Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 4° settimana del tempo di Avvento e Natale (Santo Stefano)
Vangelo secondo Matteo 24
1Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio.2Gesù disse loro: "Vedete tutte queste cose? In verità vi dico, non resterà qui pietra su pietra che non venga diroccata".
3Sedutosi poi sul monte degli Ulivi, i suoi discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: "Dicci quando accadranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo".
4Gesù rispose: "Guardate che nessuno vi inganni;5molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno.6Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine.7Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi;8ma tutto questo è solo l'inizio dei dolori.9Allora vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome.10Molti ne resteranno scandalizzati, ed essi si tradiranno e odieranno a vicenda.11Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti;12per il dilagare dell'iniquità, l'amore di molti si raffredderà.13Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato.14Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine.
15Quando dunque vedrete 'l'abominio della desolazione', di cui parlò il profeta Daniele, stare 'nel luogo santo' - chi legge comprenda -,16allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti,17chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa,18e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello.19Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni.20Pregate perché la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato.
21Poiché vi sarà allora 'una tribolazione' grande, 'quale mai avvenne dall'inizio del mondo fino a ora', né mai più ci sarà.22E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati.23Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: È là, non ci credete.24Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti.25Ecco, io ve l'ho predetto.
26Se dunque vi diranno: Ecco, è nel deserto, non ci andate; o: È in casa, non ci credete.27Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo.28Dovunque sarà il cadavere, ivi si raduneranno gli avvoltoi.
29Subito dopo la tribolazione di quei giorni,
'il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
gli astri cadranno' dal cielo
'e le potenze dei cieli' saranno sconvolte.
30Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e 'allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra', e vedranno 'il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo' con grande potenza e gloria.31Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all'altro dei cieli.
32Dal fico poi imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina.33Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che Egli è proprio alle porte.34In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo accada.35Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
36Quanto a quel giorno e a quell'ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre.
37Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo.38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca,39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo.40Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato.41Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata.
42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.43Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.44Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.
45Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto?46Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così!47In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni.48Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire,49e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi,50arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa,51lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti.
Levitico 7
1Questa è la legge del sacrificio di riparazione; è cosa santissima.2Nel luogo, dove si immola l'olocausto, si immolerà la vittima di riparazione; se ne spargerà il sangue attorno all'altare3e se ne offrirà tutto il grasso: la coda, il grasso che copre le viscere,4i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato che si distaccherà sopra i reni.5Il sacerdote brucerà tutto questo sull'altare come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Questo è un sacrificio di riparazione.6Ogni maschio di famiglia sacerdotale ne potrà mangiare; lo si mangerà in luogo santo; è cosa santissima.
7Il sacrificio di riparazione è come il sacrificio espiatorio; la stessa legge vale per ambedue; la vittima sarà del sacerdote che avrà compiuta l'espiazione.8Il sacerdote, che avrà fatto l'olocausto per qualcuno, avrà per sé la pelle dell'olocausto da lui offerto.9Così anche ogni oblazione, cotta nel forno o preparata nella pentola o nella teglia, sarà del sacerdote che l'ha offerta.10Ogni oblazione impastata con olio o asciutta sarà per tutti i figli di Aronne in misura uguale.
11Questa è la legge del sacrificio di comunione, che si offrirà al Signore.12Se uno l'offre in ringraziamento, offrirà, con il sacrificio di comunione, focacce senza lievito intrise con olio, schiacciate senza lievito unte con olio e fior di farina cotta, in forma di focacce intrise con olio.13Presenterà anche, come offerta, oltre le dette focacce, focacce di pan lievitato, insieme con il sacrificio di ringraziamento.14Di ognuna di queste offerte una parte si presenterà come oblazione prelevata in onore del Signore; essa sarà del sacerdote che ha sparso il sangue della vittima del sacrificio di comunione.15La carne del sacrificio di ringraziamento dovrà mangiarsi il giorno stesso in cui esso viene offerto; non se ne lascerà nulla fino alla mattina.
16Ma se il sacrificio che uno offre è votivo o volontario, la vittima si mangerà il giorno in cui verrà offerta, il resto dovrà esser mangiato il giorno dopo;17ma quel che sarà rimasto della carne del sacrificio fino al terzo giorno, dovrà bruciarsi nel fuoco.
18Se uno mangia la carne del sacrificio di comunione il terzo giorno, l'offerente non sarà gradito; dell'offerta non gli sarà tenuto conto; sarà un abominio; chi ne avrà mangiato subirà la pena della sua iniquità.19La carne che sarà stata in contatto con qualche cosa di immondo, non si potrà mangiare; sarà bruciata nel fuoco.
20Chiunque sarà mondo potrà mangiare la carne del sacrificio di comunione; ma la persona che, immonda, mangerà la carne del sacrificio di comunione offerto al Signore sarà eliminata dal suo popolo.21Se uno toccherà qualsiasi cosa immonda: un'immondezza umana, un animale immondo o qualsiasi cosa abominevole, immonda, e mangerà la carne d'un sacrificio di comunione offerto al Signore, quel tale sarà eliminato dal suo popolo".
22Il Signore disse ancora a Mosè:23"Parla agli Israeliti e riferisci loro: Non mangerete alcun grasso, né di bue, né di pecora, né di capra.24Il grasso di una bestia che è morta naturalmente o il grasso d'una bestia sbranata potrà servire per qualunque altro uso; ma non ne mangerete affatto;25perché chiunque mangerà il grasso di animali che si possono offrire in sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore, sarà eliminato dal suo popolo.26E non mangerete affatto sangue, né di uccelli né di animali domestici, dovunque abitiate.27Chiunque mangerà sangue di qualunque specie sarà eliminato dal suo popolo".
28Il Signore aggiunse a Mosè:29"Parla agli Israeliti e di' loro: Chi offrirà al Signore il sacrificio di comunione porterà una offerta al Signore, prelevandola dal sacrificio di comunione.30Porterà con le proprie mani ciò che deve essere offerto al Signore con il fuoco: porterà il grasso insieme con il petto, il petto per presentarlo con il rito d'agitazione davanti al Signore.31Il sacerdote brucerà il grasso sopra l'altare; il petto sarà di Aronne e dei suoi figli.32Darete anche in tributo al sacerdote la coscia destra dei vostri sacrifici di comunione.33Essa spetterà, come sua parte, al figlio di Aronne che avrà offerto il sangue e il grasso dei sacrifici di comunione.34Poiché, dai sacrifici di comunione offerti dagli Israeliti, io mi riservo il petto della vittima offerta con l'agitazione di rito e la coscia della vittima offerta con l'elevazione di rito e li dò al sacerdote Aronne e ai suoi figli per legge perenne, che gli Israeliti osserveranno.35Questa è la parte dovuta ad Aronne e ai suoi figli, dei sacrifici bruciati in onore del Signore, dal giorno in cui eserciteranno il sacerdozio del Signore.36Agli Israeliti il Signore ha ordinato di dar loro questo, dal giorno della loro unzione. È una parte che è loro dovuta per sempre, di generazione in generazione.
37Questa è la legge per l'olocausto, l'oblazione, il sacrificio espiatorio, il sacrificio di riparazione, l'investitura e il sacrificio di comunione: legge che il Signore ha dato a Mosè sul monte Sinai, quando ordinò agli Israeliti di presentare le offerte al Signore nel deserto del Sinai".
Sapienza 1
1Amate la giustizia, voi che governate sulla terra,
rettamente pensate del Signore,
cercatelo con cuore semplice.
2Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano,
si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui.
3I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio;
l'onnipotenza, messa alla prova, caccia gli stolti.
4La sapienza non entra in un'anima che opera il male
né abita in un corpo schiavo del peccato.
5Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione,
se ne sta lontano dai discorsi insensati,
è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia.
6La sapienza è uno spirito amico degli uomini;
ma non lascerà impunito chi insulta con le labbra,
perché Dio è testimone dei suoi sentimenti
e osservatore verace del suo cuore
e ascolta le parole della sua bocca.
7Difatti lo spirito del Signore riempie l'universo
e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce.
8Per questo non gli sfuggirà chi proferisce cose ingiuste,
la giustizia vendicatrice non lo risparmierà.
9Si indagherà infatti sui propositi dell'empio,
il suono delle sue parole giungerà fino al Signore
a condanna delle sue iniquità;
10poiché un orecchio geloso ascolta ogni cosa,
perfino il sussurro delle mormorazioni
non gli resta segreto.
11Guardatevi pertanto da un vano mormorare,
preservate la lingua dalla maldicenza,
perché neppure una parola segreta sarà senza effetto,
una bocca menzognera uccide l'anima.
12Non provocate la morte con gli errori della vostra vita,
non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani,
13perché Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
14Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza;
le creature del mondo sono sane,
in esse non c'è veleno di morte,
né gli inferi regnano sulla terra,
15perché la giustizia è immortale.
16Gli empi invocano su di sé la morte
con gesti e con parole,
ritenendola amica si consumano per essa
e con essa concludono alleanza,
perché son degni di appartenerle.
Salmi 74
1'Maskil. Di Asaf.'
O Dio, perché ci respingi per sempre,
perché divampa la tua ira
contro il gregge del tuo pascolo?
2Ricordati del popolo
che ti sei acquistato nei tempi antichi.
Hai riscattato la tribù che è tuo possesso,
il monte Sion, dove hai preso dimora.
3Volgi i tuoi passi a queste rovine eterne:
il nemico ha devastato tutto nel tuo santuario.
4Ruggirono i tuoi avversari nel tuo tempio,
issarono i loro vessilli come insegna.
5Come chi vibra in alto la scure
nel folto di una selva,
6con l'ascia e con la scure
frantumavano le sue porte.
7Hanno dato alle fiamme il tuo santuario,
hanno profanato e demolito la dimora del tuo nome;
8pensavano: "Distruggiamoli tutti";
hanno bruciato tutti i santuari di Dio nel paese.
9Non vediamo più le nostre insegne,
non ci sono più profeti
e tra di noi nessuno sa fino a quando...
10Fino a quando, o Dio, insulterà l'avversario,
il nemico continuerà a disprezzare il tuo nome?
11Perché ritiri la tua mano
e trattieni in seno la destra?
12Eppure Dio è nostro re dai tempi antichi,
ha operato la salvezza nella nostra terra.
13Tu con potenza hai diviso il mare,
hai schiacciato la testa dei draghi sulle acque.
14Al Leviatàn hai spezzato la testa,
lo hai dato in pasto ai mostri marini.
15Fonti e torrenti tu hai fatto scaturire,
hai inaridito fiumi perenni.
16Tuo è il giorno e tua è la notte,
la luna e il sole tu li hai creati.
17Tu hai fissato i confini della terra,
l'estate e l'inverno tu li hai ordinati.
18Ricorda: il nemico ha insultato Dio,
un popolo stolto ha disprezzato il tuo nome.
19Non abbandonare alle fiere la vita di chi ti loda,
non dimenticare mai la vita dei tuoi poveri.
20Sii fedele alla tua alleanza;
gli angoli della terra sono covi di violenza.
21L'umile non torni confuso,
l'afflitto e il povero lodino il tuo nome.
22Sorgi, Dio, difendi la tua causa,
ricorda che lo stolto ti insulta tutto il giorno.
23Non dimenticare lo strepito dei tuoi nemici;
il tumulto dei tuoi avversari cresce senza fine.
Geremia 10
1Ascoltate la parola che il Signore vi rivolge,
casa di Israele.
2Così dice il Signore:
"Non imitate la condotta delle genti
e non abbiate paura dei segni del cielo,
perché le genti hanno paura di essi.
3Poiché ciò che è il terrore dei popoli è un nulla,
non è che un legno tagliato nel bosco,
opera delle mani di chi lavora con l'ascia.
4È ornato di argento e di oro,
è fissato con chiodi e con martelli,
perché non si muova.
5Gli idoli sono come uno spauracchio
in un campo di cocòmeri,
non sanno parlare,
bisogna portarli, perché non camminano.
Non temeteli, perché non fanno alcun male,
come non è loro potere fare il bene".
6Non sono come te, Signore;
tu sei grande
e grande la potenza del tuo nome.
7Chi non ti temerà, re delle nazioni?
Questo ti conviene,
poiché fra tutti i saggi delle nazioni
e in tutti i loro regni
nessuno è simile a te.
8Sono allo stesso tempo stolti e testardi;
vana la loro dottrina, come un legno.
9Argento battuto e laminato portato da Tarsìs
e oro di Ofir,
lavoro di artista e di mano di orafo,
di porpora e di scarlatto è la loro veste:
tutti lavori di abili artisti.
10Il Signore, invece, è il vero Dio,
egli è Dio vivente e re eterno;
al suo sdegno trema la terra,
i popoli non resistono al suo furore.
11Direte loro:
"Gli dèi che non hanno fatto il cielo e la terra scompariranno dalla terra e sotto il cielo".
12Egli ha formato la terra con potenza,
ha fissato il mondo con sapienza,
con intelligenza ha disteso i cieli.
13Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo.
Egli fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce lampi per la pioggia
e manda fuori il vento dalle sue riserve.
14Rimane inebetito ogni uomo, senza comprendere;
resta confuso ogni orafo per i suoi idoli,
poiché è menzogna ciò che ha fuso
e non ha soffio vitale.
15Essi sono vanità, opere ridicole;
al tempo del loro castigo periranno.
16Non è tale l'eredità di Giacobbe,
perché egli ha formato ogni cosa.
Israele è la tribù della sua eredità,
Signore degli eserciti è il suo nome.
17Raccogli il tuo fardello fuori dal paese,
tu che sei cinta d'assedio,
18poiché dice il Signore:
"Ecco, questa volta, caccerò lontano
gli abitanti del paese;
li ridurrò alle strette, perché mi ritrovino".
19Guai a me a causa della mia ferita;
la mia piaga è incurabile.
Eppure io avevo pensato:
"È solo un dolore che io posso sopportare".
20La mia tenda è sfasciata
tutte le mie corde sono rotte.
I miei figli si sono allontanati da me e più non sono.
Nessuno pianta ancora la mia tenda
e stende i miei teli.
21I pastori sono diventati insensati,
non hanno ricercato più il Signore;
per questo non hanno avuto successo,
anzi è disperso tutto il loro gregge.
22Si ode un rumore che avanza
e un grande frastuono giunge da settentrione,
per ridurre le città di Giuda un deserto,
un rifugio di sciacalli.
23"Lo so, Signore, che l'uomo non è padrone della sua via,
non è in potere di chi cammina il dirigere i suoi passi.
24Correggimi, Signore, ma con giusta misura,
non secondo la tua ira, per non farmi vacillare".
25Riversa la tua collera sui popoli
che non ti conoscono
e sulle stirpi
che non invocano il tuo nome,
poiché hanno divorato Giacobbe
l'hanno divorato e consumato,
e hanno distrutto la sua dimora.
Seconda lettera ai Corinzi 11
1Oh se poteste sopportare un po' di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate.2Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo.3Temo però che, come il serpente nella sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo.4Se infatti il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo.5Ora io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi "superapostoli"!6E se anche sono un profano nell'arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come vi abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a tutti.
7O forse ho commesso una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunziato gratuitamente il vangelo di Dio?8Ho spogliato altre Chiese accettando da loro il necessario per vivere, allo scopo di servire voi.9E trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato d'aggravio a nessuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire.10Com'è vero che c'è la verità di Cristo in me, nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acaia!
11Questo perché? Forse perché non vi amo? Lo sa Dio!12Lo faccio invece, e lo farò ancora, per troncare ogni pretesto a quelli che cercano un pretesto per apparire come noi in quello di cui si vantano.13Questi tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo.14Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce.15Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere.
16Lo dico di nuovo: nessuno mi consideri come un pazzo, o se no ritenetemi pure come un pazzo, perché possa anch'io vantarmi un poco.17Quello che dico, però, non lo dico secondo il Signore, ma come da stolto, nella fiducia che ho di potermi vantare.18Dal momento che molti si vantano da un punto di vista umano, mi vanterò anch'io.19Infatti voi, che pur siete saggi, sopportate facilmente gli stolti.20In realtà sopportate chi vi riduce in servitù, chi vi divora, chi vi sfrutta, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia.21Lo dico con vergogna; come siamo stati deboli!
Però in quello in cui qualcuno osa vantarsi, lo dico da stolto, oso vantarmi anch'io.22Sono Ebrei? Anch'io! Sono Israeliti? Anch'io! Sono stirpe di Abramo? Anch'io!23Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte.24Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi;25tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde.26Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli;27fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità.28E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese.29Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?
30Se è necessario vantarsi, mi vanterò di quanto si riferisce alla mia debolezza.31Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco.32A Damasco, il governatore del re Areta montava la guardia alla città dei Damasceni per catturarmi,33ma da una finestra fui calato per il muro in una cesta e così sfuggii dalle sue mani.
Capitolo IX: La mancanza di ogni conforto
Leggilo nella Biblioteca1. Non è difficile disprezzare il conforto umano, quando abbiamo quello che viene da Dio. Ma è cosa difficile assai saper sopportare la mancanza, sia del conforto umano sia del conforto divino, saper accettare volonterosamente di soffrire, per amore di Dio, la solitudine del cuore, e senza guardare i propri meriti. Che c'è di straordinario se sei pieno di santa gioia, quando scende su di te la grazia divina? E', questo, un momento che è nel desiderio di tutti. Galoppa leggero chi è sostenuto dalla grazia. Che c'è di strabiliante se non sente fatica colui che è sostenuto dall'Onnipotente ed è condotto dalla somma guida? Di buona voglia e prontamente accettiamo un po' d'aiuto; difficilmente uno se la cava da solo. Il santo martire Lorenzo seppe staccarsi da questo mondo, persino dall'amato suo sacerdote, giacché egli disprezzò ogni cosa che gli apparisse cara quaggiù. Egli giunse a sopportare con dolcezza che gli fosse tolto Sisto, sommo sacerdote di Dio, che egli amava sopra ogni cosa. Per amore del Creatore egli, dunque, superò l'amore verso un uomo; di fronte a un conforto umano preferì la volontà di Dio. Così impara anche tu ad abbandonare, per amore di Dio, qualche intimo e caro amico; e non sentire come cosa intollerabile se vieni abbandonato da un amico, ben sapendo che, alla fine, tutti dobbiamo separarci, l'uno dall'altro. Grande e lunga è la lotta che l'uomo deve fare dentro di sé, per riuscire a superare se stesso e a porre in Dio tutto il proprio cuore. Colui che pretende di bastare a se stesso va molto facilmente alla ricerca di consolazioni umane. Colui invece che ama veramente Cristo e segue volenterosamente la via della virtù non scende a tali consolazioni: egli non cerca le dolcezze esteriori , ma cerca piuttosto di sopportare grandi prove e dure fatiche per amore di Cristo.
2. Quando, dunque, Dio ti dà una consolazione spirituale, accoglila con gratitudine. Ma comprendi bene che si tratta di un dono che ti viene da Dio, non di qualcosa che risponda a un tuo merito. Per tale dono non devi gonfiarti o esaltarti, né presumere vanamente di te; al contrario, per tale dono, devi farti più umile, più prudente e più timorato in tutte le tue azioni, giacché passerà quel momento e verrà poi la tentazione. Quando poi ti sarà tolta quella consolazione, non disperare subitamente, ma aspetta con umiltà e pazienza di essere visitato dall'alto: Dio può ridarti una consolazione più grande. Non è, questa, cosa nuova né strana, per coloro che conoscono la via di Dio; questo alterno ritmo si ebbe frequentemente nei grandi santi e negli antichi profeti. Ecco la ragione per la quale, mentre la grazia era presso di lui, quello esclamava: "Nella pienezza dissi: così starò in eterno" (Sal 29,7); poi, allontanatasi la grazia, avendo esperimentato la sua interiore condizione, aggiungeva: "togliesti, o Dio, da me la tua faccia e sono pieno di tristezza" (Sal 29,8). Tuttavia quegli frattanto non disperava, ma pregava Iddio più insistentemente, dicendo: "A te, Signore, innalzerò la mia voce, innalzerò la mia preghiera al mio Dio"(Sal 29,9). Ricavava alla fine il frutto della sua orazione, e proclamava di essere stato esaudito, con queste parole: "Il Signore mi udì ed ebbe misericordia di me; il Signore è venuto in mio soccorso" (Sal 29,11). Come? "Mutasti - disse - il mio pianto in gioia, e mi circondasti di letizia" (Sal 29,12). Poiché così avvenne per i grandi santi, noi deboli e poveri, non dobbiamo disperarci, se siamo ora ferventi, ora tiepidi; ché lo spirito viene e se ne parte, a suo piacimento. E' per questo che il santo Giobbe diceva: "Lo visiti alla prima luce, ma tosto lo metti alla prova" (Gb 7,18).
3. Su che cosa posso io fare affidamento, in chi posso io confidare? Soltanto nella grande misericordia divina e nella speranza della grazia celeste. Persone amanti del bene, che mi stiano vicine, devoti confratelli, amici fedeli, libri edificanti ed eccellenti trattati, dolcezza di canti e di inni: anche se avessi tutte queste cose, poco mi aiuterebbero e avrebbero per me ben poco sapore, quando io fossi abbandonato dalla grazia e lasciato nella mia miseria. Allora, il rimedio più efficace sta nel saper attendere con pazienza, sprofondandosi nella volontà di Dio. Non ho mai trovato un uomo che avesse devozione e pietà tanto grandi da non sentire talvolta venir meno la grazia o da non avvertire un affievolimento del suo fervore. Non ci fu mai un santo rapito così in alto e così illuminato, da non subire, prima o poi, la tentazione. Infatti, chi non è provato da qualche tribolazione non è degno di una profonda contemplazione di Dio. Ché la tentazione di oggi è segno di una divina consolazione di domani; la quale viene, appunto, promessa a coloro che sono stati provati dalla tentazione. A colui che avrà vinto, dice, "concederò di mangiare dell'albero della vita" (Ap 2,7). In effetti, la consolazione divina viene data affinché l'uomo sia più forte nel sostenere le avversità; poi viene la tentazione, affinché egli non si insuperbisca di quello stato di consolazione. Non dorme il diavolo, e la carne non è ancor morta. Perciò non devi smettere mai di prepararti alla lotta, perché da ogni parte ci sono nemici, che non si danno riposo.
DISCORSO 341 SUL TRIPLICE ASPETTO DI CRISTO RIVELATO DALLE SCRITTURE CONTRO GLI ARIANI
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaTre aspetti di Cristo nelle Scritture.
1. 1. Il Signore nostro Gesù Cristo, o fratelli, per quanto noi abbiamo potuto scorgere nelle Pagine sante, (e cioè) quando è annunziato nella Legge e nei Profeti o nelle Lettere degli Apostoli o quando si mostra per la fede nei fatti storici che conosciamo dal Vangelo, lo si vede e così lo si proclama in tre modi. Il primo modo è in quanto Dio, per quella divinità per cui è uguale e coeterno al Padre, prima dell'assunzione della natura umana. Il secondo modo è in quanto, assunta la natura umana, si legge e si intende che lo stesso che è Dio è anche uomo, e lo stesso che è uomo è anche Dio, e, per questa straordinaria caratteristica di superiorità, non resta al livello degli uomini, ma è mediatore e capo della Chiesa. Il terzo modo è quello, in un certo senso, del Cristo totale nella pienezza della Chiesa, cioè in quanto Capo e Corpo secondo quell'uomo perfetto 1 in cui ognuno di noi è membro. Questa connotazione di Cristo si predica ai credenti e si propone come oggetto di speculazione ai sapienti. Non possiamo, in tanto breve tempo, passare in rassegna né spiegare tutte le documentazioni scritturali che avallano questa triplice connotazione di Cristo, tuttavia non possiamo lasciare queste affermazioni senza prova. Data, almeno in parte, qualche testimonianza, sarà poi affare vostro cercare e trovare nelle Scritture le altre che qui, per la ristrettezza del tempo, non possiamo ricordare.
Primo aspetto: Cristo Verbo.
