Sotto il Tuo Manto

Martedi, 10 giugno 2025 - Santa Faustina di Cizico (Letture di oggi)

Nel cuore dell'uomo ci sono tre cose: c'è la sede della sapienza; in esso fu scritta la legge naturale che dice: "Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te". Il cuore è l'organo dal quale provengono lo sdegno, il ribrezzo, l'avversione. Così nei veri credenti c'è la sapienza della contemplazione, c'è la legge dell'amore, e c'è il ribrezzo e l'avversione per il peccato. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 2° settimana del tempo ordinario (Santa Agnese)

Per questa Liturgia delle Ore è disponibile sia la versione del tempo corrente che quella dedicata alla memoria di un Santo. Per cambiare versione, clicca su questo collegamento.
Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 13

1Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare.2Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
3Egli parlò loro di molte cose in parabole.

E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare.4E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.5Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo.6Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.7Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.8Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta.9Chi ha orecchi intenda".

10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché parli loro in parabole?".
11Egli rispose: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.12Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.13Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.14E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice:

'Voi udrete, ma non comprenderete,
guarderete, ma non vedrete.'
15'Perché il cuore di questo popolo
si è indurito, son diventati duri di orecchi,
e hanno chiuso gli occhi,
per non vedere con gli occhi,
non sentire con gli orecchi
e non intendere con il cuore e convertirsi,
e io li risani.'

16Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono.17In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!

18Voi dunque intendete la parabola del seminatore:19tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.20Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia,21ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato.22Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non da' frutto.23Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi da' frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta".

24Un'altra parabola espose loro così: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.25Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.26Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?28Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?29No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio".

31Un'altra parabola espose loro: "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami".

33Un'altra parabola disse loro: "Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti".

34Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,35perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:

'Aprirò la mia bocca in parabole,'
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: "Spiegaci la parabola della zizzania nel campo".37Ed egli rispose: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo.38Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno,39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli.40Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità42e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

47Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

51Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì".52Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".

53Terminate queste parabole, Gesù partì di là54e venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli?55Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?56E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?".57E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua".58E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità.


Levitico 9

1L'ottavo giorno, Mosè chiamò Aronne, i suoi figli e gli anziani d'Israele2e disse ad Aronne: "Prendi un vitello per il sacrificio espiatorio e un ariete per l'olocausto, tutti e due senza difetto, e offrili al Signore.3Agli Israeliti dirai: Prendete un capro per il sacrificio espiatorio, un vitello e un agnello, tutti e due di un anno, senza difetto, per l'olocausto,4un toro e un ariete per il sacrificio di comunione, per immolarli davanti al Signore, un'oblazione intrisa nell'olio, perché oggi il Signore si manifesterà a voi".
5Essi dunque condussero davanti alla tenda del convegno quanto Mosè aveva ordinato; tutta la comunità si avvicinò e stette davanti al Signore.6Mosè disse: "Ecco ciò che il Signore vi ha ordinato; fatelo e la gloria del Signore vi apparirà".7Mosè disse ad Aronne: "Avvicinati all'altare: offri il tuo sacrificio espiatorio e il tuo olocausto e compi il rito espiatorio per te e per il tuo casato; presenta anche l'offerta del popolo e fa' l'espiazione per esso, come il Signore ha ordinato".
8Aronne dunque si avvicinò all'altare e immolò il vitello del sacrificio espiatorio, che era per sé.9I suoi figli gli porsero il sangue ed egli vi intinse il dito, ne bagnò i corni dell'altare e sparse il resto del sangue alla base dell'altare;10ma il grasso, i reni e il lobo del fegato della vittima espiatoria li bruciò sopra l'altare come il Signore aveva ordinato a Mosè.11La carne e la pelle le bruciò nel fuoco fuori dell'accampamento.12Poi immolò l'olocausto; i figli di Aronne gli porsero il sangue ed egli lo sparse attorno all'altare.13Gli porsero anche la vittima dell'olocausto fatta a pezzi e la testa e li bruciò sull'altare.14Lavò le interiora e le gambe e le bruciò sull'olocausto sopra l'altare.
15Poi presentò l'offerta del popolo. Prese il capro destinato al sacrificio espiatorio per il popolo, lo immolò e ne fece un sacrificio espiatorio, come il precedente.
16Poi offrì l'olocausto secondo il rito.
17Presentò quindi l'oblazione, ne prese una manciata piena e la bruciò sull'altare, oltre l'olocausto della mattina.18Immolò il toro e l'ariete in sacrificio di comunione per il popolo. I figli di Aronne gli porgevano il sangue ed egli lo spargeva attorno all'altare.19Gli porgevano le parti grasse del toro e dell'ariete, la coda, il grasso aderente alle viscere, i reni e il lobo del fegato:20mettevano i grassi sui petti ed egli li bruciava sull'altare.21I petti e la coscia destra, Aronne li agitava davanti al Signore come offerta da agitare secondo il rito, nel modo che Mosè aveva ordinato.22Poi Aronne, alzate le mani verso il popolo, lo benedisse e, dopo aver fatto il sacrificio espiatorio, l'olocausto e i sacrifici di comunione, scese dall'altare.23Mosè e Aronne entrarono nella tenda del convegno; poi uscirono e benedissero il popolo e la gloria del Signore si manifestò a tutto il popolo.24Un fuoco uscì dalla presenza del Signore e consumò sull'altare l'olocausto e i grassi; tutto il popolo vide, mandò grida d'esultanza e si prostrò con la faccia a terra.


Salmi 127

1'Canto delle ascensioni. Di Salomone.'

Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode.
2Invano vi alzate di buon mattino,
tardi andate a riposare
e mangiate pane di sudore:
il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
3Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo.
4Come frecce in mano a un eroe
sono i figli della giovinezza.
5Beato l'uomo che ne ha piena la faretra:
non resterà confuso quando verrà a trattare
alla porta con i propri nemici.


Salmi 106

1Alleluia.

Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Chi può narrare i prodigi del Signore,
far risuonare tutta la sua lode?
3Beati coloro che agiscono con giustizia
e praticano il diritto in ogni tempo.

4Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza,
5perché vediamo la felicità dei tuoi eletti,
godiamo della gioia del tuo popolo,
ci gloriamo con la tua eredità.

6Abbiamo peccato come i nostri padri,
abbiamo fatto il male, siamo stati empi.
7I nostri padri in Egitto
non compresero i tuoi prodigi,
non ricordarono tanti tuoi benefici
e si ribellarono presso il mare, presso il mar Rosso.
8Ma Dio li salvò per il suo nome,
per manifestare la sua potenza.

9Minacciò il mar Rosso e fu disseccato,
li condusse tra i flutti come per un deserto;
10li salvò dalla mano di chi li odiava,
li riscattò dalla mano del nemico.
11L'acqua sommerse i loro avversari;
nessuno di essi sopravvisse.
12Allora credettero alle sue parole
e cantarono la sua lode.

