Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 5° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 26
1Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli:2"Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso".
3Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa,4e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire.5Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo".
6Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso,7gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa.8I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: "Perché questo spreco?9Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!".10Ma Gesù, accortosene, disse loro: "Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me.11I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete.12Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.13In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei".
14Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti15e disse: "Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?". E quelli gli 'fissarono trenta monete d'argento'.16Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: "Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?".18Ed egli rispose: "Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli".19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
20Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.21Mentre mangiavano disse: "In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà".22Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: "Sono forse io, Signore?".23Ed egli rispose: "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.24Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!".25Giuda, il traditore, disse: "Rabbì, sono forse io?". Gli rispose: "Tu l'hai detto".
26Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo".27Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti,28perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.29Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".
30E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.31Allora Gesù disse loro: "Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti:
'Percuoterò il pastore
e saranno disperse le pecore del gregge,'
32ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".33E Pietro gli disse: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai".34Gli disse Gesù: "In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte".35E Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare".37E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.38Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me".39E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!".40Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?41Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole".42E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà".43E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.44E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: "Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.46Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina".
47Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.48Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!".49E subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò.50E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!". Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.
52Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.53Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?54Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?".55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.56Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.
57Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani.58Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
59I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;60ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.61Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni".62Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio".64"Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:
d'ora innanzi vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra di Dio,
e venire sulle nubi del cielo'".
65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;66che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!".67Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,68dicendo: "Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?".
69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: "Anche tu eri con Gesù, il Galileo!".70Ed egli negò davanti a tutti: "Non capisco che cosa tu voglia dire".71Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: "Costui era con Gesù, il Nazareno".72Ma egli negò di nuovo giurando: "Non conosco quell'uomo".73Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: "Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!".74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo!". E subito un gallo cantò.75E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: "Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte". E uscito all'aperto, pianse amaramente.
Secondo libro di Samuele 13
1Dopo queste cose, accadde che, avendo Assalonne figlio di Davide, una sorella molto bella, chiamata Tamàr, Amnòn figlio di Davide si innamorò di lei.2Amnòn ne ebbe una tal passione, da cadere malato a causa di Tamàr sua sorella; poiché essa era vergine pareva impossibile ad Amnòn di poterle fare qualcosa.3Ora Amnòn aveva un amico, chiamato Ionadàb figlio di Simeà, fratello di Davide e Ionadàb era un uomo molto astuto.4Egli disse: "Perché, figlio del re, tu diventi sempre più magro di giorno in giorno? Non me lo vuoi dire?". Amnòn gli rispose: "Sono innamorato di Tamàr, sorella di mio fratello Assalonne".5Ionadàb gli disse: "Mettiti a letto e fingiti malato; quando tuo padre verrà a vederti, gli dirai: Permetti che mia sorella Tamàr venga a darmi da mangiare e a preparare la vivanda sotto i miei occhi, così che io veda; allora prenderò il cibo dalle sue mani".
6Amnòn si mise a letto e si finse malato; quando il re lo venne a vedere, Amnòn gli disse: "Permetti che mia sorella Tamàr venga e faccia un paio di frittelle sotto i miei occhi e allora prenderò il cibo dalle sue mani".7Allora Davide mandò a dire a Tamàr, in casa: "Va' a casa di Amnòn tuo fratello e prepara una vivanda per lui".8Tamàr andò a casa di Amnòn suo fratello, che giaceva a letto. Essa prese farina stemperata, la impastò, ne fece frittelle sotto i suoi occhi e le fece cuocere.9Poi prese la padella e versò le frittelle davanti a lui; ma egli rifiutò di mangiare e disse: "Allontanate tutti dalla mia presenza". Tutti uscirono.10Allora Amnòn disse a Tamàr: "Portami la vivanda in camera e prenderò il cibo dalle tue mani". Tamàr prese le frittelle che aveva fatte e le portò in camera ad Amnòn suo fratello.11Ma mentre gliele dava da mangiare, egli l'afferrò e le disse: "Vieni, unisciti a me, sorella mia".12Essa gli rispose: "No, fratello mio, non farmi violenza; questo non si fa in Israele; non commettere questa infamia!13Io dove andrei a portare il mio disonore? Quanto a te, tu diverresti come un malfamato in Israele. Parlane piuttosto al re, egli non mi rifiuterà a te".14Ma egli non volle ascoltarla: fu più forte di lei e la violentò unendosi a lei.15Poi Amnòn concepì verso di lei un odio grandissimo: l'odio verso di lei fu più grande dell'amore con cui l'aveva prima amata. Le disse:16"Alzati, vattene!". Gli rispose: "O no! Questo torto che mi fai cacciandomi è peggiore dell'altro che mi hai già fatto". Ma egli non volle ascoltarla.17Anzi, chiamato il giovane che lo serviva, gli disse: "Cacciami fuori costei e sprangale dietro il battente".18Essa indossava una tunica con le maniche, perché così vestivano, da molto tempo, le figlie del re ancora vergini. Il servo di Amnòn dunque la mise fuori e le sprangò il battente dietro.19Tamàr si sparse polvere sulla testa, si stracciò la tunica dalle lunghe maniche che aveva indosso, si mise le mani sulla testa e se ne andò camminando e gridando.20Assalonne suo fratello le disse: "Forse Amnòn tuo fratello è stato con te? Per ora taci, sorella mia; è tuo fratello; non disperarti per questa cosa". Tamàr desolata rimase in casa di Assalonne, suo fratello.21Il re Davide seppe tutte queste cose e ne fu molto irritato, ma non volle urtare il figlio Amnòn, perché aveva per lui molto affetto; era infatti il suo primogenito.22Assalonne non disse una parola ad Amnòn né in bene né in male; odiava Amnòn perché aveva violato Tamàr sua sorella.
