Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 2° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 11
1Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella.2Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, il tuo amico è malato".
4All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato".5Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.6Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava.7Poi, disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!".8I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?".9Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo;10ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce".11Così parlò e poi soggiunse loro: "Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo".12Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se s'è addormentato, guarirà".13Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno.14Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto15e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!".16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!".
17Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro.18Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.20Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.21Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!22Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà".23Gesù le disse: "Tuo fratello risusciterà".24Gli rispose Marta: "So che risusciterà nell'ultimo giorno".25Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;26chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?".27Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo".
28Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: "Il Maestro è qui e ti chiama".29Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui.30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.31Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: "Va al sepolcro per piangere là".32Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!".33Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse:34"Dove l'avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!".35Gesù scoppiò in pianto.36Dissero allora i Giudei: "Vedi come lo amava!".37Ma alcuni di loro dissero: "Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?".
38Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.39Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni".40Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?".41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato.42Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato".43E, detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!".44Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare".
45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.46Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.47Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: "Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.48Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione".49Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla50e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera".51Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione52e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
54Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.
55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.56Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: "Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?".57Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo.
Secondo libro delle Cronache 7
1Appena Salomone ebbe finito di pregare, cadde dal cielo il fuoco, che consumò l'olocausto e le altre vittime, mentre la gloria del Signore riempiva il tempio.2I sacerdoti non potevano entrare nel tempio, perché la gloria del Signore lo riempiva.3Tutti gli Israeliti, quando videro scendere il fuoco e la gloria del Signore sul tempio, si prostrarono con la faccia a terra sul pavimento, adorarono e celebrarono il Signore 'perché è buono, perché la sua grazia dura sempre'.4Il re e tutto il popolo sacrificarono vittime al Signore.5Il re Salomone offrì in sacrificio ventiduemila buoi e centoventimila pecore; così il re e tutto il popolo dedicarono il tempio.6I sacerdoti attendevano al servizio; i leviti con tutti gli strumenti musicali, fatti dal re Davide, celebravano il Signore, 'perché la sua grazia dura sempre', eseguendo le laudi composte da Davide. I sacerdoti suonavano le trombe di fronte ai leviti, mentre tutti gli Israeliti stavano in piedi.
7Salomone consacrò il centro del cortile di fronte al tempio; infatti ivi offrì gli olocausti e il grasso dei sacrifici di comunione, poiché l'altare di bronzo, eretto da Salomone, non poteva contenere gli olocausti, le offerte e i grassi.8In quel tempo Salomone celebrò la festa per sette giorni; tutto Israele, dall'ingresso di Amat al torrente di Egitto, un'assemblea grandissima, era con lui.9Nel giorno ottavo ci fu una riunione solenne, essendo durata la dedicazione dell'altare sette giorni e sette giorni anche la festa.10Il ventitré del settimo mese Salomone congedò il popolo perché tornasse alle sue case contento e con la gioia nel cuore per il bene concesso dal Signore a Davide, a Salomone e a Israele suo popolo.
11Salomone terminò il tempio e la reggia; attuò quanto aveva deciso di fare nella casa del Signore e nella propria.12Il Signore apparve di notte a Salomone e gli disse: "Ho ascoltato la tua preghiera; mi sono scelto questo luogo come casa di sacrificio.13Se chiuderò il cielo e non ci sarà più pioggia, se comanderò alle cavallette di divorare la campagna e se invierò la peste in mezzo al mio popolo,14se il mio popolo, sul quale è stato invocato il mio nome, si umilierà, pregherà e ricercherà il mio volto, perdonerò il suo peccato e risanerò il suo paese.15Ora i miei occhi sono aperti e i miei orecchi attenti alla preghiera fatta in questo luogo.16Ora io mi sono scelto e ho santificato questo tempio perché la mia presenza vi resti sempre; e lì saranno sempre i miei occhi e il mio cuore.17Se tu camminerai davanti a me come ha camminato Davide tuo padre, facendo quanto ti ho comandato, e osserverai i miei statuti e decreti,18consoliderò il trono del tuo regno come ho promesso a Davide tuo padre dicendogli: Non mancherà per te un successore che regni in Israele.19Ma se voi devierete e abbandonerete i decreti e i comandi, che io ho posto innanzi a voi e andrete a servire dèi stranieri e a prostrarvi a loro,20vi sterminerò dal paese che vi ho concesso, e ripudierò questo tempio, che ho consacrato al mio nome, lo renderò la favola e l'oggetto di scherno di tutti i popoli.21Riguardo a questo tempio, già così eccelso, chiunque vi passerà vicino stupirà e dirà: Perché il Signore ha agito così con questo paese e con questo tempio?22Si risponderà: Perché hanno abbandonato il Signore Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dal paese d'Egitto, e si sono legati a dèi stranieri, prostrandosi davanti a loro e servendoli. Per questo egli ha mandato su di loro tutte queste sciagure".
Proverbi 19
1Meglio un povero di condotta integra
che un ricco di costumi perversi.
2Lo zelo senza riflessione non è cosa buona,
e chi va a passi frettolosi inciampa.
3La stoltezza intralcia il cammino dell'uomo
e poi egli si adira contro il Signore.
4Le ricchezze moltiplicano gli amici,
ma il povero è abbandonato anche dall'amico che ha.
5Il falso testimone non resterà impunito,
chi diffonde menzogne non avrà scampo.
6Molti sono gli adulatori dell'uomo generoso
e tutti sono amici di chi fa doni.
7Il povero è disprezzato dai suoi stessi fratelli,
tanto più si allontanano da lui i suoi amici.
Egli va in cerca di parole, ma non ci sono.
8Chi acquista senno ama se stesso
e chi agisce con prudenza trova fortuna.
9Il falso testimone non resterà impunito,
chi diffonde menzogne perirà.
10Allo stolto non conviene una vita agiata,
ancor meno a un servo comandare ai prìncipi.
11È avvedutezza per l'uomo rimandare lo sdegno
ed è sua gloria passar sopra alle offese.
12Lo sdegno del re è simile al ruggito del leone
e il suo favore è come la rugiada sull'erba.
13Un figlio stolto è una calamità per il padre
e i litigi della moglie sono come stillicidio incessante.
14La casa e il patrimonio si ereditano dai padri,
ma una moglie assennata è dono del Signore.
15La pigrizia fa cadere in torpore,
l'indolente patirà la fame.
16Chi custodisce il comando custodisce se stesso,
chi trascura la propria condotta morirà.
17Chi fa la carità al povero fa un prestito al Signore
che gli ripagherà la buona azione.
18Correggi tuo figlio finché c'è speranza,
ma non ti trasporti l'ira fino a ucciderlo.
19Il violento deve essere punito,
se lo risparmi, lo diventerà ancora di più.
20Ascolta il consiglio e accetta la correzione,
per essere saggio in avvenire.
21Molte sono le idee nella mente dell'uomo,
ma solo il disegno del Signore resta saldo.
22Il pregio dell'uomo è la sua bontà,
meglio un povero che un bugiardo.
23Il timore di Dio conduce alla vita
e chi ne è pieno riposerà non visitato dalla sventura.
24Il pigro tuffa la mano nel piatto,
ma stenta persino a riportarla alla bocca.
25Percuoti il beffardo e l'ingenuo diventerà accorto,
rimprovera l'intelligente e imparerà la lezione.
26Chi rovina il padre e fa fuggire la madre
è un figlio disonorato e infame.
27Figlio mio, cessa pure di ascoltare l'istruzione,
se vuoi allontanarti dalle parole della sapienza.
28Il testimone iniquo si beffa della giustizia
e la bocca degli empi ingoia l'iniquità.
29Per i beffardi sono pronte le verghe
e il bastone per le spalle degli stolti.
Salmi 79
1'Salmo. Di Asaf.'
O Dio, nella tua eredità sono entrate le nazioni,
hanno profanato il tuo santo tempio,
hanno ridotto in macerie Gerusalemme.
2Hanno abbandonato i cadaveri dei tuoi servi
in pasto agli uccelli del cielo,
la carne dei tuoi fedeli
agli animali selvaggi.
3Hanno versato il loro sangue come acqua
intorno a Gerusalemme, e nessuno seppelliva.
4Siamo divenuti l'obbrobrio dei nostri vicini,
scherno e ludibrio di chi ci sta intorno.
5Fino a quando, Signore, sarai adirato: per sempre?
Arderà come fuoco la tua gelosia?
6Riversa il tuo sdegno sui popoli che non ti riconoscono
e sui regni che non invocano il tuo nome,
7perché hanno divorato Giacobbe,
hanno devastato la sua dimora.
8Non imputare a noi le colpe dei nostri padri,
presto ci venga incontro la tua misericordia,
poiché siamo troppo infelici.
9Aiutaci, Dio, nostra salvezza,
per la gloria del tuo nome,
salvaci e perdona i nostri peccati
per amore del tuo nome.
10Perché i popoli dovrebbero dire:
"Dov'è il loro Dio?".
Si conosca tra i popoli, sotto i nostri occhi,
la vendetta per il sangue dei tuoi servi.
11Giunga fino a te il gemito dei prigionieri;
con la potenza della tua mano
salva i votati alla morte.
12Fa' ricadere sui nostri vicini sette volte
l'affronto con cui ti hanno insultato, Signore.
13E noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo,
ti renderemo grazie per sempre;
di età in età proclameremo la tua lode.
Isaia 60
1Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.
2Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra,
nebbia fitta avvolge le nazioni;
ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te.
3Cammineranno i popoli alla tua luce,
i re allo splendore del tuo sorgere.
4Alza gli occhi intorno e guarda:
tutti costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli vengono da lontano,
le tue figlie sono portate in braccio.
5A quella vista sarai raggiante,
palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,
perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te,
verranno a te i beni dei popoli.
6Uno stuolo di cammelli ti invaderà,
dromedari di Madian e di Efa,
tutti verranno da Saba, portando oro e incenso
e proclamando le glorie del Signore.
7Tutti i greggi di Kedàr si raduneranno da te,
i montoni dei Nabatei saranno a tuo servizio,
saliranno come offerta gradita sul mio altare;
renderò splendido il tempio della mia gloria.
8Chi sono quelle che volano come nubi
e come colombe verso le loro colombaie?
9Sono navi che si radunano per me,
le navi di Tarsis in prima fila,
per portare i tuoi figli da lontano,
con argento e oro,
per il nome del Signore tuo Dio,
per il Santo di Israele che ti onora.
10Stranieri ricostruiranno le tue mura,
i loro re saranno al tuo servizio,
perché nella mia ira ti ho colpito,
ma nella mia benevolenza ho avuto pietà di te.
