Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 5° settimana del tempo ordinario (Beata Vergine di Lourdes)
Vangelo secondo Giovanni 7
1Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
2Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne;3i suoi fratelli gli dissero: "Parti di qui e va' nella Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai.4Nessuno infatti agisce di nascosto, se vuole venire riconosciuto pubblicamente. Se fai tali cose, manifèstati al mondo!".5Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui.6Gesù allora disse loro: "Il mio tempo non è ancora venuto, il vostro invece è sempre pronto.7Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive.8Andate voi a questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è ancora compiuto".9Dette loro queste cose, restò nella Galilea.
10Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.11I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: "Dov'è quel tale?".12E si faceva sommessamente un gran parlare di lui tra la folla; gli uni infatti dicevano: "È buono!". Altri invece: "No, inganna la gente!".13Nessuno però ne parlava in pubblico, per paura dei Giudei.
14Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava.15I Giudei ne erano stupiti e dicevano: "Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?".16Gesù rispose: "La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato.17Chi vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso.18Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia.19Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?".20Rispose la folla: "Tu hai un demonio! Chi cerca di ucciderti?".21Rispose Gesù: "Un'opera sola ho compiuto, e tutti ne siete stupiti.22Mosè vi ha dato la circoncisione - non che essa venga da Mosè, ma dai patriarchi - e voi circoncidete un uomo anche di sabato.23Ora se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la Legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché ho guarito interamente un uomo di sabato?24Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio!".
25Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: "Non è costui quello che cercano di uccidere?26Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo?27Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia".28Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: "Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete.29Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato".30Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.
31Molti della folla invece credettero in lui, e dicevano: "Il Cristo, quando verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?".
32I farisei intanto udirono che la gente sussurrava queste cose di lui e perciò i sommi sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo.33Gesù disse: "Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui che mi ha mandato.34Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non potrete venire".35Dissero dunque tra loro i Giudei: "Dove mai sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e ammaestrerà i Greci?36Che discorso è questo che ha fatto: Mi cercherete e non mi troverete e dove sono io voi non potrete venire?".
37Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: "Chi ha sete venga a me e beva38chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno".39Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.
40All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: "Questi è davvero il profeta!".41Altri dicevano: "Questi è il Cristo!". Altri invece dicevano: "Il Cristo viene forse dalla Galilea?42Non dice forse la Scrittura che il Cristo 'verrà dalla stirpe di Davide' e 'da Betlemme', il villaggio di Davide?".43E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui.
44Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso.45Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: "Perché non lo avete condotto?".46Risposero le guardie: "Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!".47Ma i farisei replicarono loro: "Forse vi siete lasciati ingannare anche voi?48Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei?49Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!".50Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù:51"La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?".52Gli risposero: "Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea".
53E tornarono ciascuno a casa sua.
Secondo libro dei Maccabei 11
1Dopo brevissimo tempo Lisia, tutore e parente del re e incaricato degli affari di stato, mal sopportando l'accaduto,2raccolti circa ottantamila uomini e tutta la cavalleria, mosse contro i Giudei, calcolando di ridurre la città a dimora dei Greci,3di imporre tasse al tempio come agli altri edifici di culto dei pagani e di mettere in vendita ogni anno il sommo sacerdozio.4Egli non considerava per niente la potenza di Dio, ma si appoggiava sulla potenza di migliaia di fanti, sulle migliaia di cavalli e sugli ottanta elefanti.5Entrato nella Giudea e avvicinatosi a Bet-Zur, che era una posizione fortificata distante da Gerusalemme circa venti miglia, la cinse d'assedio.6Quando gli uomini del Maccabeo vennero a sapere che quegli assediava le fortezze, tra gemiti e lacrime supplicarono con tutto il popolo il Signore che inviasse il suo angelo buono a salvare Israele.7Lo stesso Maccabeo, cingendo per primo le armi, esortò gli altri ad esporsi con lui al pericolo per andare in aiuto dei loro fratelli: tutti insieme partirono con coraggio.8Mentre si trovavano ancora vicino a Gerusalemme, apparve come condottiero davanti a loro un cavaliere in sella, vestito di bianco, in atto di agitare un'armatura d'oro.9Tutti insieme benedissero Dio misericordioso e si sentirono così rafforzati in cuore, che erano pronti ad assalire non solo gli uomini ma anche le bestie più feroci e mura di ferro.10Procedevano in ordine, con un alleato venuto dal cielo, per la misericordia che il Signore aveva avuto di loro.11Gettatisi come leoni sui nemici, ne stesero al suolo undicimila e milleseicento cavalieri, tutti gli altri li costrinsero a fuggire.12Costoro in gran parte riuscirono a salvarsi feriti e spogliati. Anche Lisia per salvarsi fu costretto a fuggire vergognosamente.
13Ma, non privo di intelligenza, pensando alla sconfitta subìta e constatando che gli Ebrei erano invincibili, perché l'onnipotente Dio combatteva al loro fianco,14mandò a proporre un accordo su tutto ciò che fosse giusto, assicurando che a questo scopo avrebbe persuaso il re, facendo pressione su di lui perché diventasse loro amico.15Il Maccabeo, badando a ciò che più conveniva, acconsentì a tutto quanto Lisia chiedeva. Quanto infatti il Maccabeo aveva presentato a Lisia per iscritto a riguardo dei Giudei, fu accordato dal re.16Il contenuto della lettera scritta da Lisia ai Giudei era del seguente tenore:
17"Lisia al popolo dei Giudei salute. Giovanni e Assalonne, inviati da voi, ci hanno consegnato la decisione qui sotto riportata e hanno chiesto la ratifica dei punti in essa dichiarati.18Quanto era necessario riferire al re, l'ho riferito ed egli ha accordato quanto era accettabile.19Se dunque conserverete il vostro buon impegno per gli interessi del regno, procurerò anche in avvenire di esservi causa di favori.20Su questi punti e sui particolari ho dato ordine a questi due e ai miei incaricati di trattare con voi.21State bene. L'anno centoquarantotto, il ventiquattro del mese di Dioscorinzio".
22La lettera del re si esprimeva così:
"Il re Antioco al fratello Lisia salute.23Dopo che nostro padre è passato tra gli dèi, volendo noi che i cittadini del regno possano tranquillamente attendere ai loro interessi particolari24e, avendo sentito che i Giudei, non favorevoli al disegno di ellenizzazione di nostro padre, attaccati invece al loro sistema di vita, chiedono di potersi attenere alle proprie leggi,25desiderosi a nostra volta che anche questo popolo sia libero da turbamenti, decretiamo che il tempio sia loro restituito e si governino secondo le tradizioni dei loro antenati.26Farai quindi cosa opportuna a inviare loro messaggeri e ad offrire loro la destra perché, conosciuta la nostra decisione, si sentano contenti e riprendano a loro agio la cura delle proprie cose".