23Due anni dopo Assalonne, avendo i tosatori a Baal-Cazòr, presso Èfraim, invitò tutti i figli del re.24Andò dunque Assalonne dal re e disse: "Ecco il tuo servo ha i tosatori presso di sé. Venga dunque anche il re con i suoi ministri a casa del tuo servo!".25Ma il re disse ad Assalonne: "No, figlio mio, non si venga noi tutti, perché non ti siamo di peso". Sebbene insistesse, il re non volle andare; ma gli diede la sua benedizione.26Allora Assalonne disse: "Se non vuoi venire tu, permetti ad Amnòn mio fratello di venire con noi". Il re gli rispose: "Perché dovrebbe venire con te?".27Ma Assalonne tanto insisté che Davide lasciò andare con lui Amnòn e tutti i figli del re. Assalonne fece un banchetto come un banchetto da re.28Ma Assalonne diede quest'ordine ai servi: "Badate, quando Amnòn avrà il cuore riscaldato dal vino e io vi dirò: Colpite Amnòn!, voi allora uccidetelo e non abbiate paura. Non ve lo comando io? Fatevi coraggio e comportatevi da forti!".29I servi di Assalonne fecero ad Amnòn come Assalonne aveva comandato. Allora tutti i figli del re si alzarono, montarono ciascuno sul suo mulo e fuggirono.30Mentre essi erano ancora per strada, giunse a Davide questa notizia: "Assalonne ha ucciso tutti i figli del re e neppure uno è scampato".31Allora il re si alzò, si stracciò le vesti e si gettò per terra; tutti i suoi ministri che gli stavano intorno, stracciarono le loro vesti.32Ma Ionadàb figlio di Simeà, fratello di Davide, disse: "Non dica il mio signore che tutti i giovani, figli del re, sono stati uccisi; il solo Amnòn è morto; per Assalonne era cosa decisa fin da quando Amnòn aveva fatto violenza a sua sorella Tamàr.33Ora non si metta in cuore il mio signore una tal cosa, come se tutti i figli del re fossero morti; il solo Amnòn è morto34e Assalonne è fuggito". Il giovane che stava di sentinella alzò gli occhi, guardò ed ecco una gran turba di gente veniva per la strada di Bacurìm, dal lato del monte, sulla discesa. La sentinella venne ad avvertire il re e disse: "Ho visto uomini scendere per la strada di Bacurìm, dal lato del monte".35Allora Ionadàb disse al re: "Ecco i figli del re arrivano; la cosa sta come il tuo servo ha detto".36Come ebbe finito di parlare, ecco giungere i figli del re, i quali alzarono grida e piansero; anche il re e tutti i suoi ministri fecero un gran pianto.37Quanto ad Assalonne, era fuggito ed era andato da Talmài, figlio di Ammiùd, re di Ghesùr. Il re fece il lutto per il suo figlio per lungo tempo.
38Assalonne rimase tre anni a Ghesùr, dove era andato dopo aver preso la fuga.39Poi lo spirito del re Davide cessò di sfogarsi contro Assalonne, perché si era placato il dolore per la morte di Amnòn.
Siracide 22
1Il pigro è simile a una pietra imbrattata,
ognuno fischia in suo disprezzo.
2Il pigro è simile a una palla di sterco,
chi la raccoglie scuote la mano.
3Vergogna per un padre avere un figlio maleducato,
se si tratta di una figlia, è la sua rovina.
4Una figlia prudente sarà un tesoro per il marito,
quella disonorevole un dolore per chi l'ha generata.
5La sfacciata disonora il padre e il marito,
e dall'uno e dall'altro sarà disprezzata.
6Come musica durante il lutto i discorsi fuori tempo,
ma frusta e correzione in ogni tempo sono saggezza.
7Incolla cocci chi ammaestra uno stolto,
sveglia un dormiglione dal sonno profondo.
8Ragiona con un insonnolito chi ragiona con lo stolto;
alla fine egli dirà: "Che cosa c'è?".
9Piangi per un morto, poiché ha perduto la luce;
piangi per uno stolto, poiché ha perduto il senno.
10Piangi meno tristemente per un morto, ché ora riposa,
ma la vita dello stolto è peggiore della morte.
11Il lutto per un morto, sette giorni;
per uno stolto ed empio tutti i giorni della sua vita.
12Con un insensato non prolungare il discorso,
non frequentare l'insipiente;
13guàrdati da lui, per non avere noie
e per non contaminarti al suo contatto.
Allontànati da lui e troverai pace,
non sarai seccato dalla sua insipienza.
14Che c'è di più pesante del piombo?
E qual è il suo nome, se non "lo stolto"?
15Sabbia, sale, palla di ferro
sono più facili a portare che un insensato.
16Una travatura di legno ben connessa in una casa
non si scompagina in un terremoto,
così un cuore deciso dopo matura riflessione
non verrà meno al momento del pericolo.
17Un cuore basato su sagge riflessioni
è come un intonaco su un muro rifinito.
18Una palizzata posta su un'altura
di fronte al vento non resiste,
così un cuore meschino, basato sulle sue fantasie,
di fronte a qualsiasi timore non resiste.
19Chi punge un occhio lo farà lacrimare;
chi punge un cuore ne scopre il sentimento.
20Chi scaglia pietre contro uccelli li mette in fuga,
chi offende un amico rompe l'amicizia.
21Se hai sguainato la spada contro un amico,
non disperare, può esserci un ritorno.
22Se hai aperto la bocca contro un amico,
non temere, può esserci riconciliazione,
tranne il caso di insulto e di arroganza,
di segreti svelati e di un colpo a tradimento;
in questi casi ogni amico scomparirà.
23Conquìstati la fiducia del prossimo nella sua
povertà
per godere con lui nella sua prosperità.
Nel tempo della tribolazione restagli vicino,
per aver parte alla sua eredità.
24Prima del fuoco vapore e fumo nel camino,
così prima dello spargimento del sangue le ingiurie.
25Non mi vergognerò di proteggere un amico,
non mi nasconderò davanti a lui.
26Se mi succederà il male a causa sua,
chiunque lo venga a sapere si guarderà da lui.
27Chi porrà una guardia sulla mia bocca,
sulle mie labbra un sigillo prudente,
perché io non cada per colpa loro
e la mia lingua non sia la mia rovina?
Salmi 68
1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. Canto.'
2Sorga Dio, i suoi nemici si disperdano
e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano.
3Come si disperde il fumo, tu li disperdi;
come fonde la cera di fronte al fuoco,
periscano gli empi davanti a Dio.
4I giusti invece si rallegrino,
esultino davanti a Dio
e cantino di gioia.
5Cantate a Dio, inneggiate al suo nome,
spianate la strada a chi cavalca le nubi:
"Signore" è il suo nome,
gioite davanti a lui.
6Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
7Ai derelitti Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri;
solo i ribelli abbandona in arida terra.
8Dio, quando uscivi davanti al tuo popolo,
quando camminavi per il deserto,
9la terra tremò, stillarono i cieli
davanti al Dio del Sinai,
davanti a Dio, il Dio di Israele.
10Pioggia abbondante riversavi, o Dio,
rinvigorivi la tua eredità esausta.
11E il tuo popolo abitò il paese
che nel tuo amore, o Dio, preparasti al misero.
12Il Signore annunzia una notizia,
le messaggere di vittoria sono grande schiera:
13"Fuggono i re, fuggono gli eserciti,
anche le donne si dividono il bottino.
14Mentre voi dormite tra gli ovili,
splendono d'argento le ali della colomba,
le sue piume di riflessi d'oro".
15Quando disperdeva i re l'Onnipotente,
nevicava sullo Zalmon.
16Monte di Dio, il monte di Basan,
monte dalle alte cime, il monte di Basan.