13Ma presto dimenticarono le sue opere,
non ebbero fiducia nel suo disegno,
14arsero di brame nel deserto,
e tentarono Dio nella steppa.
15Concesse loro quanto domandavano
e saziò la loro ingordigia.

16Divennero gelosi di Mosè negli accampamenti,
e di Aronne, il consacrato del Signore.
17Allora si aprì la terra e inghiottì Datan,
e seppellì l'assemblea di Abiron.
18Divampò il fuoco nella loro fazione
e la fiamma divorò i ribelli.

19Si fabbricarono un vitello sull'Oreb,
si prostrarono a un'immagine di metallo fuso;
20scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia fieno.
21Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
22prodigi nel paese di Cam,
cose terribili presso il mar Rosso.
23E aveva già deciso di sterminarli,
se Mosè suo eletto
non fosse stato sulla breccia di fronte a lui,
per stornare la sua collera dallo sterminio.

24Rifiutarono un paese di delizie,
non credettero alla sua parola.
25Mormorarono nelle loro tende,
non ascoltarono la voce del Signore.
26Egli alzò la mano su di loro
giurando di abbatterli nel deserto,
27di disperdere i loro discendenti tra le genti
e disseminarli per il paese.

28Si asservirono a Baal-Peor
e mangiarono i sacrifici dei morti,
29provocarono Dio con tali azioni
e tra essi scoppiò una pestilenza.
30Ma Finees si alzò e si fece giudice,
allora cessò la peste
31e gli fu computato a giustizia
presso ogni generazione, sempre.

32Lo irritarono anche alle acque di Meriba
e Mosè fu punito per causa loro,
33perché avevano inasprito l'animo suo
ed egli disse parole insipienti.

34Non sterminarono i popoli
come aveva ordinato il Signore,
35ma si mescolarono con le nazioni
e impararono le opere loro.
36Servirono i loro idoli
e questi furono per loro un tranello.
37Immolarono i loro figli
e le loro figlie agli dèi falsi.
38Versarono sangue innocente,
il sangue dei figli e delle figlie
sacrificati agli idoli di Canaan;
la terra fu profanata dal sangue,
39si contaminarono con le opere loro,
si macchiarono con i loro misfatti.

40L'ira del Signore si accese contro il suo popolo,
ebbe in orrore il suo possesso;
41e li diede in balìa dei popoli,
li dominarono i loro avversari,
42li oppressero i loro nemici
e dovettero piegarsi sotto la loro mano.
43Molte volte li aveva liberati;
ma essi si ostinarono nei loro disegni
e per le loro iniquità furono abbattuti.
44Pure, egli guardò alla loro angoscia
quando udì il loro grido.
45Si ricordò della sua alleanza con loro,
si mosse a pietà per il suo grande amore.
46Fece loro trovare grazia
presso quanti li avevano deportati.
47Salvaci, Signore Dio nostro,
e raccoglici di mezzo ai popoli,
perché proclamiamo il tuo santo nome
e ci gloriamo della tua lode.

48Benedetto il Signore, Dio d'Israele
da sempre, per sempre.
Tutto il popolo dica: Amen.


Ezechiele 28

1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, parla al principe di Tiro: Dice il Signore Dio:

Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto:
Io sono un dio,
siedo su un seggio divino in mezzo ai mari,
mentre tu sei un uomo e non un dio,
hai uguagliato la tua mente a quella di Dio,
3ecco, tu sei più saggio di Daniele,
nessun segreto ti è nascosto.
4Con la tua saggezza e il tuo accorgimento
hai creato la tua potenza
e ammassato oro e argento nei tuoi scrigni;
5con la tua grande accortezza e i tuoi traffici
hai accresciuto le tue ricchezze
e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore.
6Perciò così dice il Signore Dio:
Poiché hai uguagliato la tua mente a quella di Dio,
7ecco, io manderò contro di te
i più feroci popoli stranieri;
snuderanno le spade contro la tua bella saggezza,
profaneranno il tuo splendore.
8Ti precipiteranno nella fossa e morirai
della morte degli uccisi in mezzo ai mari.
9Ripeterai ancora: "Io sono un dio",
di fronte ai tuo uccisori?
Ma sei un uomo e non un dio
in balìa di chi ti uccide.
10Della morte dei non circoncisi morirai
per mano di stranieri, perché io l'ho detto".
Oracolo del Signore Dio.

11Mi fu rivolta questa parola del Signore:12"Figlio dell'uomo, intona un lamento sul principe di Tiro e digli: Così dice il Signore Dio:

Tu eri un modello di perfezione,
pieno di sapienza,
perfetto in bellezza;
13in Eden, giardino di Dio,
tu eri coperto d'ogni pietra preziosa:
rubini, topazi, diamanti, crisòliti, ònici
e diaspri, zaffìri, carbonchi e smeraldi;
e d'oro era il lavoro dei tuoi castoni e delle tue legature,
preparato nel giorno in cui fosti creato.
14Eri come un cherubino ad ali spiegate a difesa;
io ti posi sul monte santo di Dio
e camminavi in mezzo a pietre di fuoco.
15Perfetto tu eri nella tua condotta,
da quando sei stato creato,
finché fu trovata in te l'iniquità.
16Crescendo i tuoi commerci
ti sei riempito di violenza e di peccati;
io ti ho scacciato dal monte di Dio
e ti ho fatto perire, cherubino protettore,
in mezzo alle pietre di fuoco.
17Il tuo cuore si era inorgoglito per la tua bellezza,
la tua saggezza si era corrotta
a causa del tuo splendore:
ti ho gettato a terra
e ti ho posto davanti ai re che ti vedano.
18Con la gravità dei tuoi delitti,
con la disonestà del tuo commercio
hai profanato i tuoi santuari;
perciò in mezzo a te ho fatto sprigionare un fuoco
per divorarti.
Ti ho ridotto in cenere sulla terra
sotto gli occhi di quanti ti guardano.
19Quanti fra i popoli ti hanno conosciuto
sono rimasti attoniti per te,
sei divenuto oggetto di terrore, finito per sempre".

20Mi fu rivolta questa parola del Signore:21"Figlio dell'uomo, volgiti verso Sidòne e profetizza contro di essa:22Annunziale: Dice il Signore Dio:

Eccomi contro di te, Sidòne,
e mostrerò la mia gloria in mezzo a te.
Si saprà che io sono il Signore
quando farò giustizia di te
e manifesterò la mia santità.
23Manderò contro di essa la peste
e il sangue scorrerà per le sue vie:
cadranno in essa i trafitti di spada
e questa da ogni parte graverà;
e sapranno che io sono il Signore.

24Non ci sarà più per gli Israeliti un aculeo pungente, una spina dolorosa tra tutti i suoi vicini che la disprezzano: sapranno che io sono il Signore".
25Così dice il Signore Dio; "Quando avrò radunato gli Israeliti di mezzo ai popoli fra i quali sono dispersi, io manifesterò in essi la mia santità davanti alle genti: abiteranno il paese che diedi al mio servo Giacobbe,26vi abiteranno tranquilli, costruiranno case e pianteranno vigne; vi abiteranno tranquilli, quando avrò eseguito i miei giudizi su tutti coloro che intorno li disprezzano: e sapranno che io sono il Signore loro Dio".