27La lettera del re indirizzata al popolo era così concepita:
"Il re Antioco al consiglio degli anziani dei Giudei e agli altri Giudei salute.28Se state bene, è appunto come noi vogliamo: anche noi godiamo ottima salute.29Menelao ci ha rivelato che voi volete tornare a vivere nelle vostre sedi.30A quelli che si metteranno in viaggio entro i trenta giorni del mese di Xàntico, sarà garantita sicurezza e facoltà31di usare, come Giudei, delle loro regole alimentari e delle loro leggi come prima e nessuno di loro potrà essere molestato da alcuno per le mancanze commesse per ignoranza.32Ho anche mandato Menelao per rassicurarvi.33State bene. L'anno centoquarantotto, il venticinque del mese di Xàntico".
34Anche i Romani inviarono loro questa lettera:
"Quinto Memmio e Tito Manio, legati dei Romani, al popolo dei Giudei salute.35Riguardo a ciò che Lisia, parente del re, vi ha accordato, anche noi siamo d'accordo.36Riguardo invece a quei punti che egli ha giudicato dover riferire al re, mandate subito uno, dopo aver deliberato tra di voi, perché possiamo esporre le cose in modo conveniente per voi. Noi siamo in viaggio per Antiochia.37Mandate dunque in fretta alcuni per farci conoscere di quale parere siete.38State bene. L'anno centoquarantotto, il venticinque del mese di Xàntico".
Salmi 18
1'Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici,2 e dalla mano di Saul. Disse dunque:'
Ti amo, Signore, mia forza,
3Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore;
mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo, mia potente salvezza.
4Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.
5Mi circondavano flutti di morte,
mi travolgevano torrenti impetuosi;
6già mi avvolgevano i lacci degli inferi,
già mi stringevano agguati mortali.
7Nel mio affanno invocai il Signore,
nell'angoscia gridai al mio Dio:
dal suo tempio ascoltò la mia voce,
al suo orecchio pervenne il mio grido.
8La terra tremò e si scosse;
vacillarono le fondamenta dei monti,
si scossero perché egli era sdegnato.
9Dalle sue narici saliva fumo,
dalla sua bocca un fuoco divorante;
da lui sprizzavano carboni ardenti.
10Abbassò i cieli e discese,
fosca caligine sotto i suoi piedi.
11Cavalcava un cherubino e volava,
si librava sulle ali del vento.
12Si avvolgeva di tenebre come di velo,
acque oscure e dense nubi lo coprivano.
13Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi
con grandine e carboni ardenti.
14Il Signore tuonò dal cielo,
l'Altissimo fece udire la sua voce:
grandine e carboni ardenti.
15Scagliò saette e li disperse,
fulminò con folgori e li sconfisse.
16Allora apparve il fondo del mare,
si scoprirono le fondamenta del mondo,
per la tua minaccia, Signore,
per lo spirare del tuo furore.
17Stese la mano dall'alto e mi prese,
mi sollevò dalle grandi acque,
18mi liberò da nemici potenti,
da coloro che mi odiavano
ed eran più forti di me.
19Mi assalirono nel giorno di sventura,
ma il Signore fu mio sostegno;
20mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.
21Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia,
mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani;
22perché ho custodito le vie del Signore,
non ho abbandonato empiamente il mio Dio.
23I suoi giudizi mi stanno tutti davanti,
non ho respinto da me la sua legge;
24ma integro sono stato con lui
e mi sono guardato dalla colpa.
25Il Signore mi rende secondo la mia giustizia,
secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi.
26Con l'uomo buono tu sei buono
con l'uomo integro tu sei integro,
27con l'uomo puro tu sei puro,
con il perverso tu sei astuto.
28Perché tu salvi il popolo degli umili,
ma abbassi gli occhi dei superbi.
29Tu, Signore, sei luce alla mia lampada;
il mio Dio rischiara le mie tenebre.
30Con te mi lancerò contro le schiere,
con il mio Dio scavalcherò le mura.
31La via di Dio è diritta,
la parola del Signore è provata al fuoco;
egli è scudo per chi in lui si rifugia.
32Infatti, chi è Dio, se non il Signore?
O chi è rupe, se non il nostro Dio?
33Il Dio che mi ha cinto di vigore
e ha reso integro il mio cammino;
34mi ha dato agilità come di cerve,
sulle alture mi ha fatto stare saldo;
35ha addestrato le mie mani alla battaglia,
le mie braccia a tender l'arco di bronzo.
36Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza,
la tua destra mi ha sostenuto,
la tua bontà mi ha fatto crescere.
37Hai spianato la via ai miei passi,
i miei piedi non hanno vacillato.
38Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti,
non sono tornato senza averli annientati.
39Li ho colpiti e non si sono rialzati,
sono caduti sotto i miei piedi.
40Tu mi hai cinto di forza per la guerra,
hai piegato sotto di me gli avversari.
41Dei nemici mi hai mostrato le spalle,
hai disperso quanti mi odiavano.
42Hanno gridato e nessuno li ha salvati,
al Signore, ma non ha risposto.
43Come polvere al vento li ho dispersi,
calpestati come fango delle strade.
44Mi hai scampato dal popolo in rivolta,
mi hai posto a capo delle nazioni.
Un popolo che non conoscevo mi ha servito;
45all'udirmi, subito mi obbedivano,
stranieri cercavano il mio favore,
46impallidivano uomini stranieri
e uscivano tremanti dai loro nascondigli.
47Viva il Signore e benedetta la mia rupe,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
48Dio, tu mi accordi la rivincita
e sottometti i popoli al mio giogo,
49mi scampi dai nemici furenti,
dei miei avversari mi fai trionfare
e mi liberi dall'uomo violento.
50Per questo, Signore, ti loderò tra i popoli
e canterò inni di gioia al tuo nome.
51Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato,
a Davide e alla sua discendenza per sempre.
Salmi 9
1'Al maestro del coro. In sordina. Salmo. Di Davide.'
2Loderò il Signore con tutto il cuore
e annunzierò tutte le tue meraviglie.
3Gioisco in te ed esulto,
canto inni al tuo nome, o Altissimo.
4Mentre i miei nemici retrocedono,
davanti a te inciampano e periscono,
5perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa;
siedi in trono giudice giusto.
6Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l'empio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
7Per sempre sono abbattute le fortezze del nemico,
è scomparso il ricordo delle città che hai distrutte.
8Ma il Signore sta assiso in eterno;
erige per il giudizio il suo trono:
9giudicherà il mondo con giustizia,
con rettitudine deciderà le cause dei popoli.
10Il Signore sarà un riparo per l'oppresso,
in tempo di angoscia un rifugio sicuro.
11Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché non abbandoni chi ti cerca, Signore.
12Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
narrate tra i popoli le sue opere.
13Vindice del sangue, egli ricorda,
non dimentica il grido degli afflitti.
14Abbi pietà di me, Signore,
vedi la mia miseria, opera dei miei nemici,
tu che mi strappi dalle soglie della morte,
15perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza
alle porte della città di Sion.
16Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata,
nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.
17Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.
18Tornino gli empi negli inferi,
tutti i popoli che dimenticano Dio.
19Perché il povero non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.
20Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo:
davanti a te siano giudicate le genti.
21Riempile di spavento, Signore,
sappiano le genti che sono mortali.22Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25L'empio insolente disprezza il Signore:
"Dio non se ne cura: Dio non esiste";
questo è il suo pensiero.
26Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.
27Egli pensa: "Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure".
28Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32Egli pensa: "Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla".
33Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: "Non ne chiederà conto"?
35Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36Punisci il suo peccato e più non lo trovi.
37Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.
Isaia 13
1Oracolo su Babilonia, ricevuto in visione da Isaia figlio di Amoz.
2Su un monte brullo issate un segnale,
alzate per essi un grido;
fate cenni con la mano perché varchino
le porte dei principi.
3Io ho dato un ordine ai miei consacrati;
ho chiamato i miei prodi a strumento del mio sdegno,
entusiasti della mia grandezza.
4Rumore di folla sui monti,
simile a quello di un popolo immenso.
Rumore fragoroso di regni,
di nazioni radunate.
Il Signore degli eserciti passa in rassegna
un esercito di guerra.
5Vengono da un paese lontano,
dall'estremo orizzonte,
il Signore e gli strumenti della sua collera,
per devastare tutto il paese.
6Urlate, perché è vicino il giorno del Signore;
esso viene come una devastazione
da parte dell'Onnipotente.
7Perciò tutte le braccia sono fiacche,
ogni cuore d'uomo viene meno;
8sono costernati, spasimi e dolori li prendono,
si contorcono come una partoriente;
ognuno osserva sgomento il suo vicino;
i loro volti sono volti di fiamma.
9Ecco, il giorno del Signore arriva implacabile,
con sdegno, ira e furore,
per fare della terra un deserto,
per sterminare i peccatori.
10Poiché le stelle del cielo e la costellazione di Orione
non daranno più la loro luce;
il sole si oscurerà al suo sorgere
e la luna non diffonderà la sua luce.
11Io punirò il mondo per il male,
gli empi per la loro iniquità;
farò cessare la superbia dei protervi
e umilierò l'orgoglio dei tiranni.
12Renderò l'uomo più raro dell'oro
e i mortali più rari dell'oro di Ofir.
13Allora farò tremare i cieli
e la terra si scuoterà dalle fondamenta
per lo sdegno del Signore degli eserciti,
nel giorno della sua ira ardente.
14Allora, come una gazzella impaurita
e come un gregge che nessuno raduna,
ognuno si dirigerà verso il suo popolo,
ognuno correrà verso la sua terra.
15Quanti saranno trovati, saranno trafitti,
quanti saranno presi, periranno di spada.
16I loro piccoli saranno sfracellati davanti ai loro occhi;
saranno saccheggiate le loro case,
disonorate le loro mogli.
17Ecco, io eccito contro di loro i Medi
che non pensano all'argento,
né si curano dell'oro.
18Con i loro archi abbatteranno i giovani,
non avranno pietà dei piccoli appena nati,
i loro occhi non avranno pietà dei bambini.
19Babilonia, perla dei regni,
splendore orgoglioso dei Caldei,
sarà come Sòdoma e Gomorra sconvolte da Dio.
20Non sarà abitata mai più né popolata
di generazione in generazione.
L'Arabo non vi pianterà la sua tenda
né i pastori vi faranno sostare i greggi.
21Ma vi si stabiliranno gli animali del deserto,
i gufi riempiranno le loro case,
vi faranno dimora gli struzzi,
vi danzeranno i sàtiri.
22Ululeranno le iene nei loro palazzi,
gli sciacalli nei loro edifici lussuosi.
La sua ora si avvicina,
i suoi giorni non saranno prolungati.
Atti degli Apostoli 12
1In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa2e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni.3Vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi.4Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua.5Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui.6E in quella notte, quando poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere.7Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: "Alzati, in fretta!". E le catene gli caddero dalle mani.8E l'angelo a lui: "Mettiti la cintura e legati i sandali". E così fece. L'angelo disse: "Avvolgiti il mantello, e seguimi!".9Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione.
10Essi oltrepassarono la prima guardia e la seconda e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città: la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l'angelo si dileguò da lui.11Pietro allora, rientrato in sé, disse: "Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei".12Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera.13Appena ebbe bussato alla porta esterna, una fanciulla di nome Rode si avvicinò per sentire chi era.14Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunziare che fuori c'era Pietro.15"Tu vaneggi!" le dissero. Ma essa insisteva che la cosa stava così. E quelli dicevano: "È l'angelo di Pietro".16Questi intanto continuava a bussare e quando aprirono la porta e lo videro, rimasero stupefatti.17Egli allora, fatto segno con la mano di tacere, narrò come il Signore lo aveva tratto fuori del carcere, e aggiunse: "Riferite questo a Giacomo e ai fratelli". Poi uscì e s'incamminò verso un altro luogo.
18Fattosi giorno, c'era non poco scompiglio tra i soldati: che cosa mai era accaduto di Pietro?19Erode lo fece cercare accuratamente, ma non essendo riuscito a trovarlo, fece processare i soldati e ordinò che fossero messi a morte; poi scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa.
20Egli era infuriato contro i cittadini di Tiro e Sidone. Questi però si presentarono a lui di comune accordo e, dopo aver tratto alla loro causa Blasto, ciambellano del re, chiedevano pace, perché il loro paese riceveva i viveri dal paese del re.21Nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso.22Il popolo acclamava: "Parola di un dio e non di un uomo!".23Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; e roso, dai vermi, spirò.
24Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva.25Bàrnaba e Saulo poi, compiuta la loro missione, tornarono da Gerusalemme prendendo con loro Giovanni, detto anche Marco.
Capitolo XI: scarso è il numero di coloro che amano la croce di Gesù
Leggilo nella Biblioteca1. Oggi, di innamorati del suo regno celeste, Gesù ne trova molti; pochi invece ne trova di pronti a portare la sua croce. Trova molti desiderosi di consolazione, pochi desiderosi della tribolazione, molti disposti a sedere a mensa, pochi disposti a digiunare. Tutti desiderano godere con Lui, pochi vogliono soffrire per Lui. Molti seguono Gesù fino alla distribuzione del pane, pochi invece fino al momento di bere il calice della passione. Molti guardano con venerazione ai suoi miracoli, pochi seguono l'ignominia della croce. Molti amano Iddio fin tanto che non succedono avversità. Molti lo lodano e lo benedicono soltanto mentre ricevono da lui qualche consolazione; ma, se Gesù si nasconde e li abbandona per un poco, cadono in lamentazione e in grande abbattimento. Invece coloro che amano Gesù per Gesù, non già per una qualche consolazione propria, lo benedicono nella tribolazione e nella angustia del cuore, come nel maggior gaudio spirituale. E anche se Gesù non volesse mai dare loro una consolazione, ugualmente vorrebbero sempre lodarlo e ringraziarlo.