11Le tue porte saranno sempre aperte,
non si chiuderanno né di giorno né di notte,
per lasciar introdurre da te le ricchezze dei popolie i loro re che faranno da guida.
12Perché il popolo e il regno
che non vorranno servirti periranno
e le nazioni saranno tutte sterminate.
13La gloria del Libano verrà a te,
cipressi, olmi e abeti insieme,
per abbellire il luogo del mio santuario,
per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi.
14Verranno a te in atteggiamento umile
i figli dei tuoi oppressori;
ti si getteranno proni alle piante dei piedi
quanti ti disprezzavano.
Ti chiameranno Città del Signore,
Sion del Santo di Israele.
15Dopo essere stata derelitta,
odiata, senza che alcuno passasse da te,
io farò di te l'orgoglio dei secoli,
la gioia di tutte le generazioni.
16Tu succhierai il latte dei popoli,
succhierai le ricchezze dei re.
Saprai che io sono il Signore tuo salvatore
e tuo redentore, io il Forte di Giacobbe.
17Farò venire oro anziché bronzo,
farò venire argento anziché ferro,
bronzo anziché legno,
ferro anziché pietre.
Costituirò tuo sovrano la pace,
tuo governatore la giustizia.
18Non si sentirà più parlare di prepotenza nel tuo paese,
di devastazione e di distruzione entro i tuoi confini.
Tu chiamerai salvezza le tue mura
e gloria le tue porte.
19Il sole non sarà più la tua luce di giorno,
né ti illuminerà più
il chiarore della luna.
Ma il Signore sarà per te luce eterna,
il tuo Dio sarà il tuo splendore.
20Il tuo sole non tramonterà più
né la tua luna si dileguerà,
perché il Signore sarà per te luce eterna;
saranno finiti i giorni del tuo lutto.
21Il tuo popolo sarà tutto di giusti,
per sempre avranno in possesso la terra,
germogli delle piantagioni del Signore,
lavoro delle sue mani per mostrare la sua gloria.
22Il piccolo diventerà un migliaio,
il minimo un immenso popolo;
io sono il Signore:
a suo tempo, farò ciò speditamente.
Lettera agli Ebrei 10
1Avendo infatti la legge solo un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio.2Altrimenti non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero ormai più alcuna coscienza dei peccati?3Invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati,4poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri.5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:
'Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato'.
6'Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato'.
7'Allora ho detto: Ecco, io vengo
- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro -
per fare, o Dio, la tua volontà'.
8Dopo aver detto prima 'non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato', cose tutte che vengono offerte secondo la legge,9soggiunge: 'Ecco, io vengo a fare la tua volontà'. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.10Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.
11Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati.12Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre 'si è assiso alla destra di Dio',13aspettando ormai solo che 'i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi'.14Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.15Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:
16'Questa è l'alleanza che io stipulerò' con loro
'dopo quei giorni, dice il Signore:
io porrò le mie leggi nei loro cuori
e le imprimerò nella loro mente',
17dice:
'E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro
iniquità'.
18Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più bisogno di offerta per il peccato.
19Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù,20per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne;21avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio,22accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.23Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.
24Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone,25senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina.
26Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati,27ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.28Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, 'viene messo a morte' senza pietà 'sulla parola di due o tre testimoni'.29Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?30Conosciamo infatti colui che ha detto: 'A me la vendetta! Io darò la retribuzione!' E ancora: 'Il Signore giudicherà il suo popolo'.31È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!
32Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta,33ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo.34Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.35Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa.36Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa.
37Ancora 'un poco', infatti, 'un poco appena,
e colui che deve venire, verrà e non tarderà'.
38'Il mio giusto vivrà mediante la fede;
ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui'.
39Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima.
Capitolo XX: L'amore della solitudine e del silenzio
Leggilo nella Biblioteca1. Cerca il tempo adatto per pensare a te e rifletti frequentemente sui benefici che vengono da Dio. Tralascia ogni cosa umanamente attraente; medita argomenti che ti assicurino una compunzione di spirito, piuttosto che un modo qualsiasi di occuparti. Un sufficiente spazio di tempo, adatto per dedicarti a buone meditazioni, lo troverai rinunciando a fare discorsi inutilmente oziosi e ad ascoltare chiacchiere sugli avvenimenti del giorno. I più grandi santi evitavano, per quanto possibile, di stare con la gente e preferivano stare appartati, al servizio di Dio. E' stato detto: ogni volta che andai tra gli uomini ne ritornai meno uomo di prima (Seneca, Epist. VII, 3). E ne facciamo spesso esperienza, quando stiamo a lungo a parlare con altri. Tacere del tutto è più facile che evitare le intemperanze del discorrere, come è più facile stare chiuso in casa che sapersi convenientemente controllare fuori casa. Perciò colui che vuole giungere alla spiritualità interiore, deve, insieme con Gesù, ritirarsi dalla gente. Soltanto chi ama il nascondimento sta in mezzo alla gente senza errare; soltanto chi ama il silenzio parla senza vaneggiare; soltanto chi ama la sottomissione eccelle senza sbagliare; soltanto chi ama obbedire comanda senza sgarrare; soltanto colui che è certo della sua buona coscienza possiede gioia perfetta.
2. Però, anche nei santi, questo senso di sicurezza ebbe fondamento nel timore di Dio. Essi brillarono per straordinarie virtù e per grazia, ma non per questo furono meno fervorosi e intimamente umili. Il senso di sicurezza dei cattivi scaturisce, invece, dalla superbia e dalla presunzione; e , alla fine, si muta in inganno di se stessi. Non sperare di avere sicurezza in questo mondo, anche se sei ritenuto buon monaco o eremita devoto; spesso, infatti, coloro che sembravano eccellenti agli occhi degli uomini sono stati messi nelle più gravi difficoltà. Per molte persone è meglio dunque non essere del tutto esenti da tentazioni ed avere sovente da lottare contro di queste, affinché non siamo troppo sicure di sé, non abbiamo per caso a montare in superbia o addirittura a volgersi sfrenatamente a gioie terrene. Quale buona coscienza manterrebbe colui che non andasse mai cercando le gioie passeggere e non si lasciasse prendere dal mondo! Quale grande pace, quale serenità avrebbe colui che sapesse stroncare ogni vano pensiero, meditando soltanto intorno a ciò che attiene a Dio e alla salute dell'anima, e ponendo ben fissa ogni sua speranza in Dio! Nessuno sarà degno del gaudio celeste, se non avrà sottoposto pazientemente se stesso al pungolo spirituale. Ora, se tu vuoi sentire dal profondo del cuore questo pungolo, ritirati nella tua stanza, lasciando fuori il tumulto del mondo, come sta scritto: pungolate voi stessi, nelle vostre stanze (Sal 4,4). Quello che fuori, per lo più, vai perdendo, lo troverai nella tua cella; la quale diventa via via sempre più cara, mentre reca noi soltanto a chi vi sta di mal animo. Se, fin dall'inizio della tua venuta in convento, starai nella tua cella, e la custodirai con buona disposizione d'animo, essa diventerà per te un'amica diletta e un conforto molto gradito.
3. Nel silenzio e nella quiete l'anima devota progredisce e apprende il significato nascosto delle Scritture; nel silenzio e nella quiete trova fiumi di lacrime per nettarsi e purificarsi ogni notte, e diventa tanto più intima al suo creatore quanto più sta lontana da ogni chiasso mondano. Se, dunque, uno si sottrae a conoscenti e ad amici, gli si farà vicino Iddio, con gli angeli santi. E' cosa migliore starsene appartato a curare il proprio perfezionamento, che fare miracoli, dimenticando se stessi. Cosa lodevole, per colui che vive in convento, andar fuori di rado, evitare di apparire, persino schivare la gente. Perché mai vuoi vedere ciò che non puoi avere? "Il mondo passa, e passano i suoi desideri" (1Gv 2,17). I desideri dei sensi portano a vagare con la mente; ma, passato il momento, che cosa ne ricavi se non un peso sulla coscienza e una profonda dissipazione? Un'uscita piena di gioia prepara spesso un ritorno pieno di tristezza; una veglia piena di letizia rende l'indomani pieno di amarezza; ogni godimento della carne penetra con dolcezza, ma alla fine morde e uccide. Che cosa puoi vedere fuori del monastero, che qui tu non veda? Ecco, qui hai il cielo e la terra e tutti glie elementi dai quali sono tratte tutte le cose. Che cosa altrove potrai vedere, che possa durare a lungo sotto questo sole? Forse credi di poterti saziare pienamente; ma a ciò non giungerai. Ché, se anche tu vedessi tutte le cose di questo mondo, che cosa sarebbe questo, se non un sogno senza consistenza? Leva i tuoi occhi in alto, a Dio, e prega per i tuoi peccati e per le tue mancanze. Lascia le vanità alla gente vana; e tu attendi invece a quello che ti ha comandato Iddio. Chiudi dietro di te la tua porta, chiama a te Gesù, il tuo diletto, e resta con lui nella cella; ché una sì grande pace altrove non la troverai. Se tu non uscirai e nulla sentirai dal chiasso mondano, resterai più facilmente in una pace perfetta. E poiché talvolta sentire cose nuove reca piacere, occorre che tu sappia sopportare il conseguente turbamento dell'animo.
LETTERA 201: Gl'imperatori Onorio e Teodosio, pubblicata una nuova sanzione contro i Pelagiani e i loro fautori
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta il 9 giugno 419.
Gl'imperatori Onorio e Teodosio, pubblicata una nuova sanzione contro i Pelagiani e i loro fautori (n. 1), danno mandato ad Aurelio e ad Agostino, con lettere distinte dello stesso tenore, di esigere dagli altri vescovi la sottoscrizione alla condanna dell'eresia (n. 2).
GLI IMPERATORI ONORIO E TEODOSIO, AUGUSTI, SALUTANO IL VESCOVO AURELIO
Proscrizione imperiale di Pelagio e Celestio.
1. Veramente già da parecchio tempo era stato stabilito che Pelagio e Celestio, autori di un'esecranda dottrina, fossero banditi da Roma come corruttori della verità cattolica, affinché per mezzo d'una funesta convinzione non pervertissero la mente degli ignoranti. Nel prendere quella disposizione la nostra clemenza ha seguito il verdetto pronunciato dalla Santità tua, dal quale risulta ch'essi sono stati condannati da tutti quanti in seguito a imparziale inchiesta giudiziaria. Ma poiché l'arrogante e criminale ostinazione nell'errore ci ha obbligati a rinnovare il provvedimento, abbiamo ordinato, anche in virtù di un recente decreto, che se uno venisse a sapere in qual parte dell'Impero si nascondono (Pelagio e Celestio) e indugiasse a bandirli o a deferirli, cadesse sotto la pena prescritta, in qualità di complice.
