Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 4° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 20
1Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".3Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro.4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.5Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.6Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra,7e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.8Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.9Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.10I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
11Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.13Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto".14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù.15Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo".16Gesù le disse: "Maria!". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!", che significa: Maestro!17Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro".18Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche ciò che le aveva detto.
19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo;23a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.25Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò".
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".27Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!".28Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".
30Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.31Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Secondo libro dei Maccabei 1
1"Ai fratelli giudei sparsi nell'Egitto salute. I fratelli giudei che sono in Gerusalemme e nella regione della Giudea augurano buona pace.2Dio voglia concedervi i suoi benefici e ricordarsi della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe suoi servi fedeli;3conceda a tutti voi volontà di adorarlo e di compiere i suoi desideri con cuore generoso e animo pronto;4vi dia una mente aperta ad intender la sua legge e i suoi comandi, e volontà di pace.5Esaudisca le vostre preghiere e vi sia propizio e non vi abbandoni nell'ora dell'avversità.
6Noi qui appunto preghiamo per voi.
7Quando regnava Demetrio nell'anno centosessantanove, noi Giudei vi abbiamo scritto: "Nelle calamità e angosce che ci hanno colpiti in questi anni da quando Giàsone e i suoi partigiani hanno apostatato dalla città santa e dal regno,8incendiando il portone e versando sangue innocente, noi abbiamo pregato il Signore e siamo stati esauditi. Quindi abbiamo preso l'offerta delle vittime e del fior di farina, abbiamo acceso le lampade e presentato i pani".9Vi scriviamo la presente per esortarvi a celebrare i giorni delle Capanne nel mese di Casleu.
L'anno centottantotto.
10I Giudei residenti in Gerusalemme e nella Giudea, il consiglio degli anziani e Giuda, ad Aristòbulo, maestro del re Tolomeo, appartenente alla stirpe dei sacerdoti consacrati con l'unzione, e ai Giudei dimoranti in Egitto, salute e prosperità.
11Salvati da grandi pericoli per l'intervento di Dio, lo ringraziamo molto per esserci potuti schierare contro il re.12Perché egli stesso ha respinto le forze schierate contro la santa città.
13Recatosi in Persia, il loro capo e con lui l'esercito creduto invincibile, fu ucciso nel tempio della dea Nanea, per gli inganni orditi dai sacerdoti di Nanea.14Con il pretesto di celebrare le nozze con lei, Antioco con i suoi amici si era recato sul posto per prelevarne le immense ricchezze a titolo di dote.15Dopo che i sacerdoti del tempio di Nanea gliele ebbero mostrate, egli entrò con pochi nel recinto sacro e quelli, chiuso il tempio alle spalle di Antioco16e aperta una porta segreta nel soffitto, scagliarono pietre e fulminarono il condottiero e i suoi. Poi fattili a pezzi e tagliate le loro teste, le gettarono a quelli di fuori.
17In tutto sia benedetto il nostro Dio, che ha consegnato alla morte gli empi.
18Stando noi per celebrare la purificazione del tempio il venticinque di Casleu, abbiamo creduto necessario darvi qualche spiegazione, perché anche voi celebriate la festa delle Capanne e del fuoco, apparso quando Neemia offrì i sacrifici dopo la ricostruzione del tempio e dell'altare.19Infatti quando i nostri padri furono deportati in Persia, i sacerdoti fedeli di allora, preso il fuoco dall'altare, lo nascosero con cautela nella cavità di un pozzo che aveva il fondo asciutto e là lo misero al sicuro, in modo che il luogo rimanesse ignoto a tutti.20Dopo un buon numero di anni, quando piacque a Dio, Neemia, rimandato dal re di Persia, inviò i discendenti di quei sacerdoti che avevano nascosto il fuoco, a farne ricerca; quando essi ci riferirono che non avevano trovato il fuoco ma acqua grassa, comandò loro di attingerne e portarne.21Poi furono portate le offerte per i sacrifici e Neemia comandò che venisse aspersa con quell'acqua la legna e quanto vi era sopra.22Così fu fatto e dopo un po' di tempo il sole, che prima era coperto di nubi, cominciò a risplendere e si accese un gran rogo, con grande meraviglia di tutti.
23I sacerdoti si posero allora in preghiera, mentre il sacrificio veniva consumato, e con i sacerdoti tutti gli altri: Giònata intonava, gli altri continuavano in coro insieme a Neemia.24La preghiera era formulata in questo modo: Signore, Signore Dio, creatore di tutto, tremendo e potente, giusto e misericordioso, tu solo re e buono,25tu solo generoso, tu solo giusto e onnipotente ed eterno, che salvi Israele da ogni male, che hai fatto i nostri padri oggetto di elezione e santificazione,26accetta il sacrificio offerto per Israele tuo popolo, custodisci la tua porzione e santificala.27Raccogli i nostri dispersi, libera quelli che sono schiavi in mano ai pagani, guarda benigno i disprezzati e gli oltraggiati; sappiano i pagani che tu sei il nostro Dio.28Punisci quelli che ci opprimono e ci ingiuriano con superbia.29Concedi al tuo popolo di radicarsi nel tuo luogo santo, come ha detto Mosè.30I sacerdoti a loro volta cantavano inni.31Poi vennero consumate le vittime del sacrificio e Neemia ordinò che il resto dell'acqua venisse versata sulle pietre più grosse.32Fatto questo, si accese una fiamma, la quale tuttavia fu assorbita dal bagliore del fuoco acceso sull'altare.33Quando fu divulgato il fatto e fu annunciato al re dei Persiani che nel luogo dove i sacerdoti deportati avevano nascosto il fuoco era comparsa acqua e che i sacerdoti al seguito di Neemia avevano con quella purificato le cose necessarie al sacrificio,34il re fece cingere il luogo e lo dichiarò sacro, dopo aver accertato il fatto.35Il re ricevette anche molti doni da quelli che aveva favoriti e ne diede a sua volta.36I compagni di Neemia chiamarono questo luogo Neftar che significa "purificazione"; ma i più lo chiamano Neftai.
Siracide 14
1Beato l'uomo che non ha peccato con le parole
e non è tormentato dal rimorso dei peccati.
2Beato chi non ha nulla da rimproverarsi
e chi non ha perduto la sua speranza.
3A un uomo gretto non conviene la ricchezza,
a che servono gli averi a un uomo avaro?
4Chi accumula a forza di privazioni accumula per altri,
con i suoi beni faran festa gli estranei.
5Chi è cattivo con se stesso con chi si mostrerà buono?
Non sa godere delle sue ricchezze.
6Nessuno è peggiore di chi tormenta se stesso;
questa è la ricompensa della sua malizia.
7Se fa il bene, lo fa per distrazione;
ma alla fine mostrerà la sua malizia.
8È malvagio l'uomo dall'occhio invidioso;
volge altrove lo sguardo e disprezza la vita altrui.
9L'occhio dell'avaro non si accontenta di una parte,
l'insana cupidigia inaridisce l'anima sua.
10Un occhio cattivo è invidioso anche del pane
e sulla sua tavola esso manca.
11Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene
e presenta al Signore le offerte dovute.
12Ricòrdati che la morte non tarderà
e il decreto degli inferi non t'è stato rivelato.
13Prima di morire fa' del bene all'amico,
secondo le tue possibilità sii con lui generoso.
14Non privarti di un giorno felice;
non ti sfugga alcuna parte di un buon desiderio.
15Forse non lascerai a un altro le tue sostanze
e le tue fatiche per esser divise fra gli eredi?
16Regala e accetta regali, distrai l'anima tua,
perché negli inferi non c'è gioia da ricercare.
17Ogni corpo invecchia come un abito,
è una legge da sempre: "Certo si muore!".
18Come foglie verdi su un albero frondoso:
le une lascia cadere, altre ne fa spuntare,
lo stesso avviene per le generazioni di carne e di sangue:
le une muoiono, altre ne nascono.
19Ogni opera corruttibile scompare;
chi la compie se ne andrà con essa.
20Beato l'uomo che medita sulla sapienza
e ragiona con l'intelligenza,
21e considera nel cuore le sue vie:
ne penetrerà con la mente i segreti.
22La insegue come uno che segue una pista,
si apposta sui suoi sentieri.
23Egli spia alle sue finestre
e starà ad ascoltare alla sua porta.
24Fa sosta vicino alla sua casa
e fisserà un chiodo nelle sue pareti;
25alzerà la propria tenda presso di essa
e si riparerà in un rifugio di benessere;
26metterà i propri figli sotto la sua protezione
e sotto i suoi rami soggiornerà;
27da essa sarà protetto contro il caldo,
egli abiterà all'ombra della sua gloria.
Salmi 130
1'Canto delle ascensioni.'
Dal profondo a te grido, o Signore;
2Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia preghiera.
3Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi potrà sussistere?
4Ma presso di te è il perdono:
e avremo il tuo timore.
5Io spero nel Signore,
l'anima mia spera nella sua parola.
6L'anima mia attende il Signore
più che le sentinelle l'aurora.
7Israele attenda il Signore,
perché presso il Signore è la misericordia
e grande presso di lui la redenzione.
8Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
Isaia 17
1Oracolo su Damasco.
Ecco, Damasco sarà eliminata dal numero delle città,
diverrà un cumulo di rovine.
2Le sue borgate saranno abbandonate per sempre;
saranno pascolo dei greggi
che vi riposeranno senza esserne scacciati.
3A Èfraim sarà tolta la cittadella,
a Damasco la sovranità.
Al resto degli Aramei toccherà la stessa sorte
della gloria degli Israeliti,
oracolo del Signore degli eserciti.
4In quel giorno verrà ridotta la gloria di Giacobbe
e la pinguedine delle sue membra dimagrirà.
5Avverrà come quando il mietitore
prende una manciata di steli,
e con l'altro braccio falcia le spighe,
come quando si raccolgono le spighe
nella valle dei Rèfaim,
6Vi resteranno solo racimoli,
come alla bacchiatura degli ulivi:
due o tre bacche sulla cima dell'albero,
quattro o cinque sui rami da frutto.
Oracolo del Signore, Dio di Israele.
7In quel giorno si volgerà l'uomo al suo creatore
e i suoi occhi guarderanno al Santo di Israele.
8Non si volgerà agli altari, lavoro delle sue mani;
non guarderà ciò che fecero le sue dita,
i pali sacri e gli altari per l'incenso.
9In quel giorno avverrà alle tue fortezze
come alle città abbandonate
che l'Eveo e l'Amorreo evacuarono
di fronte agli Israeliti
e sarà una desolazione.
10Perché hai dimenticato Dio tuo salvatore
e non ti sei ricordato della Roccia, tua fortezza.
Tu pianti perciò piante amene
e innesti tralci stranieri;
11di giorno le pianti, le vedi crescere
e al mattino vedi fiorire i tuoi semi,
ma svanirà il raccolto in un giorno di malattia
e di dolore insanabile.
12Ah, il rumore di popoli immensi,
rumore come il mugghio dei mari,
fragore di nazioni
come lo scroscio di acque che scorrono veementi.
13Le nazioni fanno fragore
come il fragore di molte acque,
ma il Signore le minaccia, esse fuggono lontano;
come pula sono disperse sui monti dal vento
e come mulinello di polvere dinanzi al turbine.
14Alla sera, ecco era tutto uno spavento,
prima del mattino non è già più.
Questo è il destino dei nostri predatori
e la sorte dei nostri saccheggiatori.
Lettera di Giacomo 1
1Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù disperse nel mondo, salute.
2Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove,3sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza.4E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla.
5Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data.6La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare mossa e agitata dal vento;7e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore8un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni.
9Il fratello di umili condizioni si rallegri della sua elevazione10e il ricco della sua umiliazione, perché passerà come fiore d'erba.11Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l'erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco appassirà nelle sue imprese.
12Beato l'uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.
13Nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male.14Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce;15poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand'è consumato, produce la morte.
16Non andate fuori strada, fratelli miei carissimi;17ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento.18Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature.
19Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira.20Perché l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio.21Perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime.22Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi.23Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio:24appena s'è osservato, se ne va, e subito dimentica com'era.25Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.
26Se qualcuno pensa di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana.27Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo.
Capitolo XXVIII: Contro le linguacce denigratrici
Leggilo nella BibliotecaO figlio, non sopportare di mal animo se certuni danno un cattivo giudizio su di te e dicono, nei tuoi confronti, parole che non ascolti con piacere. Il tuo giudizio su te stesso deve essere ancora più grave; devi credere che non ci sia nessuno più debole di te. Se terrai conto massimamente dell'interiorità, non darai molto peso a parole che volano; giacché, nei momenti avversi, è prudenza, e non piccola, starsene in silenzio, volgendo l'animo a me, senza lasciarsi turbare dal giudizio della gente. La tua pace non riposi nella parola degli uomini. Che questi ti abbiano giudicato bene o male, non per ciò sei diverso.
Dove sta la vera pace, dove sta la vera gloria? Non forse in me? Godrà di grande pace chi non desidera di piacere agli uomini, né teme di spiacere ad essi. E' appunto da un tale desiderio, contrario al volere di Dio, e da un tale vano timore, che nascono tutti i turbamenti del cuore e tutte le deviazioni degli affetti.
DISCORSO 47 LE PECORE DA EZECHIELE 34, 17-31.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaDio nostro pastore perché nostro creatore.