2. Oh!, quanta è la potenza di un amore schietto di Gesù, non commisto con alcun interesse ed egoismo! Forse che non si debbono definire quali mercenari tutti quelli che vanno sempre cercando consolazione? Forse che non si dimostrano più innamorati di sé che di Cristo quelli che pensano sempre al proprio utile e al proprio vantaggio? Dove si troverà uno che voglia servire Iddio senza ricompensa? E' difficile trovare chi sia spiritualmente così alto da voler essere spogliato di ogni cosa. Invero, chi lo troverà uno veramente povero nello spirito e distaccato da ogni creatura? Il suo pregio è come quello di cose provenienti da lontano, dagli estremi confini della terra (Pro 31,10). Anche se uno si spogliasse di tutte le sue sostanze (Ct 8,7), non è ancor nulla; anche se facesse grande penitenza, è ancora poca cosa; anche se avesse appreso ogni scienza, egli è ancora ben lungi dalla meta; anche se avesse grande virtù e fervente devozione, ancora gli manca molto: cioè la sola cosa, che gli è massimamente necessaria. Che cosa dunque? Che, abbandonato tutto, abbandoni anche se stesso, ed esca totalmente da sé, senza che gli rimanga un briciolo di amore di sé; che, dopo aver compiuto tutto quello che riconosce suo dovere, sia persuaso di non aver fatto niente; che non faccia gran conto di ciò che pur possa sembrare grande, ma sinceramente si proclami servo inutile, come dice la Verità stessa: "Quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato comandato, dite: siamo servi inutili" (Lc 17,10). Allora sì, che uno potrà essere davvero povero e nudo spiritualmente, e dire col profeta: "Sono abbandonato e povero" (Sal 24,16). Ma nessuno è più ricco, nessuno più potente, nessuno più libero di costui, che sa abbandonare se stesso e ogni cosa e porsi all'ultimo posto.
LETTERA 88: A nome dei chierici d'Ippona Agostino si lamenta con Gennaro per le sevizie dei Circoncellioni contro i Cattolici
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta tra il 406 e il 408.
A nome dei chierici d'Ippona Agostino si lamenta con Gennaro per le sevizie dei Circoncellioni contro i Cattolici (n. 1, 6-9) e la loro ostinatezza contro i decreti dei Concili (n. 2-5); chiede che l'errore e la discordia vengano eliminati (n. 10-12).
IL CLERO CATTOLICO DELLA CIRCOSCRIZIONE ECCLESIASTICA D'IPPONA A GENNARO
Denunzia delle violenze dei Circoncellioni.
1. I vostri chierici e i vostri Circoncellioni si accaniscono contro di noi mettendo in atto una persecuzione di nuovo genere e di inaudita crudeltà. Anche se rendessero male per male, agirebbero in ogni modo contro la legge di Cristo. Ora però, esaminando attentamente tutte le vostre azioni e le nostre, risulta evidente che noi sperimentiamo a nostro danno ciò che sta scritto: Mi rendevano male per bene 1 e ciò che si legge in un altro salmo: Con quelli che avevano in odio la pace, ero pacifico; quando parlavo loro, mi perseguitavano senza ragione 2. Siccome poi sei in età assai avanzata, pensiamo che conoscerai come la setta di Donato, che dapprima a Cartagine era chiamata setta di Maggiorino, accusò senza motivo Ceciliano, allora vescovo della Chiesa di Cartagine, presso l'Imperatore di allora, il famoso Costantino. Nel timore però che la tua Nobiltà abbia per caso dimenticato questo particolare o dissimuli di conoscerlo, oppure forse realmente lo ignori (cosa che peraltro noi non pensiamo), accludiamo in questa nostra la copia del rapporto ufficiale del proconsole di quel tempo, Anulino, al quale la setta di Maggiorino si era rivolta perché dallo stesso fossero notificate all'imperatore le colpe da essi attribuite a Ceciliano.
AI NOSTRI AUGUSTI IMPERATORI L'EX CONSOLE ANULINO, PROCONSOLE D'AFRICA
Rapporto di Anulino a Costantino.
2. Il tuo devotissimo servo, ricevuti e venerati gli scritti divini della tua Maestà, ha procurato di comunicarli ufficialmente a Ceciliano e a quelli che vivono sotto di lui [ai suoi sudditi] chiamati chierici; ho esortato costoro a concludere l'unità con l'accordo di tutti, dato che, per grazioso indulto della tua Maestà, si vedono liberati da ogni servizio pubblico; li ho esortati a dedicarsi alle cose divine mantenendo la dovuta santità nella religione cattolica. Pochi giorni dopo però sono venuti fuori alcuni con una gran folla di gente unitasi ad essi per opporsi a Ceciliano. Costoro hanno presentato al tuo umilissimo servo un fascicolo di pergamena e un libretto senza sigillo, e mi hanno chiesto caldamente di spedirlo al sacro e venerato Tribunale imperiale della tua sacra Maestà. Il tuo umilissimo servo ha procurato di spedire tutto alla tua Maestà, unitamente ai processi verbali dei medesimi fatti, affinché possa esaminarli e decidere in merito: Ceciliano ad ogni modo rimane nella sua cattedra. Sono stati inviati pure due fascicoli, uno in pergamena intitolato Denuncia della Chiesa Cattolica contro le colpe di Ceciliano presentata dal partito di Maggiorino, l'altro senza sigillo unito alla stessa in pergamena. Consegnato il 15 aprile in Cartagine al Signore Nostro Costantino Augusto, Console per la terza volta.
I Concili di Roma e Arles riconoscono l'innocenza di Ceciliano.
3. Ricevuto quel rapporto, l'imperatore diede ordine alle parti di convenire a Roma perché i vescovi discutessero la causa e la definissero giudizialmente. Orbene, gli Atti ecclesiastici dimostrano chiaramente come la causa fu dibattuta e definita: Ceciliano fu giudicato innocente. Ormai, dopo quel sereno ed equilibrato giudizio, sarebbe dovuta cessare qualunque ostinazione di rivalità e d'animosità. Ecco invece i vostri antenati tornare alla carica presso l'imperatore, lamentandosi che il processo non si era svolto secondo le norme giuridiche e la causa non era stata esaminata in tutti i suoi aspetti. Ecco allora l'imperatore concedere che si celebrasse un secondo processo ad Arles, città della Gallia: lì però molti vescovi della vostra setta condannarono l'inutile e diabolico scisma e tornarono in comunione con Ceciliano; altri, invece, animati da irriducibile ostinazione e da immane mania di litigare, si appellarono di nuovo al medesimo imperatore. Anch'egli allora si vide costretto a definire la causa dei vescovi già dibattuta tra le parti e fu il primo ad emanare una legge contro la vostra setta: in forza di essa i luoghi delle vostre adunanze dovevano passare in proprietà del tesoro imperiale. Se volessimo accludere i documenti di tutti questi fatti, ne verrebbe fuori un volume e non una semplice lettera. Non dobbiamo però in nessun modo passare sotto silenzio il fatto che per l'insistenza dei vostri presso l'imperatore fu discussa e definita in pubblico processo la causa di Felice di Aptungi; di colui cioè che i vostri, nel vostro concilio di Cartagine, presieduto da Secondo, primate di Tigisi, dichiararono ch'era stato la prima causa di tutti i mali. La prova? E' lo stesso imperatore, già ricordato, ad attestare in una sua lettera, di cui riportiamo la copia qui appresso, che furono i vostri a inoltrargli accuse ed appelli incessanti a proposito di quella causa.
