dissero ad Oloferne i suoi generali, quando videro la bella Giuditta nelle campagne di Betulia: «Chi potrebbe disprezzare un popolo che ha delle donne così belle? Certo non sarebbe vantaggioso lasciare in vita anche un solo uomo!». Misteriosa e vera pare questa ragione nel Verbo incarnato, poiché egli poté dire lo stesso al suo eterno Padre, e a tutto il resto delle creature, con più giusta causa: «Chi non riterrà ben predisposto e calcolato l'essere io venuto dal cielo a prendere carne umana sulla terra, e ad abbattere il demonio, il mondo e la carne, superandoli ed annientandoli, se tra i figli di Adamo si trova una donna tale quale mia Madre?». O dolce amor mio, virtù della mia virtù, vita dell'anima mia, Gesù amoroso, quale stupore che solo Maria santissima, nella natura umana, sia fornita di tale e tanta bellezza! Perciò è unica ed eletta, e così perfetta per il vostro compiacimento, mio Signore e padrone, che non solo uguaglia, ma eccede, senza confronti o limiti, tutto il resto del vostro popolo, ed ella sola compensa la bruttezza di tutta la posterità di Adamo.

547. La dolce Madre, fra queste delizie del suo unigenito bambino vero Dio, sentiva effetti tali, che la lasciavano tutta spiritualizzata e nuovamente divinizzata. Nei voli in cui il suo spirito purissimo era rapito, molte volte si sarebbero rotti i legami del corpo terreno, e da esso, come in deliquio, sarebbe sprigionata la sua anima per l'incendio del suo amore, se miracolosamente non fosse stata confortata e preservata. Scambiava col suo Figlio santissimo, interiormente ed esteriormente, parole tanto degne e di tal peso, che non entrano nel nostro grossolano linguaggio. Tutto quello che io potrei riferire sarebbe molto poco in confronto a ciò che mi è stato manifestato. Ella gli diceva: «O amor mio, dolce vita dell'anima mia, chi siete voi e chi sono io? Che cosa volete fare di me, giacché la vostra grandezza e magnificenza tanto si umilia per favorire la polvere inutile? Che farà la vostra schiava per amor vostro, e per tutto quanto riconosce di dovervi? Che cosa vi potrò dare in cambio del molto che avete dato a me? Il mio essere, la mia vita, le mie capacità, i sensi, i desideri, gli aneliti più profondi, tutto questo è vostro. Consolate questa serva e madre vostra, affinché non venga meno nell'affettuoso desiderio di servirvi, vedendo la propria insufficienza, e che non muore per amarvi. O quanto è limitata la capacità umana, quanto coartato il potere, quanto limitati gli affetti, che non possono giungere a soddisfare con equità il vostro amore! Però sempre voi dovete vincere nell'essere magnifico e misericordioso con le vostre creature, e cantar vittorie e trionfi di amore; e noi altri, riconoscenti, dobbiamo arrenderci e confessarci superati dal vostro potere. Così noi resteremo umiliati e confusi con la polvere, e la vostra grandezza magnificata ed esaltata per tutta l'eternità». La celeste Signora, nella scienza del suo Figlio santissimo, conosceva alcune volte le anime, che nel corso della nuova legge di grazia si dovevano specializzare nell'amore divino, le opere che dovevano fare, i martiri che dovevano patire per imitare lo stesso Signore, e per questa conoscenza si andava infiammando di un'emulazione d'amore così forte, che era maggior martirio quello del desiderio della Regina che non tutti gli altri consumati in concreto. Allora le capitava ciò che disse lo sposo nel Cantico dei Cantici, cioè che l'emulazione dell'amore era forte come la morte, e tenace come l'inferno. Quanto al desiderio che l'amorosa Madre nutriva di morire perché infatti non moriva, le rispose il Figlio santissimo con le parole che ivi si riferiscono: Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, dandole l'intendimento di come realizzarlo. Con questo divino martirio, Maria santissima fu martire prima di tutti i martiri. Fra questi gigli pascolava l'agnello mansuetissimo Gesù, mentre faceva nascere il giorno della grazia, e declinavano le ombre della legge antica.