1. Le parole che abbiamo cantate contengono l'affermazione che noi siamo pecore di Dio. Se siamo sue pecore, non è inopportuno che chiediamo con lacrime la sua misericordia. Abbiamo detto infatti: Piangiamo dinanzi al Signore, nostro Creatore, poiché egli è il Signore nostro Dio 1. Perché nessuno che piange disperasse di venire ascoltato, è stata ricordata a Dio una specie di necessità che egli ha di esaudirci: Poiché egli è il Signore nostro Dio, che ci ha creati 2. Egli è il nostro Dio, noi il popolo del suo pascolo e le pecore delle sue mani 3. I pastori-uomini, o anche i signorotti proprietari di bestiame, non hanno formato loro le pecore che posseggono, non hanno creato le pecore che pascolano. Il Signore nostro Dio invece, essendo Dio e Creatore, ha formato lui le pecore che possiede e che pasce. Non è stato un altro a raccogliere le pecore che egli pasce, né lascia pascolare a un altro le pecore che egli ha raccolte. Piangiamo quindi dinanzi a lui. Non siamo infatti nel bene finché ci troviamo a vivere su questo mondo. Quando piaceremo al Signore [trovandoci] nella regione dei vivi 4, allora saranno asciugate le nostre lacrime 5 e canteremo lodi a colui che ci ha strappato ai vincoli della morte, che ha impedito ai nostri piedi di scivolare e ai nostri occhi di versar lacrime, per piacere al Signore nella regione dei viventi 6, essendo difficile potergli piacere nella terra dei morti 7. C'è, è vero, anche quaggiù un modo di piacergli, ed è scongiurando la sua misericordia, astenendoci per quanto è possibile dai peccati e, per quanto non è possibile, confessandoli e piangendoli. In tal modo siamo in questa vita ma ne speriamo un'altra: piangiamo nella speranza o, meglio, piangiamo nel [mancato] possesso, godendo nella speranza 8.
Pecore e pastori.
2. Nel cantico abbiamo proclamato di essere sue pecore: Pecore e popolo del suo pascolo e pecore delle sue mani. Ascoltiamo pertanto ciò che, come a sue pecore, egli ci dice. L'altra volta, nella lettura precedente, parlava ai pastori; nella presente, letta appunto quest'oggi, parla alle pecore. Nelle parole dell'altra volta 9 toccava a noi ascoltare con timore, mentre voi vi sentivate al sicuro. E che diremo delle parole lette oggi? Forse che noi potremo sentirci sicuri, mentre voi trepidate? Certo no. Prima di tutto perché, anche se siamo pastori, il pastore ascolta temendo non solo ciò che vien detto ai pastori ma anche ciò che è detto alle pecore. Se infatti ascoltasse indifferente le parole rivolte alle pecore, non avrebbe cura delle pecore 10. E poi c'è quello che allora dicevamo alla vostra Carità 11, cioè che noi dobbiamo considerare due cose: la prima, che siamo cristiani; la seconda, che siamo vescovi. Per essere vescovi, siamo annoverati fra i pastori, supposto che siamo buoni; per essere cristiani, siamo anche noi pecore al pari di voi. Sia dunque che il Signore parli ai pastori sia che parli alle pecore, noi dobbiamo ascoltare con trepidazione tutte le sue parole: né può esulare dai nostri cuori la preoccupazione di piangere dinanzi al Signore che ci ha fatti 12.
3. Ascoltiamo, fratelli, che cosa il Signore rimproveri alle pecore cattive e cosa prometta alle sue pecore. Dice: Quanto a voi, mie pecore, così dice il Signore Dio 13. Prima di tutto, chi pensi alla felicità che s'incontra nell'essere gregge di Dio, prova in cuore, fratelli, una profonda gioia anche in mezzo alle lacrime e alle tribolazioni della vita presente. Si è infatti nel gregge di colui che i lupi non possono addentare e che i briganti non possono imprigionare trovandolo addormentato. A lui infatti, come gli si dice: Tu che pasci Israele 14, così si dice: Il custode d'Israele non prenderà sonno né si addormenterà 15. Egli dunque veglierà su di noi tanto se vegliamo quanto se dormiamo. E se è sicuro un gregge di pecore quando lo pasce un uomo, quale non dovrà essere la nostra sicurezza avendo per pastore Dio, che non soltanto ci mena al pascolo ma ci ha anche creati?.
In attesa della sentenza del Giudice.
4. Un'unica preoccupazione ci viene comandata: quella di ascoltare la voce del pastore. E proprio ora è tempo di ascoltarlo, poiché egli non ha iniziato il tempo di giudicare 16. Colui che parla adesso tace: parla nei precetti ma tace quanto al giudizio. Perciò dice in un passo [scritturale]: Ho taciuto, ma forse che tacerò per sempre? 17. In che senso ha taciuto se queste cose ce le ha dette parlando? Chi dice: Ho taciuto non tace, poiché lo stesso dire: Ho taciuto è un rompere il silenzio. Ti ascolto mentre parli in tanti precetti, in tanti misteri, in tante pagine, in tanti libri; ti ascolto finalmente nello stesso tuo dire: Ho taciuto, ma forse che tacerò per sempre? 18. In che senso allora hai taciuto? Perché non dico ancora: Venite, benedetti del Padre mio; ricevete il regno 19. E nemmeno dico agli altri: Andate al fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli 20. Queste parole ancora non le dico, anche se già le predìco. Il giudice pronunzierà l'ultima sentenza; con la sua mano la scriverà nella tavoletta. Emessa la sentenza, cesserà dal giudicare. Quanto alle parti, esse non odono la sentenza del giudice: viene scritta mentre loro escono fuori. Le parti sono tutt'e due ansiose e stanno col fiato sospeso, non sapendo contro di chi o a favore di chi si leverà la sua sentenza. Gran segreto quello di un giudice!, e da questa segretezza viene appunto il nome di "luogo segreto". Grande il timore di coloro che sono in causa, non sapendo cosa il giudice pensi e cosa scriva. Eppure egli è un uomo, come sono uomini coloro che vengono giudicati. Ma il giudice di lassù è il nostro Dio, e noi siamo popolo del suo pascolo e pecore delle sue mani 21. Egli è il Creatore, noi creature; egli immortale, noi mortali; egli invisibile, noi visibili: tuttavia non ha voluto che ci restasse celata, mentre viviamo, la sentenza definitiva che pronunzierà alla fine. Nessuno che voglia condannare dice prima: Ti condanno; nessuno che voglia ferire un altro gli dice prima: Ti ferisco.
Ascoltiamo Dio finché c'è tempo.
5. Grande mitezza, dunque, grande misericordia, grande mansuetudine! A patto però che noi non abusiamo della sua pazienza per soddisfare la nostra malizia 22 e, mentre lui si carica dei nostri peccati, noi, quasi per accrescergli il peso, non aggiungiamo peccati a peccati, affinché egli sia più gravato, egli che non si affatica per il carico. I nostri peccati, che continua a perdonare, nel senso che ancora tollera, mentre mostrano la sua pazienza, aggravano il nostro fardello. Dice: Ma non sai che la pazienza di Dio è per farti ravvedere? 23. È pazienza quel comportamento altrove chiamato silenzio, quando dice: [Finora] ho taciuto, ma forse che tacerò per sempre? 24. In un passo rimprovera certuni dicendo: Tu che predichi non doversi rubare rubi, tu che dici non doversi commettere adulterio lo commetti 25 ecc. Poi aggiunge: Ma perché vuoi non calcolare le ricchezze della sua bontà e pazienza? 26. Perché egli è buono e longanime, perché vede e tace, vede e sopporta, tu lo riterrai ingiusto? Ma non sai che la pazienza di Dio è per farti ravvedere? E osserva se colui che tace tacerà per sempre. Dice: Tu al contrario secondo la durezza del tuo cuore e la tua impenitenza accumuli sopra di te l'ira per il giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, il quale darà a ciascuno secondo le sue opere 27. Dunque, ora tace, ma forse che tacerà sempre? Allo stesso modo, dopo aver elencato alcuni peccati, dice: Tu facevi queste cose e io tacevo cioè: Tu facevi le tali cose e io non me ne vendicavo; tu allora pensasti una cosa iniqua, che cioè io fossi simile a te 28. In effetti son molti coloro che pensano così. Avendo fatto del gran male e constatando che non ne hanno subìto pena alcuna, si compiacciono del male compiuto, non solo ma pensano che i loro peccati piacciano anche a Dio. L'empietà ha fatto [in loro] passi così grandi che l'empio spregiatore ritiene Dio simile a sé; e mentre Dio, per elevarlo alla sua somiglianza, lo ammonisce, istruisce, esorta, rimprovera, lui non solo non acquisisce la somiglianza con Dio ma pretende di abbassare Dio alla somiglianza con sé. È questa un'iniquità superiore agli stessi peccati, dei quali non si vuol emendare. Tu pensasti una cosa iniqua, che cioè io fossi simile a te. E come continua? Ti sgriderò 29. Perché questo? Ho taciuto, ma forse che per sempre tacerò? Ecco dunque, fratelli, in che senso il presente discorso, che esce dalla bocca di Dio 30, spaventa me e voi. Tutti infatti abbiamo un'unica speranza che ci rasserena, e questa in lui; come pure dobbiamo tutti temere che, avendone provocato lo sdegno, non conseguiamo quel che speravamo ma incorriamo nella pena non adeguatamente valutata. Come pecore di Dio, ascoltiamo tutti mentre parla colui che tace; ascoltiamo mentre ci avvisa colui che ci ha creati e non ancora ci giudica; ascoltiamolo mentre ci è consentito ascoltarlo, mentre abbiamo facoltà di leggerne le parole.
La zizzania e il buon grano.
6. Dice: E voi, mie pecore, così dice il Signore Dio: Ecco io giudico fra pecora e pecora, fra montoni e capri 31. Cosa c'entrano i capri nel gregge di Dio? Sono negli stessi pascoli, bevono alle stesse fonti. Sebbene destinati alla sinistra, tuttavia i capri si mescolano con quei della destra e occorre, in un primo tempo, tollerare coloro che saranno separati. In questo si esercita la pazienza delle pecore a somiglianza della pazienza di Dio. Poi egli farà la separazione: alcuni a sinistra, altri a destra. Adesso però egli tace e tu vorresti parlare? Ma di che cosa dico: Tu vorresti parlare? Di ciò su cui egli tace: della vendetta che avverrà nel giudizio, non della parola di richiamo. Egli non opera ancora la separazione e tu vorresti separarli. Lui, che ha seminato, tollera la mescolanza. Se prima della vagliatura tu volessi che il frumento fosse purificato, a causa del vento da te suscitato saresti tu stesso esposto a una molto brutta vagliatura. È vero che i servi si permisero di dire: Vuoi che andiamo a raccoglierla? 32. S'erano indignati al vedere la zizzania ed erano rattristati perché al buon frumento si fosse mescolata la zizzania. Dissero: Non hai tu seminato del buon seme? Da dove è venuta fuori la zizzania? 33. Egli spiegò da dove provenisse, ma non permise che la si strappasse prima del tempo 34. I servi erano, certo, adirati contro la zizzania, tuttavia ricorsero al consiglio e al comando del padrone. Vedevano di malocchio, i servi, l'erbaccia fra il grano, ma capivano che, se nello sradicare la zizzania avessero agito anche in parte secondo il loro arbitrio, sarebbero stati anche loro annoverati fra la zizzania. Attesero l'ordine del padrone, ricorsero al loro re per riceverne il comando: Vuoi che andiamo a raccoglierla? E lui: No. E ne spiegò il motivo: Perché non succeda che, mentre volete raccogliere la zizzania, sradichiate insieme anche il buon grano 35. Ne placò lo sdegno, senza lasciarli nel dolore. Sembrava infatti ai servi una cosa grave che la zizzania si trovasse in mezzo al grano, ed era veramente così. Ma una cosa è la condizione di quando ci si trova nel campo, un'altra la quiete del granaio. Sopporta! Per questo infatti sei nato. Sopporta! Poiché c'è forse qualcuno che sopporta te. Se sei stato sempre buono, usa misericordia; se a volte sei stato cattivo, non te ne scordare. E chi è stato sempre buono? Se Dio ti facesse un esame minuzioso, più facilmente ti troverebbe cattivo anche adesso, che non tu stesso buono in ogni momento. Occorre dunque sopportare la zizzania tra il buon grano, i capri fra i montoni, i capretti fra le pecore. E cosa diceva quel padrone riguardo al frumento? Diceva: Al tempo della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fascetti per buttarla nel fuoco; quanto invece al mio frumento, riponetelo nel granaio 36. Passerà il tempo del crescere insieme nel campo, verrà la separazione della mietitura. Adesso il Signore esige da noi pazienza, e ne propone in se stesso l'esempio dicendo: Certamente, se io volessi mettermi a giudicare, forse che giudicherei ingiustamente? Se volessi mettermi a giudicare, forse che potrei ingannarmi? Se dunque io, che sempre giudico rettamente e non posso ingannarmi, rimando il mio giudizio, come osi tu, che non sai come si debba giudicare, essere tanto frettoloso nel giudicare? Osservate, fratelli, come a quei servi che volevano sradicare la zizzania anzitempo il padrone non accordò questa incombenza nemmeno quando fu giunta la mietitura. Disse infatti: Al tempo della mietitura dirò ai mietitori. Non disse: Dirò a voi. Ma non saranno stati mietitori gli stessi servi? No. Esponendo infatti i singoli particolari della parabola disse: Mietitori sono gli angeli 37. Tu dunque, o uomo, rivestito di carne, che porti con te la carne o forse sei tutto carnale (sei cioè carne nel corpo e carnale nell'animo), oseresti usurpare, anticipando i tempi, un compito che spetta ad altri, che non spetterà a te nemmeno il giorno della mietitura? Questo, della separazione della zizzania; e dei capri che diremo? Quando verrà il Figlio dell'uomo e con lui tutti gli angeli, sederà nel trono della sua gloria e saranno radunate davanti a lui tutte le genti, ed egli le separerà come il pastore separa le pecore dai capri 38. Verrà e farà la separazione. Verrà la mietitura e gli uomini saranno separati. Adesso però non è il tempo della separazione ma della sopportazione. Non diciamo questo, fratelli, affinché dorma la nostra premura nel riprendere; che anzi, per non incorrere incautamente nel giudizio e non trovarci improvvisamente alla sinistra, essendo stati dei ciechi trascurati nel rimediare alla nostra cecità, esercitiamoci nella disciplina senza affrettare il giudizio.
Temiamo il giudizio.