GLI IMPERATORI CESARI FLAVIO COSTANTINO MASSIMO E VALERIO LICINIANO LICINIO, A PROBIANO, PROCONSOLE DELL'AFRICA
Lettera di Costantino sulla petulanza dei Donatisti.
4. Il tuo predecessore Eliano, mentre adempiva le funzioni di Vero, uomo perfettissimo e vicario dei prefetti della nostra Africa, impedito da infermità, credette opportuno, a giusta ragione, di avocare al proprio esame ed alla propria giurisdizione, tra tutte le altre cause, anche la questione dell'ostilità che sembra sia stata sollevata contro Ceciliano, vescovo della Chiesa Cattolica. Di fatto ordinò che si presentassero a lui il centurione Superio, il magistrato di Aptungi Ceciliano, l'ex capo dei curiali Saturnino, Celibio il giovane, capo dei curiali della medesima città e Solo, usciere municipale della suddetta città, e li giudicò nei modi conformi alla legge, in merito all'accusa imputata a Ceciliano: questa gli rinfacciava d'essere stato ordinato dal vescovo Felice, che a sua volta sarebbe stato - al dire degli avversari - colpevole di aver consegnato e dato alle fiamme le Sacre Scritture. Sennonché risultò che Felice era innocente dell'imputazione mossagli. Ultimamente Massimo accusò Ingenzio, decurione della città di Zicca, d'aver falsificato la lettera di Ceciliano ex duumviro. Constatammo anzi coi nostri occhi, negli Atti municipali giacenti nell'archivio, come lo stesso Ingenzio era stato arrestato, ma non torturato in quanto aveva dichiarato di essere decurione della città di Zicca. Ordiniamo quindi che il citato Ingenzio sia da te inviato sotto buona scorta al Tribunale imperiale di me, Costantino Augusto. Potrà in tal modo comparire davanti a quelli che attualmente intentano il processo e non cessano di appellarsi ogni giorno all'imperatore; ad essi, che saranno presenti di persona, potrà proclamare e persuaderli che istigano, senza alcun ragionevole motivo, un movimento ostile a Ceciliano ed hanno cercato di sollevarsi con la forza contro di lui. Solo così potrà ottenersi che, messe da parte simili contese, il popolo pratichi la propria religione col dovuto ossequio.
Gli stessi Donatisti provocarono i verdetti imperiali contro di loro.
5. Orbene, vedendo che i fatti stanno così, perché mai cercate di sollevare contro di noi l'odiosità, derivante dalle disposizioni imperiali promulgate contro di voi? Non siete stati forse proprio voi i primi a fare tutto quello che ora ci rimproverate? Se gli imperatori in simili questioni non devono intervenire con le loro disposizioni, se una siffatta sollecitudine non compete a imperatori cristiani, chi costrinse i vostri antenati a deferire la causa di Ceciliano all'imperatore per tramite del proconsole? Chi li costrinse ad accusare di nuovo presso di lui quel vescovo contro il quale, pur assente, avevate comunque già pronunciata la sentenza? E dopo che era stato dichiarato innocente, chi vi costrinse a tramare altre calunnie presso l'imperatore a danno di Felice, che lo aveva ordinato vescovo? E attualmente quale sentenza contraria alla vostra setta conserva ancora la sua validità tranne quella di Costantino il Grande? Non fu essa preferita dai vostri stessi antenati a quella dei vescovi ed estorta con insistenti appelli all'imperatore? Le sentenze imperiali vi dispiacciono? Ebbene, chi furono i primi a costringere gli imperatori ad emanarle? Adesso voi gridate contro la Chiesa Cattolica per i decreti promulgati contro di voi dagli imperatori! Allo stesso modo avrebbero voluto gridare contro Daniele quelli che, dopo che egli era stato liberato, furono gettati nella fossa dei leoni, dai quali prima volevano che egli fosse divorato 3! S'avvera quel che sta scritto: Non c'è differenza tra le minacce del re e l'ira del leone 4. I nemici con le loro calunnie fecero gettare Daniele nella fossa dei leoni, ma la sua innocenza trionfò sulla loro malvagità. Daniele uscì illeso dalla fossa, ove furono gettati loro, trovandovi la morte. Nello stesso modo i vostri antenati, per togliere di mezzo Ceciliano e i suoi compagni, li gettarono in pasto all'ira del monarca; ma la sua innocenza trionfò ed ora voi subite da parte degli imperatori le stesse pene che i vostri avrebbero voluto far subire a quelli. Si avvera così quanto è scritto: Chi prepara la fossa al prossimo, vi cadrà lui stesso 5.
Crimini dei Donatisti; i criminali premiati.
6. Qual motivo dunque avete di lamentarvi di noi? Eppure, nonostante tutto, la mansuetudine della Chiesa Cattolica sarebbe rimasta completamente soddisfatta anche solo di quelle disposizione imperiali, ma i vostri chierici e i vostri Circoncellioni, a causa delle loro mostruose scellerataggini e delle violenze da forsennati, con cui avete turbato e sconvolto la nostra tranquillità, l'hanno costretta a ricordare queste vostre imprese e a metterle nuovamente in luce. Di fatto, prima che fossero giunte in Africa le disposizioni più recenti, di cui vi lamentate, i vostri erano soliti tendere agguati nelle strade ai nostri vescovi, rompere le ossa dei nostri chierici a forza di orribili percosse, infliggere gravissime ferite ai nostri laici e appiccare il fuoco alle loro case! Arrivarono perfino a trascinare via di casa un prete che aveva preferito aderire di sua spontanea volontà all'unità della nostra comunione: dopo essersi sfogati a batterlo con cinica ed atroce voluttà, lo rotolarono in una pozzanghera melmosa, poi, dopo avergli messo addosso una specie di camiciotto di giunchi, durante la processione svoltasi per celebrare il loro scellerato trionfo, lo condussero in giro, fatto oggetto di compassione per alcuni, per altri di scherno; trascinatolo infine lontano di là, dove loro piacque, lo rimandarono libero, dopo ben dodici giorni. Fu allora convocato Proculiano dal nostro vescovo, mediante intimazione del municipio; ma egli fece solo finta di fare le indagini, per cui fu convocato una seconda volta: allora dichiarò nei verbali pubblici che non avrebbe detto una parola di più! E oggi gli autori di quel delitto sono vostri preti che ancora ci incutono terrore e ci perseguitano a loro talento!
Volontà di pace dei cattolici ed ostinato ostruzionismo dei Donatisti.