548. Il bambino divino non si cibò di cosa alcuna, finché ricevette il nutrimento dal seno verginale della sua Madre santissima, perché si alimentò solo col latte. E questo era estremamente soave, dolce e sostanzioso, poiché generato in un corpo così puro, perfetto, e di raffinatissime caratteristiche somatiche e proporzioni, con qualità ben ordinate in parti uguali. Nessun altro corpo fu simile al suo e nessun'altra salute alla sua, e il sacro latte, benché conservato per molto tempo, fu preservato dalla corruzione per le sue stesse qualità naturali, e per speciale privilegio rimase sempre inalterato e incorrotto, mentre il latte delle altre donne, come insegna l'esperienza, subito insipidisce e si altera.

549. Il felicissimo sposo Giuseppe non solo godeva, come testimone oculare, dei favori e delle carezze che passavano tra il figlio e la madre santissimi, ma anche fu degno di riceverne immediatamente dallo stesso Gesù. Molte volte infatti la divina Madre glielo poneva tra le braccia, quando era necessario che ella facesse qualcosa per cui non poteva tenerlo con sé, come preparare il pranzo, accomodare le fasce del bambino e spazzare la casa. In tali occasioni lo teneva san Giuseppe, che sempre sentiva effetti divini nell'anima sua, mentre esteriormente, con l'espressione del volto, il bambino Gesù gli mostrava il suo compiacimento; poi si reclinava sul petto del santo e, pur nella sua serietà e maestà di Re, gli faceva alcune carezze in segno d'affetto, proprio come sogliono fare i bambini con i loro padri. Però con san Giuseppe ciò non avveniva così spesso né con tanta tenerezza, come con la vergine Madre, la quale, quando lo lasciava, teneva con sé la reliquia della circoncisione, che ordinariamente il glorioso san Giuseppe portava con sé, affinché gli servisse di conforto. I due santi sposi erano sempre nella ricchezza: ella col Figlio santissimo, ed egli con il suo sacro sangue e la sua carne divinizzata. Tenevano questa reliquia in una caraffina di cristallo, che san Giuseppe aveva acquistato col denaro inviato loro da santa Elisabetta. In essa la gran Signora rinchiuse il prepuzio ed il sangue che si sparse nella circoncisione, dopo aver ritagliato dal pannolino utilizzato per la circostanza, i pezzetti su cui era caduto. E per meglio assicurare tutto, poiché la caraffina era guarnita di argento nella bocca, la potente Regina la serrò col solo suo potere. A tale pressione, si unirono e si saldarono le labbra d'argento nella superficie, assai meglio che se le avesse aggiustate l'artefice che le fece. In questa forma, la prudente Madre conservò per tutto il tempo della sua vita queste reliquie, poi consegnò tale prezioso tesoro agli Apostoli, e lo lasciò loro come vincolato alla santa Chiesa. Nel mare immenso di questi misteri, mi trovo così sommersa ed impossibilitata per la mia ignoranza di donna e per l'inadeguatezza dei termini usati per spiegarli, che molti di essi li rimetto alla fede e alla pietà cristiana.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

550. Figlia mia, sei stata avvertita nel capitolo precedente di non ricercare per via soprannaturale cosa alcuna dal Signore, né per alleggerirti dal patire, né per naturale inclinazione, e molto meno per vana curiosità. Ora ti avverto, che nemmeno per uno di questi motivi devi abbandonarti ai tuoi affetti nel bramare ansiosamente o nell'eseguire cosa alcuna naturale od esteriore, perché in tutte le attività delle tue facoltà, e negli atti dei sensi, devi moderare e domare le tue inclinazioni, senza concedere loro ciò che domandano, quand'anche fossero in apparenza colorate di virtù o di pietà. Io non correvo pericolo di eccedere in questi affetti per la mia incolpabile innocenza, e neppure mancava di pietà il desiderio che io avevo di rimanere nella grotta, dove il mio Figlio santissimo era nato ed aveva ricevuto la circoncisione. Tuttavia non volli manifestare il mio desiderio, sebbene interrogata dal mio sposo, perché preferii l'ubbidienza a questa pietà, ed imparai che è più sicuro per le anime, e di maggior compiacimento del Signore, ricercare la sua volontà per via dei consigli e del parere altrui, che per mezzo della propria inclinazione. Ciò in me fu maggior merito e perfezione, ma in te, e nelle altre anime che corrono pericolo di errare col proprio giudizio, questa legge deve essere più rigorosa per prevenirlo e deviarlo con accorgimento e diligenza. Infatti, la creatura ignorante e di cuore limitato, si riposa facilmente con i suoi affetti e con le sue fanciullesche inclinazioni su piccole cose, e talvolta si occupa tutta tanto del poco, quanto del molto, e ciò che è niente le sembra qualche cosa. Tutto ciò la inabilita, e la priva di grandi beni spirituali, di grazia, luce e merito.

