Sotto il Tuo Manto

Martedi, 10 giugno 2025 - Santa Faustina di Cizico (Letture di oggi)

A chi veramente ama Dio non può avvenire cosa di più gran dispiacere quanto non aver occasione di patire per Lui. (San Filippo Neri)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 2° settimana del tempo ordinario

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 11

1Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella.2Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, il tuo amico è malato".
4All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato".5Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.6Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava.7Poi, disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!".8I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?".9Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo;10ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce".11Così parlò e poi soggiunse loro: "Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo".12Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se s'è addormentato, guarirà".13Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno.14Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto15e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!".16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!".
17Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro.18Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.20Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.21Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!22Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà".23Gesù le disse: "Tuo fratello risusciterà".24Gli rispose Marta: "So che risusciterà nell'ultimo giorno".25Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;26chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?".27Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo".
28Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: "Il Maestro è qui e ti chiama".29Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui.30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.31Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: "Va al sepolcro per piangere là".32Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!".33Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse:34"Dove l'avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!".35Gesù scoppiò in pianto.36Dissero allora i Giudei: "Vedi come lo amava!".37Ma alcuni di loro dissero: "Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?".
38Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.39Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni".40Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?".41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato.42Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato".43E, detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!".44Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare".

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.46Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.47Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: "Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.48Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione".49Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla50e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera".51Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione52e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
54Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.

55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.56Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: "Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?".57Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo.


Ester 9

1Il decimosecondo mese, cioè il mese di Adàr, il tredici del mese, quando l'ordine del re e il suo decreto dovevano essere eseguiti, il giorno in cui i nemici dei Giudei speravano di averli in loro potere, avvenne invece tutto il contrario; poiché i Giudei ebbero in mano i loro nemici.2I Giudei si radunarono nelle loro città, in tutte le province del re Assuero, per aggredire quelli che cercavano di fare loro del male; nessuno poté resistere loro, perché il timore dei Giudei era piombato su tutti i popoli.3Tutti i capi delle province, i satrapi, i governatori e quelli che curavano gli affari del re diedero man forte ai Giudei, perché il timore di Mardocheo si era impadronito di essi.4Perché Mardocheo era grande nella reggia e per tutte le province si diffondeva la fama di quest'uomo; Mardocheo cresceva sempre in potere.5I Giudei dunque colpirono tutti i nemici, passandoli a fil di spada, uccidendoli e sterminandoli; fecero dei nemici quello che vollero.6Nella cittadella di Susa i Giudei uccisero e sterminarono cinquecento uomini7e misero a morte Parsandràta, Dalfòn, Aspàta,8Poràta, Adalià, Aridàta,9Parmàsta, Arisài, Aridài e Vaizàta,10i dieci figli di Amàn figlio di Hammedàta, il nemico dei Giudei, ma non si diedero al saccheggio.11Quel giorno stesso il numero di quelli che erano stati uccisi nella cittadella di Susa fu portato a conoscenza del re.12Il re disse alla regina Ester: "Nella cittadella di Susa i Giudei hanno ucciso, hanno sterminato cinquecento uomini e i dieci figli di Amàn; che avranno mai fatto nelle altre province del re? Ora che chiedi di più? Ti sarà dato. Che altro desideri? Sarà fatto!".13Allora Ester disse: "Se così piace al re, sia permesso ai Giudei che sono a Susa di fare anche domani quello che era stato decretato per oggi; siano impiccati al palo i dieci figli di Amàn".14Il re ordinò che così fosse fatto. Il decreto fu promulgato a Susa. I dieci figli di Amàn furono appesi al palo.15I Giudei che erano a Susa si radunarono ancora il quattordici del mese di Adàr e uccisero a Susa trecento uomini; ma non si diedero al saccheggio.16Anche gli altri Giudei che erano nelle province del re si radunarono, difesero la loro vita e si misero al sicuro dagli attacchi dei nemici; uccisero settantacinquemila di quelli che li odiavano, ma non si diedero al saccheggio.17Questo avvenne il tredici del mese di Adàr; il quattordici si riposarono e ne fecero un giorno di banchetto e di gioia.18Ma i Giudei che erano a Susa si radunarono il tredici e il quattordici di quel mese; il quindici si riposarono e ne fecero un giorno di banchetto e di gioia.19Perciò i Giudei della campagna, che abitano in città non circondate da mura, fanno del quattordici del mese di Adàr un giorno di gioia, di banchetto e di festa, nel quale si mandano regali gli uni gli altri.
19(a)Invece gli abitanti delle grandi città celebrano come giorno di allegra festività il quindici di Adàr, mandando regali ai vicini.
20Mardocheo scrisse questi avvenimenti e mandò lettere a tutti i Giudei che erano in tutte le province del re Assuero, vicini e lontani,21per stabilire che ogni anno celebrassero il quattordici e il quindici del mese di Adàr,22perché giorni nei quali i Giudei ebbero tregua dagli attacchi dei nemici e il mese in cui il loro dolore era stato mutato in gioia, il loro lutto in festa, e perché facessero di questi giorni giorni di banchetto e di gioia, nei quali si mandassero regali scambievolmente e si facessero doni ai poveri.23I Giudei si impegnarono a continuare quello che avevano già cominciato a fare e che Mardocheo aveva loro prescritto.24Amàn infatti, il figlio di Hammedàta l'Agaghita, il nemico di tutti i Giudei, aveva tramato contro i Giudei per distruggerli e aveva gettato il 'pur', cioè la sorte, per confonderli e farli perire;25ma quando Ester si fu presentata al re, questi ordinò con documenti scritti che la scellerata trama di Amàn contro i Giudei fosse fatta ricadere sul capo di lui e che egli e i suoi figli fossero impiccati al palo.26Perciò quei giorni furono chiamati 'Purim' dalla parola 'pur'. Secondo tutto il contenuto di quella lettera, in seguito a quanto avevano visto a questo proposito ed era loro avvenuto,27i Giudei stabilirono e presero per sé, per la loro stirpe e per quanti si sarebbero aggiunti a loro, l'impegno inviolabile di celebrare ogni anno quei due giorni, secondo le disposizioni di quello scritto e alla data fissata.28Questi giorni devono essere commemorati e celebrati di generazione in generazione, in ogni famiglia, in ogni provincia, in ogni città; questi giorni di 'Purim' non devono cessare mai di essere celebrati fra i Giudei e il loro ricordo non dovrà mai cancellarsi fra i loro discendenti.29La regina Ester figlia di Abicàil e il giudeo Mardocheo scrissero con ogni autorità per dar valore a questa loro seconda lettera relativa ai 'Purim'.30Si mandarono lettere a tutti i Giudei nelle centoventisette province del regno di Assuero, con parole di saluto e di fedeltà,31per stabilire questi giorni di 'Purim' nelle loro date precise, come li avevano ordinati il giudeo Mardocheo e la regina Ester e come essi stessi li avevano stabiliti per sé e per i loro discendenti, in occasione del loro digiuno e della loro invocazione.32Un ordine di Ester stabilì le circostanze di questi 'Purim' e fu scritto in un libro.