17Perché invidiate, o monti dalle alte cime,
il monte che Dio ha scelto a sua dimora?
Il Signore lo abiterà per sempre.
18I carri di Dio sono migliaia e migliaia:
il Signore viene dal Sinai nel santuario.
19Sei salito in alto conducendo prigionieri,
hai ricevuto uomini in tributo:
anche i ribelli abiteranno
presso il Signore Dio.
20Benedetto il Signore sempre;
ha cura di noi il Dio della salvezza.
21Il nostro Dio è un Dio che salva;
il Signore Dio libera dalla morte.
22Sì, Dio schiaccerà il capo dei suoi nemici,
la testa altéra di chi percorre la via del delitto.
23Ha detto il Signore: "Da Basan li farò tornare,
li farò tornare dagli abissi del mare,
24perché il tuo piede si bagni nel sangue,
e la lingua dei tuoi cani riceva la sua parte tra i nemici".
25Appare il tuo corteo, Dio,
il corteo del mio Dio, del mio re, nel santuario.
26Precedono i cantori, seguono ultimi i citaredi,
in mezzo le fanciulle che battono cèmbali.
27"Benedite Dio nelle vostre assemblee,
benedite il Signore, voi della stirpe di Israele".
28Ecco, Beniamino, il più giovane,
guida i capi di Giuda nelle loro schiere,
i capi di Zàbulon, i capi di Nèftali.
29Dispiega, Dio, la tua potenza,
conferma, Dio, quanto hai fatto per noi.
30Per il tuo tempio, in Gerusalemme,
a te i re porteranno doni.
31Minaccia la belva dei canneti,
il branco dei tori con i vitelli dei popoli:
si prostrino portando verghe d'argento;
disperdi i popoli che amano la guerra.
32Verranno i grandi dall'Egitto,
l'Etiopia tenderà le mani a Dio.
33Regni della terra, cantate a Dio,
cantate inni al Signore;
34egli nei cieli cavalca, nei cieli eterni,
ecco, tuona con voce potente.
35Riconoscete a Dio la sua potenza,
la sua maestà su Israele,
la sua potenza sopra le nubi.
36Terribile sei, Dio, dal tuo santuario;
il Dio d'Israele dà forza e vigore al suo popolo,
sia benedetto Dio.
Zaccaria 4
1L'angelo che mi parlava venne a destarmi, come si desta uno dal sonno,2e mi disse: "Che cosa vedi?". Risposi: "Vedo un candelabro tutto d'oro; in cima ha un recipiente con sette lucerne e sette beccucci per le lucerne.3Due olivi gli stanno vicino, uno a destra e uno a sinistra".4Allora domandai all'angelo che mi parlava: "Che cosa significano, signor mio, queste cose?".5Egli mi rispose: "Non comprendi dunque il loro significato?". E io: "No, signor mio".
6Egli mi rispose: "Questa è la parola del Signore a Zorobabele: Non con la potenza né con la forza, ma con il mio spirito, dice il Signore degli eserciti!7Chi sei tu, o grande monte? Davanti a Zorobabele diventa pianura! Egli estrarrà la pietra, quella del vertice, fra le acclamazioni: Quanto è bella!".
8Mi fu rivolta questa parola del Signore:9"Le mani di Zorobabele hanno fondato questa casa: le sue mani la compiranno e voi saprete che il Signore degli eserciti mi ha inviato a voi.10Chi oserà disprezzare il giorno di così modesti inizi? Si gioirà vedendo il filo a piombo in mano a Zorobabele. Le sette lucerne rappresentano gli occhi del Signore che scrutano tutta la terra".11Quindi gli domandai: "Che significano quei due olivi a destra e a sinistra del candelabro?12E quelle due ciocche d'olivo che stillano oro dentro i due canaletti d'oro?".13Mi rispose: "Non comprendi dunque il significato di queste cose?". E io: "No, signor mio".14"Questi, soggiunse, sono i due consacrati che assistono il dominatore di tutta la terra".
Lettera agli Efesini 5
1Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi,2e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
3Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi;4lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie!5Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - che è roba da idolàtri - avrà parte al regno di Cristo e di Dio.
6Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l'ira di Dio sopra coloro che gli resistono.7Non abbiate quindi niente in comune con loro.8Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce;9il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.10Cercate ciò che è gradito al Signore,11e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente,12poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare.13Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce, perché tutto quello che si manifesta è luce.14Per questo sta scritto:
"Svégliati, o tu che dormi,
déstati dai morti
e Cristo ti illuminerà".
15Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi;16profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi.17Non siate perciò inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio.18E non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito,19intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore,20rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.
21Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.
22Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore;23il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo.24E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei,26per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola,27al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso.29Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa,30poiché siamo membra del suo corpo.31'Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola'.32Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!33Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.
Capitolo XIX: La capacità di sopportare le offese e la vera provata pazienza
Leggilo nella Biblioteca1. Che è quello che vai dicendo, o figlio? Cessa il tuo lamento, tenendo presenti le sofferenze mie e quelle degli altri santi. "Non hai resistito ancora fino al sangue" (Eb 12,4). Ciò che tu soffri è poca cosa, se ti metti a confronto con coloro che patirono tanto gravemente: così fortemente tentati, così pesantemente tribolati, provati in vari modi e messi a dura prova. Occorre dunque che tu rammenti le sofferenze più gravi degli altri, per imparare a sopportare le tue, piccole. Che se piccole non ti sembrano, vedi se anche questo non dipenda dalla tua incapacità di sopportazione. Comunque, siano piccoli o grandi questi mali, fa' in modo di sopportare tutto pazientemente. Il tuo agire sarà tanto più saggio, e tanto più grande sarà il tuo merito, quanto meglio ti sarai disposto al patire; anzi lo troverai anche più lieve, se, intimamente e praticamente, sarai pronto e sollecito. E non dire: questo non lo posso sopportare; non devo tollerare cose simili da una tale persona, che mi fa del male assai, e mi rimprovera cose che non avevo neppure pensato; da un altro, non da lui, le tollererei di buon grado, e riterrei giusto doverle sopportare. E' una stoltezza un simile ragionamento. Esso non tiene conto della virtù della pazienza, né di colui a cui spetta di premiarla; ma tiene conto piuttosto delle persone e delle offese ricevute. Vero paziente non è colui che vuole sopportare soltanto quel che gli sarà sembrato giusto, e da chi gli sarà piaciuto. Vero paziente, invece, è colui che non guarda da quale persona egli venga messo alla prova: se dal superiore, oppure da un suo pari, o da un inferiore; se da un uomo buono o santo, oppure da un malvagio, o da persona che non merita nulla. Vero paziente è colui che indifferentemente - da qualunque persona, e per quante volte, gli venga qualche contrarietà - tutto accetta con animo grato dalla mano di Dio; anzi lo ritiene un vantaggio grande, poiché non c'è cosa, per quanto piccola, purché sopportata per amore di Dio, che passi senza ricompensa, presso Dio.