551. Questo insegnamento, con tutto quello che mi resta da darti, tu lo scriverai nel tuo cuore, e procura di formare in esso un libro di memorie di tutto quello che io ho fatto, perché nella misura in cui lo conosci, tu lo comprenda ed esegua. Rifletti alla riverenza, all'amore, alla sollecitudine ed al timore santo e circospetto, con cui io trattavo il mio Figlio santissimo. Anche se ho sempre vissuto con questa vigilanza, dopo averlo concepito nel mio grembo, non l'ho mai perso di vista, né mi sono intiepidita nell'amore che allora mi comunicava l'Altezza sua. Per questo ardore di compiacerlo di più, il mio cuore non riposava, fino a che unita ed assorta nella partecipazione di quel sommo Bene ed ultimo fine, mi quietavo a certi intervalli, trovando in lui il mio centro. Però subito ritornavo alla mia continua sollecitudine, come chi prosegue il suo viaggio senza trattenersi in ciò che non aiuta, ritardando così il suo desiderio. Tanto era lontano il mio cuore dall'attaccarsi a cosa alcuna di quelle della terra, e dal seguire qualsiasi inclinazione sensibile, che, in ordine a questo, io vivevo come se non fossi stata della comune natura terrena. Se poi le altre creature non si vedono libere dalle passioni, o non le superano nel grado a loro possibile, non si lamentino della natura, ma della loro stessa volontà, dal momento che, anzi, la natura debole si può lamentare di esse, perché potrebbero, col potere della ragione, reggerla ed indirizzarla, ma non lo fanno, lasciandole al contrario seguire i suoi disordini, e la aiutano in ciò con la libera volontà, e con l'intelletto le procurano un maggior numero di oggetti pericolosi e di occasioni nelle quali si perde. Per questi precipizi, che offre la vita umana, ti avverto, o mia carissima, di non bramare né cercare alcuna cosa sensibile, anche se all'apparenza molto giusta. Rispetto a tutto ciò che usi per necessità, come la cella, il vestito, il sostentamento ed il resto, usane per ubbidienza, e col beneplacito dei superiori, perché il Signore lo vuole ed io l'approvo, affinché ne usi a servizio dell'Onnipotente. Per tanti accorgimenti, quanti sono quelli che ti ho suggerito, deve passare tutto ciò che opererai.


4-106 Febbraio 8, 1902 Significati della Passione di Gesù.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Questa mattina nel venire il mio adorabile Gesù, mi ha partecipato parte della sua Passione. Ora, mentre mi trovavo sofferente, il Signore per rincuorarmi mi ha detto:

(2) “Figlia mia, il primo significato della Passione contiene gloria, lode, onore, ringraziamento, riparazione alla Divinità. Il secondo è la salvezza delle anime e tutte le grazie che ci vogliono per ottenere lo stesso scopo. Onde chi partecipa alle pene della mia Passione, la sua vita contiene in sé questi stessi significati, non solo, ma prende la stessa forma della mia Umanità, e siccome detta Umanità sta unita con la Divinità, anche l’anima che partecipa alle mie pene sta a contatto con la Divinità e può ottenere ciò che vuole. Anzi, le sue pene sono come chiavi per aprire i tesori divini, questo finché vive quaggiù, e poi sta riservato anche al di là del Cielo una gloria distinta per sé che le viene data dalla Umanità e Divinità mia, in modo da assomigliarsi alla stessa mia luce e gloria, ed una gloria più speciale per tutta la corte celeste, che le verrà data per mezzo di quest’anima, per ciò che Io le ho comunicato; perché quanto più le anime si sono assomigliate a Me nelle pene, tanto più da dentro la Divinità uscirà luce e gloria, ed ecco che tutta la corte celeste parteciperà a questa gloria”.

(3) Sia sempre benedetto il Signore, e tutto per sua gloria ed onore.