Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Di tutto quello che ammirate, non resterà  pietra su pietra... - così Gesù si rivolgeva alla folla che stava lì ad osservare il maesoso Tempio di Gerusalemme, che per loro era il motivo di orgoglio e di vanto. Perché Gesù parla in questo modo? Per farci capire che tutto passa, solo Dio resta. Infatti tutto sotto il cielo è passeggero: il piacere e il dolore, il potere e la miseria, gloria e disonore. Tutto arriva poi se ne va. Sei stato allegro, triste, depresso, innamorato. Hai provato una serie infinita di emozioni. Ora tutto è passato. Quando proviamo piacere, vorremmo che durasse per sempre. Allo stesso modo quando proviamo dolore, vorremmo che sparisse subito... Se ti tieni ben stretta questa consapevolezza, cioè che tutto passa, allora ti sentirai in pace anche nelle avversità . Le cose di questo mondo passano, invece quelle di Dio no! Tutto quello che c'è nella nostra vita, anche il più prezioso, se non è collegato con l'eternità , non ha poi così grande valore, ed è destinato a cadere pietra su pietra. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 5° settimana del tempo di Avvento e Natale (Santa Famiglia di Nazareth)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 14

1Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.2Davanti a lui stava un idropico.3Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: "È lecito o no curare di sabato?".4Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.5Poi disse: "Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?".6E non potevano rispondere nulla a queste parole.

7Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola:8"Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto.10Invece quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".

12Disse poi a colui che l'aveva invitato: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio.13Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi;14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".

15Uno dei commensali, avendo udito ciò, gli disse: "Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio!".16Gesù rispose: "Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti.17All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto.18Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato.19Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato.20Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire.21Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi.22Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto.23Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia.24Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena".

25Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse:26"Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.27Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?29Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo:30Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro.31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?32Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace.33Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

34Il sale è buono, ma se anche il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si salerà?35Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via. Chi ha orecchi per intendere, intenda".


Giosuè 9

1Non appena ebbero udito questi fatti, tutti i re che si trovavano oltre il Giordano, nella zona montuosa, nel bassopiano collinoso e lungo tutto il litorale del Mar Mediterraneo verso il Libano, gli Hittiti, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei, i Gebusei,2si allearono per far guerra di comune accordo contro Giosuè e Israele.
3Invece gli abitanti di Gàbaon, quando ebbero sentito ciò che Giosuè aveva fatto a Gèrico e ad Ai,4ricorsero da parte loro ad un'astuzia: andarono a rifornirsi di vettovaglie, presero sacchi sdrusciti per i loro asini, otri di vino consunti, rotti e rappezzati,5si misero ai piedi sandali strappati e ricuciti, addosso vestiti logori. Tutto il pane della loro provvigione era secco e sbriciolato.6Andarono poi da Giosuè all'accampamento di Gàlgala e dissero a lui e agli Israeliti: "Veniamo da un paese lontano; stringete con noi un'alleanza".7La gente di Israele rispose loro: "Forse abitate in mezzo a noi e come possiamo stringere alleanza con voi?".8Risposero a Giosuè: "Noi siamo tuoi servi!" e Giosuè chiese loro: "Chi siete e da dove venite?".9Gli risposero: "I tuoi servi vengono da un paese molto lontano, a causa del nome del Signore Dio tuo, poiché abbiamo udito della sua fama, di quanto ha fatto in Egitto,10di quanto ha fatto ai due re degli Amorrei, che erano oltre il Giordano, a Sicon, re di Chesbon, e ad Og, re di Basan, che era ad Astarot.11Ci dissero allora i nostri vecchi e tutti gli abitanti del nostro paese: Rifornitevi di provviste per la strada, andate loro incontro e dite loro: Noi siamo servi vostri, stringete dunque un'alleanza con noi.12Questo è il nostro pane: caldo noi lo prendemmo come provvista nelle nostre case quando uscimmo per venire da voi e ora eccolo secco e ridotto in briciole;13questi otri di vino, che noi riempimmo nuovi, eccoli rotti e questi nostri vestiti e i nostri sandali sono consunti per il cammino molto lungo".14La gente allora prese le loro provviste senza consultare l'oracolo del Signore.15Giosuè fece pace con loro e stipulò l'alleanza di lasciarli vivere; i capi della comunità s'impegnarono verso di loro con giuramento.
16Tre giorni dopo avere stipulato con essi il patto, gli Israeliti vennero a sapere che quelli erano loro vicini e abitavano in mezzo a loro.17Allora gli Israeliti partirono e il terzo giorno entrarono nelle loro città: le loro città erano Gàbaon, Chefira, Beerot e Kiriat-Iarim.18Ma gli Israeliti non li uccisero, perché i capi della comunità avevano loro giurato per il Signore, Dio di Israele, e tutta la comunità si lamentò dei capi.
19Dissero allora tutti i capi dell'intera comunità: "Noi abbiamo loro giurato per il Signore, Dio di Israele, e ora non possiamo colpirli.20Faremo loro questo: li lasceremo vivere e così non ci sarà su di noi lo sdegno, a causa del giuramento che abbiamo loro prestato".21Ma aggiunsero i capi: "Vivano pure, siano però tagliatori di legna e portatori d'acqua per tutta la comunità". Come i capi ebbero loro parlato,22Giosuè chiamò i Gabaoniti e disse loro: "Perché ci avete ingannati, dicendo: Noi abitiamo molto lontano da voi, mentre abitate in mezzo a noi?23Orbene voi siete maledetti e nessuno di voi cesserà di essere schiavo e di tagliar legna e di portare acqua per la casa del mio Dio".24Risposero a Giosuè e dissero: "Era stato riferito ai tuoi servi quanto il Signore Dio tuo aveva ordinato a Mosè suo servo, di dare cioè a voi tutto il paese e di sterminare dinanzi a voi tutti gli abitanti del paese; allora abbiamo avuto molto timore per le nostre vite a causa vostra e perciò facemmo tal cosa.25Ora eccoci nelle tue mani, trattaci pure secondo quanto è buono e giusto ai tuoi occhi".26Li trattò allora in questo modo: li salvò dalla mano degli Israeliti, che non li uccisero;27e in quel giorno, Giosuè li costituì tagliatori di legna e portatori di acqua per la comunità e per l'altare del Signore, nel luogo che Egli avrebbe scelto, fino ad oggi.


Siracide 45

1Da lui fece sorgere un uomo di pietà,
che riscosse una stima universale
e fu amato da Dio e dagli uomini:
Mosè, il cui ricordo è benedizione.
2Lo rese glorioso come i santi
e lo rese grande a timore dei nemici.
3Per la sua parola fece cessare i prodigi
e lo glorificò davanti ai re;
gli diede autorità sul suo popolo
e gli mostrò una parte della sua gloria.
4Lo santificò nella fedeltà e nella mansuetudine;
lo scelse fra tutti i viventi.
5Gli fece udire la sua voce;
lo introdusse nella nube oscura
e gli diede a faccia a faccia i comandamenti,
legge di vita e di intelligenza,
perché spiegasse a Giacobbe la sua alleanza,
i suoi decreti a Israele.