Prima lettera ai Corinzi 15

1Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi,2e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano!
3Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture,4fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture,5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.6In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti.7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli.8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.9Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio.10Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me.11Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
12Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti?13Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato!14Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.15Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono.16Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto;17ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati.18E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti.19Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
20Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti.21Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti;22e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.23Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo;24poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza.25Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi.26L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte,27perché 'ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi'. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa.28E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.
29Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?30E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente?31Ogni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore!32Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, 'mangiamo e beviamo, perché domani moriremo'.33Non lasciatevi ingannare: "Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi".34Ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.

35Ma qualcuno dirà: "Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?".36Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore;37e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere.38E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo.39Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci.40Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri.41Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore.42Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile;43si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza;44si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.
Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che45il primo 'uomo', Adamo, 'divenne un essere vivente', ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita.46Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.47Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo.48Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti.49E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste.50Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.
51Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati,52in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.53È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.

54Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:

'La morte è stata ingoiata per la vittoria.'
55'Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione'?

56Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge.57Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!58Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.


Capitolo XX: L'amore della solitudine e del silenzio

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1. Cerca il tempo adatto per pensare a te e rifletti frequentemente sui benefici che vengono da Dio. Tralascia ogni cosa umanamente attraente; medita argomenti che ti assicurino una compunzione di spirito, piuttosto che un modo qualsiasi di occuparti. Un sufficiente spazio di tempo, adatto per dedicarti a buone meditazioni, lo troverai rinunciando a fare discorsi inutilmente oziosi e ad ascoltare chiacchiere sugli avvenimenti del giorno. I più grandi santi evitavano, per quanto possibile, di stare con la gente e preferivano stare appartati, al servizio di Dio. E' stato detto: ogni volta che andai tra gli uomini ne ritornai meno uomo di prima (Seneca, Epist. VII, 3). E ne facciamo spesso esperienza, quando stiamo a lungo a parlare con altri. Tacere del tutto è più facile che evitare le intemperanze del discorrere, come è più facile stare chiuso in casa che sapersi convenientemente controllare fuori casa. Perciò colui che vuole giungere alla spiritualità interiore, deve, insieme con Gesù, ritirarsi dalla gente. Soltanto chi ama il nascondimento sta in mezzo alla gente senza errare; soltanto chi ama il silenzio parla senza vaneggiare; soltanto chi ama la sottomissione eccelle senza sbagliare; soltanto chi ama obbedire comanda senza sgarrare; soltanto colui che è certo della sua buona coscienza possiede gioia perfetta.  

2. Però, anche nei santi, questo senso di sicurezza ebbe fondamento nel timore di Dio. Essi brillarono per straordinarie virtù e per grazia, ma non per questo furono meno fervorosi e intimamente umili. Il senso di sicurezza dei cattivi scaturisce, invece, dalla superbia e dalla presunzione; e , alla fine, si muta in inganno di se stessi. Non sperare di avere sicurezza in questo mondo, anche se sei ritenuto buon monaco o eremita devoto; spesso, infatti, coloro che sembravano eccellenti agli occhi degli uomini sono stati messi nelle più gravi difficoltà. Per molte persone è meglio dunque non essere del tutto esenti da tentazioni ed avere sovente da lottare contro di queste, affinché non siamo troppo sicure di sé, non abbiamo per caso a montare in superbia o addirittura a volgersi sfrenatamente a gioie terrene. Quale buona coscienza manterrebbe colui che non andasse mai cercando le gioie passeggere e non si lasciasse prendere dal mondo! Quale grande pace, quale serenità avrebbe colui che sapesse stroncare ogni vano pensiero, meditando soltanto intorno a ciò che attiene a Dio e alla salute dell'anima, e ponendo ben fissa ogni sua speranza in Dio! Nessuno sarà degno del gaudio celeste, se non avrà sottoposto pazientemente se stesso al pungolo spirituale. Ora, se tu vuoi sentire dal profondo del cuore questo pungolo, ritirati nella tua stanza, lasciando fuori il tumulto del mondo, come sta scritto: pungolate voi stessi, nelle vostre stanze (Sal 4,4). Quello che fuori, per lo più, vai perdendo, lo troverai nella tua cella; la quale diventa via via sempre più cara, mentre reca noi soltanto a chi vi sta di mal animo. Se, fin dall'inizio della tua venuta in convento, starai nella tua cella, e la custodirai con buona disposizione d'animo, essa diventerà per te un'amica diletta e un conforto molto gradito.  

3. Nel silenzio e nella quiete l'anima devota progredisce e apprende il significato nascosto delle Scritture; nel silenzio e nella quiete trova fiumi di lacrime per nettarsi e purificarsi ogni notte, e diventa tanto più intima al suo creatore quanto più sta lontana da ogni chiasso mondano. Se, dunque, uno si sottrae a conoscenti e ad amici, gli si farà vicino Iddio, con gli angeli santi. E' cosa migliore starsene appartato a curare il proprio perfezionamento, che fare miracoli, dimenticando se stessi. Cosa lodevole, per colui che vive in convento, andar fuori di rado, evitare di apparire, persino schivare la gente. Perché mai vuoi vedere ciò che non puoi avere? "Il mondo passa, e passano i suoi desideri" (1Gv 2,17). I desideri dei sensi portano a vagare con la mente; ma, passato il momento, che cosa ne ricavi se non un peso sulla coscienza e una profonda dissipazione? Un'uscita piena di gioia prepara spesso un ritorno pieno di tristezza; una veglia piena di letizia rende l'indomani pieno di amarezza; ogni godimento della carne penetra con dolcezza, ma alla fine morde e uccide. Che cosa puoi vedere fuori del monastero, che qui tu non veda? Ecco, qui hai il cielo e la terra e tutti glie elementi dai quali sono tratte tutte le cose. Che cosa altrove potrai vedere, che possa durare a lungo sotto questo sole? Forse credi di poterti saziare pienamente; ma a ciò non giungerai. Ché, se anche tu vedessi tutte le cose di questo mondo, che cosa sarebbe questo, se non un sogno senza consistenza? Leva i tuoi occhi in alto, a Dio, e prega per i tuoi peccati e per le tue mancanze. Lascia le vanità alla gente vana; e tu attendi invece a quello che ti ha comandato Iddio. Chiudi dietro di te la tua porta, chiama a te Gesù, il tuo diletto, e resta con lui nella cella; ché una sì grande pace altrove non la troverai. Se tu non uscirai e nulla sentirai dal chiasso mondano, resterai più facilmente in una pace perfetta. E poiché talvolta sentire cose nuove reca piacere, occorre che tu sappia sopportare il conseguente turbamento dell'animo.


DISCORSO 20/A SUL RESPONSORIO DEL SALMO 56: "PIETÀ DI ME, PIETÀ DI ME, O DIO, IN TE MI RIFUGIO"

Discorsi - Sant'Agostino

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Sia nei beni che nei mali di questo mondo c'è tentazione.