2. 2. Per quanto si attiene alla prima maniera di presentare il Signor nostro Gesù Cristo Salvatore, unico Figlio di Dio, ad opera del quale furono fatte tutte le cose, vi si ricollega quel famoso, splendido passo del Vangelo secondo Giovanni: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutte le cose per mezzo di lui furono fatte, e senza di lui nulla fu fatto. Ciò che è stato fatto in lui era la vita; e la vita era la luce degli uomini; e la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno accolta 2. Mirabili e stupende parole queste, che vanno accolte ancor prima di essere penetrate a fondo. Quando vi si pone davanti una pietanza [accade] che l'uno ne prenda una parte e l'altro un'altra; a tutti lo stesso cibo, non ad ognuno interamente tutto il cibo. Così ora un certo cibo e una certa bevanda di parole sono posti davanti alle vostre orecchie e tutto il discorso giunge a tutti. Forse, quando parlo io, succede che uno si prenda una sillaba e l'altro un'altra, l'uno una parola e l'altro un'altra? Se fosse così dovrei dire tante parole quanti sono gli uomini che vedo, perché a ognuno giunga almeno una parola. Ma io, di parole, facilmente ne dico di più di quanti sono gli uomini qui adunati, eppure tutte nel loro insieme giungono a tutti. La parola dell'uomo dunque non si divide in sillabe perché tutti la possano udire e si [dovrebbe forse] dividere in parti il Verbo di Dio perché sia in ogni luogo? [Possiamo forse presumere] fratelli, di paragonare in qualche modo queste nostre parole che suonano e passano a quel Verbo perenne senza mutamento? Io stesso perché ora ne ho parlato, ho forse fatto un tale paragone? Ho voluto comunque farvi pensare che quello che Dio mostra nelle cose materiali vi può essere utile per credere quello che ancora non sapete scorgere nelle parole spirituali. Ma passiamo ad esempi più validi: le parole infatti risuonano e passano. Entrando nel campo dei concetti, provate a pensare alla giustizia. Supposto che uno si trovi in Occidente e pensi alla giustizia, egli vi pensa nella sua totalità, proprio come uno che si trova in Oriente. L'uno e l'altro la vedono completa. Vedere infatti la giustizia come principio a cui attenersi nell'azione è condizione per agire con giustizia. Come uno la vede interiormente, così in conformità agisce all'esterno. Ma come farebbe a vederla se essa non fosse presente nell'interno? Per il fatto che egli si trova in un determinato luogo, si potrà dire che lì egli non possa essere partecipe del pensiero di un altro [che si trova in un luogo diverso]? Quando tu, posto qui [materialmente], vedi col pensiero ciò che un altro in un altro lontanissimo luogo ugualmente vede col pensiero, e tutto ti appare nella sua completezza e così a lui, ebbene, poiché le realtà spirituali e divine sono ovunque nella loro completezza, puoi credere allora che il Verbo è totalmente nel Padre ed è totalmente nell'incarnazione. Questo devi credere del Verbo di Dio, che è Dio presso Dio.
Secondo aspetto: Cristo Dio e uomo.
3. 3. Ma ecco ora un altro aspetto, un altro modo di presentare Cristo, un altro [aspetto] che la Scrittura fa palese. Ciò che ho detto finora riguarda Cristo prima dell'incarnazione. Ora ascolta quello che proclama la Scrittura: Il Verbo si è fatto carne ed ha dimorato fra noi 3. Se tacesse sull'umanità del Verbo inutilmente ci parlerebbe della sua divinità colui che ha scritto: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutte le cose per mezzo di lui furono fatte e senza di lui nulla fu fatto 4. Perché io veda un giorno quella divinità, è venuto qui a vivere con me; per darmi la purificazione necessaria a quella contemplazione, è venuto a soccorrere la mia debolezza. Si è fatto uomo prendendo dalla natura umana la stessa natura umana. A chi giaceva ferito sulla via venne in aiuto col " giumento " della carne 5, per formare e far crescere la nostra fede debole con il sacramento della sua incarnazione; per rendere limpido il nostro intelletto a vedere quella divinità che non ha mai perduto. Ha incominciato infatti ad essere uomo ma non ha mai cessato di essere Dio. Dunque questo ci è insegnato riguardo al Signore nostro Gesù Cristo in quanto mediatore, in quanto capo della Chiesa, perché egli è Dio-Uomo e Uomo-Dio, così come dice Giovanni: Il Verbo si è fatto carne ed ha dimorato fra noi.
Cristo presentato in ambedue i modi dall'Apostolo.
3. 4. L'uno e l'altro di questi aspetti di Cristo li trovate in quel notissimo capitolo dell'apostolo Paolo [dove] dice [di lui che]: Sussistendo in forma di Dio non reputò una usurpazione l'essere uguale a Dio 6. Il che equivale a dire: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 7. Come potrebbe l'Apostolo dire: Non considerò un'usurpazione essere uguale a Dio, se a Dio non fosse uguale? Se poi il Padre è Dio ed egli non è Dio, come sarebbe uguale? In corrispondenza a quanto dice [Giovanni] che il Verbo era Dio, abbiamo in Paolo questo passo: Non giudicò un'usurpazione essere uguale a Dio, e come l'uno diceva: Il Verbo si è fatto carne e ha dimorato tra noi 8, l'altro, parallelamente, spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo 9. Fate attenzione. Disse che spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo proprio perché si è fatto uomo, perché il Verbo si è fatto carne e ha dimorato tra noi. E che cosa è questo " si spogliò "? Non perse la divinità, ma si rivestì dell'umanità, mostrando agli uomini ciò che non aveva prima di farsi uomo. Apparendo in questo aspetto si spogliò: tenendo nascosto l'alto grado della sua maestà e mettendo in vista la carne, vestito della sua umanità. Egli è Mediatore e Capo della Chiesa per il fatto che si è annientato assumendo la forma di servo. Non dice: " Assumendo la forma di Dio ". Parlandosi della forma di Dio [Paolo] non usa il verbo " assumere ", ma dice: Pur sussistendo in forma di Dio non giudicò un'usurpazione l'essere uguale a Dio. E invece, quando giunge a parlare della condizione del servo, dice: Assumendo la forma di servo. Per questo è Mediatore e Capo della Chiesa e per lui ci riconciliamo con Dio, per il mistero dell'umiltà, della passione, della risurrezione, dell'ascensione e del giudizio futuro per cui si potranno udire le due ben note realtà future sebbene Dio abbia parlato una volta sola 10. Quando si potranno udire? Quando renderà a ciascuno secondo le sue opere 11.
Guardarsi dall'eresia ariana. La provocazione della scienza.
4. 5. Tenendo ben ferma questa dottrina, non stupitevi che vi siano tra gli uomini delle controversie, che si diffondono insidiosamente, come una cancrena, dice l'Apostolo 12. Ma voi state all'erta su ciò che ascoltate e salvaguardate la purezza della vostra [anima], come se foste stati fidanzati, dall'amico dello sposo, all'unico sposo, vergine casta da offrire a Cristo. La vostra verginità sia nella vostra anima. La verginità fisica è di pochi, nella Chiesa. La verginità dell'anima è richiesta invece a tutti i fedeli. E` questa la verginità che il serpente vuole corrompere e a proposito di lui dice l'Apostolo: Vi ho fidanzati a un solo sposo per presentarvi a Cristo quale vergine casta. E temo che, come il serpente con la sua astuzia sedusse Eva, così i vostri sensi si lascino corrompere, deviando dalla sincerità e dalla purezza che è in Cristo 13. I vostri sensi sono le vostre menti. Questa è l'interpretazione più rispondente perché s'intendono per sensi anche quelli del corpo, il senso della vista, dell'udito, dell'olfatto, del gusto, del tatto. Quello che l'Apostolo temeva si corrompesse è la nostra mente, dove risiede l'integrità della fede. Orsù, anima, conserva la tua verginità, che si dovrà poi fecondare nell'amplesso del tuo sposo. Munite di spine le vostre orecchie, come è stato scritto 14. Alcuni fratelli deboli sono stati turbati dalla questione degli Ariani, ma per misericordia del Signore la fede cattolica ha vinto. Egli infatti non ha abbandonato la sua Chiesa e se ha lasciato che fosse temporaneamente turbata, lo ha fatto perché stesse sempre in rapporto di supplica con lui e da lui fosse rinsaldata come su ferma roccia. Ma il serpente sibila ancora, non si rassegna a tacere. Cerca, con una certa qual promessa di scienza, di estromettere l'uomo dal paradiso che è la Chiesa, per non lasciarlo ritornare a quel paradiso dal quale il primo uomo venne estromesso.
Satana agisce ora nella Chiesa come una volta nel paradiso terrestre. Il Figlio in quanto Dio uguale al Padre, in quanto servo minore.
5. 6. Cercate di capire, fratelli. Quello che avvenne in quel paradiso, oggi ancora si verifica nella Chiesa. Nessuno ci induca ad uscire da questo paradiso. Basta che ne siamo usciti una volta. Almeno dopo quell'esperienza, emendiamoci. Il serpente è sempre lo stesso: suggerisce disonestà ed empietà. [Può capitare che] prometta l'impunità, come l'ha promessa là, dicendo: Voi non morirete mai 15. Tali suggerimenti egli insinua per far vivere male i cristiani oggi. " Forse che Dio - dice - farà perire tutti? Forse condannerà tutti? Dio afferma: Sì, condannerò, ma anche perdonerò a quelli che cambieranno vita. Mutino il loro comportamento. Muterò le mie minacce ". Chi mormora insidiosamente è sempre lui, [il serpente], e dice: " Guarda, c'è un passo dove sta scritto: Il Padre è maggiore di me 16 e tu dici che è uguale al Padre? ". Io accetto il passo che tu riferisci, ma ne accetto anche un altro, perché due ne leggo. Il fatto è che tu ne accetti uno solo e l'altro lo rifiuti, mentre li puoi leggere con me, l'uno e l'altro. L'espressione: Il Padre è maggiore di me certo che l'accetto, non da te, ma dal Vangelo. E tu accetta dall'Apostolo l'altra espressione, che il Figlio è uguale al Padre. Uniscile, l'una e l'altra. Accórdale l'una con l'altra. Chi ha parlato per bocca di Giovanni nel Vangelo, ha parlato per mezzo di Paolo nell'Epistola. Dio non può contraddirsi. Ma tu non vuoi capire la concordanza della Scrittura. Tu ami fare questioni. " Ma io - dici - ho la mia prova nel Vangelo [dove è scritto]: Il Padre è maggiore di me ". Ma anch'io ho nel Vangelo la prova [lì dove dice]: Io e il Padre siamo una cosa sola 17. In che modo può essere vera l'una cosa e l'altra? In che modo c'insegna l'Apostolo [che]: Io e il Padre siamo una cosa sola? [Ce lo spiega così:] Egli, avendo forma di Dio, non reputò una usurpazione la sua uguaglianza a Dio. Ascolta ancora: Il Padre è maggiore di me. Ma spogliò se stesso prendendo forma di servo 18. Ecco, io ti ho mostrato in che senso il Padre è più grande: tu mostrami in che cosa [il Figlio] non è uguale. Perché noi leggiamo l'una cosa e l'altra. E` minore del Padre in quanto Figlio dell'uomo, è uguale al Padre in quanto Figlio di Dio, perché il Verbo era Dio. Il Mediatore è Dio e uomo: come Dio uguale al Padre, come uomo minore del Padre; è dunque insieme uguale e minore: uguale nella forma di Dio minore, nella forma di servo. Dimmi dunque com'è uguale e insieme minore, se forse in una parte uguale e in un'altra minore. Ecco, eccettuato il fatto di aver assunto la carne, mostrami dov'è uguale e dove minore. Voglio vedere come farai a dimostrarmelo.
Il Figlio di Dio prima dell'incarnazione non è in alcun modo minore del Padre.
6. 7. Pensare secondo la carne, badate, è stolta empietà. E` stato scritto che: Pensare secondo la carne è morte 19. Férmati qui. Io prescindo per il momento dal resto e neppure parlo ancora della incarnazione del Signore nostro Gesù Cristo, unico Figlio di Dio, ma, come se non fosse ancora avvenuta questa incarnazione che è avvenuta, medito con te queste parole: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio 20. Considero insieme con te anche quest'altro passo: Lui, avendo forma di Dio non reputò un'usurpazione la sua uguaglianza con Dio 21. Mostrami dunque qui dove, dei due, uno può essere più grande e uno più piccolo. Che ne dici? Vorresti forse dividere Dio secondo diverse qualità, cioè determinate maniere di essere corporali o animali, quelle in cui noi possiamo scorgere delle differenze? Secondo natura potrei parlare così, ma Dio sa che così voi non potete capire. Dunque, tornando al discorso precedente, prima che il Verbo assumesse la carne, prima che si facesse carne e abitasse tra noi, mostrami dove è minore, dove è uguale al Padre. Forse che Dio può essere differenziato per cui il Figlio per un verso gli è minore e per un altro uguale? Come se, presi in esame determinati corpi, dicessimo che uno è uguale all'altro in lunghezza ma inferiore in forza. Spesso infatti si danno due corpi uguali per statura, ma riguardo alla forza uno superiore, l'altro inferiore. Vorremmo pensare che Dio e il Figlio sono come corpi? Lo vorremmo pensare di Colui che fu completo in Maria, completo nel Padre, completo nella natura umana e completo sopra agli spiriti angelici? Allontani Dio tali pensieri dal cuore dei cristiani. Su questa strada potresti arrivare a dire: Uguali in altezza e in forza, diversi di colore. Ma il colore non c'è se non nelle realtà fisiche. In lui c'è invece luce di sapienza. Próvati a dirmi il colore della giustizia. Dal momento che le realtà spirituali non hanno colore, tu a Dio non daresti tali attributi se avessi sul viso il colore della vergogna.
Identità tra Figlio e Padre.
6. 8. Che mi dirai, dunque? Forse che in quanto a potenza sono uguali, ma che il Figlio è minore in sapienza? Dio sarebbe ingiusto se avesse dato a una minore sapienza un uguale potere. Se poi sono uguali in sapienza ma il Figlio è minore in potenza, Dio sarebbe stato geloso comunicando una potenza minore a una uguale sapienza. In Dio tutti gli attributi non sono che una identica realtà. Non c'è in lui la potenza in modo distinto dalla sapienza o la fortezza in modo distinto dalla giustizia e dalla castità. Quando parli di uno qualunque di questi attributi di Dio, non puoi intendere che siano differenziati e nulla del resto si può dire in modo appropriato. Questo modo di parlare si addice piuttosto alle anime, in cui la luce divina penetra in modo particolare e le investe secondo le qualità proprie di ciascuna, così come questa nostra luce visibile illumina i corpi fisici: se scompare la luce, tutti i corpi hanno lo stesso colore, o, meglio, nessun colore. Quando la luce arriva e illumina i corpi, per quanto essa sia una sola, li colora in diverse maniere, secondo le loro diverse proprietà. Allo stesso modo ricevono impressione le anime che sono sotto la benefica influenza di una luce che da nulla è influenzata e prendono forma da chi non riceve forma da altri.
La giustizia di Dio: insufficiente espressione umana.
7. 9. Tuttavia, o fratelli, noi usiamo tali espressioni riguardo a Dio solo perché non ne troviamo di migliori. Do a Dio l'attributo di giusto perché, tra le parole umane, non ne trovo una migliore. Ma lui è oltre la giustizia. E` detto nelle Scritture: Dio è giusto e ama la giustizia 22. Nelle Scritture si legge anche che Dio si pente 23, che Dio non sa 24. Cose da inorridire. Come può Dio non sapere, Dio pentirsi? Tuttavia salutarmente la Scrittura è scesa a questo livello di espressioni, che ti fanno orrore, proprio perché così tu non pensi che siano definite in modo adeguato quelle realtà che reputi grandi. " Ma allora - mi puoi domandare - che cosa si può dire di Dio in modo adeguato? ". Uno potrebbe risponderti che, appunto, Dio è giusto. Ma un altro, che va più a fondo, ti direbbe che questa espressione è al di sotto della sua maestà e che così ci si esprime impropriamente riguardo a Dio, ma piuttosto in modo conforme al livello umano. Se uno si appoggia alle Scritture perché lì è scritto: Il Signore è giusto, si può controbattere a ragione che nelle Scritture si trova anche l'espressione che Dio si pente. E poiché è chiaro che il pentirsi non va inteso nel senso comune, nel senso riferito agli uomini che si pentono, così bisogna convenire che l'espressione " giusto " non è applicabile alla suprema grandezza di Dio. E tuttavia la Scrittura fa bene ad usare un tale linguaggio perché, attraverso queste inadeguate parole, l'animo sia gradatamente portato al livello di ciò che non si può esprimere. Tu dici: Dio giusto. Ma cerca di pensare a qualcosa che sia oltre la giustizia, così come sei solito pensarla nell'uomo. " Eppure - tu mi dici - le Scritture hanno proprio detto: giusto ". Ma esse hanno anche detto che Dio si pente, che non sa, cose che non osi ripetere. Orbene, come hai capito che quelle espressioni, che esiti a pronunciare, sono motivate dal basso livello della tua comprensione, così anche queste altre, che consideri superiori, sono dette per un'intelligenza che abbia una consistenza maggiore. Chi poi riesce a trascendere questi concetti e comincia a pensare, per quanto è concesso all'uomo, qualcosa di adeguato riguardo a Dio, troverà, per lodarlo, solo il silenzio delle parole, nella voce inesprimibile del cuore.
Il Figlio è totalmente uguale al Padre.
8. 10. Dunque, fratelli, poiché in Dio potenza e giustizia sono la stessa cosa (qualunque attributo tu gli conferisca, tu di lui dici sempre la stessa cosa e va da sé che non è mai nulla di adeguato) non puoi dire che il Figlio è uguale al Padre per la giustizia e non per la potenza, o sì per la potenza e no per la scienza. L'uguaglianza su di un punto postula l'uguaglianza su tutto; tutti gli attributi che gli dài sono equivalenti, hanno lo stesso valore. Mi basta dunque che tu ammetta di non poter dire in che modo il Figlio è diverso dal Padre se non ammettendo una differenziazione nella sostanza stessa di Dio. E se la supponi, sei fuori dalla verità e non ti accosti a quel santuario divino dove si scorge il vero in pura chiarità. Poiché non puoi parlare di uguaglianza da una parte e di disuguaglianza dall'altra, perché in Dio non vi sono parti, non puoi dire che per un aspetto è uguale e per un altro è disuguale perché in Dio non vi sono qualità differenti, non puoi affermare [del Figlio] che è uguale, se non intendendo totalmente uguale. Ne consegue che non puoi dire di lui che è inferiore se non in quanto assunse la condizione di servo. Abbiate, fratelli, sempre a mente questa verità: se accettate nelle Scritture un determinato principio, la luce stessa di questo principio vi chiarirà tutte le cose. Secondo quanto si è detto, ovunque troverete che il Figlio è uguale al Padre, dovete ritenere tale uguaglianza riguardo alla natura divina. Lo riterrete inferiore solo secondo la forma, che assunse, di servo. Questo trova riscontro nella Scrittura, lì dove è detto: Io sono colui che sono, e ancora: Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe 25. Così avrete compreso quello che egli è nella sua natura e nella sua misericordia. Penso di aver detto abbastanza del modo in cui il nostro Signore Gesù Cristo, Salvatore nostro, Capo della Chiesa mediatore nostro, per mezzo del quale ci riconciliamo con Dio, si presenta nelle Scritture come Dio e come uomo.
Terzo aspetto: il Cristo totale capo e corpo.
9. 11. C'è una terza maniera in cui il Cristo totale può essere presentato: in quanto Chiesa, come capo e insieme come corpo. Infatti capo e corpo sono l'unico Cristo; non perché senza corpo non sia intero, ma perché si è degnato di essere totalmente con noi Colui che, anche senza di noi, è completo; non solo in quanto è Verbo, Figlio unigenito uguale al Padre, ma anche nella sua stessa umanità che assunse e con la quale è, insieme, Dio e uomo. Resta da stabilire, fratelli, in qual modo noi siamo il suo corpo e lui, con noi, l'unico Cristo. Dove troviamo che l'unico Cristo è capo e corpo, vale a dire corpo col suo capo? In Isaia la sposa con il suo sposo parlano come se fossero una persona sola, al singolare. E` uno solo che parla, e state attenti a cosa dice: Come a uno sposo mi cinse il diadema. Mi adornò di gioielli come una sposa 26. Come sposo e sposa. La stessa persona è chiamata sposo in quanto capo, è chiamata sposa in quanto corpo. Sembrano due e invece sono uno. Altrimenti in che modo saremmo membra di Cristo? L'Apostolo si esprime molto chiaramente: Voi siete il corpo di Cristo e sue membra 27. Tutti insieme siamo membra e corpo di Cristo: non solo noi che ci troviamo qui in questo luogo, ma tutti su tutta la terra. E non solo noi che viviamo in questo tempo, ma che dire? dal giusto Abele sino alla fine del mondo, fino a quando ci sarà generazione umana. Qualsiasi giusto faccia il suo passaggio in questa vita, tutta l'umanità presente e non solo di questo luogo, e tutta l'umanità futura, tutti formano l'unico corpo di Cristo e ciascuno ne è membro. Se dunque tutti ne formano il corpo e i singoli sono le membra, è lui il capo di questo corpo. Egli è - dice l'Apostolo - il capo del corpo, cioè della Chiesa, il primogenito, colui che tiene il primato su tutte le cose 28. E poiché di lui dice ancora che è capo di ogni principato e di ogni potestà 29, è chiaro che questa Chiesa, ora pellegrina, si salda a quella Chiesa celeste dove abbiamo gli angeli come concittadini, ai quali noi saremo pari dopo la risurrezione dei corpi: una uguaglianza che ci arrogheremmo con impudenza se la Verità stessa non ce l'avesse assicurato: Saranno uguali agli angeli di Dio 30; e ci sarà una sola Chiesa, la città del grande Re.
Cristo e Chiesa sono l'unico Cristo.
10. 12. Concludendo, dunque, Cristo nelle Scritture è presentato talvolta in modo da far capire che è il Verbo, uguale al Padre, talvolta che è il Mediatore: Il Verbo si è fatto carne, per abitare tra noi 31; o come quando si dice che quell'Unigenito, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, non reputò una usurpazione la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo... facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce 32. Talvolta infine Cristo è presentato in modo da far capire che è insieme capo e corpo: lo dice chiaramente lo stesso Apostolo quando [commenta] ciò che è detto del marito e della moglie nel libro della Genesi: I due diventeranno una sola carne 33. Seguiamolo mentre commenta perché non sembri che azzardiamo congetture nostre. Saranno - dice - i due una carne sola. E aggiunge: Questo mistero è grande. E per non lasciar credere che ci si riferisca all'unione dei due sessi secondo natura, aggiunge: Io parlo in rapporto a Cristo e alla Chiesa 34. Va sempre riferito a Cristo e alla Chiesa ciò che è detto nel passo: I due formeranno una carne sola, pertanto non sono più due ma una carne sola 35. Lo stesso rapporto che c'è tra sposo e sposa c'è tra capo e corpo perché il capo della moglie è il marito. Sia che dica capo e corpo, sia che dica sposo e sposa, intendetelo riferito ad uno solo. Per queste ragioni lo stesso Apostolo, quando era ancora Saulo, si sentì dire: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 36. Perché il corpo è attaccato al capo. E quando quel predicatore di Cristo dovette subire dagli altri le persecuzioni che egli ad altri aveva inflitto, diceva: Per completare nel mio corpo ciò che manca alle sofferenze di Cristo 37, mostrando così che la sua sofferenza apparteneva alle sofferenze di Cristo. [Queste parole] non vanno intese come riferite al capo che, ormai in cielo, non patisce nulla, ma al corpo, cioè alla Chiesa, corpo che col suo capo è l'unico Cristo.
La sposa di Cristo sia senza macchia e ruga.
11. 13. Mostratevi dunque corpo degno di tale capo, sposa degna di tale sposo. Quel capo non può avere se non un corpo degno di lui né un tal marito una sposa che non sia degna di lui. Per farsela comparire - dice San Paolo - davanti, la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile 38. Questa è la sposa di Cristo, senza macchia né ruga. Non vuoi avere macchia? Fa' come è scritto: Lavatevi, purificatevi, togliete le cattiverie dai vostri cuori 39. Non vuoi avere ruga? Prostenditi in croce. Non basta infatti soltanto purificarsi, bisogna prostendersi in croce per essere senza macchia e senza ruga. Mediante la purificazione si portano via i peccati, mediante il prostendersi in croce si realizza il desiderio della vita eterna per cui Cristo si è lasciato crocifiggere. Ascolta ciò che dice lo stesso Paolo, una volta purificato: Ci ha fatto salvi non per merito di opere giuste compiute da noi, ma in forza della sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione 40. Ascolta ancora lui disteso sulla croce : Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta per conseguire il premio a cui Dio mi ha chiamato in Cristo Gesù 41.
1 - Cf. Ef 4, 13.
2 - Gv 1, 1-5.
3 - Gv 1, 14.
4 - Gv 1, 1-3.
5 - Cf. Lc 10, 30-37.