7. Cosa diceva dunque il Signore? Ecco, io giudico fra pecora e pecora e fra i montoni e i capri 39. Io giudico. Grande sicurezza! È lui che giudica: stiano tranquilli i buoni. Il loro giudice non si lascia corrompere da alcun avversario, né circuire da alcun avvocato, né ingannare da alcun [falso] teste. Ma quanto debbono essere tranquilli i buoni, altrettanto debbono temere i cattivi. Egli non giudica in maniera che gli si possa nascondere qualcosa. O che forse nel giudicare Dio cercherà dei testimoni per conoscere quale tu sia?. Come potrebbe ingannarsi sulla tua condizione colui che anticipatamente sapeva ciò che saresti stato? Egli interroga te, non un altro che lo informi su di te. Dice: Il Signore interroga il giusto e l'empio 40. Interroga te, non per sapere qualcosa da te ma per confonderti. Avendo dunque un giudice che nessuno può ingannare a nostro sfavore o a nostro favore, comportiamoci in modo da non dover temere il suo futuro giudizio ma piuttosto aspettiamolo e desideriamolo. O che forse il buon grano teme d'essere riposto nel granaio? Anzi, lo brama ardentemente e lo desidera. O che le pecore temono d'essere collocate alla destra? Anzi, nulla procede per loro così a rilento quanto l'attesa che ciò avvenga. Gente di questa categoria dice di cuore e con tutta sincerità: Venga il tuo regno 41. Quanto ai cattivi, viceversa, a queste parole il loro cuore trepida e la lingua inciaccia. Con che disposizione infatti dici: Venga il tuo regno? Ecco che sta per venire: come ti troverà? Comportati dunque in modo da poter pregare con tranquillità. E se per caso nella tua coscienza c'è qualche errore o peccato, hai il rimedio nella stessa orazione: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori 42. Dio ha voluto che tu [gli] fossi debitore avendo a tua volta dei debitori. Col peccato ti rendi nemico di Dio, ma bada se per caso non abbia anche tu un qualche nemico. Perdonagli e ti sarà perdonato 43. Ciò che fai tu, uomo soggetto al peccato, lo farà a te colui che non può essere giudicato reo di alcun peccato. Se invece tu, pur essendo immerso nel peccato, non vuoi perdonare a chi pecca contro di te né consideri nel tuo simile la tua propria condizione né hai paura delle cadute in cui ti fa incorrere la tua fragilità, cosa pensi che ti farà colui che giudica con quella sicurezza che gli accorda il fatto di non poter mai peccare?.
Con la confessione preveniamo il giudizio.
8. Occorre quindi darsi da fare per avere una coscienza pura. Se per caso c'è l'inquietudine [per qualche difetto], preveniamo il suo volto con la confessione 44. Or ora, quando si cantava il salmo, abbiamo ascoltato questo: Preveniamo il suo volto con la confessione. Preveniamolo, affinché non sia lui a prevenirci. Se tu avrai confessato, egli non verrà col castigo, a meno che tu, dopo la confessione, non ricada nella colpa. Previenilo prima d'essere prevenuto! Che infatti egli verrà, è cosa certa. Perderai [la causa] se non desideri ciò che [inevitabilmente] accadrà: egli verrà infatti anche se tu non vorrai. Forse che, per il fatto che tu ti opponi alla sua venuta, lui la rimanderà? Come conosceva l'ora in cui doveva essere giudicato, così conosce l'ora in cui deve giudicare. Egli verrà; tu controlla in che condizione ti troverai. Oggi c'è il difetto che ti inquieta: ci sia oggi stesso la confessione; si rinunzi oggi stesso al difetto, e oggi stesso ti verrà rimesso e condonato. Non devi dire: Dio tarda a perdonare, né devi tardare a ricorrere alla tua medicina. Hai in cuore qualche angustia. Se ti angustia, ti stimola pure. Certo, se nella tua casa ci fosse una pietra sgradita ai tuoi occhi, la faresti togliere di mezzo, specialmente se dovessi accogliere un ospite un po' ragguardevole. Ebbene, quando preghi Dio lo chiami dentro di te. Come verrà a te se non gli avrai pulito i locali dove riceverlo? Ma non sei capace di toglierti dal cuore ciò che tu stesso ti sei procurato? Implora da lui che ti purifichi; lui invita perché entri. Purché ciò che devi fare lo faccia adesso che egli parla ammonendo e tace quanto al giudizio.
Dio giudica fra pecora e pecora.
9. Qui menziona i capri e menziona gli arieti; li giudica e cosa dice di loro? Com'è che non vi bastava pascolare in pascoli buoni? Voi pesticciavate con i vostri piedi gli altri vostri pascoli e bevevate l'acqua depurata - che cioè era pura e limpida - mentre intorbidavate l'altra con i vostri piedi. E le mie pecore dovevano pascolare ciò che i vostri piedi avevano pesticciato e bere ciò che i vostri piedi avevano intorbidato 45. Cosa significa questo? I pascoli di Dio sono buoni e le fonti di Dio sono pure. Queste cose troviamo nelle sante Scritture. Chi sono, allora, quei tali che bevono acque limpide e si pascono di erba pulita, calpestando poi l'erba che rimane e intorbidando l'acqua, per cui le altre pecore dovranno brucare le erbe calpestate e bere le acque intorbidite? Vedete inoltre come tutto questo dispiaccia al pastore, che, mentre tali cose accadono, dice: Io giudico fra pecora e pecora 46, certo al fine di impedire tali inconvenienti. Ci son molti che, pacati quando apprendono, sono inquieti quando insegnano, e mentre hanno un maestro paziente, sono feroci col proprio discepolo. Chi non sa infatti con quanta pacatezza viene ad istruirci la sacra Scrittura? Viene uno, vi legge i voleri di Dio: li legge e li capisce. Capisce con animo sereno ciò che beve dal limpido fonte e ciò che bruca dal [prato] verde e pulito. Ecco però che un altro viene ad ascoltare da lui [ciò che ha appreso]. Si sdegna, s'infuria, accusando la tardità d'ingegno di colui che, come a volte succede, capisce con una certa lentezza: lo turba il comprendere scarso di ciò che egli aveva potuto ascoltare sereno.
Prontezza nel comprendere la parola di Dio.
10. Non dico questo, fratelli, perché non si debba, a volte, rimproverare la durezza, che la stessa Verità, sempre così pacata, rimproverava dicendo: O stolti e tardi di cuore nel credere! 47. Occorre però farlo con quell'amore che c'induce a curare le persone, esigendo la diligenza nell'attenzione e dissipando, ove occorra, le nubi della loro mente: quelle nubi che han contratte a causa di preoccupazioni mondane e per le quali, appunto perché pensano a cose inutili, non sono in condizione di udire ciò che è utile. Inoltre, anche se ognuno riscontra in se stesso della tardità [di cuore], non è tempo perso rimproverare anche l'altro affinché voglia pregare Dio che lo liberi dalla tardità e lo riempia della verità. Or dunque, se per nostra negligenza comprendiamo limitatamente ciò che abbiamo ascoltato, dobbiamo prendercela con la nostra stessa negligenza; se invece è lentezza d'ingegno, il sentircela rimproverare sarà sufficiente perché ci si muova a invocare Iddio. Non si debbono pertanto biasimare quei maestri che agiscono così; piuttosto meritano biasimo coloro che lo fanno con animo amaro, invidioso, poiché son costoro che calpestano i pascoli e intorbidano le sorgenti. Ciò che sanno vogliono saperlo in modo che gli altri lo ignorino. Sono uomini dalla coscienza perversa, pieni di gelosia infernale, che hanno letto e compreso [la parola di Dio] con l'invidia non nel corpo ma nel cuore. Alle richieste [rispondono]: Abbondi in molto ed io dovrei confidarti anche questo? sei tu degno di leggere e di ascoltare queste cose? Perché intorbidi l'acqua? La fonte ne versa per tutt'e due! Perché calpesti le erbe destinate al nostro pascolo comune? Non sei stato tu a mandare la pioggia che le ha fatte nascere!.
Essere irreprensibili anche nel comportamento esteriore.
11. C'è in queste parole un altro significato che non reputeremo assurdo. Ecco della gente che conduce una vita buona, ma crede basti avere la [testimonianza della] propria coscienza e non si cura gran che di quello che sul suo conto pensano gli altri. Non si rendono conto, costoro, che, quando uno vede comportarsi negligentemente una persona di buona coscienza (la vedono, ad esempio, fraternizzare con tutti e andare dappertutto; la vedono assidersi ai banchetti idolatrici, certamente perché sa che l'idolo è un nulla), allora la coscienza dell'altro, essendo inferma, riceve l'esempio non dalle cose che vede ma da ciò che sospetta 48. L'uomo infatti, il tuo simile, il tuo fratello, non può entrare nella tua coscienza che solo Dio conosce. Sia dunque la tua coscienza aperta a Dio, ma il tuo comportamento sia edificante per il tuo fratello! Se costui, supponendo in te del male, sarà rimasto turbato e avrà preso da te l'esempio per fare ciò che crede abbia anche tu fatto, dal momento che tu vivi così, cosa giova che il ventre della tua coscienza abbia bevuto acqua pura, se il tuo simile per la tua trascuranza avrà ricevuto del turbamento nella condotta?.
Talora ci si deve contentare della testimonianza della buona coscienza.
12. Quando gente di questa sorta viene rimbrottata affinché non faccia cose simili, te la senti rispondere: Ma l'Apostolo ha detto: Se cercassi di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo 49. Anche in questo caso intorbidi le acque e calpesti pascoli. Considera meglio le parole dell'Apostolo per non intorbidare l'acqua anche a te stesso. Egli diceva: Se cercassi di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo. "Le comprendo benissimo e accetto volentieri la massima dell'Apostolo". Ma non hai letto altro negli scritti dell'Apostolo [stesso] ? Cercate di piacere a tutti in ogni cosa, come anche io cerco di piacere a tutti in tutto, cercando non il mio utile ma ciò che è utile a molti, perché si salvino 50. Inoltre, non hai ascoltato mai le parole dell'Apostolo: Siate irreprensibili di fronte ai giudei e ai greci e alla Chiesa di Dio 51? In terzo luogo, non hai sentito quel che ancora diceva l'Apostolo, e cioè: Procuriamo [di fare] il bene non solo dinanzi a Dio ma anche dinanzi agli uomini 52? Mi replica l'avversario: Esponimi però che senso debbo dare a espressioni fra loro diverse e contrastanti. Da un lato dice l'Apostolo: Se cercassi di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo 53; da un altro viceversa dice: Cercate di piacere a tutti in ogni cosa, come anch'io cerco di piacere a tutti in tutto 54. Da un lato dice: Nostro vanto è la testimonianza della nostra coscienza 55; dall'altro invece: Procuriamo [di fare] il bene non solo dinanzi a Dio ma anche dinanzi agli uomini 56. Se mi ascolterai con pazienza e non intorbiderai a tuo danno l'acqua della tua mente, per quanto mi sarà consentito ti spiegherò forse [la difficoltà]. Ci sono degli uomini soliti pronunziare giudizi temerari, maldicenti, brontoloni, mormoratori, pronti a sospettare ciò che non vedono e a lanciare addosso [all'altro] ciò che nemmeno riescono a sospettare. Contro gente di questa sorta, cosa resta se non contentarsi della testimonianza della propria coscienza 57? In realtà, fratelli, anche nei confronti di coloro ai quali cerchiamo di piacere, non è che cerchiamo la nostra gloria, o che dobbiamo cercarla, ma la loro salvezza, nel senso che, diportandoci noi rettamente, chi ci segue non batta strade sbagliate. Siano nostri imitatori, se noi lo siamo di Cristo 58; se invece noi non siamo imitatori di Cristo, che lo siano per lo meno loro! È Cristo infatti colui che pasce il suo gregge e insieme con tutti coloro che pascolano [nel] bene egli è un solo uomo, poiché tutti sono in lui. Allorché dunque cerchiamo di piacere agli uomini, non cerchiamo il nostro tornaconto, ma vogliamo godere con gli altri: godiamo che a loro piaccia il bene, perché ciò è un loro vantaggio e non perché incrementa la nostra dignità. È poi manifesto contro chi dica l'Apostolo: Se cercassi di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo 59; come anche è manifesto in favore di chi dica: Cercate di piacere a tutti in ogni cosa, come anch'io cerco di piacere a tutti in tutto 60. L'una e l'altra espressione è limpida, palese, pura e non intorbidata. Tu contentati di pascervi e bere; non calpestare né intorbidare.
Non operare il bene per compiacere gli uomini.