Obbligo di correggere i vescovi favorevoli agli eretici.
2. Converrà, tuttavia, che tu, carissimo ed amatissimo Padre, faccia valere l'autorità della Santità tua soprattutto per reprimere la caparbietà di certi vescovi i quali accreditano, col loro tacito consenso, le dannose disquisizioni di quei tali anziché screditarle combattendole pubblicamente, affinché la sollecitudine di tutti i Cristiani unisca gli sforzi per fare scomparire del tutto questa assurda eresia. La Santità tua notificherà pertanto con opportune lettere a tutti coloro i quali verranno a sapere che in virtù del decreto della Santità tua è ingiunto l'ordine che chiunque tralasciasse con empia ostinazione di sottoscrivere la condanna dei due eretici al fine di fare apparire la purezza della propria fede, sarà punito con la perdita dell'episcopato, sarà scomunicato e scacciato per sempre dalla propria città. Orbene, siccome in conformità del Concilio di Nicea confessiamo sinceramente ed adoriamo Dio creatore di tutte le cose e sostegno del nostro Impero, la Santità tua non tollererà che degli affiliati a uno scisma detestabile, escogitando nuove ed insolite teorie a danno della religione, occultino con scritti clandestini la dottrina sacrilega già condannata dalla pubblica autorità. Commettono la stessa, identica colpa coloro i quali o dissimulando la connivenza o non condannando l'errore daranno ad esso un aiuto dannoso, Padre carissimo e amatissimo.
(E, d'altra mano): Iddio ti conservi sano e salvo per molti altri anni. Da Ravenna, il 9 giugno sotto il consolato di Monassio e Plinta. Spedita anche al santo vescovo Agostino con l'identico contenuto.
Espiazioni per il Santissimo Sacramento
Le visioni - Beata Anna Caterina Emmerick
Leggilo nella BibliotecaTiepidezza e indifferenza dei cristiani
Nelle occasioni delle celebrazioni festive, Anna Katharina
Emmerich con il suo compito espiatorio, veniva guidata nei suoi
viaggi spirituali dal suo Angelo in diverse chiese della sua patria e
dappertutto fino ai confini del globo terrestre del cattolicesimo.
Essa doveva espiare, con la sofferenza e la preghiera, le ingiustizie
che venivano compiute a causa della tiepidezza e l’indifferenza
dei cristiani di questi luoghi. Tale indifferenza arreca un grave e
permanente danno ai “Sacramenti dell’amore”. Appena
Anna Katharina iniziò a rendersi conto di quest’espiazione
fu assalita senza interruzioni dalle più penose malattie e
sofferenze corporali.
La prima comunicazione che il “pellegrino”
ebbe da Anna Katharina, riguardava la festa del Corpus Domini del
1819. Questo il racconto della pia veggente: ‘Ho trascorso
tutta la notte con persone afflitte e miserabili, alcune di queste
erano di mia conoscenza, si muovevano in circolo, l’una dietro
l’altra, e hanno pregato Dio. Erano tutti quelli che non
possono avvicinarsi, con il cuore leggero e gioioso, al sacro
Sacramento. Vidi solo le loro sofferenze, li ricevetti e li portai
sulle mia spalla destra. Era un fardello così pesante, che la
mia parte destra tendeva ad accasciarsi quasi tutta al suolo.
Accettai, come potevo, l’intera sofferenza o una parte di tutti
quanti. Vidi gli uomini con i cartelli sul petto e riconobbi,
leggendo sui medesimi, le sofferenze di ognuno. Questi cartelli,
dov’erano le immagini delle sofferenze, le potei estrarre dal
petto come se fossero state impresse su un rotolo. Si ammucchiò
moltissima carta. Presi anche le mie proprie sofferenze, le quali
erano larghe quanto un palmo della mano, tutte simbolizzate come una
lunga cintura con righe rosse: unii tutti i rotoli insieme, li piegai
a metà e li legai, avvolgendo intorno a questo grosso e
pesante pacco entrambi gli estremi della cintura delle mie sofferenze
sulla croce. I rotoli avevano colori differenti secondo le sofferenze
di ognuno. Riflettendoci potevo riconoscere i colori di alcuni
conoscenti. Presi il pacco sulle mie spalle e visitai il Santissimo
Sacramento per offrirGli le sofferenze della povera gente che non
riconosce, nella propria cecità, il suo indicibile tesoro di
sollievo salvifico. Dapprima giunsi in una cappella disadorna e
incompleta, ma Dio era ben presente sull’altare e Gli offrii il
fardello pregando il Santissimo Sacramento. Mi sembrò come se
questa cappella fosse divenuta la fonte della mia energia, fino al
punto che il peso del fardello si alleggerì e lo portai
volentieri sulla mia spalla destra, pensando al peso enorme della
Croce che ha premuto sulla spalla del nostro Signore e delle sue
Piaghe. Ho visto spesso questa Piaga: è la più dolorosa
di tutto il suo santo corpo. Giunsi in un posto dov’era una
processione e vidi in altri luoghi anche altre processioni, alle
quali mi unii. Potei notare che i partecipanti a queste processioni
portavano anche sofferenze simili a quelle che io portavo nel mio
pacco. Con mia meraviglia vidi fuoriuscire dalla loro bocca, durante
il canto, gli stessi colori che avevano i rotoli che portavo in loro
vece. Vidi il Santissimo Sacramento sollevato in aria e portato da
Angeli e spiriti, avvolto da un grande splendore e maestà, che
ora aveva assunto la figura di un fanciullino splendente. Io pregai e
offrii il mio fardello. La processione principale alla quale io mi
ero unita entrò in una chiesa cinta da un cimitero o un
giardino. Ebbi la sensazione che questa chiesa fosse sospesa in aria.
Intorno alla medesima si trovavano tutte le specie di fiori rari che
sono solitamente sulle tombe, gigli, rose bianche e rosse e astranzie
bianche. Dalla parte orientale di questa chiesa apparve in una luce
maestosa una figura sacerdotale, sembrava il Signore. Presto fu
circondato da dodici uomini dall’aureola luminosa e intorno a
questi apparvero molti altri. lo potevo ben vedere tutto. Adesso
usciva dalla bocca del Signore un piccolo corpo splendente, prima
diveniva grande e poi di nuovo si rirnpiccioliva, era una figura di
bambino piena di splendore, che andò prima nella bocca dei
dodici e poi passò in quella degli altri.
Tale scena
non era proprio l’immagine storica del giovedì santo,
come già avevo visto quando il Signore sedeva al tavolo con
gli Apostoli, ma nel complesso mi ricordò questa. Tutti erano
raggianti e si teneva un Ufficio divino in occasione di una
celebrazione religiosa. La chiesa era gremita di persone che sedevano
oppure stavano in piedi o si libravano nell’aria. Alcuni per
poter assistere alla funzione venivano innalzati l’uno sopra
l’altro su sedie, in modo che tutti avrebbero potuto vedere.
Poi vidi una forma apparire nelle mani del Signore; era illuminata da
un piccolo corpo splendente che usciva dalla bocca di Gesù.
Alla fine, tale forma, prese un preciso aspetto contornato di
splendore spirituale: era il santo Sacramento dell’altare,
messo in mostra come oggetto di devozione. Il Signore continuamente
dice la sua parola di vita attraverso il medesimo, e il corpo di luce
passa dalla sua bocca a tutti i presenti. Io posai a terra per un pò
il mio pacco, per ricevere il sacro Sacramento, e quando lo ripresi
vidi un gruppo di persone con altri pacchi sporcissimi, che non volli
sapere di accogliere. Mi fu detto che questi dovevano essere puniti
severamente e poi indirizzati alla penitenza. Non ebbi compassione e
andai via. Vidi quella cappella in montagna, dove mi riposai con il
mio pacco e dove avevo visto da bambina il primo altare e il
tabernacolo dei cristiani. Compresi il significato che aveva il
Sacramento nel tempo delle persecuzioni. Il cimitero che prima avevo
visto stava a significare che gli altari dei sacrifici incruenti si
trovavano sulle tombe dei Martiri e che in seguito anche le chiese
vennero costruite dove si trovavano tali altari. Vidi la Chiesa nella
natura celeste e spirituale e il culto di adorazione del Sacramento,
come tesoro della medesima, direttamente celebrato da Gesù. Mi
apparvero le celebrazioni delle ricorrenze dei cristiani primitivi,
di quelli attuali e di quelli futuri e il loro risveglio con il
rinnovamento nella Chiesa. Alla festa di sant’Isidoro “il
contadino” (15 maggio), mi fu mostrato chiaramente l’effetto
della lettura della Messa e del suo ascolto, e mi fu detto che per
fortuna tante Messe, anche se lette da preti ignoranti e indegni,
allontanano i pericoli, le punizioni, le tribolazioni e tutte le
tendenze istintive degli uomini. Molti preti non hanno la giusta
percezione e la conoscenza dell’azione liturgica del santissimo
Sacrificio, perché se l’avessero, non potrebbero più
celebrarla dallo sgomento. Mi apparve chiaro, allora, in tutta la sua
dimensione, il significato della meravigliosa benedizione che si
ottiene con l’ascolto della Messa e in qua! modo un fedele reca
in casa tutto il bene ditale benedizione. Vidi quante benedizioni si
ottengono tramite l’ascolto della Messa, e come gli errori che
vengono commessi nella stessa sono rimediati grazie all’aiuto
soprannaturale. L’anno successivo essa iniziò prima
della festa di Pentecoste, nella novena, un sacrificio devozionale
espiatorio per il Santissimo Sacramento. Questo compito espiatorio
richiese alla martire terribili pene che durarono più
settimane, portandola fino alle soglie della morte. Era accompagnata
dai Santi del giorno e particolarmente da quelle anime benedette che
nei tempi passati avevano assunto gli stessi compiti di sofferenze al
pari di lei. ‘lo l’ho trovata informò il
“pellegrino” oggi (17 maggio 1820), in lacrime. La
Sòntgen’ voleva portarle alcune donne estranee che lei
però non potette accogliere. Pianse profondamente, dicendo:
“Io voglio morire in ogni momento per le miserie umane”,
e si lamentò: “Eppure non mi si lascia in pace”.