Salmi 29

1'Salmo. Di Davide.'

Date al Signore, figli di Dio,
date al Signore gloria e potenza.
2Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore in santi ornamenti.

3Il Signore tuona sulle acque,
il Dio della gloria scatena il tuono,
il Signore, sull'immensità delle acque.
4Il Signore tuona con forza,
tuona il Signore con potenza.

5Il tuono del Signore schianta i cedri,
il Signore schianta i cedri del Libano.
6Fa balzare come un vitello il Libano
e il Sirion come un giovane bufalo.

7Il tuono saetta fiamme di fuoco,
8il tuono scuote la steppa,
il Signore scuote il deserto di Kades.
9Il tuono fa partorire le cerve
e spoglia le foreste.
Nel suo tempio tutti dicono: "Gloria!".

10Il Signore è assiso sulla tempesta,
il Signore siede re per sempre.
11Il Signore darà forza al suo popolo
benedirà il suo popolo con la pace.


Salmi 86

1'Supplica. Di Davide.'

Signore, tendi l'orecchio, rispondimi,
perché io sono povero e infelice.
2Custodiscimi perché sono fedele;
tu, Dio mio, salva il tuo servo, che in te spera.

3Pietà di me, Signore,
a te grido tutto il giorno.
4Rallegra la vita del tuo servo,
perché a te, Signore, innalzo l'anima mia.
5Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi ti invoca.

6Porgi l'orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce della mia supplica.
7Nel giorno dell'angoscia alzo a te il mio grido
e tu mi esaudirai.

8Fra gli dèi nessuno è come te, Signore,
e non c'è nulla che uguagli le tue opere.
9Tutti i popoli che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, o Signore,
per dare gloria al tuo nome;
10grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.

11Mostrami, Signore, la tua via,
perché nella tua verità io cammini;
donami un cuore semplice
che tema il tuo nome.
12Ti loderò, Signore, Dio mio, con tutto il cuore
e darò gloria al tuo nome sempre,
13perché grande con me è la tua misericordia:
dal profondo degli inferi mi hai strappato.

14Mio Dio, mi assalgono gli arroganti,
una schiera di violenti attenta alla mia vita,
non pongono te davanti ai loro occhi.
15Ma tu, Signore, Dio di pietà, compassionevole,
lento all'ira e pieno di amore, Dio fedele,
16volgiti a me e abbi misericordia:
dona al tuo servo la tua forza,
salva il figlio della tua ancella.

17Dammi un segno di benevolenza;
vedano e siano confusi i miei nemici,
perché tu, Signore, mi hai soccorso e consolato.


Isaia 10

1Guai a coloro che fanno decreti iniqui
e scrivono in fretta sentenze oppressive,
2per negare la giustizia ai miseri
e per frodare del diritto i poveri del mio popolo,
per fare delle vedove la loro preda
e per spogliare gli orfani.
3Ma che farete nel giorno del castigo,
quando da lontano sopraggiungerà la rovina?
A chi ricorrerete per protezione?
Dove lascerete la vostra ricchezza?
4Non vi resterà che piegarvi tra i prigionieri
o cadere tra i morti.
Con tutto ciò non si calma la sua ira
e ancora la sua mano rimane stesa.

5Oh! Assiria, verga del mio furore,
bastone del mio sdegno.
6Contro una nazione empia io la mando
e la comando contro un popolo con cui sono in colleraperché lo saccheggi, lo depredi
e lo calpesti come fango di strada.
7Essa però non pensa così
e così non giudica il suo cuore,
ma vuole distruggere
e annientare non poche nazioni.
8Anzi dice: "Forse i miei capi non sono altrettanti re?
9Forse come Càrchemis non è anche Calne?
Come Arpad non è forse Amat?
Come Damasco non è forse Samaria?
10Come la mia mano ha raggiunto quei regni degli idoli,
le cui statue erano più numerose
di quelle di Gerusalemme e di Samaria,
11non posso io forse, come ho fatto
a Samaria e ai suoi idoli,
fare anche a Gerusalemme e ai suoi simulacri?".