13. Tu hai certamente ascoltato dal nostro Signore Gesù Cristo, maestro degli apostoli, le parole: Splendano le vostre opere buone dinanzi agli uomini, in modo che vedano le vostre opere buone e diano gloria al vostro Padre che è nei cieli 61, cioè che vi ha resi quel che siete. Noi infatti siamo popolo del suo pascolo e pecore delle sue mani 62. Se dunque sei buono, sia lodato colui che ti ha fatto buono, non tu che di per te stesso non potevi essere se non cattivo. Perché mai vorresti stravolgere la verità, volendo per te le lodi se riesci a compiere il bene, se invece fai il male volendo che ne sia incolpato il Signore? In effetti, colui che disse: Splendano le vostre opere buone dinanzi agli uomini 63, disse pure nello stesso discorso: Non praticate la vostra giustizia dinanzi agli uomini 64. Ma a te queste cose, come sembravano contrarie quando le diceva l'Apostolo, così quando le dice il Vangelo. Se però non intorbidi l'acqua del tuo cuore, riconoscerai anche qui la pace delle Scritture e tu stesso avrai pace con loro. Se al contrario tu non vorrai aver pace con loro, tu sosterrai nel tuo intimo la tua discordia, esse non resteranno private della loro pace. Ci sono infatti alcuni che vantandosi vorrebbero conquistarsi la stima degli uomini e sventolano le proprie opere buone, riponendo nel plauso degli uomini il fine per cui le compiono: ritengono, quasi, che questa lode umana costituisca il compenso delle loro opere buone. Ora, di questi è detto: In verità vi dico, hanno ricevuto la loro mercede 65, e a loro riprovazione: Guardatevi dal praticare la vostra giustizia dinanzi agli uomini, con l'aggiunta: Per essere osservati da loro 66. Non si spinse oltre con le sue acute precisazioni, si fermò qui. Ora voi, qualunque opera buona compiate, non la compite dinanzi allo sguardo degli uomini per essere da loro osservati sicché questo essere osservati dagli uomini costituisca il fine del vostro agir bene. Dunque non agite così, cioè per esser visti dalla gente. Le nostre opere buone debbono, certo, esser fatte dinanzi agli uomini, ma Cristo non ripose in questo il fine per cui le facciamo, cioè l'essere visti dagli uomini, anche se disse: Risplendano le vostre opere buone dinanzi agli uomini perché vedano le vostre opere buone 67. Non si fermò qui tuttavia, non s'arrestò qui, ma da questa meta ti sollevò in alto, sottrasse te a te (se infatti fossi rimasto in te, saresti caduto), e ti pose in un luogo sicuro. Dice: Vedano le vostre opere buone e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli 68. Non ti stranire per il fatto che venga glorificato lui. Sta' con lui, e in lui sarai glorificato anche tu. Dice l'Apostolo: Affinché nessun uomo possa gloriarsi di fronte a lui 69. Resteremo quindi privi di gloria? No!, poiché egli diceva: Chi si gloria si glori nel Signore 70. E così anche la testimonianza della nostra coscienza è per noi una fonte di gloria perché è in lui. Se infatti la nostra gloria consistesse nel piacere a noi stessi e noi diventassimo persone che si compiacciono di loro stesse, uno che piace a se stesso piace a una persona estremamente balorda.
14. Ebbene, fratelli, preoccupiamoci non solamente di vivere bene ma anche di tenere una buona condotta di fronte alla gente. Procuriamo d'avere non soltanto una buona coscienza ma, per quanto ce lo consente la nostra debolezza, per quanto riesce al controllo della fragilità umana, abbiamo anche l'attenzione di non far nulla che crei dei sospetti nel nostro fratello più debole. Non deve cioè succedere che, mentre noi mangiamo erbe pulite e beviamo acque limpide, calpestiamo i pascoli di Dio e le pecore più deboli debbano mangiare ciò che è stato calpestato e bere ciò che è stato intorbidito. Guai! E questo in vista di colui che dice: Io giudico fra pecora e pecora 71.
Le pecore e i capri.
15. Nei loro riguardi, così dice loro il Signore Dio: Ecco, io giudico tra la pecora forte e la pecora debole 72. Lasciamogli aggiungere un'altra cosa. Già l'abbiamo sentito parlare di coloro che calpestano l'erba e intorbidano l'acqua, ascoltiamo da lui un'altra sorta di male, una sorta di male molto grave. D'ora in poi non fa menzione dei capri: li ha nominati una volta perché noi sapessimo che esistono - lui li conosce bene! -, ma poi parla come se tutti [gli uomini] fossero pecore. Ha parlato una volta conformandosi al modo come vede lui, in seguito parla alla maniera come vediamo noi. Sia noto alle pecore che in mezzo a loro ci sono i capri e che essi alla fine saranno separati; ora voglio stabilire una distinzione tra pecora e pecora. Le pecore e i capri non li conosce nella sua predestinazione e prescienza se non colui che poteva predestinare conoscendo in anticipo. Ora si trovano tutti sotto il segno di Cristo e tutti partecipano della grazia di Dio: tu quindi ti ritieni una pecora, mentre può darsi che Dio sappia essere tu un capro. Comunque, in quanto pecora, ascolta le parole che ti si fanno sentire: Ecco, io giudico tra la pecora forte e la pecora debole.
I malvagi che disperdono le pecore.
16. Con i vostri fianchi e le vostre spalle spingevate e con le vostre corna cozzavate e schiacciavate quelle che erano deboli, fino a cacciarle fuori 73. Chi non comprende quest'affermazione? chi non se ne spaventa? Se nessuna pecora fosse fuori, ciò non sarebbe un fatto accaduto; se invece con lacrime vediamo molte pecore andare errando fuori [dell'ovile], guai a coloro che con le spalle e i fianchi e le corna han provocato questo. Non avrebbero fatto questo se non fossero state pecore forti. Chi sono questi forti? Coloro che presumono delle loro forze. Chi sono questi forti? Coloro che si gloriano della propria giustizia. Responsabili della divisione delle pecore e della loro cacciata dall'ovile non sono se non coloro che si sono autoproclamati giusti. Audaci di spalle e pronti a dare spintoni perché non portano il peso di Dio: fianchi cattivi, amici cospiratori, congrega di ostinati, corna dritte, innalzate dalla superbia. Spingi con i fianchi e con le spalle, scaraventa con le corna, caccia via quel che tu non hai comprato! Ovviamente tutta la questione è questa: che tu sei giusto, mentre gli altri sono ingiusti, ed è cosa sconveniente che il giusto stia con gli ingiusti, sconveniente che il frumento stia con la zizzania 74, sconveniente che le pecore pascolino insieme ai capri fino alla venuta del pastore che non sbaglia nel fare la separazione. Ma sarai tu davvero uno degli angeli incaricati di sradicare la zizzania? Non ti prenderei per un angelo mandato a sradicare la zizzania nemmeno se fosse già arrivata la mietitura 75. Prima della mietitura né tu né alcun altro, chiunque fosse, sareste veri [angeli]. Colui che ha fissato i mietitori ha fissato anche il tempo. Potrebbero anche gli uomini arrogarsi il nome di angeli - e forse nelle Scritture troviamo degli uomini cui si dà il nome di angeli -; io comunque preferisco aspettare il tempo della mietitura. Tu puoi arrogarti il nome di angelo, ma non puoi abbreviare il tempo stabilito per la mietitura. Falsamente quindi asserisci di esserlo, se il tempo di esserlo non è ancora arrivato. Quando questo arriverà e saranno inviati i veri mietitori, non so dove ti troveranno: se cioè debba essere purificato perché ti si accolga nel granaio ovvero legato per essere gettato nel fuoco. Se poi dico "forse", è perché non oso giudicare. Adesso mi rammarico perché sei fuori, né so se un giorno sarai ammesso dentro.
Esortazione e polemica con i donatisti.
17. Al presente, mentre vivi, ascolta quanto è scritto di te in un'altra testimonianza della Scrittura, e non voler sradicare zizzania a tempo indebito: procura piuttosto di entrar dentro te stesso finché c'è tempo. Un'altra Scrittura di Dio dice: Il figlio cattivo da se stesso si proclama giusto 76. Ecco le tue spalle, i tuoi fianchi e le tue corna. Quanto sarebbe meglio che tu, malamente forte, fossi debole! Malamente forte-dico-ma non sano. Una persona malamente forte, metti uno in delirio, è capace di bastonare anche il medico. Se tu ti definisci perfetto, finirai col perderti. Quanto più opportuno, quanto meglio sarebbe stato che tu fossi infermo, affinché ti portasse alla perfezione colui che ti sapeva imperfetto 77! L'apostolo Paolo, vaso di elezione 78, perché non avesse a inorgoglirsi delle rivelazioni - cosa che noi mai avremmo osato affermare se lui non ce ne avesse parlato e noi non avessimo dovuto prestargli fede - dice: Perché non mi insuperbisca della grandezza delle rivelazioni, mi è stato dato un pungolo nella carne, un angelo di satana che mi schiaffeggi 79. Perché non avesse osato alzare le corna, diceva di essere schiaffeggiato. Per questo, continua, pregai tre volte il Signore che me lo togliesse, ma lui mi rispose: Ti basta la mia grazia, poiché la potenza si esplica nella debolezza 80. Quanto è più utile, dunque, la debolezza che vien portata a perfezione che non quella robustezza che allontana le pecore, disperdendole e cacciandole fuori [dell'ovile]! Sei un figlio cattivo tu che ti dici giusto. Il figlio cattivo da se stesso si proclama giusto ma non pulisce la sua uscita 81. Notate, miei fratelli, un'espressione breve quanto a numero delle parole ma grave per il peso della verità. Si proclama giusto per uscire e segregarsi. Si proclama giusto ma è cattivo, e per questo non pulisce la sua uscita. Che vuol dire: Non pulisce? Non purifica, non difende, non scusa. In effetti, perché ti sei separato? perché sei uscito [da noi]? Come non ti palpita il cuore quando dai libri divini ascolti [la sentenza]: Uscirono da noi, ma non erano dei nostri 82? Ammesso sempre che la tua cattiva robustezza, per la quale spingi e urti e sparpagli le pecore di Dio, consenta al tuo cuore la facoltà di trepidare. Quando infatti ascolti il detto: Uscirono da noi, ma non erano dei nostri, chi parla così è uno che sta nella Chiesa. La Chiesa è diffusa in tutto il mondo: tu cosa stai facendo lì fuori? E non sono io a predicarti che la Chiesa è diffusa in tutto il mondo. I profeti, gli apostoli, lo stesso nostro Signore ti hanno detto che la Chiesa è diffusa in tutto il mondo. Or ora, mentre si leggeva il salmo, abbiamo ascoltato: Il Signore non scaccia il suo popolo; e, come se gli fosse stata posta una domanda, risponde: Poiché nelle sue mani sono i confini della terra 83. Lui non scaccia, tu spingi fuori: spingi, sparpagli, escludi. Tacci da traditori, ma non lo dimostri. Tutto questo son corna di uno che sparpaglia, non mitezza di uno che pasce. Ecco il popolo di Dio diffuso fin nelle estremità della terra. Ecco il popolo di Dio che, gemendo e piangendo dinanzi al suo Creatore 84, dice nel salmo al Signore, alla presenza del quale piange: Ho gridato a te dai confini della terra mentre il mio cuore era nell'ambascia 85. Nota come si umili nell'ambascia del suo cuore. E cosa dice essergli stato accordato? Mi hai innalzato sulla pietra. Mi hai innalzato su quella pietra che è Cristo; non mi hai precipitato da quel monte che si chiama Donato. Va' ora, solleva le corna, dilata i fianchi, gonfia le spalle e dando spintoni alle pecore di': Io sono giusto. Ti risponderà la Scrittura: Cattivo [sei], non giusto. Il figlio cattivo si proclama giusto da se stesso 86. Se sei giusto, perché esci fuori? perché scacci fuori gli altri? cosa fai insieme con coloro che cacci fuori? Considerandoti pecora, hai voluto fuggire i capri? Meglio per te che il pastore ti separi da loro [ponendoti] a destra, che essere riprovato insieme con loro alla sinistra. Anche se essi fossero stati capri, tu invece pecora, avresti dovuto pascolare insieme ai capri... In che cosa ti avevano molestato i pascoli o le fonti? Ovvero, alla fin delle fini, in che cosa ti aveva molestato il pastore, che per un certo periodo di tempo aveva voluto tener mescolati i due greggi (così infatti gli è sembrato bene di fare), riservandosi per la fine di fare la separazione? Egli non commetterebbe errore nemmeno se volesse compiere adesso tale separazione, ma la rimanda alla fine; tu al contrario ti metti a separare anzitempo. Non aspetti la fine, pur non sapendo quando arriverà la tua fine. Ma questo perché [succede] se non perché, quegli stessi che hai accusato di essere capri, li hai accusati falsamente? Se infatti li avessi accusati dicendo il vero, non ti saresti separato. La tua separazione è per loro una pulitura. Erano zizzania! Ma perché tu hai voluto separarla prima del tempo? Avresti dovuto essere un grano mescolato ad essa, ed essere piantato nello stesso campo e bagnato dalla stessa pioggia. Perché allora sei uscito? Puoi trovare un motivo? Quelli che accusi, non sei in grado di convincerli. Viceversa, uscendo prima del tempo e separandoti, tu stesso vieni convinto [di errore]. Osserva come sei un figlio cattivo. Tu da te stesso ti definisci giusto, ma non pulisci la tua uscita. Non vengo a dirti che tu, piuttosto, sei un traditore (se lo dicessi facilmente potrei dimostrarlo!); non voglio dirlo perché quell'errore lo commisero i tuoi, non tu, né io voglio attribuire a te le opere degli altri, anche se della tua setta. Osservo le opere compiute da te, e ti rimprovero perché sei fuori, ti rimprovero la tua uscita [da noi]. Metto assolutamente da parte tutte le accuse che si potrebbero rivolgere contro di voi. Ometto [di ricordare] le vostre ubriachezze, gli strozzinaggi e le usure aggiunte ad usure; ometto [di ricordare] i branchi furiosi dei circoncellioni; ometto tutte queste cose e anche le altre che potrei enumerare. Del resto, non tutti fra voi fanno di queste cose. Si faccia avanti e venga a parlare, pertanto, uno che tali nefandezze non compie, uno anzi al quale dispiaccia che vengano compiute nella setta. Non gli rinfaccerò le colpe altrui, ma lo esorterò a pulire la sua uscita. Vedi con quanta esattezza gli si dice: Il figlio cattivo da se stesso si proclama giusto. Il Signore, che parla secondo verità, dice: Il figlio cattivo si proclama giusto da se stesso. Non [lo dico] io, ma lui. Vuole però che anch'io lo chiami giusto? Venga, produca frutti nella pace cattolica e nella pace cattolica li conservi, poiché non esistono frutti dove non li si produce mediante la pazienza. Dice: E porteranno frutti nella pazienza 87. Vuoi vedere come sei stato colpito dalla grandine? Ascolta da un altro passo: Guai a costoro che han perso la pazienza 88.
Dove trovare la vera Chiesa.
