Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 5° settimana del tempo di Avvento e Natale
Vangelo secondo Matteo 25
1Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge;3le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio;4le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi.5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.6A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.8E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.9Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.10Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici!12Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.
14Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.16Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.20Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.21Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.22Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.23Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.24Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso;25per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo.26Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.29Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.30E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.
31Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.32E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,33e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.41Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.42Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;43ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato.44Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito?45Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me.46E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".
Primo libro dei Maccabei 6
1Il re Antioco intanto percorreva le regioni settentrionali e seppe che c'era in Persia la città di Elimàide, famosa per ricchezza e argento e oro;2che vi era un tempio ricchissimo, dove si trovavano armature d'oro, corazze e armi, lasciate là da Alessandro figlio di Filippo, il re macedone, che aveva regnato per primo sui Greci.3Allora vi si recò e cercava di impadronirsi della città e di depredarla, ma non vi riuscì, perché il suo piano fu risaputo dagli abitanti della città,4che si opposero a lui con le armi; egli fu messo in fuga e dovette partire di là con grande tristezza e tornare in Babilonia.5Poi venne un messaggero in Persia ad annunciargli che erano state sconfitte le truppe inviate contro Giuda,6che Lisia si era mosso con un esercito tra i più agguerriti ma era rimasto sconfitto davanti a loro e che quelli si erano rinforzati con armi e truppe e bottino ingente, riportato dagli accampamenti che avevano distrutti;7che inoltre avevano demolito l'idolo da lui innalzato sull'altare in Gerusalemme, che avevano circondato con mura alte come prima il santuario e anche Bet-Zur, che era una sua città.8Il re, sentendo queste novità, rimase sbigottito e scosso terribilmente; si mise a letto e cadde ammalato per la tristezza, perché non era avvenuto secondo i suoi desideri.9Rimase così molti giorni, perché si rinnovava in lui una forte depressione e credeva di morire.10Allora chiamò tutti i suoi amici e disse loro: "Se ne va il sonno dai miei occhi e ho l'animo oppresso dai dispiaceri;11ho pensato: in quale tribolazione sono giunto, in quale terribile agitazione sono caduto io che ero sì fortunato e benvoluto sul mio trono!12Ora mi ricordo dei mali che ho fatto in Gerusalemme, portando via tutti gli arredi d'oro e d'argento che vi erano e mandando a sopprimere gli abitanti di Giuda senza ragione.13Riconosco che a causa di tali cose mi colpiscono questi mali: ed ecco muoio nella più nera tristezza in paese straniero".
14Poi chiamò Filippo, uno dei suoi amici, lo costituì reggente su tutto il suo regno15e gli diede il diadema e la veste regia e l'anello con l'incarico di guidare Antioco suo figlio e di educarlo al regno.16Il re Antioco morì in quel luogo nel centoquarantanove.17Lisia fu informato che il re era morto e dispose che regnasse Antioco figlio di lui, che egli aveva educato fin da piccolo, e lo chiamò Eupàtore.
18Ora coloro che risiedevano nell'Acra impedivano il passaggio degli Israeliti intorno al tempio e cercavano di molestarli continuamente e di sostenere gli stranieri.19Giuda si propose di eliminarli e radunò in assemblea tutto il popolo per stringerli d'assedio.20Si organizzarono dunque e posero l'assedio attorno all'Acra nell'anno centocinquanta e Giuda fece costruire terrapieni e macchine.21Ma alcuni di loro sfuggirono all'assedio e si unirono ad essi alcuni rinnegati d'Israele22e andarono dal re e gli dissero: "Fino a quando non farai giustizia e vendetta dei nostri fratelli?23Noi siamo stati lieti di servire tuo padre e di comportarci secondo i suoi comandi e di obbedire ai suoi editti.24A causa di questo i figli del nostro popolo hanno posto assedio alla fortezza e si sono estraniati da noi; inoltre uccidono quanti di noi capitano nelle loro mani e si dividono i nostri averi.25E non soltanto contro di noi allungano le mani, ma anche su tutto il tuo territorio.26Ed ecco, ora hanno posto il campo contro l'Acra in Gerusalemme per espugnarla e hanno fortificato il santuario e Bet-Zur.27Se tu non sarai sollecito nel prevenirli, faranno peggio e non li potrai più arrestare".
28Il re si adirò, quando ebbe sentito ciò, e radunò tutti i suoi amici, comandanti dell'esercito e della cavalleria.29Anche dagli altri regni e dalle isole del mare gli giunsero truppe mercenarie.30Gli effettivi del suo esercito assommavano a centomila fanti, ventimila cavalli e trentadue elefanti addestrati alla guerra.31Passarono per l'Idumea e posero il campo contro Bet-Zur; attaccarono per molti giorni e allestirono macchine; ma quelli uscivano, le incendiavano e contrattaccavano con valore.32Giuda allora levò il campo dall'Acra e lo trasferì a Bet-Zaccaria di fronte al campo del re.33Ma il re si mosse alle prime luci del mattino e trasferì lo schieramento con impeto lungo la strada di Bet-Zaccaria; le truppe si disposero a battaglia e suonarono le trombe.34Posero innanzi agli elefanti succo d'uva e di more per stimolarli al combattimento.35Distribuirono le bestie tra le falangi e affiancarono a ciascun elefante mille uomini protetti da corazze a maglia e da elmi di bronzo in testa e cinquecento cavalieri scelti disposti in ordine intorno a ciascuna bestia:36questi in ogni caso si tenevano ai lati della bestia e, quando si muoveva, si spostavano insieme senza allontanarsi da essa.37Sopra ogni elefante vi erano solide torrette di legno, protette dagli attacchi, legate con cinghie, e su ogni torretta stavano quattro soldati, che di là bersagliavano, e un conducente indiano.38Il resto della cavalleria si dispose di qua e di là sui due fianchi dello schieramento, per terrorizzare i nemici e proteggere le falangi.39Quando il sole brillava sugli scudi d'oro e di bronzo, ne risplendevano per quei riflessi i monti e brillavano come fiaccole ardenti.40Un distaccamento delle truppe del re si dispose sulle cime dei monti, un altro nella pianura e avanzavano sicuri e ordinati.41Tremavano quanti sentivano il frastuono di quella moltitudine e la marcia di tanta gente e il cozzo delle armi: era veramente un esercito immenso e forte.42Giuda con le sue truppe si avvicinò per attaccare lo schieramento e caddero nel campo del re seicento uomini.43Eleàzaro, chiamato Auaran, vide uno degli elefanti, protetto di corazze regie, sopravanzare tutte le altre bestie e pensò che sopra ci fosse il re;44volle allora sacrificarsi per la salvezza del suo popolo e procurarsi nome eterno.45Corse dunque là con coraggio attraverso la falange e colpiva a morte a destra e a sinistra, mentre i nemici si dividevano davanti a lui, ritirandosi sui due lati.46Egli s'introdusse sotto l'elefante, lo infilò con la spada e lo uccise; quello cadde sopra di lui ed Eleàzaro morì.
47Ma vedendo la potenza delle forze del re e l'impeto delle milizie, i Giudei si ritirarono.
48Allora i reparti dell'esercito del re salirono per attaccarli a Gerusalemme e il re si accampò contro la Giudea e il monte Sion.49Fece pace con quelli che erano in Bet-Zur, i quali uscirono dalla città, non avendo più vettovaglie per sostenere l'assedio: la terra infatti era nel riposo dell'anno sabbatico.50Il re s'impadronì di Bet-Zur e vi pose un presidio a guardia.51Intanto si accampò contro il santuario per molto tempo e allestì terrapieni e macchine, lanciafiamme e baliste, scorpioni per lanciar frecce e fionde.52Anche i difensori opposero macchine alle loro macchine e i combattimenti durarono molti giorni.53Ma non c'erano più viveri nei depositi poiché era in corso l'anno sabbatico e coloro che erano arrivati in Giudea per sfuggire ai pagani avevano consumato il resto delle provviste.54Furono allora lasciati pochi uomini nel santuario, perché li aveva sorpresi la fame, e gli altri si dispersero ciascuno al suo paese.
55Lisia poi venne a sapere che Filippo, designato dal re Antioco, ancora in vita, per educare Antioco suo figlio e prepararlo al regno,56era tornato dalla Persia e dalla Media; c'era con lui l'esercito partito con il re ed egli cercava di prendere in mano il governo.57Allora mostrò fretta e accennò di voler partire e disse al re e ai comandanti dell'esercito e ai soldati: "Noi ci esauriamo di giorno in giorno: il cibo è scarso e il luogo che assediamo è ben munito, mentre gli affari del regno ci premono.58Ora dunque offriamo la destra a questi uomini e facciamo pace con loro e con tutto il loro popolo59e permettiamo loro di seguire le loro tradizioni come prima; proprio per queste tradizioni che noi abbiamo cercato di distruggere, essi si sono irritati e hanno provocato tutto questo".60La proposta piacque al re e a tutti i capi e mandò a negoziare la pace con loro ed essi accettarono.61Il re e i capi giurarono davanti a loro ed essi a tali patti uscirono dalla fortezza.62Ma quando il re fece l'ingresso sul monte Sion e vide le fortificazioni del luogo, violò il giuramento che aveva fatto e impose la distruzione delle mura all'intorno.63Poi partì in fretta e fece ritorno ad Antiochia; vi trovò Filippo padrone della città, gli fece guerra e s'impadronì della città con la forza.