12Quando il Signore avrà terminato tutta l'opera sua sul monte Sion e a Gerusalemme, punirà l'operato orgoglioso della mente del re di Assiria e ciò di cui si gloria l'alterigia dei suoi occhi.
13Poiché ha detto:

"Con la forza della mia mano ho agito
e con la mia sapienza, perché sono intelligente;
ho rimosso i confini dei popoli
e ho saccheggiato i loro tesori,
ho abbattuto come un gigante
coloro che sedevano sul trono.
14La mia mano, come in un nido, ha scovato
la ricchezza dei popoli.
Come si raccolgono le uova abbandonate,
così ho raccolto tutta la terra;
non vi fu battito d'ala,
nessuno apriva il becco o pigolava".
15Può forse vantarsi la scure con chi taglia per suo mezzo
o la sega insuperbirsi contro chi la maneggia?
Come se un bastone volesse brandire chi lo impugna
e una verga sollevare ciò che non è di legno!
16Perciò il Signore, Dio degli eserciti,
manderà una peste contro le sue più valide milizie;
sotto ciò che è sua gloria arderà un bruciore
come bruciore di fuoco;
17La luce di Israele diventerà un fuoco,
il suo santuario una fiamma;
essa divorerà e consumerà rovi
e pruni in un giorno,
18besso consumerà anima e corpo
e sarà come un malato che sta spegnendosi.
18ala magnificenza della sua selva e del suo giardino;
19il resto degli alberi nella selva
si conterà facilmente,
persino un ragazzo potrebbe farne il conto.

20In quel giorno
il resto di Israele e i superstiti della casa di Giacobbe
non si appoggeranno più su chi li ha percossi,
ma si appoggeranno sul Signore,
sul Santo di Israele, con lealtà.
21Tornerà il resto,
il resto di Giacobbe, al Dio forte.
22Poiché anche se il tuo popolo, o Israele,
fosse come la sabbia del mare,
solo un suo resto ritornerà;
è decretato uno sterminio
che farà traboccare la giustizia,
23poiché un decreto di rovina
eseguirà il Signore, Dio degli eserciti,
su tutta la regione.

24Pertanto così dice il Signore, Dio degli eserciti: "Popolo mio, che abiti in Sion, non temere l'Assiria che ti percuote con la verga e alza il bastone contro di te come già l'Egitto.25Perché ancora un poco, ben poco, e il mio sdegno avrà fine; la mia ira li annienterà".26Contro di essa il Signore degli eserciti agiterà il flagello, come quando colpì Madian sulla rupe dell'Oreb; alzerà la sua verga sul mare come fece con l'Egitto.

27In quel giorno
sarà tolto il suo fardello dalla tua spalla
e il suo giogo cesserà di pesare sul tuo collo.

Il distruttore viene da Rimmòn,
28raggiunge Aiàt, attraversa Migròn,
in Micmàs depone il bagaglio.
29Attraversano il passo;
in Gheba si accampano;
Rama trema,
fugge Gàbaa di Saul.
30Grida con tutta la tua voce, Bat-Gallìm,
sta' attenta, Làisa,
rispondile, Anatòt!
31Madmenà è in fuga,
e alla fuga si danno gli abitanti di Ghebim.
32Oggi stesso farà sosta a Nob,
agiterà la mano verso il monte della figlia di Sion,
verso il colle di Gerusalemme.
33Ecco il Signore, Dio degli eserciti,
che strappa i rami con fracasso;
le punte più alte sono troncate,
le cime sono abbattute.
34È reciso con il ferro il folto della selvae il Libano cade con la sua magnificenza.


Lettera agli Ebrei 10

1Avendo infatti la legge solo un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio.2Altrimenti non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero ormai più alcuna coscienza dei peccati?3Invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati,4poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri.5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:

'Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato'.
6'Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato'.
7'Allora ho detto: Ecco, io vengo
- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro -
per fare, o Dio, la tua volontà'.

8Dopo aver detto prima 'non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato', cose tutte che vengono offerte secondo la legge,9soggiunge: 'Ecco, io vengo a fare la tua volontà'. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.10Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.

11Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati.12Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre 'si è assiso alla destra di Dio',13aspettando ormai solo che 'i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi'.14Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.15Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:

16'Questa è l'alleanza che io stipulerò' con loro
'dopo quei giorni, dice il Signore:
io porrò le mie leggi nei loro cuori
e le imprimerò nella loro mente',

17dice:
'E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro
iniquità'.

18Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più bisogno di offerta per il peccato.

19Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù,20per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne;21avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio,22accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.23Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.
24Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone,25senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina.

26Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati,27ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.28Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, 'viene messo a morte' senza pietà 'sulla parola di due o tre testimoni'.29Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?30Conosciamo infatti colui che ha detto: 'A me la vendetta! Io darò la retribuzione!' E ancora: 'Il Signore giudicherà il suo popolo'.31È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!

32Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta,33ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo.34Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.35Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa.36Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa.

37Ancora 'un poco', infatti, 'un poco appena,
e colui che deve venire, verrà e non tarderà'.
38'Il mio giusto vivrà mediante la fede;
ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui'.

39Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima.


Capitolo XLVII: Ogni cosa gravosa va sopportata, per conseguire la vita eterna

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1. O figlio, non lasciarti sopraffare dai compiti che ti sei assunto per amor mio; non lasciarti mai abbattere dalle tribolazioni. In ogni evenienza ti dia, invece, forza e consolazione la mia promessa; ché io ben so ripagare al di là di qualsiasi limite e misura. Non durerà a lungo la tua sofferenza quaggiù; non continuerà per sempre il peso dei tuoi dolori. Attendi un poco, e li vedrai finire d'un tratto, questi dolori; verrà il momento in cui fatiche ed agitazioni cesseranno. E' poca cosa, e dura poco, tutto ciò che passa con questa vita. Fa quel che devi; lavora fedelmente nella mia vigna: io stesso sarò la tua ricompensa. Scrivi, leggi, canta, piangi, taci, prega, sopporta virilmente le avversità: premio a tutto questo, alle più grandi lotte, è la vita eterna. Sarà pace, in quell'ora che sa il Signore. E non ci sarà giorno e notte, come adesso, ma perpetua luce, chiarità infinita, pace ferma e sicura tranquillità. Allora non dirai: "chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Rm 7,24); e non esclamerai "ohimé!, quanto si prolunga questo mio stare quaggiù" (Sal 119,5). Ché la morte sarà annientata e vi sarà piena salvezza, senza ombra di angustia; e, intorno a te, una gioia beata, una soave schiera gloriosa.