18. Supponete ora uno che come spesso capita, si metta a ricercare da che parte sia il [vero] cristiano. Si è messo in cammino per farsi cristiano, constatando che tutta l'umanità si muove verso Cristo. Non vuol essere cristiano attendendosi dei vantaggi temporali: non vuol conciliarsi il favore dell'amico più potente, non conquistarsi la sposa agognata, non evadere da qualche molestia mondana, sebbene ci siano molti che, entrati con queste intenzioni, poi si ravvedano. Supponiamo però che si tratti di uno che vuol provvedere al bene della sua anima e per questo voglia diventare cristiano. Scruta con attenzione e vede là due fazioni: domanda perché gli uni si siano separati dagli altri. Loro rispondono: Ci siamo separati, in quanto giusti, da coloro che erano peccatori, quasi che parlino a un cieco che ne ascolti le parole ma non ne veda le opere. Ma ci può essere uno che osservi la loro condotta, con tutte le cose che poco fa ho ricordate. Costui domanda loro: Ma, per favore! Voi vi chiamate giusti e con questo motivo pretendete di giustificare la vostra separazione. Come mai allora sono tra voi quei tali e quegli altri? Probabilmente non se la sentiranno di negare il fatto, poiché si rimproverano ad essi cose di pubblico dominio; quindi rispondono: È vero che in mezzo a noi ci sono di tali persone, ma forse che siamo tali tutti quanti? Benissimo! Anche uscito fuori ti vedo in compagnia di peccatori. Perché allora non [sei rimasto] dentro? Frutto della tua separazione doveva essere in effetti la vita non più in compagnia con i peccatori. Se fuori ti trovassi senza avere persone come quelle dalle quali tu supponi di essere fuggito, in qualche modo tollererei la tua separazione. Orbene, ritornando a quel tizio intenzionato di diventare cristiano, mettete che egli stia scrutando dove si trovi il [vero] cristiano. Vede gli eretici separati da coloro che sarebbero peccatori, e nello stesso tempo pieni essi stessi di peccatori. Supponete d'altro canto che egli si ponga a scrutare la Chiesa di Cristo, in conformità col tenore di vita che probabilmente tutti si tiene e secondo il quale tenore di vita lui stesso, sebbene provenga dal mondo, è più o meno in grado di giudicare. Ammettiamo che anche nella Chiesa trovi alcuni sobri, altri ubriaconi, alcuni poveri e angariati, altri smaniosi di rubare l'altrui, e così via discorrendo. Vede [mali] qui e [ne] vede là. Dovrà in ultima analisi rivolgersi a Dio, per sapere cosa dica della sua Chiesa. Trova il Signore che della sua Chiesa dice essere diffusa fra tutte le genti. Trova Dio che, anche nella parabola della zizzania, dice: Il campo è questo mondo 89. Non è campo l'Africa ma questo mondo. Per tutto il mondo il grano, per tutto il mondo la zizzania. In effetti, campo è il mondo, seminatore il Figlio dell'uomo, mietitori gli angeli 90, non i capi dei circoncellioni. Grano e zizzania crescono fino alla mietitura; non che cresca la zizzania e decresca il frumento, ma crescono l'una e l'altro fino alla mietitura. Quale mietitura? Ascolta lui! La mietitura è la fine del mondo 91. Il nostro ricercatore ascolta ben bene queste parole e, giudicando assennatamente, cosa conclude? Non voglio essere in quella fazione separata; sarò da quest'altra parte e sarò buono in nome di colui a cui ormai apparterrò. Sarò buono, non facendomi buono da me stesso ma attendendo di diventarlo con l'aiuto di lui; non definendomi da me stesso buono e giusto, ma desiderando d'essere così chiamato da lui. Entra, si fa cattolico. Eccolo, egli purifica la sua entrata: pulisci anche tu la tua uscita! Ma non ce la farai, poiché il figlio cattivo da se stesso si proclama giusto ma non pulisce la sua uscita 92.
La Chiesa è sparsa per tutta la terra.
19. Con i vostri fianchi e le vostre spalle [le] spingevate, e le colpivate con le vostre corna, e opprimevate chi veniva meno fino a cacciarle fuori. Io però le salverò 93. Come son detestabili la loro malizia e crudeltà, così è da lodarsi la misericordia del nostro Pastore e Dio (veramente Dio): egli salverà le sue pecore. Miei fratelli, forse farà questo per mezzo dei più piccoli fra i suoi servi, forse per mezzo di persone indegne come noi, che diciamo: Salvi [Dio] le sue pecore. Che essi però ascoltino la voce del loro pastore e lo seguano 94! Non cerchino la Chiesa sulla base di quanto dicono gli uomini; la cerchino ricorrendo a ciò che dice Dio, a ciò che dice Cristo. Se lui di uno dice che è empio, è empio; se dice che è giusto, è giusto; se dice che è pecora, è pecora; se dice che è capro, è capro 95. Egli è la verità: parli lui e dalle sue parole si ricerchi la Chiesa. Dicci, Signore: Dov'è la tua Chiesa? E lui a tutti: Ma non sapete dove sono io? Gli risponderanno tutti: In cielo alla destra del Padre 96. È la retta fede: questa ho insegnato, seminato, e seminato per il mondo. Continua: Quando professate che io sono in cielo, vi verrà in mente senza dubbio quel salmo che dice: Innalzati sopra i cieli, o Dio. Cercate la Chiesa? Leggete il resto: E sopra tutta la terra [sia] la tua gloria 97. Fratelli, nello stesso passo dove, parlandosi di Cristo risorto e asceso [al cielo], si dice: Innalzati sopra i cieli, o Dio, lì subito si aggiunge: E sopra tutta la terra [sia] la tua gloria. Lo sposo è in cielo, la sposa sulla terra. Egli [si estende] su tutti i cieli, lei su tutta la terra. O eretico, credi a ciò che, essendo in cielo, non vedi, mentre neghi ciò che vedi sulla terra! Dica dunque quel che segue: lo dica e lo si ascolti. Egli salvi le sue pecore! Dice: Io salverò le mie pecore e non saranno più depredate, e io giudicherò fra pecora e pecora 98.
Cristo, raffigurato da David, è il vero pastore.
20. E susciterò sopra di loro un pastore 99. Non aveva egli detto nel brano precedente: Io [le] pascolerò 100? Colui che pascola [le pecore] ora fa sorgere un pastore. O che in così breve spazio di testo egli si sia stancato di pascolare e abbia fatto sorgere un pastore a cui affidare le pecore e lui restarsene esente da preoccupazioni? Vediamo chi chiami pastore e da ciò comprendiamo in che senso, anche suscitando quest'altro pastore, resti lui a pascere e a pascere da solo. Susciterò sopra di loro un pastore e Davide mio servo le pascerà, lui le pascerà 101. Se conoscete la storia, comprendete subito, fratelli, che la profezia riguarda Cristo, venuto fra gli uomini dalla stirpe di Davide. Il nostro profeta, Ezechiele, visse al tempo della captività avvenuta quando il popolo fu deportato in Babilonia. Dal tempo di Davide fino a questa deportazione trascorsero quattordici generazioni 102. Ecco, quanto tempo più tardi dice: E Davide le pascerà. Se questo fosse stato detto al tempo di Noè o di Abramo o di Mosè o anche al tempo di Saul, al quale Davide successe sul trono, potremmo con fondatezza riferirlo a Davide figlio di Iesse e dire che lui sarebbe stato il pastore del gregge di Dio, in quanto a lui, costituito re, sarebbe stato affidato quel popolo. Invece, nel nostro caso, Davide aveva già cessato di regnare, se n'era andato da questa vita, era stato riunito ai suoi padri e godeva la meritata requie 103. Cos'è mai quel che dice: Susciterò Davide e lo costituirò loro unico pastore 104, se non che "Davide" è colui che è venuto [a noi] dalla stirpe di Davide 105? In che maniera dunque Dio ci fa sorgere un pastore? e qual è quest'unico pastore? E te pascerà il mio servo Davide. Poc'anzi ci pascolava lui; ora ci pasce il suo servo Davide. Perché quasi un altro? In effetti, quando ci pasceva lui ci pasceva Dio; e quando ci pasceva Dio, ci pascevano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ora si suscita e si fa avanti quasi un altro pastore. Ma non è un altro pastore. Non è un altro secondo la natura divina poiché, nella stessa natura divina, lui e il Padre sono un solo Dio. Quanto invece alla natura di servo, egli vien suscitato quasi diverso [dal Padre] e come tale inviato a pascere, perché il Padre è maggiore di lui 106. Ascolta come uno solo pasca e colui che pasce sia Cristo: Io e il Padre siamo una cosa sola 107. Ascolta come Cristo venga suscitato perché pascoli: Il Padre è maggiore di me 108. Unico dunque è colui che pasce, in quanto, essendo di natura divina, non stimò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio 109. Lo si suscita a pascere, poiché svuotò se stesso prendendo la natura di servo 110. Questa verità è affermata anche nelle parole del profeta: Le pascerà il mio servo Davide. Servo, cioè nella natura di servo. Servo perché umiliò se stesso assumendo la natura di servo, diventò simile agli uomini e per le sembianze fu trovato uguale all'uomo. Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e morte di croce 111. Lo si susciti, allora, e si faccia pascolare! Dice: Per questo, Dio lo ha esaltato di fra i morti e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome 112. Elevato il suo servo Davide, innalzata ormai la sua natura di servo posta [da Dio] alla sua destra 113, gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome 114. Vedi com'egli pascoli e in quali ampiezze egli pascoli! Sicché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra 115. In quale angusta parte vorresti comprimere, o vanità eretica, un possessore che così si estende?! Hai per caso tanta fiducia nelle tue spalle e corna superbe che non ti curi di raccogliere [le pecore] attorno al pastore ma ti sforzi d'allontanare il pastore dal gregge? Le pascerà il mio servo Davide. Ascoltate Davide che pasce voi pecore; ascoltate la voce del vostro pastore, non la voce degli assassini, non l'urlio dei lupi. Le pascerà il mio servo Davide; lui le pascerà 116. Oh, quale raccomandazione! Egli le pascerà. Nessuno all'infuori di lui dica di pascerle; egli le pascerà. Chi vuol pascerle le pasca in lui poiché egli le pascerà. Diceva poco prima Dio: Io [le] pascerò; ora dice: Egli le pascerà. Ci risponda il Figlio e ci dica: Tutt'e due le affermazioni sono vere, poiché io e il Padre siamo una cosa sola 117. Colui che dice: Io [le] pascerò non mentisce quando dice: Egli le pascerà; e, pur dicendo: Egli le pascerà, non mentisce se dice: Io [le] pascerò. Non credi - diceva - che io sono nel Padre e il Padre è in me? Filippo, chi vede me vede anche il Padre 118. Giustamente dice: Io pascerò, e giustamente dice: Egli pascerà. È una distinzione, non una separazione. Egli le pascerà. Non spaventatevi, voi pecore! Non vi abbandona colui che dice: Egli le pascerà. È Dio che vi pasce: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; Dio in persona vi pasce. Ma occorreva distinguere la natura del servo, non separarla o disgiungerla o costituirla in altra persona. Il Creatore infatti assunse la creatura, non si mutò in creatura; assunse ciò che non era, non perse ciò che era.
Cristo è pastore insieme col Padre.
21. Le pascerà il mio servo Davide. Egli le pascerà e sarà loro pastore e io, il Signore, sarò loro Dio 119. State attenti, fratelli! Osservate l'unità della natura divina e la distinzione delle persone, in modo che non diciamo esser Figlio colui che è Padre né esser Padre colui che è Figlio. Colui che poco prima aveva detto: Io le pascerò dice: Egli le pascerà. E ancora: E sarà loro pastore e io, il Signore, sarò loro Dio. Spiegaci, Signore [quest'affermazione]. Che nessuno intorbidi l'acqua! Beviamo ciò che scaturisce limpido dalla limpida fonte. Perché hai voluto parlare come spezzando [la frase]: Egli sarà loro pastore [e] io sarò loro Dio, quasi che lui sia il nostro pastore e tu il nostro Dio? Perché dire, Signore, che tu non sei nostro pastore ed egli non è nostro Dio? Ascolta con calma! sii mansueto nell'ascoltare la parola, per poterla comprendere. Potrebbe infatti a questo punto ascoltarmi l'orecchio di uno che la pensi diversamente, l'orecchio infetto da veleno ereticale, e deridermi perché ho detto che il Padre e il Figlio sono un solo Dio, anche se non può deridere le tante migliaia di fratelli che hanno un'anima sola 120. Costui potrebbe dirmi: Ecco, Dio asserisce espressamente: Sarà loro pastore il mio servo Davide, che tu hai identificato con Cristo e che non può intendersi diversamente. Come ragione hai addotto che queste affermazioni furono pronunziate dopo la morte di Davide. Or dunque, Cristo sarà loro pastore, mentre io, il Signore, - dice - sarò loro Dio. L'uno sarà pastore, l'altro sarà Dio. Spiegami quindi cosa significhi: Io [le] pascerò 121. Chi diceva: lo [le] pascerò? Certamente Dio di sua bocca diceva: Io pascerò. Come non separava Cristo dalla funzione di pascere quando diceva: Io pascerò, così non separa Cristo dalla divinità quando dice: Io Dio. Ecco, Cristo è pastore; e pastore è anche il Padre. Allo stesso modo Dio è il Padre e Dio è anche Cristo. Come non separi il Padre da Cristo pastore, così non separi Cristo da Dio Padre. Il Padre ha in comune col Figlio la compassione che l'ha indotto a pascerci; il Figlio ha in comune col Padre l'uguaglianza nella [stessa] divinità. Ma, se non si fosse espresso in tal maniera, tu avresti ritenuto per Padre colui che è Figlio. Dicendo dunque: Egli pascerà e: Io sarò loro Dio, ti esorta ad ammettere l'unità nella divinità e la distinzione nelle persone. Il Padre non si separa dal Figlio che pasce, né separa il Figlio dalla sua potestà; devi anzi vedere nel Padre il Dio, Figlio e nel Figlio il Padre, pastore. Dice: Io, il Signore, sarò loro Dio e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro 122. Perché: In mezzo a loro? Perché il Verbo si è fatto carne ed ha abitato in mezzo a noi 123. Principe in mezzo a loro. Per questo è anche mediatore fra Dio e gli uomini 124, perché è Dio come il Padre e uomo come gli uomini. Non mediatore l'uomo privo della divinità, né Dio privo dell'umanità. Ecco il Mediatore. La divinità senza l'umanità non è mediatrice, come non lo è l'umanità senza la divinità. Ma fra l'umanità sola e la divinità sola è mediatrice l'umana divinità e la divina umanità di Cristo. E il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro. Io, il Signore, ho parlato 125 Io, non un non so quale eretico. Io, il Signore, ho parlato.