6 - Fil 2, 6.
7 - Gv 1, 1.
8 - Gv 1, 14.
9 - Fil 2, 7.
10 - Cf. Sal 61, 12.
11 - Mt 16, 27.
12 - Cf 2 Tm 2, 17.
13 - 2 Cor 11, 2-3.
14 - Cf. Sir 28, 28.
15 - Gn 3, 4.
16 - Gv 14, 28.
17 - Gv 10, 30.
18 - Fil 2, 6. 7.
19 - Rm 8, 6.
20 - Gv 1, 1-2.
21 - Fil 2, 6.
22 - Sal 10, 8.
23 - Cf. Gn 6, 7.
24 - Cf. Gn 18, 21.
25 - Es 3, 14-16.
26 - Is 61, 10.
27 - 1 Cor 12, 27.
28 - Col 1, 18.
29 - Col 2, 10.
30 - Lc 20, 36.
31 - Gv 1, 14.
32 - Fil 2, 6-8.
33 - Gn 2, 24.
34 - Ef 5, 31-32.
35 - Mt 19, 5-6.
36 - At 9, 4.
37 - Col 1, 24.
38 - Ef 5, 27.
39 - Is 1, 16.
40 - Tt 3, 5.
41 - Fil 3, 13-14.
Il castello interiore: seste mansioni
Il castello interiore - Santa Teresa d'Avila
Leggilo nella BibliotecaCapitolo 1
Quanto più grandi sono le grazie che il Signore comincia a compartire, tanto più gravi sono i travagli che ne vengono - Si parla di alcuni di essi, e si dice come li sopporti chi è entrato in questa mansione - Utile per le anime che soffrono pene interiori
1 - Con l'aiuto dello Spirito Santo, veniamo ora a parlare delle seste mansioni, nelle quali l'anima, già ferita dall''amore dello Sposo, cerca con maggior cura di starsene in solitudine, sfuggendo, per quanto il suo stato glielo permette, tutto ciò che la potrebbe distrarre. La vista dello Sposo l' ha così colpita, che ora ogni suo desiderio è di tornare a goderlo. Qui veramente non si vede nulla per dover usare la parola vista, neppure con l'immaginazione; ma se l'adopero è per il paragone che ho adottato.
L'anima, dunque, è fermamente decisa di non prendere altro sposo. Ma lo sposo, invece di guardare all'ardore con cui ella desidera che si celebri il fidanzamento, vuole che i suoi desideri si rendano più intensi, e che quel bene, superiore a ogni bene, le costi almeno qualche cosa.
È vero che di fronte a un tanto bene vi è ben poco che valga; ma vi devo pur dire, figliuole, che non meno grandi sono anche le prove che d'ora innanzi le succedono, tanto che per sopportarle ha bisogno di quei pegni di cui si vede favorita.
Oh, mio Dio!... Quali pene interiori ed esteriori deve mai ella soffrire prima di entrare nella settima mansione!...
2 - In verità, quando vi penso temo che, prevedendole, sia assai difficile che la nostra debolezza si risolva a sopportarle, neppure con la prospettiva di una infinità di vantaggi, a meno che non si sia già arrivati alla settima mansione, dove non si ha più paura di nulla e dove l'anima è decisamente risoluta a sopportare qualsiasi cosa per amore di Dio. La ragione è che allora è quasi sempre in intima unione col Signore, da cui le deriva ogni forza.
Credo utile descrivervi alcune pene che qui si soffrono, e che io conosco assai bene. Certo che non tutte le anime sono condotte per questa strada. Tuttavia, quelle che Dio favorisce di tali cose di cielo, sia pure ad intervalli, è mio parere che, in un modo o in un altro, debbano andar soggette alle sofferenze della terra.
Non era mia intenzione fermarmi su di ciò; ma poi ho pensato che la cognizione di ciò che soffrono le anime, a cui Dio comparte tali grazie, può essere di conforto a chi si trova in dette angustie, nelle quali sembra veramente che tutto sia perduto. Nel parlarne non seguirò l'ordine con cui si succedono, ma come mi si presenteranno alla mente.
3 - Voglio cominciare dalle più piccole, che sono le mormorazioni, tanto delle persone con cui si hanno rapporti, come di quelle con cui non se ne hanno, e di cui non si avrebbe mai pensato che potessero occuparsi delle cose nostre.
Dicono: « Vuol far la santa! Fa di tutto per ingannare il mondo e screditare gli altri, che sono assai migliori di lei, benché senza tante cerimonie! ». Si noti intanto che ella non fa proprio cerimonie, ma cerca solo di osservare esattamente ciò che esige il suo stato. Tuttavia, quelli che riteneva per amici si allontanano da lei, e facendosi suoi nemici l'assalgono con i morsi più dolorosi e più sensibili: « Quell'anima è un'illusa! È in inganno evidente! Sono artifizi del demonio! Le avverrà come a quella e a quell'altra che andarono perdute! Dà motivo di screditare la virtù! Inganna i confessori!...
E andranno a dirlo agli stessi confessori, citando l'esempio di coloro che per quella, via si sono perduti. E mille altri scherni e dicerie.
4 - Io so di una persona che, al punto a cui le cose eran giunte, temeva di non poter più trovare chi volesse confessarla. Non mi fermo a raccontare i particolari, perché troppo numerosi.
Il peggio è che questa guerra non termina tanto presto, ma dura tutta la vita, perché gli uni raccomandano agli altri di stare in guardia e di non trattare con tali anime.
Mi direte che vi sono anche di quelli che ne parlano bene.
Si, figliole, ma come pochi di fronte al gran numero dei denigratori! Del resto, per quell'anima le lodi non sono che un motivo di tormento, perché, essendosi veduta poco prima in grandi peccati e molto povera, riconosce che se ora ha qualche bene, questo non è suo, ma di Dio che gliel' ha dato, per cui la stima degli uomini le si fa intollerabile: almeno da principio, poi la pena diminuisce, e ciò per più motivi.
Primo, perché l'esperienza la persuade che gli uomini tono tanto pronti a dir bene che a dir male, per cui non fa più conto di una cosa che dell'altra.
Secondo, perché Dio le fa maggiormente conoscere non essere in lei alcun bene che non provenga da Lui, e perciò non fa che ringraziarlo, dimenticando la parte che ella vi ebbe, quasi sia di altri.
Terzo, perché vedendo alcune anime far progressi nel conoscere le grazie di cui ella è favorita, pensa che il Signore voglia ad esse giovare mediante la stima di cui quelle la circondano senza suo merito.
Quarto, perché occupandosi dell'onore e della gloria di Dio più che di se stessa, si sente libera dal timore, comune ai principianti, che quelle lodi le siano di danno, come lo furono ad alcune persone di sua conoscenza. Pur di ottenere che per suo mezzo Dio sia lodato una volta sola di più, non si cura neppure di cadere nel disonore: avvenga quel che vuole avvenire.
5 - Queste ed altre ragioni attenuano la gran pena che le lodi le producono. Tuttavia, ne sente sempre qualche cosa, a meno che non vi presti attenzione. Ma incomparabilmente più grave di tutti è il tormento di vedersi pubblicamente ritenuti per buoni senza alcuna ragione.
Quando un'anima arriva a non curarsene, molto meno si curerà delle critiche: queste anzi la ricreeranno come una musica soave. E ciò è verissimo, perché i frutti di quel cammino fanno l'anima più forte: lei stessa lo riconosce e vede che chi la perseguita non lo fa con offesa di Dio, ma solo perché così Egli permette allo scopo di farle ricavare maggiori beni.
E siccome vede che è così, circonda quelle persone di una tenerezza tutta particolare, le riguarda come le sue amiche più sincere, perché le procurano maggiori vantaggi che non coloro che dicon bene di lei.
6 - Oltre a ciò il Signore suole inviare infermità molto gravi.
Questa prova supera la precedente, soprattutto quando i dolori sono acuti: credo infatti che fra le prove esteriori non ve ne sia alcuna sulla terra che eguagli il tormento di gravissimi dolori. Intendo dolori molto forti: degli altri, ne vengano quanti vogliono.
Dolori siffatti mettono sossopra l'interiore e l'esteriore: l'anima si altera, non sa più cosa fare, tanto che pur di sottrarsi a quel tormento, accetterebbe di buona voglia qualunque rapido martirio.
Bisogna però dire che il dolore non dura sempre nella sua più alta intensità, perché Dio non dà più di quello che si può sopportare, e prima di tutto infonde pazienza. Ma in via ordinaria manda sofferenze molto gravi e malattie di ogni specie.
7 - Conosco una persona che da quando cominciò ricevere la grazia di cui ho parlato, vale a dire da quarant'anni a questa parte, può affermare di non aver mai avuto un sol giorno senza dolori e senza soffrire in diverse altre maniere, tanto per mancanza di salute corporale che per altri travagli molto gravi.
È vero che era stata molto cattiva, e perciò di fronte all'inferno che aveva meritato, stimava tutto poca cosa. Forse chi non ha tanto offeso il Signore sarà condotto per altre vie, ma io preferisco sempre quella della croce, se non altro per imitare nostro Signore Gesù Cristo. Lo farei anche se non vi fosse alcun altro vantaggio: a maggior ragione nel vederne un sì gran numero.
8 - Che dire poi delle pene interiori? Se si potessero ben descrivere, come parrebbero leggere le esteriori! Ma chi può descriverle nella maniera in cui si sentono?
Cominciano col tormento d'incontrarci con un confessore così pauroso e poco sperimentato che non trova nulla di sicuro. Vedendo cose straordinarie, teme di tutto, dubita di tutto e condanna tutto come opera del demonio o effetto di melanconia, specialmente se nell'anima così favorita viene a scorgere qualche imperfezione, quasi che le persone a cui Dio fa tali grazie, debbano essere angeli, cosa assolutamente impossibile finché siamo in questo corpo.
Ciò del resto non mi meraviglia. Ai nostri giorni la melanconia ha invaso il mondo: si è tanto diffusa, e il demonio se ne serve per tanti mali, che i confessori han ragione di temere e di guardarsene attentamente.
Ma la povera anima che, essendo agitata dai medesimi timori, ricorre al confessore come a un giudice e si vede da lui condannata, cade in preda ad angosce e a inquietudini così vive da non essere comprese se non da chi le ha provate.
Altro supplizio di tali anime - specialmente se sono state imperfette - è di pensare che Dio permetta tale inganno in castigo dei loro peccati. È vero che quando ricevono tali grazie ne sono affatto sicure, e nemmeno possono dubitare che non siano dallo spirito di Dio; ma siccome quei favori passano rapidamente, mentre il ricordo dei peccati persevera, il loro tormento non tarda molto a ricominciare, specialmente se vedono in sé dei difetti, che non mancano mai. Godono un po' di pace quando il confessore le rassicura; ma se egli le impaurisce, la loro pena diviene insopportabile, specialmente se sono in una di quelle aridità in cui pare che non si abbia mai avuto, né si avrà mai alcun pensiero di Dio, udendo parlare del quale sembra che si accenni a una persona che si è sentita nominare molto tempo addietro.
9 - Ma questo è ancora nulla. Guai se oltre a ciò l'anima si lascia vincere dal timore di non sapersi manifestare e di ingannare i confessori! Allora non le giova a nulla neppure se, esaminandosi attentamente, non scorge in sé nemmeno un primo moto che tenga loro nascosto. L'intelletto è così al buio che non è più capace di vedere la verità, crede a tutte le rappresentazioni della fantasia, che allora è padrona, e a tutte le insinuazioni del demonio a cui Dio deve certo permettere di porre l'anima alla prova, sino a farle intendere di essere da Lui rigettata.
Sono tanti gli assalti da cui è combattuta, ed ha un'angoscia interiore così tormentosa e intollerabile, che io non so ad altro paragonarla che alle pene dell'inferno. In tanta tempesta, ogni consolazione è proscritta; e se ne cerca qualcuna dal confessore, le vien da pensare che tutti i demoni si colleghino con lui per tormentarla di più.
Un confessore che dirigeva un'anima sottoposta a questo supplizio le aveva detto, dopo che la prova era passata, che quando vi andasse soggetta, glielo facesse sapere, perché quell'angoscia, risultando da tante cose, gli pareva molto pericolosa.
Ma siccome il male peggiorava dovette persuadersi che neppur lui vi poteva nulla. Se quell'anima prendeva un libro in volgare, le accadeva di non capirvi niente, come se non conoscesse neppur l'alfabeto, benché sapesse leggere benissimo: la sua intelligenza ne era affatto incapace.
10 - Per questa tempesta non vi è rimedio di sorta: bisogna aspettare la misericordia di Dio, il quale, con una sola parola o con qualunque fortuito avvenimento, toglie immediatamente ogni angoscia quando meno si pensa.
Allora l'anima si sente inondata di gioia, e così piena di sole da sembrarle di non essere mai stata fra le tenebre. È come un soldato uscito vittorioso da una tremenda battaglia, e ringrazia il Signore che ha combattuto per lei, ottenendole di vincere.
Da parte sua è persuasissima di non aver affatto combattuto, perché le armi con cui poteva difendersi le sembravano tutte fra le mani dei nemici. E così conosce la sua grande miseria e il poco che noi possiamo, quando Dio ci abbandona.
11 - Le pare che per intendere questa verità non abbia più bisogno di riflettere, perché l'esperienza avuta e la totale impotenza in cui si è trovata le hanno fatto conoscere il nulla del nostro essere e la bassezza della nostra miseria.
Durante quella tempesta non ha offeso e non avrebbe offeso il Signore per alcuna cosa al mondo: perciò è in grazia, ma ella non lo sente. Anzi, le pare di non avere in sé neppure una scintilla di amor di Dio, né di averne mai avuto, sogno le buone opere compiute, e fantasia le grazie da Dio ricevute. Non vede altro che i suoi peccati, e questi con chiarezza.
12 - Oh, Gesù! ... Che spettacolo veder un'anima così abbandonata, a cui giovano a nulla tutte le consolazioni della terra! Sorelle, se vi succede di trovarvi in questo stato, non crediate che i ricchi e quelli che godono libertà siano in grado di aver rimedio più di voi. No, no.
A quel modo che tutti i piaceri del mondo, posti innanzi ai condannati a morte, non solo non li confortano, ma accrescono il loro tormento, così qui, perché si tratta di una pena che vien dall'alto e non può esser guarita da alcuna cosa al mondo. Dio vuole che conosciamo la sua sovranità e la nostra miseria, essendo ciò importantissimo per quello che ha da venire.
13 - Che deve fare la povera anima se quel suo stato si prolunga per vari giorni? Se prega, è come se non pregasse (in riguardo, dico, ad averne consolazione) perché non solo non penetra il senso della preghiera, ma non sa neppure cosa dice, nonostante preghi vocalmente.
Per l'orazione mentale, meno che meno: le sue potenze non vi sono disposte. Di maggiore pregiudizio le è pure la solitudine: e, ciò nonostante, non può soffrire la compagnia, né sentire alcuno che le parli senza sperimentarne un nuovo e particolare tormento.
E così, malgrado ogni suo sforzo in contrario, non può a meno di mostrare all'esterno una certa noia e malumore che è impossibile non vedere. Sa dire ciò che prova? No.
Si tratta di cose indicibili, di pene ed angustie spirituali che non si sanno nominare. Il miglior rimedio, non già per farle scomparire - che non ve n'è - ma solo per poterle alquanto sopportare, è di occuparsi in opere di carità o in altre cose esteriori, fiduciosi nella misericordia di Dio che non manca mai a chi in Lui confida. Sia Egli sempre benedetto! Amen.
14 - Quanto alle sofferenze esteriori causate dal demonio, non credo utile parlarne, perché devono essere molto rare e non tanto penose. Per quanto facciano, credo che i demoni non arrivino mai a inabilitare le potenze e a turbare l'anima nel modo che ho detto, rimane sempre la ragione per pensare che non possono andare più in là di quanto il Signore permette; e finché rimane la ragione, ogni pena è leggera di fronte a quello che ho detto.
15 - Parleremo di altre pene interiori trattando dei diversi modi di orazione e dei favori che Dio accorda in queste mansioni.
Molte di esse superano in intensità le precedenti, come appare dallo stato in cui lasciano il corpo. Tuttavia non meritano il nome di pene, e non è giusto che così si chiamino: sono elettissime grazie di Dio, riconosciute come tali anche dall'anima che le soffre, tanto da giudicarle superiori a ogni suo merito.
La più grande di queste pene sopraggiunge all'ingresso della settima mansione, ed è accompagnata da molte altre. Parlerò soltanto di alcune, perché di tutte è impossibile, come è impossibile dichiararne la natura.
Hanno un'origine molto più alta delle precedenti; e se di quelle che sono di ordine più basso io non ho saputo dire che questo, meno ancora ne saprò dire della altre. Si degni Iddio, per i meriti di suo Figlio, di prestarmi in tutto il suo aiuto! Amen.
Capitolo 2
Diversi modi con i quali Iddio eccita l'anima - Si tratta di favori molto grandi e preziosi, nei quali, a quanto sembra, non vi è nulla da temere
1 - Sembra che abbiamo dimenticato la nostra piccola colomba, ma non è così perché le prove di cui ho parlato sono appunto quelle che la impennano a un volo più alto. Cominciamo ora a vedere come lo Sposo si comporta con lei.
Prima di darsi a lei totalmente, la fa sospirare a lungo, usando certi mezzi molto delicati che la stessa anima non comprende, e che io non penso di saper spiegare se non per farmi intendere da chi ne ha l'esperienza. Si tratta di certi impulsi che procedono dal profondo dell'anima, così delicati e sottili da non aver paragoni neppure per darne un'idea.
2 - Differiscono molto da quei sentimenti che possiamo procurare da noi stessi, come pure da quei gusti spirituali di cui abbiamo parlato. Spesso, quando meno si pensa e neppure si è occupati di Dio, Sua Maestà scuote l'anima come per un colpo di tuono o a guisa di cometa che passi rapidamente.
Non si sente alcun rumore, ma l'anima intende che Dio l' ha chiamata, e lo intende così bene che alle volte, specialmente sul principio, trema ed esce in lamenti, benché nulla le dolga.
Sente di essere stata ferita, ma non sa da chi, né in che modo. Però riconosce che è una ferita preziosa e non vorrebbe guarirne.
Si lamenta con lo Sposo con esterne parole di amore, senza potersi frenare, perché conosce che Egli è presente e che ciò nonostante non vuol manifestarsi onde non lo goda. Intensissima è la pena che ne sente, ma deliziosa e soave: l'anima non potrebbe sottrarsene, neppure volendolo.
Del resto, non lo vorrebbe nemmeno, perché prova più gioia in questa pena che non nella deliziosa sospensione dell'orazione di quiete, priva di ogni pena.
3 - Sto struggendomi per darvi ad intendere in che consista questa operazione di amore, ma non so come fare. Dire che l'Amato dia chiaramente a conoscere di essere con l'anima, e che ciò nonostante chiami l'anima con un segno così evidente da escludere ogni dubbio, con un fischio così penetrante che essa ode e le è impossibile di non udire, sembra importare contraddizione.
Eppure, pare che lo Sposo, dalla settima mansione ove risiede, faccia sentire la sua voce senza dire parola, e che gli abitanti delle altre mansioni - sensi, immaginazione e potenze - non osino muoversi.
O mio potente Signore, come sono grandi i vostri segreti! Come diverse le cose dello spirito da quanto si può vedere e intendere quaggiù, dove non c'è nulla che possa lumeggiare un fenomeno come questo, che pure è tanto piccolo di fronte ai molti che Voi operate nelle anime!
4 - L'effetto che ne risulta è che l'anima si va struggendo in desideri, pur senza sapere cosa brami, perché vede d'avere Iddio con sé.
Voi mi direte: Ma se l'anima ha questa conoscenza, che altro desidera? Di che si affligge? Che cosa vuole di più?
Non lo so. Ma so che questa pena sembra compenetrarla intimamente, e che quando le vien tolta la saetta da cui è stata ferita, le pare, per il grande amore di cui arde, che con la saetta le strappino pure le viscere.
Ecco ciò che mi vien da pensare. Non potrebbe essere che dal fuoco dell'acceso braciere che è il mio Dio, si fosse spiccata una scintilla e fosse venuta a toccare l'anima facendole sentire l'ardore di quell'incendio? Non potrebbe essere che, essendo una scintilla molto deliziosa ma non tanto forte per consumarla, lasciasse l'anima in balìa della pena prodottale nel toccarla?
Ecco, a mio parere, il miglior paragone che ho potuto trovare.
Si tratta di un dolore delizioso che non è dolore e che non si fa sempre sentire nel medesimo grado. Alle volte dura a lungo e alle volte pochissimo, conforme piace al Signore comunicarlo, non essendo cosa che si possa ottenere con industria umana.
Anche se si prolunga per un buon tratto di tempo, non è mai costante, ma va e viene. Perciò l'anima non finisce mai di abbruciarsi. Anzi, quando sta per accendersi, la scintilla si spegne, ed ella rimane con il desiderio di tornare all'amoroso tormento di cui quella scintilla le è causa.
5 - Qui non si tratta né di un effetto della natura o della melanconia, né di un'illusione prodotta dal demonio o dall'immaginazione: lo si vede assai bene, e se ne può essere sicuri.
E' un movimento che proviene da dove abita Colui che è immutabile, e i cui effetti sono molto diversi da quelli delle altre devozioni, nelle quali il profondo assorbimento causato dal gusto spirituale può appunto ispirare qualche dubbio. Siccome i sensi e le potenze non sono sospesi, vanno considerando ciò che succede, ma senza mettervi ostacolo. Anzi, quanto a quella pena deliziosa, credo che non possano far nulla, né aumentarla né toglierla.
Chi ha ricevuto da Dio questa grazia - e se l' ha ricevuta lo vedrà benissimo leggendo questo scritto - lo ringrazi infinitamente e non abbia paura di essersi ingannato. Tema soltanto di mostrarsene ingrato, e faccia il possibile per meglio servire il Signore e perfezionare la propria vita.
Allora Iddio non cesserà di favorirlo e non si sa dove andrà a finire. Una certa persona che aveva ricevuto questa grazia l'aveva goduta per vario tempo, ne era talmente contenta che con essa si sarebbe ritenuta abbondantemente ripagata anche se avesse servito il Signore per molti anni in mezzo a grandi sofferenze. Sia Egli per sempre benedetto! Amen.
6 - Può essere che mi domandiate perché questo favore sia più sicuro degli altri. Ed eccone le ragioni. Primo, perché credo che il demonio non produca mai una pena così deliziosa come questa. Se può dar delizie e soavità che sembrano spirituali, non è però in suo potere unire alla sofferenza - e a tale sofferenza - tanta gioia e tranquillità di spirito.
La sua potenza non si esplica che al di fuori; e le sue pene, quando le produce, nonché essere deliziose e tranquille, sono torbide e inquiete.
Secondo, perché questo dolce uragano si scatena da una regione nella quale il demonio non può far nulla.
Terzo, per i grandi vantaggi che ne derivano all'anima, i più comuni dei quali sono, fra gli altri, la risoluzione di patire per Iddio, il desiderio di avere molte croci e una determinazione fermissima di fuggire le soddisfazioni e le conversazioni del mondo, e altre cose consimili.
7 - Che non sia effetto d'immaginazione, lo si prova con l'incapacità di riprodurlo, neppure volendolo. È così chiaro, che l'illusione ne è assolutamente impossibile: impossibile, dico, che ci sembri essere quando non è, o si possa solo dubitarne.
Anzi, se si rimane con dubbio - d'esserne o di non esserne stati favoriti - bisogna dire che non sono veri impeti, perché questi si fan sentire così bene, come alle orecchie del corpo una voce molto forte.
E nemmeno si può dubitare che provenga da melanconia, perché questa fabbrica le sue chimere nell'immaginazione, mentre la pena di cui parlo procede dall'interno dell'anima. Ben può essere che m'inganni ma fino a quando persone competenti non mi apporteranno altre ragioni, io sarò sempre di questo parere.
So di un'anima che temeva sempre di essere in inganno: eppure di questa orazione non poté mai dubitare.
8 - Il Signore ha pure altri mezzi per eccitare l'anima. Talvolta, ad esempio, mentre si prega vocalmente, senza alcun pensiero di cose interiori, par di sentire, tutto a un tratto, una certa soave infiammazione, simile a un profumo molto delizioso che ci investa d'improvviso, diffondendosi per tutti í sensi.
Non già che si senta profumo o altra cosa somigliante: se adopero questo paragone, è per far intendere che lo Sposo è presente e che muove l'anima a un dolcissimo desiderio di goderlo, per cui essa rimane disposta a grandi atti e a impiegarsi tutta nel lodarlo.