2. Sii dunque preparato al combattimento, se vuoi ottenere vittoria. Senza lotta non puoi giungere ad essere premiato per la tua sofferenza. Se rifiuti la sofferenza, rifiuti anche il premio; se invece desideri essere premiato, devi combattere da vero uomo e saper sopportare con pazienza. Come al riposo non si giunge se non dopo aver faticato, così alla vittoria non si giunge se non dopo aver combattuto. Oh, Signore, che mi diventi possibile, per tua grazia, quello che mi sembra impossibile per la mia natura: tu sai che ben scarsa è la mia capacità di soffrire, e che al sorgere di una, sia pur piccola, difficoltà, mi trovo d'un colpo atterrato. Che mi diventi cara e desiderabile, in tuo nome, qualsiasi prova e qualsiasi tribolazione: soffrire ed essere tribolato per amor tuo, ecco ciò che è grandemente salutare all'anima mia.
DISCORSO 275 NEL NATALE DEL MARTIRE VINCENZO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa fortezza di Vincenzo nei tormenti viene dall'aiuto di Cristo. La causa, non la pena, è il segno distintivo dei martiri.
1. La nostra anima è avvinta da uno spettacolo magnifico che sorprende assai: mentre si leggeva sulla gloriosa passione del beato Vincenzo, abbiamo attinto con gli occhi dello spirito non un godimento senza valore alcuno e assai pericoloso, proprio di quelle frivolezze offerte dai teatri, ma veramente prezioso e vantaggioso al massimo. Era il piacere di osservare l'animo irremovibile del martire nell'affrontare le insidie dell'antico nemico, la crudeltà dell'empio giudice, le sofferenze della carne mortale nella tensione di una violentissima lotta e tutto superava con l'aiuto di Dio. È stato proprio così, carissimi, è stato veramente così: nel Signore facciamo l'elogio di quest'anima perché gli umili ascoltino e si rallegrino 1. Quali parole gli siano state rivolte, quali risposte abbia dato, a quali tormenti abbia resistito lo ha mostrato poco fa la lettura e ci ha permesso quasi di assistere alla drammatica realtà. All'intenso dolore delle membra si univa la serena fermezza delle parole come se a subire i tormenti fosse uno e, a parlare, un altro. Ed è stato addirittura un altro a parlare; il Signore ha predetto infatti, e lo ha promesso ai suoi martiri, dicendo: Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi 2. Quest'anima, dunque, sia lodata nel Signore. Infatti, che cosa è l'uomo se non l'essere che è riconoscente a lui? 3. Quali risorse può avere la polvere se non interviene l'aiuto di Colui che ci ha plasmati dalla polvere? Perché chi si vanta si vanti nel Signore 4. Se infatti lo spirito maligno e seduttore invade molti e falsi veggenti, o suoi pseudomartiri, per indurli a procurarsi tormenti o a disprezzare quelli già inflitti, a convalidare la predicazione del suo nome, che gran cosa è per il Signore Dio nostro consegnare il corpo degli stessi predicatori proprio nelle mani dei persecutori, per poi metterne lo spirito al sicuro nella roccaforte della libertà? Ed allora anche se nel corpo infierisce l'odio, lo spirito è fermo nell'asserire la verità. Naturalmente, perché non sia la forza di sopportazione ma la giustizia a fare i martiri: non è la pena ma la causa che fonda l'identità dei martiri. Infatti, molti hanno tollerato dolori per ostinazione non per coerenza; per vizio, non per virtù; per colpevole errore, non per rettitudine di principi; diventati strumenti del diavolo, non perché da esso osteggiati. Al contrario, era il nostro Vincenzo ad avere la vittoria, ma in realtà il vincitore era Colui al quale egli apparteneva, suo possessore era Colui che aveva cacciato fuori il principe di questo mondo 5, allo scopo di ridurlo all'impotenza mentre assaliva stando di fuori, dopo averlo già vinto per sottrargli il dominio dell'intimo dell'uomo. Ora quello che è stato cacciato fuori, senza darsi tregua, va in giro cercando chi divorare 6, ma combatte a nostro favore Colui che, avendolo estromesso, regna in noi.
Mentre Vincenzo viveva la sua passione, il diavolo ebbe a soffrire più del martire.
2. Insomma, per il fatto che non si riuscì a piegare Vincenzo, più ancora di questi era tormentato il diavolo persecutore. Infatti, quanto più quei tormenti si facevano brutali e di spietata crudeltà, tanto più la vittima trionfava del carnefice; da quel corpo, quasi zolla irrigata dal suo sangue, si faceva rigogliosa quella palma che esasperava tanto il nemico. Ma poiché questi ha infierito nel segreto e, vinto, resta atterrato nel segreto, nell'uomo che fungeva da magistrato appariva in modo manifesto quale fosse la rabbiosa contrarietà del diavolo, tanto che quest'avversario invisibile spuntava fuori dalle crepe del vasello che possedeva, che aveva riempito e si andava spaccando. Infatti, le grida di quest'uomo, gli occhi, l'aspetto, l'agitarsi scomposto di tutto il corpo rivelavano che pene dovesse provare, interiormente più torturanti di quelle che all'esterno faceva subire al martire. Se consideriamo il violento turbamento del persecutore e la serenità di colui che pativa i tormenti, è facilissimo distinguere chi era schiacciato dalle tribolazioni e chi era superiore ad esse. Quali saranno le gioie di coloro che regnano nella verità se sono tanto intense quelle di coloro che muoiono per la verità? Che sarà la sorgente della vita con il corpo diventato immortale quando è tanto soave nei tormenti appena la sua rugiada? Quali effetti provocherà il fuoco eterno negli empi, irriconoscibili quando sono fuori di sé per il furore dell'ira che hanno in cuore? Coloro che già nel giudicare si arrovellano, quando saranno sottoposti a giudizio, quali patimenti subiranno? I giudizi futuri dei santi che potere avranno dal momento che il letto di tortura del martire ha travolto il tribunale del giudice?
Il corpo senza vita del martire non è restato privo della protezione divina. Dio favorisce l'onore alle reliquie dei Santi.