1. In tutte le cose di questo mondo, buone o cattive, in tutte c'è tentazione. I beni di questo mondo infatti seducono per ingannare; i mali minacciano per spezzare. E poiché in tutti e due c'è tentazione, cioè tanto nel bene quanto nel male di questo mondo, ecco che il cristiano non è mai sicuro. Con tutto il cuore dica e faccia quello che or ora abbiamo cantato: Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te mi rifugio 1. È una voce questa che non scoraggia il povero e non esalta il ricco; in chi è depresso infonde speranza, e in chi è al sicuro non consente l'orgoglio. Perché l'anima che si rifugia in Dio non si gonfia per i beni e non si abbatte per i mali. Sa che tutte queste cose passano come ombra 2, mentre non passa colui al quale ha detto: In te mi rifugio.

Unica disposizione giusta: confidare nella misericordia di Dio.

2. In te, dice dunque il servo al Signore, la creatura al creatore, colui che è stato fatto a colui che l'ha fatto, lo schiavo a colui che l'ha redento, il prigioniero a colui che l'ha liberato e, per dirla in breve, l'uomo a Dio. Due cose sono così proposte alla considerazione dell'uomo, che conosca Dio e che conosca se stesso, Dio perché confidi in lui, se stesso perché non confidi in se stesso. Perché è inutile che gli uomini che sono molto sicuri di sé e che disprezzano gli altri, è inutile che dicano: "Io non mi fido di quello; sarei pazzo ad appoggiarmi a lui". Questo a volte è l'umiltà che lo fa dire, a volte la superbia. Che tu non confidi nell'uomo, è bene 3, ma purché non confidi neanche in te stesso. Colui infatti che confida in se stesso o confida nell'uomo, oppure lui stesso non è uomo. E allora questa è l'unica espressione che rimane la giusta: Pietà di me. E quale merito potrò avanzare perché tu abbia pietà di me? Non la mia giustizia, non la mia ricchezza, non la mia forza. Non dunque per i miei meriti, ma perché io in te mi rifugio 4. Ha chiesto un premio dopo aver offerto un sacrificio. E che cosa ha offerto? Non un toro, non un caprone, non un ariete, non l'incenso dell'Arabia, non ornamenti d'oro, non qualcosa acquistato a caro prezzo e molto prezioso, ma qualcosa che è più caro di tutto, se stesso. Nessuna cosa infatti è più cara a Dio di colui che è l'immagine di Dio.

Cristo esempio di umiltà.

3. Iddio ha posto tutto al di sotto dell'uomo, e l'uomo al di sotto di sé. Vuoi che sia sotto di te tutto ciò che Dio ha fatto? Sii tu sotto di Dio. Sarebbe grande impudenza che tu pretenda che le creature inferiori stiano sotto di te e intanto tu non riconosci sopra di te colui che le ha create. Iddio dunque ha disposto quel che ha creato ponendo sotto di sé colui che è sua immagine e tutto il resto sotto di questa. Accogli lui e ti innalzerai sull'umano. Non disprezzar lui e poi ti disprezzi pure chiunque voglia. Che male potrà farti chi ti disprezza, se non ti disprezza Dio? Egli irride a chi ti disprezza, perché poi ti premia. "Intanto però mi disprezza...". Anche Cristo fu disprezzato. Lui al quale vien detto: In te mi rifugio 5, è venuto ad esser disprezzato per te, e ti ha redento proprio perché disprezzato. Tu non saresti salvato, se egli non fosse stato disprezzato. Disprezzato in che senso? Perché ha preso la veste di servo, la tua stessa forma. Altro era infatti quel che si nascondeva, altro quel che si vedeva. Si nascondeva Dio, si vedeva l'uomo 6. Così l'uomo fu disprezzato, ma da Dio fu glorificato.

4. Tutto dunque, egli che per noi si fece via, tutto ciò che gli uomini quaggiù ambiscono come qualcosa di grande, egli lo rifiutò; egli che tutto aveva, a cui apparteneva il cielo e la terra, per mezzo del quale erano stati fatti il cielo e la terra, al quale nei cieli e nel più alto dei cieli servivano gli angeli, egli che sfugava i demoni, che scacciava le febbri, che apriva gli orecchi ai sordi e gli occhi ai ciechi, che comandava al mare, ai venti e alle tempeste, che risuscitava i morti. Egli tanto poteva, eppure contro di lui tanto poté colui che egli aveva creato. Benché creatore dell'uomo, si sottomise all'uomo, quando apparve come uomo per liberare l'uomo. Si sottomise all'uomo, ma nelle vesti di uomo, nascondendo la divinità; manifestatosi come uomo, come uomo fu disprezzato, riconosciuto più tardi come Dio; ma riconosciuto proprio perché prima era stato disprezzato. E anche a te non volle dare la gloria, se non dopo averti insegnato l'umiltà.

L'uomo deve desiderare cose sublimi, ma la strada è l'umiltà.

5. Ogni uomo desidera cose sublimi. Ma sulla terra che c'è di sublime? Se dunque desideri cose sublimi, il cielo desidera, le cose celesti desidera, desidera le cose sopracelesti. Brama di essere concittadino degli angeli, anela verso quella città, verso di essa sospira, là dove non perderai l'amico e non dovrai soffrire il nemico, dove non troverai nessuno liberato, perché da quaggiù nessuno vi può portare il suo schiavo. Quella infatti è città eterna, dove nessuno nasce, nessuno muore, dove è perpetua e perfetta sanità, perché la sanità si chiama immortalità. Se tu brami di essere lassù, veramente aspiri a cose sublimi. Questo è il dove; ma considera anche il come. Perché non c'è nessuno che non brami di essere concittadino degli angeli, di godere in Dio, di Dio, sotto Dio, di restare per sempre, di non essere afflitto da nessuna piaga, raggiunto da nessuna vecchiezza, debilitato da nessuna stanchezza, consumato da nessuna malattia e da nessuna morte. Grande cosa, sublime cosa, desiderabile cosa. Tu desideri di arrivarci; ma guarda per dove ci si arriva.

Esempio dei due figli di Zebedeo.

6. Ecco, quei due discepoli di nostro Signore, i santi e grandi fratelli Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, come abbiamo letto nel Vangelo, desiderarono dal Signore Dio nostro di poter sedere nel regno uno alla destra e l'altro alla sinistra 7. Essi dunque non desiderarono di esser dei re sulla terra, non ambirono dal Signore Iddio onori caduchi, non di essere ornati di ricchezze, non di avere una famiglia gloriosa, non di essere onorati di clientela, non di essere ingannati da adulatori, ma chiesero veramente qualcosa di grande e di solido, cioè di avere dei seggi nel regno di Dio, in cui si rimane per sempre. È grande cosa quella che desiderarono, ed essi non vengono rimproverati per il desiderio, ma vengono richiamati nell'ordine. In essi il Signore vide il desiderio delle cose grandi e colse l'occasione per insegnare la via dell'umiltà; come se dicesse: "Vedete dove voi aspirate, vedete chi sono io per voi: io che vi ho fatto sono disceso fino a voi, per voi io mi sono umiliato". Queste parole che sto dicendo veramente non sono nel Vangelo, io però dico la sostanza delle parole che si leggono nel Vangelo. E le parole che sono nel Vangelo adesso ve le rammento, perché vi rendiate conto che quelle che ho detto io sono nate lì, come se quelle fossero le radici e le nostre i rami 8. Quando dunque il Signore ebbe ascoltato il loro desiderio, disse loro: Voi potete bere il calice che io sto per bere? 9. Voi desiderate di sedere al mio fianco; prima rispondetemi su quanto vi chiedo: Potete bere il calice che io sto per bere? Voi che cercate dei seggi così sublimi, non sarà per voi amaro il calice dell'umiltà?.