L'origine di questa grazia - che per l'anima è assai ordinaria - è la medesima della precedente. Tuttavia non vi è nulla che dia pena, neppure i desideri di vedere Iddio. Per alcune ragioni già dette, mi pare che non vi sia da temere nemmeno qui: ma bisogna ricevere questo favore con rendimento di grazie.
Capitolo 3
Ancora sul medesimo argomento e dice del modo con cui Dio parla alle anime: nel qual caso non bisogna condursi a seconda dei propri lumi - Alcuni segni per conoscere se vi sia o non vi sia illusione - Capitolo molto utile
1 - Ecco un altro modo con cui Dio suole eccitare le anime. Sembra una grazia superiore alle precedenti; ma siccome può andar soggetta a maggiori pericoli, ne voglio parlare un po' più a lungo.
Si tratta di certe parole che Egli dice all'anima e che possono essere di diverso genere. Alcune sembra che vengano dal di fuori, altre dall'intimo più segreto dell'anima, altre dalla sua parte superiore, ed altre dall'esterno, in modo da udirle con le orecchie del corpo e da sembrare che siano dette con voce articolata.
Qualche volta - spesso, anzi, - possono essere effetto di fantasia, specialmente in persone di debole immaginazione o melanconia: intendo di una melanconia notevole.
2 - Secondo me, di queste due classi di persone, non è il caso di occuparsi, neppure se dicono di vedere, sentire ed intendere; e guardarsi anche dall'inquietarle con dir loro che sono vittime del demonio, ma ascoltarle come persone inferme.
La Priora o il confessore, con cui esse si confidano, raccomandino loro di non annettervi importanza, perché nel servizio di Dio non è questo che vale, e che per tale via il demonio ne ha ingannati parecchi.
Tuttavia, per non affliggerle di più - che già lo sono per il loro umore - aggiungano che così non sarà di loro. Dicendo che si tratta di melanconia, non si finirebbe più: affermerebbero di vedere e di sentire anche con giuramento, perché a loro sembra proprio così.
3 - Bisogna dispensarle dall'orazione e far di tutto per indurle a non curarsi di quel che sentono, perché il demonio, anche se non nuoce a queste anime ammalate, può servirsi di esse per far del male alle altre. Ma si tratti di anime inferme o sane, in queste cose bisogna sempre diffidare, fino a quando non si abbia conosciuto da che spirito provengano.
Perciò da principio è sempre meglio opporsi: se sono cose di Dio, le prove non serviranno che a farle crescere e ingrandire di più. Tuttavia, bisogna guardarsi dall'inquietare e stringere troppo l'anima, perché qui essa non può far altro.
4 - Ritornando ora alle locuzioni interiori di cui ho parlato, in qualsiasi modo esse avvengano, possono procedere da Dio, dal demonio o dalla propria immaginazione. Voglio ora dire - se con l'aiuto di Dio vi riuscirò - quali siano i segni per riconoscere la loro origine e quando possono essere pericolose.
Molte sono le persone di orazione che ne vanno favorite, e io vi vorrei persuadere, sorelle, che non vi è alcun male, sia nel prestarvi che nel non prestarvi fede.
Quando riguardano soltanto voi, e sono parole di consolazione, oppure di avviso circa i vostri difetti, qualunque ne sia l'autore - siano pure effetto di fantasia - importa poco. Solo che non abbiate a credere - neppure se vengono da Dio - che per questo siate migliori delle altre.
Forse che Egli non ne ha dette molte anche ai farisei?... L'importante è di trarne profitto. Di quelle che non sono pienamente conformi alla sacra Scrittura, non fatene più conto che se le udiste dal demonio in persona.
Dobbiamo ritenerle per una tentazione contro la fede anche se sono frutto di nostra debole immaginazione, e resistere sino a farle cessare. E cesseranno sicuramente, perché non hanno forza.
5 - Per giudicare se tali parole vengano da Dio, non è buon criterio badare al modo con cui si sentono, se dall'esterno, dall'interno dell'anima o dalla sua parte superiore. Secondo me, i segni più sicuri sono i seguenti.
Il primo e più rassicurante è la sovrana potenza che quelle parole hanno in sé, perché sono insieme parole ed opere.
Mi spiego meglio. Un'anima si trova immersa in quelle pene ed inquietudini interiori di cui ho parlato, arida e con l'intelletto fra le tenebre; ma con una sola di quelle parole, come: Non affliggerti! ella si ritrova nella pace e nella tranquillità, immersa nella luce e affatto libera da quella afflizione da cui credeva di non poter essere alleviata neppure da tutto il mondo e da tutti i dotti insieme uniti, malgrado ogni loro sforzo nel suggerirle ragioni per calmarsi.
È forse afflitta e piena di paura perché il confessore o altre persone le hanno detto che si tratta del demonio; ma a questa sola parola: Sono io, non temere! si riacquieta completamente, rimane piena di consolazione, e le pare che più nessuno le possa far credere altra cosa.
Altre volte invece si trova gravemente preoccupata per alcuni affari importanti che non sa come andranno. Le vien detto di rassicurarsi perché tutto andrà bene, e ne esce più che certa, e pienamente tranquilla. E così si dica di molti altri casi.
6 - Il secondo segno è che l'anima rimane in una grande quiete, in un devoto e pacifico raccoglimento e in una disposizione che la porta a lodare Iddio.
Oh, Signore! ... Se ha tanta forza una parola trasmessa per un vostro paggio, - giacché in questa mansione, a quanto dicono, non siete Voi che parlate, ma un vostro angelo, - che cosa farete Voi quando l'anima vi sarà unita e Voi lo sarete con lei mediante l'amore?
7 - Il terzo segno è che queste parole non escono di mente neppure dopo moltissimo tempo. Alcune poi non si dimenticano mai, ciò che non avviene di quelle che si odono quaggiù; dico di quelle che udiamo dagli uomini, le quali, benché dette da persone gravi e sapienti, tuttavia non s'imprimono come queste, né come queste si credono nel caso che si riportino ad avvenimenti futuri.
Queste infatti lasciano con una certezza assoluta, per cui, anche se sul loro avveramento sorgono dei dubbi, e l'intelletto - trattandosi di cose che paiono impossibili - si rilasci alquanto e vacilli, l'anima perdura in tale sicurezza da non mai dubitarne, nonostante le sembri che tutto vada al contrarío di quanto abbia inteso.
Passeranno pure degli anni, ma ella non cesserà di pensare che Dio le avvererà, ricorrendo anche a dei mezzi che gli uomini nemmeno sospettano, come sempre avviene.
Non lascia però di soffrirne se all'avveramento si frappongono ostacoli. Anzi, siccome le furono rivolte molto tempo addietro, e non sente più gli effetti e la certezza di allora sulla loro origine, l'assalgono dei dubbi, e si domanda se non siano state dal demonio o dalla sua immaginazione.
Però, quando le intende, non solo non ha alcun dubbio, ma per attestarne la verità sarebbe pronta a morire.
Secondo me, queste incertezze devono provenire dal demonio che cerca di angustiare e intimorire l'anima soprattutto se dall'avveramento delle parole intese devono seguire immensi beni agli altri, o si tratta di opere di grande onore e servizio di Dio.
Se poi si frappongono difficoltà, oh, come se ne giova il maligno!
Se non altro per indebolire la fede. E non credere che Dio sia così potente da far cose superiori alla nostra intelligenza, è già un gran danno.
8 - Però, nonostante tutti questi assalti, nonostante che i confessori affermino che sono illusioni, nonostante che un gran numero d'incidenti diano a credere che l'avveramento sia impossibile, rimane sempre - non so dove - una così viva scintilla di certezza che la stessa anima non potrebbe spegnere neppure volendolo, neanche allora che tutte le altre speranze fossero già morte.
Finalmente la parola di Dio si avvera, e l'anima ne rimane così lieta da non voler altro che effondersi in continue lodi al Signore, a ciò mossa più dal vedere adempito quello che Egli le disse, che non dalla stessa opera, malgrado che per lei possa essere di grandissima importanza.
9 - Non so perché l'anima abbia tanto interesse che queste locuzioni si avverino. Non credo però che, mancandone l'avveramento, ella ne abbia tanta pena, perché dopo tutto, non fa che riferire quanto le vien detto.
In simili circostanze una persona si ricordava del profeta Giona quando temeva che Ninive non venisse distrutta. Del resto, siccome si tratta dello spirito di Dio, che è somma verità, è giusto che l'anima gli si mostri fedele, desiderando che non sia sorpreso in menzogna. Perciò grandissima è la sua gioia, quando dopo mille alternative e malgrado ogni difficoltà, assiste all'avveramento di ciò che ha inteso. Preferirebbe sopportare ogni travaglio piuttosto che non si adempissero le parole che indubbiamente ella crede di Dio.
Forse non tutte le anime avranno questa debolezza, se debolezza può chiamarsi. Per conto mio, non la ritengo cattiva, e non oso condannarla.
10 - Quando tali parole provengono dall'immaginazione non hanno alcuno di questi segni, non la certezza, non la pace, non il gaudio interiore, eccetto il caso che si sentano quando l'anima è profondamente assorta nell'orazione di quiete o nel sonno spirituale. So che la cosa è possibile, perché avvenuta a persona di mia conoscenza.
Vi sono anime di temperamento o d'immaginazione così ,deboli - o non so per che altra causa - che una volta immerse in questo profondo raccoglimento, rimangono talmente fuor di sé che dall'esterno non sentono più nulla: i sensi sono tutti assopiti, ed esse somigliano a uno addormentato, per non dire che alle volte dormano per davvero.
In questo stato s'immaginano, quasi sognando, che alcuno parli con loro; vedono delle cose e pensano che siano da Dio, benché in fine non rimangano che con gli effetti di un sogno.
Può anche avvenire ciò che alle volte accade veramente: cioè, che mentre pregano il Signore con grande devozione, sembri loro che Egli risponda in conformità dei desideri che hanno. Tuttavia, chi ha grande esperienza non potrà mai scambiare le parole di Dio con quelle dell'immaginazione.
11 - Il timore più grande è che siano dal demonio. Ma se hanno i segni che ho detto, si può essere sicuri che sono da Dio.
Tuttavia, benché sembri e si sia convinti che vengano da Lui, non bisogna mai esserne così persuasi da fare alcuna cosa - o anche solo pensarla - senza il consiglio di un confessore dotto, prudente e vero servo di Dio, specialmente se tali parole importino cose gravi da dirsi o da farsi, concernenti tanto la stessa anima che altre persone.
Questa è la volontà di Dio, e con questo si osserverà il suo comando, avendoci Egli detto di tenere il confessore il luogo suo. Ecco delle parole sulla cui provenienza non si può, dubitare, e che sono di grande incoraggiamento nelle difficoltà.
Il Signore assisterà il confessore e, volendolo, lo porterà a credere che si tratta del suo spirito. In caso contrario, non si sarà obbligate a nulla. Agire diversamente e condursi secondo il proprio parere mi sembra molto pericoloso. Perciò, sorelle, vi raccomando, da parte di nostro Signore, di non far mai così.
12 - Iddio parla anche in un altro modo, con una azione che mi pare molto evidente: cioè, come appresso dirò, per via di visione intellettuale.
Il fatto si svolge nel più intimo dell'anima: con l'udito dell'anima s'intende il Signore che pronuncia delle parole, ma in un modo così chiaro e segreto da non dovervi temere alcuna ingerenza diabolica, sia per la maniera con cui s'intende, come per gli effetti che ne vengono e che ci permettono di crederlo. Se non altro si ha la sicurezza che ciò non viene dall'immaginazione: sicurezza che con un po' di avvertenza si può sempre avere per le ragioni seguenti.
Primo, per la differenza che v'interviene in fatto di chiarezza, tanto che dalle parole di Dio non si può togliere una sillaba senza che ce n'accorgiamo, ricordandoci perfino se ci furono dette in questa o in quella maniera, benché nell'una e nell'altra si abbia sempre il medesimo senso; mentre le parole dell'immaginazione non sono né chiare, né distinte, ma come mezzo sognate.
13 - Secondo, perché spesso non vi si pensa neppure: vengono all'improvviso, anche in mezzo a una conversazione. Se qualche volta rispondono ai pensieri che passano allora per la mente, oppure a quelli che si ebbero prima, spesso riguardano avvenimenti non mai pensati, né creduti possibili. Perciò l'immaginazione non potrebbe fabbricarle, né ingannare l'anima col farle credere una cosa mai desiderata, voluta o conosciuta.
14 - Terzo, perché nelle locuzioni di Dio l'anima è come una persona che ode, mentre in quelle dell'immaginazione è come una che compone a poco a poco quel che desidera di udire.
15 - Quarto, perché le parole sono molto differenti: con una sola di Dio si comprendono più cose che non sappia comporne l'intelletto in così breve spazio di tempo.
16 - Quinto, perché spesso, mentre si percepiscono, si comprende assai di più di quello che esse significano, benché senza suoni e in un modo che io non so spiegare. Ma di questo modo d'intendere parlerò altrove più a lungo, perché si tratta di una cosa molto sorprendente che serve a far lodare il Signore.
Intorno a questi modi d'intendere, alcune persone hanno avuto dei dubbi, specialmente una che ne ha sofferto moltissimo, e come lei ve ne saranno altre che non finiranno mai di rassicurarsi.
Quella persona ne è stata favorita molte volte, per cui ha potuto esaminare la cosa con maggiore attenzione. Da principio il suo timore più grande era che si trattasse di una sua fantasia.
Se è il demonio che parla, lo si conosce più presto. È vero che le sue astuzie sono molte e che sa trasformarsi anche in angelo di luce; ma ciò soltanto nelle parole, pronunciandole così chiare come quelle dello spirito di verità senza lasciare alcun dubbio.
Tuttavia non potrà simularne gli effetti: non solo non lascerà nella tranquillità e nella luce, ma riempirà di confusione e d'inquietudine. Aggiungo però che se l'anima è umile e nonostante le parole che ode, non agirà che dopo aver preso consiglio, il demonio non le potrà fare gran danno: anzi, non gliene farà affatto.
17 - Se si tratta di grazie e di favori divini, l'anima consideri attentamente se per essi si ritenga migliore. Se non rimane tanto più confusa quanto più amorevoli sono le parole che intende, si persuada che non sono da Dio, essendo assolutamente sicuro che quando vengono da Lui, più il favore è grande e più l'anima si umilia, più ricorda i suoi peccati, più dimentica i suoi interessi, più si applica con memoria e volontà a procurare l'onore di Dio, trascura di più i suoi progressi e più si guarda dall'opporsi al suo volere, rimanendo maggiormente convinta di aver essa meritato, non già quelle grazie, ma l'inferno.
Se i doni e i favori dell'orazione producono questi effetti, l'anima deponga ogni dubbio e confidi nella misericordia di Dio che è fedele, e non permetterà mai al demonio d'ingannarla. Tuttavia, è bene andar sempre con timore.
18 - Chi non è condotto per questa strada, può forse pensare che, per liberarsi da ogni pericolo, sia meglio non ascoltare quanto vien detto; e se le locuzioni sono interiori, distrarsi in modo da non intenderle. Ma ciò è impossibile.
Prescindo dalle parole dell'immaginazione, alle quali ci si può opporre facilmente col non farne caso e col non nutrire desideri troppo forti. Ma quanto alle altre, non v'è rimedio che valga, perché lo spirito che parla arresta ogni pensiero e rende così attenti a quanto dice, da sembrare che sia meno impossibile a una persona di finissimo udito non intendere chi le parli molto forte.
Tuttavia questa persona può sempre divertire l'attenzione e fissare il pensiero e l'intelligenza in altre cose. Ma qui no, perché non vi sono orecchie da chiudere, né possibilità di pensare ad altro fuorché a quanto vien detto.
Può arrestare le nostre potenze e tutto il nostro interiore solo Colui che, pregato da Giosué, ha fermato il sole.
E da ciò l'anima comprende che un Signore assai grande governa il castello: cosa che la compenetra di devozione ed umiltà. No, non vi è alcun mezzo per evitare di ascoltarlo.
Si degni Sua Maestà di dirigere i nostri pensieri a non contentare che Lui, dimenticandoci di noi stessi! Amen!
Piaccia a Dio che mi sia spiegata nel modo che mi sono prefisso, e che sia di qualche utilità a coloro che avranno queste grazie!
Capitolo 4
Iddio sospende l'anima nell'orazione mediante i rapimenti, le estasi e i ratti: insieme di cose che credo formino un tutt'uno - Per ricevere da Dio grandi grazie occorre un coraggio particolare
1 - Che riposo può mai avere la povera farfalletta fra i travagli e le altre cose di cui ho parlato? Tutto contribuisce a farle desiderare il godimento dello Sposo.
Intanto, il Signore che conosce la sua debolezza, la va abilitando con questi e molti altri espedienti, affinché si animi ad unirsi a Lui, prendendolo per suo Sposo.
2 - Voi forse riderete nel sentirmi parlare in questo modo, e vi parrà di udire una sciocchezza, sembrandovi che per far questo non occorra aver del coraggio, poiché a nessuna donna, neppure della più bassa condizione, può mancar animo di sposarsi con un re.
Lo crederei anch'io se si trattasse di un re terreno; ma con il Re del cielo vi dico che ne occorre più di quanto ne pensiate, perché per favori così grandi la nostra natura è molto timida, e vile.
Se il Signore non c'infondesse coraggio, sono persuasa che sarebbe impossibile, nonostante i vantaggi che vi trovassimo.
Osservate ora in che modo il Signore viene a conchiudere questo fidanzamento: favorendo l'anima con dei rapimenti che la fanno uscire dai sensi.
Se l'anima conservasse l'uso dei sensi, credo che nel vedersi vicina a così grande Maestà non le sarebbe possibile rimanere in vita.
Sempre che si tratti di veri rapimenti, e non di certe debolezze a cui noi donne andiamo soggette, ritenendole per estasi e rapimenti. Come ho già detto, vi sono complessioni così deboli che sembrano morire con una semplice orazione di quiete.
Avendo trattato con molte persone spirituali, ho potuto conoscere varie specie di rapimenti, e ve ne voglio parlare. Non so se riuscirò a spiegarmi così bene come ho fatto in un altro scritto, dove ho parlato pure di altre cose che qui avvengono.
Credo per più ragioni che non sia fuor di luogo ripetermi anche qui, se non altro per unire insieme quanto concerne le mansioni.
3 - Una specie di rapimenti è questa. L'anima, pur non essendo in orazione, si sente toccata da una parola di Dio che le viene in mente o che ode. Sembra allora che il Signore, mosso a compassione per averla veduta languire tanto tempo nel desiderio di lui, avvivi nel suo interno la scintilla di cui ho detto e così l'anima, dopo essersi completamente bruciata, risorge a nuova vita a guisa di fenice, con il perdono di tutte le sue colpe, come piamente si può credere, sempre inteso che ne abbia le disposizioni e si serva dei mezzi che la Chiesa insegna.
Così purificata, il Signore la unisce a sé, senza che alcuno ne sappia il modo, eccetto loro due. Anzi, neppur l'anima lo sa.
Benché mantenga l'uso delle sue interne facoltà, non essendo qui come in uno stato di svenimento o parossismo nel quale non si ha percezione di sorta, né interna né esterna, tuttavia non sa dirne nulla.
4 - Per quanto io ne capisca, l'anima non è mai stata così sveglia per le cose di Dio, né con tanta luce e conoscenza di Sua Maestà come in questo caso. Sembrerà impossibile, perché se i sensi e le potenze si trovano così sospesi da dover dire che sono come morti, in che modo si può conoscere che l'anima comprende?
È un segreto che io non capisco, nascosto forse a qualsiasi creatura e noto solo al Creatore, non meno di molte altre cose che avvengono in questo stato, voglio dire in queste due ultime mansioni, le quali del resto, non ammettendo fra loro porta chiusa, si possono unire benissimo: se mi sembra bene dividerle è perché nell'ultima avvengono certi fenomeni che non si sanno conoscere se non entrandovi.
5 - Quando l'anima è in questa sospensione e il Signore crede opportuno di svelarle qualche suo segreto, come certe cose del cielo, o le accorda delle visioni immaginarie, ella lo sa dire benissimo, perché la sua memoria ne rimane così colpita da non potersene più dimenticare.
Ma non così nelle visioni intellettuali, non essendo conveniente che, viventi ancora di questa vita, se ne abbia tale conoscenza da saperne parlare. Tuttavia, siccome in quel tempo ne deve avere di assai sublimi, di molte di esse l'anima può dire qualche cosa dopo aver ripreso l'uso dei sensi.
Può darsi che alcuna non sappia ancora cosa sia visione, specialmente intellettuale. A suo tempo ne dirò qualche cosa, avendomelo comandato chi ne ha il diritto.
Benché vi sembri fuori di luogo, forse per qualche anima può essere utile.
6 - Ma voi mi direte: Se di queste grazie così sublimi non rimane alcun ricordo, che utilità ne ha l'anima nell'esserne favorita?
Ah, figliuole! Ne ha vantaggi così grandi da non saperli abbastanza magnificare. Si tratta di beni che rimangono impressi nella parte più intima dell'anima: non si sanno esprimere, ma non si sanno nemmeno dimenticare.
Ma come ricordarli se non sono accompagnati da alcuna immagine, e le potenze non li intendono? Non lo so. Tuttavia, so che certe verità riguardanti la grandezza di Dio rimangono nell'anima così scolpite, che quand'anche non vi fosse la fede a dirle chi Egli sia, e a imporle di riconoscerlo per suo Dio, l'adorerebbe come tale fin da quel momento, come fece Giacobbe dopo aver veduto la scala.
In quella visione egli dovette intendere molti altri segreti che poi non seppe manifestare, perché se avesse visto soltanto una scala sulla quale scendevano e salivano gli Angeli, e non avesse avuto una maggiore luce interiore, non avrebbe certo inteso così grandi misteri.
Non so se in quello che dico do nel segno: l'ho udito raccontare e nemmeno so se mi ricordo bene.
7 - Neppur Mosé seppe dire tutto quello che vide nel roveto: disse soltanto quello che Dio gli permise. Certo che se il Signore non gli avesse mostrato dei segreti, e con tale certezza da fargli credere e vedere che Egli era Dio, mai Mosè si sarebbe gettato in tanti e così gravi travagli.
Sotto le spine del roveto dovette intendere grandi cose che gli dettero coraggio per tutto quello che poi fece in favore del popolo d'Israele. Perciò, sorelle, dobbiamo guardarci dal voler intendere le cose occulte di Dio e dai cercarne le ragioni.
Come crediamo che Egli è onnipotente, dobbiamo pur credere che vermiciattóli di così poca capacità come noi non possono comprendere le sue grandezze. Lodiamolo molto, affinché si compiaccia di farcene intendere qualcuna.
8 - Vorrei trovare qualche paragone per lumeggiare alquanto quel che dico. Ma credo che non ve ne siano di adatti. Tuttavia, eccone uno.
Voi entrate in una di quelle sale che hanno i re o i gran signori, e che credo si chiamino camerini, dove si conservano innumerevoli cristalli di vario genere, terrecotte e molti altri oggetti, disposti in tal modo che, appena entrati, si vedano subito.
Fui introdotta in una di queste sale in casa della duchessa d'Alba, presso la quale i Superiori mi avevano comandato di fermarmi durante un mio viaggio dietro istanza della medesima.
Appena entrata, rimasi molto sorpresa, e domandandomi a che fosse utile quell'ammasso di cose, vidi che tanta diversità di oggetti poteva servire per lodare il Signore.
Ma ora sono molto contenta di potermene giovare nella presente circostanza. Mi sono trattenuta là dentro per un bel pezzo, ma vi era tanto da vedere che dimenticai subito ogni cosa: non mi rimase memoria di alcun oggetto, come se non li avessi visti, per cui non saprei dire come fossero. Mi ricordo soltanto di averli veduti.
Così qui. L'anima è divenuta una cosa sola con Dio, e si trova nella stanza del cielo empireo che dobbiamo avere nel nostro interno, perché se Dio risiede in noi, è chiaro che di queste mansioni ne abbiamo almeno qualcuna.
Ora, se il Signore non svela all'anima i suoi segreti tutte le volte che essa è in estasi, bastandole soltanto il gran bene di rimanere assorta nel godimento di Lui, talvolta però si compiace sospenderle quel godimento affinché dia una rapida occhiata a quanto vi è nella stanza. E allora ella ritornando in sé, riporta l'impressione delle grandezze vedute, senza che tuttavia ne sappia dire qualche cosa, e senza che la sua natura possa arrivare più in là di quanto il Signore le ha voluto soprannaturalmente far vedere.