Giobbe 18
1Bildad il Suchita prese a dire:
2Quando porrai fine alle tue chiacchiere?
Rifletti bene e poi parleremo.
3Perché considerarci come bestie,
ci fai passare per bruti ai tuoi occhi?
4Tu che ti rodi l'anima nel tuo furore,
forse per causa tua sarà abbandonata la terra
e le rupi si staccheranno dal loro posto?
5Certamente la luce del malvagio si spegnerà
e più non brillerà la fiamma del suo focolare.
6La luce si offuscherà nella sua tenda
e la lucerna si estinguerà sopra di lui.
7Il suo energico passo s'accorcerà
e i suoi progetti lo faran precipitare,
8poiché incapperà in una rete con i suoi piedi
e sopra un tranello camminerà.
9Un laccio l'afferrerà per il calcagno,
un nodo scorsoio lo stringerà.
10Gli è nascosta per terra una fune
e gli è tesa una trappola sul sentiero.
11Lo spaventano da tutte le parti terrori
e lo inseguono alle calcagna.
12Diventerà carestia la sua opulenza
e la rovina è lì in piedi al suo fianco.
13Un malanno divorerà la sua pelle,
roderà le sue membra il primogenito della morte.
14Sarà tolto dalla tenda in cui fidava,
per essere trascinato al re dei terrori!
15Potresti abitare nella tenda che non è più sua;
sulla sua dimora si spargerà zolfo.
16Al di sotto, le sue radici si seccheranno,
sopra, saranno tagliati i suoi rami.
17Il suo ricordo sparirà dalla terra
e il suo nome più non si udrà per la contrada.
18Lo getteranno dalla luce nel buio
e dal mondo lo stermineranno.
19Non famiglia, non discendenza avrà nel suo
popolo,
non superstiti nei luoghi della sua dimora.
20Della sua fine stupirà l'occidente
e l'oriente ne prenderà orrore.
21Ecco qual è la sorte dell'iniquo:
questa è la dimora di chi misconosce Dio.
Salmi 73
1'Salmo. Di Asaf.'
Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.
4Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.
6Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.
9Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11Dicono: "Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?".
12Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.
15Se avessi detto: "Parlerò come loro",
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.
19Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.
21Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.
25Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.
Daniele 4
1Io Nabucodònosor ero tranquillo in casa e felice nella reggia,2quando ebbi un sogno che mi spaventò. Le immaginazioni che mi vennero mentre ero nel mio letto e le visioni che mi passarono per la mente mi turbarono.3Feci un decreto con cui ordinavo che tutti i saggi di Babilonia fossero condotti davanti a me, per farmi conoscere la spiegazione del sogno.
4Allora vennero i maghi, gli astrologi, i caldei e gli indovini, ai quali esposi il sogno, ma non me ne potevano dare la spiegazione.5Infine mi si presentò Daniele, chiamato Baltazzàr dal nome del mio dio, un uomo in cui è lo spirito degli dèi santi, e gli raccontai il sogno6dicendo: "Baltazzàr, principe dei maghi, poiché io so che lo spirito degli dèi santi è in te e che nessun segreto ti è difficile, ecco le visioni che ho avuto in sogno: tu dammene la spiegazione".
7Le visioni che mi passarono per la mente, mentre stavo a letto, erano queste:
Io stavo guardando
ed ecco un albero di grande altezza in mezzo alla terra.
8Quell'albero era grande, robusto,
la sua cima giungeva al cielo
e si poteva vedere fin dall'estremità della terra.
9I suoi rami erano belli e i suoi frutti abbondanti
e vi era in esso da mangiare per tutti.
Le bestie della terra si riparavano alla sua ombra
e gli uccelli del cielo facevano il nido fra i suoi rami;
di lui si nutriva ogni vivente.
10Mentre nel mio letto stavo osservando
le visioni che mi passavano per la mente,
ecco un vigilante, un santo, scese dal cielo
11e gridò a voce alta:
"Tagliate l'albero e stroncate i suoi rami:
scuotete le foglie, disperdetene i frutti:
fuggano le bestie di sotto e gli uccelli dai suoi rami.
12Lasciate però nella terra il ceppo con le radici,
legato con catene di ferro e di bronzo
fra l'erba della campagna.
Sia bagnato dalla rugiada del cielo
e la sua sorte sia insieme con le bestie sui prati.
13Si muti il suo cuore e invece di un cuore umano
gli sia dato un cuore di bestia:
sette tempi passeranno su di lui.
14Così è deciso per sentenza dei vigilanti
e secondo la parola dei santi.
Così i viventi sappiano che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo può dare a chi vuole e insediarvi anche il più piccolo degli uomini".
15Questo è il sogno, che io, re Nabucodònosor, ho fatto. Ora tu, Baltazzàr, dammene la spiegazione. Tu puoi darmela, perché, mentre fra tutti i saggi del mio regno nessuno me ne spiega il significato, in te è lo spirito degli dèi santi.
16Allora Daniele, chiamato Baltazzàr, rimase per qualche tempo confuso e turbato dai suoi pensieri. Ma il re gli si rivolse: "Baltazzàr, il sogno non ti turbi e neppure la sua spiegazione". Rispose Baltazzàr: "Signor mio, valga il sogno per i tuoi nemici e la sua spiegazione per i tuoi avversari.17L'albero che tu hai visto, grande e robusto, la cui cima giungeva fino al cielo e si poteva vedere da tutta la terra18e le cui foglie erano belle e i suoi frutti abbondanti e in cui c'era da mangiare per tutti e sotto il quale dimoravano le bestie della terra e sui cui rami facevano il nido gli uccelli del cielo,19sei tu, re, che sei diventato grande e forte; la tua grandezza è cresciuta, è giunta al cielo e il tuo dominio si è esteso sino ai confini della terra.
20Che il re abbia visto un vigilante, un santo che scendeva dal cielo e diceva: Tagliate l'albero, spezzatelo, però lasciate nella terra il ceppo delle sue radici legato con catene di ferro e di bronzo fra l'erba della campagna e sia bagnato dalla rugiada del cielo e abbia sorte comune con le bestie della terra, finché sette tempi siano passati su di lui,21questa, o re, ne è la spiegazione e questo è il decreto dell'Altissimo, che deve essere eseguito sopra il re, mio signore:22Tu sarai cacciato dal consorzio umano e la tua dimora sarà con le bestie della terra; ti pascerai d'erba come i buoi e sarai bagnato dalla rugiada del cielo; sette tempi passeranno su di te, finché tu riconosca che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo da' a chi vuole.
23L'ordine che è stato dato di lasciare il ceppo con le radici dell'albero significa che il tuo regno ti sarà ristabilito, quando avrai riconosciuto che al Cielo appartiene il dominio.24Perciò, re, accetta il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con l'elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti, perché tu possa godere lunga prosperità".
25Tutte queste cose avvennero al re Nabucodònosor.
26Dodici mesi dopo, passeggiando sopra la terrazza della reggia di Babilonia,27il re prese a dire: "Non è questa la grande Babilonia che io ho costruito come reggia per la gloria della mia maestà, con la forza della mia potenza?".
28Queste parole erano ancora sulle labbra del re, quando una voce venne dal cielo: "A te io parlo, re Nabucodònosor: il regno ti è tolto!29Sarai cacciato dal consorzio umano e la tua dimora sarà con le bestie della terra; ti pascerai d'erba come i buoi e passeranno sette tempi su di te, finché tu riconosca che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo da' a chi vuole".
30In quel momento stesso si adempì la parola sopra Nabucodònosor. Egli fu cacciato dal consorzio umano, mangiò l'erba come i buoi e il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo: il pelo gli crebbe come le penne alle aquile e le unghie come agli uccelli.
31"Ma finito quel tempo, io Nabucodònosor alzai gli occhi al cielo e la ragione tornò in me e benedissi l'Altissimo; lodai e glorificai colui che vive in eterno,
la cui potenza è potenza eterna
e il cui regno è di generazione in generazione.
32Tutti gli abitanti della terra
sono, davanti a lui, come un nulla;
egli dispone come gli piace delle schiere del cielo
e degli abitanti della terra.
Nessuno può fermargli la mano e dirgli: Che cosa fai?
33In quel tempo tornò in me la conoscenza e con la gloria del regno mi fu restituita la mia maestà e il mio splendore: i miei ministri e i miei prìncipi mi ricercarono e io fui ristabilito nel mio regno e mi fu concesso un potere anche più grande.34Ora io, Nabucodònosor, lodo, esalto e glorifico il Re del cielo: tutte le sue opere sono verità e le sue vie giustizia; egli può umiliare coloro che camminano nella superbia".
Prima lettera ai Tessalonicesi 3
1Per questo, non potendo più resistere, abbiamo deciso di restare soli ad Atene2e abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo, per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede,3perché nessuno si lasci turbare in queste tribolazioni. Voi stessi, infatti, sapete che a questo siamo destinati;4già quando eravamo tra voi, vi preannunziavamo che avremmo dovuto subire tribolazioni, come in realtà è accaduto e voi ben sapete.5Per questo, non potendo più resistere, mandai a prendere notizie sulla vostra fede, per timore che il tentatore vi avesse tentati e così diventasse vana la nostra fatica.