3. D'altra parte, il Signore dimostra un insigne riconoscimento ai suoi testimoni, poiché Colui che sorregge i cuori di quelli che lottano non avrebbe lasciato in abbandono neppure i corpi di coloro che ci rimettono la vita, come rese noto con il miracolo tanto portentoso riguardo al corpo dello stesso Vincenzo; e affinché quel corpo - che il nemico aveva desiderato scomparisse del tutto, come aveva tentato e si era dato da fare - per sollecitudine del volere divino, si mostrasse in così piena luce e si rivelasse degno di più devota sepoltura e venerazione tanto che, per esso, si perpetuasse famosa la memoria della pietà che aveva vinto e dell'empietà definitivamente sconfitta. Veramente preziosa agli occhi del Signore la morte dei suoi santi 7, quando né si disprezza la terra da cui il corpo è plasmato, venendo meno la vita e, separandosi l'anima invisibile dalla casa visibile, dalla sollecitudine del Signore è custodito l'abitacolo del servo e, a gloria del Signore, viene onorato dai fedeli, servi come lui. Nel compiere opere mirabili nei riguardi dei corpi dei santi defunti, a che infatti vuole condurre il Signore se non a ricevere da lui la prova che non si perde ciò che di sé muore; ed inoltre perché da questo si comprenda in quale onore siano presso di lui le anime degli uccisi, se ne riceve il corpo senza vita da tanta partecipazione divina? Infatti, come l'Apostolo, parlando dei membri della Chiesa, ha fatto uso di una similitudine con le membra del nostro corpo, poiché quelle delle nostre membra che hanno meno onore le facciamo oggetto di maggiori attenzioni 8 così la provvidenza del Creatore, nel concedere ai cadaveri dei martiri testimonianze tanto eccellenti di miracoli, fa oggetto di più delicate attenzioni i resti senza vita degli uomini; quindi, dove ormai non resta che un qualcosa di indecoroso, quando la vita si trasferisce, ecco presente con piena evidenza il datore della vita.
1 - Cf. Sal 33, 3.
2 - Mt 10, 20.
3 - Sal 8, 5.
4 - 1 Cor 1, 31.
5 - Cf. Gv 12, 31.
6 - Cf. 1 Pt 5, 8.
7 - Sal 115, 15.
8 - 1 Cor 12, 23.
Ammonizioni
Opera Omnia - San Francesco di Assisi
Leggilo nella BibliotecaI. IL CORPO DEL SIGNORE
[141] 1 Il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: “lo sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per me. 2 Se aveste conosciuto me, conoscereste anche il Padre mio; ma da ora in poi voi lo conoscete e lo avete veduto”. 3 Gli dice Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. 4 Gesù gli dice: “Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre mio” (Gv 14,6-9).
5 Il Padre abita una luce inaccessibile (Cfr. 1Tm 6,16), e Dio è spirito, e nessuno ha mai visto Dio (Gv 4,24 e Gv 1,18). 6 Perciò non può essere visto che nello spirito, poiché è lo spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla (Gv 6,64). 7 Ma anche il Figlio, in ciò per cui è uguale al Padre, non può essere visto da alcuno in maniera diversa dal Padre e in maniera diversa dallo Spirito Santo.
[142] 3 Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, ma non videro né credettero, secondo lo spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati. 9 E cosi ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, 10 perché è l’Altissimo stesso che ne dà testimonianza, quando dice: “Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza [che sarà sparso per molti”] (Mc 14, 22.24), 11 e ancora: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna” (Cfr. Gv 6,55).
[143] 12 Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e il sangue del Signore. 13 Tutti gli altri, che non partecipano dello stesso Spirito e presumono ricevere il santissimo corpo e il sangue del Signore, mangiano e bevono la loro condanna (Cfr. 1Cor 11,29). 14 Perciò: Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? (Sal 4,3) 15 Perché non conoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio? (Cfr. Gv 9,35)
[144] 16 Ecco, ogni giorno egli si umilia (Cfr. Fil 2,8), come quando dalla sede regale (Cfr. Sap 18,15) discese nel grembo della Vergine; 17 ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; 18 ogni giorno discende dal seno del Padre sulI’altare nelle mani del sacerdote. 19 E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. 20 E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, 21 così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.
[145] 22 E in tale maniera il Signore è sempre presente con i suoi fedeli, come egli stesso dice: “Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
II. IL MALE DELLA PROPRIA VOLONTÀ
[146] 1 Disse il Signore a Adamo: “Mangia pure i frutti di qualunque albero, ma dell’albero della scienza del bene e del male non ne mangiare” (Gen 2,16-17). 2 Adamo poteva dunque mangiare i frutti di qualunque albero del Paradiso, egli, finché non contravvenne all’obbedienza, non peccò.
[147] 3 Mangia infatti, dell’albero della scienza del bene colui che si appropria la sua volontà e si esalta per i beni che il Signore dice e opera in lui; 4 e cosi, per suggestione del diavolo e per la trasgressione del comando, è diventato per lui il frutto della scienza del male. 5 Bisogna perciò che ne sopporti la pena.
III. L’OBBEDIENZA PERFETTA
[148] 1 Dice il Signore nel Vangelo: “Chi non avrà rinunciato a tutto ciò che possiede non può essere mio discepolo” (Lc 14,33), 2 e: “Chi vorrà salvare la sua anima, la perderà” (Lc 9,24).
3 Abbandona tutto quello che possiede e perde il suo corpo colui che sottomette totalmente se stesso alI’obbedienza nelle mani del suo superiore. 4 E qualunque cosa fa o dice che egli sa non essere contro la volontà di lui, purché sia bene quello che fa, è vera obbedienza.
[149] 5 E se qualche volta il suddito vede cose migliori e più utili alla sua anima di quelle che gli ordina il superiore, volentieri sacrifichi a Dio le sue e cerchi invece di adempiere con l’opera quelle del superiore. 6 Infatti questa è l’obbedienza caritativa, perché compiace a Dio e al prossimo (Cfr. 1Pt 1,22).
[150] 7 Se poi il superiore comanda al suddito qualcosa contro la sua coscienza, pur non obbedendogli, tuttavia non lo abbandoni. 6 E se per questo dovrà sostenere persecuzione da parte di alcuni, li ami di più per amore di Dio. 9 Infatti, chi sostiene la persecuzione piuttosto che volersi separare dai suoi fratelli, rimane veramente nella perfetta obbedienza, poiché sacrifica la sua anima (Cfr. Gv 15,13) per i suoi fratelli.
[151] 10 Vi sono infatti molti religiosi che, col pretesto di vedere cose migliori di quelle che ordinano i loro superiori, guardano indietro (Cfr. Lc 9,62) e ritornano al vomito (Cfr. Pr 26,11; 2Pt 2,22) della propria volontà. 11 Questi sono degli omicidi e sono causa di perdizione per molte anime con i loro cattivi esempi.