9 - Ho detto vedere: dunque, è visione immaginaria? No, io non parlo che di visioni intellettuali, ma siccome sono ignorante, la mia rozzezza non si sa meglio spiegare.
Perciò, se di questa orazione ho detto qualche cosa che va bene, è chiaro che non è venuto da me.
Se in questi rapimenti l'anima non intende alcun segreto, ritengo che non si tratti di veri rapimenti, ma di certe debolezze naturali che sogliono venire alle persone di gracile complessione, come sono le donne, le quali, appena lo spirito supera con un po' di forza il naturale, rimangono così assorte, come mi sembra di aver detto parlando dell'orazione di quiete.
Questi fenomeni non hanno a che fare con i rapimenti, perché in questi, credetemi, Dio rapisce a sé tutta l'anima e le mostra una qualche piccola porzione del regno che le ha acquistato, come a sua sposa e proprietà.
La quale porzione, per piccola che sia, è sempre immensa, come tutto quello che vi è in un Dio così grande. Egli intanto non vuol disturbo di cosa alcuna, non dalle potenze, né dai sensi.
Perciò, ordina che si chiudano le porte di tutte le mansioni, lasciando aperta soltanto quella in cui Egli abita, acciocché l'anima vi possa entrare.
Sia benedetta una così grande misericordia! Con quanta ragione sarà maledetto chi non vorrà giovarsene, perdendo Dio per sempre!
10 - Ah, è un nulla, sorelle, quello che abbiam lasciato! È un nulla quello che facciamo o possiamo fare per un Dio che così si comunica con un verme!
E se un tanto bene possiamo sperarlo fin da questa vita, che facciamo, sorelle, in che ci fermiamo? Che cos'è che ci distrae dal cercare questo Signore, come la sposa per le vie e per le piazze?
Ah, che tutto è illusione nel mondo se non ci aiuta a fare questo! Anche se i suoi piaceri, ricchezze e godimenti durassero per sempre, e fossero tanto numerosi da superare ogni immaginazione, non sarebbero che sterco è schifezza, paragonati ai tesori che si hanno a godere senza fine.
Eppure, nemmeno questi possono reggere al paragone di possedere il Signore di tutti i tesori, del cielo e della terra.
11 - Oh, cecità umana! E. fino a quando, fino a quando terremo gli occhi impiastricciati di terra? Benché fra noi la terra non sembri tale da accecarci del tutto, scorgo però delle pagliuzze e delle piccole pietre che, lasciate aumentare, ci possono essere di danno.
Per amor di Dio, sorelle, serviamoci di questi difetti almeno per approfondire la nostra miseria ed averne miglior vista, come dal fango il cieco nato, guarito dal nostro Sposo.
Vedendoci tanto imperfette, intensifichiamo la preghiera per ottenere che dalle nostre miserie il Signore abbia a ricavare del bene, onde contentarlo in ogni cosa.
12 - Come mi sono dilungata senza accorgermi!... Perdonatemi, sorelle! Giunta a queste grandezze di Dio - intendo dire a parlare di esse - non posso lasciare di lamentarmi nel vedere il bene che per nostra colpa perdiamo.
È vero che Dio l'accorda a chi vuole; ma se noi l'amassimo come Egli ci ama, lo darebbe anche a noi, perché non desidera che di trovar anime a cui dare, senza che le sue ricchezze abbiano per questo a diminuire.
13 - Ritornando ora a quello che dicevo, lo Sposo comanda di chiudere le porte delle mansioni, nonché quelle del castello e del muro di cinta. Infatti, quando il rapimento comincia, cessa il respiro e manca la forza di parlare, nonostante che gli altri sensi si conservino alle volte un po' di più.
Talvolta invece si perde subito ogni senso: il corpo e le mani si raffreddano sino a sembrare di non avere più anima, tanto che alle volte non si sa nemmeno se si respiri.
Ma ciò non dura molto - intendo dire nel medesimo grado - perché, scemando un poco questa grande sospensione, il corpo ritorna alquanto in se stesso e si rianima, ma per tornare a morire e a dar maggior vita all'anima. Però questa estasi così grande non dura molto.
14 - Tuttavia, accade che, finita l'estasi, la volontà rimanga così assorta e l'intelletto tanto astratto da durare in questo stato uno o più giorni senz'essere capaci, a quanto sembra, d'occuparci in altre cose che non muovano la volontà ad amare: per la qual cosa essa è molto sveglia, mentre è intorpidita quanto a determinarsi verso oggetti creati.
15 - Oh, la confusione che prova l'anima nel ritornare in se stessa! Quali ardenti desideri d'impiegarsi nel servizio di Dio in qualunque modo Egli lo desideri! Se dalle precedenti orazioni derivano gli effetti che ho descritto quali ne verranno da una così sublime, come questa?
Si vorrebbero avere mille vite per impiegarle tutte per Iddio, e si desidera che tutte le cose della terra siano altrettante lingue che lo lodino in nome nostro. Vivissimi i desideri di penitenza, benché nell'effettuarli non si soffra molto, per la gran forza dell'amore che impedisce di sentire ciò che si fa.
Perciò l'anima, pensando ai martiri, vede chiaramente che nel sopportare i loro tormenti essi non hanno fatto poi molto, perché con un tal aiuto di Dio diviene facile ogni cosa. E così queste anime si lamentano con Dio quando non hanno nulla da soffrire.
16 - L'anima stima assai di più questa grazia quando la riceve in segreto, perché quando ne è favorita in presenza di qualcuno, la confusione e la gran vergogna che ne sente le fan quasi dimenticare quello che ha goduto, per la pena e l'inquietudine di quello che dirà chi l'ha vista.
Conoscendo la malizia del mondo, teme che quell'effetto venga attribuito a tutt'altra causa, e che si prenda per una occasione di giudizi temerari ciò che dovrebbe servire per lodare il Signore.
Però, questi sentimenti di pena e di vergogna mi pare che denotino una certa mancanza di umiltà. È vero che l'anima non può impedirseli, ma se brama di essere disprezzata, che gliene importa?
Disse il Signore a una persona che soffriva di queste pene: Non affliggerti, perché o daranno lode al mio nome o mormoreranno di te, e in ambedue le cose tu avrai da guadagnare.
E queste parole, come poi seppi, la consolarono e la incoraggiarono molto, per cui ho voluto scriverle qui, a istruzione di coloro che si troveranno nelle sue medesime afflizioni.
Sembra che il Signore voglia far intendere che quell'anima è sua, e che nessuno la deve toccare. Che si attenti al suo corpo, al suo onore, ai suoi beni, ciò sia alla buon'ora, ne verrà gloria al Signore; ma all'anima no. Egli la difenderà contro tutto il mondo e contro tutto l'inferno, sempre inteso che ella non sia così sfacciata da volerlo abbandonare.
17 - Non so se sono riuscita a far un po' comprendere che cosa sia il rapimento, dato che a spiegarlo del tutto è impossibile. Però nel parlarne non si è perduto nulla: si saprà distinguere i veri dai finti, i cui effetti sono molto diversi.
Li chiamo finti non già perché l'anima che ne va soggetta voglia ingannare, ma perché ne rimane ingannata. E siccome i segni e gli effetti non corrispondono alla grandezza del favore, ne resta così infamata che poi non si crede più, e a ragione, neppure a quelle che così il Signore favorisce.
Sia Egli per sempre benedetto e ringraziato! Amen. Amen.
Capitolo 5
Prosegue sul medesimo argomento, e dice che Ilio eleva l'anima anche in altro modo, mediante il volo di spirito - Motivi per i quali occorre aver coraggio - Spiega qualche cosa di quest'altra grazia, esprimendosi in modo piacevole - Capitolo assai utile
1 - Ecco un'altra specie di rapimento che io chiamo volo di spirito: sostanzialmente è un tutt'uno, ma agisce sull'anima in modo assai diverso.
Si sente un movimento di anima così impetuoso da sembrare che lo spirito ci venga rapito, e ciò con tale velocità e così d'improvviso da sentirne, specialmente da principio, non poca paura. Per questo vi ho detto che chi riceve queste grazie ha bisogno non solo di gran coraggio, ma di fede, di fiducia e di pieno abbandono a quello che il Signore vorrà da lui.
Credete che sia di poco sgomento per una persona pienamente in se stessa, sentirsi portar via l'anima, e alle volte anche il corpo, come di alcuni abbiam letto, senza sapere chi li porti, dove e come li porti, giacché quando questo improvviso movimento comincia, non si è ancora sicuri che sia da Dio?
2 - Vi è forse qualche mezzo per resistere? No. Anzi, so da una persona che a voler resistere è peggio.
Siccome l'anima si è rimessa tante volte e tanto sinceramente nelle mani di Dio offrendosi a Lui con risoluta volontà, sembra che Dio le voglia far vedere che ormai non è più padrona di sé, e la rapisce con movimento evidente e impetuoso.
Perciò quella persona aveva stabilito d'imitare la pagliuzza attratta dall'ambra, come forse avrete visto, e abbandonarsi nelle mani di Colui che è tanto potente, vedendo anch'ella che allora il partito più saggio è fare di necessità virtù. Ho detto una paglia, ed è così. Con la stessa facilità con cui un gigante solleva una paglia, il nostro grande e valoroso Gigante rapisce lo spirito.
3 - Il bacino di quella fontana di cui abbiamo parlato - non ricordo bene se nelle Quarte Mansioni - prima si riempiva con soavità e piacevolezza, senza alcun movimento. Ora invece quel gran Dio che ritiene le sorgenti delle acque e non permette al mare di oltrepassare i suoi confini, sembra che ne dischiuda le vene alimentatrici, per cui un'onda potente si solleva con impeto e porta in alto la navicella dell'anima.
E a quel modo che tutti gli sforzi del pilota e di coloro che governano la nave non possono fare che questa si fermi dove vogliono quando le onde la investono con furia, così non può fermarsi dove vuole l'interiore dell'anima, né fare che i sensi e le potenze si sottraggano all'impulso di chi li muove. Del corpo, non se ne fa alcun caso.
4 - Vi confesso, sorelle, che scrivendo queste cose mi sento tutta trasecolare per l'eccelsa potenza che il nostro gran Re e Imperatore mi manifesta. E che sarà per chi ne farà l'esperienza?
Se, come si svela a queste anime, Egli si svelasse ai più perversi del mondo, sono convinta che più nessuno l'offenderebbe, non per amore, per il gran terrore che se n'avrebbe.
Assai ben gravi son quindi gli obblighi di coloro che per vie così sublimi sono stati istruiti a far di tutto per non offendere Iddio!
Voi, sorelle, che ricevete queste o altre simili grazie, vi scongiuro, per amor di Dio, di non mai trascurarvi, badando di non contentarvi soltanto di ricevere. Ricordatevi che chi molto riceve, molto pure ha da rendere.
5 - È questa una verità che dà vive apprensioni, ed occorre che l'anima si armi di gran coraggio. Ma se non è Dio che glielo dà, essa va innanzi con timore, perché, dopo aver considerato ciò che Dio le concede, porta il pensiero su se stessa e vede che di fronte al molto a cui è obbligata, lo serve troppo poco, e anche in quel poco con mancanze, imperfezioni e tiepidezze senza numero.
Se fa qualche opera buona, preferisce e si studia di dimenticarla immediatamente, per non ricordare i difetti con cui l'ha compiuta. Non fa che pensare ai suoi peccati, e siccome non ha con che riparare, si rimette alla misericordia di Dio, supplicandolo per quella bontà e clemenza che Egli ebbe con i peccatori.
6 - Allora Sua Maestà le potrebbe rispondere come a una certa persona, la quale afflitta per questo stesso motivo, considerava innanzi a un crocifisso di non aver mai avuto di che dare, né di che lasciare per Iddio.
Quel crocifisso la consolò, dicendole che Egli le offriva í dolori e i travagli della sua passione, affinché li considerasse come propri e li presentasse a suo Padre.
Ed ella rimase così ricca e così piena di gioia da non dimenticarsene mai più. Ogni qualvolta avvertiva il peso della sua miseria, bastava che se ne ricordasse per subito rianimarsi ed uscirne consolata.
Di queste cose potrei raccontarne varie altre, perché, avendo trattato con molte persone sante e di orazione, ne conosco parecchie; ma non lo faccio affinché non crediate che si tratti di me.
Il fatto riportato mi è parso assai utile per farvi intendere quanto il Signore si compiaccia che noi ci sforziamo di conoscerci, procurando continuamente di mirare e rimirare la nostra miseria e povertà, persuase di non aver nulla che non ci venga da Lui.
Perciò occorre aver coraggio, sia per questo che per le molte altre cose che si presentano quando Dio tiene l'anima in questo stato. Anzi, se vi è umiltà, occorre più coraggio in questo stato che non negli altri. Il Signore ci soccorra per Quegli che è!...
7 - Ritorno a quell'improvvisa elevazione di spirito di cui ho parlato. Avviene in tal modo da far credere che veramente lo spirito si stia separando dal corpo. Benché la persona non muoia, ha però dei momenti in cui ella non sa dire se l'anima si trovi o non si trovi nel corpo.
Si crede trasportata per intero in una regione molto diversa dalla nostra, dove in una luce che non ha paragone con la nostra, le vengono mostrate cose così grandi che da sé non potrebbe immaginare, neppure lavorandovi intorno per tutta la vita.
Perciò avviene che in un solo istante le siano spiegati un'infinità di segreti, dei quali ella non giungerebbe a conoscere la millesima parte, neppure se per ordinarli vi si affaticasse molti anni con l'immaginazione e l'intelletto.
Questa è visione immaginaria, non intellettuale. Con gli occhi dell'anima vi si vede molto meglio che non qui con quelli del corpo, come pure s'intendono varie cose senza l'aiuto delle parole: voglio dire che se si vedono alcuni santi, si riconoscono così bene come se si fossero spesso frequentati.
8 - Alle volte, unitamente alle cose che si vedono con gli occhi dell'anima, se ne presentano altre in visione intellettuale, specialmente angeli in gran numero che accompagnano il loro Dio. Queste e molte altre meraviglie che non è possibile manifestare si presentano per via di una cognizione ammirabile che io non so dichiarare e nella quale non si vede nulla, né con gli occhi del corpo, né con quelli dell'anima. Saprà meglio spiegarsi chi avrà maggiore esperienza e abilità, benché mi sembri assai difficile.
Non so se mentre avvengono queste cose l'anima sia o non sia nel corpo. Non affermerei con giuramento né che l'anima sia nel corpo, né che il corpo sia privo di anima.
9 - Ecco il pensiero che mi è venuto varie volte. Come il sole ha tanta forza da mandare in un istante i suoi raggi sulla terra senza muoversi dal cielo dove si trova, così l'anima - la quale è un tutt'uno con lo spirito, come il sole con i suoi raggi - può essere che per la forza del calore che le viene dal vero Sole di Giustizia si elevi sopra se stessa mediante una qualche sua parte superiore senza abbandonare il suo posto.
Ma io non so quel che dico. La verità è che con la prestezza con cui la palla esce dall'archibugio quando gli è dato fuoco, si leva nell'interno una specie di volo - non so che altra parola adoperare - il quale, benché senza rumore, ha tuttavia, un movimento così evidente che l'illusione non è possibile.
Mentre l'anima è fuori di sé, le vengono mostrate grandi cose, e quando ritorna in sé si ritrova con grandissimi vantaggi. Le cose della terra le appaiono così spregevoli che, di fronte a quelle vedute, le sembrano immondezze.
D'allora in poi non vive quaggiù che con pena, non essendovi nulla che la possa ancora interessare di ciò che prima le soleva essere attraente. Sembra che il Signore le abbia mostrato qualche cosa di quanto valga il paese che l'attende - come coloro che mostrarono i segni della terra promessa nella quale si erano recati per incarico del popolo d'Israele - acciocché, conoscendo in che luogo deve andare a riposarsi, sopporti più tranquillamente le fatiche di questo aspro cammino.
Vi sembrerà che una grazia così istantanea non debba essere di tanti vantaggi; ma ne lascia nell'anima di così grandi, da non poter essere apprezzati se non da coloro che ne sono favoriti.
10 - Da ciò si vede che non è opera del demonio, e meno ancora dell'immaginazione. Effetti così sublimi non possono essere del demonio. No.
La pace, il conforto e il profitto di cui l'anima si sente in possesso non possono venire da lui. E meno ancora queste tre cose che si sentono in grado molto alto: la prima, il conoscimento e la grandezza di Dio, perché, più son le cose che di Lui si vedono, più Egli ci appare magnifico; la seconda, l'umiltà e il conoscimento di noi stessi, nel pensare che un essere così vile abbia osato offendere il Creatore di tante meraviglie e osi ancora guardarlo; la terza, il disprezzo di tutte le cose della terra, eccetto di quelle che siano di aiuto nel servizio di così grande Signore.
11 - Queste le gioie che lo Sposo comincia a regalare alla sposa: gioie di tanto valore che da lei non potranno mai essere sciupate, perché quello che ha veduto le rimane così impresso da esserle impossibile di dimenticarsene fino a quando non ne godrà eternamente. Lei sventurata se dovesse perderle!
Ma lo Sposo che l'ha così favorita può anche concederle di non perderle mai.
12 - Tornando al coraggio che bisogna avere, vi par forse da nulla accorgersi di perdere l'uso dei sensi senza saperne il motivo, sino a sembrare che l'anima si separi realmente dal corpo?
Ma ci vuole il coraggio che può dar solo Colui che dà tutto il resto. Però, voi mi farete osservare che quella paura rimane ben ripagata. È quello che dico anch'io.
Lodi senza fine a Colui che può fare questi doni! E piaccia a Dio che meritiamo di servirlo! Amen.
Capitolo 6
Espone un effetto dell'orazione precedente, e dice in che modo si può conoscere se sia vera o se si tratti d'inganno - Altra grazia che Dio accorda alle anime per impiegarle nelle sue lodi
1 - Con queste grazie così elevate l'anima desidera sì al vivo di godere in pieno Chi gliele fa, che vivere per lei diviene un grande, benché delizioso tormento.
Sospira ardentemente di morire, e con lacrime incessanti supplica il Signore di toglierla da questo esilio, dove tutto l'annoia. Ha un po' di sollievo nel ritirarsi in solitudine, ma la pena non tarda molto a tornare e l'accompagna dovunque, per cui la farfalletta non sa trovar riposo che duri.
Siccome è ripiena d'amore, basta la minima occasione che stimoli il suo fuoco per farle prendere il volo. E ciò spiega perché in questa mansione i rapimenti sono molto frequenti, senza che vi sia modo di evitarli, neppure quando vengono in pubblico. Di qui le persecuzioni e le mormorazioni. E benché l'anima non voglia temere, pure alle volte non può, per il gran numero di coloro che cercano di spaventarla, specialmente confessori.
2 - Mentre da una parte sembra che sia molto sicura, specialmente quando sta sola con Dio, dall'altra non lascia di essere in angustia per la paura che il demonio l'inganni sino a farle offendere il suo Amore. Le chiacchiere della gente non la preoccupano che di poco, a meno che non sia sgridata dal confessore come se ella possa in ciò qualche cosa. Non fa che domandare a tutti preghiere, e supplica incessantemente il Signore di condurla per altra via.
Le hanno detto di far così perché quella è assai pericolosa.
Ma siccome su quella via ha sperimentato molti e grandissimi vantaggi, e non può impedirsi di pensare - secondo quello che legge e sa - che, importando essa l'osservanza dei comandamenti di Dio, è diretta verso il cielo, non le riesce di desiderarne l'uscita, malgrado ogni sua buona volontà, e si rimette nelle mani del Signore.
Causa di pena è pure questa sua impotenza, perché le sembra di non obbedire al confessore, mentre nell'obbedienza e nella premura di non offendere Iddio vede l'unico mezzo per non cadere in inganno. Tuttavia, non commetterebbe un peccato veniale avvertito neppure se la facessero in brani.
Così almeno le sembra e si affligge grandemente nel vedere di non potersi difendere dal commetterne molti senza accorgersi.
3 - Il Signore ispira a quest'anima un così vivo desiderio di non offenderlo, neppure nelle più piccole cose, e di evitare, potendolo, qualunque minima imperfezione, che per questo solo motivo, se altri non ve ne fossero, vorrebbe fuggire gli uomini, e invidia grandemente coloro che vivono e son vissuti nei deserti.
Nel contempo vorrebbe anche cacciarsi in mezzo al mondo, per fare che anche un'anima sola lodasse Iddio di più. Si duole, se è donna, che il suo sesso le sia in ciò d'impedimento, e invidia coloro che possono alzare la voce per dire a tutti chi sia questo gran Dio degli eserciti.
4 - Oh, povera farfalletta, legata con tante catene che non ti permettono di volare come vuoi! Abbiate pietà di lei, o mio Dio, e fate che ella possa soddisfare, almeno in parte, a quanto desidera in vostra gloria ed onore.
Non guardate alla pochezza dei suoi meriti, né alla miseria della sua natura! Non foste Voi sì potente da ordinare al vasto mare di dividersi e al gran Giordano di trattenere le sue acque per lasciar libero il passo ai figliuoli di Israele?
Ma perché avere compassione di lei? Non può ella forse, sostenuta dalla vostra fortezza, soffrir travagli in gran numero? Orbene, poiché ella è a ciò disposta, e tali sono le sue brame, stendete, Signore, il vostro braccio potente, e non trascorra ella la sua vita in mezzo a cose tanto basse.
Risplenda la vostra grandezza in un essere così femminile e dappoco, affinché il mondo, conoscendo che ella da sé non può far nulla, innalzi a Voi le sue lodi. Qualunque cosa le costi, ella non vuole che questo, pronta a dar pure mille vite, se tante ne avesse, pur di ottenere che un'anima sola vi lodasse di più.
Sì, e le riterrebbe per assai bene impiegate. Ma vedendo di non essere degna neppure di patire per Voi la più piccola pena, teme che meno lo sia per la morte.
5 - Non so a che proposito, né per qual motivo ho detto questo: l'ho fatto senza accorgermi. Comunque, questi son gli effetti di quelle estasi e sospensioni, né si può dubitarne.
Non sono desideri passeggeri ma duraturi, e che al presentarsi di una occasione che li metta alla prova, non si dimostrano finti.
Perché dire che sono duraturi, quando l'anima si sente alle volte così codarda e timorosa da sembrarle di non aver animo per nulla, neppure per le cose più lievi?
Se il Signore l'abbandona alla sua natura, dev'essere, secondo me, per un suo maggior bene.
Allora ella conosce che se ebbe coraggio per qualche cosa, questo non le venne che da Dio e lo vede così chiaro da rimanerne annientata, con un conoscimento maggiore della misericordia e della grandezza di Colui che ha voluto manifestare la sua potenza in una creatura tanto vile. Nondimeno, lo stato ordinario dell'anima è quello che abbiamo detto.
6 - In questi grandi desideri di vedere Iddio, occorre che avvertiate una cosa: cioè, che essi alle volte si fanno molto violenti, e allora invece d'aiutarli bisogna reprimerli.
Ciò dico qualora lo possiate, perché in certi casi, di cui parlerò più avanti, non lo si può assolutamente, come voi stesse vedrete. Ma qui qualche volta lo si può, perché la ragione si mantiene in efficienza e può conformarsi alla volontà di Dio, ripetendo le parole di S. Martino?
Bisogna divertire l'attenzione, soprattutto se sono di grande struggimento, perché essendo retaggio di anime molto perfette, può darsi che ci siano suscitati dal demonio per farci credere di esser pur noi di quel numero, mentre è bene andar sempre innanzi con timore. Tuttavia non credo che il maligno possa produrre la pace e il riposo generato nell'anima da questa pena, ma soltanto un movimento di passione, uguale a quello che si sente quando si è afflitti per qualche cosa del mondo.
Chi non ha provato gli uni e gli altri non saprà forse distinguerli, e pensando che quei desideri siano qualche cosa di grande, farà il possibile per aiutarli, con grave pregiudizio della sua salute, perché la pena ne è continua, o almeno molto frequente.
7 - Talvolta questa pena può essere prodotta da debolezza di complessione, specialmente in certe persone sensibili che piangono per ogni cosa, le quali poi si danno mille volte a credere di piangere per Iddio, mentre non è vero.
Quando, per un dato tempo, alla minima parola che si oda di Dio e al più piccolo pensiero di Lui si prorompe in grandi lacrime senza sapersi contenere, può essere che ciò accada per certi umori accumulati intorno al cuore che aiutino più dell'amore di Dio, sino a sembrare di non poter più finire di piangere.