6Egli innalzò Aronne, santo come lui,
suo fratello, della tribù di Levi.
7Stabilì con lui un'alleanza perenne
e gli diede il sacerdozio tra il popolo.
Lo onorò con splendidi ornamenti
e gli fece indossare una veste di gloria.
8Lo rivestì con tutta la magnificenza,
lo adornò con paramenti maestosi:
calzoni, tunica e manto.
9All'orlo della sua veste pose melagrane,
e numerosi campanelli d'oro all'intorno,
che suonassero al muovere dei suoi passi,
diffondendo il tintinnio nel tempio,
come richiamo per i figli del suo popolo.
10L'ornò con una veste sacra, d'oro,
violetto e porpora, capolavoro di ricamo;
con il pettorale del giudizio, con i segni della verità,
e con tessuto di lino scarlatto, capolavoro di artista;
11con pietre preziose, incise come sigilli,
su castoni d'oro, capolavoro di intagliatore,
quale memoriale con le parole incise
secondo il numero delle tribù di Israele.
12Sopra il turbante gli pose una corona d'oro
con incisa l'iscrizione sacra,
insegna d'onore, lavoro stupendo,
ornamento delizioso per gli occhi.
13Prima di lui non si erano viste cose simili,
mai un estraneo le ha indossate;
esse sono riservate solo ai suoi figli
e ai suoi discendenti per sempre.
14I suoi sacrifici vengono tutti bruciati,
due volte al giorno, senza interruzione.
15Mosè lo consacrò e l'unse con l'olio santo.
Costituì un'alleanza perenne per lui
e per i suoi discendenti, finché dura il cielo:
quella di presiedere al culto ed esercitare il sacerdozio
e benedire il popolo nel nome del Signore.
16Il Signore lo scelse tra tutti i viventi
perché gli offrisse sacrifici,
incenso e profumo come memoriale
e perché compisse l'espiazione per il suo popolo.
17Gli affidò i suoi comandamenti,
il potere sulle prescrizioni del diritto,
perché insegnasse a Giacobbe i decreti
e illuminasse Israele nella sua legge.
18Contro di lui insorsero uomini estranei
e furono gelosi di lui nel deserto;
erano gli uomini di Datan e di Abiron
e quelli della banda di Core, furiosi e violenti.
19Il Signore vide e se ne indignò;
essi finirono annientati nella furia della sua ira.
Egli compì prodigi a loro danno
per distruggerli con il fuoco della sua fiamma.
20E aumentò la gloria di Aronne,
gli assegnò un patrimonio,
gli riservò le primizie dei frutti,
dandogli innanzi tutto pane in abbondanza.
21Si nutrono infatti delle vittime offerte al Signore
che egli ha assegnato ad Aronne e ai suoi discendenti.
22Tuttavia non ha un patrimonio nel paese del popolo,
non c'è porzione per lui in mezzo al popolo,
perché il Signore è la sua parte e la sua eredità.

23Pincas, figlio di Eleazaro, fu il terzo nella gloria
per il suo zelo nel timore del Signore
per la sua fermezza quando il popolo si ribellò,
egli infatti intervenne con generoso coraggio
e placò Dio in favore di Israele.
24Per questo fu stabilita con lui un'alleanza di pace,
perché presiedesse al santuario e al popolo;
così a lui e alla sua discendenza fu riservata
la dignità del sacerdozio per sempre.
25Ci fu anche un'alleanza con Davide,
figlio di Iesse, della tribù di Giuda;
la successione reale dal padre a uno solo dei figli,
la successione di Aronne, a tutta la sua discendenza.
26Vi infonda Dio sapienza nel cuore
per governare il popolo con giustizia,
perché non scompaiano le virtù dei padri
e la loro gloria nelle varie generazioni.


Salmi 149

1Alleluia.

Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell'assemblea dei fedeli.
2Gioisca Israele nel suo Creatore,
esultino nel loro Re i figli di Sion.
3Lodino il suo nome con danze,
con timpani e cetre gli cantino inni.
4Il Signore ama il suo popolo,
incorona gli umili di vittoria.

5Esultino i fedeli nella gloria,
sorgano lieti dai loro giacigli.
6Le lodi di Dio sulla loro bocca
e la spada a due tagli nelle loro mani,
7per compiere la vendetta tra i popoli
e punire le genti;
8per stringere in catene i loro capi,
i loro nobili in ceppi di ferro;
9per eseguire su di essi il giudizio già scritto:
questa è la gloria per tutti i suoi fedeli.

Alleluia.


Osea 9

1Non darti alla gioia, Israele,
non far festa con gli altri popoli,
perché hai praticato la prostituzione,
abbandonando il tuo Dio,
hai amato il prezzo della prostituzione
su tutte le aie da grano.
2L'aia e il tino non li nutriranno
e il vino nuovo verrà loro a mancare.
3Non potranno restare nella terra del Signore,
ma Èfraim ritornerà in Egitto
e in Assiria mangeranno cibi immondi.
4Non faranno più libazioni di vino al Signore,
i loro sacrifici non gli saranno graditi.
Pane di lutto sarà il loro pane,
coloro che ne mangiano diventano immondi.
Il loro pane sarà tutto per loro,
ma non entrerà nella casa del Signore.
5Che farete nei giorni delle solennità,
nei giorni della festa del Signore?
6Ecco sono sfuggiti alla rovina,
l'Egitto li accoglierà,
Menfi sarà la loro tomba.
I loro tesori d'argento passeranno alle ortiche
e nelle loro tende cresceranno i pruni.

7Sono venuti i giorni del castigo,
sono giunti i giorni del rendiconto,
- Israele lo sappia:
un pazzo è il profeta,
l'uomo ispirato vaneggia -
a causa delle tue molte iniquità,
per la gravità del tuo affronto.
8Sentinella di Èfraim è il profeta con il suo Dio;
ma un laccio gli è teso su tutti i sentieri,
ostilità fin nella casa del suo Dio.
9Sono corrotti fino in fondo,
come ai giorni di Gàbaa:
ma egli si ricorderà della loro iniquità,
farà il conto dei loro peccati.

10Trovai Israele come uva nel deserto,
riguardai i vostri padri
come fichi primaticci al loro inizio;
ma essi appena arrivati a Baal-Peòr
si consacrarono a quell'infamia
e divennero abominevoli
come ciò che essi amavano.
11La gloria di Èfraim volerà via come un uccello,
non più nascite, né gravidanze, né concepimenti.
12Anche se allevano figli,io li eliminerò dagli uomini;
guai a loro, se io li abbandono.
13Èfraim, lo vedo, ha fatto dei figli una preda
su luoghi verdeggianti.
Èfraim tuttavia condurrà i figli al macello.
14Signore, da' loro... Che darai?
Un grembo infecondo e un seno arido!

15Tutta la loro malizia s'è manifestata a Gàlgala,
è là che ho preso a odiarli.
Per i loro misfatti
li scaccerò dalla mia casa,
non avrò più amore per loro;
tutti i loro capi sono ribelli.
16Èfraim è stato percosso,
la loro radice è inaridita,
non daranno più frutto.
Anche se generano, farò perire
i cari frutti del loro grembo.
17Il mio Dio li rigetterà
perché non gli hanno obbedito;
andranno raminghi fra le nazioni.


Lettera agli Ebrei 12

1Anche noi dunque, circondàti da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti,2tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e 'si è assiso alla destra' del trono di Dio.3Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo.4Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato5e avete già dimenticato l'esortazione a voi rivolta come a figli:

'Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore
e non ti perdere d'animo quando sei ripreso da lui;'
6'perché il Signore corregge colui che egli ama
e sferza chiunque riconosce come figlio'.

7È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre?8Se siete senza correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete bastardi, non figli!9Del resto, noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita?10Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di renderci partecipi della sua santità.11Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.
12Perciò 'rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite'13e 'raddrizzate le vie storte per i' vostri 'passi', perché il piede zoppicante non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.

14Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore,15vigilando che nessuno venga meno alla grazia di Dio. Non spunti né cresca alcuna radice velenosa in mezzo a voi e così molti ne siano infettati;16non vi sia nessun fornicatore o nessun profanatore, come Esaù, che in cambio di una sola pietanza vendette la sua primogenitura.17E voi ben sapete che in seguito, quando volle ereditare la benedizione, fu respinto, perché non trovò possibilità che il padre mutasse sentimento, sebbene glielo richiedesse con lacrime.

18Voi infatti non vi siete accostati a un luogo tangibile e a un fuoco ardente, né a oscurità, tenebra e tempesta,19né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano che Dio non rivolgesse più a loro la parola;20non potevano infatti sopportare l'intimazione: 'Se anche una bestia tocca il monte sia lapidata'.21Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: 'Ho paura' e tremo.22Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa23e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione,24al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele.
25Guardatevi perciò di non rifiutare Colui che parla; perché se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che promulgava decreti sulla terra, molto meno lo troveremo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli.26La sua voce infatti un giorno scosse la terra; adesso invece ha fatto questa promessa: 'Ancora una volta io scuoterò' non solo 'la terra', ma anche 'il cielo'.27La parola 'ancora una volta' sta a indicare che le cose che possono essere scosse son destinate a passare, in quanto cose create, perché rimangano quelle che sono incrollabili.
28Perciò, poiché noi riceviamo in eredità un regno incrollabile, conserviamo questa grazia e per suo mezzo rendiamo un culto gradito a Dio, con riverenza e timore;29perché il nostro 'Dio è un fuoco divoratore'.


Capitolo XXXII: Rinnegare se stessi e rinunciare ad ogni desiderio

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1. O figlio, se non avrai rinnegato totalmente te stesso, non potrai avere una perfetta libertà. Infatti sono come legati, tutti coloro che portano amore alle cose e a se stessi, pieni di bramosia e di curiosità, svagati, sempre in cerca di mollezze. Essi vanno spesso immaginando e raffigurando, non ciò che è di Gesù Cristo, ma ciò che è perituro; infatti ogni cosa che non è nata da Dio scomparirà.

Tieni ben ferma questa massima, breve e perfetta: tralascia ogni cosa; rinunzia alle brame e troverai la pace. Quando avrai attentamente meditato nel tuo cuore questa massima, e l'avrai messa in pratica, allora comprenderai ogni cosa. O Signore, non è, questa, una faccenda che si possa compiere in un giorno; non è un gioco da ragazzi. Che anzi in queste brevi parole si racchiude tutta la perfezione dell'uomo di fede.  

2. O figlio, non devi lasciarti piegare, non devi subito abbatterti, ora che hai udito quale è la strada di chi vuole essere perfetto. Devi piuttosto sentirti spinto a cose più alte; almeno ad aspirare ad esse col desiderio. Volesse il cielo che così fosse per te; che tu giungessi a non amare più te stesso, e ad attenerti soltanto alla volontà mia e di colui che ti ho mostrato quale padre. Allora tu mi saresti assai caro e la tua vita si tramuterebbe tutta in una pace gioiosa. Ma tu hai ancora molte cose da abbandonare; e se non rinunzierai a tutte le cose e del tutto, per me, non otterrai quello che chiedi. "Il mio invito è che, per farti più ricco, tu acquisti da me l'oro colato" (Ap 3,18), vale a dire la celeste sapienza, che sovrasta tutto ciò che è basso; che tu lasci indietro e la sapienza di questo mondo ed ogni soddisfazione di se stesso ed ogni compiacimento degli uomini. Il mio invito è che tu, in luogo di ciò che è ritenuto prezioso e importante in questo mondo, acquisti una cosa disprezzante: la vera sapienza, che viene dal cielo ed appare qui disprezzata assai, piccola e quasi lasciata in oblio. Sapienza che non presume molto di sé, non ambisce ad essere magnificata quaggiù e viene lodata a parole da molti, i quali, con la loro vita, le stanno invece lontani. Eppure essa è la gemma preziosa, che i più lasciano in disparte. 


Omelia 79: Affinché quando sarà avvenuto crediate.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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[Con la risurrezione di Cristo, la fede si riaccese.]

1. Il Signore e salvatore nostro Gesù Cristo aveva detto ai suoi discepoli: Se mi amaste, godreste che vado al Padre, perché il Padre è più grande di me (Gv 14, 28). La fede, non quella dei calunniatori insensati, ma quella radicata nelle anime fedeli, sa bene che egli ha detto questo riferendosi, non alla sua forma di Dio per cui è uguale al Padre, ma alla sua forma di servo. Poi ha soggiunto: E vi ho parlato ora, prima che avvenga, affinché quando avverrà crediate (Gv 14, 29). Che significa questo, dal momento che l'uomo è tenuto a credere, ciò che è da credere, ancor prima che avvenga? La grandezza della fede consiste appunto nel credere ciò che non si vede. Che merito c'è, infatti, a credere ciò che si vede, secondo quella frase che il Signore rivolse in tono di rimprovero al discepolo: Perché mi hai veduto, tu hai creduto: beati quelli che, pur non vedendo, crederanno (Gv 20, 29)? Non so neppure se si possa dire che uno crede ciò che vede; la fede, infatti, nell'epistola agli Ebrei viene così definita: La fede è sostanza di cose sperate e prova delle realtà che non si vedono (Eb 11, 1). Pertanto, se la fede si riferisce alle cose che si debbono credere ed ha per oggetto realtà che non si vedono, che cosa vuol farci intendere il Signore quando dice: E vi ho parlato ora, prima che avvenga, affinché quando avverrà crediate? Non avrebbe piuttosto dovuto dire: Vi ho parlato ora prima che avvenga, affinché per fede crediate in quelle cose che, una volta avvenute, vedrete? Poiché anche colui al quale è stato detto: Hai creduto perché hai veduto, non credette a ciò che vide, ma vide una cosa e ne credette un'altra: vide l'uomo e credette in Dio. Guardava e toccava la carne vivente che aveva veduto morente, e credeva in Dio nascosto in quella carne. Mediante ciò che appariva ai sensi del corpo, con la sua anima credeva in ciò che non vedeva. Quantunque si dica che si crede in ciò che si vede, come quando uno dice che crede soltanto ai suoi occhi, non è certo questa la fede che mette in noi le sue radici; ma attraverso le cose che si vedono si è portati a credere a quelle che non si vedono. Pertanto, dilettissimi, nelle parole del Signore, che sto commentando: E vi ho parlato ora, prima che avvenga, affinché quando avverrà crediate, l'espressione quando avverrà, significa che dopo la morte lo avrebbero visto vivo ascendere al Padre, e che, vedendo questo, avrebbero creduto che egli era il Cristo Figlio del Dio vivente, che poté compiere ciò che aveva predetto e predirlo prima di compierlo. E allora avrebbero creduto, non con fede nuova, ma accresciuta, o almeno se era venuta a mancare a causa della morte, con una fede rianimata dalla risurrezione. E non perché prima non credessero che egli era il Figlio di Dio; ma perché in lui si era avverato quanto prima aveva preannunciato: quella fede, che quando egli parlava loro era debole e al momento della sua morte si era quasi spenta, quando egli risuscitò si rianimò e riprese vigore.