2. Oh!, se tu vedessi il premio eterno che ricevono i santi in cielo; se tu vedessi di quanta gloria esultano ora, essi che un tempo erano ritenuti spregevoli e quasi immeritevoli di vivere, per certo, ti getteresti subito a terra, preferendo essere inferiore a tutti, piuttosto che eccellere anche su di un solo; non desidereresti giorni lieti in questa vita, godendo piuttosto delle tribolazioni sopportate per amore di Dio,; infine crederesti che il guadagno più grande consiste nell'essere considerato un nulla tra gli uomini. Oh!, se queste cose avessero un gusto per te e ti scendessero nel profondo del cuore, come oseresti fare anche il più piccolo lamento? Forse che, per la vita eterna, non si deve sopportare ogni tribolazione? Non è cosa di poco conto, perdere o guadagnare il regno di Dio. Alza, dunque, il tuo sguardo al cielo: eccomi, insieme a tutti i miei santi, i quali sopportano grandi lotte, nella vita di quaggiù. Ora essi sono nella gioia, ricevono consolazione, stanno nella serenità, nella pace e nel riposo. E resteranno con me nel regno del Padre mio, per sempre.


DISCORSO 309 NEL NATALE DEL MARTIRE CIPRIANO

Discorsi - Sant'Agostino

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Si commemora la "passione" di Cipriano.

1. 1. Una così cara è pia solennità, nella quale celebriamo la "passione" del beato Martire, esige da parte nostra il discorso che è dovuto al vostro ascolto ed ai vostri cuori. La Chiesa allora si trovò nella tristezza, non perché fosse un danno il morire di lui, ma per il desiderio di riaverlo, sempre desiderosa di vedere presente una così buona guida e maestro. Ma la corona del vincitore consolò quanti aveva afflitto la sofferenza della lotta. Ed ora, non solo senza tristezza, ma anche con profonda gioia, richiamiamo alla memoria, con la lettura e l'affetto, tutti quegli eventi che in quel tempo si compirono; ormai è concesso di fare di questo giorno motivo di letizia, non di timore. Non abbiamo paura infatti che venga ad incutere spavento, ma ne attendiamo festosamente il ritorno. Piace pertanto che si ricordi nell'esultanza tutta quella "passione", ormai superata, del fedelissimo e fortissimo e gloriosissimo Martire, in vista della quale, nell'apprensione, tennero fermo i fratelli.

L'esilio e il ritorno dall'esilio.

1. 2. In quella situazione, se per la fedeltà nel testimoniare Cristo un primo tempo san Cipriano fu mandato in esilio a Curubi, ciò non gli recò alcun danno, ma a quella città fu di grande vantaggio. Dove mai in realtà egli poteva essere inviato che non vi fosse presente colui del quale dava testimonianza e veniva perciò esiliato? Infatti Cristo che affermò: Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo 1, accoglieva il suo membro in qualsiasi luogo lo avesse confinato la rabbia del nemico. O stolta incredulità di persecutore! Se cerchi un luogo di esilio da imporre ad un cristiano, prima, se puoi, scoprine uno dal quale Cristo sia costretto ad uscire. Tu credi di allontanare dalla sua patria un uomo di Dio, in Cristo mai esule e, nella carne, dovunque pellegrino. Ormai però ci è gradito considerare e rievocare che cosa abbia comportato momento per momento la "passione" di lui dopo quella situazione che, per il nemico, era l'esilio e che Cipriano non aveva sperimentato come tale. Infatti Cipriano, il santo martire caro a Dio, tornato dalla città di Curubi, dove era stato esiliato per ordine del proconsole Aspasio Paterno, se ne restava nei suoi campi e sperava che da un giorno all'altro andassero a ricercarlo, come gli era stato rivelato.

Suo arresto da parte di due messi.

2. 3. A che più il prorompere della furia di sdegno del persecutore contro un animo sempre vigile, persino fortificato dall'intervento di una rivelazione del Signore? Quando mai avrebbe potuto abbandonarlo nella "passione", colui che non permise fosse preoccupato prima di farne esperienza? Ecco infine che vennero inviati due messi al fine di esporlo al martirio, i quali lo fecero salire con loro su di un carro e lo tennero in mezzo; ed anche questo fu un segno divino, perché ricordasse, rallegrandosene, di appartenere al corpo di colui che fu annoverato tra i malfattori. E infatti Cristo fu posto in croce in mezzo a due ladroni così da mostrare un esempio di pazienza 2. Cipriano seguiva le orme di Cristo posto invece tra due messi, condotto da un carro al martirio.

Sollecitudine pastorale di Cipriano.

2. 4. Restando in custodia delle guardie perché gli fu differito di un giorno il martirio, ed essendosi radunati in gran numero fratelli e sorelle a pernottare fuori le porte, raccomandò di proteggere le fanciulle. Che dire di questo? con quale attenzione va ponderato? con quanta lode se ne deve parlare? con quale elogio va presentato? Nell'imminenza della morte del corpo, nell'animo del pastore non si spegneva lo zelo ministeriale. Fino all'ultimo giorno della sua vita, con mente equilibrata aveva cura di custodire il gregge del Signore: la mano incombente del carnefice sanguinario non scacciava dall'animo lo zelo del fedelissimo ministro. Il pensiero che sarebbe stato martire non gli faceva dimenticare di essere vescovo: era preoccupato più del rendiconto che doveva al Principe dei pastori per le pecore a lui assegnate, che della risposta da dare al proconsole incredulo sulla propria fede. Indubbiamente amava colui che aveva detto a Pietro: Mi ami tu? Pasci le mie pecore 3. E ne pasceva le pecore per le quali, imitandolo, si disponeva a versare il sangue. Consapevole di avere non solo un Signore leale, ma anche un avversario tutta malizia, raccomandò di proteggere le fanciulle. Pertanto, contro il leone apertamente aggressivo, agguerriva, per la testimonianza, l'anima virile; contro il lupo che insidiava il gregge, proteggeva il sesso femminile.