6Ma ora che è tornato Timòteo, e ci ha portato il lieto annunzio della vostra fede, della vostra carità e del ricordo sempre vivo che conservate di noi, desiderosi di vederci come noi lo siamo di vedere voi,7ci sentiamo consolati, fratelli, a vostro riguardo, di tutta l'angoscia e tribolazione in cui eravamo per la vostra fede;8ora, sì, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore.9Quale ringraziamento possiamo rendere a Dio riguardo a voi, per tutta la gioia che proviamo a causa vostra davanti al nostro Dio,10noi che con viva insistenza, notte e giorno, chiediamo di poter vedere il vostro volto e completare ciò che ancora manca alla vostra fede?
11Voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù dirigere il nostro cammino verso di voi!12Il Signore poi vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come anche noi lo siamo verso di voi,13per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.
Capitolo XI: Il Corpo di Cristo e la Sacra Scrittura, necessarissimi all’anima devota
Leggilo nella BibliotecaParola del discepolo
1. O soave Signore Gesù, quanto è dolce all'anima devota sedere alla tua mensa, al tuo convito, nel quale le viene presentato come cibo nient'altro all'infuori di te, unico suo amato, desiderabile più di ogni desiderio del suo cuore. Anche per me sarebbe cosa soave sciogliermi in pianto, con profonda commozione, dinanzi a te, e, con la Maddalena amorosa, bagnare di lacrime i tuoi piedi. Ma dove è tanto slancio di devozione; dove è una tale profusione di lacrime sante? Eppure, alla tua presenza e alla presenza dei tuoi angeli, dovrei ardere tutto nell'intimo e piangere di gioia; giacché nel Sacramento ti possiedo veramente presente, per quanto nascosto sotto altra apparenza. Infatti i miei occhi non ti potrebbero sostenere, nella tua luce divina; anzi neppure il mondo intero potrebbe sussistere, dinanzi al fulgore della tua maestà. Tu vieni incontro, dunque, alla mia debolezza, nascondendoti sotto il Sacramento. Possiedo veramente ed adoro colui che gli angeli adorano in cielo. Io lo adoro per ora nella fede; gli angeli, invece, faccia a faccia, senza alcun velo. Io devo starmene nel lume della fede, e camminare in essa, finché appaia il giorno dell'eterna luce e venga meno il velo delle figure simboliche (cf. Ct 2,17; 4,6). "Quando poi verrà il compimento di tutte le cose" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei segni sacramentali. Nella gloria del cielo, i beati non hanno bisogno infatti del rimedio dei sacramenti: il loro gaudio non ha termine, essendo essi alla presenza di Dio, vedendo essi, faccia a faccia, la sua gloria. Passano di luce in luce fino agli abissi della divinità, e gustano appieno il verbo di Dio fatto carne, quale fu all'inizio e quale rimane in eterno. Conscio di queste cose meravigliose, trovo molesta persino ogni consolazione spirituale: infatti tutto ciò che vedo e odo quaggiù lo considero un niente, fino a che non veda manifestamente il mio Signore, nella sua gloria. Tu mi sei testimone, o Dio, che non c'è cosa che mi possa dare conforto, non c'è creatura che mi possa dare contentezza, all'infuori di te, che bramo contemplare in eterno. Ma ciò non è possibile mentre sono in questa vita mortale; e perciò occorre che mi rassegni a una grande pazienza e mi sottometta a te in tutti i miei desideri. Anche i tuoi santi, o Signore, che ora esultano in te nel regno dei cieli, aspettarono l'evento della tua gloria, mentre erano in questa vita, con fede e con pazienza grande. Ciò che essi credettero, credo anch'io; ciò che essi sperarono, spero anch'io; dove essi giunsero, confido, per la tua grazia, di giungere anch'io. Frattanto, camminerò nella fede, irrobustito dagli esempi dei santi. Terrò poi, "come conforto" (1Mac 12,9) e specchio di vita, i libri santi; soprattutto terrò, come unico rimedio e come rifugio, il tuo Corpo santissimo.
2. In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me, quaggiù; senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe insopportabile. Trattenuto nel carcere di questo corpo, di due cose riconosco di avere bisogno, cioè di alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi "la tua parola" (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce dell'anima e il tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero queste due cose. Le quali potrebbero essere intese come le "due mense" (Ez 40,40) poste da una parte e dall'altra nel prezioso tempio della santa Chiesa; una, la mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di Cristo; l'altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa dottrina, maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo del tempio, al sancta sanctorum (Eb 6,19s; 9,3).
3. Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di eterna luce, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai preparato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori. Ti siano rese grazie, Creatore e Redentore degli uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo amore, hai preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue, inebriando tutti i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli di letizia al tuo convito: il convito che compendia tutte le delizie del paradiso e nel quale banchettano con noi, e con più dolce soavità, gli angeli santi. Quale grandezza, quale onore, nell'ufficio dei sacerdoti, ai quali è dato di consacrare, con le sacre parole, il Signore altissimo; di benedirlo con le proprie labbra, di tenerlo con le proprie mani; di nutrirsene con la propria bocca e di distribuirlo agli altri. Quanto devono essere pure quelle mani; quanto deve essere pura la bocca, e santo il corpo e immacolato il cuore del sacerdote, nel quale entra tante volte l'autore della purezza. Non una parola, che non sia santa, degna e buona, deve venire dalle labbra del sacerdote, che riceve così spesso il Sacramento; semplici e pudichi devono essere gli occhi di lui, che abitualmente sono fissi alla visione del corpo di Cristo; pure ed elevate al cielo devono essere le mani di lui, che sovente toccano il Creatore del cielo e della terra. E' proprio per i sacerdoti che è detto nella legge: "siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Onnipotente Iddio, venga in nostro soccorso la tua grazia, affinché noi, che abbiamo assunto l'ufficio sacerdotale, sappiamo stare intimamente vicini a te, in modo degno, con devozione, in grande purezza di cuore e con coscienza irreprensibile. Che se non possiamo mantenerci in così piena innocenza di vita, come dovremmo, almeno concedi a noi di piangere sinceramente il male che abbiamo compiuto; concedi a noi di servirti, per l'avvenire, più fervorosamente, in spirito di umiltà e con proposito di buona volontà.
DISCORSO 170 SULLE MEDESIME PAROLE DELL'APOSTOLO (PHIL 3, 6-16): " IRREPRENSIBILE QUANTO ALLA GIUSTIZIA CHE DERIVA DALL'OSSERVANZA DELLA LEGGE " E DALLE PAROLE DEL SALMO (142, 1-2): " PER LA TUA GIUSTIZIA RISPONDIMI ". INFINE DAL VANGELO DI GIOVANNI (6, 39): " E' VOLONTÀ DEL PADRE CHE NON PERISCANO TUTTE LE COSE CHE MI HA DATO "
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa giustizia che deriva dalla legge sembra un danno all'Apostolo.
1. Tutte le sacre Letture sono così logicamente connesse, quasi a costituire una lettura unica, in quanto procedono dall'uno solo che parla. Molte sono le bocche di coloro che adempiono il ministero della parola, ma una sola è la bocca che le riempie. Abbiamo ascoltato la lettura dell'Apostolo e può essere che il suo contenuto procuri turbamento a qualcuno. Sono stato irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dalla legge. Ciò che era stato per me un guadagno, quello ho ritenuto una perdita, un danno, a motivo di Cristo 1. Quindi ha proseguito: Non solo l'ho considerato una perdita, ma addirittura come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalle legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo 2. Com'è in effetti che ha equiparato a danno e spazzatura il comportamento irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dalle legge? In realtà da chi venne la legge? Non ha forse dato in precedenza la legge proprio colui che è venuto con il perdono per i trasgressori della legge? Ma crediamo che sia venuto con indulgenza per quelli che la legge riconosceva colpevoli. Forse che la legge aveva invece motivo di riconoscere colpevoli coloro che, quanto alla giustizia che deriva dalla legge, sono vissuti in maniera irreprensibile? Allora se il Signore ha recato il perdono e la remissione dei peccati ai rei della legge, non l'ha recato all'apostolo Paolo, il quale dice di essere vissuto nella legge in modo irreprensibile? Ma ascoltiamo lui stesso in un altro scritto: Egli ci ha salvati non in virtù delle opere che abbiamo compiute, dice, ma per la sua misericordia, mediante un lavacro di rigenerazione 3. E ancora: Io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma mi è stata usata misericordia 4..., da una parte si è definito di condotta irreprensibile nella legge, dall'altra riconosce di essere stato quel peccatore, perché ogni peccatore non disperi di sé, per il fatto che Paolo ha meritato il perdono.
L'espressione dell'Apostolo va presa in modo da evitare l'errore dei Manichei circa l'A. T. A qual fine è stata data la legge. Il peccato originale.