2. Che dice poi? Non parlerò più di molte cose con voi; viene, infatti, il principe del mondo - chi è questo principe del mondo, se non il diavolo? - e contro di me non può nulla (Gv 14, 30); perché non trova in me nulla di suo, cioè nessun peccato. E così fa vedere che il diavolo non è il principe delle creature, ma dei peccatori, che designa col termine di questo mondo. E ogni qual volta si usa il termine mondo in senso deteriore, non si usa che per designare coloro che amano il mondo, a proposito dei quali altrove sta scritto: Chiunque vuol essere amico di questo mondo, si costituisce nemico di Dio (Gc 4, 4). Lungi da noi, dunque, ritenere il diavolo principe di questo mondo, come se il suo dominio si estendesse all'universo, al cielo e alla terra e a tutto ciò che essi contengono, a quel mondo insomma di cui l'evangelista, parlando di Cristo Verbo di Dio, dice: Il mondo è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1, 10). L'universo intero, dal più alto dei cieli fino alla massima profondità della terra, è soggetto al Creatore, non al seduttore; al Redentore, non all'omicida; al Liberatore, non a chi rende schiavi; al Dottore, non all'impostore. In che modo poi debba intendersi che il diavolo è il principe di questo mondo, ce lo spiega più chiaramente l'apostolo Paolo, il quale dopo aver detto: La nostra lotta non è contro il sangue e la carne, cioè contro gli uomini, aggiunge: ma è contro i principati, contro le potestà, contro i signori di questo mondo di tenebre (Ef 6, 12). Egli spiega il termine mondo, aggiungendo di tenebre, affinché nessuno intenda col termine mondo l'intera creazione, la quale non è affatto sotto il dominio degli angeli ribelli. Col termine tenebre designa coloro che amano questo mondo: dai quali tuttavia sono stati eletti, non per loro merito, ma per grazia di Dio, coloro ai quali dice: Un tempo eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore (Ef 5, 8). Tutti, in effetti, sono stati sotto i dominatori di queste tenebre, cioè degli uomini empi, quasi divenuti tenebre soggette a tenebre. Ma siano rese grazie a Dio - come dice il medesimo Apostolo - il quale ci ha strappati dalla potestà delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio dell'amor suo (Col 1, 12-13). Il principe di questo mondo, cioè di queste tenebre, non aveva dunque alcun potere su Cristo, perché in quanto Dio non era venuto col peccato, né la Vergine aveva dato alla luce la sua carne con l'eredità del peccato. E come rispondendo alla domanda: perché allora tu muori, se non hai in te il peccato al quale è decretato il supplizio della morte? Immediatamente aggiunge: Ma affinché il mondo sappia che amo il Padre e che faccio quel che il Padre mi ha comandato; levatevi, andiamo via di qui (Gv 14, 31). Egli infatti stava seduto e così parlava a quelli che erano a tavola con lui. Andiamo, disse; e dove, se non dove lo avrebbero arrestato per condurlo alla morte, lui che non aveva niente che potesse meritargli la morte? Ma aveva ricevuto dal Padre l'ordine di morire, simile a colui di cui era stato predetto: Ho restituito ciò che non ho rubato (Sal 68, 5). Pagò con la morte un debito che egli non aveva contratto, per riscattare dalla morte noi cui la morte era dovuta. Dal peccato, invece, fu ghermito Adamo, quando, ingannato dalla sua presunzione, allungò la mano verso l'albero per usurpare l'incomunicabile e irrinunciabile attributo divino, che il Figlio di Dio possedeva, non per usurpazione ma per natura.


Ottavo Venerdì - LA PREGHIERA

I nove primi venerdì del mese - Santa Maria Alacoque

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1) Che cosa è la preghiera?

La preghiera è una pia elevazione dell’anima a Dio, una conversazione o colloquio con Dio per adorano, ringraziarlo, chiedergli perdono per i peccati e domandargli le grazie convenienti alla salvezza eterna.

2) La preghiera è un dovere per tutti, perché Dio è

A) il Creatore e il Padrone di tutto l’universo, e noi siamo sue creature dipendenti in tutto da lui e quindi abbiamo il dovere di adorano, lodarlo, benedirlo;
B) il nostro Benefattore. Tutto quello che siamo, tutto quello che abbiamo ci viene da Lui e quindi abbiamo il dovere di ringraziarlo;
C) il nostro Salvatore. Per il peccato eravamo diventati schiavi di Satana, ma Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, ci salvò con la sua Passione, Morte, Resurrezione e con la fondazione della Chiesa, depositaria dei mezzi di salvezza. Quindi abbiamo il dovere di amarlo.

3) La preghiera è un bisogno.

Noi siamo tutti peccatori e abbiamo bisogno del suo perdono; siamo molto deboli per cui abbiamo continuo bisogno del suo aiuto; abbiamo bisogno di tante grazie e a chi possiamo ricorrere nelle nostre necessità se non a Lui, che ci ama di un amore infinito, che vuole aiutarci e può aiutarci perché è onnipotente.

4) La preghiera è efficace.

Noi siamo sicuri di ottenere da Dio quello che gli domandiamo? Certamente, perché ce l’ha promesso:
«Qualunque cosa domanderete al Padre mio nel mio nome ve la concederà» (G. 16:23). «Chiedete e vi sarà dato” (Mt. 7:7).
Durante il pellegrinaggio della Vergine di Fatima in tutto il mondo dal 1947 al 1955, nella città di Badajoz (Spagna) avevano preparato i più ricchi addobbi; tutte le autorità civili, militari, il Vescovo, il Clero, le Associazioni religiose e una innumerevole moltitudine di popolo stavano in gioiosa attesa della miracolosa Vergine. A darle il primo benvenuto era stata incaricata una giovanetta cieca.
Era davanti al microfono e, col metodo dei ciechi, leggeva il suo affettuoso indirizzo in cui diceva fra l’altro: «Tutti sono qui attorno alla tua Immagine, o dolce Signora di Fatima, per porgerti i loro filiali omaggi, per cantare le tue lodi, per venerarti e contemplare il tuo volto di paradiso. Anche io ti venero e ti amo anche se non ti vedo, perché la pupilla dei miei occhi è spenta! ... Deh, liberami dalle tenebre che mi avvolgono; dai luce a questi occhi che vorrebbero vedere tutto quello che la fantasia mi dipinge nella mente!... Ma se non sono degna di questa grazia, o Signora di Fatima, aumenta la mia fede; dammi forza e coraggio per prendere dalla mano di Dio la mia sventura; sostieni la mia debolezza e illumina l’anima mia perché un giorno possa vederti e amarti in Paradiso».
Non si era spenta ancora l’eco delle ultime parole che un grido formidabile di gioia saliva al cielo: la fervorosa preghiera della fanciulla otteneva d’un tratto la vista ed essa si gettava, profondamente commossa, ai piedi della Vergine per esprimerle più con le lacrime che con le parole la grande gioia e la riconoscenza che sentiva nel cuore. La sua fervorosa ed umile preghiera aveva ottenuto il miracolo.