7. Ciononostante, il nostro vescovo non presentò alcuna denuncia all'imperatore per tutti quei vostri oltraggi e persecuzioni, a cui era stata fatta segno allora la Chiesa Cattolica in questa nostra contrada. In un Concilio fu invece decisa una conferenza per discutere pacificamente con voi e indurvi, se possibile, a incontrarvi tra voi stessi affinché, tolto di mezzo l'errore dell'eresia, la carità dei fratelli si potesse rallegrare nel vincolo della pace 6. Ora, nella detta conferenza, Proculiano dapprima rispose che avreste tenuto un Concilio per esaminare la risposta da dare; in seguito però, convocato di nuovo, a proposito della sua promessa dichiarò espressamente nei verbali pubblici che non voleva saperne di una discussione pacifica, come la tua Nobiltà può informarsi direttamente dagli Atti ufficiali. Siccome poi la mostruosa ferocia dei vostri chierici e Circoncellioni, arcinota a tutti, non cessava, fu celebrato il processo e Proculiano fu giudicato eretico con Crispino; la mansuetudine dei Cattolici però non permise che fosse colpito dalla multa delle dieci libbre d'oro comminate dagli imperatori contro gli eretici. Ciononostante egli credette suo dovere di appellarsi agli imperatori. E che cosa costrinse a dare quella risposta al suo appello, se non la precedente malvagità dei vostri che vi aveva spinti pure a inoltrare l'appello? E tuttavia, anche dopo il rescritto di condanna, grazie ai buoni uffici interposti dai nostri vescovi presso l'imperatore, egli non fu colpito dalla multa di dieci libbre d'oro. Dal Concilio poi i nostri vescovi inviarono ambasciatori alla Corte imperiale, per ottenere che la multa delle dieci libbre d'oro, stabilita contro gli eretici, non colpisse tutti i vescovi e i chierici del vostro partito, ma solo quelli nel cui territorio la Chiesa Cattolica subisse violenze da parte dei vostri. Quando però gli ambasciatori giunsero a Roma, l'imperatore era già rimasto talmente impressionato dai segni delle orribili e recentissime ferite ricevute dal vescovo cattolico di Bagai, che emanò le leggi le quali poi furono pure spedite. E quando esse giunsero in Africa e cominciavano a sollecitarvi verso il bene anziché verso il male, cos'altro mai avreste potuto fare, se non mandare a dire ai nostri vescovi che, allo stesso modo ch'essi vi avevano invitati a conferire con loro, così voi l'invitavate a vostra volta, affinché nella conferenza apparisse chiara la verità?
Inaudita crudeltà dei Circoncellioni.
8. Orbene, non solo non lo faceste, ma ancora adesso i vostri compiono azioni ben peggiori contro di noi. Non solo ci rompono le ossa a bastonate o ci uccidono a stoccate, ma sono arrivati ad escogitare l'incredibile e criminale espediente di accecare i nostri versando nei loro occhi della calce mista ad aceto! Saccheggiando poi le nostre case si fabbricano armi, con le quali vanno scorrazzando per tutte le direzioni, minacciosi e assetati di stragi, rapine, incendi e accecamenti. Per tutti questi misfatti siamo stati costretti a presentare le nostre proteste anzitutto a te, perché la tua Nobiltà voglia considerare quanti di voi, anzi tutti voi che vi dite vittime della persecuzione, pure essendo sotto le leggi imperiali, da voi giudicate come efferate, ve ne state tuttavia tranquilli e indisturbati nei vostri possedimenti mentre noi subiamo inaudite violenze da parte dei vostri. Voi vi andate proclamando vittime della persecuzione e intanto noi veniamo massacrati dalle vostre bastonate e stoccate! Voi vi andate proclamando vittime della persecuzione e noi frattanto abbiamo le nostre case devastate e saccheggiate dai vostri sgherri! Voi vi andate proclamando vittime della persecuzione e intanto i nostri occhi vengono spenti dai vostri scherani con calce ed aceto! Ma non basta; anche se qualcuno si dà la morte da se stesso, si cerca che tale genere di morte procuri a noi odiosità, a voi al contrario celebrità! Non vogliono riconoscersi colpevoli del male che fanno a noi, mentre poi rigettano su di noi la colpa del male che si fanno da se stessi! Vivono da briganti, muoiono da Circoncellioni e infine vengono venerati come martiri. Eppure non abbiamo mai sentito dire nemmeno a proposito dei briganti, che abbiano talora accecato delle persone dopo averle depredate! Tolgono sì alla luce quelli che uccidono, ma non tolgono la luce a quelli che lasciano vivi!
Odio dei Donatisti, amore dei Cattolici.
9. Se talvolta noi riusciamo ad avere nelle nostre mani qualcuno dei vostri seguaci, badiamo con grande affetto a conservarli illesi, conversiamo con essi e leggiamo loro tutto ciò con cui si può confutare vittoriosamente l'eresia che separa i fratelli dai fratelli; mettiamo così in pratica l'ordine dato dal Signore per bocca del profeta Isaia, nel passo che dice: Udite la parola del Signore, voi che l'ascoltate con timoroso ossequio. A quelli che vi odiano o vi ripudiano dite: " Nostri fratelli voi siete " affinché il nome del Signore sia venerato e appaia loro nella gioia e restino confusi 7. In tal modo ricongiungiamo alla fede che essi perdettero alcuni di loro, ricongiungiamo alla carità dello Spirito Santo e al corpo di Cristo [la Chiesa] quelli che considerano l'evidenza della verità e la bellezza della pace; non li ricongiungiamo però al battesimo da essi già ricevuto e che, per quanto disertori, conservano come distintivo indelebile del re. Poiché sta scritto: Purificando i loro cuori con la fede 8; come pure: La carità copre la moltitudine dei peccati 9. Ma se rifiutano di ritornare in armonia con l'unità di Cristo per ostinazione o per vergogna, non essendo capaci di sopportare gli insulti di coloro con i quali blateravano tante falsità e tramavano tante malvagità contro di noi, o più spesso, per evitare di subire d'ora in poi da noi le prepotenze che prima compivano contro di noi; in tal caso, come li abbiamo trattenuti illesi, così pure vengono lasciati andare illesi. Rivolgiamo poi ogni specie di ammonizioni possibili anche ai nostri laici di trattenerli presso di loro illesi e di condurli a noi per correggerli ed istruirli. Orbene, alcuni ci danno ascolto e, se possono, agiscono così; altri invece li trattano come briganti, essendo in realtà vittime delle loro angherie brigantesche. Alcuni cioè sono costretti a ferirli per non essere feriti prima essi stessi e a respingere i colpi pronti ad abbattersi sulle loro teste. Alcuni li agguantano e poi li consegnano ai giudici e non perdonano loro neppure quando c'interponiamo con le nostre suppliche, poiché hanno una terribile paura di subire mali orrendi da parte di essi. Ad ogni modo essi non desistono dall'agire come briganti e poi pretendono di essere onorati come martiri.
Desiderio di una discussione pacifica.