E quelle persone, avendo inteso che le lacrime sono buone, non solo non cercano di reprimerle, ma fanno di tutto per assecondarle, non desiderando altra cosa. Con ciò il demonio si prefigge d'indebolirle affinché si rendano incapaci di fare orazione e di osservare la Regola.
8 - Dato che trovo pericoli dovunque e che vi può essere inganno anche in una cosa tanto eccellente come nelle lacrime, mi sembra che mi vogliate chiedere che cosa si debba fare, o se piuttosto l'ingannata non sia io.
Potrei anche esserlo. Però, sappiate, che se parlo cosa, è perché ho veduto che in alcune persone questo inganno è possibile. Non in me certamente, perché io, non solo non sono tenera di cuore, ma ho un cuore così duro che alle volte ne ho pena.
Tuttavia, quando il fuoco interno è violento, il cuore, benché duro, distilla come un lambicco. Se le lacrime vengono da questa fonte, non potrete non accorgervene, perché in luogo di turbare, confortano, lasciano nella pace, e rare volte fan male.
Del resto, anche se è un'illusione, vi è sempre questo di buono, che il danno è solo per il corpo, non per l'anima, sempre inteso che si abbia umiltà.
Non è male però, quand'anche non vi sia alcun danno, star sempre con timore.
9 - Non dobbiamo pensare di aver fatto tutto perché versiamo molte lacrime. Piuttosto, mettiamo mano a molte opere e a praticare la virtù: queste son le cose che più convengono al caso nostro.
Vengano anche lacrime quando Iddio ce ne favorisca; ma non si faccia nulla per procurarle. Anzi, meno ce ne cureremo, meglio inaffieremo la nostra arida terra, aiutandola più efficacemente a dar frutti con l'acqua che viene dal cielo, paragonata alla quale non ha proprio a che fare quella che troviamo noi a forza di scavare.
Anzi, scaveremo, ci stancheremo, e spesso non troveremo, non dico una sorgente, ma neanche una pozza. Perciò, sorelle, ritengo più utile che ci mettiamo innanzi a Dio, considerando da una parte la sua misericordia e grandezza, e dall'altra la nostra grande miseria.
Egli sa quello che più ci conviene, ed Egli ci dia quello che vuole: acqua o siccità. Così cammineremo tranquille, e il demonio non avrà tanta possibilità di tenderci insidie.
10 - In mezzo a queste cose che sono insieme dolci e penose, il Signore invia talvolta certi moti di giubilo e una certa strana orazione di cui non si sa comprendere la natura. Ma ve ne parlo acciocché nel caso che ne siate favorite, sappiate che è possibile e ne lodiate molto il Signore.
Si tratta, a mio parere, di una grande unione delle potenze, ma alle quali il Signore lascia libertà di godere di quel gaudio, pur senza intendere ciò che godono, né come godono.
E altrettanto è dei sensi. Sembra che parli in arabo, ma è così. L'anima sente una gioia così grande che, non volendo esser sola a goderne, brama di farla conoscere a tutti, affinché l'aiutino a lodare il Signore, scopo di ogni suo movimento.
Oh, che feste e che dimostrazioni farebbe per dimostrate a tutti il suo gaudio! Sembra che si sia ritrovata, e che voglia, come il padre del figliuol prodigo, invitare tutti a far festa, giacché si vede in tal luogo da non poter dubitare, almeno per allora, di doverne essere sicura.
E ciò a ragione, essendo impossibile, a mio avviso, che il demonio produca nel più intimo dell'anima una gioia così grande, accompagnata da tanta pace da muoverla a dar lodi al Signore.
11 - Sotto l'impeto di tanta gioia, è molto se riesce a dissimulare, e non poco penoso a tacere.
In questo stato doveva essere S. Francesco quando, incontratosi con i briganti mentre girava per la campagna gridando, disse che era l'araldo del gran Re. E quanti santi si sono rifugiati nei deserti per potere, come S. Francesco, gridar alto le lodi di Dio!
Io ne conobbi uno, chiamato fra Pietro d' Alcantara, che credo di ritenere per santo, tale essendo stata la sua vita. Anch'egli faceva così; e coloro che l'udivano lo ritenevano per pazzo.
Oh, santa pazzia, sorelle! Oh, se il Signore la concedesse pure a noi! Considerate intanto la grazia che Egli vi ha fatto nell'accogliervi in questo luogo, dove nel caso che vi concedesse tal favore e voi così lo manifestaste, sareste piuttosto incoraggiate, e non già criticate come nel mondo, dove un tal sistema è così, poco in uso da non recar meraviglia se susciti mormorazioni.
12 - Oh, tempi infelici e miserabile vita quella che viviamo! Vivissimo alle volte è il mio gaudio quando, stando tutte unite, vedo le mie sorelle in tanta gioia interiore che ognuna fa quanto più può nel rendere lodi al Signore per trovarsi in monastero: lodi che, come si vede ad evidenza, partono proprio dal cuore.
E io vorrei che le innalzaste di sovente. Se una comincia, le altre la seguono. E in che cosa più bella potreste impiegare le vostre lingue, quando siete insieme, se non nel lodare il Signore, avendo tanti motivi per farlo?
13 - Piaccia a Dio di concederci spesso questa orazione che è molto sicura e profittevole.
Con le nostre forze non la possiamo acquistare, perché soprannaturale. Alle volte può accadere che duri tutto un giorno. Allora l'anima somiglia a uno che abbia molto bevuto, ma non tanto da esser fuori dai sensi; oppure a una persona malinconica che, pur non avendo perduto del tutto il giudizio, abbia l'immaginazione talmente fissa in una cosa, da non esservi alcuno che riesca a distrarla.
Queste comparazioni sono troppo grossolane per fenomeni così elevati, ma il mio ingegno non sa trovarne di migliori.
Tuttavia è così. Il gaudio sommerge l'anima in tal modo che ella va dimentica di sé e di ogni altra cosa, non avverte né indovina a parlare se non di quello che ha rapporto alla sua gioia, voglio dire, delle lodi di Dio.
Figliuole mie, aiutiamo tutte quest'anima! A che scopo vogliamo avere più cervello? Vi è forse al mondo maggior contento di questo? Tutte le creature ci assecondino, per tutti i secoli dei secoli. Amen, amen, amen.
Capitolo 7
Pena che sentono dei propri peccati le anime che ricevono queste grazie - Gravissimo errore in cui si cade, per spirituali che si possa essere, quando non si procura di aver sempre innanzi l'umanità di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, la sua passione, la sua Madre gloriosa e i suoi santi - Capitolo molto utile
1 - Vi parrà, sorelle, che le anime a cui Dio si comunica così intimamente, siano ormai sicure di averlo a godere per sempre, e che non abbiano più motivo di temere né di piangere i loro peccati.
Ma è un gravissimo errore. Forse lo potranno credere coloro che a tali grazie non sono arrivati; ma se le hanno provate, e furono vere grazie di Dio, comprenderanno quello che ora dirò. Il dolore dei peccati cresce in proporzione dei favori che Dio elargisce; e ritengo che non cessi se non in quel luogo dove nessuna cosa può dar pena.
2 - Però, il dolore è più o mene pungente, e non si fa sempre sentire nel medesimo modo. L'anima, invece di pensare al castigo che i suoi peccati le hanno meritato, non vede che l'ingratitudine di cui si è resa colpevole verso Colui che ha tutto il diritto di essere servito e a cui ella tanto deve.
Nei favori che gode scopre maggiormente la grandezza di Dio, si spaventa nel riconoscere di essere stata tanto temeraria, piange il suo poco rispetto, ravvisa nella sua audacia una follia inconcepibile, e al pensiero di aver abbandonato una Maestà così grande per cose tanto vili, non finisce più di lamentarsi.
Si ricorda più spesso di questo che non delle grazie ricevute, le quali, benché tanto grandi, come quelle che ho detto e dirò, le sembrano cose che passino di tanto in tanto trasportate da un fiume impetuoso, mentre il ricordo dei suoi peccati le è sempre dinanzi come un letamaio ribollente: ed in ciò è la sua croce.
3 - So di una persona che desiderava di morire, non solo per vedere Iddio, ma anche per sottrarsi alla pena di sentirsi sempre cosa ingrata verso Colui a cui era e doveva essere obbligata.
Le pareva che le sue iniquità non potessero essere equiparate da alcun'altra creatura, non sapendo ella immaginare che qualche altra fosse stata da Dio così sopportata e favorita di tante grazie. Dell'inferno non hanno affatto paura. Raro, benché tormentoso, è pure il timore di perdere Iddio. L'unica loro apprensione è che il Signore ritiri la sua mano, permettendo che l'offendano ed abbiano a ricadere nello stato infelice in cui per qualche tempo si sono vedute. Non si curano né della pena, né della gloria futura; e se desiderano di star poco in purgatorio, è più per non esser lontane da Dio che per i tormenti che vi si patiscono.
4 - Ritengo che non sia mai sicuro per un'anima, anche se molto favorita, dimenticarsi dello stato infelice in cui forse si è un po' veduta, perché questo ricordo aiuta molto, nonostante sia penoso. Può darsi che io pensi così per essere stata tanto cattiva, e che appunto per questo non riesca mai a dimenticarmene.
Così non sarà di chi è stato virtuoso, benché nessuno vada senza difetti finché si vive in questo corpo mortale.
Il pensiero che Dio ha perdonato e dimenticato le nostre colpe, lungi d'alleviarne la pena, l'aumenta di più, mettendo innanzi quell'eccelsa Bontà che non lascia di favorire con le sue grazie chi non ha meritato che l'inferno. Questo pensiero doveva essere il martirio di S. Pietro e della Maddalena, perché, accesi di amore e favoriti di tante grazie come erano, comprendevano meglio la grandezza e la maestà di Dio: grande doveva essere la loro pena, accompagnata da tenerissimi sentimenti.
5 - Vi parrà pure che godendo di queste cose così sublimi, non si debba più fermare la meditazione sui misteri della sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, ma occuparsi soltanto in amare.
Su questo argomento ho già scritto a lungo in un altro luogo. Alcuni mi han fatto opposizione, e mi hanno detto che non me ne intendo, che diverse sono le vie di Dio e che quando le anime hanno oltrepassati i princìpi, è meglio che si distacchino dalle cose corporee per non esercitarsi che in quelle della divinità.
Tuttavia non mi faranno mai confessare che questo sia un buon cammino. Ben può essere che mi sbagli o che diciamo tutti la stessa cosa, ma io so che per di qui il demonio ha tentato d'ingannarmi; e ne sono rimasta così scottata che penso di ripetere qui ciò che ho detto in altri luoghi, affinché camminiate con molta attenzione e non abbiate a credere - guardate che cosa ardisco dire! - a chi vi afferma il contrario.
Procurerò di farmi intendere meglio che non abbia fatto altrove.
Colui che aveva promesso di trattarne per iscritto, avrebbe fatto bene ad estendersi di più, perché a persone di non troppa intelligenza, un'esposizione sommaria può essere di gran danno.
6 - Certe anime credono di non essere capaci di pensare alla passione: meno ancora lo saranno quanto alla sacratissima Vergine e alla vita dei santi, dalla cui memoria ci deriva tanto aiuto e profitto. Ma io non capisco a che cosa pensino.
Separarsi da ciò che è corporeo per bruciare continuamente di amore è proprio degli spiriti angelici, non di noi che viviamo in corpo mortale. Se abbiamo bisogno di trattare, pensare e accompagnarci con coloro che, pur essendo come noi, compiono per Iddio delle magnifiche imprese, a maggior ragione non dobbiamo separarci dalla sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, unico nostro bene e rimedio.
Non posso credere che alcuni facciano così. Essi non si devono intendere. Ma intanto fan male a sé e agli altri.
Assicuro, se non altro, che non entreranno mai nelle due ultime mansioni, perché, perduta la guida che è il buon Gesù, non ne troveranno la strada.
Sarà già molto se potranno stare nelle altre con sicurezza. Non dice forse il Signore che Egli è la via? Non afferma ancora che è luce, e che nessuno può andare al Padre se non per Lui? E quest'altre parole: Chi vede me vede il Padre mio?
Diranno che si devono spiegare in altro modo. Io non conosco altre spiegazioni: con questa mi sono sempre trovata assai bene, e la mia anima sente che è vera.
7 - Alcune anime, - molte delle quali han trattato con me - appena elevate alla contemplazione perfetta vogliono l'impossibile: cioè, star sempre in quello stato.
Ma, dopo quella grazia, rimangono in tal modo da non esser più capaci di discorrere come prima sopra i misteri della passione e della vita di Cristo. lo non so quale ne sia la ragione, ma è un fatto che avviene di frequente e che inabilita l'intelletto alla meditazione. Secondo me, la causa deve essere questa. Siccome il lavoro della meditazione è tutto nel cercare il Signore, una volta trovatolo, e abituatisi a cercarlo con le operazioni della volontà, l'anima non vuol più stancarsi nel mettere in moto l'intelletto. Può essere inoltre che la volontà, sentendosi infiammata, non voglia più servirsi dell'intelletto. Potendolo non sarebbe male; ma non si può, specialmente quando non si è ancora arrivati a queste sublimi mansioni, e così non si fa che perdere tempo. Spesso per accendere la volontà si ha bisogno dell'intelletto.
8 - Notate, sorelle, questa cosa che è assai importante e che voglio spiegare più a lungo. Ecco un'anima che vuol tutta impiegarsi in amare: non vorrebbe far altro.
Eppure, nonostante lo voglia, non può, perché se non è morta la volontà, è morto il fuoco di cui suole avvampare, e per farlo ardere è necessario che qualcuno vi soffi sopra.
O che forse si dovrà star lì nell'aridità, aspettando, come il nostro Padre Elia, che discenda il fuoco dal cielo a consumare il sacrificio che l'anima va facendo di sé?
No, certamente: non è bene sperar miracoli. Se qualche volta il Signore si compiace di farli, come abbiamo detto e diremo ancora più innanzi, tuttavia vuole che da parte nostra ci teniamo così bassi da credercene indegni, e che ci aiutiamo da noi stessi in tutti i modi possibili: cosa che in questa vita non bisogna mai tralasciare, per alta che possa essere la nostra orazione.
9 - Di questa diligenza non han bisogno che raramente, o quasi mai, coloro che Dio ha già introdotto nella settima mansione, per la ragione che là dirò, se saprò ricordarmene. Tuttavia, nemmeno essi lasciano di star sempre con Cristo Signor Nostro, sia pure in una maniera tutta ammirabile per esser Egli Dio e Uomo insieme.
Dunque, quando la volontà non arde di quel fuoco di cui ho parlato, né si sente in noi la presenza del Signore, è volere di Dio che ce ne andiamo in cerca, come la sposa dei Cantici.
Domandiamo alle creature, come insegna S. Agostino - credo nelle Meditazioni o nelle Confessioni - da Chi siano fatte, e guardiamoci dallo star là come sciocchi, perdendo il tempo nell'attendere quello che ci è stato dato una volta. Può essere che da principio il Signore non ritorni a favorircene, non solo in un anno, ma neppure in molti. Egli ne conosce il perché, e noi non dobbiamo cercare di saperlo, non essendovene motivo. Conoscendo che lo dobbiamo servire per la via dei comandamenti e dei consigli, camminiamo per essa con somma diligenza, pensando alla vita e alla morte di nostro Signore e al molto che gli dobbiamo: il resto venga quando a Lui piacerà!
10 - Forse risponderanno che su tali argomenti non si sanno fermare; e, da quanto abbiam detto, potranno in parte aver ragione. Tuttavia, sapete che una cosa è discorrere con l'intelletto, e un'altra considerare le verità che la memoria presenta all'intelletto. Forse direte di non capirmi, e può essere che non mi capisca neppur io per sapermi spiegare. Tuttavia farò del mio meglio.
Io chiamo meditazione un discorso fatto con l'intelletto nel modo seguente. Cominciamo col pensare alla grazia che Dio ci ha fatto nel darci il suo unico Figliuolo; poi percorriamo senza fermarci tutti i misteri della sua gloriosa esistenza; oppure cominciamo con l'orazione nell'orto, seguendo con l'intelletto nostro Signore fino alla sua crocifissione; ovvero prendiamo un passo della passione, per esempio la cattura, e percorriamo questo mistero considerando minutamente tutte le circostanze che possono fare impressione, come il tradimento di Giuda, la fuga degli apostoli e tutto il resto.
Questa è un'orazione assai bella e molto meritoria.
11 - Eppure, ripeto, questa è l'orazione che le anime elevate da Dio agli stati soprannaturali e alla contemplazione perfetta dichiarano di non saper fare. Io non ne so il motivo, ma ordinariamente è cosa, ed esse han ragione.
Però, s'ingannano quando affermano di non potersi trattenere in questi misteri, né richiamarseli alla memoria, specialmente quando la Chiesa Cattolica li festeggia, essendo impossibile che un'anima, dopo aver ricevuto da Dio tante grazie, si dimentichi di così preziose manifestazioni di amore, che sono come ardenti scintille, atte ad infiammarla sempre più nella sua carità verso Dio. No, quelle anime non si devono intendere.
Quei misteri si comprendono in un modo più elevato. L'intelletto li rappresenta così al vivo, e la memoria ne rimane così impressionata che la sola vista del Signore prostrato nell'orto con quel sudore spaventoso, basta ad occuparci, non solo per un'ora, ma per molti giorni di seguito.
Con un semplice sguardo si vede chi Egli sia, e quanto enorme la nostra ingratitudine verso un dolore così grande. Accorre subito la volontà, sia pure senza tenerezza, ma col desiderio di rispondere in qualche cosa a tanta grazia e di soffrire un poco per Colui che ha tanto sofferto, ed altri simili desideri molto atti ad occupare la memoria e l'intelletto.
Questo, a mio parere, è il motivo per cui l'anima non può passare innanzi e discorrere a lungo sulla passione, e ciò le fa credere di non sapersi in essa occupare.
12 - Qualora non lo possa veramente, è sempre bene che vi si sforzi, perché so che questo esercizio non impedisce neppure la più alta orazione. No, non ho per buono che si astenga dall'esercitarvisi spesso.
Se il Signore la sospende mentre è così occupata, ciò sia alla buon'ora, perché allora le toglie quello che la occupa anche contro sua voglia. Ma io sono sicura che questa maniera di agire nonché non essere di ostacolo, serve grandemente per ogni sorta di beni. L'ostacolo sarebbe nel far di tutto per continuare a discorrere come ho detto in principio, benché non sia affatto possibile per chi è arrivato più in su. (Forse lo potrebbe anche fare, perché molte sono le vie per le quali Dio conduce le anime).
Comunque, non si condanni chi non può camminare per di qui, né lo si giudichi incapace di godere i grandi beni racchiusi nei misteri del nostro Re Gesù Cristo. Ma nessuno, per spirituale che possa essere, mi saprà persuadere che sia bene rinunciarvi.
13 - Ecco ciò che succede ad alcune anime, tanto sul principio come allora che sono alquanto avanzate.
Appena cominciano a toccare l'orazione di quiete e ad assaporare le delizie e i gusti che il Signore concede, pensano di non dover far altro che continuare a goderne.
Ma, come ho detto in altro luogo, si guardino bene dal lasciarsi troppo assorbire, perché la vita è lunga, ed è così piena di travagli che per sopportarli con perfezione, si ha sempre bisogno di considerare come li han sopportati Cristo, nostro modello, i suoi apostoli e i santi.
È troppo bella la compagnia del buon Gesù per dovercene separare! E altrettanto si dica di quella della sua santissima Madre. Egli ha piacere che qualche volta compatiamo le sue pene, a scapito delle nostre gioie e consolazioni, tanto più che le delizie dell'orazione non sono mai così continue da non lasciar tempo per tutto.
Se alcuna affermasse d'esser sempre nelle medesime condizioni - cioè, di non poter mai fare ciò che dico - riterrei il suo stato per molto dubbio.
Anche voi tenetelo per tale, e cercate di liberarvi da questo inganno, facendo il possibile per distrarvi. Se ciò non basta, parlatene alla Priora acciocché vi metta in uffici di tali preoccupazioni da togliervi subito a quel pericolo, perché se , tale stato si prolunga, vi può essere di grave danno tanto alla testa che alla ragione.
14 - Credo di aver fatto capire quanto convenga, per spirituali che si possa essere, non aver così paura delle cose corporee da sembrarci di danno anche la sacratissima Umanità di Gesù Cristo.
Oppongono quello che Gesù disse ai suoi discepoli: cioè, convenire che Egli se ne andasse.
Ma io non lo posso sopportare. Certo che non disse così alla sua santissima Madre, perché ella era forte nella fede, sapeva che Egli era Dio e Uomo, e benché l'amasse più di tutti, lo faceva in modo così perfetto che la sua presenza le era piuttosto di aiuto. Invece gli apostoli non avevano quella fede così ferma che solo ebbero più tardi, e che ora noi dobbiamo avere. Da parte mia, figliuole, vi dico che questo sistema è pericoloso, e che il demonio potrebbe finire col farci perdere la devozione al santissimo Sacramento.
15 - L'inganno in cui mi pare d'esser anch'io caduta non è arrivato a questo punto: soltanto che non godevo più di pensare a nostro Signore Gesù Cristo per andarmene tutt'assorta nell'attesa di quelle delizie.
Ma vidi chiaramente che il mio cammino non era buono, perché, siccome non potevo sempre goderne, il mio pensiero andava vagando qua e là, e l'anima pareva un uccello che svolazzasse senza trovare ove posarsi.
Perdevo molto tempo, non progredivo in virtù, non mi avanzavo nell'orazione, e non ne capivo la ragione, né giammai l'avrei capita, perché quel mio modo di fare mi sembrava molto sicuro.
Fui illuminata da un buon servo di Dio con cui ebbi a parlare della mia orazione, e allora vidi chiaramente quanto fossi fuor di strada. Presentemente non finisco più di dolermi per non aver compreso che con una perdita così grande non si può guadagnare che assai male. No, ora non voglio più alcun bene, neppure potendolo, se non per mezzo di Colui dal quale tutti ci vennero.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen.
Capitolo 8
In che modo Iddio si comunichi all'anima nella visione intellettuale - Alcuni avvisi in proposito - Effetti che questa visione produce quando è vera - Tali grazie si devono tener segrete
1 - È bene ora vedere che, quando Dio lo vuole, noi non possiamo far altro che star sempre con Lui, e ciò vi farà capire più chiaramente la verità di quello che vi ho detto e che quanto più un'anima va innanzi, tanto più continua si fa la sua compagnia col buon Gesù, secondo quello che si apprende dalle diverse maniere con cui Egli si comunica alle anime, mostrando l'amore che ci porta. Ciò avviene mediante alcune visioni e apparizioni molto ammirabili, delle quali, se piacerà a Dio che mi sappia spiegare, vi dirò in breve qualche cosa, affinché non abbiate a spaventarvi qualora ve ne sia data qualcuna: tanto più che queste grazie, anche se non concesse a noi, servono molto a far lodare il Signore, mostrandolo così buono da non sdegnare di comunicarsi in tal modo con una creatura, nonostante tanta sua potenza e maestà.
2 - Ecco ciò che avviene. Mentre l'anima è in tutt'altri pensieri fuorché in quello di avere tali grazie - grazie che non ha mai pensato di meritare - si sente vicino nostro Signor Gesù Cristo, ma senza che lo veda, né con gli occhi del corpo, né con quelli dell'anima. E questa - non ne so il perché - si chiama visione intellettuale.
Una persona che ebbe questa grazia unitamente a molte altre di cui parlerò più avanti, da principio andava molto impressionata perché non capiva cosa fosse, non vedeva nulla e ciò nonostante intendeva così chiaramente essere Cristo quegli che le appariva, da non poterne dubitare: dubitare, dico, che si trattasse di una visione, perché circa la sua provenienza, - se da Dio o no, - era sempre timorosa, benché i grandi effetti di cui rimaneva arricchita la portassero a credere che fosse da Dio.
Ella non solo non aveva mai sentito parlare di visioni intellettuali, ma neppure sapeva se esistessero. Intendeva però chiaramente che Quegli che sentiva presente era il medesimo che altre volte le parlava nella maniera che ho detto, mentre prima non sapeva chi le parlasse, ma solo intendeva le parole.
Questa visione, inoltre, non è come l'immaginaria che passa presto, ma dura molti giorni e alle volte più di un anno.
3 - So ancora che quella persona, standosene con paura, si portò tutt'afflitta dal confessore, che le chiese come sapesse, se non vedeva nulla, che Quegli fosse nostro Signore, e le domandò come era il suo viso.