Il testamento di Dio va rispettato.
22. E disporrò in loro favore un testamento di pace 126, ovviamente ad opera di colui che disse: Vi do la mia pace, vi lascio la mia pace 127. Questo è il testamento del nostro Padre: un testamento di pace. Se qualsiasi [altra] eredità può dividersi fra gli interessati, l'eredità della pace non può dividersi. La nostra pace è Cristo: la pace unifica gli estremi, non divide in due ciò che era uno. Diceva: Egli è la nostra pace, egli unificò le due cose 128. È il testamento di Dio: eredità è la pace. Sia posseduta fra partecipanti concordi, non sia divisa da gente in lite. E disporrò in loro favore un testamento di pace. Svegliatevi, o eretici! Dalla bocca del pastore ascoltate che c'è un testamento di pace; venite alla pace. Voi vi irritate contro gli imperatori cristiani che non fecero valere nelle vostre case i vostri testamenti 129. Notate quanto sia giusta la pena. E cosa rappresenta il fatto che il vostro testamento non vale in casa vostra? Cos'è questo? Che gran cosa è? Codesto [vostro] dolore è un avvertimento, non ancora una condanna. Dio infatti volle usare compassione quando fece il testamento della sua pace. Tu ti addolori per il tuo testamento, se esso non è considerato valido nella tua casa. Tu certamente morrai, e non conosci cosa succederà nella tua casa dopo che sarai morto. Dice: In quel giorno svaniranno tutti i suoi pensieri 130, ed egli non riconoscerà più il suo posto 131. Non conosci dunque cosa succederà a casa tua dopo che sarai morto, tuttavia ti addolora il fatto che nella tua casa il tuo testamento è invalidato. Cristo morì ma risuscitò 132 e dal cielo guarda perché resti valido il suo testamento 133. Destati sospinto dal tuo dolore! In forza della tua sofferenza ravvediti! Sai che a un legno distorto si è soliti avvicinare del calore. Che codesto tuo dolore ti faccia ravvedere! Non è ancora la fiamma del fuoco eterno; è, per così dire, il calore di un fuoco che viene avvicinato al tuo cuore ricurvo, perché ammonito si corregga. Addolorati! Assolutamente giustificato è il dolore che provi perché nella tua casa non viene rispettato il tuo testamento. Casa di Dio è il tuo cuore. Se vuoi che nella tua casa viga il tuo testamento, perché non vuoi che abbia valore il testamento di Dio nella casa di lui? Tu lasci ai tuoi figli delle mura, e ti dispiaceresti se sapessi che i tuoi figli si divideranno [l'eredità] diversamente da come hai disposto tu. Quanta cura hai, quanta sollecitudine provi per una casa miserabile, per un tetto destinato a crollare! Con che forza reagisci - per quanto puoi - all'ardore della febbre, alla malattia che ti tormenta e perfino alla morte che incalza, balbettando le ultime parole affinché veda realizzato il tuo testamento! Quanti legali consulti, quante trappole cerchi d'imbastire pur di dar validità al tuo testamento fatto contro la legge dell'imperatore! Prontamente Dio ti risponde: Non ordire inganni, non cercare formule illegali. Vuoi che abbia valore il tuo testamento? Abbia valore il mio nel tuo cuore. Ti rammarichi perché un altro, contro tua voglia, si prende quello che tu avevi acquistato: che dire della mia eredità, tanto vasta, tanto sacra? Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 134. Lo dissi al mio servo - così ti dice Iddio - ed egli credette pur senza vedere 135. Tu vedi e neghi! Ecco, egli rispettò il testamento fatto [in suo favore]; tu, adesso che ti è noto, lo rescindi. Quando lo si udì [per la prima volta], il mio testamento venne rispettato; quando si adempì, allora lo si aperse; esso è stato osservato fino a che non è giunto nelle tue mani. Tu certo vuoi essere erede; ma forse che il tuo coerede si pone a litigare con te dicendoti: Tu prenditi questa parte, io mi prenderò quella?, ovvero: Prenditi tu la più piccola, io la più grande? Non ti dice: Dividiamo [il testamento], ma: Possediamolo insieme. Questa infatti è la volontà del testatore. Apri e leggi! Ma tu gridi: Io ho fatto in modo che non fosse bruciato; io l'ho preservato dal fuoco. Tu l'hai preservato dal fuoco? Aprilo, e vedi che l'hai conservato proprio per cadere nel fuoco, quantunque io sia ben lontano dal credere che l'hai conservato tu che, a quel che constato, non osservi ciò che vi si prescrive. E disporrò in loro favore un testamento di pace.
Il deserto della coscienza e l'acqua della vita.
23. E sterminerò dalla terra le bestie feroci 136. Sono chiamati bestie i nemici del testamento di pace. Di queste bestie è detto in un altro salmo: Sgrida le belve del canneto 137. Che significa: Le belve del canneto? Le bestie che si oppongono alla sacra Scrittura, scritta appunto con la canna. Sterminerò dalla terra le bestie feroci, e abiteranno nel deserto pieni di speranza 138. Che significa: Nel deserto? Nella solitudine. E "nella solitudine" che significa? Al di dentro, nella coscienza. Grande solitudine, dove non solo non passa alcun uomo ma neanche la raggiunge con lo sguardo. Là abitiamo pieni di speranza, poiché non ancora nel possesso reale. In effetti, quel che di noi sta al di fuori è tutto sconvolto dalle tempeste e dalle tentazioni mondane. Esiste però un deserto interiore: lì interroghiamo la nostra fede; interroghiamo se lì dentro c'è la carità. Vediamo se, mentre diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori 139, non siano solo le labbra a emettere tal voce, ma ci sia anche il cuore. Se è il cuore a dire la verità, se diciamo la verità là dove non penetra sguardo umano, là abbiamo trovato il deserto in cui riposiamo pieni di speranza. Passeranno infatti tutte le tribolazioni del tempo presente, e ciò che era speranza diventerà realtà, e ogni nostro [possesso] sarà realtà. Noi saremo visibili a noi stessi, e il [nostro] pensiero non sarà più una pecora, diciamo così, nascosta. La coscienza non sarà un deserto poiché tutti si conosceranno e non avranno più pensieri occulti quando verrà il Signore e illuminerà i nascondigli delle tenebre e renderà manifesti i pensieri del cuore e allora ciascuno riceverà da Dio la sua lode 140. Adesso viceversa vedi due individui nella tribolazione, ma non puoi vedere il loro cuore. Forse uno prova i rimorsi della coscienza mentre l'altro trova riposo nella coscienza, come in un deserto. E abiteranno nel deserto pieni di speranza e prenderanno sonno 141, avranno cioè quiete, come chi ha i sensi lontani da ogni strepito mondano, e riposeranno dentro di sé, presso i ruscelli. Dentro, in quel deserto, ci sono dei ruscelli di memoria che contengono acque divine, scaturite dalla mente di chi possiede e medita la Scrittura. Occorre però che quanto hai letto e ascoltato tu lo fissi nella tua mente puro, limpido e inviolabile e che cominci a farlo depositare in quel deserto interiore che è la buona coscienza. Allora dall'interno della tua mente si effonderà e fluirà, in qualche modo, il ricordo della parola di Dio, e tu, riposando con gli altri pieno di speranza, dici: È vero: buon per me! Questa è la mia speranza; questo mi ha promesso Dio. Egli non mentisce; io sono tranquillo. Questa tranquillità è il sonno presso i ruscelli. Prenderanno sonno presso i ruscelli 142.
24. E darò loro la benedizione intorno al mio colle 143. Sebbene sia un monte, sebbene sia un colle, ci piaccia stare attorno ad esso. Colle è Cristo: il quale se è in mezzo a noi, noi siamo attorno a lui. Poc'anzi aveva detto infatti: Davide [sarà] principe in mezzo a loro 144. Essendo principe, è anche colle: un colle dolce, non scosceso e difficile a salirsi, a meno che non vi si posino i piedi dall'alto. E do loro la benedizione intorno al mio colle, e manderò la pioggia a suo tempo 145, cioè la pioggia della parola di Dio. C'è infatti anche una pioggia nociva: quella che abbatte la casa costruita sulla rena e alla quale è molto che resista la casa fondata sulla roccia 146. È la pioggia della tentazione, che causa crolli e non irriga la terra. Non sarà di questo genere la pioggia che il Signore dice di voler mandare. Cosa dice infatti? Saranno piogge di benedizione 147. Al sentirti nominare la pioggia, t'eran venuti dei dubbi. Saranno piogge di benedizione, non di tentazione. Saranno piogge di benedizione.
La nostra terra darà il suo frutto.
25. Osserva ora i frutti di quella pioggia. E gli alberi che sono nel campo daranno il loro frutto 148. Nel campo, nella pianura; non in località scoscese ma nella facilità, per così dire, della vita. Ha definito "campo " quella facilità della vita presente, che non ha in sé nulla di arduo, di faticoso, di difficile, qual è nella Chiesa di Dio la vita di molti fedeli sposati con figli e case proprie. Sono come gli alberi in un campo; non son riusciti a salire su alcuna vetta scoscesa. Ricevano però la pioggia! Daranno anche questi alberi il loro frutto 149 Frutto di questi alberi è: Spezza il tuo pane all'affamato e accetta in casa tua il povero senza tetto 150. A tali alberi diceva l'Apostolo: Non che io cerchi il dono ma esigo il frutto 151. E gli alberi che sono nel campo daranno il loro frutto. Se non ne avranno uno più grande, tuttavia un loro frutto l'avranno. E la terra darà i suoi prodotti: tutta la terra. E abiteranno nella loro terra 152. Campi, colli, monti, tutti daranno i loro prodotti. Cosa potrà [dare] il campo? cosa il colle? cosa il monte? Basta soltanto che l'agricoltore lo riconosca. E abiteranno nella loro terra pieni di speranza. Vedete come prometta quelle cose che in questo tempo dona a noi. Se infatti dice: Nella speranza, intendo: Adesso, al presente. Quando raggiungeremo le promesse, non ci sarà più la speranza ma la realtà.
26. E sapranno che io sono il Signore, quando io spezzerò le spranghe del loro giogo: le spranghe da cui è schiacciato il loro collo 153. Signore, spezza le spranghe con le quali gli eretici schiacciano il collo dei deboli. Cosa c'è infatti di più stretto e pressato da spranghe che [le minacce]: Non ascoltare Cristo, ascolta me? Getta via le spranghe, procura di respirare. Non so cosa tu dica. Ascolto la voce del mio pastore: In tutte le genti cominciando da Gerusalemme 154. Lasciami seguire il pastore! Perché vuoi schiacciarmi? Togli le spranghe dal mio collo, e io prenderò su di me il giogo leggero del mio Signore 155. Egli ascolta queste parole e mi stringe. Signore, l'eretico non vuol ritrarre le sue spranghe; tu spezzale. La croce del Signore solleva, le spranghe dell'eretico schiacciano; ma saranno spezzate. Quando spezzerò le spranghe del loro giogo. Vogliono infatti imporre sulla testa degli uomini il loro dominio, pretendendo che siano soggetti a loro, non a Dio. Quando spezzerò le spranghe del loro giogo e li libererò dalle mani di coloro che li riducevano in schiavitù 156. Che significa: Li riducevano in schiavitù? Li costringevano a peccare. Chiunque infatti commette peccato è schiavo del peccato 157. Vedete, fratelli, di che cosa li vogliono persuadere. A dire: Essi risponderanno per noi; noi siamo pecore e li seguiamo dove ci conducono. Sei pecora? ascolta il pastore, non il lupo 158.
Gli eretici son discordi fra loro, d'accordo contro l'unità della Chiesa.
27. E non saranno più devastati dalle genti 159. In tutte le genti non mancano infatti [i predatori], alcuni qui, altri là. Non gli stessi qui e là, tuttavia né qui né là mancano coloro che con spranghe schiacciano il collo dei fedeli. Discordi fra loro, son tutti concordi contro l'unità [della Chiesa]. L'unità però non dissente da se stessa; combatte e s'affatica dovunque contro tutti coloro che da lei dissentono. Ha però un riposo nel deserto. E non saranno più devastati dalle genti e gli animali feroci non li divoreranno più 160. Ascoltando la voce del pastore saranno sottratti ai morsi dei lupi. Non li sbraneranno quelle belve del canneto che vogliono stravolgere le Scritture traendole al senso da loro inteso, che distolgono l'orecchio dai passi espliciti della Scrittura, esigendo d'essere ascoltati mentre loro ricusano d'ascoltare la Scrittura. E gli animali feroci non li divoreranno più ma abiteranno nella speranza. Osservate in quante maniere dimostri che quanto promette adesso lo promette per quaggiù: parla cioè di cose che fa vedere fin da questo mondo. E non ci sarà chi li spaventi 161. Come non ci sarà più chi li spaventi? Non ci sarà nessuno assolutamente. Confido nel Signore 162. E comincerà a dire l'uomo: In Dio loderò il discorso, nel Signore loderò la parola 163; non la loderò in me. Essi lodano in sé la parola e dicono: Credete ciò che noi vi diciamo; noi lodiamo nel Signore la parola dicendo: Crediamo quel che ci vien detto dal Signore. Non ci sarà chi ci spaventi perché in Dio loderò il discorso, nel Signore loderò la parola: in Dio ho sperato, non temerò quel che potrà farmi l'uomo 164. Non ci sarà chi li spaventi.
Scandalo del pagano nell'osservare le discordie fra cristiani.