Chi costruisce un alto edificio scava fondamenta profonde.

7. Però quando il precetto è pesante, grande ne è la ricompensa. Il calice della passione, il calice dell'umiliazione non vogliono, non vogliono berlo gli uomini. Desiderano cose sublimi? Amino quelle umili. Per salire in alto bisogna infatti partire dal basso. Nessuno può costruire una fabbrica alta se prima non ha impiantato in basso le fondamenta. Considerate tutte queste cose, fratelli miei, e da qui partite, da qui costruitevi nella fede, per capire la strada per la quale potrete arrivare dove desiderate. Io lo so, lo riconosco: non c'è alcuno tra voi che non desideri l'immortalità, l'eterna gloria e di avere l'amicizia con Dio. Queste cose tutti le desideriamo. Ma dobbiamo conoscere la strada per arrivare, dato che arrivare è desiderio di tutti. L'ho già detto: uno deve tirar su una capanna per il fieno, posticcia: non pensa neanche alle fondamenta. Ma se pensa a una fabbrica dalla struttura molto alta, di grande peso, che deve durare a lungo, prima di alzare gli occhi [per vedere] dove arriverà, rivolgerà in basso la sua attenzione [per vedere] quanto debba scavare. E quanto più alta dovrà essere la cima dell'edificio, tanto più basso sarà lo scavo per le fondamenta. Le messi chi non desidera vederle alte? Ma per avere alte le messi, prima tu fatichi con l'aratro ad interrare il seme. E chi ara taglia in basso. Chi ara si abbassa nel solco, perché possa innalzarsi la messe. Gli alberi quanto più sono alti, tanto più hanno in basso le radici; perché tutto ciò che è alto parte sempre dal basso.

Il regno dei cieli è preparato per gli umili.

8. Tu, uomo avevi paura di affrontare l'oltraggio dell'umiliazione. Ma è utile per te bere il calice così amaro della passione. Le tue viscere sono tumide, il petto ti si è gonfiato. Bevi l'amaro, per ritrovare la salute. Lo beve anche il medico sano; non vorrà berlo il malato indebolito? Così infatti disse ai figli di Zebedeo: Potete bere il calice? 10 Però non disse: "Potete bere il calice degli oltraggi, il calice del fiele, il calice dell'aceto, il calice delle amarezze, il calice pieno di veleno, il calice di tutte le sofferenze?". Se avesse detto così, più che incoraggiarli li avrebbe spaventati. Ma quando si è in compagnia si ha anche più spinta. E allora che paura hai, o servo? Quel calice lo beve anche il Signore. Che paura hai, o infermo? Lo beve anche il medico. Che paura hai, o infiacchito? Lo beve anche il sano. Potete bere il calice che io sto per bere? E quelli, desiderosi di cose sublimi, ignari delle loro forze, promettendo cose che non avevano ancora, risposero: Lo possiamo. E Gesù: Bene. Il mio calice voi lo berrete, perché sono io che vi dono di berlo, io che da deboli rendo forti voi [che vi] credete forti, io che vi dono la grazia di poter sopportare, per bere il calice dell'umiliazione; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è già preparato per altri dal Padre mio 11. Se per quelli no, per quali altri? Se non lo meritano gli Apostoli, chi lo potrà meritare? Chi sono questi altri? Tra questi due c'era il grande Giovanni. Quale Giovanni? Quegli, o fratelli, che il Signore amava più degli altri, quegli che si adagiava sul petto del Signore 12, che dal suo petto bevve quello che poi eruttò nel Vangelo. Quel Giovanni che scrisse: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto 13. Che grande eruttazione! Ma prima c'era stata una grande bevuta. Ti piace quello che erutta? Guarda però dove ha bevuto. Si adagiava sul petto del Signore 14; nella grande cena aveva bevuto tutte queste cose che poi erutterà così felicemente nel Vangelo. Era perciò così grande da potersi adagiare sul petto del Signore; e tuttavia anche a lui fu detto quanto la vostra Carità ha sentito: Non sta a me concederlo, ma è già preparato per altri dal Padre mio 15. Ma, Signore, quali altri? Se non l'ottenne Giovanni che si adagiava sopra il petto del Signore se non l'ottenne lui che si adagiava sul petto del Signore, se non l'ottenne lui che trascese il mare, l'aria, il cielo e arrivò fino al Verbo, lui che trascese cose così grandi ed arrivò fino a te in quanto sei uguale al Padre, se non ottenne lui quello che chiedeva, chi mai lo potrà ottenere? Il Signore certo non disse a caso: è già preparato per altri. Chi sono questi altri? Gli umili, non i superbi. E perciò anche voi, purché siate altri, purché cioè vi spogliate della vostra superbia e vi rivestite di umiltà 16.

Sia ricchi che poveri confidino in Dio.

9. Ecco, fratelli miei, abbiamo imparato, sappiamo, cantiamo, facciamo: Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te mi rifugio 17. O anima felice! Sei tu povera? Rifugiati in lui, poiché nulla hai di più grande in cui possa rifugiarti. Sei tu ricca? Rifugiati in lui, poiché ogni uomo è come erba e tutta la sua gloria è come fiore di campo; secca l'erba, appassisce il fiore, ma la parola del Signore dura in eterno 18. Sei povera? Rifugiati in lui come Lazzaro pieno di piaghe. Lazzaro povero, Abramo ricco! Quando dal Vangelo sentiamo che quel poveretto pieno di piaghe morì e che dagli angeli fu portato nel seno di Abramo 19, tutti i mendicanti, gli ulcerosi, i debilitati, i reietti, quando ascoltano questa lettura, che cosa dicono? "Ha parlato di noi". Ecco un povero, un bisognoso, uno appena sufficiente a se stesso, o magari un mendicante si accorge che nella casa di Dio c'è uno ricco, vestito come si conviene alla sua condizione. Nel sentire questa lettura dice: "Ha parlato di me. Io quando sarò morto, sarò portato dagli angeli nel seno di Abramo". Poi sente che del ricco il Vangelo dice: "E quando morì, cominciò ad essere tormentato nell'inferno" 20. Sentendo questo, il povero dice tra sé e sé: "Quello l'ha detto di me, questo lo dice di costui". O povero, non ti illudere; non ti spaventare, o ricco. Non lo dice di te, o povero, se tu sei un ubriacone, e non lo dice di te, o ricco, se tu sei pio. Iddio premia la pietà, non la povertà. Quando giudicherà, Dio non dirà: "Venga a me il senatore e si allontani il plebeo". Ma non dirà neanche: "Venga a me il plebeo e si allontani il senatore". Così non dirà: "Venga a me il generale e si allontani il soldato". Ma non dirà neanche: "Venga a me il soldato e si allontani il generale". Dirà semplicemente: "Venga a me il giusto e si allontani l'empio". Perciò, o povero, se vuoi arrivare, mantieniti pio. Vuoi sincerarti che il Signore ha premiato la pietà, ma non ha condannato le ricchezze? Il povero fu portato... Dove? Nel seno di Abramo 21. E se leggi che cosa fu Abramo, ti accorgerai che egli era ricco 22. Il ricco andò avanti per preparare l'alloggio e la casa per il povero. Ecco perché si legge nel salmo: Tutti insieme, ricchi e poveri 23.