Come provvedere a se stesso. Ogni giorno è da considerarsi l'ultimo. S. Cipriano di fronte al proconsole.

3. 5. Provvede veramente a se stesso chi pensa a Dio come al giudice davanti al quale ciascuno renderà conto della vita vissuta quaggiù e dell'incarico da lui affidato: allora ogni uomo riceve - come attesta l'Apostolo - secondo le opere compiute finché fu nel corpo, sia in bene, sia in male 4. Si dà pensiero di sé chi, vivendo di fede e operando in modo che l'ultimo giorno non gli procuri ansietà, considera ultimo ogni giorno e così persevera fino all'ultimo giorno in una condotta di vita accetta a Dio. In tal modo aveva cura di sé il beato Cipriano, e vescovo di una misericordia senza limiti e martire fedelissimo, non come sembrava ammonirlo la lingua maligna del diavolo, per bocca dell'empio giudice di cui si era impossessato, col dire: "Rifletti". Lo vedeva infatti irremovibile nella sua decisione quando gli disse: "L'ordine di compiere i riti ti viene dagli imperatori"; e quello replicò: "Non lo faccio". Continuò a dire: "Rifletti". È questa la lingua maligna del diavolo; anche se non di quello che non sapeva che dicesse, era tuttavia di chi parlava per lui. In realtà, il proconsole si faceva forte degli ordini a lui impartiti da loro, non era portavoce degli imperatori, ma assecondava il principe delle potenze dell'aria, di cui dice l'Apostolo: il quale opera nei figli ribelli 5. Cipriano sapeva che operava anche per mezzo della lingua del proconsole, cosa che questi ignorava. Sapeva, ripeto, Cipriano, ascoltando dal proconsole quel "Rifletti", che quanto stoltamente diceva la carne e il sangue, lo diceva malignamente il diavolo e intuiva che erano in due a compiere la medesima azione; vedeva l'uno con gli occhi, l'altro con la fede. Questo non voleva che morisse, l'altro che non meritasse la corona. Perciò si manteneva calmo verso questo, era guardingo con quello; a questo replicava apertamente, quello vinceva nel segreto.

Replica di Cipriano e sua condanna.

4. 6. Rispose: "Fa' ciò che ti è stato ordinato: in una cosa tanto giusta non c'è da riflettere". In verità gli aveva già detto: "Rifletti". A questo la risposta: "In una cosa tanto giusta non c'è da riflettere". Infatti sta a riflettere chi dà consiglio o chi lo chiede. Però il proconsole non voleva ricevere consiglio da Cipriano, ma piuttosto lo esortava a ricevere il suo. Quello però disse: "In una cosa tanto giusta non c'è da riflettere". Non rifletto ancora perché tuttora non sono indeciso; infatti mi ha liberato da ogni esitazione la stessa Giustizia. Ma il giusto vive nella certezza della fede per morire tranquillo nella carne. Avevano preceduto Cipriano molti Martiri, che egli aveva infiammato con le sue ardentissime esortazioni per vincere il diavolo; ed era certamente giusto che, da forte, seguisse nel martirio quanti aveva mandato innanzi, verace nella parola; perciò: "In una cosa tanto giusta non c'è da riflettere". Che dire a queste parole? Quale la nostra gioia davanti a questo? Di tanta gioia di cui siamo ripieni, che cosa deve traboccare dal nostro cuore e dalle nostre labbra, se non la stessa espressione ultima del venerando Martire? Infatti, dopo che Galerio Massimo ebbe data lettura della sentenza: "Condanniamo Tascio Cipriano alla pena di morte con la spada", quello disse: "Rendiamo grazie a Dio!". Dunque, poiché è nostra la "memoria" che è qui, luogo di così grande evento, la festività di un giorno tanto solenne, l'esposizione di un esempio massimamente salutare, con tutte le fibre dei nostro essere, diciamo anche noi: Rendiamo grazie a Dio.

 


1 - Mt 28, 20.

2 - Cf. Mc 15, 27-28.

3 - Gv 22, 17.

4 - 2 Cor 5, 10.

5 - Ef 2, 2.