5) La preghiera è necessaria per tutti

tanto necessaria che se non preghiamo non possiamo salvarci, perché Dio ha stabilito di darci le sue grazie mediante il mezzo semplice della preghiera. Per questo Gesù non solo ci esorta, ma ci comanda di pregare: «Chiedete e otterrete» — «Vegliate e pregate per non cadere in tentazione, perché lo spirito è pronto ma la carne è debole (Mt. 14:38) — «Bisogna pregare sempre senza stancarsi mai» (Lc. 18:1).
E con la preghiera che otteniamo la forza di resistere agli assalti del demonio; è con la preghiera che otteniamo la forza di vincere le nostre cattive inclinazioni; è con la preghiera che otteniamo l’aiuto necessario per osservare i Comandamenti di Dio e compiere bene il nostro dovere quotidiano: in una parola è con la preghiera che noi otteniamo l’aiuto necessario per salvarci.
Nella prefazione del libretto «Del gran mezzo della preghiera» S. Alfonso Maria d. L. dice: «I predicatori e i Confessori inculcano tanti buoni mezzi alle anime per conservarsi in grazia di Dio: la fuga delle occasioni, la frequenza dei Sacramenti, la resistenza alle tentazioni, l’ascoltare la divina parola, il meditare le massime eterne ed altri mezzi, tutti umilissimi, non si nega, ma io dico a che servono le prediche, le meditazioni e tutti gli altri mezzi che danno i maestri spirituali senza la preghiera, quando il Signore ha dichiarato che non vuole concedere grazie se non a chi prega? «Chiedete e otterrete» (Gv. 16:24).
Senza la preghiera, parlando secondo la Provvidenza ordinaria, resteranno inutili tutte le meditazioni fatte, tutti i nostri propositi e tutte le nostre promesse. Se non preghiamo, saremo sempre infedeli a tutti i lumi ricevuti da Dio e a tutte le promesse da noi fatte. La ragione di questo sta in ciò: per fare attualmente il bene, per vincere le tentazioni, per esercitare le virtù, insomma per osservare i divini precetti non bastano i lumi da noi ricevuti, le considerazioni e i propositi da noi fatti, ma occorre l’aiuto attuale di Dio. Ora il Signore non concede quest’aiuto attuale se non a chi prega e a chi prega con perseveranza. I lumi ricevuti, le considerazioni e i buoni propositi fatti servono molto, ma è con la preghiera che otteniamo il soccorso divino che ci preserva dal peccato, ma se noi non preghiamo saremo perduti... Se per il passato vi trovaste aggravata la coscienza di molti peccati, credetemi, questo è il motivo: la trascuratezza di pregare e di chiedere a Dio l’aiuto per resistere alle tentazioni che vi hanno assalito» — motivo per cui il Santo Dottore affermava — «Chi prega si salva, ma chi non prega si danna».

A conferma di quanto dice S. Alfonso, riporto una pagina del libretto «Sono dannata», che porta l’Imprimatur del Vicariato di Roma: garanzia della serietà del tremendo episodio. Editrice del libretto: Libreria Sacro Cuore - Via Lenzi - Messina.
Una giovane, Annetta, già condannata all’inferno, è costretta da Dio a parlare all’amica Clara ancora vivente e che nell’autunno del 1937, quando avvenne l’episodio, si trovava a trascorrere le ferie in riva al Lago di Garda.
«Tu mi ammonisti una volta: Anna, se non preghi vai alla perdizione! Io pregavo davvero poco e anche :questo poco svogliatamente. Allora purtroppo tu avevi ragione. Tutti coloro che bruciano nell’inferno non hanno pregato o non hanno pregato abbastanza.
La preghiera è il primo passo verso Dio e rimane il passo decisivo, specialmente la preghiera a colei che fu la Madre di Cristo, il nome della quale noi non nominiamo mai. La devozione a lei strappa al demonio innumerevoli anime che il peccato gli consegnerebbe infallibilmente nelle mani. Proseguo il racconto consumandomi d’ira e solo perché devo (era costretta da Dio a dire la verità). Pregare è la cosa più facile che l’uomo possa fare sulla terra. E proprio a questa cosa facilissima Dio ha legato la salvezza di ognuno. A chi prega con perseveranza, Dio a poco a poco dà tanta luce, lo fortifica in maniera tale che alla fine anche il peccatore più impantanato si può definitivamente rialzare, fosse pure ingolfato nella melma fino al collo.
Negli ultimi anni della mia vita terrena non ho più pregato come di dovere e così mi sono privata delle grazie senza le quali nessuno può salvarsi».

6) I difetti della preghiera

Gesù ha detto: «In verità vi dico che qualunque cosa domanderete al Padre mio nel mio nome Egli ve la concederà» (Gv. 16:23). Come si spiega allora — dice qualcuno — ho pregato molte volte e il Signore ha fatto il sordo con me?
Non diamo la colpa al Signore quando essa è tutta nostra. Se non abbiamo ottenuto è perché abbiamo pregato male. Infatti la Parola di Dio ci dice (Ge. 16:23):
«Chiedete e non ottenete perché chiedete male». S. Agostino spiega così queste parole: Non ricevete o perché voi siete cattivi, o perché domandate cose cattive, o perché pregate malamente.

a) Perché siete cattivi
Noi che ci lamentiamo di non essere esauditi, come stiamo di coscienza? Se siamo in peccato mortale come possiamo pretendere che Dio ci ascolti? Il peccato grave ci fa schiavi di Satana e noi, dopo aver servito il demonio, abbiamo il coraggio di domandare la paga al Signore? Il peccato mortale ci fa nemici di Dio e noi pretendiamo che Egli aiuti di suoi nemici, i quali si beffano di Lui e saranno peggio di prima? Il Signore non è come gli uomini che vedono solo l’esterno, ma Egli scruta i cuori. Possono essere belle le parole che noi gli rivolgiamo, ma se la nostra anima è cattiva non saremo esauditi, ma riceveremo il rimprovero che Gesù lanciò ai farisei ipocriti: «Questa gente mi onora con la bocca, ma il suo cuore è lontano da me» (Mt. 15:8). Un uomo vive immerso nella melma dell’impurità, bestemmia, non va in chiesa, non prega ecc. In un momento della vita, mentre tutto gli va a rovescio, si ricorda di Dio e lo prega, accende delle candele votive, fa qualche offerta. La sua preghiera probabilmente, per nòn dire certamente, non sarà esaudita ed allora l’infelice impreca e bestemmia e decide di non pregare più. Come può costui pretendere di essere esaudito mentre egli continua a stare col peccato mortale nell’anima, non si pente affatto e non vuole confessarsi? Così una donna mondana, che calpesta la purezza in tutti i modi, come può pretendere di essere ascoltata da Dio se lei non vuole distaccarsi dal peccato che la lega al demonio? Ma allora — potrebbe dire qualcuno — è del tutto inutile che il peccatore preghi? No, è bene che lui preghi affinché il Signore gli usi misericordia dandogli un giorno o l’altro la grazia della conversione. Quindi perché la nostra preghiera venga esaudita, è necessario anzitutto essere in grazia di Dio, o, se si è in peccato, che ci si penti di esso e si abbia la buona volontà di confessarsi.

b) Perché domandate cose cattive
Gesù ci dice: « Finora non avete chiesto nulla nel mio nome: domandate e riceverete » (Gv. 16:24). Cosa significa domandare nel nome di Gesù? Significa domandare cose che riguardano il bene dell’anima nostra e la salvezza eterna. A quanti Gesù potrebbe rivolgere le parole che disse ai figli di Zebedeo: «Voi non sapete cosa domandate» (Mt. 20:22).
Purtroppo la nostra natura decaduta si china verso le cose della terra e non ci fa vedere il fine della nostra vita: la nostra salvezza eterna. Infatti a che cosa si riducono le nostre preghiere? Forse a chiedere la luce della verità ?... L’aumento della grazia santificante?... Il fervore dell’amore di Dio?... Il distacco dalle cose terrene e l’amore delle cose spirituali ?... La forza per tenere lontano da noi il peccato?... L’aiuto per esercitarci nelle virtù?... Chiediamo specialmente la nostra salvezza eterna?... No! Chiediamo invece una vita senza croci, una vita piena di beni materiali, di piaceri, di onori, ecc., cioè chiediamo che questa terra da valle di lacrime diventi valle di piaceri più o meno illeciti. Ma ci pensiamo che con queste cose noi roviniamo la nostra anima! Che pregiudichiamo la nostra salvezza eterna! Quanti, se non avessero avuto tanto denaro, ora sarebbero in Paradiso! Quanti, se non fossero saliti tanto in alto fra gli uomini, ora non sarebbero scesi tanto in basso fra i demoni! Quanti, se a tempo opportuno avessero avuto una croce, un lutto, la morte, ora non si dispererebbero per sempre nell’inferno!
Ecco perché Dio, Padre nostro, che ci ama senza misura e vuole la nostra felicità eterna, non sempre ci esaudisce quando gli chiediamo i beni terreni. Quale madre darebbe al suo piccolo figliuolo un rasoio, una pistola, una forbice ecc., per giocare? No, certamente, perché questi oggetti gli faranno del male, ma gli darà invece qualche altra cosa che lo farà contento senza fargli del male. E noi possiamo pensare che Dio non faccia per le anime nostre quello che la madre terrena fa con il suo figliuoletto? Perciò quando chiediamo beni temporali, salute, benessere, guadagni, riuscita negli affari ecc., dobbiamo chiederli sempre con sottomissione alla volontà divina e con la condizione che non nuocciano alla salute dell’anima nostra, che non pregiudichino la nostra salvezza eterna. Il Signore conosce meglio di noi i nostri bisogni e non ci farà mancare mai quello che ci è utile e necessario. Al riguardo riporto dal libro «Padre Pio da Pietralcina» del P. Alberto d’Apolito due edificanti testimonianze di due persone viventi: Pietruccio Cugino e Mercurio Vincenzo.