IV. CHE NESSUNO SI APPROPRI LA CARICA DI SUPERIORE
[152] 1 Dice il Signore: “Non sono venuto per essere servito ma per servire” (Mt 20,28). 2 Coloro che sono costituiti in autorità sopra gli altri, tanto devono gloriarsi di quell’ufficio prelatizio, quanto se fossero deputati all’ufficio di lavare i piedi (Cfr. Gv 13,14) ai fratelli. 3 E quanto più si turbano se viene loro tolta la carica che se fosse loro tolto il servizio di lavare i piedi, tanto più mettono insieme per sé un tesoro fraudolento (Cfr. Gv 12,6) a pericolo della loro anima.
V. CHE NESSUNO SI INSUPERBISCA, MA OGNUNO SI GLORI NELLA CROCE DEL SIGNORE
[153] 1 Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto il Signore Dio, poiché ti ha creato e formato a immagine del suo Figlio diletto secondo il corpo e a similitudine (Cfr. Gen 1,26) di lui secondo lo spirito.
[154] 2 E tutte le creature, che sono sotto il cielo, ciascuna secondo la propria natura, servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te. 3 E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crucifiggerlo, e ancora lo crucifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati. 4 Di che cosa puoi dunque gloriarti?
5 Infatti, se tu fossi tanto sottile e sapiente da possedere tutta la scienza (Cfr. 1Cor 13,2) e da sapere interpretare tutte le lingue (Cfr. 1Cor 12,28) e acutamente perscrutare le cose celesti, in tutto questo non potresti gloriarti; poiché un solo demonio seppe delle realtà celesti e ora sa di quelle terrene più di tutti gli uomini insieme, quantunque sia esistito qualcuno che ricevette dal Signore una speciale cognizione della somma sapienza.
7 Ugualmente, se anche tu fossi il più bello e il più ricco di tutti, e se tu operassi cose mirabili, come scacciare i demoni, tutte queste cose ti sono di ostacolo e non sono di tua pertinenza, ed in esse non ti puoi gloriare per niente; 8 ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità (Cfr. 2Cor 12,5) e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo (Cfr. Lc 14,27).
VI. L’IMITAZIONE DEL SIGNORE
[155] 1 Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore (Cfr. Gv 10,11; Eb 12,2) sostenne la passione della croce.
2 Le pecore del Signore l’hanno seguito nella tribolazione e persecuzione (Cfr. Gv 10,4), nell’ignominia e nella fame (Cfr. Rm 8,35), nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna. 3 Perciò è grande vergogna per noi servi di Dio, che i santi abbiano compiuto queste opere e noi vogliamo ricevere gloria e onore con il semplice raccontarle!
VII. LA PRATICA DEL BENE DEVE ACCOMPAGNARE LA SCIENZA
[156] 1 Dice l’Apostolo: “La lettera uccide, lo spirito invece dà vita” (2Cor 3,6). 2 Sono morti a causa della lettera coloro che unicamente bramano sapere le sole parole, per essere ritenuti i più sapienti in mezzo agli altri e potere acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici.
3 Cosi pure sono morti a causa della lettera quei religiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma piuttosto bramano sapere le sole parole e spiegarle agli altri. 4 E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura coloro che ogni scienza che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al proprio io, ma la restituiscono, con la parola e con l’esempio, all’altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene.
VIII. EVITARE IL PECCATO DI INVIDIA
[157] 1 Dice l’Apostolo: “Nessuno può dire: Signore Gesù (1Cor 12,3), se non nello Spirito Santo”; 2 e ancora: “Non c’è chi fa il bene, non ce n’è neppure uno” (Rm 3,12; Sal 13,1).
3 Perciò, chiunque invidia il suo fratello riguardo al bene che il Signore dice e fa in lui, commette peccato di bestemmia, poiché invidia lo stesso Altissimo, il quale dice e fa ogni bene (Cfr. Mt 20,15).
IX. AMARE I NEMICI
[158] 1 Dice il Signore: “Amate i vostri nemici [e fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano]” (Mt 5,44). 2 Infatti, veramente ama il suo nemico colui che non si duole per l’ingiuria che quegli gli fa, 3 ma brucia nel suo intimo, per l’amore di Dio, a motivo del peccato dell’anima di lui. 4 E gli dimostri con le opere il suo amore.
X. LA MORTIFICAZIONE DEL CORPO
[159] 1 Ci sono molti che, quando peccano o ricevono un’ingiuria, spesso incolpano il nemico o il prossimo. 2 Ma non è così, poiché ognuno ha in suo potere il nemico, cioè il corpo, per mezzo del quale pecca. 3 Perciò è beato quel servo (Mt 24,46) che terrà sempre prigioniero un tale nemico affidato in suo potere e sapientemente si custodirà dal medesimo; 4 poiché, finché si comporterà cosi, nessun altro nemico visibile o invisibile gli potrà nuocere.
XI. NON LASCIARSI GUASTARE A CAUSA DEL PECCATO ALTRUI
[160] 1 Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. 2 E in qualunque modo una persona peccasse e, a motivo di tale peccato, il servo DI Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira, accumula per sé come un tesoro quella colpa (Cfr. Rm 2,5). 3 Quel servo di Dio che non si adira né si turba per alcunché, davvero vive senza nulla di proprio. 4 Ed egli è beato perché, rendendo a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio (Mt 22,21), non gli rimane nulla per sé.
XII.
COME RICONOSCERE LO SPIRITO DEL SIGNORE
[161] 1 A questo segno si può riconoscere il servo di Dio, se ha lo spirito del Signore: 2 se, quando il Signore compie, per mezzo di lui, qualcosa di buono, la sua “carne” non se ne inorgoglisce ? poiché la “carne” e sempre contraria ad ogni bene ?, 3 ma piuttosto si ritiene ancora più vile ai propri occhi e si stima più piccolo di tutti gli altri uomini.
XIII.
LA PAZIENZA
[162] 1 Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Il servo di Dio non può conoscere quanta pazienza e umiltà abbia in sé finché gli si dà soddisfazione. 2 Quando invece verrà il tempo in cui quelli che gli dovrebbero dare soddisfazione gli si mettono contro, quanta pazienza e umiltà ha in questo caso, tanta ne ha e non più.
XIV.
LA POVERTÀ DI SPIRITO
[163] 1 Beati i poveri in spinto, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3).
2 Ci sono molti che, applicandosi insistentemente a preghiere e occupazioni, fanno molte astinenze e mortificazioni corporali, 3 ma per una sola parola che sembri ingiuria verso la loro persona, o per qualche cosa che venga loro tolta, scandalizzati, tosto si irritano. 4 Questi non sono poveri in spirito, poiché chi è veramente povero in spirito odia se stesso (Cfr. Mt 5,39; Lc 14,26) e ama quelli che lo percuotono nella guancia.
XV
I PACIFICI
[164] I Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). 2 Sono veri pacifici coloro che in tutte le contrarietà che sopportano in questo mondo, per l’amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nelI’anima e nel corpo.
XVI.