2. Notate, fratelli, - e penetrate la forza di questo discorso - come l'apostolo Paolo consideri danno e spazzatura il tempo in cui egli dice di aver avuto un comportamento correttissimo. In un solo e medesimo tempo, prima del Battesimo, prima della grazia, da una parte è osservante della legge, dall'altra è trasgressore della legge. Ma non senza ragione parla di danno: affinché non si affaccino alla mente idee pericolose - lo ha detto per questo l'apostolo Paolo -: un Creatore ha dato la Legge, un altro il Vangelo. E' l'opinione di Mani, dal pensiero distorto e falso, e degli altri eretici, i quali asserirono che uno sia stato il datore della legge di cui Mosè fu il dispensatore, un altro chi ha elargito la grazia di cui parla il Vangelo; il primo, indubbiamente, il Dio cattivo, l'altro, per certo, il Dio buono. Di che ci meravigliamo, fratelli? Nell'oscurità della legge, come entro porte chiuse, subirono le tenebre perché non bussarono con sentimento religioso. Talvolta troviamo che Paolo medesimo ha detto nel modo più chiaro che la legge è buona 5, tuttavia afferma che essa è stata data per questo, perché abbondasse il peccato; e il peccato abbondasse appunto perché sovrabbondasse la grazia 6. Gli uomini infatti presumevano delle loro risorse e, facendo tutto ciò che ritenevano di potersi permettere, peccavano contro la legge di Dio in occulto. Quindi tale legge venne fatta conoscere apertamente a coloro che in nessun modo si ritenevano trasgressori. La legge che venne loro data non fu quella che poteva togliere via il male, ma quella che rivelava malati gli uomini. La legge precedette il medico, così che l'infermo, convinto di essere sano, si scoprisse malato; e avvertì: Non desiderare 7. E in quanto prima della promulgazione della legge non esisteva ancora la trasgressione, dice: Dove non c'è legge, nemmeno trasgressione 8. Anteriormente alla legge, si peccava; una volta data la legge, si continuò a peccare e il peccato si fece più grave, perché al peccato si aggiunse per di più la trasgressione. L'uomo si trovò assoggettato ai suoi perversi desideri, che alimentava contro di sé con la cattiva abitudine; egli che traeva la sua origine da Adamo e con lui fatto prigioniero e schiavo del peccato. Al riguardo dice l'Apostolo: Anche noi un tempo siamo stati figli d'ira 9. Ne segue che egli non dice immune dal peccato neanche il neonato di un giorno 10, non a causa di ciò che ha commesso, ma a causa di ciò che ha contratto.
Assenza di peccato in Cristo.
3. Ascolta il Salmo che fa conoscere l'intimo dell'animo e palesa nel canto i nostri peccati più segreti. Rappresentando il genere umano, si dice a Cristo: Contro te solo ho peccato, quello che è il male ai tuoi occhi, io ho fatto. Lo dice Davide non impersonando uno solo, ma in persona di Adamo, dal quale ha origine il genere umano. Fa' dunque attenzione alle seguenti parole: Contro te solo ho peccato, dice, e quello che è il male ai tuoi occhi io ho fatto, perché ti sei rivelato giusto nelle tue parole. Viene detto a Cristo; da che lo comprendiamo? Bada a ciò che segue: E perché tu vinca nel tuo giudizio 11. Non è stato giudicato Dio Padre, non è stato giudicato Dio Spirito Santo; non troviamo altri che il Figlio ad essere stato giudicato in questa carne, che si degnò assumere dalla nostra umanità; non alla maniera dell'unione carnale dell'uomo e della donna; una Vergine credette, da Vergine concepì, da Vergine partorì, rimase Vergine. E per questo dice: E perché tu vinca nel tuo giudizio. E' stato giudicato infatti e ha vinto, perché è stato giudicato senza peccato. Nella sottomissione al giudizio è in atto la pazienza, non è in questione la colpa. Molti sono giudicati innocenti, ma in riferimento alle accuse che si pongono. Quanto al resto, infatti, non sono immuni da peccato; poiché, come davanti agli uomini c'è il peccato in quanto fatto compiuto, così davanti a Dio c'è il peccato di pensiero. Il tuo pensiero, agli occhi di Dio, è il tuo fatto compiuto. Egli, che è il giudice, è il testimone del fatto; chi fa rilevare il fatto è la coscienza stessa. Dunque egli veramente innocente, è stato giudicato e ha vinto per questo. E' infatti l'unico che ha avuto ragione non del giudice Ponzio Pilato, e né dei Giudei che infierivano, ma del diavolo stesso, che scruta tutti i nostri peccati con la diligenza propria dell'invidia.
Il mondo, i peccatori e gli amatori del mondo. Cristo il solo innocente. Il peccato originale.
4. E che afferma il Signore Gesù nei riguardi appunto del diavolo? Ecco viene il principe di questo mondo 12. Già ripetutamente è stato detto alla Carità vostra che ai peccatori si dà il nome di questo mondo. E perché i peccatori sono chiamati: questo mondo? Perché dimorano nel mondo pieni di amore per il mondo. Coloro infatti che non amano il mondo, non dimorano là dove nulla amano. La nostra patria, dice, è nei cieli 13. Se dunque chi ama Dio, dimora in cielo con Dio, chi ama il mondo dimora nel mondo con il principe del mondo. Pertanto tutti gli amatori del mondo sono appunto il mondo; quelli che hanno dimora nel mondo non con il corpo - il che è proprio di tutti i giusti - ma con l'anima, il che è proprio solo dei peccatori, ai quali presiede il diavolo. A quel modo che gli abitanti della casa sono chiamati " casa "; secondo questo modo di parlare noi diciamo cattiva una casa rivestita di marmo e buona una casa annerita dal fumo. Ti trovi in una casa annerita dal fumo, abitata da persone buone e la chiami una buona casa. Ti trovi in una casa rivestita di marmo e con soffitto a riquadri ornati, di proprietà di gente ingiusta e la dici una casa cattiva, denominando " casa " non i muri e le stanze a riparo dei corpi, ma gli stessi occupanti. Così la Scrittura ha definito " mondo " gli abitanti del mondo non per la presenza del corpo, ma per l'amore che avvince ad esso. Quindi: Ecco <96> dice - viene il principe di questo mondo ed in me non trova nulla. Soltanto in lui nulla trova il diavolo. E come se gli si dicesse: Perché allora indugi? Fa seguire: Ma perché tutti sappiano che io faccio la volontà del Padre mio, alzatevi, andiamo via da qui 14. Si alza e va alla passione. Perché? Perché io faccio la volontà del Padre mio: Perciò, a motivo di questa singolare innocenza, afferma il Salmo: Contro te solo ho peccato e quello che è il male ai tuoi occhi ho fatto; perché ti sei rivelato giusto nelle tue parole, e perché tu vinca nel giudizio 15; perché nulla di male ha trovato in te. Perché, invece, lo ha trovato in te, o genere umano? Fa seguire il perché dicendo: Io infatti sono stato concepito nel peccato e nei peccati mi ha partorito mia madre 16. Lo dice Davide. Cerca da chi sia nato Davide, lo troverai nato da una moglie legittima, per nulla affatto da adulterio. Allora, secondo quale generazione dice: Sono stato concepito nel peccato, se non perché c'è qualcosa che procede dalla propaggine della morte e lo contrae chi nasce dall'unione dell'uomo e della donna?
Condotta di vita irreprensibile secondo la legge.
5. Ciascuno, avendo in sé la concupiscenza, faccia attenzione alla legge che dice: Non desiderare 17; scopre in sé ciò che la legge proibisce, e diventa trasgressore della legge. Ma scoprendo in sé qualcosa a cui è soggetto, inizia già a dire: Mi compiaccio della legge di Dio secondo l'uomo interiore, ma nelle membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra 18. Si è conosciuto infermo, invochi il medico: Sono uno sventurato; chi mi libererà dal corpo di questa morte? Risponda il medico: La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore 19. La grazia di Dio, non i meriti tuoi. Perché allora hai detto che sotto la legge sei vissuto in modo irreprensibile quanto alla giustizia? Badate: ha detto in modo irreprensibile secondo gli uomini. C'è infatti una certa giustizia, che l'uomo può assecondare così che nessun uomo possa trovare da eccepire nei confronti di un uomo. Dice infatti: Non desiderare ciò che appartiene ad altri 20. Se tu non porti via la roba altrui, non ci sarà deplorazione alcuna da parte degli uomini. Così, a volte desideri e non rubi; ma il giudizio di Dio incombe su di te, perché desideri: sei trasgressore della legge, ma agli occhi del legislatore. Vivi incensurato: allora perché questo lo consideri un danno, perché questo è spazzatura? E' alquanto più stretto questo groppo, ma lo risolverà chi è solito farlo. A meritarlo non sarò io solo per via di religiosa sottomissione, ma noi tutti, in forza di una devota attenzione. I Giudei, tutto ciò che facevano e da cui gli uomini non potevano trarre motivo di censura, vivendo in modo irreprensibile sotto la legge, se lo attribuivano, ed ascrivevano alle proprie risorse la stessa giustizia derivante dalla legge; non potevano osservarla perfettamente, ma s'impegnavano tanto quanto erano capaci; facendosene un merito, il loro adempimento non era neppure religioso.
Non ha giustizia l'uomo che non sia da Dio.