10. Questo è dunque il nostro desiderio che esprimiamo alla tua Nobiltà mediante la presente lettera e che ti comunichiamo anche per bocca dei fratelli a te inviati. Cercate anzitutto di svolgere possibilmente una pacifica discussione coi nostri vescovi per raggiungere i seguenti scopi: eliminare l'errore nella parte ove si troverà, senza punire persone ma correggendole; cercare di decidervi a tenere tra voi la riunione da voi già respinta. Tanto meglio poi se delle decisioni, che prenderete, invierete una relazione scritta e sottoscritta all'imperatore, anziché alle autorità civili, le quali non possono ormai far altro che eseguire fedelmente le leggi emanate contro di voi. Risulta infatti che i vostri colleghi, i quali si erano recati per mare alla Corte, dissero ai Prefetti che essi erano andati per avere udienza. Fecero a questo proposito il nome di quel nostro santo padre, il vescovo Valentino, che si trovava allora alla Corte, affermando che volevano essere ascoltati con lui. Il giudice però non poteva concedere una simile cosa perché doveva ormai giudicare a norma delle leggi già promulgate contro di voi: il vescovo poi non si era recato a Corte per quello scopo e neppure aveva avuto un simile mandato da parte dei vescovi della sua comunità. Quanto meglio dunque potrà pronunciare un giudizio su tutta la vertenza (anche se già dibattuta e chiusa), l'imperatore in persona, quando gli verrà letta la relazione della vostra conferenza; non essendo egli soggetto alle stesse leggi, ha il potere di fare altre leggi. Noi però vogliamo trattare con voi non per definire una seconda volta la vertenza, ma per dimostrare a quelli, che ancora non lo sanno, ch'essa è già definita. E se i vostri vescovi acconsentiranno a fare ciò, che cosa avete da perdere? Vi guadagnate anzi, perché apparirà sempre più chiara la vostra disposizione d'animo e non vi potrà essere rimproverata ragionevolmente la vostra diffidenza. Pensate forse per caso che ciò non sia lecito, sebbene non ignoriate che Cristo Signore parlò della Legge perfino col diavolo 10? Inoltre non sapete forse che discussero con l'apostolo Paolo non solo i Giudei, ma anche i filosofi pagani della setta degli Stoici e degli Epicurei 11? Forse che le attuali leggi dell'imperatore non vi permettono di abboccarvi coi nostri vescovi? Ebbene abboccatevi intanto con i vostri vescovi della regione di Ippona, dove noi siamo vittime di tanti maltrattamenti da parte dei vostri! Quanto sarebbe invece più corretto da parte dei vostri e a noi più accetto, se ci arrivassero vostre lettere piuttosto che le loro armi!
Perché mai i Donatisti non fanno essi stessi quanto pretendono dagli altri?
11. Insomma, inviateci una risposta scritta, quale noi ci auguriamo, per il tramite dei nostri fratelli che vi abbiamo inviato! Se poi rifiutate pure questo, ascoltateci almeno insieme ai vostri, da parte dei quali subiamo i maltrattamenti già accennati. Mostrateci il vero motivo per cui andate dicendo che siete vittime d'una persecuzione, mentre siamo proprio noi le vittime di orribili crudeltà da parte dei vostri! Infatti, anche se proverete che siamo in errore, forse ci potete almeno concedere di non essere ribattezzati da voi. Crediamo sia giusto che una tale grazia sia concessa a noi che siamo stati battezzati da coloro che voi condannaste senza processare. La medesima grazia non la concedeste forse a coloro che erano stati battezzati da Feliciano di Musti e da Protestato di Assuri per sì lungo tempo, quando, in base a ordinanze giudiziarie, tentavate di cacciarli dalle basiliche perché erano in comunione con Massimiano insieme al quale erano stati condannati espressamente e nominatamente nel Concilio di Bagai? Tutti questi fatti ve li proviamo coi verbali ufficiali dell'autorità giudiziaria e municipale; quei verbali a cui voi allegaste perfino gli Atti del vostro concilio, volendo dimostrare per qual motivo avevate cacciato dalle basiliche i vostri scismatici. Nonostante tutto questo, voi che vi siete separati col vostro scisma nientemeno che dal Discendente di Abramo nel quale sono benedette tutte le genti 12, non volete essere cacciati dalle basiliche, e non per intimazione dei giudici così come voi scacciaste i vostri scismatici, ma in forza di leggi dei capi supremi della terra i quali, secondo la profezia avveratasi 13, adorano Cristo e al cui tribunale accusaste Ceciliano; siccome però foste sconfitti, doveste battervela in ritirata.
La Chiesa non sarà abbandonata da Dio.
12. Se però non volete né ascoltarci né informarci, venite oppure mandate con noi nel territorio d'Ippona persone che vedano i vostri soldati armati: che dico soldati? Nessun soldato aggiunge al numero delle sue armi calce e aceto da gettare negli occhi dei barbari! Se non volete fare neppure questo, scrivete almeno a quei vostri masnadieri che cessino di compiere le loro scelleratezze, si astengano dal massacrare i nostri, dal fare rapine, dall'accecare le persone! Non vogliamo dirvi: " Condannateli ". Sarà affare vostro vedere come non riescano a contaminarvi costoro appartenenti alla vostra comunione e che vi abbiamo più su dimostrato essere dei briganti, e come invece noi saremmo contaminati da coloro che non siete mai riusciti a dimostrare esser stati dei " traditori ". Scegliete quel che più vi piace. Se poi voi disprezzate queste nostre denunce, noi non ci pentiremo affatto di aver voluto trattare con voi con disposizioni pacifiche. Il Signore non mancherà d'assistere la sua Chiesa in modo che sarete piuttosto voi a dovervi pentire d'aver disprezzato la nostra moderazione.
1 - Sal 34, 12.
2 - Sal 119, 7.
3 - Dn 6, 16-24.
4 - Prv 19, 12.
5 - Sir 27, 29.
6 - Ef 4, 3.
7 - Is 66, 5.
8 - At 15, 9.
9 - 1 Pt 4, 8.
10 - Mt 4, 1-10.
11 - At 17, 18 ss.
12 - Gn 22, 18.
13 - Cf. Sal 71, 14.
Il cantico della purezza
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaLa stesura di questo sogno è di Don Lemoyne, che non ebbe l'opportunità
di farlo rivedere da Don Bosco; noi quindi ci limitiamo a presentarlo in
sintesi.
In una notte del luglio del 1884 a Don Bosco parve trovarsi dinanzi a
uno sconfinato e dolce declivio, splendidamente illuminato da una luce
più pura e più viva di quella del sole, tutto rivestito di erbe
verdeggianti, smaltato di fiori svariatissimi e ombreggiato da gran
numero di alberi, i cui rami, avviticchiandosi tra loro, si stendevano a
forma di festoni. Un vero paradiso terrestre.
Ma più che quel giardino incantato, attirarono la sua attenzione due
vaghe fanciulle sui 12 anni, sedute sui margini della riva presso la
stradicciuola dov'egli stava. Una celestiale modestia spirava dai loro
volti e da tutto il loro contegno. Dai loro occhi, sempre fissi in alto,
traspariva una ingenua semplicità di colomba e una gioia di sovrumana
felicità. La grazia delle movenze dava loro un'aria di nobiltà che
faceva contrasto con la loro giovinezza. Una veste candidissima scendeva
fino ai piedi. I fianchi erano cinti da una fascia purpurea con bordi
d'oro, sulla quale spiccava un fregio a modo di nastro, intessuto di
gigli, di violette e di rose. Un ornamento simile, a guisa di monile,
portavano al collo. Due fascette di margheritine bianche ne cerchiavano i
polsi come braccialetti. Candide le calzature e bordate di nastro
filettato d'oro. Lunga la capigliatura e stretta da una corona che
cingeva la fronte, lasciando ricadere, ondeggianti sulle spalle e
inanellate a ricci, le chiome.