Ella rispose che non lo sapeva, che non vedeva viso di sorta, e che non sapeva dire di più di quanto aveva detto. Sapeva soltanto che Egli era Colui che le parlava, e che ne era sicura.
Non poteva dubitarne nemmeno se le mettevano indosso delle gravi paure, specialmente quando il Signore le diceva: Non temere, sono io! Queste parole avevano tal forza da toglierle subito ogni dubbio, e da lasciarla in tale compagnia piena di gioia e di coraggio.
Ciò le era di grande aiuto per pensare continuamente al Signore e procurare di non far nulla che l'offendesse, perché le sembrava che la stesse sempre guardando. E ogni qualvolta voleva trattare con Lui, sia nell'orazione che fuori, le pareva che Egli le fosse così vicino da non poter lasciare d'ascoltarla.
Riguardo alle sue parole, ella le udiva non quando voleva, ma improvvisamente, a seconda del bisogno. Sentiva che le camminava al lato destro, ma con nessuno di quei segni sensibili per i quali si può conoscere che una persona ci è vicina, bensì in una maniera più delicata che non si deve saper dire: però con la medesima certezza, anzi maggiore, perché con i sensi si può cadere in inganno, mentre qui è impossibile.
Se fosse effetto di melanconia, non si avrebbero i vantaggi e gli effetti interiori di cui l'anima si sente ripiena. E nemmeno può essere dal demonio, perché l'anima non rimarrebbe così in pace, né con desideri così continui di piacere a Dio, né con disprezzi così sentiti per tutto ciò che non l'avvicini a Lui.
4 - Col tempo la visione di quella persona si andò meglio manifestando, ed ella comprese che non era dal demonio. Tuttavia si sentiva alle volte piena di paura, e alle volte con grandissima confusione per non sapere da dove tal bene le venisse.
Io e quella persona eravamo una stessa cosa, e niente passava nella sua anima che io non conoscessi, per cui posso esserle di buon testimonio. Abbiate quindi per vero quanto di lei vi ho raccontato.
Questa grazia apporta all'anima grande confusione e umiltà.
Sarebbe tutto il contrario se fosse dal demonio. Né vi può aver parte l'industria umana, perché l'operazione di Dio è così evidente che in nessun modo l'anima può pensare che sia un bene di suo acquisto, ma datole unicamente dalla mano di Dio.
Fra le grazie già raccontate ve ne saranno forse di superiori, ma questa apporta all'anima una speciale conoscenza di Dio, dalla cui continua compagnia le deriva un amore tenerissimo verso di Lui, accompagnato dai più vivi desideri d'impiegarsi in suo servizio e da una grande purità di coscienza, perché Colui che ha sempre dinanzi, le fa avvertire ogni cosa.
E' un fatto che, pur sapendo di esser sempre alla presenza di Dio, molte volte trascuriamo di pensarci. Ma qui la cosa è impossibile, perché l'anima è tenuta sveglia da Dio stesso che le sta vicino. Perciò, più frequenti sono pure le grazie di cui abbiamo parlato, perché l'anima è quasi sempre in continui atti d'amore verso Colui che vede o sente vicino.
5 - Insomma, dai vantaggi che lascia si conosce chiaramente che è una grazia assai grande, degna d'immensa stima. L'anima ringrazia il Signore che gliela dà senza suo merito, e non la cambierebbe con alcun tesoro o diletto della terra. Quando Dio crede di privarnela, ella si sente sola, e a nulla giovano i suoi sforzi per riaverla, perché Dio la concede quando vuole, né vi son mezzi per procurarsela.
6 - Alle volte si tratta della presenza di qualche santo, e anche allora se ne ha grande giovamento.
Ma voi mi direte: Se non si vede nulla, come si capisce che è Cristo, la sua gloriosissima Madre o qualche santo?
L'anima non lo sa dire, non comprende come lo capisca e, ciò nonostante, ne è fermissimamente sicura. Pare che la cosa sia più facile quando si tratta di Gesù Cristo che fa sentire la sua voce, ma quando sono santi che non parlano, e sembrano messi là in aiuto e compagnia dell'anima, il fatto è assai più sorprendente.
Vi sono altre cose spirituali che non si sanno spiegare, ma che servono a farci meglio conoscere quanto sia incapace la nostra natura di comprendere le infinite grandezze di Dio, dato che non comprende neppur quelle.
L'anima si contenti di ammirarle, di benedire il Signore e di ringraziarlo vivamente. Siccome non sono grazie che si danno a tutti, essa le deve molto stimare, procurando di servir meglio il Signore, ché appunto per questo gliele dà.
Ne viene intanto che l'anima, lungi dal credersi più degli altri, si persuade d'esser quella fra tutti che meno serve il Signore. Le pare di esservi obbligata più degli altri, e la minima mancanza che commette le trapassa le viscere, non senza grande ragione.
7 - Quella fra voi che Dio condurrà per di qui saprà riconoscere da questi effetti se vi è inganno o fantasia. Quanto al demonio, non credo possibile, se è lui, che la cosa si protragga a lungo, con tanti vantaggi per l'anima e tanta pace interiore.
Non è questo il suo costume. Un essere così malvagio non potrebbe produrre tanto bene neppure volendolo, perché verrebbero certi fumi di propria stima a farci subito pensare di essere migliori degli altri.
Gli dà tanta rabbia che l'anima si mantenga sempre con Dio, continuamente occupata di Lui, che se qualche volta cerca d'ingannarla, non lo fa troppo spesso.
Dio poi è fedele, e non permetterà mai al demonio di aver tanta forza sopra un'anima, la cui unica brama è di piacergli e di sacrificare anche la vita per il suo onore e la sua gloria: anzi, farà in modo che ne esca presto disingannata.
8 - Il mio pensiero è e sarà sempre questo: dal momento che l'anima si sente con questi effetti che sono propri delle grazie di Dio, qualche volta Egli potrà permettere al demonio di tentarla, ma la farà uscire con vantaggio e coprirà il maligno di confusione.
Perciò, figliuole, se alcuna va per questa strada, non si lasci spaventare. Però è bene che camminiate sempre con timore e con grande avvertenza. Guardatevi dal credere che per essere così favorite possiate alquanto trascurarvi: sarebbe segno che le vostre grazie non sono da Dio, né più né meno che se non vi vedeste con gli effetti accennati.
Da principio sarà bene che ne parliate sotto segreto di confessione con qualche persona molto dotta -sono costoro che ci devono illuminare - oppure con una molto spirituale. Però preferite il molto dotto, se la spiritualità dell'altro non è profonda. Meglio ancora: potendolo, consultate l'uno e l'altro. Se vi diranno che è una vostra immaginazione, non preoccupatevene, perché un'immaginazione non fa né bene né male. Piuttosto raccomandatevi a Dio affinché non permetta che cadiate in inganno.
Ne avrete maggior pena se vi diranno che è il demonio. Ma non ve lo dirà certamente uno molto dotto quando veda gli effetti di cui abbiamo parlato. Quand'anche ve lo dicesse, vi assicurerebbe del contrario il Signore che sta con voi, il quale vi riempirebbe di consolazione, e darebbe luce al direttore per potervi meglio comprendere.
9 - Se l'interpellato è uno che, pur praticando l'orazione, non è condotto per questa strada, si spaventerà subito e condannerà ogni cosa. Perciò vi consiglio d'indirizzarvi a un qualche grande teologo, possibilmente molto spirituale.
La Priora lo permetta, anche se in base alla buona vita che mena, vede che quell'anima va bene. È obbligata a permetterlo. E saranno ambedue sicure. Però, dopo essersi consultata, l'anima deve mettersi in pace e guardarsi dal moltiplicare consultazioni, perché il demonio può ispirare timori così eccessivi e irragionevoli da spingere l'anima a non contentarsi di una volta sola.
Ciò avviene specialmente quando il confessore non è di molta esperienza, si fa vedere timoroso, o è lui che induce l'anima a consultarsi. In tal modo vengono a divulgarsi certe cose che sarebbe bene tener segrete. Ecco allora l'anima fra le persecuzioni e le angustie.
Credeva che le sue grazie fossero occulte, e invece le vede divulgate, con un seguito di molte cose spiacevoli tanto per lei che per 1'Ordine, causa la malizia dei tempi.
Perciò è necessario avere molta prudenza, e io la raccomando assai alle Priore.
10 - Non devono esse pensare che una sorella sia migliore delle altre perché è favorita di tali grazie. Il Signore guida ognuna secondo che crede meglio. Se è vero che quei favori, quando sono corrisposti, aiutano a divenire delle grandi serve di Dio, è pur vero che alle volte il Signore non li comparte che alle più deboli.
Perciò non bisogna né approvare né condannare, ma considerare la virtù. Sarà più santa colei che servirà il Signore con maggiore mortificazione, umiltà e purità di coscienza.
Ma siccome quaggiù non si può avere che una sicurezza relativa, bisogna attendere che il vero Giudice dia a ciascuno quello che si merita.
E vedremo allora con sorpresa quanto siano diversi i suoi giudizi dai nostri terreni apprezzamenti.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen. .. .
Capitolo 9
In che modo Iddio si comunichi all'anima nella visione immaginaria - Raccomanda istantemente di non desiderare questa via, e ne dice le ragioni - Capitolo assai utile
1 - Veniamo ora alle visioni immaginarie, nelle quali dicono - e dev'essere vero - che il demonio può intromettersi più facilmente che non nelle precedenti.
Ma se vengono da Dio, credo che ci siano più utili, perché più conformi alla nostra natura: eccetto quelle che Dio accorda nell'ultima mansione, alle quali non ve n'è una che possa essere somigliante.
2 - Ecco come nostro Signore si presenta nella visione descritta nel capitolo precedente. Supponiamo di tener chiusa in un astuccio d'oro una pietra preziosa di grandissimo valore e di ammirabili qualità.
Non l'abbiamo mai vista, ma siamo sicuri di averla, e portandola con noi non lasciamo di sperimentarne gli effetti e d'apprezzarne il valore, avendoci essa guariti da certe infermità per le quali è appropriata. Tuttavia non osiamo guardarla, né aprirne l'astuccio.
Anzi, non lo possiamo neppure, perché il modo di aprirlo è noto solo al suo padrone, il quale ce l'ha imprestata perché ce ne gioviamo, ma se ne è tenuta la chiave.
Quando vorrà mostrarci la pietra, aprirà l'astuccio, come sua cosa propria; e quando gli piacerà, se la porterà via, così come suol fare.
3 - Supponiamo ora che di tanto in tanto apra improvvisamente l'astuccio in beneficio di colui a cui l'ha imprestata. Questi ne avrà un ricordo più vivo, e non potrà pensare all'ammirabile splendore di quella pietra senza provarne una gioia particolare. Così qui.
Quando il Signore si compiace di favorire alcuno con maggior affetto, gli mostra svelatamente la sua sacratissima Umanità sotto la forma che vuole, o come era quando viveva sulla terra o come dopo la sua resurrezione, sia pure con tanta rapidità da fare pensare a un lampo.
Tuttavia la sua immagine s'imprime nella mente così al vivo da non poter essere cancellata fino al giorno in cui lo si godrà senza fine.
4 - Ho detto immagine, ma non già nel senso che debba parere una pittura, bensì come un Essere veramente vivo, che alle volte parla con l'anima e le svela dei sublimi segreti. Tuttavia, anche se l'apparizione si protrae per qualche tempo non si può in essa fermare lo sguardo più di quello che lo si possa nel sole, per cui la sua vista ne è sempre rapidissima, nonostante che il suo splendore non offenda gli occhi dell'anima, come lo splendore del sole quelli del corpo.
Parlo degli occhi dell'anima, perché, qui non si percepisce che con essi. Quanto a vedere con gli occhi del corpo non ne so nulla perché la persona suddetta, da cui ho appreso tanti particolari, non ne fu mai favorita: e parlare con esattezza di ciò che non si conosce per esperienza, è assai difficile.
Lo splendore di quell'immagine è come una luce infusa, simile a quella che avrebbe il sole se lo si coprisse di una cosa trasparente, come il diamante; e le sue vesti sembrano di tela d'Olanda. Ma quando il Signore accorda questa grazia l'anima entra quasi sempre nel rapimento, perché uno spettacolo così tremendo dall'umana debolezza non può essere sopportato.
5 - Dico tremendo, in quanto è di una maestà così grande che l'anima ne va piena di spavento, benché sia il più bello e il più dilettevole spettacolo che una persona sappia immaginare, la quale non riuscirebbe a rappresentarselo così, neppure se vi lavorasse intorno mille anni di vita, perché superiore di gran lunga alla capacità della nostra immaginazione e del nostro intelletto.
Qui non vi è bisogno di chiedere come si conosca chi Egli sia. Non occorre che alcuno ce lo dica, perché si dà a conoscere da sé molto bene come Signore del cielo e della terra: contrariamente ai re di questo mondo, i quali, se non sono accompagnati dalla loro corte, o non si dice chi siano, passano spesso inosservati.
6 - Oh, Signore! .... Come vi conoscono poco i cristiani! Che sarà quando verrete a giudicarci, se qui, mentre venite con tanta affabilità per trattare con la vostra sposa, si prova un così vivo terrore a guardarvi? Ah, figliuole! Che sarà mai quando con voce terribile pronunzierà le parole: Via, maledetti dal Padre mio?
7 - Sia questo il pensiero che lasci ora nella nostra mente la grazia di cui parlo, e ci sarà di non poco profitto.
S. Girolamo, benché santo, l'aveva sempre presente. E con esso ci sembrerà poco quello che dovremo soffrire per il rigore della Regola abbracciata. Anche se le sue austerità durassero a lungo, paragonate a quelle dell'eternità non sarebbero che di un istante.
Quanto a me, vi assicuro, benché tanto miserabile, di non aver mai avuto così paura dei tormenti dell'inferno da stimarli anche solo qualche cosa di fronte al terrore dei dannati nel vedere pieni d'ira gli occhi tanto belli, dolci e misericordiosi del Signore.
Mi pare che il mio cuore non li potrebbe sopportare. E tale è sempre stato il mio pensiero. Ah, quanto dovrà più temere chi ha ricevuto questa grazia, se l'emozione che in essa si prova basta da sola per far uscire dai sensi!
Questo dev'essere il motivo per cui l'anima rimane allora sospesa. Ma il Signore soccorre alla debolezza di lei, acciocché si unisca alla sua grandezza in questa divina e tanto sublime comunicazione.
8 - Se l'anima può indugiarsi a lungo nella contemplazione del Signore, credo che non si tratti di visione, ma di una qualche figura formatasi nell'immaginazione in seguito a una considerazione molto intensa: figura che, paragonata a quella di cui parlo, sarà come una cosa morta.
9 - Ecco quanto avviene ad alcune persone. So che è vero perché ne han trattato con me, e non tre o quattro, ma molte.
Costoro, in seguito alla debolezza della loro fantasia o all'attività del loro intelletto o non so per quale altro motivo, s'immergono in tal modo nelle loro immaginazioni da essere sicurissime di vedere tutto quello che pensano.
Ma esse comprenderebbero tosto il loro errore, se avessero avuto una qualche vera visione, perché, non solo non ne risentono alcun effetto, ma siccome sono loro stesse a fabbricare quel che vedono con l'immaginazione, rimangono molto più fredde che se vedessero un'immagine devota.
Perciò non se ne deve far caso. Del resto esce pure di mente molto più presto di un sogno.
10 - Non così nel caso nostro. Mentre l'anima è molto lontana e non pensa neppure di aver da vedere qualche cosa, ecco che d'improvviso le si presenta la visione, la quale mette sossopra le potenze e i sensi con gran timore e turbamento, per poi lasciarli in una pace deliziosa.
A quel modo che quando S. Paolo fu rovesciato per terra avvennero nel cielo alcuni tuoni e movimenti, così in questo nostro mondo interiore. Vi succede come una gran commozione, ma poi subito si fa tutto tranquillo, e l'anima si ritrova in possesso di così grandi verità da non aver più bisogno di alcun maestro, perché la vera Sapienza l'ha liberata dalla sua ignoranza, senza che ella si affaticasse.
Per qualche tempo l'anima conserva una tale certezza della divina provenienza di questa grazia che, per quanto le dicano in contrario, nulla può indurla à temere d'essere stata in inganno.
Ma in seguito, quando il confessore cerca d'intimorirla, Dio permette che ne dubiti, pensando che ciò possa essere in castigo dei suoi peccati. Tuttavia non ne è convinta.
Vi si trova come nelle tentazioni contro la fede: il demonio può inquietarla, ma non per questo lascia ella di credere. Anzi, quanto più il maligno la combatte, tanto più si convince che beni così grandi non le vengono da lui. Egli non può far molto sull'interiore dell'anima: le sue rappresentazioni non sono mai con tanta verità, maestà ed effetti.
11 - Siccome è una cosa che i confessori non possono vedere, e la persona che ne è favorita non sa alle volte spiegarsi, essi han tutti i motivi di temere. Perciò si deve procedere con circospezione e attendere che il tempo ne mostri i frutti, osservando se l'anima ne esca più umile e più fortificata in virtù. Il demonio, se è lui, darà presto dei segni e si lascerà sorprendere in mille falsità.
Il confessore che ha esperienza, ed ha provato queste cose, non tarderà molto ad accorgersi. Dalla relazione che gliene faranno, vedrà prontamente se è l'opera di Dio, dell'immaginazione o del demonio, specialmente se avrà ricevuto dal Signore il dono del discernimento degli spiriti.
Se avrà questa dono e sarà fornito di dottrina, lo conoscerà molto bene anche senza esperienza.
12 - Importa molto, sorelle, che vi comportiate con il confessore con grande verità e schiettezza, non soltanto quanto a manifestargli i vostri peccati, com'è doveroso, ma anche nel dargli conto della vostra orazione.
Altrimenti non vi potrei assicurare né della vostra via, né che sia Dio quegli che v'insegna. Piace molto al Signore che usiamo con i suoi rappresentanti la stessa verità e chiarezza che useremmo con Lui, desiderosi di far loro conoscere tutti i nostri pensieri e soprattutto le nostre opere, anche più piccole.
Se fate così, sbandite ogni timore e mettetevi in pace. Anche se le visioni non fossero da Dio, avendo voi umiltà e buona coscienza, non vi farebbero alcun danno.
Il Signore saprebbe cavar bene dal male, in quanto che, nella persuasione di esser da Dio favorite, fareste di tutto per maggiormente contentarlo, mantenendovi continuamente occupate nella sua immagine: e così avreste un guadagno là dove il demonio pretendeva rovinarvi.
Diceva un gran teologo che se il demonio, bravo pittore com'è, gli rappresentasse un'immagine del Signore molto espressiva, egli invece di averne pena, se ne servirebbe per ravvivarsi in devozione e muovere guerra al maligno con le stesse sue armi.
Per quanto un pittore possa essere malvagio, non per questo si deve disprezzare l'immagine che egli faccia, quando sia di Colui che è il nostro solo Bene.
13 - Inoltre quel teologo biasimava molto coloro che al sopraggiungere di qualche visione consigliano di farle le corna, perché, diceva, dobbiamo onorare l'immagine del nostro Re in qualunque luogo si veda. E trovo che ha ragione.
Anche fra noi, del resto, se una persona ama un'altra e viene a sapere che quest'altra copre d'ingiurie il suo ritratto, non ha certo piacere. A maggior ragione si deve rispettare un crocifisso o un'immagine del nostro Imperatore in qualunque luogo si veda.
Benché io abbia scritto su questo argomento anche in altre parti, mi è piaciuto ripetermi perché ho conosciuto una persona a cui avevano imposto un tal rimedio, ed era molto afflitta. Non so chi possa essere l'autore di un tale espediente non buono ad altro che a tormentare l'anima, la quale, credendo di andar perduta se non ascolta il confessore, si sforza di obbedirgli.
Ma se di questi consigli ne daranno anche a voi, il mio è che non li abbiate a seguire, esprimendo queste ragioni con umiltà.
Per ciò che mi riguarda, le buone ragioni apportatemi da colui che in tale circostanza trattò con me, mi convinsero pienamente.
14 - Un gran vantaggio di questa grazia è che l'anima, pensando al Signore, alla sua vita e alla sua passione, ricorda il suo dolcissimo e bellissimo volto e ne prova vivissima consolazione, a quel modo che anche tra noi si sente più piacere nel pensare ai benefici di una persona conosciuta che non di un'altra mai vista.
Vi dico che è un ricordo soave, di gran conforto e vantaggio. Porta con sé molti altri beni, ma siccome ho già parlato degli effetti che queste cose producono e che avrò a dire anche altrove, non voglio ora che ci stanchiamo, né io né voi.
Vi raccomando solo instantemente che, venendo a conoscere o a udire che Dio accorda ad alcuno queste grazie, non abbiate a pregare né a desiderare che ne favorisca pur voi. Benché ciò vi sembri assai buono e degno di grande stima, tuttavia non conviene, per le ragioni che qui vi dico.
15 - Primo; perché è mancanza di umiltà volere che vi si dia quello che non avete meritato: e credo che chi lo desidera, di umiltà ne abbia ben poca. A quel modo che un povero contadino è lungi dal desiderare di esser re, perché la cosa gli sembra impossibile e non crede di meritarla, così l'umile di fronte a queste grazie.
Le quali, a mio parere, non sono concesse che agli umili, perché il Signore, prima di accordarle, invia sempre un qualche grande sentimento della propria nullità.
Chi ha tali desideri, come può essere persuaso che il Signore gli usi una ben grande misericordia nel non tenerlo già nell'inferno? Secondo, perché è certissimo che con quei desideri, o si è già in inganno o si è in gran pericolo di esserlo. Al demonio basta vedersi aperta la più piccola porta per tenderci mille insidie! ...
Terzo, perché quando il desiderio è veemente, vi entra di mezzo l'immaginazione, e allora la persona si dà a credere di vedere e di sentire ciò che desidera, come avviene a coloro che sognano di notte quello che di giorno han molto pensato e desiderato.
Quarto, perché assai temerario è volermi scegliere da me stessa la via, quando non so distinguere quella che più mi conviene, invece di abbandonarmi a Dio, il quale, conoscendomi, mi condurrebbe per quella che più si addice al caso mio, dandomi modo di compiere in tutto la sua santa volontà.
Quinto, credete forse che siano leggeri i travagli delle anime che così Dio favorisce? No, ma grandissimi e di vario genere. E allora, come sapete di essere capaci di sopportarli?
Sesto, perché può essere che troviate la vostra perdita dove pensavate di guadagnare, come avvenne a Saul per essere re.
16 - Oltre a queste, vi son altre ragioni. Per cui, credetemi, il più sicuro è di non volere se non quello che Dio vuole, il quale ci conosce più di noi e ci ama. Mettiamoci fra le sue mani, affinché compia in noi la sua santa volontà: mantenendoci in essa con animo risoluto, non cadremo mai in errore.
Dovete inoltre avvertire che il fatto di ricevere tali grazie non significa che si abbia pure maggior merito. Anzi, ricevendo di più, si rimane obbligati. Ciò che importa maggiore o minor merito è alla portata di tutti, e Dio non ne priva nessuno. Vi sono molte anime sante che non hanno mai saputo che cosa sia ricevere una di queste grazie; altre invece le ricevono, e non sono sante.
Non dovete poi credere che questi favori siano continui. Anzi, per uno solo di essi che il Signore conceda, si han travagli in gran numero, per cui l'anima, nonché preoccuparsi per sapere se tali grazie le verranno ripetute, non pensa che al modo di meglio corrispondervi.
17 - È vero che devono essere di grande aiuto per avere virtù più perfette; ma le virtù acquistate con le proprie fatiche sono degne di maggior premio. Io conosco una persona, anzi due - una delle quali è uomo - a cui il Signore aveva concesso queste grazie. Eppure esse desideravano così ardentemente di servire Iddio a proprie spese, senza tanti favori, ed avevano una brama così viva di patire per amor suo, che si lamentavano con Lui perché così le favoriva, disposte pure a resistere se avessero potuto.
Parlo solo delle delizie che Dio comparte nella contemplazione, non delle visioni, perché queste sono degne di molta stima, e se ne ricava sempre gran vantaggio.
18 - Secondo me, questi desideri sono soprannaturali e propri di anime altamente innamorate, le quali vorrebbero mostrare a Dio che non lo servono per il salario.