LA PUREZZA DI CUORE
[165] 1 Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio (Mt 5,8). 2 Veramente puri di cuore sono coloro che disdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore ed animo puro.
XVII.
L’UMILE SERVO DI DIO
[166] 1 Beato quel servo (Mt 24,46) il quale non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più che per il bene che dice e opera per mezzo di un altro. 2 Pecca l’uomo che vuol ricevere dal suo prossimo più di quanto non vuole dare di sé al Signore Dio.
XVIII.
LA COMPASSIONE PER IL PROSSIMO
[167] 1 Beato l’uomo che offre un sostegno al suo prossimo per la sua fragilità, in quelle cose in cui vorrebbe essere sostenuto da lui, se si trovasse in un caso simile.
[168] 2 Beato il servo che restituisce tutti i suoi beni al Signore Iddio, perché chi riterrà qualche cosa per sé, nasconde dentro di sé il denaro del Signore suo Dio (Cfr. Mt 25,18), e gli sarà tolto ciò che credeva di possedere (Cfr. Lc 8,18).
XIX.
L’UMILE SERVO DI DIO
[169] 1 Beato il servo, che non si ritiene migliore, quando viene lodato e esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, 2 poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più. 3 Guai a quel religioso, che è posto dagli altri in alto e per sua volontà non vuol discendere. 4 E beato quel servo (Cfr. Mt 24,46), che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera mettersi sotto i piedi degli altri.
XX:
IL BUON RELIGIOSO E IL RELIGIOSO VANO
[170] 1 Beato quel religioso, che non ha giocondità e letizia se non nelle santissime parole e opere del Signore 2 e, mediante queste, conduce gli uomini all’amore di Dio con gaudio e letizia (Cfr. Sal 50,10). 3 Guai a quel religioso che si diletta in parole oziose e frivole e con esse conduce gli uomini al riso.
XXI.
IL RELIGIOSO LEGGERO E LOQUACE
[171] 1 Beato il servo che, quando parla, non manifesta tutte le sue cose, con la speranza di una mercede, e non è veloce a parlare (Pr 29,20), ma sapientemente pondera di che parlare e come rispondere. 2 Guai a quel religioso che non custodisce nel suo cuore i beni che il Signore (Cfr. Lc 2,19.51) gli mostra e non li manifesta agli altri nelle opere, ma piuttosto, con la speranza di una mercede, brama manifestarli agli uomini a parole. 3 Questi riceve già la sua mercede (Cfr. Mt 6,2: 6,16) e chi ascolta ne riporta poco frutto.
XXII.
DELLA CORREZIONE FRATERNA
[172] 1 Beato il servo che è disposto a sopportare cosi pazientemente da un altro la correzione, I’accusa e il rimprovero, come se li facesse da sé. 2 Beato il servo che, rimproverato, di buon animo accetta, si sottomette con modestia, umilmente confessa e volentieri ripara. 3 Beato il servo che non è veloce a scusarsi e umilmente sopporta la vergogna e la riprensione per un peccato, sebbene non abbia commesso colpa.
XXIII.
LA VERA UMILTÀ
[173] 1 Beato il servo che viene trovato cosi umile tra i suoi sudditi come quando fosse tra i suoi padroni.
2 Beato il servo che si mantiene sempre sotto la verga della correzione. 3 È servo fedele e prudente (Mt 24,45) colui che di tutti i suoi peccati non tarda a punirsi, interiormente per mezzo della contrizione ed esteriormente con la confessione e con opere di riparazione.
XXIV.
LA VERA DILEZIONE
[174] Beato il servo che tanto è disposto ad amare il suo fratello quando è infermo, e perciò non può ricambiargli il servizio, quanto l’ama quando è sano, e può ricambiarglielo.
XXV.
ANCORA DELLA VERA DILEZIONE
[175] Beato il servo che tanto amerebbe e temerebbe un suo fratello quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui, e non direbbe dietro le sue spalle niente che con carità non possa dire in sua presenza.
XXVI.
CHE I SERVI DI DIO ONORINO I CHIERICI
[176] 1 Beato il servo che ha fede nei chierici che vivono rettamente secondo le norme della Chiesa romana. 2 E guai a coloro che li disprezzano. Quand’anche, infatti, siano peccatori, tuttavia nessuno li deve giudicare, poiché il Signore esplicitamente ha riservato solo a se stesso il diritto di giudicarli.
3 Invero, quanto più grande è il ministero che essi svolgono del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che proprio essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri, tanto maggiore peccato commettono coloro che peccano contro di essi, che se peccassero contro tutti gli altri uomini di questo mondo.
XXVII.
COME LE VIRTÙ ALLONTANANO I VIZI
[177] 1 Dove è amore e sapienza,
ivi non è timore né ignoranza.
2 Dove è pazienza e umiltà,
ivi non è ira né turbamento.
3 Dove è povertà con letizia,
ivi non è cupidigia né avarizia.
4 Dove è quiete e meditazione,
ivi non è affanno né dissipazione.
5 Dove è il timore del Signore a custodire la sua casa (Cfr. Lc 11,21),
ivi il nemico non può trovare via d’entrata.
6 Dove è misericordia e discrezione,
ivi non è superfluità né durezza.
XXVIII.
IL BENE VA NASCOSTO PERCHÉ NON SI PERDA
[178] 1 Beato il servo che accumula nel tesoro del cielo (Cfr. Mt 6,20) i beni che il Signore gli mostra e non brama DI manifestarli agli uomini con la speranza di averne compenso. 2 poiché lo stesso Altissimo manifesterà le sue opere a chiunque gli piacerà. 3 Beato il servo che conserva nel suo cuore (Cfr. Lc 2,19.51) i segreti del Signore.
6 settembre 1947
Maria Valtorta
Dice Gesù:
«Generalmente, spiegando i dieci Comandamenti, è detto che essi si iniziano coi tre dedicati al culto di Dio, perché Dio ha la precedenza, e ogni cosa di Dio la deve avere su ogni altro essere o cosa. Spiegazione giusta, ma non è l'unica spiegazione questa comune, per spiegare l'ordine dato ai dieci Comandamenti.
Dio, essendo la Perfezione, poteva essere messo al vertice della scala ascensionale della perfezione. Dare a Lui il culto e l'onore quando la creatura si era reso degno di darglielo come si conviene essendo già "giusto" in tutte le cose della Terra. Ma credi tu che allora sarebbe mai stato possibile onorare Dio e dargli culto? Io ti dico "mai". Perché te lo dico, anima mia? Ascoltami bene.
Cosa è Dio? È la Carità, la Bontà, la Sapienza, la Forza, la Potenza. È il Tutto. È la Perfezione.