10. Glorifichiamo Dio e il Signore nostro Gesù Cristo con le nostre opere buone, e con tutto il cuore diciamo: Pietà di me, pietà di me, o Dio, perché non nell'oro, non nell'argento, non nell'onore, non nelle ricchezze, non negli amici potenti, non nella moltitudine dei clienti, non nella ostentazione della servitù, ma in te io mi rifugio 24.

 

 

1 - Sal 56, 2.

2 - Cf. Sap 5, 9.

3 - Cf. Sal 117, 8.

4 - Sal 56, 2.

5 - Sal 56, 1.

6 - Cf. At 3, 13.

7 - Cf. Mt 20, 20-23.

8 - Cf. Mt 20, 26-27.

9 - Mt 20,22.

10 - Mt 20, 22.

11 - Mt 20, 23.

12 - Cf. Gv 13, 25.

13 - Gv 1, 1-3.

14 - Cf. Gv 13, 25.

15 - Mt 20, 23.

16 - Cf. Lc 1, 51-52.

17 - Sal 56, 2.

18 - Is 40, 6. 8.

19 - Cf. Lc 16, 22.

20 - Cf. Lc 16, 22.

21 - Lc 16, 22.

22 - Cf. Gn 13, 2.

23 - Sal 48, 3.

24 - Sal 56, 2.


12 - Con lo sviluppo del genere umano si moltiplicarono sia le preghiere dei giusti per la venuta del Messia sia i peccati.

La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda

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163. Mentre aumentava di gran numero la discendenza e la stirpe di Adamo, si moltiplicavano i giusti e gli ingiusti, le preghiere dei santi per il Redentore e i delitti dei peccatori immeritevoli di questo beneficio. Il popolo di Dio e la gloria del Verbo che doveva incarnarsi erano già deliberati e la divina volontà operava per la venuta del Messia. Il regno del peccato, nei figli della perdizione, aveva esteso la sua malizia quasi completamente, ma era giunto il tempo opportuno del rimedio. Erano aumentati la gloria e i meriti dei giusti: i Profeti e i santi Padri, illuminati dalla luce divina, ravvisavano la salvezza e la presenza del loro Redentore. Per questo moltiplicavano le loro preghiere, chiedendo a Dio che finalmente si adempissero le profezie e le promesse fatte al suo popolo. Al trono della divina misericordia mostravano la tediosa e lunga notte trascorsa nelle tenebre del peccato dopo la creazione del primo uomo, oltre alla cecità causata dall'idolatria in cui era sprofondato tutto il resto del genere umano.

164. L'antico serpente aveva contagiato tutta la terra e sembrava godere tranquillamente del possesso degli esseri umani. Gli uomini, allontanando lo sguardo dalla luce della stessa ragione naturale o da quella derivante dall'antica legge scritta, invece di cercare il Dio vero, se ne creavano molti falsi, ciascuno a proprio gusto, senza accorgersi di quanto la confusione di tante divinità ripugnava alla perfezione, all'ordine, alla quiete. Questi errori erano diventati un tutt'uno con la malizia, l'ignoranza e la dimenticanza del Dio vero e nessuno rifletteva sull'infermità e sul torpore mortale che si pativa nel mondo, tanto che neppure i poveri afflitti supplicavano per chiedere rimedio a tutto ciò. Regnava la superbia, il numero degli stolti era incalcolabile e l'arroganza di Lucifero pretendeva di ingoiare le acque pure del Giordano.

A causa di queste ingiurie, Dio si vedeva più offeso e meno legato agli uomini, e la giustizia, sua prerogativa, avvallava i motivi per cui annientare tutto il creato facendolo ritornare al suo antico non essere.

165. Allora l'Altissimo, parlando in termini umani, si ricordò della sua misericordia: inclinando il piatto della bilancia della sua incomprensibile giustizia con la legge della clemenza, volle dare maggior peso alla sua bontà, alle suppliche e alle opere dei giusti e dei Profeti del suo popolo, che alla malvagità e alle offese di tutto il resto dei peccatori. Così in quella ingrata e noiosa notte della legge antica deliberò di dare sicure garanzie col giorno della grazia, inviando nel mondo due fulgide luci che annunciassero lo splendore, già vicino, del sole di giustizia, Cristo nostra salvezza. Queste furono san Gioacchino e sant'Anna, pensati e creati dalla divina volontà affinché fossero secondo il suo cuore. San Gioacchino aveva una casa, una famiglia e dei parenti a Nazaret, città della Galilea. Egli fu sempre uomo giusto e santo, illuminato con particolare grazia e luce. Comprendeva molti misteri delle Scritture e degli antichi Profeti; con incessante e fervorosa preghiera chiedeva a Dio l'adempimento delle sue promesse. La sua fede e la sua carità penetravano i cieli. Era uomo molto umile e puro, di santa condotta e grande sincerità, ma assai forte e severo, di incomparabile dignità e onestà.

166. Sant'Anna aveva la sua casa a Betlemme. Era una giovane innocente, umile e bella, e, fin dalla sua fanciullezza, santa, composta e ricolma di ogni virtù. Godeva di grandi e continue mamfestazioni dell'Altissimo e abbandonava il suo cuore alla contemplazione. Era, nello stesso tempo, orante e laboriosa, così che giunse alla pienezza della perfezione delle due forme di vita: attiva e contemplativa. Conosceva le divine Scritture per scienza infusa, comprendendo profondamente i loro misteri nascosti; fu. anche incomparabile nelle virtù della fede, della speranza e della carità. Favorita da questi doni, pregava incessantemente per la venuta del Messia e le sue preghiere furono accette al Signore, tanto che, in modo singolare, egli le rispose che gli aveva rapito il cuore. Con ciò è fuori dubbio che i meriti di sant'Anna, tra i santi dell'Antico Testamento, furono determinanti per accelerare la venuta del Verbo.