6. Ecco quindi ciò che egli chiama " adempiere la legge ": non desiderare. A chi dei viventi è possibile questo? Ci venga incontro il Salmo che ora è stato cantato: Ascoltami per la tua giustizia 21, cioè: non per la mia. Se avesse detto: Ascoltami per la mia giustizia, sarebbe stato come addurre un merito; è vero che in alcuni passi la chiama anche " sua giustizia "; qui però distingue meglio, perché anche quando la dice " sua ", la dice " data "; così come diciamo: Dacci oggi il nostro pane quotidiano 22. In che modo nostro, in che modo dacci? In questo caso, distinguendo meglio, afferma: Ascoltami per la tua giustizia. E prosegue: Non entrare in giudizio con il tuo servo 23. Che significa: Non entrare in giudizio con il tuo servo? Che tu non debba entrare con me in giudizio, esigendo da me tutte le cose che tu hai prescritto, esigendo tutte le cose che tu hai comandato. Mi troverai certo trasgressore se entrerai in giudizio con me. Ho bisogno perciò della tua misericordia, dice, piuttosto che del tuo sicurissimo giudizio. Perché allora: Non entrare in giudizio con il tuo servo? Prosegue col dire: Perché nessun vivente sarà trovato giusto alla tua presenza 24. Io sono servo infatti; perché stai con me in giudizio? Io avrò bisogno della misericordia del Signore. Perché? Perché nessun vivente sarà trovato giusto alla tua presenza. Che cosa ha detto? Finché si vive in questa vita, nessuno è ritenuto giusto, ma davanti a Dio. Non ha aggiunto inutilmente: alla tua presenza; solo perché uno può essere ritenuto giusto davanti agli uomini, adempiendosi anche quello che è: Quanto alla giustizia che deriva dall'osservanza della legge, io sono vissuto in modo irreprensibile 25, davanti agli uomini. Riporta alla presenza di Dio: Nessun vivente sarà trovato giusto alla tua presenza:
Come è da tenersi per nulla la giustizia di questa vita riportata a giustizia futura.
7. Che cosa faremo allora? Gridiamo: Non entrare in giudizio con il tuo servo 26. Gridiamo: Sono uno sventurato. Chi mi libererà dal corpo di questa morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro 27. Dunque dal Salmo abbiamo ascoltato una cosa, dall'Apostolo un'altra; trovandosi quella giustizia secondo la quale vivono gli angeli, trovandosi quella giustizia in cui non sarà presente alcun desiderio perverso, in base a ciò ciascuno commisuri che cosa egli è ora e che cosa sarà allora e troverà, nel confronto di quella giustizia, che questa è danno e spazzatura. Chiunque, invece, crede di poter adempiere la giustizia, vivendo in modo retto e irreprensibile secondo la credibilità della valutazione umana, si è fermato sulla via; non desidera di più, perché è convinto di essere arrivato; soprattutto poi attribuendolo a sé sarà superbo. Ma è preferibile un peccatore umile ad un uomo onesto superbo. Per questo afferma: E sarò trovato in lui non con una mia giustizia derivante dalla legge, secondo l'opinione dei Giudei, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo Gesù. Quindi, nel proseguire afferma: se in qualche modo potrò giungere alla risurrezione dei morti 28. Credette che in essa avrebbe adempiuto la giustizia, che avrebbe avuto cioè la pienezza della giustizia. A confronto di quella risurrezione, tutta la vita che conduciamo è spazzatura. Ascolta ancora l'Apostolo che si esprime più chiaramente: Se in qualche modo giungerò alla risurrezione dei giusti; non perché io abbia già ricevuto il premio o sia già arrivato alla perfezione: E poi aggiunge: Fratelli, io non ritengo di esservi giunto 29. Come stabilisce un confronto tra giustizia e giustizia, tra salute e salute, tra fede e realtà, tra esilio e patria?
La giustizia attuale va disprezzata per il desiderio della giustizia perfetta.
8. Badate al suo modo di adempierla. Fratelli, io non ritengo di esservi giunto. Ma solo una cosa 30. Quale la sola cosa, se non il vivere di fede, di speranza della salvezza eterna, quando la giustizia sarà piena e perfetta, per cui, al confronto, ciò che è transitorio è danno e spazzatura da rifiutare? Che fai dunque? Ma una sola cosa: dimentico del passato e proteso verso il futuro, nell'intenzione procedo verso il premio della suprema chiamata di Dio in Cristo Gesù 31. E rivolto a coloro che potrebbero presumere della propria perfezione: Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questo modo di pensare: Già dianzi aveva detto d'essere imperfetto, ora invece perfetto. Per qual motivo, se non perché la stessa perfezione dell'uomo non lo aveva trovato perfetto? Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questo modo di pensare. E se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo 32. Con ciò sta a dire che se per un qualche progresso spirituale vi risulta di essere diventati giusti e dopo aver letto la Scrittura e avere scoperto qual è la vera e perfetta giustizia, vi riconosciate colpevoli e il desiderio dei beni futuri v'induca a ritenere un danno quelli presenti - così che la vostra sia una vita di fede, di speranza e di carità, e possiate comprendere come non vedete ancora ciò che al presente credete - non è ancora in vostro possesso ciò che al presente sperate, non avete ancora raggiunto ciò che al presente desiderate. E se è tale la carità dei pellegrini, quale sarà quella di coloro che sono nella visione? Perciò colui che insegnava la giustizia di Dio e non stabiliva la propria, gridava nel salmo: Ascoltami per la tua giustizia. E non entrare in giudizio con il tuo servo, perché nessun vivente sarà trovato giusto alla tua presenza 33.
Con la visione di Dio perfetta giustizia e felicità.
9. Quanto alla vita presente, si dice di Mosè: Nessuno vide il volto di Dio e rimase vivo 34. Questa vita non va vissuta come se per noi comportasse la visione di quel volto. Bisogna morire al mondo per vivere in eterno per Dio. Allora non peccheremo non solo quanto alle opere, ma neppure quanto al desiderio, perché vedremo quel volto che supera ogni desiderio. Infatti ha tanta dolcezza, fratelli miei, è così bello che dopo averlo visto non c'è niente altro che possa procurare diletto. Sarà una sazietà insaziabile, sfuggirà alla noia, sempre avremo fame e sempre saremo sazi. Ascolta appunto due affermazioni tratte dalla Scrittura: Quanti bevono di me - dice la Sapienza - avranno ancora sete, e quanti si nutrono di me, avranno ancora fame 35. Ma perché tu non debba pensare che vi si troverà indigenza e fame, ascolta il Signore: Chi berrà di quest'acqua non avrà mai più sete 36. Ma tu chiedi: Quando sarà? Allora che sarà, attendi però il Signore, spera nel Signore, sii forte e si rinfranchi il tuo cuore 37. Manca forse tanto tempo quanto ne è trascorso? Considera quanti secoli sono passati da Adamo fino ad oggi, ed ora non sono più. In certo modo restano pochi giorni; è così infatti che bisogna dire di ciò che resta, rapportato ai secoli passati. Facciamoci coraggio a vicenda, ci sospinga colui che è venuto da noi, che ha percorso in fretta la via e ha detto: Seguitemi; colui che per primo è asceso al cielo al fine di soccorrere, quale capo, dal più alto dei cieli, le altre membra che sono sulla terra nelle fatiche; colui che disse dal cielo Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 38 Quindi, nessuno disperi; alla fine ci verrà dato ciò che ci è stato promesso: allora quella giustizia sarà piena.
Cristo, il nostro giorno. Bisogna tendere al cielo con pienezza di desiderio.
10. Avete ascoltato come anche il Vangelo concordi con queste parole. Cristo dice: E' volontà del Padre mio che non si perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che abbiano la vita eterna; ed io li risusciterò nell'ultimo giorno 39. Risuscitò se stesso il primo giorno, risusciterà noi nell'ultimo. Il primo giorno è riservato al capo della Chiesa. Il nostro giorno, Cristo Signore infatti, non ha tramonto. L'ultimo giorno sarà la fine del mondo. Non chiedere: Quando esso verrà? Per il genere umano sarà lontano, e ciascuno degli uomini sarà vicino; perché l'ultimo giorno è il giorno della morte di ciascuno. E indubbiamente, quando sarai partito di qui, sarai preso secondo i meriti e risorgerai per farti carico di quello che hai portato. Allora Dio premierà non tanto i tuoi meriti, quanto i suoi doni. Se l'hai conservato, riconoscerà quanto ti ha donato. Ora pertanto, fratelli, il nostro desiderio non si trovi che in cielo; non si orienti che alla vita eterna. Nessuno ponga in se stesso la sua compiacenza, come chi sia vissuto da giusto quaggiù e si paragoni a quelli che vivono male, imitando il Fariseo che si diceva giusto 40, come chi non aveva udito l'Apostolo: Non perché abbia già ricevuto il premio, o sia arrivato già alla perfezione 41. Quindi non aveva ancora ricevuto ciò che desiderava. Aveva ricevuto il pegno, così disse: Egli ci ha dato la caparra dello Spirito 42. Era la caparra di quella realtà alla quale bramava di giungere; una certa partecipazione, ma assai alla lontana. In un modo partecipiamo ora, in un altro parteciperemo allora. Ora mediante la fede, mediante la speranza, nel medesimo Spirito; allora invece sarà la visione, sarà la realtà: ma il medesimo Spirito, il medesimo Dio, la medesima pienezza. Chi chiama coloro che sono assenti, si farà vedere a coloro che sono presenti; chi chiama i pellegrini, ciberà e alimenterà in patria.
Cristo, la nostra via..