Cosa è l'uomo? È un'anima imprigionata in una carne bramosa e forte nei mali appetiti, debole nelle buone volontà, un'anima che oltre che il peso e le conseguenze del peso della materia che l'avviluppa porta il peso e le conseguenze della Colpa di Adamo, cancellata come macchia, abbattuta come ostacolo, per far posto alla Grazia, ma non spenta coi suoi fomiti, investita dai venti del mondo e di Satana. L'uomo è la debolezza, l'egoismo, l'ignoranza, l'impotenza, l'imperfezione. Lo è nonostante i doni gratuiti di Dio, perché generalmente tali doni potenti non sono usati con volontà intelligente e amorosa dall'uomo. Restano perciò inerti, sterili. L'uomo con le sue svogliatezze, noncuranze, incredulità, o col male massimo – l'odio a Dio – sterilisce questi lieviti potenti, questi farmachi potenti, questi semi potenti. Li imprigiona, li imbavaglia, li conculca, li calpesta, li respinge. E perciò respinge il Donatore di essi: il Dio Uno e Trino.
E l'uomo, separatosi che sia da Dio, è un nulla, capace di nulla. Perché l'unione con Dio è vita. Perché l'unione con Dio è potenza. Perché l'unione con Dio è fortezza. Perché l'unione con Dio è sapienza. Perché l'unione con Dio è temperanza, è giustizia, è prudenza, è bontà, è misericordia, è carità, ossia è essere figli di Dio aventi del Padre la somiglianza nello spirito e nelle virtù.
Senza Dio, l'uomo non può essere che un bruto selvaggio. Più che un bruto, un demone. Perché il bruto si lascia dominare dall'uomo, si addomestica, si piega sotto la potenza che ha nome "uomo", vi si piega o con amore e per amore, nei bruti più progrediti e domestici, o con timore. L'uomo ha fatto degli animali, in origine liberi e selvaggi, i suoi sudditi e aiutanti, e anche i suoi amici, non certo fra i più spregevoli. Molti uomini avrebbero da imparare amore, fedeltà, pazienza, ubbidienza dagli animali. Gli animali sanno dunque amare e ubbidire, essere fedeli. Gli uomini molte volte non sanno piegarsi sotto la potenza che ha nome Dio. Sono dunque demoni perché solo i demoni sono i perpetui ribelli.
Gli uomini non sanno piegarsi, ho detto. Oh! Dio non vi impone di piegarvi sotto! Vi chiede di gettarvi nelle sue braccia paterne. Non piegati sotto il bastone, la sferza, il giogo, le redini, come gli animali, ma sotto l'amore, sotto la carezza dell'amore di Dio. Piegarvi sul suo grembo di Padre, ascoltarlo mentre vi dice ciò che è bene, e punteggia il suo dire con carezze e grazie.
Perché non fate ciò che sa fare l'animale per colui che lo addomestica o lo ama? Grande la potenza e perfezione dell'uomo in confronto con l'animale. Ma infinita la perfezione e potenza di Dio rispetto a quell'atomo che è l'uomo, che è grande rispetto agli animali solo per l'anima che da Dio viene, e che può divenire grande anche al cospetto di Dio unicamente per quanto sa far grande la sua anima col ricrearla nella perfezione.
Ora, premesso questo, eccoci alla lezione sulla giustizia sapiente, sulla bontà paterna di Dio nel comandare all'uomo prima la perfezione verso Dio, poi quella verso il prossimo. Oltre alla giusta regola di precedenza verso il Supremo nel culto da dargli, l'ordine tenuto nei dieci Comandamenti è stato tenuto per un perfetto pensiero d'amore paterno di Dio verso gli uomini, che Egli desidera beati in eterno nel suo Regno.
Quando l'uomo mette in pratica i tre primi comandamenti, ama Dio e perciò vive in Dio e Dio vive in lui. Essendo così "vivi" della vita di Dio che si comunica nella pienezza dei suoi doni al figlio nel quale inabita, gli uomini possono compiere, con la parte più riottosa – quella umana – la giustizia. Riconoscere Dio per unico Dio, dargli onore, pregarlo, non cadere in idolatria, non bestemmiare il Nome Ss., sono atti dello spirito; e lo spirito, l'anima, ha sempre un'agilità maggiore a compiere ciò che le viene comandato, ciò che essa sente giusto, ciò che istintivamente, spontaneamente sente di dover dare al suo Creatore che sa esistere come Ente Supremo.
Ti ho spiegato [1] questo a suo tempo rispondendo alle obiezioni sul "ricordo che le anime hanno di Dio". Ma la carne! Oh! la carne! Essa è la bestia ribelle e golosa! Essa è la materia più facilmente aizzata e attossicata e avvampata dalla tentazione, dal veleno, dal fuoco del Serpente maledetto. E per saper resistere deve essere sorretta da uno spirito forte. Forte per l'unione con Dio.
L'ho detto: "Se non sapete amare Dio, come potrete amare il fratello vostro? Come, se non amate il Buonissimo, il Benefattore, l'Amico, come potrete, saprete amare un vostro simile così raramente sempre buono, benefico, amico?". Umanamente, da uomo-animale a uomo-animale, non potreste. Eppure, se non amate il prossimo, non amate Dio, e se non amate Dio non potete entrare nel suo Regno.
Ecco allora che il Padre Ss. vi insegna prima ad amare Lui. Come sapientissimo Maestro vi allena prima, vi alleva e irrobustisce nell'amore dandovi Sé ad amare, Sé, il sempre Buono. Poi, dopo che l'amore vi ha uniti a Lui e messo in voi l'inabitazione di Dio, vi spinge ad amare i fratelli, il prossimo, e per farvi sempre più forti nel dolce e pur difficile amore di prossimo, per primo prossimo da amare vi addita il padre e la madre. L'uomo che dopo Dio sa amare con perfezione il padre e la madre, facilmente potrà poi trattenersi dall'essere violento verso il prossimo, ladro, fornicatore, spergiuro, invidioso della donna e dei beni altrui.
Hai compreso, anima mia, il movente d'amore che ha avuto Dio nella disposizione dei dieci Comandamenti? Aiutarvi. Darvi modo di essere in Lui, e Lui in voi, perché questa unione vi dia uno spirito così forte da saper essere vittorioso sempre sulla carne, il mondo, il demonio. E da questa vittoria giungere al trionfo del Cielo, al godimento di Dio, alla vita eterna, al tempo e al luogo meravigliosi dove non sono più lotte e comandi ma tutto è superato di ciò che è fatica o dolore ed è pace, pace, pace.
Quella pace che ti dono, anima mia, per sostegno nel tuo soffrire e in anticipo di quella che t'attende là dove Io sono col Padre e lo Spirito Santo, con Maria e i Santi.»
1 spiegato il 28 gennaio 1947.