La sua malattia era divenuta insopportabile. La veggente aveva i
dolori più forti e trafitture nel fianco; in aggiunta si
struggeva per il Santissimo Sacramento; era indescrivibilmente
afflitta e inondata dalle lacrime. La sofferenza aveva investito
nella stessa misura sia il corpo che l’animo. Si trovava in
condizioni pietose. Supplicò la bambina (sua nipote) di
pregare per lei e dire tre Pater affinché Dio le donasse la
forza di vivere, se così fosse giusto. La bambina pregò
ed Anna Katharina insieme a lei, poi si tranquillizzò.
18
maggio: ‘La sua fame per il Sacramento diveniva sempre più
forte, ed era in preda ad uno struggimento. Ella si lamentava della
perdita del gusto ingerendolo e cadendo in estasi chiamò,
lamentandosi, il suo Sposo celeste: “Perché mi lasci
così affamata dite? Senza dite muoio. Tu solo mi puoi aiutare.
Se io devo vivere, dammi dunque la vita!” Quando ritornò
in sé così aggiunse: “Il Signore Gesù
Cristo mi ha detto che questo avrebbe servito per farmi comprendere
cosa sarei senza di lui”.
Anna Katharina è oggetto di
visioni così tristi che non vuole nemmeno raccontarle. In
queste vede tante necessità e miserie incombere sugli uomini
come tante opere delle tenebre, per mezzo delle quali “Dio,
specialmente in questo tempo di feste sante, viene così tanto
offeso.” Il secondo giorno di Pentecoste dello stesso anno (22
maggio 1820), essa ricevette l’annuncio del suo più
difficile compito per il Santissimo Sacramento. Così narrò
in merito:
“Mi trovavo in una grande chiesa, ero
inginocchiata dinnanzi al Santissimo Sacramento, cinto da
indescrivibile gloria. Mentre ero in profonda contemplazione scorsi
nel Sacramento la figura del Bambino Gesù, avvolta da
splendore. A questa vista il mio cuore sussultò e riversai
innanzi ad esso i lamenti della mia gioventù. La risposta del
Sacramento penetrò in me sotto forma di un raggio formato
dall’insieme dei raggi che partivano da ogni lato della chiesa.
Nell’accoglierlo, in questo modo unificato, ricevetti infinita
consolazione; accettai anche un soave rimprovero per i miei errori.
Ho trascorso quasi tutta la notte in devozione dinnanzi al
Sacramento, al mio fianco c’era il mio Angelo”.
Di
un’altra Visione, la pia suora non volle raccontarne i singoli
dettagli, per umiltà, perché ricevette l’apparizione
di Sant’Agostino e quella delle sorelle del suo Ordine, Rita da
Cascia, e Chiara da Montefalco , dalle quali venne istruita per un
simile lavoro di sofferenza; loro stesse avevano pregato per il
Sacramento. Appena Anna Katharina ebbe terminato la sua breve
spiegazione dell’immagine del Sacramento entrò in
estasi, e mentre il “Pellegrino” si intratteneva
nell’anticamera con il confessore in conversazione, essa
improvvisamente si alzò dal suo letto emanando raggi di gioia
sul volto. Rimaneva ferma sui suoi piedi, come nessuno l’aveva
più vista così da quattro anni. Levate le braccia in
aria, tranquillamente, recitò tutto il Te Deum in questa
meravigliosa posizione; sebbene mostrasse uno stato di spossatezza
con un colore giallognolo in volto e gli zigomi tratteggiati
dall’apprensione. La sua voce era calda, leggera e piacevole,
tutt’altro che la solita. In quella voce cera qualcosa di
leggero e interiore come quella di un tenero bambino che recita a suo
padre una poesia di lode. Nel pronunciare determinate parole
congiunse le mani e chinò il capo pregando. Ella restava
ancora in piedi stabile e sicura, la sua lunga veste che scendeva
fino alla caviglia le dava un aspetto serissimo e di pieno rispetto.
La sua preghiera ad alta voce era una commovente orazione di
ringraziamento, recitata con il viso illuminato dall'entusiasmo
dell'amore per Dio. “Sant'Agostino, raccontò il giorno
seguente, stava presso di me, nei suoi ornamenti vescovili ed era
molto gentile. Io ero così toccata e allietata della sua
presenza e mi ritenni colpevole, dicendogli sinceramente che non lo
avevo mai venerato particolarmente. Egli allora mi rispose: “Ma
io ti conosco, sei una delle mie figlie”. Allora lo pregai di
lenire le mie malattie ed egli mi mostrò un mazzetto di fiori
dove ce n’era uno blu. A quella vista ricevetti nello stesso
tempo un sapore interiore e fui pervasa da una forza e una sensazione
di benessere in tutto il mio corpo. Sant’Agostino mi disse: “Tu
non sarai mai aiutata del tutto poiché la tua via è
quella del dolore; quando però supplichi per avere sollievo e
aiuto ricordati che sono pronto a darteli. Adesso alzati e recita il
Te Deum ringraziando la santissima Trinìt per la tua
guarigione”. Allora mi alzai e pregai, poi mi sentii più
rinforzata e la mia gioia fu molto grande.
Sant’Agostino
mi apparve nella sua gloria celeste. Dapprima vidi la santissima
Trinità e la santa Vergine, poi mi comparve l’immagine
di un vecchio su un trono. Dalla fronte, dal petto, e dalla zona
dello stomaco gli fuoriuscivano raggi che andavano a formare dinnanzi
a lui una croce che diffondeva in infinite direzioni un bagliore
luminoso verso Cori e Ordini di Santi e Angeli. Ad una certa distanza
vidi la gloria celeste di sant’Agostino. Lo vidi sedere su un
trono mentre riceveva anch’egli, dalla Croce della Trinità,
bagliori di splendore. Mi apparvero immagini di religiosi vestiti nei
modi più diversi e una grande quantità di chiese, che
erano su un monte; esse si sollevavano e restavano nell’aria,
l’una dietro l’altra, come piccole nuvole. Tutte queste
chiese erano state fondate da lui. Questa gloria era un’in1nagine
della sua magnificenza celeste. La Luce che egli riceveva dalla
Trinità era la sua personale realizzazione e la sua personale
illuminazione I suoi cori erano le anime, i•”Vasi”
di trasmissione di Dio, che ricevevano e riversavano sugli altri la
luce di sant’Agostino. I cori intorno ad Agostino erano formati
dai membri di tutte le organizzazioni religiose, i preti, gli
insegnanti, e le comunità, nate per merito della sua opera.
Vidi anche tutti quelli, che per merito proprio, erano divenuti veri
vasi di Dio, fontane ridistributrici di acqua viva. Poi sant’Agostino
mi comparve in un giardino celeste, un bel giardino pieno di alberi
meravigliosi, piante e fiori; c’erano con lui tanti altri
Santi, tra cui mi ricordo particolarmente di Francesco Saverio e
Francesco di Sales. Essi si muovevano tra la frutta e gli alberi del
giardino, che simboleggiavano tutte le grazie ed i meriti della loro
vita. Vidi in questo giardino anche molte persone viventi che conosco
essere accolte in modo diverso.
Quest’apparizione dei viventi nel giardino dei Santi e dei
Beati è la visione opposta dei Santi sulla terra, poiché
io vedo i viventi simili a spiriti, nel giardino dei Santi e ricevere
ogni specie di frutta saporosa. In questo luogo alcuni si elevano per
mezzo della grazia attraverso la preghiera; altri sembrano riceverla
direttamente come un vaso di trasmissione. La differenza tra questi
due stati si evidenzia con l’esempio di alcune persone che sono
occupate in un giardino a cogliere la frutta, mentre altri la
ricevono direttamente per volontà di Dio da un Santo. Dopo
questa visione la guida mi accompagnò sulla strada che porta
alla Gerusalemme celeste. Qui dovetti arrampicarmi per una montagna,
giunsi in un giardino dove Chiara da Montefalco era la giardiniera.
Essa aveva nelle mani piaghe luccicanti, e intorno al capo una corona
splendente di spine. Se Chiara non avesse ricevuto i dolori non
avrebbe potuto ricevere le piaghe esterne corrispondenti. Mi disse
che questo giardino era il suo, e poiché io pure mi dilettavo
di giardinaggio, mi volle mostrare come si sarebbe dovuto coltivare.
Il giardino era circondato da un muro invisibile, non un vero muro,
nel senso materiale, poiché era trasparente e si poteva
attraversarlo. Consisteva di pietre rotonde, colorate e luccicanti.
Nel punto centrale il giardino si suddivideva regolarmente in otto
graziosi campi con alcuni alberi grandi e belli nel pieno della
fioritura. Una fontana rinfrescava tutto il giardino. Intorno al muro
stavano delle viti, girai per quasi tutta la notte nel giardino con
santa Chiara, che mi insegnò l’uso e mi spiegò il
significato di ognuna di queste piante e il trattamento da farsi.
Andava da un’aiuola all’altra e io non so più
veramente dove avesse trovato quelle radici. Presso un albero di
fichi mi spiegò molte cose che non ricordo più. Nelle
aiuole erano presenti anche molte coclearie e cerfogli . Mi disse che
se avevo gustato molte cose dolci dovevo riempirmi la bocca di
coclearie e se all’inverso avevo gustato molte amarezze,
riempirmi la bocca di cerfogli. Fin da bambina avevo già amato
e masticato queste erbe, ed avevo ben potuto vivere con queste. La
cosa più difficile per me era conoscere come veniva trattata
la vite, come potevo legarla, potarla e separarne i rami; questa fu
l’ultima spiegazione che mi venne data nel giardino. Durante il
lavoro vedemmo volare in circolo, sopra di noi, molti uccelli che si
posarono poi sulla mia spalla, sembravano avere molta fiducia in me
come nel giardino del convento. Chiara mi mostrò anche che
avrebbe impresso il marchio del martirio della Passione nel suo cuore
e alla sua morte sarebbero state trovate tre pietre nella bile. Mi
parlò delle grazie che avrebbe ricevute nella festa della
santa Trinità, e mi preavvertì che io per questa festa
avrei dovuto prepararmi per un nuovo lavoro. Santa Chiara mi apparve
molto magra, bianca e sfinita.