11. Cristo si è fatto la nostra via, e disperiamo di raggiungere la mèta? Questa via non può essere chiusa, non può essere interrotta, non può essere guastata né dalla pioggia, né dalle inondazioni, né può essere occupata dai briganti. Cammina sicuro in Cristo, cammina; non inciampare, non cadere, non guardare indietro, non fermarti, non deviare da essa. Evita tutte queste cose e sei arrivato. Quando sarai arrivato, allora appunto glòriati di questo, non in te. Infatti chi si loda non loda Dio, ma si distoglie da Dio; come nel caso di chi vuole allontanarsi dal fuoco. Il fuoco conserva il suo calore, ma quello ha freddo; come chi vuole sottrarsi ad una fonte luminosa, se si allontana, quanto a sé, quella resta lucente ma quello è al buio. Non allontaniamoci dal calore dello Spirito, dalla luce della verità. Ora ascoltiamo la voce, ma allora vedremo faccia a faccia. Nessuno sia contento di sé, nessuno disprezzi gli altri. Se vogliamo andare avanti non siamo invidiosi di chi fa progressi, non disprezziamo chi non vi riesce; e si realizzerà in noi nella gioia ciò che è stato promesso nel Vangelo: Ed io li risusciterò nell'ultimo giorno 43.
1 - Fil 3, 6.
2 - Fil 3, 9.
3 - Tt 3, 5.
4 - 1 Tm 1, 15.
5 - Cf. Rm 7, 12.
6 - Cf. Rm 5, 20.
7 - Rm 7, 7.
8 - Rm 4, 15.
9 - Ef 2, 3.
10 - Cf. Gb 14, 4 (sec. LXX).
11 - Sal 50, 6.
12 - Gv 14, 31.
13 - Fil 3, 20.
14 - Gv 14, 30-31.
15 - Sal 50, 6.
16 - Sal 50, 7.
17 - Es 20, 16.
18 - Rm 7, 22.
19 - Rm 7, 24-25.
20 - 1 Sam 15, 3.
21 - Sal 142, 1.
22 - Mt 6, 9; Lc 11, 3.
23 - Sal 142, 1.
24 - Sal 142, 2.
25 - Fil 3, 6.
26 - Sal 142, 2.
27 - Rm 7, 24.
28 - Fil 3, 9.
29 - Fil 3, 13.
30 - Ibidem.
31 - Fil 3, 13-14.
32 - Fil 3, 15.
33 - Sal 142, 2.
34 - Es 33, 20.
35 - Sir 24, 29.
36 - Gv 4, 13.
37 - Cf. Sal 26, 14.
38 - At 9, 4.
39 - Gv 6, 39.
40 - Cf. Lc 18, 11.
41 - Fil 3, 12.
42 - 2 Cor 5, 5.
43 - Gv 6, 40.
22 - Maria santissima offre il suo Unigenito all'eterno Padre per la redenzione degli uomini.
La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca951. L 'amore che la nostra gran Regina nutriva per il suo Unigenito era la regola per mezzo della quale era possibile ponderare gli altri suoi affetti ed atti, tra cui pure le passioni e i sentimenti di gioia e di dolore, che secondo le diverse cause ella provava. Per misurare questo ardore la nostra capacità non trova alcun criterio sicuro, né lo possono trovare gli angeli, all'infuori di quello che intendono con la vista chiara dell'essere divino. Tutto il rimanente, che si può dire per via di circonlocuzioni e similitudini, non è che la minima parte di ciò che questo incendio comprende in se stesso. Ella infatti amava Gesù come figlio del Padre, uguale a lui nella divinità e nelle sue infinite perfezioni ed attributi; l'amava ancora come figlio proprio e naturale, e suo solo nell'umanità, formato dalla sua stessa carne e dal suo stesso sangue; l'amava, perché nella sua umanità si celava il Santo dei santi e la causa meritoria di tutta la santità. Egli era il più bello tra i figli degli uomini, il più obbediente e affezionato figlio di sua madre e colui che maggiormente la celebrava e la colmava di benefici: poiché era suo figlio la innalzò alla suprema dignità fra le creature, e la arricchì tra tutte e sopra tutte con i tesori della divinità, col dominio su ogni cosa esistente e con i favori che a nessun'altra si sarebbero potuti degnamente concedere.
952. Questi motivi e stimoli di fervore erano depositati, e come racchiusi, nella sapienza della Signora con molti altri, che solo la sua scienza poteva comprendere. Il suo cuore era libero da impedimenti, poiché candido e purissimo, ed ella non conosceva ingratitudine, essendo dotata di profondissima umiltà ed eccezionale fedeltà nel corrispondere. Non era lenta, perché con la sua grande forza di volontà collaborava con la grazia; non era pigra, ma diligentissima; non trascurata, ma zelantissima e sollecita; non si dimenticava, perché la sua memoria era tenace e stabile nel ricordare i doni, le ragioni e le leggi della carità. Stava nella sfera dello stesso fuoco alla presenza di Dio, alla scuola di lui in compagnia di Cristo e di fronte alle sue opere ed azioni, sempre copiando quella viva immagine. Niente mancava a questa dolcissima amante per giungere alla misura dell'amore, che sta nell'amare senza misura. Questa luna bellissima, trovandosi dunque nella sua pienezza, fissò il Sole di giustizia per la durata di quasi trent'anni; essendosi innalzata come aurora al supremo grado della luce e all'ultimo grado dell'incendio amoroso del giorno chiarissimo della grazia, era come estraniata da tutto il visibile e trasformata nel suo diletto, che la ricambiava con affetto, elargizioni e manifestazioni di tenerezza. Ed ecco che nel punto più alto, nell'occasione più ardua, accadde che udì l'Eterno che la chiamava, come in figura aveva chiamato il patriarca Abramo, affinché immolasse il pegno del suo amore e della sua speranza, cioè il suo Isacco.
953. Maria non ignorava che il tempo passava velocemente, perché già sua Maestà era entrato nei trent'anni di età, e che si avvicinava il termine stabilito per assolvere il debito dei mortali; tuttavia, finché era in possesso del bene che la rendeva così beata, ne mirava come da lontano la privazione, non ancora sperimentata. Poiché l'ora si stava avvicinando, un giorno in cui era rapita in un'estasi sublime fu posta dinanzi al trono regale, dal quale uscì una voce che con mirabile potenza le disse: «Mia sposa, offritemi il vostro Unigenito in sacrificio». Con queste parole ella conobbe il disegno prestabilito della redenzione umana per mezzo della passione del nostro Maestro, e tutto ciò che doveva accadere fino all'inizio della stessa, cioè l'intero svolgimento del ministero di predicazione e del magistero del Signore. Al rinnovarsi di questo pensiero, sentì molteplici e diversi effetti nel suo animo, di sottomissione e umiltà, di carità verso Dio e verso gli uomini, di compassione e tenerezza e di naturale dolore per ciò che suo Figlio doveva patire.
954. Eppure, senza turbarsi e con cuore magnanimo, rispose così all'Altissimo: «Re sapiente e benigno, tutto quello che esiste fuori di voi ha ricevuto e riceve la vita dalla vostra liberale misericordia e grandezza. Di tutto siete padrone e sovrano indipendente. Come mai ordinate a me, vile vermiciattolo della terra, che sacrifichi e consegni alla vostra divina disposizione colui che per vostra ineffabile bontà proprio da voi mi è stato donato? È vostro, perché nell'eternità lo avete generato prima della stella del mattino e sempre lo generate e lo genererete per infiniti secoli. Se nel mio grembo l'ho rivestito della forma di servo con il mio stesso sangue, se l'ho alimentato al mio seno, se l'ho allevato e ne ho avuto cura, anche quell'umanità santissima è tutta vostra come io sono vostra, perché da voi ho avuto tutto quello che sono e che ho potuto dargli. Che mi resta dunque da offrirvi, che non sia più vostro che mio? Confesso che con tanta generosità ci arricchite con i vostri immensi tesori, che anche il vostro diletto, generato dalla vostra sostanza e dalla luce della vostra stessa divinità, voi lo chiedete in volontaria oblazione per rendervi obbligato da essa. Con lui mi sono stati dati contemporaneamente tutti i beni, e dalla sua mano ho accolto enormi benefici e onori. Egli è la virtù della mia virtù, la sostanza del mio spirito, la vita della mia anima e l'anima della vita con cui mi sostenta, la gioia con cui vivo. Mi sarebbe dolce tale sacrificio, se lo consegnassi solamente a voi che ne sapete il valore, ma chiedermi di offrirlo al volere della vostra giustizia, affinché questa si esegua per mano dei suoi crudeli nemici a prezzo della sua vita, più stimabile di quanto vi è di creato fuori di essa, è davvero troppo per una madre; però non si compia la mia volontà, ma la vostra. Si ottenga la libertà del genere umano, resti soddisfatta la vostra equità, si manifesti il vostro sconfinato amore, sia conosciuto il vostro nome e magnificato da tutti gli esseri viventi. Io consegno il mio caro Isacco, perché sia realmente immolato, consegno il figlio delle mie viscere, perché secondo l'immutabile disegno della vostra provvidenza paghi il debito contratto non da lui, ma dai discendenti di Adamo, e perché si adempia in lui tutto ciò che i profeti per vostra ispirazione hanno scritto e dichiarato».