Se si sforzano di servirlo con maggiore attenzione, non è per la gloria che ne avranno in ricompensa, a cui non pensano neppure, ma soltanto per soddisfare all'amore, la cui natura è di sempre operare, in tutte le maniere. L'anima, se lo potesse, escogiterebbe nuovi mezzi per consumarsi in amore. E se la maggior gloria di Dio richiedesse il suo perpetuo annientamento, vi si assoggetterebbe volenteri.
Sia Egli per sempre benedetto che vuol mostrare la sua grandezza nel comunicarsi con sì miserabili creature! Amen.
Capitolo 10
Altre grazie e diversa maniera con cui Dio le concede - Gran profitto che se ne ricava
1 - Il Signore si comunica con queste apparizioni in varie circostanze: alle volte quando l'anima è afflitta, altre volte quando le ha da venire qualche grave travaglio, ed altre quando Sua Maestà vuole deliziarsi con lei e favorirla. Ma non è il caso di discendere a tanti particolari, perché mio scopo è di far conoscere, per quanto io me ne intenda, le diverse grazie che su questo cammino si ricevono, affinché sappiate in che consistono, e quali gli effetti che lasciano, senza ingannarci col pensare che ogni immaginazione sia una visione.
Con ciò, inoltre, non vi turberete né cadrete in angustia qualora ne siate favorite, vedendo che, dopo tutto, si tratta di cose possibili. Il demonio guadagna molto e prende molto piacere nel vedere un'anima afflitta ed inquieta, perché sa che tale stato le impedisce d'impiegarsi nell'amare e nel dar lodi al Signore.
Sua Maestà si comunica ancora in altri modi; molto più sublimi e meno pericolosi, nei quali le contraffazioni del demonio non credo siano possibili. Ma siccome si tratta di cose molto occulte, non è troppo facile parlarne, a differenza delle visioni immaginarie che si possono spiegare più facilmente.
2 - Ecco ciò che accade quando Dio lo vuole. L'anima, mentre è in orazione e profondamente in essa assorbita, si sente improvvisamente sospesa, e il Signore le fa intendere grandi segreti, che ella crede di vedere nello stesso Dio.
Ho detto vedere, ma in realtà non vede nulla, perché non si tratta di una visione della sacratissima Umanità e neppure di una visione immaginaria, ma di una molto intellettuale, nella quale s'intende in che modo si vedano in Dio le cose e come Egli le contenga in sé. Benché sia una grazia fugacissima, tuttavia s'imprime nell'anima profondamente, e grandi sono gli effetti che ne vengono.
Anzitutto ci copre di confusione, facendoci meglio vedere la malizia dei nostri peccati, in quanto li commettiamo mentre siamo in Dio: si, dentro di Lui.
Per farmi intendere, voglio vedere se riesco a servirmi di una similitudine. Benché sia così e si tratti di una verità che sentiamo molte volte, tuttavia, o non vi pensiamo o non vogliamo capirla: se la comprendessimo bene, pare che tanta temerità non ci sarebbe possibile.
3 - Supponiamo che Dio sia come una stanza o un palazzo molto grande e bello. Il palazzo, ripeto, è lo stesso Dio. Ora, il peccatore per commettere le sue iniquità può forse uscire dal palazzo?
No. Tutte le abominazioni, le scelleraggini, le disonestà che noi peccatori commettiamo, si consumano tutte in quel palazzo, vale a dire nello stesso Dio. Oh, verità spaventevole e degna di somma riflessione!
Quanto utile per noi che siamo poco istruite e non finiamo mai di persuadercene! Oh, sarebbe affatto impossibile avere ancora una così insensata temerità!
Consideriamo, sorelle, la grande misericordia e la pazienza di Dio che non ci sprofonda sull'istante. Ringraziamolo sentitamente e vergognamoci di essere così sensibili a ciò che dicono o fanno contro di noi.
Non è forse un'inconcepibile nequizia risentirci di una paroletta, detta alle volte in nostra assenza e forse senza cattiva intenzione, mentre vediamo Dio nostro Creatore sopportare che le sue creature gli facciano tante offese fin dentro di Lui?
4 - Oh, miseria umana! Quando, figliuole, imiteremo un poco questo nostro gran Dio? No, non ci avvenga mai di credere che facciamo pur noi qualche cosa perché sopportiamo un'ingiuria! Soffriamo tutto di buona voglia, e amiamo coloro che ci offendono, giacché anche questo gran Dio non ha mai lasciato di amarci, nonostante i nostri molti peccati. Sì, ha ragione di volere che tutti perdonino, qualunque sia l'offesa ricevuta.
Benché questa visione sia tanto rapida, pure vi dico che è un'insigne grazia di Dio, purché l'anima sappia giovarsene, riportandola spesso alla memoria.
5 - Subitamente, e in un modo inesplicabile, succede alle volte che Dio mostri in se stesso una tale verità da eclissare tutta quella che si trova nelle creature, dando chiaramente a conoscere che Egli solo è verità, incapace di mentire.
Allora si comprende ciò che dice David in un salmo: cioè, che ogni uomo è mendace, parole che non si intenderebbero mai così bene, neppure se si sentissero molte volte.
Dio è una verità che non può mancare. Quando Pilato chiese a nostro Signore, durante la passione, che cosa fosse la verità, penso che gli abbia chiesto troppo.
E noi quanto poco la conosciamo questa suprema Verità! Su questo argomento vorrei spiegarmi più a lungo, ma mi è impossibile.
6 - Impariamo da ciò, sorelle, che per conformarci in qualche cosa al nostro Sposo e Dio, occorre che ci studiamo di comportarci sempre con verità.
Non dico soltanto che non si debba mentire: in ciò, grazie a Dio, vi vedo così guardinghe che in queste case non si dice bugia per veruna cosa del mondo; ma che camminiamo nella verità innanzi a Dio e innanzi agli uomini in tutte le circostanze possibili, specialmente col non volere che ci ritengano più di quello che siamo, e con dare a Dio quello che è di Dio, e a noi quello che è nostro nelle opere che facciamo.
Cerchiamo di metterci ovunque nella verità, e non faremo tanta stima di questo mondo che è tutto menzogna e bugia, e che appunto perché tale non può essere durevole.
7 - Mi chiedevo una volta perchè Dio ami tanto l'umiltà, e mi venne in mente, d'improvviso, senza alcuna mia riflessione che ciò dev'essere perché Egli è somma Verità, e che l'umiltà è verità.
È verità indiscutibile che da parte nostra non abbiamo nulla di buono, ma solo miseria e niente.Chi più lo intende, più si fa accetto alla suprema Verità, perché in essa cammina.
Ci conceda Iddio, sorelle, di non mai uscire da questo nostro conoscimento! Amen!
8 - Nostro Signore accorda all'anima queste grazie perché, considerandola ormai come sua vera sposa, già decisa di fare in tutto il suo volere, vuole svelarle qualche sua grandezza e mostrarle in quali cose debba ella assecondarlo.
Non occorre che mi estenda di più. Ho parlato di queste due grazie, perché mi sembrano di grande utilità. In esse non vi è alcun motivo di temere, ma soltanto di lodare il Signore che le dà.
Secondo me, il demonio e l'immaginazione non possono tanto intromettersi, e l'anima ne esce molto consolata.
Capitolo 11
Tratta di certi desideri di godere Iddio, dati all'anima da Dio stesso, così grandi e impetuosi da mettere in pericolo la stessa vita. Vantaggi che l'anima ne ricava
1 - Bastano forse queste grazie perché la colombella o farfalletta - non crediate che me ne sia scordata - si senta soddisfatta e si riposi dove dovrà morire?
No, certamente. Anzi, il suo stato si fa molto più grave, geme e va continuamente fra le lacrime. Benché riceva queste grazie da molti anni, tuttavia, ognuna di esse accresce il suo tormento, perché meglio vi conosce le grandezze del suo Dio.
Ed ella, vedendosi da lui separata e così lontana dal possederlo, sente aumentare i suoi desideri, in proporzione dell'amore che va pur esso aumentando, a misura che più scopre quanto meriti di essere amato quel suo gran Dio e Signore.
E con l'andare degli anni quei desideri vanno a poco a poco aumentando fino a produrre la gran pena di cui ora dirò.
Ho detto anni per conformarmi al modo con cui si sono svolti nella persona accennata, ma so bene che a Dio non si metton limiti. Egli può fare quel che vuole, per noi desidera di far molto, e può in un istante elevare l'anima al più alto grado che qui si dirà.
2 - Accenno, dunque, a quelle ansie, lacrime, sospiri e grandi impeti, di cui ho parlato: cose che sembrano derivare dal nostro amore quando sia molto sentito. Tuttavia, sono come un fuoco che dà fumo, si possono sempre sopportare, sia pure con pena, e non sono neppure da paragonarsi con quello che ora voglio dire.
Mentre l'anima va così ardendo in se stessa, ecco che in seguito a un minimo pensiero o a una parola che senta sulla lentezza della morte, le viene - non si sa da che parte, né in che modo - come un colpo o una saetta di fuoco.
Non dico già che sia una saetta: checché sia, si vede chiaramente che non viene da noi. Dico colpo, ma non lo è; e tuttavia ferisce profondamente.
Mi pare che si faccia sentire, non in quella parte dove si sperimentano i dolori della terra, ma nel più intimo e più profondo dell'anima, dove questo fugacissimo raggio riduce in polvere tutto ciò che trova di questa nostra bassa natura, tanto da esserci impossibile, finché esso continua, di ricordarci ancora di noi.
Immediatamente le potenze si sentono così impacciate da non essere più capaci di nulla, eccetto di quelle cose che possono aumentare il tormento.
3 - Non vorrei che mi credeste esagerata. Anzi, sono assai moderata, perché si tratta di cose che non si sanno esprimere.
I sensi e le potenze vengono rapiti a tutto ciò che non contribuisce a far crescere quello spasimo. E se l'intelletto conserva la sua attività, è solo per comprendere con quanta ragione l'anima debba affliggersi per essere lontana da Dio.
Vi concorre pure il Signore col dare una così viva cognizione di sé da portare la pena a un alta grado d'intensità, per cui la persona che ne soffre finisce col prorompere in alte grida, senza potersi contenere, neppure se molto paziente e abituata a grandi sofferenze, perché i tormenti di cui parlo non si sentono nel corpo ma nel profondo dell'anima.
Allora quella persona comprende quanto più grandi delle pene del corpo siano quelle dell'anima, e pensa che di questa natura debbano pur essere quelle del purgatorio, dove l'assenza del corpo non impedisce all'anima di soffrire assai di più che non qui sulla terra in compagnia del corpo.
4 - Io ho visto una persona in questo stato e ho creduto veramente che fosse per morire. Nessuna meraviglia del resto, perché qui si è appunto in gran pericolo di morte. Per quanto questo fenomeno sia breve, lascia il corpo completamente slogato e con i polsi così deboli come se l'anima stia per rendersi a Dio.
Cessa anche il calore naturale, e l'anima brucia di tal maniera che, con un po' di più, Dio compirebbe le sue brame. Al momento il corpo non sente nulla, né poco né molto. Però le membra si slogano, e per due o tre giorni si hanno grandi dolori, senza neppur la forza di scrivere: credo che il corpo rimanga più debole di prima.
Se al momento il corpo non soffre, dev'essere per l'intensità dello spasimo interiore che impedisce all'anima di far, conto di lui.
È come avere un dolore molto acuto in un membro: anche se ne abbiamo vari altri, questi non si sentono tanto. È un fatto che io ho sperimentato assai bene. Ma nel caso nostro non si sente né poco né molto, né credo che si senta dolore neppure se ci mettano in brani.
5 - Mi direte che ciò è imperfezione, perché quell'anima non si uniforma al volere di Dio, a cui si è tante volte assoggettata.
Fin qui lo poteva fare, e con ciò sopportava la vita. Ma ora non lo può più, perché il suo intelletto non è padrone di sé, né può ad altro pensare fuorché alla ragione che ella ha di ben dolersi.
Perché ancora vivere separata dal suo Bene? Si sente come in una strana solitudine, e non varrebbero a tenerle compagnia, non solo tutte le creature della terra, ma neppure, credo, gli stessi abitanti del ella ama: anzi, le sarebbero di tormento.
Si vede come per aria, senza appoggi sulla terra e senza mezzi per salire al cielo. Arde di sete e non può giungere all'acqua: sete intollerabile, salita ormai a tali estremi da non poter essere saziata che con l'acqua di cui il Signore parlò alla Samaritana. Altra ella non ne vuole, e questa intanto non le viene concessa! ...
6 - Oh, Signore!... In quali angustie stringete mai chi vi ama! Eppure tutto è poco di fronte al molto con cui poi lo favorite. Del resto è giusto che il molto costi molto, massimamente quando serve a purificare l'anima per poi introdurla nella settima mansione, come il purgatorio purifica quelle che devono entrare nel cielo, tanto più che innanzi alla grandezza dello scopo, quel tormento si fa piccolo, come goccia di acqua di fronte al mare, nonostante che in sé sia di un'afflizione così angosciosa da superare, a mio parere, tutte le pene della terra.
Quanto a queste, le teneva da nulla, in paragone, anche la persona di cui parlo, malgrado ne avesse sofferte moltissime, sia corporali che spirituali. Eppure l'anima tiene quella pena in sì gran pregio dal riconoscersene del tutto indegna, e la soffre di gran voglia, disposta pure, se così piace al Signore, di sopportarla per tutta la vita.
Però questo suo sentimento non è tale da esserle di sollievo, per cui in quel caso non morrebbe una volta sola, ma sarebbe in continua agonia: veramente così.
7 - Pensiamo un momento, sorelle, a coloro che sono all'inferno. Non hanno né questa conformità al volere di Dio, né questa gioia e contento interiore, né la speranza che i loro tormenti siano ad essi di vantaggio, ma una continua sofferenza che va sempre più aumentando: dico che va sempre più aumentando quanto alle pene accidentali.
Ora, siccome le sofferenze dell'anima, sono assai più terribili di quelle del corpo; siccome i tormenti che là si soffrono sorpassano di gran lunga quelli di cui abbiamo parlato, con l'aggiunta che dovranno essere eterni, che sarà mai di quelle anime infelici?
E che cosa si può fare e patire, qui in questa vita così breve, che non sia ancora un niente per sottrarsi a quegli orribili ed eterni dolori? No, non è possibile far comprendere quanto siano orribili le sofferenze dell'anima, e quanto diverse da quelle del corpo: bisogna provarle.
Se il Signore ce lo fa comprendere è per darci a conoscere il molto che gli dobbiamo nell'averci chiamate in questo stato, nel quale, per sua misericordia, nutriamo speranza che ci vorrà preservare dall'inferno, perdonandoci tutti í nostri peccati.
8 - Ritorniamo ora al nostro argomento, cioè alla gran pena in cui abbiam lasciato l'anima.
In quel grado d'intensità non dura molto: tutt'al più, tre o quattro ore. Più a lungo non lo credo possibile, tranne che per un miracolo, perché la nostra naturale debolezza non la potrebbe sopportare.
A quella persona accadde una volta che non durasse più di un quarto d'ora, ma ne uscì come fatta a pezzi. Era l'ultimo giorno delle feste di Pasqua. Ella le aveva passate in tale aridità da quasi neppur accorgersi che fosse Pasqua. Ma ecco che durante la ricreazione, - e ciò che dico è vero - al solo udire una parola sul prolungarsi della vita, quella pena l'assalì con tanta violenza da trarla completamente dai sensi.
Immaginate voi se si possa resistere! ... Sarebbe come una persona caduta in un braciere che volesse togliere alla fiamma il potere di bruciarla.
Si tratta di sentimenti che non si sanno dissimulare. Coloro che assistono non possono sapere ciò che passa nell'anima. Però vedono che ella è in pericolo di vita. E se le sono un po' di compagnia, è solo a guisa di ombre. E ombre le sembrano tutte le cose della terra.
9 - È possibile che qualche volta anche voi abbiate a vedervi in questo stato. Non dimenticatevi allora che vi può aver parte la nostra naturale debolezza.
Come avete visto, l'anima si va talmente struggendo, che per uscire dal corpo sembra che non le manchi più nulla.
Può allora avvenire che ne tema per davvero, e che brami un po' di sosta al tormento per non morire. È la nostra naturale debolezza che fa sentire i suoi timori.
Tuttavia il desiderio non cessa, ne è possibile trovare rimedio a tanta pena, finché Dio non lo tolga. Ordinariamente ciò avviene con qualche grande rapimento o visione, in cui il vero Consolatore consola e fortifica l'anima affinché si rassegni a vivere per quanto Egli vorrà.
10 - È uno stato assai penoso, ma l'anima ne esce con grandissimi effetti, senza più la paura delle tribolazioni possibili, in quanto non vi è più nulla dopo quel tormento che possa ancora intimorirla.
Anzi, visti i vantaggi che le sono venuti, amerebbe soffrirlo varie altre volte. Ma la cosa non è in suo potere perché come non ha alcun mezzo per resistere o per sottrarsene quando viene, così non ne ha alcuno per procurarselo.
Avendo constatato che nessuna cosa della terra le può essere allora di conforto, sente per il mondo maggior disprezzo di prima; avendo compreso che solo il Creatore può consolare e saziare la sua anima, esce con maggior distacco dalle creature; e avendo veduto che se Egli può consolare, può anche far soffrire, ne concepisce maggior timore, e si studia più attentamente di non offenderlo.
11 - Secondo me, due sono le cose che in questo cammino spirituale mettono in pericolo di morte: l'una, la pena di cui parliamo, veramente pericolosa e non di poco; l'altra, una gioia o un'ebbrezza molto grande per la quale l'anima si trova in tale estremo da parere che stia veramente per morire: un poco ancora, e uscirebbe dal corpo con sua non piccola fortuna.
Giudicate ora, sorelle, se non ho io ragione di dire che qui occorre aver coraggio, e se nel caso che voi domandiate a Dio queste grazie, non abbia Egli ragione di chiedervi, come già ai figliuoli di Zebedeo, se potete bere il suo calice.
12 - Sono sicura che tutte risponderemmo di sì, e non senza ragione, perché il Signore, quando vede che uno ha bisogno di essere incoraggiato, non lascia di farlo.
Anime siffatte Egli le difende in ogni cosa, e quando sono oggetto di biasimo e di persecuzione, risponde per loro, se non con le parole, con i fatti, come fece con la Maddalena.
E poi, poi... prima che muoiano, le paga di tutto in una volta, come ora vedrete.
Sia Egli per sempre benedetto, e tutte le creature lo lodino! Amen.
San Marino - Esercizi Spirituali - 5 luglio 1985. Primo venerdì del mese. Al termine della processione serale, messaggio dato a voce. Strumenti della mia pace.
Don Stefano Gobbi
«Miei figli prediletti, questa sera quanto ho gradito l'omaggio che voi mi avete fatto, a conclusione di una settimana in cui siete stati tutti raccolti qui nel rifugio prezioso del mio Cuore Immacolato. Mai, come in questi tempi, il mio Cuore Immacolato è per ciascuno di voi il rifugio e la strada sicura che vi porta a Dio. Quanto ho predetto a Fatima alla mia figlia Suor Lucia oggi diventa una realtà.
Per l'umanità e per la Chiesa c'è tanto bisogno del mio materno ed immacolato rifugio, perché voi tutti siete dentro i miei tempi. Questi sono i tempi dolorosi da Me predetti, in cui ogni cosa va verso il suo più doloroso e sanguinoso compimento. Per questo vi ho ancora voluti qui, su questo monte, in una settimana di Esercizi spirituali così straordinari di grazie. Questi Esercizi hanno una particolare e grande importanza, che solo più avanti voi capirete. In questi giorni Io vi ho formato alla preghiera. Vi ho insegnato a pregare, a pregare bene, con Me, attraverso la preghiera che viene dal cuore, la vostra preghiera del cuore, in cui con la mente, con la volontà, col cuore, con l'anima, dovete sentire e vedere la realtà che voi invocate con la preghiera.
La vostra Mamma Celeste vuole formarvi sempre più alla preghiera del cuore, perché questa preghiera sia la strada che vi porti alla pace del cuore. Io voglio ottenere a ciascuno di voi il dono della pace del cuore. Voi siete venuti con i vostri cuori carichi di difficoltà, di dolori, di speranze, di preoccupazioni e di attese: Io tutto ho preso nel mio Cuore Immacolato e vi dono la pace del cuore. Partite nella pace dei vostri cuori ed, attorno a voi, diventate strumenti della mia Pace. Per questo, raccogliete sempre più le anime in Cenacoli di preghiera intensa, profonda, affinché Io possa donare loro la pace del cuore. Nel momento in cui la pace sempre più si allontana dagli uomini, dalle famiglie, dalle nazioni e dall'umanità, segno del mio materno trionfo è la pace, che già da ora Io voglio portare nel cuore di tutti i miei figli: di quelli che mi ascoltano, mi seguono, si consacrano al mio Cuore Immacolato. Per questo vi domando ancora di continuare nei vostri Cenacoli di preghiera, perché, con la grazia che sgorga dal mio Cuore e che vi porta a una pienezza d'amore verso mio figlio Gesù, Io voglio donare ai miei figli, oggi, il dono prezioso della pace dei cuori.
Qui anche vi ho insegnato ad amarvi. Come è contenta la Mamma quando vi vede come tanti piccoli fratelli che si amano, che vogliono crescere nell'amore, nonostante le difficoltà che dipendono dai vostri limiti, dai vostri numerosi difetti e dalle subdole insidie che vi tende il mio Avversario, il quale cerca soltanto di rubare dal vostro cuore la pace e di disseminare discordie, incomprensione e divisione fra voi! Come con la preghiera Io vi porto alla pace, così con la mia presenza materna Io vi porto alla fraternità. Dovete crescere di più nel vostro amore scambievole, dovete sapervi amare di più. La Mamma gode quando vi volete bene, quando, dopo ogni minima frattura di questo amore, sapete riconciliarvi, darvi la mano, camminare insieme, perché Io vi amo ad uno ad uno e anche insieme.
Non potete venire da Me soli. Se voi venite soli, Io vi domando: "E i vostri fratelli dove sono?". Voi dovete venire al mio Cuore tutti insieme, legati dal vincolo divino di una vostra sempre più perfetta e reciproca carità. Poiché molte insidie il mio Avversario vi tende su questo cammino, Io voglio che, prima di scendere da questo monte, mi facciate una promessa: quella di volervi sempre più bene, quella di camminare tutti insieme, tenendovi per mano, perché, in un mondo dove il mio Avversario riesce a dominare con l'egoismo, l'odio e la divisione, segno del mio trionfo è questo amore fra voi. Io voglio che diventi ancora più grande, come anticipo del mondo nuovo che voi state preparando e vi attende e che sarà un mondo spalancato solo sulla perfetta, immensa, vera capacità di amarvi fra voi. Ma, prima di scendere da questo monte, Io accolgo anche il dono della vostra personale sofferenza.
Come vi ho predetto nel Paese dove ancora appaio, quasi anticipazione e preparazione materna a ciò che vi avrebbe atteso, Io, in questo anno, ho purificato profondamente il mio Movimento: l'ho caricato di una croce, di cui voi ancora sentite il peso, profonda, certo, molto profonda, perché questa mia Opera sia purificata e possa sempre più rispondere al mio disegno. Non scoraggiatevi. Abbiate forte fiducia in Me. Qualcosa di grande e di nuovo sta per aprirsi anche per la mia Opera, perché siete entrati nella fase piena della sua attuazione. Quanto dolore troverete sulle strade del mondo! Scendendo da questo Cenacolo, dove Io vi ho raccolto, portate ovunque il materno riflesso della mia misericordiosa assistenza: versate balsamo su tante ferite aperte e sanguinanti, dite la mia parola soave a quanti camminano nell'aridità, nel buio, nello sconforto e nella disperazione.
Voi siete il segno della mia presenza materna, i raggi di luce che partono dal mio Cuore Immacolato per scendere su un'umanità devastata e su una Chiesa oscurata e divisa. Presto questa divisione si farà aperta, forte, estesa, ed allora voi dovrete essere i legami che uniscono coloro che vogliono restare nell'unità della fede, nell'ubbidienza della Gerarchia, e, attraverso innumerevoli prove, vogliono preparare i tempi nuovi che vi attendono. Non vi ho lasciati partire senza dirvi la mia materna parola e senza darvi il conforto che scende dal mio Cuore Immacolato. Io sono sempre con voi. Voi mi sentirete sempre vicina. Io sono la vostra tenera Mamma che vi conduce a Gesù e vi porta alla pace. Con gioia e gratitudine per quanto di bene avete fatto e di conforto avete dato al profondo dolore del mio Cuore Immacolato, questa sera, da Mamma, tutti vi ringrazio e benedico nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».