Esse tenevano insieme un dialogo parlando, interrogando, esclamando, ora
sedute ambedue, ora seduta l'una e l'altra in piedi, ora movendosi in
su e in giù a lenti passi.
Don Bosco, spettatore silenzioso, ne ascoltava i discorsi, continuati a
lungo, senza che dimostrassero di accorgersi della sua presenza. Esse
cantavano le lodi della purezza, i mezzi per custodirla, i premi
riservati ad essa in questo mondo e nell'altro.
Alla fine si volsero e salirono la ripa camminando sui fiori senza
curvarli e cantando un inno angelico, a cui risposero schiere di spiriti
celesti scesi loro incontro. Ai primi se ne aggiungevano del continuo
altri e poi altri, levando uniti un cantico immenso e armoniosissimo,
finito il quale, tutti insieme a poco a poco si sollevarono in alto e
disparvero con l'intera visione. Don Bosco in quel punto si svegliò.
È noto che Don Bosco è tra le figure di educatori santi più amate e che
ha esercitato tra i giovani un fascino tutto suo di calda paternità
conquistatrice.
Ma è anche noto che amava i giovani con un candore angelico. In questo
sogno assiste ad ammalianti visioni di angeli e di vergini che esalano
l'effluvio del loro candore e cantano le lodi della purezza.
21-19 Aprile 24, 1927 Sconvolgimento generale per riordinare il regno del Fiat. Sbocco d’amore divino nella Creazione e come dura ancora. Come stava accentrata sull’anima tutta la Creazione.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Mi sentivo ammareggiata per la privazione del mio dolce Gesù e mentre sospiravo il suo ritorno è uscito da dentro il mio interno, ma tanto afflitto che faceva pietà ed io gli ho detto: “Ma dimmi, che hai che stai così afflitto?” E Gesù:
(2) “Ah! figlia mia, devono succedere cose gravi; per riordinare un regno, una casa, succede prima uno sconvolgimento generale e molte cose periscono, alcuni perdono, altri guadagnano, insomma succede uno scompiglio, un affaticare di più e molte cose si soffrono per riordinare, rinnovare e dare la nuova forma al regno, oppure alla casa. Si soffre più e si lavora di più se si deve distruggere per edificare, che se si dovesse solo edificare. Così succederà per riedificare il regno della mia Volontà, quante innovazioni bisogna fare; è necessario sconvolgere tutto, abbattere e distruggere esseri umani, scompigliare la terra, il mare, l’aria, il vento, l’acqua, il fuoco, affinché tutti si mettono al lavoro per poter rinnovare la faccia della terra, per poter portare l’ordine del nuovo regno della mia Volontà Divina in mezzo alle creature. Perciò molte cose gravi succederanno ed Io nel vederle, se guardo lo scompiglio mi sento afflitto e se guardo più in là, nel vedere l’ordine ed il nuovo mio regno riedificato, passo da una profonda mestizia ad una gioia così grande che tu non puoi comprendere. Ecco la causa perché mi vedi ora mesto ed ora con la giogia della mia Patria Celeste”.
(3) Io mi sentivo mesta per questo sconvolgimento che Gesù mi aveva detto, le cose grave erano terrificanti, si sentivano tumulti, rivoluzioni e guerre in più parti. Oh! come gemeva il mio povero cuore e Gesù per sollevarmi mi ha preso fra le sue braccia, mi ha stretto forte al suo Cuore Santissimo e mi ha detto:
(4) “Figlia mia, guardiamo più in là per sollevarci, Io voglio far ritornare le cose come al principio della Creazione, che non fu altro che uno sbocco d’amore ed esso dura ancora, perché ciò che Noi facciamo una volta, facciamo sempre, non viene mai interrotto, in Noi non entra mai la stanchezza dal ripetere un’atto, ciò che facciamo una volta ci piace fare sempre; questo è l’operato divino, il fare un’atto che dura secoli e secoli ed anche tutta l’eternità. Sicché il nostro sbocco d’amore, il nostro alito si sprigiona continuamente dal nostro seno divino e corre per alitare le generazioni delle creature. Onde il nostro sbocco d’amore alegiando in tutta la Creazione investe cielo e terra, sole e mare, vento e acqua e corre verso le creature; se ciò non fosse il cielo si ristringerebbe, le stelle si sperderebbero, il sole s’impoverirebbe di luce, l’acqua verrebbe a mancare, la terra non produrrebbe né piante, né frutti, perché mancando la vita del nostro amore alegiando in tutte le cose, si ritirerebbero nella nostra sorgente da dove uscirono e se venisse a mancare il nostro alito, la generazione delle creature finiva perché esse non son’altro che faville che manda il nostro alito per fecondare la crescente generazione. Ora le creature prendono ciò che è materia nelle cose create e lasciano la vita dell’amore, che alegiando in tutto resta sospesa senza potersi dare. Succede come quando si va in un prato fiorito o in un giardino dove ci sono alberi carichi di preziosi frutti, se solo si guarda il fiore e non si coglie, non si riceverà il gusto e la vita del profumo del fiore, se si guarda il frutto e non si prende dall’albero per mangiarlo, non si gusterà né si riceverà la vita del frutto. Così è di tutta la Creazione, l’uomo la guarda, ma non riceve la vita d’amore messa da Dio in tutte le cose create, perché l’uomo non mette la sua volontà né apre il suo cuore per ricevere questo sbocco d’amore continuato del suo Creatore; ma ad onta di ciò, il nostro sbocco d’amore non si arresta, il nostro alito rigeneratore è sempre in atto ed in moto ed aspettiamo il regno del nostro Fiat Divino per fare che questo nostro amore, alegiando scenda in mezzo alle creature e dia questa nostra Vita Divina, che ricevendola, formeranno le creature il loro sbocco d’amore da dare a Colui del quale la ricevono. Perciò, figlia mia, tutta la Creazione è accentrata su di te, Io ti guardo dal cielo stellato e ti mando questo sbocco d’amore; ti guardo dal sole ed alitandoti ti mando la mia Vita Divina; ti guardo dal mare e nelle sue onde spumeggianti ed impetuose ti mando il mio amore, ché essendo contenuto lo scarico con impetuosità come mare su di te; ti guardo dal vento e ti verso il mio amore imperante, purificante e riscaldante; ti guardo dai monti e ti mando lo sbocco del mio amore fermo ed irremovibile, non c’è punto o cosa creata da dove non ti guardo per versarti amore, perché stando il mio Volere in te, da tutte le parti mi tiri a guardarti; perché Esso allarga la tua capacità per ricevere questo mio sbocco d’amore continuato. Dove regna la mia Volontà Divina tutto posso dare, tutto accentrare e viene formata la gara tra Creatore e creatura, Io nel dare ed essa a ricevere, do e mi dà, mi dà e do con modi più soprabondanti. Perciò sempre nel mio Volere ti voglio, per poter stare sempre a gara, tu con Me ed Io con te”.