1) Pietruccio Cugino frequentava Padre Pio fin da quando era fanciullo ed aveva la vista. Nel 1932 in un pomeriggio, Pietruccio, ancora molto giovane ma già privo della vista da sette anni, si recò al convento, accompagnato dal terziario francescano Fini Michele, per salutare Padre Pio, che a quei tempi era relegato nel convento per i provvedimenti restrittivi delle supreme autorità.
Padre Pio gradì molto la visita di Pietruccio e gli rivolse subito la parola.

— «Beato te, Pietruccio, che non vedi il fango e il marciume di questo mondo. Hai meno occasioni di offendere il Signore!
Dimmi la verità, hai desiderato qualche volta di riavere la vista?
— (Pietruccio): «Non ci ho mai pensato...».
— (P. Pio): «Vorresti riaverla?».
— (Pietruccio): «Non so che cosa rispondere».
— (P. Pio): «Come non lo sai! Vuoi o non vuoi la vista?».
— (Pietruccio): «Padre, ci debbo pensare».
— (P. Pio): «Se la vuoi, pregheremo la Madonna, che è tanto buona e potente sul cuore del Figlio suo Gesù...».
— (Pietruccio): «Padre, io sono nato con la vista. All’età di dodici anni, il Signore me l’ha tolta. Se il Signore mi ha tolto la vista ha avuto i suoi motivi. Ora perché pregare contro la volontà di Dio? Perché richiedere ciò che prima mi ha dato e poi mi ha tolto?».
— (P. Pio): «Vuoi o non vuoi la vista?».
— (Pietruccio): «Padre, il Signore sa quello che fa. Io voglio fare sempre la volontà di Dio. Se il Signore dovesse restituirmi la vista e questa dovesse essere occasione di peccato, ci rinunzio».
Padre Pio, a questa risposta decisa e sapiente di Pietruccio, con l’animo pieno di gioia, lo abbracciò e lo benedisse.

2)Il prof. Mercurio Vincenzo nacque cieco a Benevento. Da giovane reagì alla cecità dandosi con passione allo studio. Si laureò giovanissimo in filosofia e scienze affini nel 1941 e conseguì subito la cattedra di Benevento.
Cresciuto senza educazione religiosa, non frequentava né chiesa né Sacramenti. In occasione di una visita a P. Pio, viene scosso nel suo spirito, si converte e comincia una vita veramente cristiana. Nell’agosto del 1950 vinse la cattedra alle magistrali di S. Giovanni Rotondo, dove si tabi1isce definitivamente. Nel dicembre del 1959 Padre Pio benedice il suo matrimonio con una giovane ostetrica di Brescia, venuta a S. Giovanni Rotondo, nell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, per motivo di lavoro. Da questo matrimonio nacquero cinque figli. Dopo il quinto parto, la giovane madre si ammalò di male incurabile. Il suo calvario durò alcuni anni. Si pregava da tutti per la guarigione della giovane sposa e madre, che doveva accudire al marito bisognoso, ai piccoli da crescere e alle faccende di casa.
Un giorno P. Alberto, l’autore del suddetto libro, disse al Prof. Mercurio: «Vincenzo, ho saputo che la signora va peggiorando. Preghiamo con insistenza, cerchiamo di strappare la grazia della guarigione al Cuore della Madonna, mediante l’intercessione di P. Pio. La sua vita è necessaria per te, per i bambini e per la casa».
Vincenzo, reprimendo il suo dolore, mi rispose:
«Padre Alberto, giorno e notte prego che si compia la volontà di Dio nella mia famiglia. Egli sa quello che fa. Se vuole la mia diletta consorte, come vittima, la prenda pure per la maggior glorificazione del suo santissimo nome».
P. Alberto: «Vincenzo, la tua preghiera è ben fatta, è la preghiera di un uomo di Dio. Il Signore però vuole che i chieda per ottenere grazie. Nel Vangelo vi è un invito incessante alla preghiera... un invito pressante a domandare con fede la guarigione e la salute della consorte».
Vincenzo: «Le parole del Vangelo sono rivolte alle anime superficiali, a quelle anime convertite di recente, tentennanti dinnanzi alle prove. Gesù per aiutarle le invita a chiedere, a bussare, a pregare per ottenere le grazie.
Le anime già formate agli insegnamenti di Cristo, non hanno bisogno di chiedere. Esse sanno di essere totalmente possedute dal Signore e nulla desiderano che non sia conforme alla volontà di Dio».
P. Alberto: «Quello che tu dici è vero. Ma il Signore nonostante che sia in noi vuole che si chieda ciò che desideriamo».
Vincenzo: «Io ho sempre pregato: Signore, se vuoi la vittima nella mia famiglia, prendi me che sono un povero cieco; risparmia la mia consorte che è necessaria per i miei bambini. Se il Signore non mi ascolta, che cosa ci posso fare? Non mi ribello alla sua volontà, anzi prego che si compia in tutta la pienezza nella mia famiglia per la maggior gloria di Dio».
Risposta sublime! La donna morì santamente. E quando P. Alberto, prima di sciogliersi il corteo funebre, si avvicinò a Vincenzo ed esclamò: «Vincenzo, non so cosa dirti!...». Egli gli rispose: «Padre Alberto, ringraziamo il Signore. Il suo santissimo nome è stato glorificato nella mia famiglia. Sia fatta sempre la sua divina volontà».
Quali sublimi insegnamenti ci danno questi due ciechi, formati alla scuola di un grande maestro di preghiera e di sofferenza, P. Pio da Pietralcina!

c) Perché la preghiera è fatta male
La preghiera è fatta male quando si prega: 1) senza attenzione; 2) senza umiltà; 3) senza fiducia; 4) senza perseveranza.