167. Questa donna pregò con grande fervore affinché l'Altissimo le desse uno sposo che la aiutasse nell'osservanza della divina legge per essere perfetta nell'adempimento dei suoi precetti. Nel momento in cui sant'Anna chiedeva questo al Signore, egli dispose che anche san Gioacchino facesse la stessa preghiera, cosicché queste due richieste fossero presentate al tribunale della beatissima Trinità, dove furono ascoltate ed esaudite. Per ordine divino si stabilì che Gioacchino ed Anna si sposassero e fossero i genitori di colei che doveva essere la Madre di Dio. Fu inviato l'arcangelo Gabriele affinché manifestasse ad entrambi la volontà divina. A sant'Anna apparve corporalmente, mentre pregava con grande fervore, chiedendo la venuta del Salvatore del mondo e la liberazione degli uomini. Ella vide l'angelo d'immensa bellezza e fulgore, tanto che causò in lei timore e tremore con gioia interiore e luce dello spirito. Sant'Anna si prostrò con profonda umiltà in rispetto al messaggero del cielo, ma egli la trattenne e la confortò, perché doveva generare l'arca della vera manna, Maria santissima, Madre del Verbo eterno. L'arcangelo Gabriele, quando fu inviato a portare questo annuncio, conosceva già il mistero del Signore e la grazia in esso contenuta, benché gli altri angeli del cielo lo ignorassero, perché solo a lui fu fatta questa rivelazione direttamente dal Signore. Non rivelò, però, completamente, a sant'Anna questo grande mistero, ma le chiese attenzione dicendole:

«L'Altissimo ti benedica, o sua serva, e sia la tua salvezza. Dio ha udito le tue preghiere e desidera che tu perseveri in esse chiedendo la venuta dei Salvatore. È suo volere, anche, che tu prenda come sposo Gioacchino, uomo retto di cuore e gradito ai suoi occhi; con lui potrai perseverare nell'osservanza della legge divina e nel suo servizio. Continua le tue preghiere e suppliche, senz'altra preoccupazione, perché il Signore stesso disporrà poi come avverrà tutto questo. Tu intanto cammina per i retti sentieri della giustizia: il tuo cuore sia sempre rivolto al cielo e rimani in attesa della venuta del Messia; rallegrati nel Signore che è la tua salvezza». Detto ciò, l'angelo si sottrasse alla sua vista lasciandola nella luce di molti misteri delle Scritture, confortata e rinnovata nello spirito.

168. A Gioacchino l'angelo non apparve e non parlò di persona come a sant'Anna, ma l'uomo di Dio udì in sogno queste parole: «Gioacchino, sii benedetto dalla divina destra dell'Altissimo, persevera nei tuoi desideri, vivi con rettitudine e cammina verso la perfezione. Il Signore vuole che tu prenda come tua sposa Anna, alla quale egli ha dato la sua benedizione. Abbi cura di lei, stimala come pegno dell'Altissimo e ringrazialo per averla affidata a te». Dopo questo fatto Gioacchino chiese immediatamente in sposa la giovane Anna. Uniti in matrimonio, ubbidirono alla disposizione divina, senza che l'uno manifestasse all'altra il segreto se non dopo che furono trascorsi alcuni anni; ma di questo parlerò in seguito. I due santi sposi vissero a Nazaret procedendo custoditi dal Signore. Le loro opere furono pienezza di virtù perché compiute con rettitudine e sincerità; per questo si resero assai graditi e accetti all'Altissimo senza timore. Dei guadagni e dei profitti dei loro averi ogni anno facevano tre parti. La prima era l'offerta per il Signore nel tempio di Gerusalemme, la seconda veniva distribuita ai poveri, la terza serviva per il mantenimento della vita familiare. Dio accresceva loro i beni temporali, perché li distribuivano con tanta generosità e carità.

169. Essi vivevano senza violare la pace, nella concordia, senza accuse e litigi di sorta. Anna, donna umile, era in tutto soggetta e abbandonata alla volontà di Gioacchino; l'uomo di Dio, da parte sua, imitando devotamente l'umiltà della sua sposa, si preoccupava di prevenire e indovinare le sue intenzioni e, confidando in lei, non fu mai deluso. Vissero in perfetto amore tanto che in tutta la loro vita non ebbero mai un dissenso, poiché vollero sempre venirsi incontro nei loro desideri. Poiché erano uniti nel nome del Signore, l'Altissimo stava in mezzo a loro con il suo amore premuroso. San Gioacchino poi adempì il comandamento dell'angelo di rispettare la sua sposa e di avere cura di lei.

170. Il Signore favorì sant'Anna con larghe benedizioni, concedendole dei doni altissimi di grazia e di scienza infusa che la disponessero alla felice sorte che l'attendeva, cioè esser madre della Madre di Dio. Essendo le opere dell'Altissimo compiutamente perfette, fu conseguente il fatto che egli la rendesse degna di diventare la madre di quella creatura che, in purezza e santità, doveva essere superiore a tutto il creato e inferiore solo a Dio.

171. Questi santi coniugi trascorsero venti anni senza poter avere figli, cosa che, a quel tempo e secondo la cultura di quel popolo, era considerata una sventura. Da parte dei vicini e conoscenti dovettero patire vergogna e disprezzo, considerandosi esclusi dal partecipare alla venuta del Messia che speravano. Ma l'Altissimo, che permise questa umiliazione come prova per predisporli alla grazia che aveva preparato, concesse loro pazienza e fedeltà, affinché seminassero, con lacrime e preghiere, il felice frutto che avrebbero poi raccolto. Fecero grandi suppliche dal profondo del loro cuore, secondo quanto era stato loro comandato dall'alto; al Signore espressero il voto che, se avesse dato loro dei figli, avrebbero consacrato al suo servizio, nel tempio, il frutto della benedizione ricevuta.

172. Questo voto fu espletato sotto uno speciale impulso dello Spirito Santo. Così egli dispose che colei la quale doveva essere la dimora dell'unigenito Figlio di Dio, prima ancora di essere concepita, fosse offerta e affidata dai suoi genitori allo stesso Signore. Se loro prima di conoscerla e crescerla non si fossero impegnati con speciale voto di offrirla al tempio, notando poi la sua amabilità e dolcezza, non avrebbero potuto espletarlo con tanta sollecitudine per il grande amore che le avrebbero portato. A nostro modo di intendere, fu grazie a questo voto che il Signore placò la sua gelosia dovuta al fatto che la sua Madre santissima sarebbe nata da altri, consolandosi, in vista di tale offerta, nell'attesa di crearla.