28. E susciterò una piantagione di pace 165. Testamento di pace, piantagione di pace. Germogli ciò che ha piantato Dio; sia sbarbicato ciò che ha piantato l'eretico! Ciò che Dio ha piantato da sé o per mezzo della sua Chiesa: da sé in cielo, per mezzo della Chiesa sulla terra; da sé sopra tutti i cieli, per mezzo della Chiesa sopra tutta la terra. Ecco quel che ha piantato Dio. [Mi si dice] tuttavia: Vieni qua, sii della fazione di Donato; la Chiesa è soltanto in Africa. Non [ti] ha piantato Dio; non ti riconosco per pianta di Dio. Ciò che dici è da svellersi, non da irrigarsi. E susciterò loro una pianta di pace, né ci saranno più coloro che sulla terra saranno consumati dalla fame 166. Veramente, fratelli, c'è della fame. Cercate e vi accorgerete che sorta di fame patiscono, e, ciò che è peggio, hanno il cibo in bocca ma non vogliono mangiarlo. Sono esattamente come i malati che spesso muoiono di nausea: non che manchi loro da mangiare, ma non vogliono mangiare, anzi lo rifiutano. Difatti con certezza anche le Scritture parlano di queste cose, e ne risuona il salmo qui e là: Si ricorderanno e si convertiranno al Signore tutti i confini della terra e lo adoreranno tutte le stirpi delle genti 167. Ecco il cibo posto nel piatto. Se tu fossi sano e ne mangiassi, forse che resteresti da quella parte? Non ci saranno più coloro che sulla terra saranno consumati dalla fame e non saranno più gravati della maledizione delle genti 168. Veramente, fratelli, nel nome di Cristo la Chiesa è elevata a tanto fastigio da esserne confusi tutti i detrattori: i quali non osano nemmeno sparlarne. Questo solo è loro rimasto da dire contro di noi: Perché fra di voi non siete d'accordo? I pagani rimasti, non avendo nulla da dire contro il nome di Cristo, rinfacciano ai cristiani la discordia esistente fra loro. Pertanto, tutti coloro che dall'eresia son passati alla Chiesa cattolica non hanno da sostenere questo insulto da parte dei gentili: non porteranno la maledizione della discordia, in quanto sono stabili nella radice dell'unità, nella piantagione della carità. Non saranno gravati di maledizione.
29. E sapranno che io sono il Signore loro Dio, mentre essi [saranno] il mio popolo, la casa d'Israele: oracolo del Signore Iddio 169. Ecco, sono pecore; ecco, sono anche vigna. Di una certa vigna parlava il profeta Isaia, rimbrottando una vigna cattiva, in modo che la vite non dicesse di non aver capito. Si spiega alla fine quando dice: Vigna del Signore delle schiere è la casa d'Israele 170, affinché non dicessero: Non si riferisce a noi, ma a non so quale vigna. Lo stesso qui. Avendo parlato di pecore, al termine volle impedire che qualcuno pensasse: Forse, in non so qual posto ci sono delle pecore di Dio, pecore delle quali Dio ha cura ma che io non conosco. Chi pensasse così cadrebbe, nelle sue distinzioni, in un assurdo contro il senso comune dell'umanità; tuttavia il Pastore divino per condiscendenza verso gli infermi si abbassa fino a tali pensieri ed espone inequivocabilmente quali siano le sue pecore. E mie pecore, pecore del mio gregge, siete voi uomini 171. Ma quali uomini? Tutti? No. Difatti, beato l'uomo la cui speranza è il Signore Dio 172. E ancora: Quanto è buono Iddio d'Israele per i retti di cuore! Beato l'uomo il cui Dio è il Signore 173.
Gli uomini posseggono Dio e son possesso di Dio. . .
30. Dio è al disopra di tutti. Tuttavia non è facile avere il coraggio di dire: Mio Dio, a meno che non si tratti di uno che creda in lui e lo ami. Costui può dire: Mio Dio. Ti sei fatto tuo, appropriandolo a te, colui al quale appartieni. Questo è quel che egli ama. Sicuramente! Nella dolcezza del tuo affetto e nell'amore pacato e oltremodo fiducioso, di': Mio Dio. Lo dici tranquillo e dici la verità affermando che è tuo: con questo non fai che non sia degli altri. Non dici infatti: Mio Dio, come dici: Il mio cavallo. Il tuo cavallo, appunto perché tuo, non è degli altri. Dio è tuo e di qualsiasi altro che, come te, dica: Mio Dio. Ognuno dice: Mio Dio, mio Dio. Egli è di tutti e a tutti in comune si concede per essere goduto, intero in tutti, intero in ciascuno, poiché quanti dicono: Mio Dio, non se lo dividono in parti fra loro. Ecco il discorso che ora sto pronunciando con la lingua. Col suono continuato delle lettere e delle sillabe esso giunge intero a ciascun uditore, né i diversi uditori se lo dividono in parti fra loro. Effettivamente, un discorso che risuona fisicamente agli orecchi del corpo viene percepito interamente da tutti gli uditori, sebbene in maniera più forte da chi sta vicino e più debole da chi sta lontano. Non viene diviso in sillabe, fra i diversi uditori, ma tutti lo ricevono per intero 174. Quanto più non sarà posseduto da tutti in maniera identica Iddio, che è presente ovunque e tutto riempie, non in maniera più marcata ciò che è vicino e in maniera più fioca ciò che è lontano, ma si estende con fortezza da un estremo all'altro e tutto dispone con soavità 175? Ecco, miei fratelli, la luce del giorno. È certamente corporea, splende dal cielo, nasce, tramonta, si muove, passa da luogo a luogo; eppure in essa si muovono e ad essa si indirizzano gli occhi di tutti: la posseggono in uguale maniera, senza per ciò dividerla, gli occhi di tutti. Nessun ricco le ha posto un confine né, arrivato per primo a guardarla, ha o escluso o delimitato la vista del povero. Dica il povero: Mio Dio; dica il ricco: Mio Dio. Il primo ha meno, l'altro ha più, ma in fatto di oro, non in ordine a Dio. Per raggiungere Dio Zaccheo, che era facoltoso, diede metà del suo patrimonio 176; Pietro per raggiungerlo lasciò le reti e la barca 177; per raggiungerlo quella vedova diede due spiccioli 178. Per raggiungerlo, uno ancora più povero porse un bicchiere di acqua fresca 179 e un altro, assolutamente povero e sprovvisto di beni, lo raggiunse ponendo soltanto la buona volontà. Diedero cose di diverso valore, ma raggiunsero l'Unico, perché non amarono cose diverse [da lui]. Così anche voi, uomini, pecore di Dio, pecore del gregge di Dio, non vi angustiate per ciò che nel tempo presente vi diversifica. Alcuni sono onorati, altri privi di onori; alcuni posseggono denaro, altri no; alcuni si presentano con una bella corporatura, altri con una meno bella; alcuni sono sfiniti dall'età, mentre altri sono giovani o ragazzi; alcuni sono uomini, altre sono donne. Dio è presente a tutti nella stessa misura. Presso di lui occupa spazio più ampio colui che gli presenta una maggiore quantità non di argento, ma di fede. Dice: E voi, uomini, siete mie pecore e pecore del mio gregge, e io sono il vostro Dio, oracolo del Signore Iddio 180. O noi beati per un tale possesso e per un tale possessore! Difatti egli possiede noi e noi possediamo lui. Ci possiede in quanto ci coltiva, lo possediamo in quanto gli tributiamo il culto. Noi lo onoriamo come Dio, lui ci coltiva come suo campo. Lui ci coltiva perché produciamo frutto, noi lo onoriamo per poter produrre [questo] frutto 181. Tutto si rifonde su di noi poiché lui non ha bisogno di noi. Dice: Ti darò come tua eredità e come tuo possesso gli estremi confini della terra 182. Ecco in che modo siamo suo possesso. Dice: Il Signore è parte della mia eredità e del mio calice 183. Ecco in che modo egli è nostro possesso. Tuttavia occorre tener presente la distinzione: Voi siete uomini, io il Signore vostro Dio, oracolo del Signore Iddio 184 nostro.
1 - Sal 94, 6-7.
2 - Sal 94, 6- 7.
3 - Sal 94, 7.
4 - Cf. Sal 114, 9.
5 - Cf. Ap 7, 17.
6 - Cf- Sal 114, 8-9.
7 - Cf. Is 9, 2.
8 - Cf. Rm 12, 12.
9 - Cf. Ez 34, 1-16; Sermo 46.
10 - Cf. Gv 10, 13.
11 - Cf. Sermo 46, 3.
12 - Sal 94, 6.
13 - Ez 34, 17.
14 - Sal 79, 2.
15 - Sal 120, 4.
16 - Gv 10, 27.
17 - Is 42, 14.
18 - Is 42, 14.
19 - Mt 25, 34.
20 - Mt 25, 41.
21 - Cf . Sal 94, 6-7.
22 - Cf. CICERO, In Catil. 1, 1.
23 - Rm 2, 4.
24 - Is 42, 14
25 - Rm 2, 21-22.
26 - Rm 2, 4.
27 - Rm 2, 5-6.
28 - Sal 49, 21.
29 - Sal 49, 21.
30 - Cf. Mt 4, 4.
31 - Ez 34, 17.
32 - Mt 13, 28.
33 - Mt 13, 27.
34 - Cf. Mt 13, 28-29.
35 - Mt 13, 29.
36 - Mt 13, 30.
37 - Mt 13, 39.
38 - Mt 25, 31-32.
39 - Ez 34, 17.
40 - Sal 10, 6.
41 - Mt 6, 10.
42 - Mt 6, 12.
43 - Cf. Mt 6, 12.
44 - Sal 94, 2.
45 - Ez 34, 18-19.
46 - Ez 34, 17.
47 - Lc 24, 25.
48 - Cf. 1 Cor 8, 10.
49 - Gal 1, 10.
50 - 1 Cor 10, 33.
51 - 1 Cor 10, 32.
52 - 2 Cor 8, 21.
53 - Gal 1, 10.
54 - 1 Cor 10, 33.
55 - 1 Cor 1, 12.
56 - 2 Cor 8, 21.
57 - Cf. 2 Cor 1, 12.
58 - Cf. 1 Cor 4, 16.
59 - Gal 1, 10.
60 - 1 Cor 10, 33.
61 - Mt 5, 16.
62 - Sal 94, 7.
63 - Mt 5, 16.
64 - Mt 6, 1.
65 - Mt 6, 2.
66 - Mt 6, 1.
67 - Mt 5, 16.
68 - Mt 5, 16.
69 - 1 Cor 1, 29.
70 - 1 Cor 1, 31.
71 - Ez 34, 17.
72 - Ez 34, 20.
73 - Ez 34, 21.
74 - Cf. Mt 13, 26.
75 - Cf. Mt 13, 39.
76 - Prv 30, 12 (sec. LXX = 24, 35).
77 - Cf. Sal 138, 16.
78 - Cf. At 9, 15.
79 - 2 Cor 12, 7.
80 - 2 Cor 12, 8-9.
81 - Prv 30, 12.
82 - 1 Gv 2, 19.
83 - Sal 94, 4.
84 - Cf. Sal 94, 6.
85 - Sal 60, 3.
86 - Prv 30, 12.
87 - Lc 8, 15.
88 - Sir 2, 16.
89 - Mt 13, 38.
90 - Mt 13, 39.
91 - Mt 13, 39.
92 - Prv 30, 12.
93 - Ez 34, 21-22.
94 - Cf. Gv 10, 27.
95 - Cf. Gv 14, 6.
96 - Cf. Rm 8, 34; Symb. Apostol.
97 - Sal 107, 6.
98 - Ez 34, 22.
99 - Ez 34, 23.
100 - Ez 34, 13.
101 - Ez 34, 23.
102 - Cf Mt 1, 6-11
103 - Cf. At 13, 36.
104 - Cf. Ez 34, 13.
105 - Cf. Rm 1, 3.
106 - Cf. Gv 14, 28.
107 - Gv 10, 30.
108 - Gv 14, 28.
109 - Fil 2, 6.
110 - Fil 2, 7.
111 - Fil 2, 7-8.
112 - Fil 2,9.
113 - Cf. Rm 8, 34.
114 - Fil 2, 9.
115 - Fil 2, 10.
116 - Ez 34, 23.
117 - Gv 10, 30.
118 - Gv 14, 9-10.
119 - Ez 34, 23-24.
120 - Cf. At 4, 32.
121 - Ez 34, 13.
122 - Ez 34, 24.
123 - Gv 1, 14.
124 - 1 Tm 2, 5.
125 - Ez 34, 24.
126 - Ez 34, 25.
127 - Gv 14, 27.
128 - Ef 2, 14.
129 - Cf. Cod. Theod. 16, 5, 54.
130 - Sal 145, 4.
131 - Sal 102, 16.
132 - Cf. Rm 8, 34.
133 - Sal 32, 13.
134 - Gn 22, 18.
135 - Cf. Gn 15, 6.
136 - Ez 34, 25.
137 - Sal 67, 31.
138 - Ez 34, 25.
139 - Mt 6, 12.
140 - 1 Cor 4, 5.
141 - Ez 34, 25.
142 - Ez 34, 25.
143 - Ez 34, 26.
144 - Ez 34, 24.
145 - Ez 34, 26.
146 - Cf. Mt 7, 27.
147 - Ez 34, 26.
148 - Ez 34, 27.
149 - Cf. Sal 1, 3.
150 - Is 58, 7.
151 - Fil 4, 17.
152 - Ez 34, 27.
153 - Ez 34, 27.
154 - Lc 24, 47.
155 - Cf. Mt 11, 30.
156 - Ez 34, 27.
157 - Gv 8, 34.
158 - Cf. Serm. 46, 21.
159 - Ez 34, 28.
160 - Ez 34, 28.
161 - Ez 34, 28.
162 - Sal 10, 2.
163 - Sal 55, 11.
164 - Sal 55, 11.
165 - Ez 34, 29.
166 - Ez 34, 29.
167 - Sal 21, 28.
168 - Ez 34, 29.
169 - Ez 34, 30.
170 - Is 5, 7.
171 - Ez 34,31.
172 - Sal 72, 1.
173 - Sal 145, 5.