Lo specchio della Beata Vergine Maria - Prefazione

Lo specchio della Beata Vergine Maria - Beato Corrado di Sassonia

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Molto opportunamente questo piccolo trattato, rappresentando il pensiero dei nostri più grandi mistici intorno alla Madre di Dio, viene a far parte dei " Libri della Fede .
Il Dugento è il secolo classico della devozione alla Vergine. Tutti gli scrittori di quel tempo hanno innalzato a Maria le loro lodi più belle. Questa dolce devozione che incomincia fin dai tempi apostolici e si sviluppa con S. Epifania e S. Giovanni Damasceno, raggiunge il suo massimo splendore con S. Bernardo e S, Bonaventura.
E mentre la teologia compone i suoi profondi trattati intorno alla Vergine, la poesia Le innalza con lacopone e con Dante i suoi inni migliori, e le arti belle gareggiano nell'onorarLa con una candida selva di cattedrali ove il popolo accorre festante a mirare le sue sembianze divine effigiate da Cimabue, da Duccio e da Giotto.
Una non debole eco di tutto questo fervore mistico noi l’abbiamo in questo " Specchio " attribuito ormai definitivamente a Corrado di Sassonia.
Per molto tempo fu attribuito invece a S. Bonaventura. Ma già alcuni autori antichi, come Giovanni " de Turrecremata " e Antonio da Brescia con alcuni altri, lo attribuiscono a Corrado di Sassonia. E la loro opinione è convalidata dall’esame accurato dei codici e dallo studio attento dello Specchio.
Il tempo della sua composizione è il secolo XIII, come chiaramente ce lo indicano alcuni codici di quell’epoca e le seguenti espressioni che si leggono nel capitolo XIV : " La prima misericordia di Maria fu quella che ci offrì mentre ancora Essa viveva in questo mondo ; la seconda sua misericordia è quella che ci offre dal cielo già da oltre milleduecento anni ".
Se vogliamo sapere dove è stato scritto, i circa 140 codici dello " Specchio " distribuiti nelle varie biblioteche della Germania, dell'Austria, della Svizzera e della Danimarca ci rispondono che fu composto evidentemente in Germania.
Disgraziatamente però molti codici non fanno il nome dell'autore. Alcuni lo assegnano a Egidio Romano, altri al Beato Alberto Magno, altri ancora a S. Bonaventura : ma dai più è attribuito a Corrado di Sassonia.
La questione la risolve bene lo stesso “ Specchio ". Infatti nel capitolo XIII  l’autore dice: " Ma poiché di questa Regina ne ho parlato nel Sermone : " adstitit Regina ", qui dunque dobbiamo dire del suo ingresso ; “ donde appare che il nostro autore è quello stesso che ha scritto il Sermone citato. Ma questo Sermone che non è mai inserito nelle opere di S. Bonaventura appartiene senza alcun dubbio a Corrado di Sassonia, e forma il primo capitolo della sua opera “De Assumptione Beatae Mariae Virginis ". Anzi in quest'opera Corrado rimanda spesso il lettore al nostro " Specchio " ; e nell’uno e nell'altro scritto vengono ripetute le stesse sentenze e gli stessi passi scritturali e patristici.
Corrado, oriundo di Brunswick, città importante della vecchia Sassonia inferiore, discendeva dalla famiglia. Holzinger, come ce ne fa fede anche Giovanni " de Turrecremata “. Entrò assai presto nell’ordine minoritico, di cui divenne nella sua provincia il più splendido luminare, sia per dottrina che per pietà. Per questi meriti l’Ordine lo chiamò a dirigere i suoi confratelli, e a lui a varie riprese affidò le cariche di maggiore responsabilità. Nel 1245 ad Hildeseim, città della bassa Sassonia, lo troviamo Lettore, e nel medesimo anno Vicario Provinciale. Pure nello stesso anno, il giorno della natività di Maria, fu eletto Ministro della sua Provincia. La resse con senno e disciplina rigorosa per circa sedici anni. Abbandonata poi spontaneamente tale carica con dispiacere di tutti, tornò umile e semplice fraticello. E se da superiore aveva dimostrato eminenti doti di governo, nella sua volontaria rinunzia fu il modello di ogni virtù. Così facevano gli uomini di Dio, i quali passavano indifferentemente dagli onori del comando alle mansioni più umili, come S. Bonaventura, che amava alternare i suoi studi con le faccende della cucina e della pulizia del convento, unendosi, lui il grande Generale, con i conversi più rozzi.
Ma nel 1272 il Capitolo di Magdeburgo lo volle nuovamente a capo della Provincia : e Corrado nuovamente obbedì. Purtroppo ancora per poco i frati dovevano averlo loro Superiore, poiché sette anni più tardi — nel 1279 — mentre si recava al Capitolo di Assisi, giunto a Bologna cadeva infermo e ed ivi moriva.
Di lui et restano molte opere ascetiche, mistiche, teologiche e predicabili : un libro " Super quattuor Sententias ", un libro " Super Orationem Dominicam “ un libro di "Sermones de tempore ", un libro di “ Sermones pro Quadragesima ", un libro di "Sermones de Sanctis", un libro “ De Salutatione Angelica ", e un Commentario di alcuni libri della Bibbia.
Dopo le classiche omelie del Dottore mellifluo sul Vangelo dell’Annunciazione  tutti gli scrittori prendono come norma e base ai loro lavori Mariani la salutazione angelica e su quella intessono l’aurea tela dei loro mistici ragionamenti.
Anche il nostro autore compone il suo "Specchio " sulla trama evangelica dell'Ave e ne trae fuori un trattato perfetto, armonico in tutte le sue parti tanto da sembrare perfino un po' compassato. Illustra tutte le virtù ed i privilegi di Maria con tale candore ed evidenza da formare un fedelissimo specchio di tutta la sua vita, nel quale ci esorta a modellare la nostra, eccitandoci soavemente all’imitazione.
Fra i vari Specchi, che si composero in quel tempo, questo occupa il primo posto. Infatti ebbe nel Medio Evo una larghissima diffusione : su questo libretto si sono formate innumerevoli anime di devoti, di asceti, di mistici, di predicatori, e di apostoli. Ce lo dimostrano i suoi 150 codici e l'uso frequente e le molteplici citazioni degli scrittori. Ben a ragione dunque rappresenta il pensiero cattolico sulla Vergine del quale è una magnifica sintesi.
Si potrebbe anche definire una piccola somma, Mariana teologico-mistica, poiché riproduce tutte le più belle sentenze dei Padri sulla Vergine, corredandole con moltissime prove scritturali. Queste sentenze vengono amorevolmente raccolte dall'autore e poi commentate con una. tale sicurezza dottrinale e pietà da rivelarlo uno dei più profondi mistici di tutti i tempi.
Il metodo d'esposizione e la forma sono quelli soliti della sua età, cioè scolastici, schematici, propri del trattato teologico, sebbene l’autore riesca a renderli vivi e leggiadri con un'arte tutta sua.
In 18 capitoli egli ci da una esposizione dell'Ave piena di fervore e di sapienza che commuove tanto che noi insieme con lui recitiamo devotamente la preghiera con cui si chiude ogni Capitolo e che è sintesi e conclusione pratica della materia trattata.
Qualche menda? La potremmo trovare nell'uso frequente dell'assonanza e della rima (proprio di molti scrittori da S. Agostino in poi), in qualche ripetizione, inevitabile del resto in un lavoro ove una medesima virtù viene a varie riprese illustrata sotto diverso aspetto per parla maggiormente in evidenza. Anche alcune spiegazioni scritturali e certe riflessioni troppo sottili a noi moderni sembrano un po' stiracchiate e curiose ; ciò che non era per i nostri padri meno ipercritici e più fervorosi.
Io mi sono ingegnato di riprodurre nella traduzione il più fedelmente possibile non solo il pensiero ma anche la forma dell’autore, ed ho voluto conservare la parola latina quando, come nel Capitolo II, la traduzione sarebbe stata senza senso ed avrebbe troppo notevolmente diminuito la forza dell’espressione.
Questo " Specchio “ dunque, che ci dà la sostanza di tutto l'insegnamento patristica sulla Vergine, ha tutto il diritto di essere maggiormente conosciuto. Ed io reputerei non inutile la mia fatica se la preziosa operetta del frate sassone riuscisse a sostituire tanti libercoli moderni che non hanno altro pregio se non quello di essere brutte copiature e raffazzonati centoni.
Gustiamo direttamente il pensiero dei grandi scrittori; anche qui torniamo alle fonti ; e sarà tanto di guadagnato per sicurezza di dottrina e fervore di sentita pietà.