1) Senza attenzione La preghiera è una conversazione con Dio, così come si conversa col padre, con la madre, con l’amico, con una persona cara.
Quando preghiamo non è necessario il libro, non è necessaria tanta istruzione. Ci sono delle persone che neppure sanno leggere, eppure sanno pregare benissimo. Basta aver fede che Dio è presente, ci vede, ci ascolta e conosce anche i desideri più intimi del nostro cuore. Quando noi abbiamo presente questo, allora la nostra preghiera diventa facile e attenta.
Quando un fanciullo parla con suo padre, con la sua mamma, con i suoi fratelli o amici, non usa frasi stampate di un libro, non si distrae, ma con grande spontaneità dice loro quello che sente nel suo cuore, quello che desidera ecc. Così dobbiamo fare anche noi quando preghiamo, quando parliamo con il nostro Padre Celeste, con Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, con i Santi, nostri fratelli.
Non crediamo che la preghiera consista nel dire molte parole, alle volte con tono alquanto forte da disturbare anche gli altri; non consiste nel recitare parole con le labbra, mentre la nostra mente pensa ad altre cose, i nostri occhi si voltano a destra e a sinistra, il nostro cuore è lontano con qualche creatura. Pregando in questo modo non possiamo pretendete che Dio ci ascolti quando noi stessi non pensiamo e non sappiamo quello che stiamo chiedendo. Gesù ci avverte: «Questa gente mi onora con la bocca, ma il suo cuore è lontano da me » (Mt. 15:8). « Quando pregate non usate tante parole, come fanno i pagani che credono di essere esauditi per il molto parlare. Non imitateli perché il vostro Padre celeste sa bene, prima ancora che glielo chiediate, di quai cose avete bisogno» (Mt. 6:7).
Perciò bisogna pregare con la mente e con il cuore e cioè attentamente e devotamente.

2) Senza umiltà
Dio è Maestà infinita e perfettissima, mentre noi siamo nulla peccatori, indegni delle sue grazie e meritevoli dei divini castighi. Perciò quando preghiamo ci si addice un contegno umile, convinti della nostra indegnità. Dio respinge la preghiera del fariseo perché era superbo, mentre accolse quella del pubblicano perché umile (Lc. 18:10-14).
L’umiltà è la migliore disposizione per ben pregare e per ottenere le grazie da Dio. La preghiera di un’anima umile penetra il cielo e Dio la esaudisce.

3) Senza fiducia
L’umiltà non deve però generare in noi diffidenza verso la Bontà di Dio. Noi siamo indegni di essere ascoltati dal Signore, ma abbiamo da trattare con la sua misericordia infinita. Uniti a Gesù, Capo del Corpo mistico, scompare la nostra indegnità e quindi possiamo ottenere tutto quello che chiediamo ed è utile per la gloria di Dio e per il nostro bene spirituale, per la nostra salvezza. Preghiamo noi con questa fiducia? San Bernardo dice: «Essendo la divina misericordia una fonte immensa, più grande è il vaso della confidenza, maggiore sarà l’abbondanza di grazie che si ottengono». La fiducia è indispensabile per essere esauditi perché essa è la chiave che ci apre i tesori della bontà. Infatti Gesù ci dice: «Qualunque cosa domanderete con la preghiera, abbiate fiducia di ottenerla e l’otterrete» (Mc. 11:24). La nostra fede dev’essere totale e piena di fiducia. Soprattutto dev’essere molto umile. Dobbiamo partire dal principio che Dio ne sa infinitamente più di noi circa quello che ci conviene o non ci conviene ottenere in funzione della nostra salvezza eterna, che è la sola che conta veramente. Dobbiamo anche ricordare che Dio può mettere alla prova la nostra fede e fingere di «nascondersi» alla nostra preghiera, e allora dobbiamo ripetere l’invocazione che Gesù ci ha insegnato: «Sia fatta la Tua volontà e non la mia». Con queste disposizioni il cristiano deve chiedere l’aiuto di Dio nelle sue necessità. Sicuro che, se la grazia che chiede non contraddice il divino volere, la sua preghiera sarà esaudita anche nell’ordine temporale delle cose; e a maggior ragione in quello soprannaturale.

4) Senza perseveranza
Un uomo a mezzanotte batte alla porta di un suo amico: amico, prestami tre pani perché mi è capitato a casa improvvisamente un amico che ha fame ed io non ho nulla da dargli. L’amico non viene neppure alla finestra e di dentro gli risponde: Senti, mi dispiace ma ho già chiuso tutta la casa. Io sono a letto, i miei figli pure, non posso accontentarti. L’altro non si scoraggia e ricomincia a battere la porta una, due, tre volte. L’amico non può più dormire ed allora si alza e l’esaudisce se non per amicizia, ma almeno per togliersi quella seccatura (Lc. 11:5-8).
Con questa parabola Gesù ci raccomanda la perseveranza nella preghiera. Quindi preghiamo senza scoraggiarci e con perseveranza. Santa Monica per ottenere la conversione di suo figlio S. Agostino pregò per ben diciotto anni.

7. - Alcune difficoltà
1) Tanti dicono: Io non ho tempo di pregare perché sono troppo occupato nei miei affari.
Chi dice così sconosce il motivo per cui egli si trova su questa terra. Non sa che qui siamo di passaggio diretti all’altra vita, quella vera che durerà per l’eternità.
Senza la preghiera non possiamo salvarci e la salvezza dell’anima è l’affare più importante della nostra vita.
2) Altri dicono: Io m annoio a pregare e mi distraggo continuamente.
Questo è dovuto al fatto che il vostro cuore è attaccato alla vanità del mondo; voi amate le creature, il denaro, i piaceri e non amate affatto il Signore.
3) Altri dicono: Io non prego perché non ottengo niente.
Questo succede perché, come già abbiamo detto, o voi siete cattivi, o perché domandate cose cattive, o perché pregate malamente, oppure voi vi ingannate Infatti anche quando vi sembra di non essere esauditi, dovete ricordare che Dio, nella sua infinita bontà misericordiosa, anche se non vi concede quella grazia particolare che voi gli domandate, perché è nociva all’anima vostra nonostante che voi la stimiate necessaria, vi concederà grazie molto più grandi e necessarie di quelle da voi richieste. La nostra preghiera non è mai vana, non è mai sterile perché anche se non ci ottiene quello che noi chiediamo, ci otterrà certamente altre grazie più utili e necessarie.
8. - Osservazione
La preghiera non è fine a se stessa, ma è un mezzo stabilito da Dio per ottenere le sue grazie, per compiere bene il proprio dovere, per salvarsi facendo la sua volontà. Ma se una persona recita molte preghiere a scapito del suo dovere, e porta odio, non vuole perdonare il suo prossimo, calpesta la purezza, commette ingiustizie, ecc., a che cosa gli giova la preghiera? A nulla, perché dice il Signore: «Non chi dice:
Signore, Signore, entrerà nel regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio, questi entrerà nel regno dei Cieli!» (Mt. 7:21).



Fratello carissimo, ti prego, a conclusione di quanto è stato detto, di riflettere su quanto S. Alfonso scrisse nel citato libretto: «Del gran mezzo della preghiera»:
«Tutti i beati, eccetto i bambini, si sono salvati con la preghiera. Tutti i dannati si sono perduti per non aver pregato. Se avessero pregato non si sarebbero perduti».