Vidi anche Rita da Cascia. Essa ha pregato davanti ad una croce
con umiltà solo per avere una spina dalla corona delle
sofferenze. Un giorno in seguito alle sue preghiere si sprigionò
dalla corona delle sofferenze di Gesù un raggio luminoso che
ferì la sua fronte. Per questa ferita soffrì per tutta
la vita i dolori più indicibili. Permanentemente prese a
scorrere da questa ferita del pus, le persone la rifuggivano. Io vidi
la sua intensa devozione verso il Santissimo Sacramento. S. Rita ha
parlato molto con me. La sera precedente la santa festa della Trinità
iniziò il nuovo compito spirituale annunciato da Chiara da
Montefalco. Così raccontò suor Emmerich: Quando mi resi
conto della cattiva preparazione con la quale alcuni vanno alla santa
confessione, rinnovai le mie suppliche a Dio; Egli mi volle lasciar
soffrire un pò per il loro miglioramento. Allora le sofferenze
iniziarono a cadere su di me in modo continuato, acute trafitture dì
dolori, come raggi o frecce. Nella notte scese una grave pena in me,
che non avevo mai provato; iniziò intorno al mio cuore, come
un gomitolo di dolore che rinchiudesse una fiamma. Da questo fuoco si
espandevano dolori in tutto il mio corpo; attraverso il midollo e le
gambe scendevano fino alle punte dei piedi, alle unghie ed ai
capelli. Io sentii qualcosa diffondersi e ripercuotersi da questi
dolori, la percepii dapprima come se uscisse dal cuore nelle mani,
diffondersi nei piedi e intorno al capo, e da lì ripartire
tornando nel cuore, così che le piaghe erano i centri
principali di irradiazione.
Queste pene aumentarono divenendo
sempre più lancinanti e piene di significato, fino alla
mezzanotte. Restai sveglia e fui inondata di sudore senza potermi
muovere. Avevo solo una consolazione, portata dalla convinzione che
dov’erano i punti principali dei dolori ci fosse la forma della
croce. A mezzanotte non potevo più sopportarli e poiché
nello sfinimento avevo perduto coscienza della provenienza di questi
dolori, mi rivolsi come un bambino al santo padre Agostino e lo
supplicai Con queste semplici parole: “Caro padre Agostino tu
mi hai promesso il sollievo, perciò io ti chiamo; guarda come
è grande la mia sofferenza e la mia miseria!” Il Santo
non mi lasciò inascoltata ed accorre subito pieno d’amore
ricordandomi e spiegando meglio il motivo delle mie sofferenze che
non poteva togliermi, perché hanno la radice nella sofferenza
di Gesù, ma avrei dovuto averne anche consolazione.
Mi disse ancora che io avrei dovuto patire fino alle tre. Le pene
continuavano ininterrotte ma con la grande consolazione di percepirle
radicate nella sofferenza di Gesù per la giustizia divina
verso tutti gli altri. Io sentii il sollievo di essere d’aiuto,
e in questa sensazione racchiudevo tutte le sofferenze che mi stavano
nel cuore, affidandomi alla misericordia del Padre celeste, e al
padre sant’Agostino. Egli mi ricordò che tre anni fa, la
mattina della festa di tutti i Santi, la morte mi era vicina e mi era
apparso il mio Sposo celeste che mi aveva posto la scelta se avessi
voluto morire e soffrire ancora nel Purgatorio oppure se volevo
ancora soffrire a lungo sulla terra, ed io gli avevo detto: “Nel
Purgatorio non posso più aiutare nessuno, se la tua volontà
non è contraria lasciami soffrire più volte tutte le
sofferenze nella vita se con queste posso aiutare anche solo
un’anima”. Mi ricordai chiaramente di quel voto dietro
l’esortazione del mio santo padre dell’Ordine, e così
potei soffrire fino alle tre le pene più disperate con
tranquillità e gratitudine. I dolori così pressanti mi
provocavano sudore di paura e le più amare lacrime. Più
tardi ebbi ancora una visione della santissima Trinità. Vidi
una figura irradiata di splendore, era il vecchio di prima, seduto
sul trono. Dalla sua fronte si diffondeva una luce incolore dal
chiarore indescrivibile; dalla sua bocca fuorusciva un fascio di luce
di un certo colore giallo e fuoco, dal centro del suo petto,
dall’epicardio, si diramava una luce colorata. Tutti questi
raggi luminosi formavano, tagliando l’aria, una croce di luce
davanti al petto dell’anziano, come il bagliore di un
arcobaleno. Dalla croce si diffondevano innumerevoli raggi verso
tutti i Cori celesti e verso la terra rigenerando tutto quello che
toccavano. Sulla destra si trovava il trono con la santissima Vergine
Maria e vidi fuoriuscire, dal vecchio, un raggio che la investiva, Da
Maria, a sua volta, si levava un raggio che toccava la croce sulla
sua sinistra, irrorandola di uno splendore diamantino mentre il cielo
dietro di lei si era fatto di un celeste limpido indescrivibile.
Questa visione fu una delle più impressionanti che io ebbi,
non saprei come esprimerla anche se volessi rivelarla per intera.
Proprio la bellezza del cielo celeste e il raggio diamantino furono
esperienze di luce e di colori inesistenti nel nostro mondo. Vidi
l’Angelo sotto il trono in una luce incolore. Più in
alto si trovavano i ventiquattro Padri dell’antichità
con i capelli bianchi argentati che circondavano la Santissima
Trinità. Tutto l’altro spazio infinito era riempito da
differenti Santi, ognuno circondato dai suoi Cori. Vidi Agostino a
destra della Trinità con tutti i suoi santi Cori, molto più
in basso di Maria; poi tanti giardini e immagini di luoghi luminosi e
dovunque immagini di chiese, Dovunque vigeva la medesima legge, lo
stesso modo di vivere sotto diverse forme, ma attraverso ognuno si
manifestava la volontà della luce del Padre attraverso la
croce del Figlio. Davanti alla Madre di Dio vidi sedere una lunga
fila di figure femminili. Erano vergini e avevano corone e scettri,
ma non sembravano essere regine terrene, ma piuttosto spiriti o
anime, che attratte da Lei la servivano come servivano i ventiquattro
vecchi della Trinità. Come in una festa tutto iniziò a
muoversi meravigliosamente ed io percepivo l’insieme come
l’armonia di una bella musica. Vidi in questo movimento festoso
una processione, oppure molte di queste, passare sotto il seggio
della Santissima Trinità, simili a stelle che giravano intorno
al sole nel cielo. Poi vidi giù sulla terra le innumerevoli
feste e processioni di questo giorno accordarsi con le feste celesti.
Purtroppo le processioni sulla terra avevano qualcosa di miserabile,
oscuro e disarmonico e pieno di manchevolezze, nonostante si
conservasse ancora qualcosa di buono. Vidi, tra queste, anche la
processione a Dulmen e notai un bambino miserabilmente vestito e la
sua casa. Allora pensai: voglio vestirlo».
Alla
festa del Corpus Domini del 1819, tra le perduranti condizioni di
sofferenze, Anna Katharina ebbe molte visioni di come ebbe inizio la
festività del Santissimo Sacramento e di tutta la storia della
sua adorazione fino al tempo attuale. Ma ella a causa della
spossatezza comunicò solo quanto segue. Vidi un’immagine
che spiegava l’introduzione della festività del
Santissimo Sacramento. Il Signore Gesù Cristo sedeva al
centro, parte laterale del tavolo, alla sua sinistra sedeva Pietro e
alla sua destra un Apostolo esile e slanciato che rassomigliava molto
a Giovanni 6 Prima vidi il Signore seduto che impartiva insegnamenti
spirituali, poi si alzò come gli altri. In quel momento tutti
restarono in silenzio presi dal desiderio di vedere cosa avrebbe
fatto: Egli sollevò il pane, e volgendo gli occhi in alto, lo
spezzò, poi lo benedisse. Nel far questo emanò una luce
viva che infuse sul pane. Egli stesso apparve assorbito da quella
luce che si diffuse su tutti i presenti. Tutti divennero silenziosi,
illuminati, e pieni di devozione, solo Giuda si allontanò da
questa luce, portandosi nell’ombra. Gesù sollevò
gli occhi al cielo e contemporaneamente anche il calice, poi lo
benedì. Io non posso trovare le parole adatte per descrivere
adeguatamente quello che vidi. Percepii la transustanziazione e Lui
che si trasformava, il pane e il calice erano colmi di splendore e
vidi che egli aveva posato i pezzetti di pane sopra un piatto piano,
che doveva essere una patena primitiva, e li porgeva, con la sua mano
destra, direttamente ai singoli nella bocca. La prima a riceverlo fu
la Madre di Dio la quale, frattanto, si era avvicinata al tavolo
degli Apostoli. Vidi con il pane anche la luce entrare nella bocca
della Madre di Dio; poi, come la forma di un Corpo, nella bocca degli
Apostoli. Tutti furono attraversati dalla luce, solo Giuda rimaneva
sinistro nell’oscurità, Il Signore prese il calice nella
mano per il gambo e lasciò bere gli Apostoli. Ancora una volta
vidi gli Apostoli ricolmi di splendore luminoso; poi tutta l’immagine
svanì».
Dopodiché Anna Katharina Emmerich ebbe una lunga serie di
immagini mutevoli, dalle diverse figure, all’offerta e alla
devozione del Sacramento. Purtroppo era sfinita per la stanchezza e i
dolori della notte, ma nonostante ciò riuscì a
raccontare qualcosa, anche se in modo non chiaro: 4o vidi come con il
passare degli anni, nel corso della storia, che il pane eucaristico
assumeva un aspetto sempre più bianco e fine. Già con
gli Apostoli in Gerusalemme aveva una forma più piccola, come
piccoli bocconi, che Pietro distribuiva; poi lo vidi in forma
quadrata e alla fine divenire rotondo. Vidi che gli Apostoli avevano
già diffuso l’ostia nei luoghi lontani e i cristiani si
riunivano in sale o case, perché non avevano ancora le chiese.