GIOVANNI TOZZETTI

PROLOGO

Poiché, come dice il beato Girolamo, (Epist. 9 ad Paul. et Eustoch) " ridonda a gloria di Dio tutto quella che degnamente si compie per la sua Madre ", desiderando a lode e gloria, di nostro Signor Gesù Cristo dir qualcosa in lode e gloria della sua gloriosissima Madre, ho deciso di scegliere come materia la sua dolcissima annunciazione. Ma certamente per quest'opera temo che sia affatto sproporzionata la mia insufficienza per la eccessiva incomprensibilità di tanta materia, per la eccessiva meschinità della mia scienza, per la eccessiva aridezza della mia lingua, per la eccessiva indegnità della mia vita, e per l’eccessivo onore e onorabilità di Maria.
Chi infatti può dubitare che non sia incomprensibile quella materia di cui S. Girolamo non dubita di asserire quanto segue : “ Tutto ciò che la natura non ha e l’uso non conosce, la ragione ignora, la mente umana non comprende, tutto ciò che il cielo teme, la terra ammira e ogni creatura celeste venera, tutto questo è ciò che fu divinamente annunziato da Gabriele a Maria e da Gesù Cristo adempiuto. Per questa ragione mi stimo indegno di parlare di sì grande mistero (Loc. cit. n. 5). — Similmente, come può escogitare lodi degne di Maria la mia tenuissima scienza e la mia oscurissima mente, quando in queste viene meno perfino quell'Anselmo che ha una intelligenza tanto illuminata ? Dice infatti cosi : " La mia lingua viene meno, perché la mente è incapace, o Signora. Signora, il mio cuore è pronto a ringraziarti per tanti benefizi, ma non sono poi capace di trovare espressioni degne ed è disdicevole proferirne delle indegne . (Orat. 52 in initio) Anche il beato Agostino, parlando a Maria, dice : “ Che dirò di te io povero di ingegno, quando da che potrò dire di te è inferiore alla lode che merita la tua dignità ? " (Serm. 208 de Sanctis). Similmente, come potrà non venire meno la mia lingua sì rozza, e il mio modo aridissimo di esporre le lodi di Maria, quando in queste viene meno anche quell'Agostino dalla lingua sì eloquente ? Dice infatti : " Che cosa narreremo in lode di Maria noi tanto piccini e si buoni a poco, quando ogni nostro membro anche se si cambiasse in tante lingue, non potrebbe esser sufficiente a lodarla ? " (Loc. cit. n. 4). — Similmente, non essendo bella la lode in bocca al peccatore(Eccl. 15, 9), come io misero peccatore, come io omiciattolo di indegnissima vita, oserò cantare le lodi Maria, quando in queste odo trepidare quel Girolamo dalla degnissima vita ? Così infatti dice : " Temo molto, ami temo moltissimo di esser trovato se non proprio audace almeno indegno laudatore, mentre desidero esser utile al vostro profitto. Veramente, non avendo né santità né facondia, come posso degnamente lodare la beata e gloriosa Vergine ? " (loc. cit. n. 4, 5.). — Similmente, a che aggiungere un po’ di acqua al mare? a che sovrapporre ad un monte una piccola pietra ? Ma certamente, non essendo Maria abbastanza esaltata da tutte le lodi divine ed angeliche, che cosa potrà aggiungere alle sue lodi la nostra e specialmente la mia piccolezza ? Finalmente il beato Girolamo parlando di lei, dice : " Per dire il vero, tutto quello che si può dire con umane parole è inferiore alla lode celaste, poiché è celebrata e lodata con maggior eccellenza dagli encomi divini ed angelici. Dai profeti in vero è preannunziata dai patriarchi con figure e allegorie presignata, dagli evangelisti mostrata e segnalata, dall’angelo con venerazione cortesissimamente salutata “ (Loc. cit. n. 5).
La considerazione di tutte queste cose deve giustamente muovere il pio lettore e il pio uditore a perdonarmi per ciò che in questo scritto vi sarà di insufficienza e di imperizia. Come infatti potrei io così insufficiente trovare cose che siano degne delle lodi di tanta Vergine e gradita a suoi devoti, quando in lodarla trova difficoltà il suo glorioso elogiatore e devoto S. Bernardo? Dice in vero cosi: "Non vi è altra cosa che più mi diletti e in pari tempo più mi atterrisca che parlare della gloria della Vergine Madre “ (Serm 4 in Assump. B. V. M. n. 5). E soggiungendone la ragione, dice : “Tutte le creature la circondano, l'onorano, l’accolgono con tanto devoto affetto che, sebbene facciano a gara a parlare di lei, pure tutto ciò che dicono di questa cosa indicibile, per questo stesso che lo dicono, diviene meno gradito, meno piacevole, meno accetto ". Tuttavia mi esorta e mi consola il beato Girolamo col dire : " Sebbene nessuno si possa a questo trovare idoneo, pure non deve nessuno cessare di lodarla con tutte le forze, anche se peccatore” (Loc. cit. n. 6). Anche il beato Agostino parlando del modo con cui il Figlio di Dio, “ apportò nell’incarnarsi alla sua Madre la fecondità e non le tolse col nascere l'integrità, dopo poco così conchiude dicendo : “ Un tanto dono di Dio non può essere da noi narrato perché a parlar della sua grandezza siamo troppo piccoli, eppure siamo costretti alla lode, per non restare ingrati tacendo " (Serm. 215 n. 3). E certamente la vedova poverella che offrì due spiccioli (Luc. 21, 2) a Dio gratissimi, non per questo fu dispensata dall’offerta perché non aveva da offrire di più. Per questa io povero di ingegno, anzi poverissimo tanto di scienza che di eloquenza, ho presunto di offrire ad onore di tanta regina questo esiguo dono, affinché in questo scritto come in un oscuro specchio i più semplici amanti di tale regina possano almeno un po' contemplare quale e quanta ella sia. E poiché questo scritto a somiglianza di un rosso specchio rappresenta qualche cosa della vita, della grazia e della gloria di Maria, perciò non senza ragione si può chiamare specchio di Maria.
Or su, dunque, o mia benignissima Signora, Maria, accetta con placido volto il piccolo dono che ti offre il tuo povero amico. Te infatti con questo regaluccio, Te con questo opuscolo della tua annunciazione io saluto, con i ginocchi piegati, col capo inclinato. Te col cuore e con la bocca io saluto e salutandoti dico : Ave, Maria.