955. Questa offerta della Vergine, per le condizioni che la contraddistinsero, fu per il Padre la maggiore e la più accetta di quante gliene furono rese dal principio del mondo o gliene saranno rese sino alla fine, all'infuori di quella del Verbo incarnato. Il suo olocausto fu così strettamente collegato a quello di Cristo da essere con esso il medesimo, per quanto possibile. Se l'estremo grado della carità si manifesta nel donare la vita per colui che si ama, senza dubbio Maria oltrepassò grandemente questo limite, giacché amava la vita di Gesù molto più della propria. Questo "più" era senza misura, poiché per preservarla, se fossero state sue quelle di tutti gli uomini, sarebbe morta altrettante volte, ed altre innumerevoli ancora. Non vi è altro criterio con cui si possa ponderare il suo amore verso di noi, eccetto quello dell'Onnipotente stesso. Poiché, come fu detto a Nicodemo che Dio aveva tanto amato il mondo da dare il suo Unigenito perché nessuno perisse di tutti quelli che avrebbero creduto in lui, così pare che a suo modo abbia fatto la Regina di misericordia, e a lei proporzionatamente dobbiamo il nostro riscatto; infatti, ella ci amò a tal punto che diede suo Figlio per la nostra salvezza. Se non lo avesse sacrificato quando le fu richiesto, non avrebbe potuto aver luogo il riscatto secondo quel decreto, la cui esecuzione doveva avvenire con il suo consenso per beneplacito dell'Altissimo. Fino a tal punto ella ci tiene obbligati a sé!
956. Dopo che la beatissima Trinità ebbe accolto la sua oblazione, era conveniente che, senza indugio, la rimunerasse e ricompensasse con qualche favore mediante il quale ella venisse consolata nella sua pena, incoraggiata per le altre che la sovrastavano e messa a conoscenza con maggior chiarezza delle ragioni del comando superno. Mentre dunque era rapita in estasi, fu sollevata ad un altro stato più sublime e ivi, preparata e disposta con le illuminazioni e qualità che in altre occasioni ho riferito, ebbe una visione intuitiva: nella serenità e nella luce dello stesso essere divino, ravvisò l'inclinazione del sommo Bene a comunicare per mezzo della redenzione i suoi tesori infiniti agli esseri ragionevoli, e la gloria che tra di essi ne sarebbe derivata al suo nome. Per questa nuova cognizione dei misteri occulti a lei manifestati, con giubilo offrì un'altra volta sua Maestà e fu confortata con il vero pane di vita e d'intelletto, affinché con invincibile coraggio lo assistesse nelle opere della redenzione e ne fosse coadiutrice e cooperatrice, come appunto fece.
957. La visione quindi cessò, ed io non mi trattengo ora a spiegare i benefici che ella ne acquisì, perché furono simili a quelli che ho già dichiarato a proposito di altre visioni intuitive. Sta di fatto che la virtù e gli effetti divini la prepararono efficacemente a separarsi dal nostro Maestro, che subito decise di andare a ricevere il battesimo e a digiunare nel deserto. Egli la chiamò e le parlò con dolcissima tenerezza: «Colomba mia, ho preso forma di servo unicamente dalla vostra sostanza e dal vostro sangue nel vostro grembo castissimo, e dopo sono stato nutrito al vostro seno e alimentato con il vostro sudore e il vostro lavoro. Per queste ragioni mi riconosco ancor più figlio e figlio vostro di qualunque altro mai che lo fu o lo sarà della propria madre. Datemi la vostra approvazione, perché io vada ad obbedire all'Eterno. Già è tempo che io mi separi da voi e dia inizio al riscatto dei miei fratelli. È ormai prossima l'ora d'incominciare a patire a tal fine, ma desidero eseguire tutto ciò con la vostra assistenza e con la vostra collaborazione. E benché adesso sia necessario lasciarvi sola, la mia benedizione e la mia sollecita, amorosa ed onnipotente protezione resteranno con voi. Quindi ritornerò, affinché mi accompagniate ed aiutiate nei miei affanni, poiché li devo sopportare nella forma di uomo che voi mi avete dato».
958. Con queste parole Gesù cinse le braccia al collo della Vergine, ed entrambi sparsero molte lacrime con mirabile maestà e tranquilla gravità, come maestri nella scienza del soffrire. Ella s'inginocchiò e gli rispose con incomparabile dolore e riverenza: «Mio Signore, voi siete vero figlio mio ed a voi ho consacrato tutto l'amore e tutte le forze che mi avete dato. Il mio intimo vi è palese e sapete che avrei stimato ben poco la mia vita per custodire la vostra, se fosse stato conveniente che per tale causa io morissi molte volte, ma si devono adempiere la volontà del Padre e la vostra. Io ve la dono: prendetela come sacrificio e offerta a voi gradita, e non mi manchi il vostro riparo. Maggior tormento sarebbe per me se aveste a patire senza che io vi accompagnassi nel martirio e nella croce. Merito questo favore, che come vera madre vi domando in ricompensa della natura umana che avete ricevuto da me e nella quale andate a perire». Lo pregò inoltre di portarsi del cibo da casa o di permetterle d'inviarglielo ove egli si fosse trovato; ma nulla di ciò accettò il Salvatore, che le fece comprendere che cosa fosse più opportuno fare. Si recarono insieme sino alla porta della loro povera abitazione, dove per la seconda volta ella in ginocchio gli chiese la benedizione e gli baciò i piedi. Il Verbo incarnato gliela impartì e poi incominciò il suo viaggio, uscendo come il buon Pastore alla ricerca della pecorella smarrita, per caricarsela sulle spalle e ricondurla sul sentiero della vita imperitura, che aveva perduto perché ingannata e impaurita.
959. Quando egli partì per farsi battezzare da san Giovanni aveva da poco trent'anni, dal momento che si recò direttamente sulla riva del Giordano tredici giorni dopo averne compiuti ventinove, nel medesimo giorno in cui la Chiesa celebra tale mistero. A questo punto, qualunque riflessione tentassi di formulare sulle pene di Maria in questa separazione e sulla compassione di Cristo sarebbe inadeguata, perché ogni amplificazione e tutte le ragioni sono insufficienti e non proporzionate a manifestare ciò che passò nel loro animo. Siccome questo distacco doveva rientrare nel numero delle loro afflizioni, non fu conveniente moderare gli effetti del loro naturale affetto reciproco. L'Altissimo fece in modo che entrambi operassero tutto il possibile, compatibilmente con la loro somma santità. Non valse a lenire l'angoscia dell'Unigenito l'accelerare il passo, essendo egli spinto dalla forza della sua immensa carità a volere il nostro rimedio; né la consapevolezza di tale motivazione valse a mitigarla in lei, perché tutto ciò rendeva sempre più sicure le tribolazioni che la sovrastavano e acuiva il dolore che dalla conoscenza di esse le derivava. O dolcissimo tesoro mio! Come non vi frena l'ingratitudine e la durezza dei nostri cuori? Come non vi arresta la nostra piccolezza di fronte alla vostra grandezza, oltre alla nostra grossolana corrispondenza? O sollievo dell'anima mia, senza di noi sareste ugualmente beato come con noi, ugualmente infinito nelle perfezioni e nella gloria; e niente noi possiamo aggiungere a quella che avete unicamente in voi stesso, senza dipendenza e necessità di creature! Perché, dunque, così premurosamente ci cercate e sollecitate? Perché a così caro prezzo procurate il bene altrui? Senza dubbio il vostro incomprensibile ardore e la vostra bontà lo stima come proprio, e solamente noi lo trattiamo come estraneo a voi e a noi stessi.
Insegnamento della Regina del cielo
960. Mia diletta, voglio che ponderi e penetri più profondamente i misteri che hai scritto, e che te ne formi una più alta idea per il tuo giovamento e per giungere in una certa misura alla mia imitazione. Tieni dunque presente che, nella visione dell'Eterno a me concessa in questa occasione, egli mi fece capire in che stima tenesse i tormenti della passione e morte di Gesù e di tutti quelli che avrebbero dovuto ricalcare le sue orme sul cammino della croce. In considerazione di questo non solo l'offrii di buon grado, ma anche supplicai di potergli stare accanto e di partecipare di tutti i suoi supplizi, e ciò mi fu permesso. Quindi domandai a sua Maestà che mi fosse tolto il conforto del suo Spirito, per cominciare a seguirlo nella prova. Egli stesso m'ispirò tale richiesta, perché era conforme al suo volere, e questo fu quanto l'amore mi indusse ed insegnò a fare. La tenerezza che mi donava, come figlio e come Dio, mi spingeva a desiderare le sofferenze, che mi furono date perché egli corregge chi ama; volle che a me come a madre non mancasse questo beneficio e il privilegio di essergli del tutto simile in ciò che maggiormente apprezzava nell'esistenza terrena. Subito si adempì in me il beneplacito divino, secondo i miei aneliti: rimasi sprovvista dei favori e delle consolazioni che solevo ricevere e da allora in poi egli smise di trattarmi con tanta amorevolezza. Questa fu una delle ragioni per cui non mi chiamò madre ma donna alle nozze di Cana, ai piedi del duro legno e in altre occasioni nelle quali usò lo stesso atteggiamento, comportandosi con severità e negandomi parole di dolcezza: ciò non era assolutamente disamore, ma il grado più alto dell'amore, perché mi rendeva somigliante a lui nei supplizi che egli aveva eletto per sé, come stimabile eredità e tesoro.