Gli Apostoli portavano dalle proprie abitazioni l’ostia nel
luogo di riunione, per esporla al culto dell’adorazione
pubblica. La gente la contemplava reverentemente. Durante l’epoca
del cristianesimo primitivo vidi le chiese come semplicissimi luoghi
di raduno, in locali o case, più tardi i cristiani
ricevettero, anche dai pagani, grandi templi che venivano consacrati,
da allora il Sacramento rimase fisso nel luogo di devozione. Vidi
anche che i cristiani ricevevano nelle mani e poi mangiavano il pane
eucaristico e le donne che dovevano prenderlo con un fazzolettino, e
che i cristiani in un certo tempo avevano il permesso di portare il
Sacramento a casa in un vasetto o una scatoletta chiusa, appesa al
collo. Quando quest’usanza fu abolita, venne permessa
eccezionalmente a singoli fedeli. Ebbi, l’uno dopo l’altra,
moltissime visioni sul santo Sacramento, come venne accolto e la sua
devozione. Vidi al principio del cristianesimo, e in alcune epoche
della storia, i cristiani nella più grande fede, innocenza e
illuminazione, e in altri tempi, in condizioni umilianti di
confusione e persecuzione. Vidi la Chiesa effettuare, nel fervore
dello Spirito Santo, alcuni cambiamenti sul modo di esprimere la
devozione al Santissimo Sacramento. Nei periodi di decadenza della
Chiesa vidi l’interruzione della celebrazione del Sacramento,
ed ebbi pure una Visione sull’origine dell’istituzione
della festa del Corpus Domini e la pubblica devozione, al tempo della
grande decadenza, per ottenere grazie sia per le comunità
singole che per tutta la Chiesa. Vidi una solenne celebrazione in una
città a me conosciuta, credo Liegi, poi vidi un paese caldo e
lontano, dove crescevano frutta e datteri, e qualcosa accadere in una
città. I cristiani si radunavano nella Chiesa e il prete era
sull’altare, davanti alla chiesa c’era un trambusto. Un
uomo, un tiranno crudele, montava un cavallo bianco inselvaggito e
lanciato a gran Carriera. Molta gente si tirava di qua e di là
preso dalla più indicibile paura. Era come se il tiranno
volesse spingere la bestia nella Chiesa per dileggio. Credo che egli
dicesse che ora i cristiani dovevano rendersi conto se il loro Dio di
pane fosse veramente Dio. La gente nella Chiesa era
terrorizzata.
Appena il tiranno entrò a cavallo nella
chiesa e si avvicinò all’altare vidi il prete dargli la
benedizione con il Sacramento. Nello stesso momento la bestia furente
si fermò e il prete, facendosi incontro al cavallo, si
avvicinò alle porte con il Sacramento. A questa vista la
bestia si avvicinò umilmente e cadde sulle ginocchia. Il
barbaro tiranno e tutto il suo seguito, di fronte all’avvenimento,
apparivano trasformati: si inginocchiarono, entrarono nella chiesa e
si convertirono.
Anche questa notte fui presa da indescrivibili
pene interiori. Queste pene erano forti e lancinanti e tutte le
membra ne erano investite, più volte ebbi la tentazione di
gridare.
Suor Emmerich non poteva più voltarsi e non sapeva
più delle visioni della notte e quanto tempo era rimasta nelle
pene, con trafitture di dolori che giungevano fino alle punte dei
piedi. Tali dolori avevano un significato particolare ed erano in
rapporto ai peccati, o deviazioni, di qualcuno. Essa conosceva il
motivo delle sue sofferenze. All’inizio della notte di nuovo
ebbe la visione del giardino di santa Chiara da Montefalco. Costei le
mostrò il significato degli otto campi del giardino: questi
simbolizzavano gli otto giorni della celebrazione del Santissimo
Sacramento, ed Anna Katharina, donando le sue sofferenze, ne avrebbe
già coltivati tre. La pia suora ricevé nuovamente
spiegazioni mistiche sul significato delle piante in rapporto al
dolore.
Il 3 giugno il “Pellegrino” così
scrisse: La trovai indescrivibilmente martirizzata. Stanotte ella ha
sofferto indescrivibili miserie, perché ha visto anche molti
bisogni individuali di persone le quali si raccomandano alla sua
preghiera. Nelle condizioni in cui si trova può parlare solo
poco e mi prega di rivolgere le orazioni a due casi urgenti di grande
bisogno: il primo riguarda una famiglia in campagna per la quale ha
preoccupazioni e paura a causa di una disgrazia incombente. L’altra
riguarderebbe l’indigenza e le preoccupazioni incombenti su una
famiglia in città a causa dei peccati. Queste cose le
sarebbero state raccomandate in modo particolare”. La domenica
dell’ottava di Pentecoste, il “Pellegrino” la
trovò, come la sera della vigilia della festa, in uno stato di
spossatezza ancora più grande a causa dei singoli peccatori e
per le mancanze ed i bisogni della Chiesa. Disse: “Trascorro le
notti in indescrivibili pene, poiché prendo sempre più
coscienza dei mali e delle sofferenze dell’umanità. I
miei dolori si interrompono solo quando posso avere contatto con le
immagini dei singoli sofferenti e indigenti; essi si raccomandano
alle mie preghiere e vogliono mostrarmi il loro bisogno
avvicinandosi, con visite quotidiane, al mio 1etto. Appariva molto
affaticata da queste pene, e più tardi così
raccontò:
‘Mi trovai in una grande chiesa, vidi il
banco della comunione che era indescrivibilmente grande; fuori
c’erano molte case e palazzi; preti e laici uscivano dalle case
chiamando la gente a raccolta per la distribuzione del Sacramento;
dappertutto vidi scene di vita mondana: in una casa dei giovani
scherzavano e amoreggiavano; altre persone discorrevano molto e
animosamente, senza enso, ecc. Poi vidi servi uscire nella strada per
invitare tutti gli storpi, poveri, paralitici e ciechi a rientrare.
Molti di tali storpi entrarono nelle case, i ciechi venivano guidati
ed i paralitici portati da quelli che pregavano per loro. Riconobbi
alcuni miei conoscenti tra questi storpi e ciechi, ma li conosco,
nelle condizioni di veglia, in buona salute. Infatti domandai ad un
cieco che conoscevo come gli era accaduta quella disgrazia, poiché
lo sapevo sano. Ma egli non volle credere alla sua cecità.
Incontrai anche una donna, che avevo conosciuto quand’era
giovane e da allora non l’avevo più vista, adesso la
vedevo storpia e le domandai se avesse ricevuto quell’infermità
negli ultimi tempi, ma anch’essa era convinta di stare
bene.
Nel pomeriggio la suora Emmerich esortò, con un
ammonimento interiore, un cittadino ad usare dolcezza nei confronti
di sua moglie che aveva maltrattato. Egli pianse molto pentito e
vicino a lui c’era la moglie e anche i bambini che mantenendosi
attaccati alla gonna della madre, la ringraziarono. Poi la veggente
cadde di nuovo nei suoi dolori spirituali e tutto il corpo fu
investito da un forte tremore. Il suo dito medio si curvò di
nuovo e le sue piaghe si arrossirono, mentre il suo viso era rimasto
ancora chiaro e amichevole, pieno di gioia di soffrire con Gesù.
Si notava però che il suo dolore era veramente forte e
crescente. Nel profondo dell’estasi disse che il momento era
molto difficile e sarebbe andata verso oriente, nel giardino di
prima, e all’albero dei fichi avrebbe goduto il sapore di uno
di questi. Poi aggiunse che essa aveva ancora quattro aiole da
coltivare (quattro giorni dell’ottava), prima di finire il suo
lavoro, notò bene che presso la fontana del giardino si
sarebbe trovato anche un rosaio pieno di grosse spine. Chiara da
Montefalco, che aveva sofferto come lei, le sarebbe stata inviata dal
suo Ordine per aiutarla a preparare il giardino in modo da terminare
il suo lavoro. La veggente non possedeva le reliquie di questa Santa.
Mentre la sofferenza cresceva il “Pellegrino” le
sussurrò: I quattro giorni sono passati.
Queste sofferenze
continuarono senza pausa fino alla sera del 7 giugno. Le medesime non
consistevano in dolori localizzati bensì di un martirio che
passava per tutte le ossa e i nervi. Le conseguenti e profonde
essudorazioni provocavano raffreddandosi, abbondanti emottisi. La
lingua si era da lungo tempo incurvata e contratta, ritirandosi nella
faringe. Chiara da Montefalco accompagnò la mistica suora
costantemente durante il lavoro nel giardino spirituale.
All’alba la pia suora richiamava alla mente con nostalgia le
esperienze interiori trascorse nella notte, nonostante le pene che
come fulmini, grandine, tempeste di neve e incendi fossero
precipitate e precipitassero sul suo corpo e le sue ossa. Questi
dolori ponevano la sua pazienza alla più dura prova. Il 5
luglio ebbe una visione di san Bonifacio: Ero in una chiesa in
adorazione davanti al Santissimo Sacramento, al centro si trovavano
scalini, sul più alto c’era il santo vescovo Bonifacio
mentre gli altri erano occupati da persone di ogni età e
sesso. Tutti erano vestiti con indumenti antichi e pelli. Ascoltavano
il vescovo innocentemente e con la più grande attenzione; in
quel momento vidi scendere la luce dello Spirito Santo su Bonifacio,
e piovere sulla gente raggi di differenti dimensioni.
Bonifacio
era un uomo forte e ripieno del più grande entusiasmo.
Egli
spiegò come il Signore, nei primi tempi, scelse i suoi e
profuse in loro la sua grazia e lo Spirito Santo; così,
animati e irradiati, avrebbero dovuto rendere partecipi gli altri
uomini ad accogliere le grazie cristiane, in quanto queste sarebbero
date ad ognuno affinché si trasformassero in uno strumento
della comunità di Dio. Ad ognuno di questi membri viene data
la forza e la capacità di agire non solo per sé ma per
tutto il Corpo mistico della Chiesa. Il Signore dà a tutti i
figli la sua grazia e chi non contribuisce a farla fruttificare, sia
nei propri confronti che negli altri, cadrà in perdizione e
sarà considerato ladro della comunità. Perciò il
compito di ogni cristiano dovrebbe essere quello di vedere in ognuno
l’amore, o di stimolare in ognuno questa ricerca, e sentirsi
membro di un Corpo solo, uno strumento dello Spirito Santo scelto dal
Signore. I genitori dovrebbero particolarmente contemplare e favorire
questa ricerca nei bambini ed osservare in quale direzione siano
stati destinati dal Signore per il suo Corpo e per la Chiesa, quali
oggetti di Dio. Questa contemplazione che dovrebbero fare i genitori
serve per lo sviluppo del mondo; il contrario è solo un danno
e una rapina alla comunità.