3 settembre 1976 - VITA POVERA

Mons. Ottavio Michelini

Don O., sono Don A.,

sono il sacerdote, che pur potendo vivere agiatamente, senza problemi economici per i beni di cui la mia famiglia disponeva, preferii la vita semplice e povera sulla imitazione del divino Maestro. Ho seguito le sue parole di vita, i suoi esempi luminosi di povertà, di umiltà, di obbedienza.

Amai " toto corde " il Sommo Sacerdote e amai il Sacerdozio. Pregai e soffrii per le vocazioni sacerdotali, zelai la salvezza delle anime, fondai l'Opera R. che per la terra fu un fallimento, per li Cielo fu un trionfo. Questo ti dica, Don O., come il giudizio degli uomini raramente combacia con il giudizio di Dio.

 

Rispondono con fede?

Don O., quanti sono i sacerdoti che, animati di santo ardore e coerenti alla vocazione ricevuta, rispondono con fede ai richiami forti del divino Maestro e della Madre comune, della Madre della Chiesa?(p.171)

Don O., quale visione hanno la maggioranza dei sacerdoti, di Cristo Figlio di Dio, presente nel Mistero dell'Amore e della Fede in un prodigio infinito di umiltà?

Don O., non si accorgono che camminano sull'orlo di uno spaventoso precipizio, con a fianco il Maligno che, astuto ed insidioso, li segue per perderli eternamente?

Don O., come è possibile tanta oscurità negli stessi Pastori della Chiesa, molti dei quali hanno come problema della loro pastorale la salvaguardia del loro prestigio personale?

E come è possibile che non avvertano la sterilità del loro operato, terribile conferma di un fallimento la cui evidenza non può sfuggire a nessuno?

Come è possibile persistere in un atteggiamento presuntuoso che offende Dio, offusca la Chiesa e ne storpia la fisionomia impressa in lei dal suo divino Fondatore? Può ancora il Signore Iddio permettere tanto abominio che avvilisce e deturpa la Chiesa, uscita dal suo Cuore misericordioso?

Don O., la Chiesa non ha bisogno di diplomatici astuti, la Chiesa non ha bisogno di governatori orgogliosi, la Chiesa ha bisogno di Pastori santi che alla paternità sappiano unire una saggia fermezza, onde mettere fine allo stato di anarchia che tuttora avvilisce la Chiesa.(p.172)

Non devono ignorare che Satana, il principe delle tenebre, il fomentatore di scandali, di eresie e di scismi non si arresta mai. Satana ha forti e potenti alleati nelle logge massoniche, nei partiti atei e anche non atei.

Sappiano i Pastori di anime che, mentre si trastullano con fronzoli gelosi del loro prestigio, Satana sradica, devasta e distrugge la vigna del Signore, precipita anime all'Inferno e ride della insipienza dei suoi nemici, perché nulla fanno di efficace per contrastarlo.

 

Un loro dovere

Il divin Maestro, Fondatore e Capo della Chiesa, guariva gli infermi, cacciava i demoni.

Che cosa è che fa ignorare ai vescovi questo loro dovere?

Che cosa li induce ad ignorare le parole divine su questa delicata materia?

Che cosa oscura a tal punto la loro mente ed i loro occhi dal non vedere il numero stragrande non solo di anime ma anche di corpi invasi, soggiogati da Satana? Quante persone, di ogni sesso età e condizione sociale, sono da lui influenzate e tormentate nell'anima e nel corpo!(p.173)

Chi autorizza i Vescovi, non solo a non esercitare questo fondamentale Ministero, ma perfino a proibirlo ai sacerdoti a cui hanno conferito l'Ordine dell'Esorcistato ?

Rispondano i Vescovi a questi interrogativi!

Non vedono i Vescovi le piaghe di cui soffre il Corpo Mistico del Signore?

Perché il loro immobilismo su tanti problemi che richiedono soluzioni energiche, urgenti, improrogabili ?

Non avvertono i preannunci dell'ora tremenda che si avvicina, ignorano i richiami accorati della Madre...

Don O., coraggio! La strada ti è nota.

Non ti faccia paura la sofferenza, non ti spaventino i demoni.

Ti benedico.

Don A. (p.174)