961. Da questo potrai comprendere la comune ignoranza e l'errore dei mortali, quanto cioè si discostino dal vero sentiero e dalla luce, quando generalmente e quasi tutti si danno da fare per non faticare, si affannano per non patire, ed aborriscono la sicura via della croce e della mortificazione. Per questo pericoloso inganno non solo hanno in avversione il modello di Cristo e il mio, e si privano di esso che è il vero e sommo bene della vita, ma inoltre, così facendo, si sbarrano da soli la strada che conduce alla beatitudine senza fine, perché tutti sono infermi e infiacchiti a causa di molte colpe, e la loro unica medicina è la pena. Le trasgressioni si commettono con turpe piacere e si redimono col dolore dell'espiazione; è nella tribolazione infatti che le perdona il giusto giudice. Così si reprime il fomite del peccato, si fiaccano le forze sregolate della concupiscenza e dell'irascibilità, si umiliano la superbia e l'alterigia, si assoggetta la carne, si devia il gusto dal male e da quello che è sensibile e materiale, si allontana l'intelletto dall'errore, si rettifica la volontà. In più, tutte le facoltà si piegano al dovere, e si moderano nelle loro diverse funzioni e sollecitazioni, e soprattutto si induce l'Onnipotente a compassione dell'afflitto che accetta le amarezze con pazienza o le cerca, con la brama d'imitare il mio Unigenito. In tale sapienza sono sintetizzate tutte le buone sorti degli uomini: quelli che fuggono questa verità sono pazzi e quelli che ignorano questa scienza sono stolti.
962. Impegnati, dunque, carissima, ad avanzare in essa: abbraccia senza indugio la croce dei dolori e bada di non ammettere mai più consolazioni umane. E perché non avvenga che tu abbia a inciampare e cadere in quelle dello spirito, ti avverto che anche in esse il demonio nasconde un laccio che tenta di tendere alle persone spirituali, e tu non devi essere all'oscuro di questa insidia. Dal momento che il piacere della contemplazione e visione dell'Altissimo e delle sue carezze, pur variando d'intensità a seconda dei casi, è tanto gradevole e desiderabile, avviene che le facoltà dell'anima, e talvolta anche la sensibilità, siano ricolme di una tale felicità e consolazione che alcuni abitualmente si assuefanno talmente ad esso da rendersi come inetti alle altre occupazioni necessarie, benché siano utili alle creature. E quando hanno l'obbligo di accudirle si angustiano smisuratamente, facendosi vincere dal turbamento e dall'impazienza, cosicché perdono la pace e la gioia interiore e restano tristi, intrattabili, pieni di fastidio nei confronti del prossimo e senza vera umiltà né affetto. E qualora giungano ad accorgersi del proprio danno ed affanno, subito ne accusano le attività esteriori, nelle quali li pose l'Eterno per mezzo dell'obbedienza o a motivo della carità; e non vogliono confessare né riconoscere che la colpa consiste invece nella loro poca mortificazione e rassegnazione a quello che egli ordina e nell'essere attaccati al proprio compiacimento. Lucifero nasconde tutta la trama di questo inganno facendolo apparire come la buona aspirazione che essi hanno alla quiete, al raccoglimento e alla conversazione con Dio; a loro infatti sembra che non vi sia nulla da temere in ciò, che anzi tutto sia conveniente e santo e che la propria rovina provenga appunto dall'esserne impediti, ostacolati nei propri desideri.
963. In questo errore sei incorsa alcune volte anche tu, e voglio che da oggi in avanti ne sia consapevole, poiché - come dice il Saggio - c'è un tempo per ogni cosa: un tempo per godere degli abbracci del Signore e un tempo per astenersene'S. Il voler determinare il dialogo intimo con lui in base ai tempi fissati dal diletto, è un segno d'ignoranza che dimostrano gli imperfetti e i principianti nella virtù, e tale è anche il caso di chi si affligge molto per la mancanza delle carezze divine. Non intendo dire che tu debba cercare di proposito le distrazioni e le occupazioni o riporre in esse la tua compiacenza, perché in ciò appunto sta il pericolo, ma piuttosto, quando i superiori te lo comanderanno, accondiscendere con serenità e lasciare sua Maestà tra le tue delizie per ritrovarlo nell'utile fatica operosa e nel bene del tuo prossimo, bene che devi anteporre alla tua solitudine e alle consolazioni nascoste che in essa ricevi. Anzi, voglio che non ricerchi tanto il ritiro, qualora lo facessi per questo solo motivo, perché nella sollecitudine che ti si addice in qualità di superiora tu sappia credere, sperare ed amare alla perfezione. Così facendo troverai il tuo sposo in ogni momento e luogo e in tutti i tuoi impieghi, come hai già sperimentato. Non voglio neanche che ti capiti mai di pensare di essere lontana dalla sua vista e dalla sua dolcissima presenza, né dalla sua soavissima conversazione, stimando puerilmente che fuori dal raccoglimento tu non possa incontrarlo ed esultare in lui, poiché tutto è pieno della sua gloria senza che vi sia un solo spazio vuoto, e nella sua magnificenza tu vivi, esisti e ti muovi. Quando poi egli stesso non ti obbligherà a queste occupazioni, allora potrai godere della tua tanto bramata solitudine.
964. Giungerai a una più chiara conoscenza di tutto ciò con la pratica di quella nobile carità che da te pretendo per impegnarti ad essere come mio Figlio e me. Alcune volte infatti devi rallegrarti con lui come bambino, mentre altre volte il tuo compito è quello di collaborare con lui alla salvezza di tutti gli uomini. Ci sono poi momenti in cui ti è chiesto di imitarlo nel ritiro, mentre in altri sei chiamata a trasfigurarti con lui in una creatura nuova, e in altri ancora occorre che stringa le tribolazioni e la croce seguendo la via e l'insegnamento che egli come maestro additò in essa. In una parola voglio che tu comprenda come la mia principale e sublime attività e mira fu di conformarmi sempre a lui in tutte le sue azioni. Questo in me fu l'esercizio di maggior santità, ed in ciò esigo che tu faccia come me per quanto te lo consentiranno le tue deboli forze aiutate dalla grazia. Per riuscire in tale intento, devi prima morire a tutti gli affetti dei discendenti di Adamo, senza riserve, rinunciando ad ogni pretesa sia di volere o non volere sia di accettare o rifiutare per questa o quella ragione, perché tu ignori quello che ti conviene e Gesù, che lo sa e ti ama più di quanto tu non ami te stessa, vuole prendersene cura egli stesso, se tu ti abbandoni tutta a lui. Soltanto ti concedo di avere volontà perché ti impegni ad amarlo e ad emularlo nel patire, poiché nel resto ti esponi al rischio di allontanarti dalla possibilità di compiacere lui e me; e così appunto farai, se andrai dietro alle inclinazioni dei tuoi desideri e impulsi. Reprimili dunque, e sacrificali tutti; innalzati sopra te stessa e collocati nella dimora eminente del tuo padrone e sovrano. Sii attenta alla luce delle sue ispirazioni e alla verità delle sue parole di vita eterna`. Per conseguirla, prendi la tua croce e ricalca le sue orme`, cammina all'odore dei suoi unguenti", sii diligente nel corrergli dietro finché tu non l'abbia raggiunto e, strettolo, non lo lasciare`.
Altotting (Germania), 8 settembre 1979. Natività della Beata Vergine Maria. Angoscioso appello.
Don Stefano Gobbi
«Nel più venerato Santuario di questa grande nazione, tanto esposta ai pericoli, ti ho voluto oggi a celebrare la festa della nascita della tua Mamma Celeste. In te benedico tutti i miei figli prediletti sparsi in ogni parte del mondo. Ovunque ti ho condotto per raccogliere nel rifugio del mio Cuore Immacolato tutti i Sacerdoti che corrono il grande pericolo di perdersi, travolti dalla bufera che si è ormai scatenata. Quanti fra i figli prediletti stanno rispondendo con sempre maggiore generosità, e si consacrano al mio Cuore Immacolato! Fate presto ad affidarvi tutti a Me.
Seguite l'esempio e il pressante invito che vi ha rivolto il Vicario di mio Figlio Gesù, che conosce ogni cosa e che sente ormai prossimo l'evento doloroso che da anni Io vi ho preannunciato.Sì, ancora poco, finché il tempo che il Padre ha stabilito sia compiuto, e poi la battaglia tra Me e il mio Avversario si scatenerà terribile ed entrerà nella sua fase conclusiva. Molti di voi ho preparato per la prova suprema; fra le mie braccia sarete immolati come piccoli agnelli perché, col sangue di Gesù, anche il vostro serva a purificare la Chiesa e a rinnovare il mondo.
Altri dovranno subire persecuzioni e sofferenze che ora non potete immaginare; ma abbiate fiducia perché Io sarò, in maniera straordinaria, accanto a ciascuno per aiutarlo a compiere fino in fondo il mio disegno. Ho fretta e vi chiamo ora quasi per un ultimo e angoscioso appello. Rispondete tutti e affidatevi a Me. Siate piccoli, docili, umili, poveri. Siate i fiori più belli attorno alla culla della vostra Mamma bambina, che vi sorride e tutti vi benedice».