Ricevetti ancora la consapevolezza che, nonostante la cattiveria
degli uomini e il decadimento della religione, in nessun tempo la
Chiesa sia venuta meno del fervore di membri attivi che hanno pregato
lo Spirito Santo per le mancanze di tutta la comunità, e
abbiano saputo soffrire per l’amore. In alcuni tempi tali
membri operarono in segreto ed anche oggi ne sarebbe il caso. Vidi in
molte direzioni singole figure di devoti, mistici, oranti, studiosi e
sofferenti, i quali lavoravano per la Chiesa in silenzio e in
segreto. Queste immagini mi davano gioia e mi incoraggiavano a
sopportare meglio i miei dolori. Vidi anche in una grande città
sul mare, verso meridione, un monaca ammalata nella casa di un’attiva
vedova religiosa. Questa mi venne mostrata come una persona scelta da
Dio per soffrire per la Chiesa e tutte le necessità della
medesima, vidi che aveva le stimmate e nessuno lo sapeva. Aveva un
aspetto sfinito e dimagrito ed era giunta presso la vedova da un
altro luogo. La vedova divideva tutto con lei e altri preti. Il modo
in cui la gente comune della città praticava la devozione non
mi piaceva; le persone praticavano molte devozioni esteriori e dietro
celavano tutte le dissolutezze. Lontano da questo luogo, più
verso occidente, in un convento antico vidi un debole frate laico che
poteva solo muoversi un po nel salotto. Mi venne mostrato come un
oggetto espiarono, per mezzo della preghiera e della sofferenza, per
gli altri e la Chiesa. Vidi tanta gente, sopratutto malati e poveri,
trovare in costui sollievo e aiuto. Mi venne detto che tali oggetti
della Chiesa di Dio, non mancano e non sono mai mancati alla
medesima, e che questi sarebbero posti dalla divina Provvidenza
sempre accanto alla corruzione, per una legge di equilibrio’.
Mercoledì, 7 giugno alle ore 21 le sofferenze della pia
suora, Anna Katharina Emmerich, avevano raggiunto il culmine; la
pelle in tutti i punti le dolorava con inesprimibile pena. Con lo
scemare dei dolori fu investita da una stanchezza mortale. Adesso
sembrava paralizzata non poteva muovere più nessun membro,
dare nessun segno, nessuna parola e nessun movimento. Il confessore
era per questo fatto molto preoccupato e le faceva molte domande.
Suor Emmerich lo capiva bene, ma, solo dopo alcune ore, potette
replicare tra le lacrime, con voce sottile. Era stata nelle
condizioni di una moribonda, ma adesso le pene erano passate. Il
giorno seguente, il giovedì mattina presto, “il
pellegrino” la trovo pallidissima, ma senza pene. Secondo le
sue stesse parole essa stava quasi per finire dopo la penitenza e
l’opera di suffragio. Lo scopo era stato ormai raggiunto. Dio
solo avrebbe potuto aiutarla. Gesù, il suo Sposo celeste,
l’avrebbe aiutata, ella godeva la sua vicinanza e il suo
ristoro, indescrivibilmente dolce e benevolo. La suora disse che
anche Chiara da Montefalco le era stata vicino e le aveva detto che
il lavoro sarebbe terminato. Il giardino rappresentava i martiri, la
vite il sangue di Gesù Cristo, e la fontana il Sacramento;
vino e acqua si sarebbero dovuti miscelare. Il rosaio presso la
fontana, con molte spine, non sarebbe stato ancora raggiunto, questo
sarebbe avvenuto in ultimo. Essa era troppo debole per proseguire,
eppure disse che con l’inizio del nuovo giorno avrebbe recitato
il Te Deum, i salmi penitenziali e le litanie per ringraziamento. Per
ristabilirsi dovrebbe avere quattro giorni di tranquillità.,
tener lontano tutto e abbandonarsi solo alla volontà di
Dio.
Il 9 giugno “il Pellegrino” così
informava: “Sebbene la trovassi in un pallore mortale e non
potesse trovare tranquillità per i disturbi, non respingeva
nessuno. Mi disse che i suoi patimenti erano legati a quelli di Gesù,
e perciò essa doveva darsi tre giorni di riposo con il suo
corpo, come Gesù nel sepolcro. Non sa se è giunta al
termine dei suoi giorni. Il medico voleva frizionarla con lo spirito;
il padre confessore, nonostante si aspettasse la sua morte, protestò
e non se ne fece niente. Il confessore vedendo che la malata riceveva
ancora molte visioni considerò che la fine non fosse così
prossima. Alla fine il confessore avrebbe voluto darle forza per
mezzo del suo dito consacrato; a questo pensiero, quasi come se lo
avesse recepito, la pia suora alzò il capo e lo girò
verso di lui.
In quest’abbandono le vennero in soccorso santa Chiara da
Montefalco, Giuliana di Liegi e Antonio da Padova. La prima le
apparve e le disse; «Tu hai ben coltivato il giardino del
Santissimo Sacramento, e il tuo lavoro è adesso adempiuto.
Adesso però sei molto strapazzata e ti devo portare un
ristoro.» «Poi vidi la Santa, avvolta di luce, scendere e
venire da me con un boccone triangolare, poi sparì, io mangiai
quel boccone con grande sollievo, eppure sono certa che più
volte l’avevo già fatto ordinariamente, aveva un sapore
molto dolce e mi fu di grande ristoro. La vita mi fu di nuovo
regalata; sono certa che ho ricevuto questo solo per grazia di Dio.
Adesso vivo ancora e posso continuare ad amare il mio Salvatore e con
Lui soffrire, ringraziarlo e glorificarlo! Vidi anche le otto aiuole
che avevo coltivato nel giardino di santa Chiara in questi otto
giorni, cosa che senza la grazia di Dio sarebbe stata del tutto
impossibile. L’albero dei fichi significava la ricerca del
conforto e la debole arrendevolezza.
Spesso avevo da fare con la vite del giardino, mi ero legata alla
stessa con le braccia aperte come in croce. Scorsi anche il motivo
per cui avevo lavorato negli otto giorni e quali colpe dovevo
suffragare. Vidi questo simbolicamente ed in relazione ad una
processione del Santissimo Sacramento, in occasione di una festa
ecclesiastica, nella quale i beati celebravano i tesori delle grazie
che erano stati guadagnati dalla Chiesa in quest’anno, per
mezzo della devozione al Santissimo Sacramento.
Queste grazie
erano esposte nella forma di preziosi vasi della Chiesa, pietre
preziose, perle, fiori, uva, frutta. La processione veniva guidata da
bambini orfani, a questi seguivano suore degli ordini religiosi
particolarmente devoti al Santissimo Sacramento. Tutti portavano sul
loro abito il simbolo del Santissimo Sacramento. Giuliana di Liegi
guidava tutti; vidi anche Norberto, con i religiosi del suo Ordine ‘,
e in modo numeroso anche altri ordini religiosi e sacerdoti. Il tutto
era avvolto in un’indescrivibile delizia e dolcezza;
l’avvenimento era racchiuso in un insieme armonioso.
Si presentò poi una chiara immagine sulla carenza e la
trascuratezza dell’Ufficio divino e il modo di celebrarlo sulla
terra. Mi è difficile e impossibile dire come tante visioni in
questo senso si intreccino tra di loro. Vedo pure, tra l’altro,
la dissipazione dei preti nei confronti delle azioni sante, e
innanzitutto il loro atteggiamento nella celebrazione della santa
Messa. In questo contesto mi venne data la visione di un prete che
nella veste sacerdotale della Messa usciva dalla sacrestia ma non per
recarsi sull’altare, bensì per correre fuori dalla
chiesa e andare in un’osteria. Altre volte in un giardino, da
un cacciatore, da una signorina, in compagnia. Lo vedo poi nei suoi
pensieri, si trova in uno stato pietoso e dannoso per sé e gli
altri.
Quando tra questi preti ci è data la possibilità di
riconoscere un uomo consacrato a Dio sull’altare, allora
veramente c’è da commuoversi. Io vidi, in molte
comunità, molta polvere e fango essere spazzate via dai sacri
oggetti di Cristo, e tutto ritornare lucente e nuovo». Nella
notte tra il 12 e il 13 giugno la pia veggente ricevette immagini
confortanti dalla vita di sant’Antonio: ‘Vidi questo caro
Santo - raccontò - dall’aspetto molto fine e nobile,
vestito bene e mi ricordava Saverio. Aveva capelli neri, un naso fine
e appuntito, occhi dolci e una piccola barbetta divisa. Il suo colore
era molto bianco e smorto e il suo vestito color marrone, indossava
anche un mantellino, non del tutto come i francescani di adesso.
Aveva un temperamento istintivo, molto rapido, pieno di fuoco ma
anche pieno di dolcezza. Vidi sant’Antonio del tutto fervido,
si trovava sulla riva del mare, dirigersi verso la boscaglia;
inoltratosi in questa salì su un albero i cui rami si espande-
vano sotto di lui. Salì da ramo a ramo fino alla cima
dell’albero, poi mi apparvero un’indescrivibile quantità
di grandi e piccoli pesci dalle più differenti forme e tutte
le specie di animali marini che erano saliti alla superficie e venuti
a galla. Essi guardavano dall’acqua tranquillamente in alto
verso il Santo e ascoltavano le sue parole. Dopo un certo tempo li
segnò con la sua mano e il mare si ritirò con loro.
Restarono molti pesci sulla terra asciutta e allora il Santo scese
dall’albero e li spinse avanti riportandoli nelle onde. Tutto
quello che succedeva nel boschetto era come avvolto nella notte,
tutto era oscuro; solo dove andava Antonio appariva luminoso. Vidi
sant’Antonio uscire nuovamente dal boschetto e andare verso il
mare. Si inginocchiò e si rivolse con la sua anima ad una
chiesa lontana, verso il Santissimo Sacramento. Allora mi apparve
questa chiesa in lontananza dove il Santissimo Sacramento era posto
in una piccola custodia sull’altare. Poi fui presa
dall’immagine di un uomo piccolo, vecchio e incurvato, con un
viso odioso, che correva dietro sant’Antonio. Aveva un cesto
intrecciato bianco, grazioso e rotondo, e ai margini intrecciato di
vimini, dal colore marrone. Il cesto era pieno di fiori ben ordinati.
L’ometto voleva darli al Santo e lo urtò, ma questi lo
sentì e non lo guardò, continuò a restare sempre
immobile in ginocchio, assorto nella preghiera e nella contemplazione
dinnanzi al Santissimo Sacramento. A questo punto il vecchio pose il
cesto a terra e andò via. Vidi uscire dal Santissimo
Sacramento un ostensorio più piccolo, avvolto da un fascio
luminoso, poi vidi formarsi da quest’ostensorio un piccolo,
luminoso e amorevole Gesù Bambino, il quale andò a
sedersi sulle spalle del Santo e prese ad accarezzarlo. Dopo un certo
tempo il Bambino rientrò nell’ostensorio, e quest’ultimo
di nuovo nel Sacramento sull’altare della chiesa lontana, che
adesso appariva vicina. Vidi il Santo andar via e restare i fiori a
terra; mi parve che egli fosse stato soltanto una volta nella città
dove si trovava quella chiesa. Poi vidi sant’Antonio trovarsi
nei pressi di una città in riva al mare, in disputa con molte
persone. Tra queste c’era un uomo particolare forte e rabbioso
che si rivolgeva contro il Santo con parole colorite. Allora vidi
Antonio calorosamente entrare in un santo fervore e muovere entrambe
le braccia sotto il suo mantelletto, come per assicurare qualcosa, e
poi passando attraverso la piazza dove ferveva la riunione, andarsene
via.