Perciò ogni giorno ricorri all’arma della preghiera per stare sempre in grazia di Dio e prega Maria Santissima perché ti ottenga la grazia di fare bene i Nove Primi Venerdì del mese per conseguire la Grande Promessa del Cuore di Gesù.

primo Esempio

Delirio che scompare alla vigilia del Primo Venerdì
Nel maggio 1913 si ammalava in Genova un giovanetto tredicenne e la malattia l’assalì con tale violenza che fin dai primi giorni perdeva la conoscenza, né vi era speranza che potesse riacquistarla. La sua povera madre era inconsolabile per il timore che, morendo senza poter ricevere i Sacramenti, potesse perdersi eternamente. O se tutte le madri sapessero amare di questo vero amore i loro figli!
Quel giovanetto aveva già incominciato le Comunioni dei primi venerdì. Poteva il Sacro Cuore di Gesù abbandonarlo in quegli estremi momenti? Erano ormai 15 giorni che era in delirio e si era giunti al giorno 5 giugno, vigilia del primo venerdì del mese. Improvvisamente, con grande sorpresa di tutti, egli si desta come da un sogno e domanda: Che giorno e domani? Il primo venerdì, risponde la madre. E come potrò fare domani la Comunione se mi trovo a letto? Non temere, bambino mio, soggiunse quella giubilante, Gesù è tanto buono che verrà Lui stesso a trovarti, giacché tu non puoi andare in Chiesa.
Fu chiamato subito il Confessore, cui il giovanetto fece con piena lucidità di mente la sua confessione e, dopo breve preghiera, un’altra volta restò privo di sensi e non si ridestò dal suo torpore mortale che il giorno dopo quando gli fu portata la Comunione. Dopo aver fatto un breve ringraziamento si assopì di nuovo. Durante i 12 giorni che ancora visse non diede più alcun seguo di conoscenza. Finalmente il 18 giugno rese la sua bell’anima a Dio, che fedele alla sua Grande Promessa, lo accoglieva nel regno della sua gloria.
(Dal periodico: «La settimana religiosa di Genova)

2° Esempio

«Da circa 50 anni — dice il citato don Antonio Santangelo — il signor Nicola non entrava in chiesa. Non che fosse un mangiapreti, ma quell’abitudine non l’aveva mai avuta. Un giorno pensai come fare per salare quest’anima.
Non vedevo mezzo alcuno. Intanto continuavo a salutarlo per primo e a rivolgergli qualche breve parola passando avanti la sua casa. Un altro giorno pensai: debbo fargli fare i primi Nove Venerdì. Dal pensare... a fare ci sono due mari, tuttavia bisognava cominciare a fargli la proposta e fargliela tante volte.
Un giorno gliela andai a fare. Il signor Nicola trasecolò; gli avessi parlato cinese forse avrebbe capito qualche cosa di più. Di questo ne ero certo; ma pensai:
un grosso albero non si taglia con un solo colpo di scure. Così ritornai di tanto in tanto alla carica, finché un giorno mi disse: Ma faccia come vuole!...
— No, signor Nicola; questo mai. Come posso portagli il Signore se lei non lo vuole ricevere... Se però lo vuole fare entrare a casa sua io glielo porto. — — Può essere che caccio il Signore da casa mia? — “Ci siamo”, pensai. E al 1° Venerdì successivo gli feci cominciare i 9 Venerdì. Non li cominciò con tanto entusiasmo, ma neppure male. Così continuai a porta- gli la Comunione, anche quando lui poteva venire in chiesa con i suoi piedi. Però notai presto il lavorio della Grazia. Cominciò ad attendere la Comunione e a ripetere le preghiere con me, rassegnarsi alla malattia e a pregare da solo.
Finalmente terminò i 9 Venerdì in questo anno 1975. L’indomani dell’ultimo Venerdì, senza che nessuno se l’aspettasse, morì. Gesù l’aveva promesso e Lui sa mantenere la parola».


33-48 Ottobre 7, 1935 Chi non vive di Volontà di Dio forma il suo purgatorio vivente sulla terra, ed in prigione. L’Amor Divino. Una tempesta impetuosa, scene strazianti.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) La mia povera mente, sente il bisogno di riversarsi nel Voler Divino come suo centro, in cui slanciandosi sente il respiro, il palpito, l’amore, la Vita Divina come sua. Chi può dire che può vivere senza respiro, senza palpito? Nessuno, così la povera anima si formerebbe il purgatorio più straziante senza del Fiat, e la mia volontà umana mi getterebbe nell’abisso di tutti i mali. Ma mentre ciò pensavo, il mio amato Gesù sorprendendomi, tutto tenerezza mi ha detto:

(2) “Figlia benedetta del mio Volere, come mi sento felice che hai capito che non puoi vivere senza del mio Fiat; per chi non vive in Esso, non solo si forma essa il suo purgatorio vivente, ma inceppa tutti i miei beni preparati per lei, me li chiude nel mio cuore, e facendomi spasimare, forma il purgatorio al mio Amore, mi sopprime le mie fiamme senza il sollievo di poter comunicare il mio respiro, la mia Vita, quindi sento il mio respiro soffocato, la mia Vita inceppata, senza il bene di potermi comunicare alla creatura. Ora tu devi sapere che non vi è cosa da Me fatta in cui non vi è il mio scopo primario di farla vivere di mia Volontà. La Creazione serve proprio a questo, a far vivere la creatura di mia Volontà, e non vivendo, soffoca questa mia Vita nelle cose create, e la mia venuta sulla terra era la Vita di Essa che venni a darle. Anzi tu devi sapere che non appena l’anima si decide di voler vivere nel mio Volere, la mia Santissima Umanità prende posto in essa, il mio sangue come pioggia dirotta piove su di lei, le mie pene come muro inespugnabile la circondano, la fortificano, l’abbelliscono in modo mirabile, da rapire questa mia Volontà Divina a vivere in essa, la mia stessa morte forma la resurrezione continua dell’anima di vivere in Essa. Sicché la creatura si sente rigenerata continuamente nel mio sangue, nelle mie pene, nel mio Amore, fin nel mio respiro, in cui trova grazia sufficiente per vivere di mia Volontà Divina, perché Io metto tutto a sua disposizione, come tenni la mia Santissima Umanità a disposizione del mio Voler Divino, così la metto dentro e fuori della creatura, per dar vita alla mia Volontà in essa. Ora, fino a tanto che non si decida di vivere in Essa, il mio sangue non piove, perché non ha che rigenerare in Divino, le mie pene non formano il muro di difesa, perché l’umano volere forma il crollo continuo alle mie opere, e rende come impotente la mia morte perché risorgesse del tutto nel mio Volere. Ora la mia Vita, le mie pene, il mio sangue, se l’anima non vive di Essa, stanno alla porta dell’umano volere aspettando con pazienza invitta per entrare, assalirla da tutte le parti per darle la grazia di vivere del mio Volere, e non entrando tutto resta soffocato in Me, il mio sangue, le mie pene, la mia Vita, ed oh! come soffro nel vedere che non mi dà la libertà di darle il bene che voglio, il mio Amore mi tortura, le mie pene, le mie piaghe, il mio sangue, le mie opere, come tante voci pietose mi dicono continuamente: “Questa creatura ci inceppa, ci rende inutili e come senza vita per essa, perché non vuol vivere di Volontà Divina”. Figlia mia, com’è doloroso voler fare il bene, poterlo fare e non farlo”.

(3) Dopo ciò continuavo il mio abbandono nel Voler Divino, il quale mi ha trasportata fuori di me stessa, ed oh! com’era raccapricciante guardare la terra, io avrei voluto ritirarmi in me stessa per non vedere nulla, ma il mio dolce Gesù, come se volesse che vedessi scene sì strazianti, mi ha fermata e mi ha detto:

(4) “Figlia mia, com’è doloroso vedere tanta perfidia umana, una nazione che inganna l’altra e trascinano a vicenda i poveri popoli nello strazio e nel fuoco, poveri figli miei. Tu devi sapere che la tempesta sarà tanto forte, che succederà come quando un vento impetuoso trasporta con la sua forza: Pietre, terra, alberi, in modo che resta sgombrata da tutto, tanto che con più facilità si possono mettere nuove piante. Così questa tempesta servirà a purificare i popoli e a far sorgere il giorno sereno della pace e dell’unione fraterna. Tu prega affinché tutto serva alla mia gloria, al trionfo della mia Volontà e al bene di tutti”.