174 - Cf. Sap 1, 7.
175 - Cf. Sap 8, 1.
176 - Cf. Lc 19, 8.
177 - Cf. Mt 4, 22.
178 - Cf. Mc 12, 42; Lc 21, 2.
179 - Cf. Mt 10, 42.
180 - Ez 34, 31.
181 - Cf. Gv 15, 16.
182 - Sal 2, 8.
183 - Sal 15, 5.
184 - Ez 34, 31.
Fiori e frutti a Maria
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaLa sera del 30 maggio 1865, chiudendo il mese di Maria, Don Bosco
raccontò di aver visto in sogno un grande altare dedicato alla Vergine e
i giovani del suo Oratorio che, in processione, avanzavano cantando
verso di esso.
Alcuni cantavano con voci angeliche, altri con voci roche, altri
stonavano; c’erano perfino dei ragazzi che sbadigliavano annoiati.
Tutti portavano un dono da offrire a Maria, ma che varietà di doni! Chi
portava un mazzo di rose, chi di gigli, chi di violette; chi portava
agnelli, chi conigli, chi pesci, chi noci, chi uva ecc, ecc. C’erano
però anche di quelli che portavano alla Vergine dei doni proprio strani:
chi portava una testa di porco, chi un gatto, chi un piatto di rospi.
Un bellissimo Angelo, forse l’Angelo Custode dell’Oratorio, stava
davanti all’altare e riceveva i doni e li poneva sull’altare. Prima però
toglieva i fiori belli ma senza odore, come le dalie e le camelie;
soprattutto toglieva le spine e i chiodi che si nascondevano in alcuni
mazzi..
Vennero avanti anche i giovani che portavano doni strani e indegni.
— Come! Tu hai il coraggio di offrire alla Vergine un porcello?!
— disse l’Angelo al primo —. E non sai che significa l’impurità, e Maria è la Tuttapura, la Tuttasanta? Allontànati di qui.
Vennero altri che portavano un gatto e l’Angelo li respinse con sdegno:
— Non sapete che il gatto significa il furto?
A quelli che portavano un piatto di rospi, l’Angelo gridò sdegnato. — I
rospi simboleggiano i vergognosi peccati di scandalo e voi venite a
offrirli alla Vergine?
Ci furono anche alcuni che si avanzavano con un coltello piantato nel cuore, simbolo dei sacrilegi.
— Non vedete — disse loro l’Angelo — che avete la morte nel cuore? Per carità fatevelo cavare quel coltello!
E anche costoro furono respinti.
Quando tutti ebbero offerto i loro doni, comparvero due Ange li che
sorreggevano due ceste piene di magnifiche corone, composte di rose
stupende. L’Angelo Custode ne incoronò tutti i giovani i cui doni erano
stati graditi, e disse loro:
— Maria oggi ha voluto che voi foste incoronati di così belle rose. Fate
in modo che non vi vengano tolte praticando l’umiltà, l’ubbidienza, la
purezza. Tre virtù che vi renderanno sempre cari a Maria e vi faranno
degni di ricevere una corona infinitamente più bella di questa. I
giovani incoronati espressero la loro gioia con il canto Lodate Maria
con voci così forti che Don Bosco si svegliò.
Don Bosco stesso diede questa interpretazione: i fiori inodori sono le
opere buone fatte per fini umani; le spine, le disubbidienze, i chiodi, i
peccati gravi.
E terminò dicendo: « Miei cari, io so quali furono incoronati e quali
quelli scacciati dall’Angelo. Lo dirò ai singoli affinché procurino di
portare alla Vergine doni che Essa si degni di accettare».
17 settembre 1943
Maria Valtorta
Dice Gesù:
«Quanto ha detto la Sapienza nel cap. 6° v. 1-10 è già stato spiegato[347] da Me più di una volta da quando ti sono Maestro in maniera più vasta di quanto non lo sia per molti tuoi fratelli. Non fermiamoci perciò a considerare quelle parole. La Sapienza vera te le ha spiegate molto avanti che il Libro si aprisse per te a quella pagina.
E non stupire se più volte troverai nel Libro sentimenti e parole uguali a quelle che hai udite direttamente da Me. Io sono la Parola del Padre. E la Parola è una. Perciò è la stessa ora come lo era al tempo dei patriarchi e profeti. Naturale, quindi, che leggendo le antiche parole tu le abbia a trovare uguali alle nuovissime che odi da Me. Sono Io che ti parlo come ero Io che parlavo ai lontani. E se i tempi vostri e i vostri pensieri sono tanto mutati, e se tu, mio piccolo Giovanni, sei tanto diversa dai solenni patriarchi e dai veementi profeti, Io sono sempre quello, uguale, immutabile nella parola, nella dottrina.
Non muta Iddio. Si adegua ai vostri mutamenti, alla vostra - chiamiamola pure - evoluzione nei contorni del suo lavoro, ma il nucleo di esso, ma il contenuto vero del suo insegnamento in quello che non è cosa della vita che passa, ma cosa dell’anima che non muore, resta e resterà sempre quello, anche se la Terra rimanesse Terra per mille e diecimila anni ancora e l’uomo raggiungesse una evoluzione materiale - nota bene - tale da permettergli di abolire le leggi dello spazio, della gravitazione, della velocità, e divenisse quasi onnipresente mediante strumenti che aboliscono le separazioni, e ai quali è incamminato, e che voi chiamate con nomi scientifici di televisione, telefoto e simili, o, mediante altri strumenti, abolisse l’impossibilità di agire a distanza, creando i radiocomandi che scateneranno sulla Terra la vendetta demoniaca delle deflagrazioni a distanza, dei raggi mortali e simili creazioni dal marchio satanico.
Non potrò mai Io dirvi, anche se riusciste a divenire assalitori d’altri pianeti e creatori di raggi potenti come il raggio del mio sole e captatori di onde che aboliscono, per l’udito e per l’occhio, le più sconfinate distanze, che vi è lecito abolire la legge della Carità, della Continenza, della Sincerità, dell’Onestà, dell’Umiltà. No, non ve lo potrò mai, mai dire. Ma anzi ora e sempre vi dico e vi dirò: “Siate benedetti se usate l’intelletto a scoperte di bene comune. Siate maledetti se prostituite la vostra intelligenza con un illecito commercio col Male per partorire opere di malvagità e distruzione”.
E basta su ciò. Ti parlo invece per quello che ti può essere conforto e guida.
È detto[348] nell’Ecclesiastico cap. 33 v. 11-15 che diversi sono i destini dell’uomo.
Chi segna il vostro destino? Questo è un grande punto da stabilirsi per non cadere in errore. Errore che può essere cagione di pensiero blasfemo e anche di morte dell’anima. L’uomo dice delle volte: “Posto che il destino lo fa Iddio, Dio fu ingiusto e malvagio con costui perché lo ha colpito da sventure”.
No, figlia. Dio non è mai malvagio e non è mai ingiusto. Voi siete dei miopi e non vedete che molto malamente e solo le cose che sono vicine alla vostra pupilla. Come potete voi allora sapere il perché - scritto nel Libro del Signore - del destino vostro? Come potete voi, dalla Terra, granello di polvere turbinante nello spazio, comprendere ciò che è la verità vera delle cose e che è scritta in Cielo? Come dare un nome giusto ad una cosa che vi accade?
Il bambino al quale la madre porge una medicina piange, chiama brutta e cattiva la madre, cerca respingere quel farmaco che a lui appare inutile e ripugnante. Ma la madre sa che essa fa ciò non per cattiveria, ma per bontà, sa che nella autorità che dispiega in quel momento per farsi ubbidire essa non è brutta, ma anzi si riveste di una maestà che l’abbellisce, essa sa che quella medicina è utile alla sua creatura e con carezze o con voce severa la obbliga a prenderla. Se la madre potesse prenderla lei per guarire il suo piccino malato, quanta ne prenderebbe!
Anche voi siete dei bambini rispetto al Padre buono che avete nei Cieli. Egli vede le vostre malattie e non vuole che rimaniate ammalati. Vi vuole sani e forti, il vostro Padre d’amore. E vi dà i farmachi per rendere robuste le vostre anime, per raddrizzarle, guarirle, per renderle non solo sane ma anche belle.
Se Egli potesse farne a meno, di farvi piangere, credete che lo farebbe, Egli il cui Cuore tutto amore è rigato dalle lacrime dei suoi figli? Ma a ognuno il suo tempo. Egli ha fatto tutto per voi, per portarvi alla salute eterna. Si è persino esiliato dai Cieli, ha persino spremuto il suo Sangue fino all’ultima goccia per darvelo, farmaco santissimo che sana ogni piaga, vince ogni malattia, rinforza ogni debolezza.
Ora è il vostro tempo. Poiché, nonostante la Parola scesa dai Cieli a darvi la guida della Vita e nonostante il Sangue profuso per redimervi, voi non avete saputo staccarvi dal peccato e in esso sempre ricadete, Egli, l’Eterno che vi ama, vi dà un castigo di dolore, più o meno grande a seconda dell’altezza a cui vuole portarvi o del punto fino al quale vuole farvi espiare quaggiù il vostro debito di figli disertori.
Vi sono, è vero, creature che hanno il dolore per divenire splendenti di doppia luce nell’altra vita. Ma vi sono altre creature che devono avere il dolore per detergere la loro stola macchiata e raggiungere la luce. Sono la grande maggioranza. Ma - è un controsenso ma è vero - ma sono proprio costoro che più si ribellano al dolore e dicono ingiusto Iddio e cattivo perché li abbevera di dolore. Sono i più malati e si credono i più sani.
Quanto più uno è nella Luce e tanto più accetta, ama, desidera il dolore.
Accetta quando è una volta nella Luce.
Ama quando è nella Luce due volte.
Desidera e chiede il dolore quando è tre volte nella Luce, immerso in essa e vivente di essa.
Mentre invece, quanto più uno è nelle tenebre e più fugge, odia, si ribella al dolore.
Fugge: le anime deboli che non hanno forza di compiere il gran male e il bene, ma vivacchiano una povera vita spirituale avvolta nelle caligini della tiepidezza e delle colpe veniali, hanno una paura incoercibile per ogni pena, di qualunque natura sia. Sono spiriti senza scheletro, senza forza.
Odia: i viziosi, ai quali il dolore è ostacolo a seguire i vizi d’ogni natura, odiano questo grande maestro di vita spirituale.
Si ribella: il grande peccatore, venduto totalmente a Satana, accumula delitto a delitto spirituale attingendo le vette della ribellione che sono bestemmia e suicidio o omicidio, pur di vendicarsi (almeno egli lo crede) della sofferenza. Su questo l’opera paterna di Dio si tramuta in fermentazione di male, perché esso gran peccatore è impastato col Male come farina impastata col lievito. E il Male, come lievito sotto la lavorazione del dolore, gonfia in essi e li rende pane per l’Inferno.
A quale hai appartenuto di queste tre categorie? A quale appartieni ora? In quale vuoi restare? Non occorre la risposta. La so. È per questo che ti parlo e sono con te.
Altre volte l’uomo dice: “Se ognuno ha un destino segnato è inutile arrabbattarsi e lottare. Lasciamoci andare, tanto tutto è segnato”.
Altro pernicioso errore. Il destino è conosciuto da Dio, sì. Ma voi lo conoscete? No. Non lo conoscete ora per ora.
Ti porto un esempio. Pietro mi rinnegò.[349] Nel suo destino era segnato che egli conoscesse questo errore. Ma egli si pentì di avermi rinnegato e Dio lo perdonò e lo fece suo Pontefice. Se egli avesse persistito nel suo errore, avrebbe potuto divenire il mio Vicario?
Non dire: era destinato. Non dimenticare mai che Dio conosce i vostri destini, ma il destino lo fate voi. Egli non violenta la vostra libertà d’azione. Vi dà i mezzi e i consigli, vi dà gli avvertimenti per rimettervi sulla via buona, ma se voi non ci volete stare su quella via, Egli non vi ci forza a restare.
Siete liberi. Vi ha creati maggiorenni. Gioia di Dio è se voi rimanete[350] nella casa del Padre, ma se dite: “Voglio andarmene” Egli non vi trattiene. Piange su voi e si accora sul vostro destino. E di più non vuole fare, ché facendo di più vi leverebbe quella libertà che vi ha dato. Gioia di Dio quando, comprendendo, sotto il morso della carestia, che solo nella casa del Padre è gioia, voi tornate a Lui. Gioia e riconoscenza di Dio a coloro che col loro sacrificio e le loro preghiere, soprattutto queste due cose, e poi con le loro parole, riescono a rendermi un figlio. Ma di più, no.
Però sappi che coloro che nella mia mano sono come molle argilla[351] nella mano del vasaio, sono i prediletti del Cuore mio. La mia mano è su loro dolce come una carezza. Le mie carezze li modellano dando ad essi la mia impronta e somiglianza di mitezza, umiltà, carità, purezza, e la più bella di tutte le somiglianze: la mia di Redentore.
Perché sono queste le anime che continuano la mia missione di Redentore ed alle quali Io dico un continuo “grazie” che è la più protettrice delle benedizioni. E se il velo della Veronica[352] è sacro perché porta la mia effigie, che saranno queste anime che sono la mia vera effigie?
Animo, Maria! La mia Pace è con te. Io sono con te. Non temere.»
[347] spiegato, per esempio, il 24 e 28 luglio e il 25 agosto, senza tuttavia un esplicito rinvio al libro della Sapienza.
[348] È detto in Siracide 33, 11-15, secondo la neo-volgata.
[349] Pietro mi rinnegò, come già ricordato il 17 giugno e, insieme con la sua elezione, il 19 luglio, con i relativi rinvii biblici in nota; conoscesse è qui nel significato non di sapere ma di sperimentare, conoscere per esperienza.
[350] rimanete… dite… tornate…, alludendo alla parabola del figlio prodigo, già ricordata il 7 settembre.
[351] come molle argilla…, secondo l’immagine di Siracide 33, 13.
[352] il velo della Veronica, già ricordato il 1° settembre.