173. Per un anno intero, da quando il Signore comandò loro di invocarlo, perseverarono con appassionate preghiere, finché avvenne che san Gioacchino, per ispirazione divina, andò al tempio di Gerusalemme per offrire suppliche e sacrifici per la venuta del Messia e perché venissero esauditi i suoi desideri. Trovandosi l'anziano e venerabile Gioacchino con altri del suo popolo ad offrire i soliti doni e le offerte dinanzi al sommo sacerdote, Isaccar, altro ministro del culto di rango inferiore, lo riprese aspramente, perché, essendo sterile, faceva la sua offerta insieme agli altri. Tra le altre cose gli disse:

«Tu, o Gioacchino, cosa ti preoccupi di offrire essendo un uomo inutile? Allontanati da tutti e non irritare Dio con le tue offerte e i tuoi sacrifici, perché non sono a lui graditi». Il sant'uomo, offeso e confuso, con umiltà e amore si rivolse al Signore e gli disse: «Altissimo Signore e Dio eterno, per vostro ordine e volere io venni al tempio; ora chi sta nel vostro luogo mi disprezza. Sono i miei peccati che meritano questa ignominia, ma se da una parte l'accolgo per volere vostro, dall'altra non disprezzate l'opera delle vostre mani». San Gioacchino uscì dal tempio rattristato, sebbene interiormente nella pace e nella tranquillità, e si recò verso una casa di campagna che possedeva. Vi rimase alcuni giorni in solitudine e supplicò il Signore con questa preghiera:

174. «Altissimo Dio eterno, da cui dipende tutta la vita e la salvezza dell'uomo, prostrato al vostro cospetto vi supplico affinché voi, bontà infinita, possiate guardare la pena della mia anima e ascoltare le mie richieste e quelle della vostra serva Anna. Ai vostri occhi i nostri desideri sono palesi: se io non merito di essere esaudito, non vogliate disdegnare l'umile mia sposa. Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, antichi padri nostri, non nascondeteci la vostra pietà; non permettete, voi che siete padre, che io sia tra gli empi e tra coloro dei quali voi respingete le offerte, considerandomi inutile per il fatto che non mi concedete discendenti. Ricordatevi, o Signore, dei sacrifici e delle offerte dei vostri servi e Profeti, miei antichi padri; ricordatevi delle loro opere che furono gradite ai vostri occhi. Dal momento che volete che io, con fede, mi rivolga a voi, che siete potente e ricco di misericordia, concedetemi quello che desidero e chiedo per voi, dato che nel mio domandare vi obbedisco e compio la vostra santa volontà. Se le mie colpe ritardano la vostra misericordia, allontanate da me ciò che non vi è gradito e vi trattiene. Voi siete potente, o Dio d'Israele, tutto quello che volete lo compite senza impedimento. Giungano ai vostri orecchi le mie preghiere: se io sono povero e misero, voi siete infinito e sempre pronto ad usare misericordia verso gli umiliati. E dove me ne andrò lontano da voi, che siete il Re dei re, il Signore dei signori, l'Onnipotente? Avete ricolmato di doni e benedizioni, per generazioni, i vostri figli e servi; a me insegnate a desiderare e attendere dalla vostra generosità quello che avete operato verso i miei fratelli. Se a voi piacerà concedermi ciò che vi domando, offrirò e consacrerò al servizio del vostro santo tempio il frutto della mia discendenza che riceverò dalla vostra mano. Ho affidato il mio cuore e la mia mente alla vostra volontà desiderando allontanare sempre i miei occhi dalla vanità. Fate di me, o Signore, ciò che a voi piace e rallegrate il nostro spirito esaudendo la nostra speranza. Guardate dal vostro trono questa umile polvere, che sono io, e sollevatela, affinché vi glorifichi, vi adori; in tutto io compia la vostra volontà e non la mia».

175. Questa fu la richiesta che Gioacchino fece nel luogo appartato. Nello stesso tempo l'angelo Gabriele rivelò a sant'Anna che sarebbe stata preghiera gradita all'Altissimo, se gli avesse richiesto una discendenza nei figli, con lo stesso amore e la stessa tensione con i quali li desiderava. Quando la santa donna seppe che questa era la volontà divina, e nel medesimo tempo quella del suo sposo, con umile disponibilità e fede si presentò al Signore, pregandolo come le era stato ordinato e disse: «Dio Altissimo, Signor mio, creatore e custode universale di tutte le cose, che la mia anima onora e adora come Dio vero, infinito, santo ed eterno, prostrata davanti a voi desidero parlarvi, benché sia polvere e cenere, per manifestarvi la mia necessità e afflizione. Signore Dio, voi che siete da sempre, fateci degni della vostra benedizione donandoci il frutto santo da offrire al vostro servizio nel tempio. Ricordatevi, o mio Signore, che la vostra serva Anna, madre di Samuele, era sterile, ma per la vostra grande misericordia il suo desiderio fu esaudito. Io sento nel mio cuore una forza che mi dà vigore e mi incoraggia a chiedervi di usare anche con me questa misericordia. Ascoltate, dunque, la mia umile preghiera, dolcissimo Signore e mio sovrano; ricordatevi dei favori, dei doni e dei sacrifici dei miei antichi Padri e dei prodigi che voi operaste in essi con la potenza del vostro braccio. Io, Signore, vorrei offrire un'oblazione a voi gradita e accetta, ma la più grande e la sola che è in mio potere è la mia anima, la forza e i sentimenti ricevuti da voi e tutto ciò che sono. Se guardandomi dal vostro trono mi vorrete donare dei figli, fin da ora li consacro e li offro perché vi servano nel tempio. Signore, Dio d'Israele, se è vostra volontà e beneplacito volgere lo sguardo a questa vile e povera creatura e consolare il vostro servo Gioacchino, concedetemi di farvi questa domanda; in tutto si compia la vostra volontà santa ed eterna».

176. Queste furono le richieste che fecero san Gioacchino e sant'Anna. Pur essendo stata illuminata su di esse e sull'incomparabile santità di questi felici padri, non posso, per mia grande inadeguatezza e incapacità, esprimere tutto quello che ho appreso e sentito, né posso riferire tutto. Non è necessario del resto, essendo già sufficiente per il mio scopo quello che ho detto. Per avere un ampio concetto di questi santi conviene confrontarli col nobile fine per cui furono scelti da Dio, che fu quello di essere progenitori diretti di Cristo Signore nostro e genitori della sua Madre santissima.


9 luglio 1953

Maria Valtorta

G. C.:
   «Ecco una delle tante anime già morte prima di esser morto il corpo. Una di quelle di cui parlai ai miei discepoli. E morte per sempre, perché non si pentirono in extremis. Il veleno del serpente, che è il Comunismo, ha paralizzato in essi ogni movimento buono, e muoiono così, finendo nel regno del Serpente che è Satana. Vedi quanto occorre pregare per essi? Perduti in eterno! Perduti come i colpiti la sera del Venerdì, dopo la mia morte per causa loro.

   I naufraghi, li chiama giustamente mia Madre. Ma dove naufraghi? Nel mare infernale. In verità ti dico che molti sono coloro che periscono per naufragio marino, da guerre o tempeste, o per disastri aerei, ma la loro anima si salva, e talora anzi ha maggior gloria da quella loro morte in grazia e con rassegnazione. Ma questi! Sotto di loro si apre il baratro infernale, su loro si chiudono le porte orrende ed eterne d'Inferno, e la loro sorte è immutabile come per Giuda di Keriot. Prega!».