Questo luogo era un grande prato pieno di fiori e circondato da un
muro che si stagliava lungo la riva del mare davanti alla città,
dove erano molte persone che camminavano oppure ascoltavano il Santo.
Ebbi ancora un’altra immagine di Antonio: era in una chiesa e
leggeva la Messa e vidi innanzi alla chiesa una lunga via che conduce
alla porta della città tutta piena di popolo in attesa. Vidi
quell’uomo, che aveva litigato così calorosamente con
Antonio, guidare un bue grande e con lunghe corna per la città.
Il Santo appena finita la santa Messa si recò festosamente con
un Ostia consacrata alle porte della città. A questa vista, il
bue si imbestialì e fuggì via improvvisamente, e
correndo frettolosamente si diresse verso la chiesa. L’uomo gli
corse appresso seguito a sua volta da molto popolo e in questa
frenetica corsa donne e bambini si urtavano l’uno con l’altro,
ma non poterono riprendere il bue. Infine il bue si accasciò a
terra, del tutto inginocchiato, e allungò la sua gola
umilmente, prostrandosi davanti al Santissimo Sacramento, portato e
mostrato da Antonio fuori della chiesa. Il padrone voleva dargli la
biada ma il bue non si girava e non abbandonava la sua posizione.
Allora l’uomo e tutto il popolo si inginocchiarono umilmente
dinnanzi al santo Sacramento, e restarono così in adorazione.
Antonio ritornò con il Santissimo Sacramento verso la chiesa e
la moltitudine con lui, e solo adesso vidi il bue alzarsi ed essere
guidato alla porta dove gli venne offerta la biada. In un’altra
visione vidi un uomo che si lamentava con Antonio, perché
aveva preso a calci sua madre e per questo fatto voleva amputarsi la
gamba. Dopo di ciò vidi quest’uomo, con fare compunto,
venire ammonito da sant’Antonio. Il Santo gli era comparso
nello stesso momento in cui voleva eseguire il suo intento
fermandogli il braccio».
15 giugno: Mi rivolsi con la mia
preghiera al santo Sacramento e mi sentii rapita nello spirito, nella
chiesa dove veniva celebrata la festa del Corpus Domini. Nonostante
la chiesa fosse costruita nel modo antico, con le più antiche
immagini, non sembrava ancora vecchia e non era affatto logora. Mi
inginocchiai davanti all’altare maggiore. Il Sacramento non era
nell’ostensorio, bensì nel tabernacolo in un alto
bossolo con sopra una croce.
In questo bossolo rotondo c’era un supporto estraibile
diviso in tre scansie: nella prima, c’erano piccoli vasetti che
contenevano l’Olio sacro, in quella di mezzo, una pisside con
ostie consacrate, nella terza una bottiglia, come di madreperla,
forse conteneva vino. Nella chiesa si trovava una specie di chiostro
nel quale abitavano alcune donne. Da un lato, adiacente alla chiesa,
c’era una casettina, dove abitava una vergine molto devota che
si chiamava Eva. Quando apriva la finestrella della sua camera, di
solito chiusa con un paletto, Eva poteva guardare il Santissimo
Sacramento sull’altare maggiore. Questa donna coltivava una
grande devozione per il Santissimo Sacramento, ed io ho potuto
vederla personalmente. Aveva un bell’aspetto e non era del
tutto abbigliata come una monaca, piuttosto come pellegrina. Eva
certamente non era di questo luogo, di famiglia benestante, venuta da
altrove per vivere sola in devozione presso la chiesa. Vidi anche
vicino a questa città un convento sopra una montagna; non era
costruito come gli altri conventi, perché consisteva di più
case in fila, l’una dopo l’altra. Vidi in questo luogo
anche la beata suora Giuliana che ha istituito la festa del Corpus
Domini. Mi apparve, nell’abito grigio dell’Ordine, e la
vidi camminare, in grande innocenza e contemplazione in un giardino.
La vidi poi, passando innanzi ai fiori, inchinarsi accanto ad un
giglio, e immergersi nella contemplazione spirituale della
purificazione; come anche in preghiera per l’introduzione della
celebrazione del Corpus Domini. La beata era molto preoccupata e
triste perché aveva avuto una visione nella quale recatasi da
un religioso non fu accolta positivamente. Adesso in questo giardino,
durante la contemplazione, le fu mostrato un altro religioso con il
quale avrebbe potuto parlare ed essere ben accolta.
Mentre pregava vidi in lontananza un immagine del Papa in
preghiera accanto al quale stava il numero IV. Egli prendeva
risoluzioni per istituire la festa del Santissimo Sacramento nella
Chiesa. Lo faceva in seguito ad una visione e una grazia che un altro
aveva ricevuto dal Sacramento. Durante queste immagini mi vidi di
nuovo nella chiesa, davanti all’altare e al Sacramento, e vidi
da quest’ultimo spuntare un dito in un campo di splendore e poi
tutta una mano, coperta di perle, da questa mano uscì la
figura luminosa di un fanciullo. Tale apparizione si trovava adesso
di fronte a me e così mi disse: “Vedi queste perle sono
tutte qua, nessuna è andata perduta e tutte possono essere
raccolte!” I raggi di questo fanciullo illuminavano il mondo.
Allora mi inchinai per ringraziarlo e compresi, da queste immagini,
come il Santissimo Sacramento con tutte le sue grazie sia entrato
nella devozione dei fedeli». Nello stesso giorno raccontò
ancora Anna K. Eerich. Alle ore dodici vidi formarsi, sopra un
paesaggio meraviglioso, una cupola all’orizzonte: cinque larghi
fasci di luce solare salivano da cinque grandi città lontane
attraverso il cielo stellato e formavano, in alto, al centro del
meraviglioso paesaggio, una cupola, color arcobaleno sulla quale in
uno splendore indescrivibile, appariva il Santissimo Sacramento. Il
medesimo stava su un trono ed era circondato da un meraviglioso
ostensorio decorato.
Vidi intorno ai cinque archi di luce, sopra e
sotto, librarsi innumerevoli Angeli, come se tornassero da quelle
città, si incamminassero verso il Sacramento e da questo
tornassero di nuovo indietro. Mi è impossibile descrivere con
parole umane la meravigliosa celebrazione celeste e il sollievo e la
devozione provate in questa visione.
25 giugno 1943
Maria Valtorta
Dice Gesù:
«Maria, non imitare mai i poveri uomini che si arrovellano per delle cose tutte terrene. Essi si danneggiano a vicenda, si uccidono, si nuocciono in mille modi per cose che non hanno importanza vera, ma che sono grandi solamente davanti al loro piccolo pensiero terra terra.
C’è tanto spazio nel mio Regno! Infinite sono le dimore[87] che là ho fatto per i miei eletti!
Vivi, vivi per lo spirito e lascia cadere tutto quello che non è spirito. Sono scorie senza importanza. Liberatene di tutte, anche della più piccina. Sii un’anima sciolta, libera, leggera, agile.
Imita gli uccelli creati da Me. Ad una rondine, per riposare un momento dal gran volo, basta una pagliuzza sulla cresta dell’onda. Basta ad un usignolo, per cantare, un ramoscello esilissimo, in alto di un albero. Se anche il mare è sconvolto, la rondine non viene sommersa. Il lieve filo di paglia è sufficiente per sorreggerla fino al nuovo volo. Se anche il sole è poco nel fogliame, all’usignolo basta quel ramoscello per trovare il sole e cantare.
Anche tu usa delle cose della terra come l’usignolo e la rondine. Come appoggi che aiutano, ma che non sono indispensabili al volo e al canto e che si lasciano senza rimpianto quando non servono più. Perché è l’ala e la gola che dànno il volo e il canto, e non la pagliuzza o il ramoscello.
Anche per le anime è così. Non è la terra che dà il Cielo, ma è il Cielo che dà la terra, e della terra ve ne dovete servire per prendere lo slancio al Cielo, non per mettervi le radici malsane di un attaccamento colpevole alle cose che non sono eterne. Solo Dio e le cose di Dio sono eterne e meritano il vostro attaccamento.
Quando Io ho ispirato il Padre a chiederti la tua piccola autobiografia, l’ho fatto perché sapevo che te ne sarebbe venuto un bene. Hai espulso, scrivendola, tutto l’amaro, tutto il veleno, tutto il lievito che la vita aveva deposto in te. Te ne sei mondata. Avevi bisogno di ridire a te stessa tutto il sofferto e dirlo ad un cuore cristiano. È la cosa che più consola finché si è uomini. Avevi bisogno di fare, dirò così, della computisteria spirituale per vedere quanto avevi dato a Dio e ricevuto da Dio, quanto avevi dato agli uomini e ricevuto dagli uomini.
Prese una per una, le cose della vita sono o troppo nere, o troppo rosee, e si è indotti, delle volte, in errore nel valutarle. Allineate tutte, incasellate tutte come in un mosaico, si vede che il nero è necessario per non fare apparire troppo sfacciato il roseo. Si vede che tutto rientra armonicamente nel disegno voluto dalla Bontà stessa per voi e che quanto avete ricevuto da Essa è infinitamente di più di quanto avete dato, sia a Dio che al prossimo. Cadono allora gli egoismi, le superbie, i rancori, e l’anima diviene riconoscente, umile, caritatevole, raggiunge il completo perdono.
Oh! coloro che perdonano! Essi sono la mia copia più somigliante perché Io ho perdonato tutti, e continuo a perdonare. Allora l’uomo diviene spirituale.
Ecco perché ho voluto che tu subissi anche quella prova penosa. Hai sofferto ricordando e scrivendo, ma la tua anima si è spogliata di tanta umanità che ostacolava la tua evoluzione da creatura molto umana a creatura spirituale. Hai fatto come una crisalide che esce dal bozzolo: l’involucro che ti carcerava lo spirito è caduto come una cosa morta e la tua anima ha aperto le ali.
Ora sappile tenere sempre aperte per stare molto alta e nel raggio di Dio. Di tutto il resto sentine un’eco, vedine un riflesso: sola voce nel tuo cuore sia la mia Parola e sola vista il tuo Gesù. Poi verrò Io e sarà la Pace senza fine.»
[87] Infinite sono le dimore…, come in Giovanni 14, 2.